IL MAGISTRATO DI SORVEGLIANZA
   Ha  pronunciato la seguente ordinanza di remissione degli atti alla
 Corte costituzionale nel proc. n. 14/98 reg. S 18, avente ad  oggetto
 la  richiesta  di  permesso  premio, ai sensi dell'art. 30-ter, della
 legge 26 luglio 1975 n. 354, introdotto dall'art. 9  della  legge  10
 ottobre  1986,  n. 663. Domanda presentata da M.M., nato in Melissano
 (Lecce) il 27 marzo 1975, detenuto presso la  Casa  circondariale  di
 Sulmona.
                            Fatto e diritto
   Con  richiesta datata 21 gennaio 1998, pervenuta a quest'ufficio il
 7 marzo 1998, M.M. chiedeva la concessione di un permesso  premio  di
 giorni tre, ai sensi dell'art. 30-ter dell'ordinamento penitenziario.
   Il  M.  aveva  subito  diverse condanne per vari reati, fra i quali
 rapine pluriaggravate, detenzione di armi e omicidio  volontario,  ad
 opera del tribunale per i minorenni di Lecce.
   La procura della Repubblica presso tribunale per i minori di Lecce,
 con  provvedimento n. 48/A/95 del 14 febbraio 1997, aveva determinato
 la pena complessiva in anni quindici di  reclusione,  con  decorrenza
 dal 24 marzo 1993 e termine al 24 marzo 2008.
   Le  relazioni  pervenute  dalla Casa circondariale di Sulmona erano
 sostanzialmente favorevoli al M.  A  suo  carico  c'era  soltanto  il
 coinvolgimento   in  una  rissa  in  carcere,  ma  la  sua  posizione
 nell'ambito dell'episodio era  stata  assolutamente  marginale,  come
 dichiarato dagli stessi estensori del rapporto.
   Il  magistrato  di sorveglianza presso il tribunale per i minorenni
 di L'Aquila avrebbe  concesso  il  permesso,  se  non  glielo  avesse
 impedito  l'art.  30-ter comma quarto, lett. c) della legge 26 luglio
 1975, n. 354.
   Quella norma richiede, per la concessione del  permesso  premio,  a
 detenuti  condannati per taluno dei delitti indicati nel comma prima,
 dell'art. 4-bis, cit., l'espiazione di almeno meta' della pena.
   Il M. ha scontato, sinora, soltanto un terzo (pari a  cinque  anni)
 della  pena  complessiva  e  non  puo'  quindi  beneficiare  di alcun
 permesso.  Il tribunale per i minorenni di Lecce  lo  ha  condannato,
 infatti, per delitti previsti dall'art. 4-bis cit., ossia per rapina,
 aggravata dall'uso di armi, ed omicidio volontario.
   Ritiene  questo  magistrato  di  sorveglianza  che  ricorra,  nella
 specie, l'incostituzionalita' dell'art. 30-ter, comma  quarto,  lett.
 c)  cit,  per  contrasto  con  gli artt. 3 e 31, secondo comma, della
 Costituzione, nella parte in cui esso si applica a detenuti  di  eta'
 minore.
   La  questione e' rilevante, perche' dal suo accoglimento dipende la
 possibilita' per il M.  di  fruire  di  benefici  premiali.  In  caso
 contrario,  egli  dovra' attendere due anni e mezzo, ossia lo scadere
 del termine coincidente con la meta' della pena espiata.
   Riguardo alla possibilita', per il magistrato di  sorveglianza,  di
 sollevare  questioni  di  costituzionalita'  in  materia  di permesso
 premio, si rinvia a quanto affermato da codesta Corte nella  sentenza
 2-6  giugno  1995 n. 227. La motivazione di quel provvedimento, nella
 parte che interessa, s'intende integralmente  richiamata  (punti  3-4
 del "Considerato in diritto").
   La questione e' non manifestamente infondata.
   L'applicazione  dell'art.  30-ter  comma quarto, lett. c), anche ai
 detenuti di eta' minore, e' conseguente all'inerzia del  legislatore,
 che  non  ha ancora dettato una disciplina specifica per l'esecuzione
 delle pene nei confronti dei minori. Continua cosi' ad estendersi  ai
 minorenni   la  disciplina  prevista  dall'ordinamento  penitenziario
 generale (art. 79 della legge n. 354 del 1975).
   La  Corte  costituzionale ha affermato che l'assoluta parificazione
 fra minorenni e adulti,  in  materia  di  ordinamento  penitenziario,
 entra   in  conflitto  con  la  necessita'  della  flessibilita'  del
 trattamento del detenuto minore di eta', specialmente nelle  sentenze
 n.  125  del  1992,  109  del  1997, 403 del 1997, che s'intendono in
 questa sede richiamate.
   Nel caso di specie, ricorre il contrasto  dell'art.  30-ter,  comma
 quarto, lett. c) con le esigenze appena esposte.
   La  meccanica  estensione  della  disciplina  generale ai minorenni
 preclude al giudice qualsiasi valutazione della condotta  del  minore
 stesso  e,  quindi,  ogni  previsione individualizzata, riguardo alla
 capacita' di risocializzazione della pena, in concreto.
   La previsione di un termine uguale,  per  adulti  e  minori,  quale
 requisito   per   la   concessione   del  permesso  premio,  comporta
 l'impossibilita' concreta, per  il  minore,  di  fruire  di  un  tale
 beneficio per un periodo eccessivamente lungo. Nel caso di specie, il
 M.  dovrebbe  attendere  due  anni  e sei mesi, con gravi conseguenze
 sulle sue possibilita' di recupero sociale.
   Quest'impossibilita' di fatto  preclude  al  minore  uno  strumento
 indispensabile  per  la  cura  di interessi affettivi, culturali e di
 lavoro. Lo stesso legislatore ha previsto, a  favore  dei  minorenni,
 disposizioni  specifiche,  dirette  a  raggiungere  quelle  finalita'
 rieducative particolari e  tipiche  dell'esecuzione  penale  minorile
 (sentenze  della Corte costituzionale n. 168 del 1994 e 109 del 1997,
 che s'intendono richiamate).
   La cessazione dell'esclusione automatica, prevista ora dalla  norma
 contestata, non esclude, ovviamente, che il giudice possa valutare la
 concessione  del  permesso  sotto  il profilo della regolarita' della
 condotta, perche' siffatto presupposto e' di carattere generale.
   La   norma   denunciata   dovra',   quindi,    essere    dichiarata
 costituzionalmente  illegittima nella parte in cui e' applicabile nei
 confronti dei minori.