ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nei   giudizi   di   legittimita'  costituzionale  dell'articolo 213,
commi 2-quinquies  e  2-sexies  (introdotti dall'art. 5-bis, comma 1,
lettera  c),  numero  2,  del  decreto-legge  30 giugno 2005, n. 115,
recante  «Disposizioni  urgenti  per  assicurare  la funzionalita' di
settori  della  pubblica amministrazione», nel testo risultante dalla
relativa    legge   di   conversione 17 agosto   2005,   n. 168),   e
dell'articolo 171,  commi 1  e  2,  del decreto legislativo 30 aprile
1992,  n. 285 (Nuovo codice della strada), promossi con ordinanze del
1° marzo  2006  dal  Giudice di pace di Chioggia, del 12 gennaio 2006
dal  Giudice di pace di Trapani, del 2 marzo 2006 dal Giudice di pace
di  Scicli,  del  31 marzo 2006 dal Giudice di pace di Caltanissetta,
del  22 dicembre  2005  dal  Giudice di pace di Torre Annunziata, del
27 febbraio 2006 dal Giudice di pace di Palermo, del 24 novembre 2005
(pervenuta  alla  Corte costituzionale il 22 agosto 2006) dal Giudice
di  pace di Torre Annunziata, del 3 marzo 2006 dal Giudice di pace di
Siracusa  e  del  16  giugno 2006  dal  Giudice  di  pace  di Comiso,
rispettivamente iscritte ai numeri 226, 229, 315, 331, 377, 379, 381,
433  e  502  del  registro ordinanze 2006 e pubblicate nella Gazzetta
Ufficiale  della  Repubblica  numeri  29,  38,  41,  43, 46, 1ª serie
speciale, dell'anno 2006.
    Visti  gli  atti  di  intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  Camera  di consiglio del 7 febbraio 2007 il giudice
relatore Alfonso Quaranta.
    Ritenuto  che, con le ordinanze in epigrafe, i Giudici di pace di
Chioggia, Trapani, Scicli, Caltanissetta, Palermo, Siracusa e Comiso,
hanno  sollevato  - in riferimento, nel complesso, agli artt. 3, 27 e
42  della  Costituzione  -  questione  di legittimita' costituzionale
dell'art. 213,  commi 2-quinquies  (censurato  dal solo rimettente di
Comiso)   e  2-sexies  (commi  entrambi  introdotti  dall'art. 5-bis,
comma 1,  lettera  c),  numero  2,  del decreto-legge 30 giugno 2005,
n. 115, recante «Disposizioni urgenti per assicurare la funzionalita'
di  settori  della  pubblica  amministrazione»,  nel testo risultante
dalla  relativa  legge  di  conversione 17 agosto  2005, n. 168), del
decreto  legislativo  30 aprile  1992,  n. 285  (Nuovo  codice  della
strada);
        che,   analogamente,  anche  il  Giudice  di  pace  di  Torre
Annunziata, con due ordinanze, ha sollevato questione di legittimita'
costituzionale  -  in riferimento agli artt. 2, 3, 24, 42 e 111 della
Costituzione  -  degli artt. 171, commi 1 e 2, e 213, comma 2-sexies,
del codice della strada;
        che,  in particolare, il Giudice di pace di Chioggia dubita -
in  relazione  all'art. 3  della  Costituzione  -  della legittimita'
costituzionale   dell'art. 213,   comma 2-sexies,  del  codice  della
strada, «in riferimento all'art. 171, comma 1», del medesimo codice;
        che  il  rimettente - premesso di essere chiamato a giudicare
dell'opposizione   proposta   avverso   un  verbale  con  cui  si  e'
contestata,  al  proprietario  e  al conducente di un ciclomotore, la
violazione dell'art. 171, comma 1, del codice della strada (essendosi
accertato   che  il  conducente  circolava  alla  guida  del  veicolo
indossando  un  casco  non  omologato)  -  censura,  «con riguardo al
principio  di  ragionevolezza  e  di  eguaglianza  di  cui all'art. 3
Cost.»,  il  suddetto  art. 213, comma 2-sexies, che prevede per tale
infrazione l'applicazione della sanzione accessoria della confisca;
        che il giudice a quo, sul presupposto che la discrezionalita'
