ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 54,  comma
secondo,  del  decreto  del  Presidente della Repubblica 29 settembre
1973,  n. 602  (Disposizioni  sulla  riscossione  delle  imposte  sul
reddito),  nel  testo  anteriore  al  decreto legislativo 26 febbraio
1999,  n. 46  (Riordino  della  disciplina della riscossione mediante
ruolo,   a  norma  dell'articolo 1  della  legge  28 settembre  1998,
n. 337),  promosso  con  ordinanza  del 5 marzo 2005 dal Tribunale di
Brescia,   Sezione  distaccata  di  Salo',  nel  procedimento  civile
vertente  tra  la  UniCredito Gestione Crediti s.p.a., - Banca per la
gestione  dei  crediti  (UGC  Banca  s.p.a.), gia' Mediovenezie Banca
s.p.a.,  e la Esatri s.p.a. ed altri, iscritta al n. 302 del registro
ordinanze 2005 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 24, 1ª serie speciale, dell'anno 2005.
    Visti   l'atto   di   costituzione  di  UGC  Banca  s.p.a.,  gia'
Mediovenezie   Banca   s.p.a.,   nonche'  l'atto  di  intervento  del
Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  23 gennaio  2007  il  giudice
relatore Romano Vaccarella;
    Uditi  l'avvocato  Rosario  Fava  per  la  UGC Banca s.p.a., gia'
Mediovenezie  Banca  s.p.a.,  e l'avvocato dello Stato Sergio Sabelli
per il Presidente del Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1.  - Con ordinanza del 5 marzo 2005, pronunciata nel corso di un
processo di opposizione agli atti esecutivi, proposta da un creditore
pretermesso  nella  distribuzione del ricavato dalla devoluzione allo
Stato di un immobile sottoposto a procedura esecutiva esattoriale, il
Tribunale  di  Brescia,  sezione  distaccata  di  Salo', ha sollevato
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 54, comma secondo,
del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602
(Disposizioni  sulla  riscossione  delle  imposte  sul reddito) - nel
testo  anteriore  alle  modifiche  apportate  dal decreto legislativo
26 febbraio  1999, n. 46 (Riordino della disciplina della riscossione
mediante  ruolo,  a  norma  dell'articolo 1  della legge 28 settembre
1998,  n. 337) -, nella parte in cui esclude il rimedio dell'art. 617
del codice di procedura civile, per contrasto con l'articolo 24 della
Costituzione.
    1.1  -  In punto di fatto, il Tribunale rimettente riferisce che,
in   ordine   al   ricorso   proposto  dal  creditore  pretermesso  -
inizialmente   qualificato   dal   giudice   come   reclamo  a  norma
dell'art. 630  cod.  proc.  civ.,  e  poi  rimesso  sul  ruolo  della
cognizione  ordinaria  per  la trattazione come opposizione agli atti
esecutivi  -,  gli  altri creditori, utilmente collocatisi in sede di
riparto,    ne    avevano    eccepito    sia    la   tardivita'   sia
l'inammissibilita', ai sensi dell'art. 54 del d.P.R. n. 602 del 1973,
in  quanto  tale  norma  -  nella formulazione anteriore alla modiche
operate  dal  d.lgs.  n. 46  del 1999 (applicabile al processo de quo
giusta  la  norma transitoria contenuta nell'art. 36, comma nono, del
d.P.R.  n. 602  del  1973)  -  prevede  che nelle procedure esecutive
esattoriali  «le opposizioni regolate dagli articoli da 615 a 618 del
codice di procedura civile non sono ammesse».
    1.2  - Quanto alla non manifesta infondatezza della questione, il
giudice  a  quo  osserva  che  la disposizione in esame contrasta con
l'art. 24  della  Costituzione,  in  quanto,  nel  caso di specie, il
creditore  intervenuto, nonostante il diritto di prelazione derivante
da  ipoteca  iscritta  sull'immobile devoluto allo Stato, non avrebbe
alcun  mezzo  alternativo  per  far  valere  le  proprie ragioni, non
esaminate  in  sede  di  riparto  a causa della mancata comunicazione
dell'ordinanza  di  fissazione  dell'udienza  per  l'approvazione del
progetto di distribuzione.
    Osserva  infatti  il  tribunale  per  un  verso,  che non sarebbe
esperibile  nei  confronti dell'esattore il rimedio risarcitorio, che
il  terzo  comma  dell'art. 54  in  esame consente solo in favore del
contribuente,  dei  coobbligati,  del  coniuge e dei parenti e affini
fino  al  terzo grado del contribuente o dei coobbligati e, per altro
verso,  che,  essendo  stato  assoggettato ad espropriazione l'intero
patrimonio  del  debitore,  ben difficilmente l'opponente potrebbe in
seguito   soddisfare  esecutivamente  il  proprio  credito,  peraltro
neppure piu' assistito da alcuna causa legittima di prelazione.
