ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel   giudizio  di  legittimita'  costituzionale  degli  articoli 33,
comma 3,  34,  comma 8,  43,  comma 9,  51, comma 3, 54, comma 2, 60,
comma 3, 90, comma 1, e 91, comma 8, della legge della regione Veneto
4 novembre  2002, n. 33 (Testo unico delle leggi regionali in materia
di  turismo),  promosso  con ricorso del Presidente del Consiglio dei
ministri,  notificato il 7 gennaio 2003, depositato in cancelleria il
16 successivo ed iscritto al n. 5 del registro ricorsi 2003.
    Visto l'atto di costituzione della regione Veneto;
    Udito  nell'udienza  pubblica  dell'11 novembre  2003  il giudice
relatore Valerio Onida;
    Uditi l'avvocato dello Stato Sergio Laporta per il Presidente del
Consiglio  dei  ministri e l'avvocato Mario Bertolissi per la regione
Veneto.

                          Ritenuto in fatto

    1.  - Con ricorso notificato il 7 gennaio 2003 e depositato nella
cancelleria  di  questa  Corte  il 16 gennaio 2003, il Presidente del
Consiglio   dei   ministri   ha   sollevato,   in   riferimento  agli
articoli 117,  secondo  comma,  lettere  e,  g, l, p, s, 120, secondo
comma, e 114, primo e secondo comma, della Costituzione, questione di
legittimita'  costituzionale degli articoli 33, comma 3, 34, comma 8,
43,  comma 9,  51,  comma 3, 54, comma 2, 60, comma 3, 90, comma 1, e
91,  comma 8, della legge della regione Veneto 4 novembre 2002, n. 33
(Testo unico delle leggi regionali in materia di turismo).
    L'Avvocatura  censura,  in relazione all'art. 117, secondo comma,
lettera  s,  della  Costituzione,  l'art. 33,  comma 3,  della  legge
regionale, in tema di composizione della commissione regionale per la
classificazione  delle  residenze  d'epoca,  perche' attribuirebbe un
ruolo  marginale  alla  Amministrazione  dei  beni  e delle attivita'
culturali,  sia  affiancando  al  componente  della  commissione  ivi
prevista  designato  dalla  Soprintendenza  per  i  beni ambientali e
architettonici   del  Veneto  un  «esperto»  designato  dagli  stessi
operatori  turistici e un «dipendente» della Provincia competente per
territorio,  sia  limitando  ad  un solo componente la presenza della
predetta  Amministrazione,  che  -  si  osserva  - nel Veneto ha piu'
Soprintendenze con competenza per i beni ambientali e architettonici.
    Altre   disposizioni   oggetto   di   impugnativa,  in  relazione
all'art. 117,  secondo comma, lettera e, della Costituzione, sotto il
profilo   della  tutela  della  concorrenza,  sono  gli  articoli 34,
comma 8,  43,  comma 9,  e  60,  comma 3,  della  legge della regione
Veneto,  nella  parte  in  cui  limitano  l'applicabilita'  di prezzi
inferiori ai minimi e prevedono sanzioni per l'applicazione di prezzi
«difformi»  (anziche'  «superiori»)  a  quelli  liberamente stabiliti
dagli operatori economici e comunicati alla Provincia.
    L'art. 54,  comma 2,  del  testo  unico  delle leggi regionali in
materia  di  turismo  e'  denunciato nella parte in cui - malgrado il
formale  ossequio  alle  leggi  dello  Stato, contenuto nell'art. 46,
comma 1  -  prevede illimitati rinnovi «automatici» delle concessioni
sul   demanio   marittimo,   con   costituzione  di  diritti  privati
praticamente  perpetui su detto demanio. Tale disposizione violerebbe
l'art. 117, secondo comma, lettere g, l e s, della Costituzione.
    A   sua   volta,   l'art. 51,   comma 3,  della  legge  regionale
contrasterebbe  con  l'art. 117,  secondo comma, lettere g e s, della
Costituzione, perche' affida soltanto all'ufficio tecnico comunale (e
nel  caso  di  inerzia  all'ufficio  regionale  del  genio civile) la
vigilanza  ed  il  collaudo delle opere realizzate dal concessionario
sul  demanio  marittimo,  senza prevedere la partecipazione di alcuno
designato dallo Stato, ed oltretutto stabilendo (parrebbe solo per il
collaudo)  un troppo breve termine di 60 giorni e ponendone i costi a
carico   della   finanza  pubblica;  ed  inoltre  perche'  omette  di
richiamare, come sarebbe stato almeno opportuno, l'art. 49 del codice
della navigazione.
    Ad   avviso  dell'Avvocatura,  l'art. 90,  comma 1,  della  legge
regionale,  la'  dove circoscrive le possibilita' di svolgere in modo
occasionale  anche attivita' di guida turistica all'interno di musei,
gallerie   e   siti   archeologici  appartenenti  allo  Stato,  senza
esplicitamente  consentire  che  dipendenti  dell'Amministrazione dei
beni ed attivita' culturali possano occasionalmente illustrare i beni
artistici   storici   o   archeologici   (ad  esempio,  a  visitatori
istituzionali  italiani  o stranieri), contrasterebbe con l'art. 117,
secondo comma, lettera g, della Costituzione.
