IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

    Ha pronunciato la seguente ordinanza ai sensi dell'art. 23, comma
2, legge n. 87/1953, sul ricorso n. 8314/2005 R.G. proposto dall'ing.
Bartolomeo  Ummarino,  in  proprio  ed  in qualita' di capogruppo del
Raggruppamento  temporaneo  di professionisti, rappresentato e difeso
dagli  avv.  Antonio  Molfini, Tiziana Roda' e Domenico Marrazzo, coi
quali  e'  elettivamente  domiciliato  in  Napoli,  alla via Ponte di
Tappia, n. 82;
    Contro  la  Presidenza  del  Consiglio dei ministri - Commissario
delegato per il superamento dell'emergenza socio-economico-ambientale
del   bacino   idrico   del   fiume  Sarno,  in  persona  del  legale
rappresentante  pro  tempore,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura
dello  Stato,  presso il cui ufficio distrettuale di Napoli, alla via
Diaz,  n. 11,  e'  legalmente  domiciliato; e nei confronti dell'ing.
Francesco  Rodriquez,  funzionario  Gori  S.p.A.;  per l'annullamento
dell'ordinanza   n. 303  dell'8  luglio  2005,  nella  parte  in  cui
attribuisce  le  funzioni  di direttore dei lavori all'ing. Francesco
Rodriquez,  per  le  «opere  di completamento della rete fognaria del
Comune di Corbara (Salerno), tipo A-B1 e B2-C»;
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visto  l'atto  di  costituzione  in giudizio dell'amministrazione
intimata;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Uditi  i difensori delle parti presenti alla pubblica udienza del
16  marzo  2006,  come  da  verbale,  relatore  il primo referendario
dott. Pierluigi Russo;
    Ritenuto e considerato, in fatto ed in diritto, quanto segue:

                              F a t t o

    Con  il  ricorso  in  epigrafe,  l'ing.  Bartolomeo  Ummarino  ha
impugnato  l'ordinanza  n. 303,  prot. n. 6650/ord.4, datata 8 luglio
2005,  emessa  dal  Commissario  delegato  ex o.P.C.m. n. 3270 del 12
marzo  2003, per lo stato di emergenza socio-economico-ambientale per
l'area  del  bacino  idrografico  del fiume Sarno, nella parte in cui
attribuisce  le  funzioni  di direttore dei lavori all'ing. Francesco
Rodriquez,   funzionario   della   Gori  S.p.A.,  per  le  «opere  di
completamento  della  rete  fognaria del Comune di Corbara (Salerno),
tipo  A-B1  e  B2-C».  A sostegno della richiesta di annullamento del
provvedimento ha dedotto i seguenti motivi:
        1)  Violazione e falsa applicazione degli artt. 17 e 27 legge
n. 109  dell'11  febbraio  1994  e  successive  modifiche  -  difetto
assoluto  di  motivazione  -  eccesso di potere per irragionevolezza,
illogicita' manifesta e contraddittorieta';
        2)  Violazione  e falsa applicazione dell'art. 17, commi 11 e
12, legge n. 109/1994 e successive modifiche; violazione dell'art. 3,
legge  n. 241/1990; violazione art. 97 Cost.; violazione dei principi
di  non  discriminazione, di parita' di trattamento, di trasparenza e
del favor partecipationis; difetto assoluto di motivazione;
        3)  Violazione e falsa applicazione art. 5, legge 24 febbraio
1992, n. 225; violazione e falsa applicazione artt. 50, 62, 123 e 124
d.P.R.  n. 554  del  21  dicembre  1999; inesistenza dei presupposti;
eccesso di potere.
    Si  e' costituita in giudizio l'amministrazione statale intimata,
attraverso  il patrocinio dell'Avvocatura dello Stato, che ha chiesto
in  via pregiudiziale l'applicazione dell'art. 2 del decreto-legge 30
novembre  2005,  convertito  con  modificazioni  con legge 27 gennaio
2006, n. 21, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 28 gennaio 2006,
n. 23,  in base al quale la controversia rientra nella competenza del
Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma.
