IL TRIBUNALE Ricorso per conflitto di attribuzioni relativo al processo penale n. 8321/2000 g.i.p. a carico dell'on. Marcello Pera per il reato di diffamazione aggravata a mezzo stampa, in danno del dott. Giancarlo Caselli. Il g.u.p. vista la richiesta del p.m. diretta ad ottenere che il giudice sollevi conflitto di attribuzione nei confronti del Senato avanti alla Corte costituzionale relativamente alla deliberazione del Senato stesso, emanata nella seduta assembleare in data 31 maggio 2000, con la quale e' stata dichiarata la insindacabilita', ai sensi dell'art. 68, primo comma, della Costituzione, delle opinioni espresse dal Senatore Marcello Pera nei confronti del dott. Giancarlo Caselli, gia' Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Palermo, che formano oggetto del processo penale n. 8321/2000 Reg. Gen. g.i.p. Viste le conclusioni formulate dal difensore della parte civile Giancarlo Caselli e dal difensore dell'imputato Marcello Pera; O s s e r v a In data 8 giugno 2000 il p.m. presentava presso la cancelleria della sez. g.i.p. del tribunale richiesta di rinvio a giudizio nei confronti dei giornalisti Anselmi Guido e Cassini Luciano, il primo quale direttore dell'Agenzia giornalistica Ansa ed il secondo quale autore dei tre dispacci ANSA in data 16 giugno 1999, in ordine al reato di cui agli artt. 110, 57, 595, commi 2, 3,, 595-bis c.p. e art. 13 legge n. 47/1948 per avere offeso, in concorso con il senatore Marcello Pera, la reputazione del dott. Giancarlo Caselli, all'epoca Procuratore della Repubblica c/o il tribunale di Palermo, dando diffusione alle dichiazioni rilasciate dal predetto senatore in data 16 giugno 1999 di cui al capo d'imputazione. Il p.m. presentava inoltre la richiesta volta ad ottenere che il giudice dell'udienza preliminare proponga ricorso per conflitto di attribuzione dinanzi alla Corte costituzionale nei confronti del Senato in relazione alla delibera adottata dall'Assemblea in data 31 maggio 2000, che ha accolto la richiesta della Giunta per le immunita' parlamentari con la quale e' stata dichiarata la insindacabilita', ai sensi dell'art. 68, primo comma della Costituzione, delle opinioni espresse dal senatore Marcello Pera, oggetto della imputazione. Veniva, quindi, instaurata udienza preliminare ed all'esito della discussione il p.m., il difensore della parte civile ed i difensori degli imputati concludevano come da verbale in atti. Questo giudice disponeva la separazione degli atti relativi agli imputati Anselmi e Cassini e la formazione di fascicolo autonomo e pronunciava nei confronti dei predetti imputati sentenza di non luogo a procedere, ex art. 425 c.p.p., ricorrendo la causa di giustificazione dell'esercizio legittimo del diritto di cronaca. Cio' premesso, va rilevato, quanto alla posizione dell'imputato Marcello Pera, che alla deliberazione del Senato, sopraindicata, con la quale si riconosce nel caso di specie l'operativita' dell'art. 68, primo comma della Costituzione, consegue l'effetto inibitorio della prosecuzione del presente giudizio nei confronti del senatore Marcello Pera. Tuttavia al giudice spetta di promuovere un controllo circa la correttezza dell'esercizio del potere conferito al Senato dall'art. 68, primo comma, della Costituzione mediante lo strumento del ricorso per conflitto di attribuzione, ai sensi dell'art. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87. Questo giudice ritiene che ricorrono nella specie i presupposti per propone ricorso alla Corte costituzionale, ex art. 37 della legge n. 87/1953, per menomazione della funzione giurisdizionale. In proposito va subito rilevato che la Corte costituzionale ha in piu' occasioni affermato che nell'ambito del giudizio in tema di conflitto tra poteri vertenti su una delibera parlamentare affermava dell'insindacabilita', ai sensi dell'art. 68, primo comma della Costituzione, delle opinioni espresse da un parlamentare, il giudice costituzionale deve verificare non solo la regolarita' dell'iter procedurale seguito dalla camera di appartenenza del parlamentare per addivenire alla declaratoria di insindacabilita', ex art. 68, primo comma della Costituzione, delle opinioni espresse dal parlamentare, ma anche la sussistenza dei presupposti richiesti dal citato art. 68, primo comma, e cioe' la riferibilita' dell'atto alle funzioni parlamentari. Tale riferibilita' sussiste soltanto quando l'attivita' politica del parlamentare e' legata da nesso funzionale con le attivita' svolte nella qualita' di membro delle Camere. In sostanza, seguendo l'insegnamento della Corte costituzionale, puo' ritenersi incontestabile che costituiscono opinioni espresse nell'esercizio della funzione parlamentare soltanto quelle manifestate nel corso dei lavori delle Camere e dei vari organi ovvero manifestate in atti, anche individuali, costituendo l'estrinsecazione delle facolta' proprie del parlamentare quale membro dell'Assemblea. Invece l'attivita' politica svolta dal parlamentare al di fuori di detto ambito non puo' considerarsi di per se' esplicazione della funzione parlamentare nel senso cui si riferisce l'art. 68, primo comma, della Costituzione. Pertanto, le opinioni espresse dai parlamentari al di fuori dell'ambito delle attivita' proprie delle assemblee dei vari organi non possono considerarsi coperte dalla immunita' sostanziale di cui all'art. 68, primo comma, della Costituzione. La Costituzione ha fissato una delimitazione funzionale dell'ambito di detta immunita' sostanziale. Senza questa delimitazione, come