del  legislatore, nell'individuazione delle condotte punibili e nella
scelta  delle  relative sanzioni, puo' essere sottoposta al sindacato
della Corte costituzionale ove il suo esercizio si riveli «distorto o
arbitrario,  cosi'  da  confliggere  in  modo manifesto con il canone
della  ragionevolezza»,  reputa  che  l'evenienza  da ultimo indicata
ricorra proprio nel caso di specie;
        che,  difatti,  non rinvenendosi - ad avviso del rimettente -
nel  sistema del codice della strada «sanzioni cosi' afflittive» come
quella  della  confisca,  il  legislatore  non  avrebbe realizzato un
adeguato  «contemperamento  degli  opposti  interessi», atteso che la
salvaguardia  del  pur  «superiore  interesse  alla  sicurezza  della
circolazione stradale» non puo' giustificare «l'enorme sacrificio del
diritto,  anch'esso  costituzionalmente  garantito, di proprieta' sul
veicolo», specialmente quando esso spetti «ad un soggetto diverso dal
trasgressore»;
        che  l'irragionevolezza  della  scelta  legislativa  sarebbe,
inoltre,  confermata  dalla «disparita' di trattamento sanzionatorio»
tra  il  contegno  sanzionato  con  la confisca «ed analoghe condotte
compiute, pero', alla guida di altri tipi di veicoli» (sono indicate,
a  titolo esemplificativo, quella previste dagli artt. 164, 169 e 172
del codice della strada);
        che  il  giudice a quo ha, infine, stigmatizzato «l'enorme ed
ingiustificata  disparita'  di  trattamento in ragione del sacrificio
economico  che  ne  deriverebbe,  a fronte del medesimo illecito, fra
proprietari  di  ciclomotori  o motocicli di bassissimo o inesistente
valore economico e proprietari di ciclomotori o motocicli di valore»;
        che  il Giudice di pace di Trapani ha, a sua volta, censurato
il  medesimo  art. 213,  comma 2-sexies,  del  codice  della  strada,
deducendone   il   contrasto   con  gli  artt. 3  e  42  della  Carta
fondamentale;
        che  il  rimettente  -  dopo aver dedotto di essere investito
dell'opposizione  proposta  avverso  verbale di contestazione, con il
quale si e' addebitato al ricorrente nel giudizio a quo la violazione
dell'art. 171,  commi 1, 2, e 3, del codice della strada - assume che
la  norma  censurata  violerebbe il principio di eguaglianza, poiche'
«introduce  nella  legislazione  una disparita' di trattamento tra il
cittadino  motociclista  e  il  cittadino automobilista, in quanto la
sanzione  della  confisca del mezzo e' prevista solo se la violazione
viene commessa con l'utilizzo di ciclomotore o motociclo e non quando
sia  commessa  utilizzando  un  altro  tipo  di  veicolo»  (a  titolo
esemplificativo,  viene  individuata,  quale  infrazione  altrettanto
grave   da   giustificare   l'irrogazione   della  medesima  sanzione
accessoria, «il mancato uso della cintura di sicurezza»);
        che  il  giudice  a  quo  prospetta,  altresi', la violazione
dell'art. 42   della   Costituzione,  che  «prevede  la  possibilita'
dell'espropriazione  della  proprieta'  privata  solo  "per motivi di
interesse  generale"»,  risultando  «eccessivo, se non abnorme, farvi
rientrare  l'ipotesi  della confisca della moto o motociclo per guida
imprudente senza casco protettivo»;
        che  i  medesimi  parametri  costituzionali teste' menzionati
sono evocati anche dal Giudice di pace di Scicli;
        che   il   rimettente  -  nel  riferire  di  dover  giudicare
dell'opposizione   proposta   avverso  un  verbale  di  contestazione
dell'infrazione  stradale consistente nella guida di un veicolo a due
ruote  senza  aver  indossato  il  casco  protettivo  -  ha sollevato
incidente    di   costituzionalita'   del   predetto   comma 2-sexies