    Alla  pubblica  udienza  del  16  marzo  2006,  la causa e' stata
trattenuta in decisione.

                            D i r i t t o

    1.  -  Il  Collegio  ritiene  di  dover  sollevare  d'ufficio  la
questione  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 3, commi 2-bis,
2-ter  e 2-quater, del decreto-legge 30 novembre 2005, aggiunti dalla
legge  di  conversione  27  gennaio  2006, n. 21. In base al suddetto
comma 2-bis, «In tutte le situazioni di emergenza dichiarate ai sensi
dell'articolo 5,  comma  1,  della  legge 24 febbraio 1992 n. 225, la
competenza  di  primo  grado  a  conoscere  della  legittimita' delle
ordinanze  adottate  e dei consequenziali provvedimenti commissariali
spetta  in via esclusiva, anche per l'emanazione di misure cautelari,
al  Tribunale  amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma».
Dispone, poi, il comma 2-ter che: «Le questioni di cui al comma 2-bis
sono   rilevate  d'ufficio.  Davanti  al  giudice  amministrativo  il
giudizio  e'  definito  con  sentenza succintamente motivata ai sensi
dell'art. 26  della  legge  6  dicembre  1971,  n. 1034, e successive
modificazioni,   trovando   applicazione   i   commi   2  e  seguenti
dell'articolo  23-bis della stessa legge». Infine, ai sensi del comma
2-quater:  «Le norme di cui ai commi 2-bis e 2-ter si applicano anche
ai  processi in corso. L'efficacia delle misure cautelari adottate da
un tribunale  amministrativo  diverso da quello di cui al comma 2-bis
permane  fino  alla  loro  modifica  o  revoca da parte del Tribunale
amministrativo  regionale  del  Lazio, con sede in Roma, cui la parte
interessata puo' proporre il ricorso».
    2.  -  La rilevanza della questione ai fini del presente giudizio
e'  palese,  atteso  che  la  controversia  ha ad oggetto l'ordinanza
emessa  in  data  8 luglio 2005 dal Commissario delegato, ex o.P.C.m.
n. 3270   del   12   marzo   2003,   per   lo   stato   di  emergenza
socio-economico-ambientale  per  l'area  del  bacino  idrografico del
fiume  Sarno,  per  la quale trova immediata applicazione il predetto
jus  superveniens,  che,  come si e' detto, riguarda anche i processi
pendenti.
    Alla   stregua   delle   richiamate   previsioni,  infatti,  come
richiesto,  dalla  difesa  erariale,  questo tribunale amministrativo
regionale  - ove non dubitasse della incostituzionalita' delle stesse
-  dovrebbe  dichiarare  l'improcedibilita'  del ricorso con sentenza
succintamente motivata, stante la propria incompetenza.
    E'  appena il caso di aggiungere che, in generale, deve ritenersi
rilevante,  ai  sensi  e per gli effetti dell'art. 23, comma 2, legge
n. 87/1953,  non  soltanto  la  questione  che  involge  la normativa
applicabile  per  la  definizione  del  giudizio nel merito, ma anche
quella  che  riguarda  le  regole che disciplinano il processo, quali
quelle   che   delimitano   i   poteri   del   giudice   (cfr.  Corte
costituzionale, sentenza n. 137 del 1983).
    Concludendo sul punto, a fronte della rilevata compressione della
potestas iudicandi di questo Collegio, a processo instaurato, e della
«soluzione  obbligata»  della  fase di giudizio in cui esso si trova,
per effetto di una normativa che si sospetta di incostituzionalita' -
per  quanto  si chiarira' innanzi - appare rilevante, hic et nunc, la
questione  di  costituzionalita'  dell'art. 3,  commi  2-bis,  ter  e
quater, della legge n. 21/2006.
    3.  - Oltre che rilevante, la questione appare non manifestamente
infondata,  profilandosi ragionevoli dubbi di costituzionalita' sulle
disposizioni di legge richiamate, sotto molteplici aspetti.
