ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 5, comma 1,
ultima  parte,  della  legge  21 luglio 2000, n. 205 (Disposizioni in
materia  di  giustizia amministrativa), promossi con ordinanze emesse
il 25 ottobre 2000 dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per
la  Regione Emilia-Romagna e l'8 novembre 2000 (n. 3 ordinanze) dalla
Corte  dei  conti,  sezione giurisdizionale per la regione siciliana,
rispettivamente  iscritte  ai  nn. 52,  219,  220  e 242 del registro
ordinanze 2001 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
nn. 5 e 13, 1a serie speciale, dell'anno 2001.
    Visti  gli  atti  di  intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 20 giugno 2001 il giudice
relatore Riccardo Chieppa.
    Ritenuto  che  la  Corte  dei  conti, sezione giurisdizionale per
l'Emilia-Romagna,  con  ordinanza del 25 ottobre 2000 (r.o. n. 52 del
2001),  e  la Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la regione
siciliana,  con  tre ordinanze, di analogo contenuto, dell'8 novembre
2000,  depositate  rispettivamente il 2 gennaio 2001 (r.o. n. 219 del
2001), il 21 dicembre 2000 (r.o. n. 220 del 2001) e il 2 gennaio 2001
(r.o.  n. 242  del  2001), nel corso di separati giudizi cautelari in
materia  di  pensioni,  hanno  sollevato  questione  di  legittimita'
costituzionale,  dell'art. 5,  comma  1,  ultimo periodo, della legge
21 luglio   2000,   n. 205  (Disposizioni  in  materia  di  giustizia
amministrativa)  nella parte in cui prevede la competenza della Corte
dei conti in composizione collegiale a provvedere per l'emanazione di
provvedimenti  cautelari  nel  giudizio  pensionistico, nonostante la
stessa  disposizione  istituisca  la  competenza a decidere il merito
della  controversia  della  stessa  Corte  dei  conti in composizione
monocratica,  nella  persona  del  magistrato designato, appartenente
alla  sezione giurisdizionale regionale competente per territorio, in
funzione di giudice unico;
        che   nella   prima   ordinanza   (Corte  dei  conti  sezione
giurisdizionale  per  l'Emilia-Romagna)  i sospetti di illegittimita'
costituzionale  della  richiamata  disposizione  sono  fondati  sulla
violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione;
        che  in  particolare,  al fine di sottolineare l'anomalia del
nuovo sistema, che devolve, da una parte, la competenza a decidere il
merito  ad un organo monocratico e, dall'altra, prevede la competenza
a   pronunciare   sulla  domanda  cautelare  in  capo  ad  un  organo
collegiale,  il  giudice  a quo assume quali parametri di riferimento
gli  altri  modelli  processuali  desunti:  a) dal processo civile in
materia   cautelare;   b)  dal  procedimento  relativo  al  sequestro
conservativo ante causam nel processo contabile che si svolge davanti
alla stessa Corte dei conti per l'accertamento di responsabilita' per
danno   erariale;  c)  dal  nuovo  processo  amministrativo  in  sede
cautelare regolato dall'art. 3 della predetta legge n. 205 del 2000;
        che   nei   primi  due  casi  e'  competente  ad  emanare  il
provvedimento  cautelare  un organo giurisdizionale monocratico ed e'
fatta  salva  la  facolta'  di  proporre reclamo davanti ad un organo
collegiale;
        che  nel terzo caso sia la prima delibazione, che la seconda,
emessa  in sede di appello, appartengono alla competenza di un organo
collegiale;
        che  per il processo pensionistico, invece, non sono previste
norme  particolari,  limitandosi il dettato di legge a sovrapporre la
competenza  collegiale in sede cautelare a quella monocratica in sede
di merito;
        che  il  giudice  a  quo  atteso  che  i  richiamati  modelli
processuali  alternativi non potrebbero trovare applicazione, poiche'
incompatibili  col  processo  in  materia  di  pensioni,  si  pone il
problema   di   ricostruire  questa  figura  di  processo  cautelare,
ritenendo,  in  specie, che la soluzione apparentemente piu' corretta
sarebbe  quella gia' proposta in alcuni precedenti della stessa Corte
dei  conti  (sezione I centrale, ord. n. 68/A del 19 settembre 1995),
secondo  i  quali  le  ordinanze  di  sospensione dell'atto impugnato
pronunciate  dalle  sezioni  giurisdizionali regionali possono essere
oggetto  di  richiesta di riesame; cio', si precisa, con l'intento di
replicare  in sede cautelare il doppio grado di giudizio previsto per
la giurisdizione di merito;
        che  tuttavia, se questa affermazione fosse corretta - sempre
secondo  il  giudice  rimettente  -  si  dovrebbe  ammettere  che  il
provvedimento cautelare pronunciato dall'organo collegiale competente
in  primo  grado  possa  essere  impugnato  davanti  ad  una  sezione