dell'art. 213 del codice della strada;
        che   egli   ipotizza,   in   primo   luogo,  la  «violazione
dell'articolo 3    della    Costituzione,   per   il   motivo   della
irragionevolezza  e  sproporzionalita»  della sanzione prevista dalla
norma  censurata,  in quanto vi sarebbe una ingiustificata «identita'
di  disciplina»  sia quando il veicolo «venga usato per commettere un
reato,  sia nel caso che lo stesso venga adoperato per commettere una
di quelle violazioni amministrative» specificamente individuate dalla
medesima norma;
        che  lo  stesso  rimettente deduce, poi, il contrasto di tale
norma  con  l'art. 42  della  Costituzione,  atteso  che  la confisca
«finisce  con  assumere  aspetti di mero trasferimento coattivo di un
bene  dal privato allo Stato per finalita' squisitamente repressive»,
al    punto    da    «identificarsi    addirittura   con   l'istituto
dell'espropriazione»,   imponendo   il   sacrificio  del  diritto  di
proprieta'  del  privato  per  realizzare  «un interesse generale non
costituzionalmente  protetto,  quale  la  prevenzione degli incidenti
stradali»;
        che  infine,  per il giudice a quo la norma censurata sarebbe
viziata  da  «illogicita»  e  «ingiustizia  manifesta»,  sia  perche'
assoggetta  l'autore  dell'infrazione  di cui all'art. 171 del codice
della  strada  «a  quattro  conseguenze negative» (il pagamento della
sanzione  pecuniaria,  la decurtazione del punteggio dalla patente di
guida,  la  confisca  obbligatoria  del  mezzo,  l'impossibilita'  di
accedere  al  pagamento in misura ridotta della sanzione pecuniaria),
sia  perche'  riserva  un  piu' severo trattamento sanzionatorio alle
infrazioni  da  essa  contemplate,  se  poste  a confronto con «altre
violazioni  amministrative»  (e'  il  caso, in particolare, di quella
prevista  dall'art. 148, comma 10, dello stesso codice della strada),
le  quali  «pongono  piu' gravemente in pericolo l'incolumita' fisica
non solo del conducente»;
        che  anche  il  Giudice  di  pace  di  Caltanissetta  censura
l'art. 213,  comma 2-sexies,  del codice della strada, in riferimento
agli artt. 3 e 42 della Costituzione;
        che  il  rimettente - investito dell'opposizione proposta dal
proprietario  di  un ciclomotore avverso i verbali con i quali, da un
lato,  si  contestava  al  conducente  l'infrazione  consistente  nel
mancato  uso  del  casco  protettivo,  e, dall'altro, si disponeva il
sequestro  del  mezzo - evidenzia come, nella specie, la misura della
confisca  non  sia  «giustificata»,  ponendosi  in  contrasto  «con i
parametri,   di   rango   costituzionale,  di  ragionevolezza,  della
responsabilita'   personale,  e  di  riconoscimento  e  difesa  della
proprieta' privata»;
        che,  in  particolare, sostiene il giudice a quo, la confisca
del   veicolo,   pur   avendo   «natura  di  sanzione  amministrativa
accessoria»,   risulta   priva,   nella  specie,  dei  «tratti  della
secondarieta',  della  marginalita'  e  della  complementarieta»  che
caratterizzano  sanzioni  siffatte,  presentando  invece  natura  sui
generis;
        che, difatti, «nessun provvedimento di confisca obbligatoria»
e'  previsto dal codice della strada «nei casi di danno alle persone»
provocati da veicoli a quattro ruote, neppure «se dal fatto colposo o
doloso dell'agente sia derivata la morte di una o piu' persone», cio'
che  rivelerebbe - a dire del rimettente - l'abnormita' e l'iniquita'
della  scelta legislativa di ricollegare la sanzione della confisca a
«meri  comportamenti  irregolari  di  chi  trovasi  alla  guida di un
veicolo a due ruote»;