    Infine,  viene  denunciata  l'illegittimita'  costituzionale - in
riferimento  all'art. 120, secondo comma, nonche' all'art. 114, primo
e  secondo  comma,  ed  all'art. 117, secondo comma, lettera p, della
Costituzione - dell'art. 91, comma 8, della legge regionale, il quale
prevede  che la regione proceda alla nomina di un commissario ad acta
qualora  il  comune  non abbia modificato, nel termine di dodici mesi
dall'entrata  in  vigore  del testo unico, gli strumenti urbanistici,
con la previsione della disciplina urbanistico-edilizia dei complessi
ricettivi  all'aperto esistenti e, ove occorra, con la individuazione
delle     aree    specificamente    destinate    agli    insediamenti
turistico-ricettivi.  Rileva  l'Avvocatura  che  l'art. 120,  secondo
comma,  della  Costituzione  nel primo periodo attribuisce al Governo
della  Repubblica il potere di «sostituirsi a organi ... delle citta'
metropolitane,  delle province e dei comuni» nei casi ivi indicati, e
nel  secondo  periodo riserva alla «legge» il compito di definire «le
procedure  atte a garantire che i poteri sostitutivi siano esercitati
nel   rispetto   dei   principi   di   sussidiarieta'   e   di  leale
collaborazione».  Ad  avviso  della  difesa  erariale, la continuita'
testuale  dei  due  periodi dell'unitario secondo comma dell'art. 120
della  Costituzione, le solenni disposizioni contenute nell'art. 114,
primo  e  secondo  comma,  della  Costituzione,  l'attribuzione  alla
competenza  esclusiva  dello  Stato,  ai sensi dell'art. 117, secondo
comma, lettera p, della Costituzione della materia «organi di governo
e  funzioni fondamentali di comuni, province e citta' metropolitane»,
la  cogente esigenza di una disciplina unica o quanto meno fortemente
coordinata  delle  modalita'  di esercizio dei poteri sostitutivi sin
dal   momento   della   individuazione   dell'organo   che   delibera
l'intervento     sostitutivo,    sarebbero    considerazioni    tutte
concordemente  concludenti  nel  senso  che  l'espressione  «la legge
definisce»  utilizzata  dal  Costituente  starebbe  per «disposizioni
legislative dello Stato definiscono».
    In  definitiva,  l'art. 120  della  Costituzione attribuirebbe al
Governo  della  Repubblica  il  potere di sostituirsi ad organi delle
Regioni  e degli enti locali nei casi ivi indicati e prevederebbe che
l'esercizio  dei  poteri  sostitutivi  sia disciplinato mediante atto
legislativo dello Stato. L'Avvocatura esclude che la disciplina degli
interventi   sostitutivi   possa  essere  qualificata  normativa  «di
chiusura»  rispetto  alle  disposizioni  legislative o amministrative
costitutive  degli  obblighi  rimasti  inadempiuti  o, in genere, non
osservati.
    2.  - Nel giudizio dinanzi alla Corte si e' costituita la regione
Veneto, concludendo per il rigetto del ricorso.
    Eccepisce  preliminarmente  la  regione  che la deliberazione del
Consiglio  dei  ministri  del  20 dicembre  2002,  che  ha  deciso la
proposizione  del  ricorso,  non  fa  riferimento all'impugnazione di
tutte  le disposizioni indicate dall'Avvocatura generale dello Stato,
ma  solo  a  quella  dell'art. 91,  comma 8,  della  legge regionale.
Infatti,  nella  relazione  del  Ministro  per  gli affari regionali,
allegata  al  verbale  della  riunione del Consiglio dei ministri del
20 dicembre,  si afferma che la legge della regione Veneto 4 novembre
2002,  n. 33,  sarebbe  censurabile in quanto «la disposizione di cui
all'art. 91,  comma 8,  prevede  la  nomina  da parte regionale di un
commissario ad acta per l'esercizio di poteri sostitutivi regionali»,
con  cio'  ponendosi  in contrasto con l'art. 120 della Costituzione,
che «demanda a legge statale la disciplina dei poteri sostitutivi nei
confronti   degli  enti  locali».  L'impugnativa  degli  articoli 33,
comma 3,  34,  comma 8,  43,  comma 9,  51, comma 3, 54, comma 2, 60,
comma 3,  90,  comma 1,  della  legge  della  regione Veneto sarebbe,
dunque, inammissibile.