ha osservato la Corte costituzionale nella sentenza 24 marzo 2000, l'applicazione della prerogativa si trasformerebbe in un privilegio personale. E tale delimitazione preclude di accettare una definizione della "funzione" del parlamentare cosi' generica ed ampia da ricomprendervi l'attivita' politica che egli svolge in qualsiasi occasione o sede. A questa stregua, il nesso funzionale tra le dichiarazioni rese dal parlamentare e l'attivita' parlamentare, che consente di ritenere applicabile l'immunita' di cui al piu' volte citato art. 68, primo comma, della Costituzione, non puo' essere inteso come semplice collegamento di argomento o di contenuto tra le dichiarazioni stesse ed attivita' parlamentare, ma come "identificabilita' delle dichiarazioni quali espressione di attivita' parlamentare". Va, poi, precisato che l'immunita' "e' limitata al contenuto storico delle opinioni espresse nell'esercizio di attivita' parlamentare" pertanto nel caso di riproduzione all'esterno della sede parlamentare e' necessario, per ritenere la sussistenza dell'immunita', che si riscontri la identita' sostanziale di contenuto fra l'opinione espressa in sede parlamentare e quella manifestata all'esterno (sentenze n. 10 e 82 anno 2000 della Corte costituzionale). La Corte costituzionale, come ognun vede, si e' attestata su una interpretazione restrittiva della immunita' sostanziale prevista dalla norma di cui all'art. 68, primo comma, della Costituzione perche' trattasi di una immunita' che la Costituzione ha voluto, in deroga al principio di legalita' e di tutela giurisdizionale dei diritti, riservare alle opinioni espresse nell'esercizio delle funzioni parlamentari. Orbene, nel caso di specie, se non e' riscontrabile alcuna irregolarita' nell'iter procedimentale seguito dal Senato per addivenire alla deliberazione che ha affermato la insindacabilita' delle opinioni espresse dal senatore Marcello Pera, non e' dato invece ravvisare alcun nesso funzionale tra le espressioni contestate al senatore Marcello Pera come diffamatorie nei confronti del dott. Giancarlo Caselli, all'epoca dei fatti Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Palermo, e l'attivita' parlamentare del senatore Marcello Pera stesso. Non e' infatti riscontrabile alcuna connessione con atti tipici della funzione parlamentare. In proposito, va rilevato che le dichiarazioni rilasciate all'ANSA dal sen. Pera sono state fatte in relazione alla querela sporta precedentemente dal dott. Giancarlo Caselli e dai magistrati Vittorio Teresi e Antonio Ingoia, rispettivamente all'epoca Procuratore della Repubblica e sostituti Procuratori presso il tribunale di Palermo, per l'articolo a firma del senatore Pera pubblicato sul quotidiano "Il Messaggero" del 14 gennaio 1999 intitolato "I p.m.? Mostri a tre teste" (in detto articolo il senatore Pera svolgeva una serie di considerazioni sulla figura del p.m. italiano, sull'anomalia di detta figura). Da tali anomalie discendeva, secondo il Pera, come conseguenza che alcuni esponenti delle forze dell'ordine se talvolta non si comportavano secondo le volonta' del p.m., questi li faceva o rimuovere o processare. Elencava poi alcuni casi fra cui quello Contrada e Marini: Le dichiarazioni diffamatorie contestate al Pera, oggetto del presente processo, riguardano la querela presentata dal dott. Giancarlo Caselli per l'articolo sopraindicato pubblicato sul quotidiano "Il Messaggero", querela che il Pera definisce "una iniziativa intimidatoria stabilita a freddo e per ragioni strettamente politiche; il Caselli si muove cosi' perche' e' sicuro di avere l'appoggio incondizionato del Governo. Caselli ha dimostrato di essere completamente privo di carattere intellettuale". Trattasi di dichiarazioni, rilasciate all'ANSA, quindi, al di fuori dell'attivita' parlamentare, che presentano soltanto un generico collegamento con l'attivita' parlamentare avente per oggetto il tema della distinzione della carriera tra i p.m. ed i giudici, tema ampiamente dibattuto dal Pera nel Senato e nella Commissione Giustizia. Ma non vi e' una identita' di contenuto fra le dichiarazioni espresse in sede parlamentare dal Pera e quelle rilasciate all'ANSA. Va rilevato che l'atteggiamento assunto dal dott. Caselli di querelare il senatore Pera in relazione all'articolo pubblicato sul quotidiano "Il Messaggero" non ha formato oggetto di dibattito in sede parlamentare e le dichiarazioni rese dal Pera all'ANSA in merito alla querela proposta dal Caselli rappresentano la manifestazione di un'opinione personale nell'esercizio della liberta' di espressione, comune a tutti i cittadini e ad esse non puo' estendersi, senza maturarla, l'immunita' sostanziale, riservata, come si e' gia' detto, alle opinioni espresse nell'esercizio delle funzioni parlamentari. In conclusione, e' lecito affermare che la delibera di insindacabilita' adottata dal Senato, nella seduta del 31 maggio 2000, si appalesa lesiva delle attribuzioni di questo organo giudicante in quanto il potere attribuito al parlamento dall'art. 68, primo comma della Costituzione e' stato esercitato in modo erroneo. Pertanto va proposto ricorso per conflitto di attribuzioni ai sensi dell'art. 37 della legge n. 87/1953, perche' nella specie si pone la questione attinente la correttezza dell'esercizio del potere conferito al Senato dall'art. 68, primo comma della Costituzione con riferimento alla menomazione delle attribuzioni giurisdizionali garantite costituzionalmente, ai sensi degli artt. 102 e seguenti della Costituzione.