    Ne', ad avviso del rimettente, avrebbero miglior sorte le domande
spiegate  subordinatamente dal creditore pretermesso per risarcimento
dei danni ovvero per ingiustificato arricchimento, in quanto la prima
domanda   presuppone  l'accertamento  di  un  illecito  che,  esclusa
l'ammissibilita'   dell'opposizione   agli   atti  esecutivi  avverso
l'ordinanza  di  distribuzione,  non sarebbe configurabile, mentre la
seconda  sarebbe  infondata  per  il  fatto  che gli altri creditori,
attraverso la distribuzione, hanno semplicemente soddisfatto i propri
crediti,   cio'   che   costituisce  giusta  causa  dell'attribuzione
patrimoniale.
    Pertanto,  la  compressione  del  diritto  di  azione e di difesa
dell'opponente  risulterebbe  del  tutto ingiustificata, anche tenuto
conto  che,  a seguito delle modifiche apportate dal d.lgs. n. 46 del
1999, oggi analogo giudizio sarebbe ammissibile.
    1.3  - Quanto alla rilevanza il Tribunale rimettente osserva che,
se   la   questione   fosse   accolta,  l'art. 617  cod.  proc.  civ.
risulterebbe  applicabile  al  caso di specie in virtu' dell'art. 45,
comma terzo, del d.P.R. n. 602 del 1973 il quale, nel testo anteriore
alle  modifiche introdotte dal d.lgs. n. 46 del 1999, dispone che «il
procedimento  di  espropriazione  forzata,  salvo  il  disposto degli
articoli  seguenti,  e'  disciplinato,  anche  per quanto riguarda le
notificazioni,  dalle  norme  del  codice  civile  e  del  codice  di
procedura civile».
    In  tal  caso, inoltre, la domanda sarebbe tempestiva, in quanto,
alla  luce  della costante giurisprudenza di legittimita', il termine
di  cinque giorni di cui all'art. 617, secondo comma, cod. proc. civ.
decorre  solo  dalla conoscenza legale dell'atto impugnato che, nella
specie, e' mancata.
    2.  -  Si  e'  costituito  in  giudizio  il creditore opponente -
UniCredito  Gestione  Crediti  s.p.a.  -  Banca  per  la gestione dei
crediti  (UGC  Banca  s.p.a.),  gia'  Mediovenezie  Banca s.p.a. - il
quale,  concludendo  per  l'accoglimento  della  sollevata questione,
osserva  che  la  norma  denunciata priva i creditori intervenuti nel
processo   esecutivo   esattoriale  di  qualsiasi  tutela  avverso  i
provvedimenti   del   giudice   dell'esecuzione,   determinando   una
macroscopica   lesione   del   diritto   di   difesa,   nonche'   una
ingiustificata  disparita'  di  trattamento sia rispetto ai creditori
intervenuti  nelle  procedure  esecutive  ordinarie,  sia  rispetto a
quelli   intervenuti   nelle  procedure  esecutive  esattoriali  dopo
l'entrata  in vigore del d.lgs. n. 46 del 1999 il quale, rimediando a
tale grave violazione con l'art. 57, ha ammesso l'esperibilita' delle
opposizioni  di  forma  con la sola eccezione di quelle relative alla
regolarita' formale ed alla notificazione del titolo esecutivo.
    3.  -  E'  altresi'  intervenuto  in  giudizio  il Presidente del
Consiglio   dei  ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
generale    dello    Stato,   il   quale   eccepisce   la   manifesta
inammissibilita'  della  questione  per  difetto di motivazione sulla
rilevanza,   non  avendo  il  giudice  a  quo  precisato  la  natura,
tributaria  o meno, del credito azionato con la procedura esattoriale
nel  corso  della  quale  e'  stata  proposta l'opposizione agli atti
esecutivi in quanto, come costantemente ritenuto dalla giurisprudenza
di  legittimita' (cosi', ad esempio, Cass., sezioni unite, 22 ottobre
2003,  n. 15810),  la  disciplina  dettata dagli articoli 53 e 54 del
d.P.R.  n. 602  del  1973  (nel  testo  originario), configurando una
sospensione   della   tutela  giurisdizionale  ordinaria  durante  la
procedura  esattoriale,  e'  applicabile  soltanto per la riscossione
delle entrate tributarie.
    In  subordine,  la difesa dello Stato sostiene l'infondatezza del
ricorso per erroneita' del presupposto interpretativo, costituito dal
diritto vivente in materia di omesso avviso al creditore iscritto.
    Al  riguardo,  l'Avvocatura  dello  Stato  osserva che, in base a
consolidata  giurisprudenza  (Cass.  24  giugno 1993, n. 6999 e Cass.