d'appello,  e  che  la  decisione  di questa, conclusiva del giudizio
interinale  ed  anch'essa collegiale, possa essere posta nel nulla da
una sentenza di merito contraria pronunciata dal giudice monocratico;
la  quale  ultima,  oltretutto, potrebbe a sua volta essere appellata
con istanza cautelare di sospensione immediata dei suoi effetti;
        che   tale   complessivo   sistema   sarebbe,  a  parere  del
rimettente,  farraginoso,  palesemente contrastante con gli obiettivi
di  semplificazione  ed accelerazione processuale che la stessa legge
n. 205  del  2000  intende perseguire ed, in definitiva, contrastante
con  i  valori  di buon andamento dell'azione amministrativa e con il
parametro generale di ragionevolezza;
        che  qualora,  poi,  si ritenesse inapplicabile un rimedio di
impugnazione  dell'ordinanza  cautelare  nel  silenzio  normativo, il
disegno   legislativo   non  sfuggirebbe  comunque  alle  censure  di
incostituzionalita',     restando     caratterizzato     dall'anomala
sovrapposizione  della  competenza  collegiale  a  quella del giudice
unico;  il  quale ultimo, oltretutto, sarebbe fatalmente in posizione
di  "sudditanza"  rispetto  alla decisione del collegio, con evidente
squilibrio   della   tutela  interinale  e  d'urgenza  rispetto  alla
cognizione di merito;
        che,  invece, secondo la Corte dei conti, se fosse dichiarata
l'illegittimita'   costituzionale  della  norma  suindicata,  sarebbe
possibile,   perdurando   il   silenzio  del  legislatore,  applicare
analogicamente  gli artt. 669-bis e seguenti cod.proc.civ., adeguando
cosi'  il processo cautelare in materia pensionistica sia al processo
cautelare  civile  sia  al  processo cautelare previsto in materia di
sequestro conservativo nel giudizio contabile, con immediati riflessi
sul giudizio a quo;
        che  nelle  altre  tre  successive  ordinanze la questione di
costituzionalita'  e'  stata sollevata dalla Corte dei conti, sezione
giurisdizionale per la regione siciliana con riferimento agli artt. 3
e 25 della Costituzione;
        che in linea con quanto gia' osservato dalla prima ordinanza,
la  Corte dei conti denuncia l'irragionevolezza di una scelta che, in
assenza  di  qualsivoglia  giustificazione  concreta  o  sistematica,
valicherebbe i margini della discrezionalita' legislativa: un sistema
che  ripartisce  la  competenza  collegiale  e quella monocratica nei
termini   descritti  non  avrebbe  precedenti  e  sarebbe  gravemente
difforme  rispetto  ai modelli piu' vicini al giudizio pensionistico,
il processo cautelare nel processo di responsabilita' contabile ed il
processo   cautelare   nel   rito   del   lavoro,   pure  richiamato,
quest'ultimo, nel giudizio della Corte dei conti in tema di pensioni;
        che le tre ultime ordinanze segnalano, poi, che i sospetti di
irragionevolezza  della disciplina si accentuerebbero alla luce degli
effetti  che  puo'  determinare l'art. 9 della legge n. 205 del 2000,
che  affiderebbe al collegio chiamato a valutare la domanda cautelare
il  potere  di  decidere  il  merito  della controversia con sentenza
succintamente  motivata,  quando  il  ricorso  appaia  manifestamente
fondato,  o  manifestamente  infondato, irricevibile, inammissibile o
improcedibile;
        che  secondo  la Corte dei conti, sezione giurisdizionale per
la   Sicilia,   la  trasformazione  del  rito  avrebbe  come  effetto
automatico   anche  la  trasformazione  dell'organo  decidente;  cio'
comporterebbe la modificazione del giudice naturale precostituito per
legge,  dipendente  non  gia' da una chiara e verificabile scelta del
legislatore,  ma  da circostanze occasionali e variabili, consistenti
nel  fatto  che  le  parti abbiano posto il collegio in condizioni di
provvedere  nel  merito e nella stessa determinazione facoltativa del
collegio  di  decidere  con  sentenza, chiudendo la fase processuale;
quest'evenienza, se da una parte sarebbe coerente con le finalita' di
accelerazione  processuale  perseguite  dalla legge, dall'altra parte
realizzerebbe  -  proprio  a  causa  dell'anomalia  di  partenza  che
contraddistingue  il processo cautelare - un arbitrario sovvertimento
di competenze;
        che  ne  seguirebbe,  secondo  la  Corte  dei  conti, sezione
giurisdizionale  per  la  Sicilia,  la  violazione dell'art. 25 della
Costituzione;
        che in tutti i giudizi e' intervenuta, innanzi alla Corte, la
Presidenza   del   Consiglio  dei  ministri,  difesa  dall'Avvocatura
generale dello Stato, che ha chiesto che la questione di legittimita'
costituzionale sia dichiarata inammissibile e comunque manifestamente
infondata, illustrandone le relative ragioni.