    In  ogni  caso,  osserva  la  difesa  della  regione,  gli stessi
articoli 33,  comma 3,  34,  comma 8, 43, comma 9, 60, comma 3, e 90,
comma 1, della legge regionale n. 33 del 2002 costituirebbero la mera
riproduzione  di disposizioni regionali vigenti prima dell'entrata in
vigore  del  testo  unico in materia di turismo e mai impugnate dallo
Stato   (nonostante   il   turismo   fosse,   prima   della  modifica
dell'art. 117 della Costituzione, materia di competenza concorrente),
mentre  l'art. 54,  comma 2,  riprodurrebbe  il testo di disposizioni
statali.  Dunque, anche sotto questo ulteriore profilo, le censure di
illegittimita'  costituzionale  prospettate  dall'Avvocatura generale
sarebbero inammissibili.
    Nel merito, le questioni di legittimita' costituzionale sarebbero
comunque infondate.
    Con   riferimento,   in   particolare,   alla   censura   rivolta
all'art. 91,  comma 8,  la  regione  ritiene compatibile con il testo
costituzionale  l'intestazione  ad  organi  delle  Regioni  di poteri
sostitutivi, diversi da quello previsto dall'art. 120, secondo comma,
della  Costituzione,  nei confronti degli enti territoriali. Qualora,
infatti,  si  riconosca  all'intervento  statale  il  carattere della
straordinarieta',  la norma costituzionale dovrebbe essere letta come
legittimante,   appunto,   l'intervento  statale  con  l'ampiezza  e,
insieme,  nei limiti indicati, ma non gia' escludente la possibilita'
di  casi  di  sostituzione, per cosi' dire, ordinaria (da prevedere e
disciplinare nel quadro della regolazione di un settore o materia, in
conformita'  ai  presupposti  e  contenuti  tipici della sostituzione
amministrativa)  da  parte  di organi della regione o di altri poteri
pubblici.  Una  tale  conclusione si imporrebbe in quanto, se e' alla
regione   che   spetta   dettare   la   disciplina   delle  modalita'
organizzative   della   funzione,   sempre   alla   regione   spetta,
conseguentemente,  prevedere  un suo intervento in caso di inerzia di
altri  soggetti cui essa prescriva di porre in essere una determinata
attivita',  poiche'  tale inerzia impedisce l'attuazione delle scelte
politiche  da  essa  compiute  nell'esercizio  delle  sue  competenze
costituzionalmente  tutelate.  E  poiche'  le  fattispecie  in cui la
regione  esercita dei poteri di sostituzione nei confronti degli enti
locali,  quale  quella  di  cui  all'art. 91,  comma 8,  della  legge
regionale,   non  rientrano  nell'esercizio  del  potere  sostitutivo
statale  previsto  dall'art. 120,  secondo comma, della Costituzione,
quest'ultima  disposizione  non  potrebbe  dettare  la  disciplina di
queste stesse fattispecie.
    Ma  sarebbe  non  conferente  anche il richiamo alle disposizioni
contenute  nell'art. 114  e  nell'art. 117, secondo comma, lettera p,
della  Costituzione. In particolare, non si potrebbe sostenere che la
disciplina dei controlli rientri nell'ambito della materia «organi di
governo   e  funzioni  fondamentali  di  comuni,  province  e  citta'
metropolitane», di cui all'art. 117, secondo comma, lettera p, se non
a  patto di attribuire alla materia stessa un significato tanto ampio
da  farvi  rientrare  tutta  la  legislazione  che  abbia  ad oggetto
qualsiasi  funzione  degli  enti locali: il che sarebbe assolutamente
incompatibile  con la lettera della disposizione e, prima ancora, con
il    complessivo   assetto   dei   poteri   voluto   dalla   riforma
costituzionale.
    3.  -  In  prossimita'  dell'udienza,  l'Avvocatura ha depositato
memoria illustrativa.
    A   fronte   dell'eccezione   di  inammissibilita'  del  ricorso,
sollevata  dalla  regione con riferimento alle disposizioni impugnate
diverse  dall'art. 91,  comma 8,  sul  rilievo che esse non sarebbero
state  oggetto  di  censura  da  parte  del  Consiglio  dei ministri,
l'Avvocatura  replica  che  la pretesa relazione del Ministro per gli
affari  regionali  che  circoscriverebbe  in  tal  modo l'oggetto del
ricorso  altro  non  sarebbe che «un appunto tecnico non sottoscritto
proveniente    dal    Dipartimento   affari   regionali».   Tuttavia,
l'Avvocatura  dichiara  di  «limitare  la  materia  del contendere al
citato art. 91, comma 8, con abbandono delle rimanenti censure».