1° marzo 1994, n. 2023), la violazione dell'art. 498 cod. proc. civ.,
che  nella  procedura esecutiva ordinaria prescrive detto avviso, non
genera   alcuna   nullita'   processuale  insanabile,  per  cui,  ove
l'assegnazione  o  la  vendita  avvengano senza alcuna comunicazione,
l'impossibilita'   di   porre   nel  nulla  tali  atti,  in  ossequio
all'effetto purgativo di essi, comporta che il creditore iscritto che
non  sia  stato avvertito rimane escluso dai rimedi oppositivi e puo'
unicamente  agire  contro il procedente per il risarcimento del danno
patito.
    Se   questo  e'  l'effetto  del  mancato  avviso  nell'esecuzione
regolata  dal  codice  di  rito, a fortiori, sostiene la difesa dello
Stato,  tale  disciplina  deve  ritenersi  applicabile all'esecuzione
esattoriale, caratterizzata da maggior speditezza di forme in ragione
della  natura  pubblicistica  dei  crediti  azionabili;  sicche',  in
definitiva,    non    corrisponderebbe   al   diritto   vivente   ne'
l'affermazione  per cui il caso in esame non puo' concretare un fatto
illecito  risarcibile,  ne'  quella per cui il creditore iscritto non
avvisato  non  puo'  agire  secondo  le  regole  generali  contro  il
procedente.

                       Considerato in diritto

    1.  -  Il  Tribunale  ordinario di Brescia, sezione distaccata di
Salo',  dubita,  in riferimento all'art. 24 della Costituzione, della
legittimita'  costituzionale,  dell'articolo 54,  comma  secondo, del
decreto  del  Presidente  della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602,
(Disposizioni  sulla  riscossione  delle imposte sul reddito) - norma
applicabile ad un processo esecutivo in corso al momento dell'entrata
in  vigore  del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46 (Riordino
della   disciplina   della   riscossione   mediante  ruolo,  a  norma
dell'articolo 1 della legge 28 settembre 1998, n. 337) -, nella parte
in  cui  dispone  che  nelle  procedure  esecutive esattoriali non e'
ammessa l'opposizione agli atti esecutivi, regolata dagli artt. 617 e
618 del codice di procedura civile.
    2. - La questione non e' fondata.
    2.1.  - Il giudice a quo muove da una interpretazione della norma
censurata che si basa su numerose pronunce della Corte di Cassazione,
le  quali  escludono l'esperibilita' di qualsiasi opposizione avverso
«tutti  gli  atti  della  procedura, siano essi stati posti in essere
dall'esattore,  siano  essi  riferibili  al processo esecutivo vero e
proprio»,  ed  osservano  che  tale assoluta carenza della tutela del
soggetto  che  intenda  opporsi  all'esecuzione sarebbe compensata da
quella  che  «e'  assicurata  in via posticipata attraverso la tutela
aquiliana» (Cass. 10 giugno 2004, n. 11038).
    In  realta',  anche  la  pronuncia che ha da ultimo ribadito tale
orientamento  (Cass.  13 gennaio  2005,  n. 565) - e pertanto anche a
prescindere  dal piu' recente indirizzo, secondo il quale «ogni volta
che    il    giudice    dell'esecuzione   compie   atti   nell'ambito
dell'esecuzione esattoriale contro i suoi provvedimenti e' esperibile
l'opposizione  agli atti esecutivi» (Cass. 19 luglio 2005 n. 15201) -
ha precisato che esso non riguarda «casi relativi alla assegnazione e
distribuzione  del  ricavato  della  vendita», non essendo «in quella
fase  ipotizzabile  una  limitazione  della tutela dei corrispondenti
diritti    soggettivi»    ai    particolari   rimedi   amministrativi
endoprocedimentali;  in  particolare, fin dal 1971 (sentenza 9 marzo,
n. 665)   la   Corte   di  cassazione,  a  proposito  dei  «creditori
pretermessi  dalla fase satisfattiva», ha statuito che «gli interessi
di   costoro   si   possono   manifestare   soltanto  nella  fase  di
distribuzione    della    somma   ricavata»   e   che   non   possono
conseguentemente  essere  «escluse le opposizioni esecutive ordinarie
rivolte  a  conseguire  una modifica del progetto di ripartizione del
ricavato e del conseguente provvedimento di assegnazione» e tra esse,
in  primo  luogo,  l'opposizione  agli  atti  esecutivi  (cosi' Cass.
10 marzo 1992 n. 2838, nonche' Cass. 20 febbraio 1998 n. 1858).
    2.2.   -   Poiche'   l'erroneita'  dell'interpretazione  posta  a
fondamento  della  questione  di  legittimita' costituzionale investe
ogni  esecuzione  esattoriale - in quanto nella fase di distribuzione
del  ricavato  e'  sempre  consentita,  quale  che  sia la natura del
credito  a tutela del quale l'esecuzione e' promossa, l'esperibilita'
dell'opposizione    agli    atti    esecutivi   -,   l'eccezione   di
inammissibilita'    proposta   dall'Avvocatura   dello   Stato,   per
insufficiente motivazione sulla rilevanza, deve essere respinta.