    Considerato  che,  stante  la  identita'  dell'oggetto, i giudizi
introdotti  con  le sopra indicate ordinanze vanno riuniti per essere
decisi con un'unica pronuncia;
        che  la  norma  denunciata,  contenuta  nell'art. 5, comma 1,
della  legge  21 luglio  2000,  n. 205,  riguarda  esclusivamente  la
composizione  monocratica  della  Corte  dei  conti per giudicare "in
primo  grado" in materia di ricorsi pensionistici, civili, militari e
di  guerra, e la composizione collegiale della stessa Corte dei conti
in ogni caso ("sempre") di pronuncia "in sede cautelare";
        che  pertanto  la  innovazione  legislativa  si  riduce  alla
assegnazione  della  competenza a decidere i ricorsi pensionistici ad
un   magistrato  assegnato  alla  sezione  giurisdizionale  regionale
competente  per  territorio,  con  la  qualificazione "in funzione di
giudice  unico", mentre si mantiene la composizione collegiale per la
Corte dei conti in sede cautelare secondo la preesistente normativa;
        che,  di conseguenza, devono rimanere estranei alla questione
sollevata  tutti  gli  altri  profili  attinenti alla possibilita' di
richiesta  di  riesame  o di impugnazione delle ordinanze cautelari e
alle  modalita' di applicazione del rinvio operato dall'art. 9, comma
3,  della  legge n. 205 del 2000 per i giudizi innanzi alla Corte dei
conti  in  materia  pensionistica  in  ordine alla determinazione del
giudice  (unico  o  in  composizione  collegiale) per le decisioni in
forma  semplificata,  in quanto al di fuori del contenuto della norma
denunciata,  di  cui  il  giudice rimettente doveva fare applicazione
nella fase della rimessione;
        che  detti  ultimi profili dovranno essere risolti, quando se
ne  presentera' la concreta applicazione, dall'organo giurisdizionale
a  quo  sulla  base  dell'interpretazione  del  complesso delle norme
processuali  relative  ai giudizi pensionistici avanti alla Corte dei
conti;
        che  la  sollevata  questione  di legittimita' costituzionale
dell'art. 5,   comma  1,  della  legge  21 luglio  2000,  n. 205,  e'
manifestamente  infondata  in  quanto,  da  un  canto,  rientra nella
discrezionalita' del legislatore la valutazione della opportunita' di
differenziare in una determinata materia (nella specie pensionistica)
la    composizione   dell'organo   giurisdizionale   (monocratico   o
collegiale)  destinato a pronunciare in sede cautelare, o a giudicare
sui  ricorsi  della  stessa materia, con il generale limite della non
palese arbitrarieta' e irragionevolezza;
        che  tale limite, nella specie, non risulta violato attesa la
ratio   della  norma  denunciata  di  accelerare  e  semplificare  la
definizione dei ricorsi "in primo grado" (v. per riferimenti a misure
di  accelerazione dei processi sentenza n. 427 del 1999), mantenendo,
invece,  indistintamente,  la composizione collegiale per le pronunce
"in  sede  cautelare"  sempre per la materia pensionistica, senza che
sia   compromessa  la  precostituzione  del  giudice,  in  quanto  la
determinazione  della  composizione  dell'organo  giudicante  avviene
sulla  base  di  una  regola generale fissata dalla legge con criteri
obiettivi  e predeterminati (monocratico per la decisione dei ricorsi
in primo grado, collegiale per le pronunce "in sede cautelare");
        che,  infatti,  la  precostituzione del giudice e' rispettata
tutte  le  volte che l'organo giudicante risulti istituito sulla base
di criteri generali prefissati per legge (ordinanza n. 159 del 2000),
essendo  sufficiente  che  la  legge  determini  criteri  oggettivi e
generali,  capaci di costituire un discrimen della competenza o della
giurisdizione  di  ogni  giudice (ordinanza n. 176 del 1998; v. anche
sentenza  n. 419  del  1998,  n. 217  del  1993  e  n. 269  del 1992;
ordinanza n. 257 del 1995);
        che  non esiste nel sistema di "indipendenza" di alcun organo
giurisdizionale  (degno  di  tale status) una posizione di sudditanza
tra  giudice  monocratico  e  giudice  collegiale (per riferimenti v.