    In  ordine  al  potere  sostitutivo  ivi  previsto,  l'Avvocatura
ribadisce   che   esso   necessita   di   una   espressa   previsione
costituzionale,  nonche'  di una predeterminazione dei limiti e delle
modalita'  di  esercizio  dello stesso, poiche' sarebbe «irrazionale»
che  i  legislatori  regionali  «malgrado  l'art. 114, comma secondo,
l'art. 117,  comma  secondo,  lettera  p,  e l'art. 118 comma primo e
secondo»   della   Costituzione  siano,  a  differenza  dello  Stato,
«sostanzialmente  liberi»  nel  disciplinare  tale potere. L'art. 120
della    Costituzione,   invece,   porrebbe   una   «riserva»   nella
configurazione  del  potere sostitutivo, «bilanciata» dall'azione dei
principi di sussidiarieta' e leale collaborazione, affinche' esso sia
esercitato non in chiave sanzionatoria, ma «di sostegno solidale e di
ausilio».
    Tale linea di lettura troverebbe conferma nell'art. 8 della legge
5     giugno 2003,    n. 131    (Disposizioni    per    l'adeguamento
dell'ordinamento   della   Repubblica   alla   legge   costituzionale
18 ottobre  2001,  n. 3),  che assegnerebbe in materia alle Regioni e
agli enti locali «soltanto una facolta' di iniziativa».
    4.   -   Anche  la  regione  Veneto  ha  depositato  una  memoria
illustrativa,  con cui, ribadite le eccezioni preliminari in rito, ha
insistito per il rigetto del ricorso.
    Il   potere   sostitutivo  disciplinato  dall'impugnato  art. 91,
comma 8,   a  fronte  di  un'attivita'  vincolata  dell'ente  locale,
costituirebbe   «pura   e   semplice  manifestazione  delle  facolta'
spettanti    alla   regione,   di   natura   sia   legislativa,   sia
amministrativa»,  che  non  avrebbe  a  che vedere con le prerogative
eccezionali   spettanti  allo  Stato  a  salvaguardia  dell'interesse
nazionale e dei valori indicati dall'art. 120 della Costituzione.
    Oltretutto, gia' nel vigore dell'art. 5 del d.lgs. 31 marzo 1998,
n. 112, la dottrina aveva concluso per l'ammissibilita' di interventi
sostitutivi delle Regioni nei confronti degli enti locali, quantomeno
per le attribuzioni loro conferite dalla regione stessa.
    In  conclusione,  mentre  il  potere  di  cui  all'art. 120 della
Costituzione  avrebbe  carattere  tassativo  ed  eccezionale,  quello
introdotto dalla norma impugnata costituirebbe, su un piano del tutto
diverso,   «una   manifestazione   dei   poteri  attivi  di  chi  ha,
costituzionalmente,  la  facolta'  di  agire e la responsabilita' dei
risultati».

                       Considerato in diritto

    1.  -  Il  ricorso  del  Presidente  del  Consiglio ha ad oggetto
diverse  disposizioni  della  legge  regionale  del Veneto 4 novembre
2002,  n. 33  (Testo  unico  delle  leggi  regionali  in  materia  di
turismo):   precisamente   gli   articoli 33,  comma 3  (in  tema  di
composizione della commissione regionale per la classificazione delle
residenze  d'epoca); 34, comma 8, 43, comma 9, e 60, comma 3 (in tema
di  prezzi delle strutture ricettive alberghiere e degli stabilimenti
balneari,  e  di relative sanzioni); 51, comma 3 (in tema di collaudo
delle opere eseguite sui beni del demanio marittimo); 54, comma 2 (in
tema  di  rinnovo  automatico  delle concessioni sui beni del demanio
marittimo);   90,   comma 1   (in  tema  di  svolgimento  occasionale
dell'attivita' di guida turistica); 91, comma 8 (in tema di nomina di
commissario  ad  acta nel caso di mancato adeguamento degli strumenti
urbanistici).
    Tuttavia,  mentre  la  delibera del Consiglio dei ministri che ha
deciso  l'impugnazione  contiene  la  sola generica determinazione di
impugnare  «la  legge  della  regione  Veneto 4 novembre 2002, n. 33»
(legge,  si  badi,  recante  una  amplissima  e articolata disciplina
riguardante  i  piu'  diversi  oggetti  attinenti  alla  materia  del
turismo),  la  relazione  del  Dipartimento  degli  affari regionali,
allegata  al  verbale del Consiglio dei ministri, e sulla cui base il
Consiglio   ha  deliberato,  fa  menzione  di  un'unica  disposizione
censurabile  in quanto ritenuta in contrasto con l'articolo 120 della
Costituzione,  e  cioe'  l'articolo 91,  comma 8,  in  tema di potere
sostitutivo regionale nei confronti dei comuni.
    Deve  pertanto  concludersi  che e' ammissibile solo la questione
sollevata  nei  confronti  di  quest'ultima disposizione. Sono invece
inammissibili,   per  difetto  della  determinazione  governativa  di
impugnazione,  di  cui  all'articolo 31,  secondo  comma, della legge
11 marzo  1953,  n. 87 (nel testo vigente all'epoca in cui il ricorso
e'   stato   proposto:   ma  nello  stesso  senso  dispone  l'attuale
articolo 31,  comma 3,  nel  testo  sostituito  dall'articolo 9 della
legge  5  giugno 2003,  n. 131),  le  questioni  relative  alle altre
disposizioni  menzionate,  non  potendo  esse  ritenersi  validamente
ricomprese   nella   determinazione   di  impugnare  l'intera  legge:
determinazione  che  -  date  le caratteristiche della legge stessa -
risulterebbe  comunque  inammissibile  per  genericita', se non fosse
specificata   e  motivata,  limitatamente  all'articolo 91,  comma 8,
attraverso il rinvio alla relazione citata.