        che,  inoltre,  la  norma  censurata  sarebbe  irragionevole,
atteso che «la confisca del ciclomotore e' applicata in via immediata
ed automatica», non consentendosi al proprietario del bene di provare
la propria «assoluta estraneita' all'illecito amministrativo da altri
commesso»,  violando,  cosi',  anche  il principio della personalita'
della  responsabilita'  in tema di illeciti amministrativi, enunciato
dall'art. 3  della  legge  24 novembre  1981,  n. 689  (Modifiche  al
sistema penale);
        che, infine, l'impossibilita' di attribuire rilievo - ai fini
della  non  applicazione  della  confisca  - proprio alla circostanza
costituita   dalla   appartenenza   del   veicolo  a  terzo  estraneo
all'illecito   amministrativo   «si   traduce   in  un'ingiustificata
violazione  del  diritto sul bene confiscato», donde il contrasto con
l'art. 42, secondo comma, della Costituzione;
        che,  in senso contrario, non potrebbe richiamarsi - conclude
il  rimettente  - l'affermazione della giurisprudenza costituzionale,
secondo  cui la responsabilita' del proprietario di un veicolo, anche
per  le  violazioni commesse dal conducente, costituisce un principio
di  ordine generale, giacche' essa e' stata enunciata con riferimento
ad una misura (quella del fermo) del tutto differente dalla confisca,
la  quale  «non si limita a sottrarre all'incolpevole proprietario la
disponibilita'  per  un  tempo  limitato  di  un bene patrimoniale, e
quindi  a comprimere le sole facolta' di godimento della res», bensi'
sottrae «il bene in via definitiva»;
        che  il  Giudice  di  pace  di Palermo - chiamato a giudicare
dell'opposizione  proposta  avverso  verbale  di accertamento, con il
quale  si  e'  contestata  all'opponente la violazione dell'art. 171,
commi 1,  2 e 3, del codice della strada e si e' operato il sequestro
del   motociclo   dal   medesimo   condotto   -   reputa  l'art. 213,
comma 2-sexies, del medesimo codice in contrasto con gli artt. 3 e 42
della Costituzione;
        che  la  norma  censurata,  infatti,  «a fronte di violazioni
identiche  ed analoghe, commina la sanzione accessoria della confisca
obbligatoria  del  mezzo  solo  quando  la  violazione  sia  commessa
utilizzando  un  ciclomotore  o  un motociclo», cio' che integra «una
disparita'   di  trattamento  ed  una  violazione  del  principio  di
eguaglianza»;
        che  il contrasto con gli artt. 3, 27 e 42 della Costituzione
- da parte del gia' citato art. 213, comma 2-sexies, del codice della
strada - e' ipotizzato, invece, dal Giudice di pace di Siracusa;
        che  il  Giudice  di  pace  di Siracusa denuncia il contrasto
dell'art. 213,  comma 2-sexies,  del  codice  della  strada,  con gli
artt. 3 e 42 della Costituzione;
        che  il  rimettente - investito dell'opposizione proposta dal
proprietario  di  un  motociclo  avverso  i  verbali  con  i quali si
contestava,  a  soggetto diverso dall'opponente, la violazione di cui
all'art. 171,  comma 1,  del  codice  della strada, e si disponeva il
sequestro  del  mezzo, in vista della successiva confisca - evidenzia
come  l'applicazione  di tale sanzione accessoria «anche a carico del
proprietario  estraneo  alla  violazione  amministrativa» non sarebbe
«ispirata al principio di ragionevolezza»;
        che  lo  stesso  rimettente  richiama la sentenza della Corte
costituzionale  n. 27  del  2005, la quale, nel sancire «il principio
della  illegittimita'  della  responsabilita'  oggettiva a carico del
proprietario  del veicolo estraneo alla violazione», avrebbe «mutuato
e  trasposto  principi  di  chiaro  riferimento penalistico nel campo
delle  violazioni  amministrative»,  in  particolare chiarendo che la
