IL TRIBUNALE Sciogliendo la riserva formulata all'esito della udienza tenuta in data 22 settembre 1997 nella causa introdotta dal rag. Daniele Stefano Colombari contro il Consiglio nazionale dei ragionieri e periti commerciali ai sensi dell'art. 28 d.P.R. 27 ottobre 1953 n. 1068; O s s e r v a Il rag. Colombari ha impugnato dinanzi al tribunale di Prato la delibera del Consiglio nazionale dei ragionieri e periti commerciali del 14 aprile 1997 che ha respinto il ricorso avanzato dal medesimo ragioniere avverso la delibera del Consiglio del collegio dei ragionieri e periti commerciali di Prato del 25 novembre 1996 avente ad oggetto la radiazione del ricorrente dall'albo del collegio medesimo. In via preliminare il rag. Colombari ha dedotto la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 38 d.P.R. n. 1068/1953 che prevede la radiazione di diritto per alcune ipotesi di condanna. Tale articolo risulta essere stato applicato nei confronti del rag. Colombari per aver il medesimo riportato condanne per i reati di appropriazione indebita e bancarotta fraudolenta (Corte d'appello di Firenze 5 luglio 1994 tribunale di Prato 22 settembre 1994, Corte d'appello di Firenze 26 marzo 1995). La questione appare rilevante e non manifestamente infondata. Quanto alla rilevanza appare evidente che il giudizio che deve esprimere il tribunale non puo' prescindere dalla previsione di cui alla norma citata. Il rag. Colombari lamenta che nei suoi confronti non si sia instaurato un compiuto procedimento disciplinare ed in effetti il Consiglio del Collegio dei ragionieri e periti commerciali di Prato ha adottato il provvedimento della radiazione, cosi' come previsto, senza dar luogo ad un procedimento disciplinare. Il Consiglio nazionale ha fatto propria la decisione dell'organo locale in forza della specifica previsione della norma impugnata. Se questa dovesse essere dichiarata incostituzionale ne rimarrebbero travolte le decisioni in questione ed il tribunale dovrebbe prenderne atto. Quanto alla non manifesta infondatezza si deve tener conto dell'indirizzo espresso da alcune sentenze della Corte che hanno dichiarato la illegittimita' costituzionale di norme che prevedevano la destituzione di diritto nel campo della professione notarile (sentenza n. 40 del 1990) e di quella dei dottori commercialisti (sentenza n. 158 del 1990) e prima ancora in tema di pubblico impiego (sentenza n. 971 del 1988); si e' rilevato, nella piu' recente delle sentenze menzionate, il diverso trattamento riservato dalla legge alla categoria degli avvocati. La Corte ha trovato ulteriore spunto, trattando della disciplina prevista per i dottori commercialisti, nella legge intervenuta sul pubblico impiego (legge 7 febbraio 1990 n. 19) che prevede la possibilita' della destituzione solo all'esito del procedimento disciplinare. In cio' ha individuato un ulteriore motivo di contrarieta' al principio di eguaglianza con la disciplina delle libere professioni. Tutto cio' e' ben riferibile anche alla norma di cui all'art. 38 d.P.R. 27 ottobre 1953 n. 1068 e di qui la necessita' di sollevare la questione indicata dalla difesa del rag. Colombari.