    2.  -  L'articolo 91  della  legge  del Veneto, contenente «Norme
transitorie  per  le strutture ricettive soggette a classificazione»,
dispone,  al  comma 7,  che  entro dodici mesi dall'entrata in vigore
della  legge  «i  comuni  provvedono  ad  adeguare i propri strumenti
urbanistici  con  la previsione della disciplina urbanistico-edilizia
dei  complessi  ricettivi all'aperto esistenti e, ove occorra, con la
individuazione    delle    aree   specificatamente   destinate   agli
insediamenti turistico-ricettivi, in relazione alle indicazioni della
programmazione  regionale e provinciale». In sede di formazione della
predetta  variante  dello  strumento urbanistico, e' previsto che, al
fine di adeguare i complessi ricettivi all'aperto ai requisiti minimi
previsti  dalla  classificazione  richiesta,  con il mantenimento del
numero  delle  unita'  abitative  e  delle  piazzole in esercizio, «i
complessi  esistenti  hanno diritto a conseguire un ampliamento delle
aree  gia'  in  uso  con  altre  aree ad esse adiacenti, nella misura
massima del venti per cento della superficie in uso» (secondo periodo
del comma 7).
    Il  comma 8,  impugnato  dal  Governo,  dispone che «trascorso il
termine  di  cui  al comma 7 senza che sia stata data attuazione alle
disposizioni  in esso contenute, la regione procede alla nomina di un
commissario ad acta».
    Il  ricorrente  sostiene, conformemente a quanto dedotto anche in
altri  paralleli  ricorsi  contro  altre  leggi  regionali, che detta
disposizione   del   comma 8   contrasti   con  l'articolo 120  della
Costituzione,    dal    quale,   interpretato   sistematicamente   in
correlazione  con  gli articoli 114 (sulla natura e l'autonomia degli
enti  territoriali)  e  117,  secondo  comma, lettera p, della stessa
Costituzione  (che riserva alla legislazione esclusiva dello Stato la
materia  concernente  «organi  di  governo e funzioni fondamentali di
comuni, province e citta' metropolitane»), si ricaverebbe che solo al
Governo  spetta  il  potere  di  sostituirsi  agli  organi degli enti
locali,   e  che  l'esercizio  del  potere  sostitutivo  puo'  essere
disciplinato,  ai  sensi del secondo comma del medesimo articolo 120,
solo dalla legge statale.
    3. - La questione non e' fondata.
    3.1.  -  I  poteri  del  tipo  in  esame, che comportano cioe' la
sostituzione   di   organi   di   un  ente  a  quelli  di  un  altro,
ordinariamente  competente,  nel compimento di atti, ovvero la nomina
da  parte dei primi di organi straordinari dell'ente «sostituito» per
il  compimento  degli  stessi  atti,  concorrono  a  configurare  e a
limitare   l'autonomia   dell'ente   nei   cui   confronti  opera  la
sostituzione,   e   devono  quindi  trovare  fondamento  esplicito  o
implicito   nelle  norme  o  nei  principi  costituzionali  che  tale
autonomia prevedono e disciplinano.
    Questo presupposto e' sotteso, esplicitamente o implicitamente, a
tutta  la  giurisprudenza costituzionale formatasi, in tema di poteri
sostitutivi,  prima dell'entrata in vigore della legge costituzionale
n. 3  del  2001,  sia  pure  con prevalente riferimento ad ipotesi di
sostituzione  dello  Stato  alle  regioni  previste  per la tutela di
interessi unitari affidati alla finale responsabilita' dello Stato.
    Il   problema   si   poneva  allora  nel  quadro  di  un  sistema
costituzionale  (quello, appunto, del previgente Titolo V della Parte
II  della  Costituzione)  in  cui, in linea di principio, le funzioni
amministrative,   nelle  materie  elencate  dall'articolo 117,  primo
comma,   spettavano  alle  regioni  (articolo 118,  primo  comma),  e
occorreva  dunque  rinvenire  uno specifico fondamento costituzionale
per  giustificare  la collocazione in capo a organi statali di poteri
sostitutivi,  che  si risolvevano in altrettante ipotesi di esercizio
di  funzioni amministrative regionali da parte dello Stato, in deroga
alla   attribuzione   costituzionale.   Quanto   agli   enti   locali
territoriali,  le  loro  funzioni  erano  determinate  in  termini di
principio    dalle   leggi   generali   della   Repubblica   di   cui
all'articolo 128   della   Costituzione  (ora  abrogato),  mentre  la
puntuale  individuazione  delle stesse era rimessa, per le materie di
competenza   statale   e   quanto   alle   funzioni   «di   interesse
esclusivamente  locale» inerenti alle materie di competenza regionale
(articolo 118,   primo   comma,   della   Costituzione,   nel   testo
previgente),  alle  leggi dello Stato, e, salvo quest'ultima ipotesi,
per  le  materie  di  competenza  regionale,  alle leggi regionali di
«delega» o di «conferimento» di funzioni.