solidarieta'  cui  soggiace  il «proprietario della cosa che servi' a
commettere  la  violazione» - ai sensi dell'art. 6 della legge n. 689
del  1981,  e  dell'art. 196,  comma 1,  del  codice  della  strada -
svolgerebbe  soltanto  una «spiccata funzione di garanzia del credito
erariale per il recupero della sanzione amministrativa» pecuniaria;
        che,  conseguentemente,  il  rimettente  reputa  che anche in
relazione  all'art. 213,  comma 2-sexies,  del  codice  della strada,
«laddove  e'  prevista l'applicazione della sanzione accessoria della
confisca  obbligatoria  a  carico del proprietario non conducente del
ciclomotore   o   motoveicolo»,   debbono   ravvisarsi   profili   di
incostituzionalita'   analoghi  a  quelli  accertati  con  la  citata
sentenza n. 27 del 2005;
        che,  infine,  la  norma  censurata  non  si conformerebbe ai
«criteri  di ragionevolezza e proporzionalita' in materia di confisca
obbligatoria»,  determinando  «una evidente disparita' di trattamento
tra   il  conducente  di  ciclomotore  o  motoveicolo  adoperato  per
commettere  una  delle violazioni di cui agli artt. 169, commi 2 e 7,
170  e  171» del codice della strada (o «per commettere un reato») ed
«il  conducente  di autoveicolo», giacche', a carico di quest'ultimo,
la  confisca  e' disposta solo quando il veicolo costituisca il mezzo
per  la realizzazione di una fattispecie criminosa, e non in presenza
di semplici violazioni amministrative;
        che   inoltre,  secondo  il  giudice  a  quo,  la  previsione
dell'art. 213,  comma 2-sexies,  non  e'  conforme  al  principio  di
ragionevolezza,  se  si  considera  la «gravita' della sanzione della
confisca  obbligatoria  rispetto  alla modesta entita' della sanzione
amministrativa principale»;
        che il Giudice di pace di Comiso - chiamato a decidere, in un
giudizio  di  «opposizione  avverso  un  verbale di contestazione» di
infrazione   stradale,   sulla   richiesta   di  annullamento  di  un
«provvedimento    di    sequestro    amministrativo»    -   evidenzia
«l'incostituzionalita'  dell'art. 213,  commi 2-quinquies e 2-sexies»
del codice della strada;
        che,  secondo  il  rimettente,  tale «previsione normativa e'
contraria  all'art. 3  della  Costituzione (principio di eguaglianza)
atteso  che,  a fronte di identiche violazioni o di analoga gravita',
prevede  la  confisca solo ed esclusivamente quando la violazione sia
commessa  utilizzando  un  ciclomotore  o  un  motociclo, e non anche
quando  la  violazione  sia  commessa  con  l'uso  di  altro  tipo di
veicolo»;
        che,  in  particolare,  il  giudice a quo pone a raffronto le
infrazioni   consistenti,   rispettivamente,   nella   guida   di  un
ciclomotore  senza  allacciare il casco protettivo e nella conduzione
di  un  autoveicolo  senza  la  cintura  di sicurezza allacciata, per
dedurne  che,  sebbene  in entrambi i casi «la ratio della norma» sia
«quella di tutelare l'incolumita' fisica del cittadino», si crea «una
disparita'   di   trattamento  tra  motociclisti  ed  automobilisti»,
prevedendo la sanzione accessoria della confisca nel primo caso e non
nell'altro;
        che il rimettente, inoltre, deduce la violazione dell'art. 42
della Costituzione, «che tutela la proprieta' privata», atteso che la
confisca  deve  ritenersi  «giustificata  solo  in  presenza di gravi
violazioni   amministrative   e/o   penali»,   e   non  nel  caso  di
un'infrazione «punita con un'irrisoria sanzione pecuniaria»;
        che   il  Giudice  di  pace  di  Torre  Annunziata,  con  due
ordinanze,  censura  -  in  riferimento agli artt. 2, 3, 24, 42 e 111