    3.1.  -  Ad  avviso  del  Collegio,  la  normativa introdotta dal
legislatore  con  l'art. 3,  comma  2,  da  bis a quater, della legge
n. 21/2006 contrasta innanzitutto con l'art. 3 della Costituzione.
    Come  si  e'  detto,  la normativa in esame prevede, per tutte le
situazioni  di  emergenza  dichiarate  ai sensi dell'art. 5, comma 1,
della   legge   24  febbraio  1992,  n. 225,  l'attribuzione  di  una
competenza funzionale al Tribunale amministrativo regionale del Lazio
a  conoscere  della  legittimita' delle ordinanze adottate, cioe' per
atti  che  possono  assumere  un'incidenza  limitata ad uno specifico
ambito  territoriale,  come  nel  caso  di  specie,  ove  e' contesta
l'attribuzione  dell'incarico  di  direttore  dei lavori per opere di
completamento della rete fognaria del Comune di Corbara (SA). Invero,
tale  deroga  alle  ordinarie  regole  di  riparto  della  competenza
comporta una disparita' di trattamento, per la tutela giurisdizionale
delle  rispettive  posizioni  giuridiche,  tra soggetti in situazioni
identiche,  vale  a  dire  tra i destinatari delle ordinanze adottate
dagli  organi governativi o dai commissari delegati, nelle situazioni
di  dichiarata  emergenza, aventi efficacia limitata al territorio di
una  regione,  rispetto  ai  destinatari dei provvedimenti, aventi lo
stesso  ambito  di  efficacia,  adottati  in via ordinaria, in genere
dagli  organi  esponenziali  di  enti  territoriali  regionali  o sub
regionali.
    In  definitiva,  mentre  l'impugnazione  di  provvedimenti emessi
nell'esercizio  delle ordinarie attribuzioni rientra nella competenza
del  tribunale amministrativo regionale del luogo ove i provvedimenti
hanno  incidenza,  ai  sensi  dell'art. 3  della  legge n. 1034/1971,
laddove  sia stata dichiarata la situazione di emergenza ai sensi del
citato  art. 5,  comma 1, della legge n. 225/1992, l'impugnazione dei
provvedimenti  volti  alla  cura  dei  medesimi  interessi,  idonei a
produrre  le  stesse conseguenze e ad incidere su identiche posizioni
soggettive,  adottati  dagli  organi  governativi  o  dai  commissari
all'uopo   nominati,   rientra   nella  competenza  inderogabile  del
Tribunale amministrativo regionale del Lazio.
    Tale  diversita'  di  trattamento  non  appare  giustificabile in
relazione   alla   particolare  consistenza  dell'interesse  pubblico
perseguito  dai  suddetti  provvedimenti, considerato che nel vigente
sistema  non  esiste  una  distribuzione  di competenza tra i diversi
tribunali  amministrativi  regionali  in  dipendenza della maggiore o
minore   rilevanza   degli   interessi  sottesi  all'esercizio  delle
pubbliche funzioni. Peraltro, ove venisse in ipotesi introdotta, essa
apparirebbe in contrasto con l'art. 125 Cost. - sul quale si tornera'
piu'  innanzi  -  che  pone su un piano paritario i diversi tribunali
amministrativi  distribuiti  su base regionale. Ma appare decisiva la
considerazione  che  il  rilievo  dell'interesse tutelato non muta in
base  alla  circostanza  per  cui  venga  curato attraverso i normali
strumenti  ordinamentali  ovvero attraverso strumenti ed organi extra
ordinem,  che  si  vengono  a sovrapporre alle ordinarie competenze e
procedure per ragioni di particolare urgenza.