    In  tale  contesto,  la eventualita' della sostituzione di organi
regionali  a  quelli  degli  enti  locali,  mentre  era esclusa nelle
materie  in  cui  la  regione  non  aveva  competenze  legislative  e
amministrative   (cfr.  sentenza  n. 104  del  1973),  poteva  invece
fondarsi  sulle  leggi  regionali  di  delega  o di «conferimento» di
funzioni per le materie in cui, in base agli articoli 117 e 118 della
Costituzione,  le  regioni  erano  costituzionalmente  titolari delle
competenze  amministrative  oltre  che  legislative.  E infatti erano
numerose   le  ipotesi  in  cui  leggi  regionali,  nel  disciplinare
l'esercizio  di funzioni afferenti a materie di competenza regionale,
prevedevano  poteri  di  intervento  sostitutivo  della  regione  nei
confronti degli enti locali.
    3.2.  -  Il  sistema  del  nuovo Titolo V e' improntato a criteri
parzialmente  diversi. Cadute le norme specifiche che attribuivano in
via   generale   allo  Stato  il  compito  di  definire  le  funzioni
amministrative  degli  enti locali (articoli 118, primo comma, e 128,
vecchio  testo),  il  nuovo  articolo 117,  secondo comma, lettera p,
ricomprende  nella  competenza  legislativa  esclusiva dello Stato la
determinazione delle sole «funzioni fondamentali» di comuni, province
e  citta'  metropolitane;  mentre il nuovo articolo 118, primo comma,
attribuisce  in  via di principio ai comuni, in tutte le materie, «le
funzioni  amministrative»,  ma  riserva la possibilita' che esse, per
assicurarne  l'esercizio  unitario,  siano  conferite, sulla base dei
principi   di   sussidiarieta',  differenziazione  e  adeguatezza,  a
province,  citta'  metropolitane,  Regioni e Stato. Da un lato dunque
una «preferenza» generalizzata per gli enti piu' vicini ai cittadini,
dall'altro  un criterio flessibile, guidato da principi generali, per
la concreta collocazione delle funzioni ai vari livelli di governo. E
poiche'  tale  concreta  collocazione  non puo' che trovar base nella
legge,  ne  deriva  che sara' la legge statale o regionale, a seconda
che la materia spetti alla competenza legislativa dello Stato o della
regione,  ad  operare  le  scelte relative, nel rispetto dei principi
generali indicati.
    E'  cio' che in sostanza risulta altresi' dal nuovo articolo 118,
secondo  comma,  secondo cui gli enti locali subregionali (non solo i
comuni)  «sono titolari di funzioni proprie e di quelle conferite con
legge  statale  o regionale, secondo le rispettive competenze». Quale
che  debba ritenersi il rapporto fra le «funzioni fondamentali» degli
enti  locali  di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera p, e le
«funzioni proprie» di cui a detto articolo 118, secondo comma, sta di
fatto che sara' sempre la legge, statale o regionale, in relazione al
riparto   delle   competenze   legislative,  a  operare  la  concreta
collocazione   delle   funzioni,   in   conformita'   alla   generale
attribuzione  costituzionale  ai  comuni  o  in  deroga  ad  essa per
esigenze  di  «esercizio  unitario»,  a  livello sovracomunale, delle
funzioni medesime.
    In  questo  quadro,  anche  l'eventuale previsione di eccezionali
sostituzioni  di  un livello ad un altro di governo per il compimento
di  specifici atti o attivita', considerati dalla legge necessari per
il  perseguimento  degli  interessi unitari coinvolti, e non compiuti
tempestivamente  dall'ente competente, non puo' che rientrare, in via
di principio, e salvi i limiti e le condizioni di cui si dira', nello
stesso  schema  logico,  affidato nella sua attuazione al legislatore
competente per materia, sia esso quello statale o quello regionale.
    Se cosi' non fosse, si avrebbe infatti l'assurda conseguenza che,
per  evitare la compromissione di interessi unitari che richiedono il
compimento  di  determinati  atti o attivita', derivante dall'inerzia
anche  solo  di  uno degli enti competenti, il legislatore (statale o
regionale) non avrebbe altro mezzo se non collocare la funzione ad un
livello  di  governo  piu'  comprensivo,  assicurandone  «l'esercizio
unitario»   ai   sensi   del   primo  comma  dell'articolo 118  della
Costituzione: conseguenza evidentemente sproporzionata e contraria al
criterio generale insito nel principio di sussidiarieta'.