della   Costituzione   -   gli   artt. 171,   commi 1  e  2,  e  213,
comma 2-sexies, del codice della strada;
        che il giudice a quo premette di dovere giudicare dei ricorsi
aventi  ad  oggetto  il  verbale  di  contestazione  di un'infrazione
stradale  consistente  nel  mancato  uso  del  casco protettivo, e il
provvedimento  di  sequestro  di  un  mezzo  appartenente  a soggetto
diverso dal responsabile dell'accertata infrazione;
        che,  cio'  premesso,  il  rimettente  reputa  che  le  norme
censurate,  ai  sensi  delle quali e' «sempre disposta la confisca in
tutti  i  casi  in  cui  un  ciclomotore  o  un motoveicolo sia stato
adoperato  per  commettere una delle violazioni amministrative di cui
agli  articoli 169,  commi 2 e 7, 170 e 171» del codice della strada,
siano   in  contrasto  con  gli  artt. 2,  3,  24,  42  e  111  della
Costituzione;
        che  e'  dedotta,  in primo luogo, la violazione dell'art. 42
della  Carta  fondamentale,  sotto un duplice profilo: da un lato, si
assume  che  «con la sanzione del sequestro, prodromica alla confisca
obbligatoria,   si  sottrae  la  proprieta'  del  bene  al  legittimo
proprietario  e/o  possessore,  gravandolo  inoltre  delle  spese  di
custodia   senza   limite   di   tempo»;   dall'altro,   si   censura
l'applicazione  della  sanzione anche nel caso «dell'appartenenza del
ciclomotore  o  del motoveicolo a terzo non trasgressore», dando essa
luogo  ad  «una  sottrazione  immotivata,  illegittima, ed, in ultima
analisi, illecita del bene», in quanto effettuata nei confronti di un
soggetto non responsabile di alcuna delle infrazioni sanzionate dagli
artt. 169, commi 2 e 7, 170 e 171 del codice della strada;
        che e' ipotizzata, poi, la violazione degli artt. 2 e 3 della
Costituzione;
        che,  in  proposito,  il rimettente sottolinea, innanzitutto,
«la  evidente  sproporzione  tra  violazione  e  sanzione» comminata,
giacche', variando «la differenza di valore del singolo ciclomotore o
motoveicolo  confiscato»,  si verrebbe, per tale motivo, a punire «in
modo  diverso il trasgressore rispetto alla medesima violazione», con
conseguente  lesione  dei diritti inviolabili dell'uomo, «tra i quali
va compreso il diritto all'eguaglianza»;
        che  lo  stesso  rimettente  evoca i medesimi parametri anche
sotto   altro   profilo,   sottolineando  come  le  norme  denunciate
realizzino  «una evidente disparita' di trattamento tra il conducente
di  ciclomotori  o  motoveicoli»  e  «i conducenti di tutti gli altri
veicoli, rispetto alla medesima ratio di salvaguardia dell'integrita'
fisica» dell'utente della strada, in quanto le misure del sequestro e
della  confisca non sono previste per chi realizza infrazioni che, al
pari  di  quelle  di  cui  agli artt. 169, commi 2 e 7, 170 e 171 del
codice della strada, risultano altrettanto idonee a porre in pericolo
l'integrita' fisica del conducente, quali, in via esemplificativa, il
mancato uso della cintura di sicurezza, la guida in stato di ebbrezza
o  di  alterazione  da  sostanze  psicotrope, l'impiego, da parte del
conducente  di un autoveicolo, di apparecchi telefonici cellulari, o,
infine,  l'attraversamento  della  sede  stradale sebbene il semaforo
emetta la luce rossa;
        che, infine, viene dedotta anche la violazione degli artt. 24
e 111 della Costituzione;
        che,  quanto  al primo parametro, il giudice a quo rileva che
la   disciplina  dettata  dalle  disposizioni  censurate  «sottrae  a
qualsivoglia giudice terzo la comminatoria di una sanzione, ancorche'
amministrativa»,  di  una  tale  «gravita' economica» da superare, in