sentenza   n. 272  del  1998),  allo  stesso  modo  come  non  esiste
condizionamento  della  pronuncia  cautelare  sulla  definizione  del
ricorso,  se non nel senso che la decisione di rigetto del ricorso in
primo grado supera la fase cautelare, sovrapponendosi alla precedente
pronuncia cautelare di sospensione ed eliminandone gli effetti, salvi
gli  eventuali  ulteriori  provvedimenti  cautelari  del  giudice  di
secondo grado;
        che e' inappropriato il parametro di riferimento dell'art. 97
della  Costituzione,  poiche'  il  principio  di  buon andamento e di
imparzialita' della pubblica amministrazione, pur potendo interessare
anche  gli  organi  dell'amministrazione  della  giustizia per quanto
attiene  esclusivamente  alle  leggi  concernenti l'ordinamento degli
uffici   giudiziari   e   il   loro   funzionamento  sotto  l'aspetto
amministrativo,    e'    estraneo    all'esercizio   della   funzione
giurisdizionale   nel   suo  complesso  e  in  relazione  ai  diversi
provvedimenti  che costituiscono espressione del suo esercizio o alla
ripartizione  delle competenze (ordinanze n. 490 e 30 del 2000; n. 11
del  1999;  n. 272  del 1998; n. 189, n.103 e n. 7 del 1997; sentenze
n. 122 del 1997; n. 281 del 1995 e n. 376 del 1993);
        che  cio'  non  esclude che anche la funzione giurisdizionale
debba  essere  regolata  da  leggi che assicurino il buon andamento e
l'imparzialita',   in   quanto   connaturale  all'esercizio  di  ogni
giurisdizione,  senza  la quale non avrebbe significato la soggezione
dei  giudici  solo alla legge (v. sentenza n. 387 del 1999), che deve
essere  conforme  ai  principi  costituzionali,  ivi  compresi quelli
contenuti  negli  articoli  3, 24, 25, primo comma, e nella Parte II,
Titolo IV, della Costituzione;
        che  il  legislatore nella sua discrezionalita' puo' adottare
norme processuali differenziate tra i diversi tipi di giurisdizioni e
di  riti procedimentali anche nell'ambito della stessa giurisdizione,
non  essendo  tenuto,  sul  piano  costituzionale,  ad  osservare una
uniformita' rispetto al processo civile o amministrativo, proprio per
le  ragioni  che possono giustificare la pluralita' di giurisdizioni,
le  diversita'  processuali  e le differenze delle tipologie dei riti
speciali  (v.  per  l'autonomia  e particolarita' dei diversi sistemi
processuali  ordinanze  n. 30  del  2000  e n. 359 del 1998; sentenza
n. 53  del  1998; sulla rilevanza delle speciali esigenze dei singoli
procedimenti,  a  proposito  del diritto di difesa, purche' non siano
pregiudicati  lo  scopo  e  le  funzioni,  sentenza n. 119 del 1995 e
n. 220 del 1994);
        che,  pertanto,  tutti  i  profili  denunciati, relativi agli
artt. 3, 97 e 25 della Costituzione, sono manifestamente infondati.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.