    Difatti,  le  situazioni  che giustificano la dichiarazione dello
stato  di  emergenza  non  si giustificano per il particolare rilievo
dell'interesse  considerato,  ma per l'urgenza di provvedere nei casi
di «calamita' naturali, catastrofi o altri eventi che, per intensita'
ed  estensione,  debbono  essere  fronteggiati  con  mezzi  e  poteri
straordinari»  e  che  difficilmente  potrebbero essere adeguatamente
affrontati  in  assenza  di  agili  rimedi,  immediatamente efficaci.
Orbene,   se   la   straordinarieta'  degli  eventi  da  fronteggiare
giustifica  la  straordinarieta'  dei poteri di carattere sostanziale
all'uopo  previsti,  invece  la  sottoposizione  degli atti adottati,
nell'ambito  dell'accertata  situazione di emergenza, ad un peculiare
regime   d'impugnazione   appare   del  tutto  irrazionale  e  sembra
comportare  un'ingiustificata lesione dell'art. 3 della Costituzione.
Va      peraltro     aggiunto,     ad     ulteriore     dimostrazione
dell'irragionevolezza  del  disegno  complessivo che ne consegue, che
mentre  il  suesposto  regime derogatorio concerne le ordinanze e gli
atti commissariali, invece i provvedimenti governativi che dichiarano
le  situazioni  di  emergenza, ai sensi del citato art. 5 della legge
n. 225/1992,  continuano  a  rientrare  nell'ordinaria competenza del
Tribunale   amministrativo  regionale,  laddove  siano  destinati  ad
esplicare una limitata efficacia territoriale.
    Questo  giudice  remittente  non  ignora  la sentenza della Corte
costituzionale   n. 189/1992,   con   la   quale  e'  stato  ritenuto
compatibile  con  il  dettato  costituzionale l'art. 4 della legge 12
aprile  1990,  n. 74,  che  attribuisce  al  Tribunale amministrativo
regionale  Lazio la competenza esclusiva sull'impugnazione degli atti
del  Consiglio  superiore  della  magistratura.  Tuttavia,  in quella
circostanza   la  deroga  all'ordinario  criterio  di  riparto  della
competenza, basato sulla sede di servizio del pubblico dipendente, e'
stata  valutata  in  linea  con  il  canone di ragionevolezza per «la
particolare   posizione   assicurata  al  Consiglio  superiore  della
magistratura   nell'organizzazione   dei   pubblici   poteri   e   la
peculiarita'  dello  status  dei  magistrati  ordinari».  Le suddette
argomentazioni  non  sono evidentemente utilizzabili nella vicenda in
esame,  in  cui  la deviazione dalle regole generali di distribuzione
della competenza fra gli organi giurisdizionali, indicate nell'art. 3
della  legge n. 1034/1971, non appare supportata da alcuna plausibile
ragione,  dotata di copertura costituzionale, tale da giustificare la
disparita'  di  trattamento  che  si  viene ad operare tra situazioni
eguali,  con  conseguente lesione dei principi desumibili dall'art. 3
della Costituzione.
    3.2.  -  In  secondo  luogo, le disposizioni in esame appaiono in
contrasto  con  l'art. 24  della Costituzione, in quanto l'attrazione
delle  controversie  ivi  previste presso il Tribunale amministrativo
regionale  del Lazio, piuttosto che presso gli organi giurisdizionali
localmente   istituiti,   indubbiamente  comporta  un  ingiustificato
aggravio   della  tutela  giurisdizionale,  per  l'evidente  maggiore
difficolta',  non  solo  in  termini  di costi, per i soggetti incisi
nelle  loro  posizioni soggettive nell'esercitare le relative azioni.
Cio'  vale  sia  per  la  fase  transitoria in cui i giudizi pendenti
trasmigrano  al  Tribunale amministrativo regionale del Lazio sia per
le  future  nuove  controversie  che,  secondo  la  nuova  normativa,
dovrebbero   essere   ab   initio   instaurate  presso  detto  organo
giudicante.  Sul  punto giova rammentare che la Corte ha ritenuto, in
un  caso  in cui il legislatore aveva disposto l'estinzione ope legis
di  giudizi  pendenti  (art. 10, comma primo, legge n. 425/1984), che
siffatta disposizione, in quanto «preclude al giudice la decisione di
merito  imponendogli di dichiarare d'ufficio l'estinzione dei giudizi
pendenti,  in qualsiasi stato e grado si trovino alla data di entrata
in  vigore della legge sopravvenuta», percio' stesso «viola il valore
costituzionale  del diritto di agire, in quanto implicante il diritto
del  cittadino  ad  ottenere  una  decisione  di merito senza onerose
reiterazioni» (Corte costituzionale, sentenza n. 123 del 1987).