alcune  ipotesi,  persino  «l'entita' di sanzioni pecuniarie previste
dalle leggi penali»;
        che,   per   il   giudice   a   quo,   inoltre,   l'art. 213,
comma 2-sexies,   del   codice   della  strada,  nello  stabilire  la
possibilita'  della confisca di un bene «adoperato per commettere una
delle  violazioni» di cui ai precedenti artt. 169, commi 2 e 7, 170 e
171, presuppone la «volontarieta» dell'illecito, in contrasto «con il
principio  secondo  il quale in materia di sanzione amministrativa e'
ininfluente l'elemento psicologico»;
        che  e'  intervenuto  in  tutti  i  giudizi il Presidente del
Consiglio   dei  ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
generale    dello    Stato,    eccependo,    in    via   preliminare,
l'inammissibilita'  della  questione,  ovvero,  in  subordine, la sua
infondatezza;
        che,  secondo  la  difesa  dello  Stato,  la  sanzione  della
confisca  e'  rivolta  a sottrarre la disponibilita' di ciclomotori e
motoveicoli a coloro i quali, mostrandosi indifferenti all'obbligo di
indossare  il  casco  protettivo,  hanno  realizzato,  con il proprio
contegno,  «una  causa di incremento del pericolo di lesioni craniche
da circolazione di motocicli»;
        che, peraltro, anche «il proprietario che autorizzi o tolleri
l'uso del motociclo da parte di soggetti che non rispettano l'obbligo
in  questione» e' ragionevolmente sottoposto, dal censurato art. 213,
comma 2-sexies, a detta sanzione;
        che l'applicazione di tale sanzione anche al proprietario del
veicolo,  difatti, trova la sua ragion d'essere nella circostanza che
costui  «ha  accettato  di  concorrere all'incremento complessivo del
rischio  da  circolazione  e,  contemporaneamente,  ha  rinunciato ad
esercitare  un  controllo  personale  e diretto sul comportamento del
conducente»;
        che, per la difesa erariale, non puo' essere ravvisata alcuna
violazione del principio di eguaglianza;
        che,  in  particolare,  priva di fondamento e' la censura che
tende  a stigmatizzare il fatto che la confisca obbligatoria «non sia
prevista  per violazioni stradali che il giudice rimettente considera
piu'  gravi sotto il profilo degli interessi protetti», atteso che la
legittimita'  costituzionale di una sanzione va riconosciuta «qualora
sussista  una ragionevole coerenza tra la sua misura ed entita' e gli
interessi protetti dal precetto di cui la sanzione e' presidio»;
        che,   nella   specie,   prosegue  la  difesa  erariale,  «la
prevenzione  del  rischio  individuale  e  sociale da trauma cranico,
specifico   e  peculiare  della  circolazione  motociclistica,  rende
ragione sufficiente di una misura intesa a togliere la disponibilita'
del mezzo specifico della creazione di tale rischio»;
        che  tali  rilievi,  inoltre,  valgono  a  fugare l'ulteriore
dubbio   relativo   alla   dedotta   violazione   dell'art. 3   della
Costituzione,  in  quanto  dimostrano  come,  nell'applicazione della
sanzione,   «non   abbia   alcun  rilievo  il  valore  dei  motocicli
confiscati»,  posto che attraverso di essa non si «tende a colpire il
patrimonio   del  responsabile,  bensi'  a  rimuovere  una  causa  di
incremento del rischio di cui si e' detto»;
        che   infine,   per   l'Avvocatura,  e'  da  escludere  anche
l'esistenza   di   un   contrasto   con  gli  artt. 24  e  111  della
Costituzione,   essendo   quella   della  confisca  obbligatoria  una
«sanzione  ampiamente  nota  all'ordinamento  penale  e sanzionatorio
amministrativo»,  nonche' giustificata dalla «necessita' di eliminare
le  cause  materiali di potenziali, ulteriori, lesioni dell'interesse
protetto».