    3.3.  -  Il nuovo articolo 120, secondo comma, della Costituzione
si  inserisce  in  questo  contesto,  con la previsione esplicita del
potere  del  Governo  di  «sostituirsi  a organi delle Regioni, delle
citta'  metropolitane,  delle  province  e dei comuni» in determinate
ipotesi,  sulla base di presupposti che vengono definiti nella stessa
norma  costituzionale.  L'ultimo periodo del comma prevede che sia la
legge  a  definire le procedure, relative evidentemente all'esercizio
dei poteri sostitutivi previsti dal periodo precedente.
    La   nuova  norma  deriva  palesemente  dalla  preoccupazione  di
assicurare  comunque,  in  un  sistema di piu' largo decentramento di
funzioni  quale  quello  delineato  dalla riforma, la possibilita' di
tutelare,  anche  al  di  la'  degli  specifici  ambiti delle materie
coinvolte   e   del   riparto   costituzionale   delle   attribuzioni
amministrative,  taluni  interessi  essenziali  -  il  rispetto degli
obblighi     internazionali    e    comunitari,    la    salvaguardia
dell'incolumita'  e  della  sicurezza pubblica, la tutela in tutto il
territorio   nazionale   dei  livelli  essenziali  delle  prestazioni
concernenti   i   diritti   civili   e   sociali  -  che  il  sistema
costituzionale  attribuisce  alla  responsabilita'  dello Stato (cfr.
infatti   l'articolo 117,   quinto   comma,   ultimo   inciso,  della
Costituzione,   per   gli   obblighi   internazionali  e  comunitari;
l'articolo 117,  secondo  comma,  lettere  h e m, rispettivamente per
l'ordine  e  la  sicurezza  pubblica e per i livelli essenziali delle
prestazioni   concernenti   i   diritti  civili  e  sociali).  Quanto
all'«unita'  giuridica» e all'«unita' economica», quale che ne sia il
significato  (che  qui  non occorre indagare), si tratta all'evidenza
del  richiamo  ad  interessi  «naturalmente» facenti capo allo Stato,
come   ultimo   responsabile   del   mantenimento   della   unita'  e
indivisibilita'  della  Repubblica  garantita  dall'articolo 5  della
Costituzione.
    La  Costituzione  ha voluto dunque che, a prescindere dal riparto
delle  competenze  amministrative, come attuato dalle leggi statali e
regionali nelle diverse materie, fosse sempre possibile un intervento
sostitutivo del Governo per garantire tali interessi essenziali.
    Ma  l'articolo 120,  secondo  comma,  non  puo' essere inteso nel
senso  che  esaurisca,  concentrandole  tutte  in capo allo Stato, le
possibilita'  di  esercizio  di  poteri  sostitutivi. In realta' esso
prevede solo un potere sostitutivo straordinario, in capo al Governo,
da  esercitarsi  sulla  base  dei  presupposti  e per la tutela degli
interessi  ivi  esplicitamente indicati, mentre lascia impregiudicata
l'ammissibilita'   e  la  disciplina  di  altri  casi  di  interventi
sostitutivi,  configurabili  dalla legislazione di settore, statale o
regionale,  in  capo ad organi dello Stato o delle Regioni o di altri
enti  territoriali,  in  correlazione  con  il riparto delle funzioni
amministrative  da essa realizzato e con le ipotesi specifiche che li
possano rendere necessari.
    Il   carattere  straordinario  e  «aggiuntivo»  degli  interventi
governativi  previsti  dall'articolo 120,  secondo comma, risulta sia
dal  fatto  che  esso allude a emergenze istituzionali di particolare
gravita',   che  comportano  rischi  di  compromissione  relativi  ad
interessi  essenziali  della  Repubblica,  sia  dalla circostanza che
nulla,  nella  norma,  lascia  pensare  che  si  sia  inteso con essa
smentire   una  consolidata  tradizione  legislativa,  che  ammetteva
pacificamente   interventi  sostitutivi,  nei  confronti  degli  enti
locali,  ad  opera di organi regionali, anche diversi dagli organi di
controllo   gia'   previsti   dall'ora  abrogato  articolo 130  della
Costituzione.
    Pertanto e' da escludere anche che da questa norma costituzionale
si  possa  far discendere una riserva a favore della legge statale di
ogni disciplina dell'esercizio di detti ulteriori poteri sostitutivi.
La  legge  di  cui  e'  parola nell'ultimo periodo dell'articolo 120,
secondo comma, e' bensi' la legge statale, ma in quanto la disciplina
procedurale  ivi  prevista,  pur se espressiva di principi di portata
piu'   generale,   e'   quella   relativa  all'esercizio  dei  poteri
straordinari  di  sostituzione  delle  amministrazioni  di  qualunque
livello, spettanti al Governo a norma del periodo precedente.