    Sebbene  la  fattispecie  in  esame sia diversa da quella oggetto
della  citata pronuncia, il principio, tuttavia, e' nello stesso modo
applicabile. Accade infatti, nel caso presente, che chi abbia gia' un
giudizio  pendente  davanti  al  Tribunale  amministrativo  regionale
locale  debba proseguire altrove nella propria iniziativa giudiziaria
(addirittura  rimanendo  esposto  ad  una seconda pronuncia cautelare
sollecitata  dalla  parte  soccombente davanti al giudice adito prima
dell'entrata in vigore della legge in questione).
    3.3.   -  Altro  profilo  di  incostituzionalita'  va  ravvisato,
inoltre,   nella   violazione  del  principio  del  giudice  naturale
precostituito  per  legge,  di cui all'art. 25 della Costituzione. La
norma  ora  citata,  stabilendo che «nessuno puo' essere distolto dal
giudice  naturale  precostituito  per legge», esclude, come la stessa
Corte  costituzionale  ha  affermato  nella sentenza n. 393 del 2002,
«che  vi possa essere una designazione tanto da parte del legislatore
con norme singolari, che deroghino a regole generali, quanto da altri
soggetti,  dopo  che la controversia sia insorta»; ed invero, perche'
tale  principio  possa considerarsi rispettato, occorre che «[...] la
regola  di  competenza  sia  prefissata  rispetto all'insorgere della
controversia».
    3.4.  -  Si  prospetta, infine, il contrasto delle norme in esame
con  l'art. 125,  secondo comma, della Costituzione, in base al quale
«Nella  regione  sono istituiti organi di giustizia amministrativa di
primo   grado,   secondo   l'ordinamento  stabilito  da  legge  della
Repubblica».     Tale    previsione,    esprimendo    il    principio
dell'articolazione   su   base  regionale  degli  organi  statali  di
giustizia  amministrativa di primo grado, implica conseguentemente il
rilievo  e la garanzia costituzionale della sfera di competenza degli
stessi.  Tale sfera di competenze costituzionalmente garantita non ha
ragione  di  subire  deroghe nella materia di cui trattasi, in cui le
singole  situazioni  di emergenza hanno rilievo spiccatamente locale,
con   conseguente   efficacia   territoriale  limitata  dei  relativi
provvedimenti  adottati  dai  soggetti delegati alla cura delle varie
situazioni  emergenziali.  In  altri  termini,  l'attribuzione  delle
controversie   in   questione,   svincolata   da   ogni  criterio  di
distribuzione  territoriale,  finisce  per  svuotare  di contenuto la
richiamata    previsione    dell'art. 125,   secondo   comma,   della
Costituzione,  violando  il  principio  ivi contenuto, attraverso una
sorta   di   gerarchia   tra  i  Tribunale  amministrativo  regionale
territoriali,  incompatibile  con il dettato e lo spirito della norma
costituzionale.
    4.  -  Per  tutte le suesposte considerazioni, deve sollevarsi la
questione  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 3, comma 2-bis,
comma  2-ter,  comma  2-quater, della legge n. 21/2006, per contrasto
con  gli  artt. 3,  24,  25  e  125 della Costituzione. Deve pertanto
essere  disposta la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale
per   la   decisione   della   predetta   questione  di  legittimita'
costituzionale,  sospendendosi  il giudizio instaurato con il ricorso
in  epigrafe,  fino  alla  restituzione  degli  atti  da  parte della
medesima Corte.