    Considerato  che  i Giudici di pace di Chioggia, Trapani, Scicli,
Caltanissetta, Palermo, Siracusa e Comiso, dubitano - in riferimento,
nel  complesso,  agli  artt. 3,  27  e  42 della Costituzione - della
legittimita'    costituzionale    dell'art. 213,    commi 2-quinquies
(censurato  dal solo rimettente di Comiso) e 2-sexies (commi entrambi
introdotti  dall'art. 5-bis,  comma 1,  lettera  c),  numero  2,  del
decreto-legge  30  giugno 2005, n. 115, recante «Disposizioni urgenti
per   assicurare   la   funzionalita'   di   settori  della  pubblica
amministrazione»,  nel  testo  risultante  dalla  relativa  legge  di
conversione 17 agosto   2005,   n. 168),   del   decreto  legislativo
30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada);
        che,   analogamente,  anche  il  Giudice  di  pace  di  Torre
Annunziata,  con  due  ordinanze,  solleva  questioni di legittimita'
costituzionale  -  in riferimento agli artt. 2, 3, 24, 42 e 111 della
Costituzione  -  degli artt. 171, commi 1 e 2, e 213, comma 2-sexies,
del codice della strada;
        che,  data la connessione esistente tra i vari giudizi, se ne
impone la riunione ai fini di una unica pronuncia;
        che,  nelle  more  del  presente  giudizio, i commi 168 e 169
dell'art. 2  del  decreto-legge  3 ottobre 2006, n. 262 (Disposizioni
urgenti in materia tributaria e finanziaria), inseriti dalla relativa
legge     di    conversione 24 novembre    2006,    n. 286,    hanno,
rispettivamente,  modificato, l'uno, il testo dell'art. 171, comma 3,
del  codice  della strada, l'altro, il testo del successivo art. 213,
comma 2-sexies  (norma,  quest'ultima,  denunciata  da  tutti giudici
rimettenti);
        che,  difatti,  in virtu' del citato ius superveniens, mentre
alla  «sanzione  pecuniaria  amministrativa prevista dal comma 2» del
medesimo  art. 171  del  codice della strada, in luogo della confisca
originariamente prevista, «consegue il fermo del veicolo per sessanta
giorni  ai  sensi  del capo I, sezione II del titolo VI» dello stesso
codice  (ovvero per la durata di novanta giorni allorche', «nel corso
di  un biennio», sia «stata commessa, almeno per due volte, una delle
violazioni previste dal comma 1» del predetto art. 171), ai sensi del
novellato  art. 213, comma 2-sexies, dello stesso codice della strada
risulta  «sempre  disposta la confisca del veicolo in tutti i casi in
cui   un  ciclomotore  o  un  motoveicolo  sia  stato  adoperato  per
commettere  un  reato,  sia  che  il  reato  sia stato commesso da un
conducente  maggiorenne,  sia che sia stato commesso da un conducente
minorenne»;
        che,  pertanto,  alla  luce  di  tale  duplice sopravvenienza
normativa si impone la restituzione degli atti ai giudici rimettenti,
per  una  rinnovata valutazione della rilevanza e della non manifesta
infondatezza delle questioni dagli stessi sollevate.