    4.  -  L'articolo 120, secondo comma, non preclude dunque, in via
di principio, la possibilita' che la legge regionale, intervenendo in
materie   di   propria  competenza,  e  nel  disciplinare,  ai  sensi
dell'articolo 117, terzo e quarto comma, e dell'articolo 118, primo e
secondo   comma,   della   Costituzione,   l'esercizio   di  funzioni
amministrative   di  competenza  dei  comuni,  preveda  anche  poteri
sostitutivi  in capo ad organi regionali, per il compimento di atti o
di  attivita' obbligatorie, nel caso di inerzia o di inadempimento da
parte  dell'ente  competente,  al  fine  di  salvaguardare  interessi
unitari  che  sarebbero compromessi dall'inerzia o dall'inadempimento
medesimi.
    Poiche'  pero',  come  si  e'  detto, tali interventi sostitutivi
costituiscono  una  eccezione  rispetto  al  normale  svolgimento  di
attribuzioni  dei  comuni definite dalla legge, sulla base di criteri
oggi   assistiti  da  garanzia  costituzionale,  debbono  valere  nei
confronti  di  essi  condizioni e limiti non diversi (essendo fondati
sulla  medesima  ragione  costituzionale)  da  quelli elaborati nella
ricordata  giurisprudenza  di  questa  Corte  in  relazione ai poteri
sostitutivi dello Stato nei confronti delle Regioni.
    In  primo  luogo,  le  ipotesi di esercizio di poteri sostitutivi
debbono  essere  previste  e  disciplinate dalla legge (cfr. sentenza
n. 338  del  1989),  che  deve  definirne i presupposti sostanziali e
procedurali.
    In  secondo luogo, la sostituzione puo' prevedersi esclusivamente
per  il  compimento di atti o di attivita' «prive di discrezionalita'
nell'an  (anche  se  non  necessariamente  nel  quid  o nel quomodo)»
(sentenza  n. 177  del  1988), la cui obbligatorieta' sia il riflesso
degli  interessi  unitari alla cui salvaguardia provvede l'intervento
sostitutivo:  e  cio'  affinche'  essa non contraddica l'attribuzione
della funzione amministrativa all'ente locale sostituito.
    Il  potere sostitutivo deve essere poi esercitato da un organo di
governo  della  regione o sulla base di una decisione di questo (cfr.
sentenze n. 460 del 1989, n. 342 del 1994, n. 313 del 2003): cio' che
e'   necessario   stante  l'attitudine  dell'intervento  ad  incidere
sull'autonomia, costituzionalmente rilevante, dell'ente sostituito.
    La legge deve, infine, apprestare congrue garanzie procedimentali
per  l'esercizio  del potere sostitutivo, in conformita' al principio
di leale collaborazione (cfr. ancora sentenza n. 177 del 1988), non a
caso espressamente richiamato anche dall'articolo 120, secondo comma,
ultimo periodo, della Costituzione a proposito del potere sostitutivo
«straordinario»  del  Governo,  ma  operante  piu'  in  generale  nei
rapporti  fra  enti dotati di autonomia costituzionalmente garantita.
Dovra'  dunque prevedersi un procedimento nel quale l'ente sostituito
sia  comunque  messo  in  grado di evitare la sostituzione attraverso
l'autonomo  adempimento,  e di interloquire nello stesso procedimento
(cfr.  sentenze n. 153 del 1986, n. 416 del 1995; ordinanza n. 53 del
2003).
    5.  -  La  norma  impugnata  nella  specie  prevede  l'intervento
sostitutivo  della  regione  nel  caso  in  cui  un  comune ometta di
provvedere, entro il termine fissato dalla stessa legge (articolo 91,
comma 7),  ad  adeguare  lo  strumento  urbanistico a quanto previsto
dalla  legge  medesima e dalla programmazione regionale e provinciale
in   tema   di  complessi  ricettivi  all'aperto  e  di  insediamenti
turistico-ricettivi. Si tratta dunque di una ipotesi di sostituzione,
prevista   dalla  legge,  ai  fini  del  compimento  di  un'attivita'
espressamente  considerata obbligatoria, e vincolata, in parte, nello
stesso   contenuto,   per  una  finalita'  rispondente  all'interesse
unitario   espresso   dalle   norme   e  dai  programmi  regionali  e
provinciali.
    La  norma non specifica quale organo della regione sia competente
a  nominare  il  commissario  ad  acta,  ne' precisa il relativo iter
procedimentale.   Sotto   questo  profilo  si  tratta  di  una  norma
incompleta,  che  in  tanto  risultera'  applicabile  in  quanto  sia
integrata  da  altre  norme,  anche  di carattere generale, da cui si
possano  ricavare  le  specificazioni  e  le  precisazioni  predette,
conformemente  ai  principi  sopra  enunciati. Ferma tale esigenza di
integrazione  come  condizione  della sua applicabilita', la rilevata
incompletezza non e' tale da inficiare la legittimita' costituzionale
della norma medesima.