Ricorso della Regione siciliana, in persona del Presidente pro tempore, rappresentato e difeso, sia congiuntamente che disgiuntamente, giusta procura a margine del presente atto, dagli Avvocati Beatrice Fiandaca e Marina Valli, elettivamente domiciliato presso la sede dell'Ufficio della Regione siciliana in Roma, via Marghera n. 36, ed autorizzato a proporre ricorso con deliberazione della Giunta regionale che si allega; Contro il Presidente del Consiglio dei Ministri pro tempore, domiciliato per la carica in Roma, Palazzo Chigi, Piazza Colonna 370 presso gli Uffici della Presidenza del Consiglio dei Ministri, e difeso per legge dall'Avvocatura dello Stato, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale del D.L. 6 dicembre 2011, n.201 come convertito, con modificazioni, con legge 23 dicembre 2011, n. 214 pubblicata nella G.U.R.I. 27 dicembre 2011, n. 300 S.O. n.276, con riferimento a: Articoli 13, 14, 28 e 48 per violazione dell'art 43 dello Statuto nonche' del principio di leale collaborazione in quanto immediatamente applicati alla Regione siciliana senza il previo esperimento delle modalita' attuative di cui all'articolo 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42, e successive modificazioni; Art. 13, per violazione degli artt. 36 e 37 dello Statuto nonche' dell'art. 2 delle norme di attuazione in materia finanziaria e del principio di leale collaborazione oltre che dell'art. 119, comma 4 della Costituzione, anche con riferimento all'art. 10, della L.cost. 3/2001, e dell'art. 81 della Costituzione, nonche' dell'art. 14, lett. o) e 43 dello Statuto in quanto sottraendo somme ai comuni si onera la Regione di nuove e diverse competenze senza il previo esperimento delle procedure di cui all'art. 43 dello Statuto. Art. 14, comma 13-bis per violazione degli articoli 119, comma 4, anche con riferimento all'art. 10 della L.cost. n. 3/2001 e 81 Costituzione nonche' degli articoli 14, lett. o) e 43 dello Statuto. Art. 28, commi 2 e 3 per violazione del principio di leale collaborazione oltre che degli articoli 36 e 37 dello Statuto e dell'art. 2 delle relative norme di attuazione in materia finanziaria nonche' dell'art. 17, lett. b) dello Statuto che assegna alla Regione competenza concorrente in materia sanitaria. Art. 28, comma 6 per violazione degli artt. 36 e 17, lett. b) dello Statuto e dell'art. 2 delle relative norme di attuazione in materia Finanziaria; Art. 28, commi 7, 8, 9 e 10 per violazione del principio di leale collaborazione. Art. 31 per violazione dell'art. 14, lett. d) ed e) dello Statuto. Fatto Il presente ricorso ha ad oggetto il ed.Decreto Salva Italia. Talune disposizioni della legge in questione sono lesive delle prerogative di questa Regione in quanto immediatamente applicabili alla stessa, per espressa previsione dell'art. 48, comma 1-bis della legge in esame. In particolare le violazioni in parola sono ascrivibili sia al mancato, previo esperimento delle modalita' attuative di cui all'articolo 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42, e successive modificazioni, espressamente previste dal d.lgs. 14 marzo 2011 n.23, recante «Disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale» pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana 23 marzo 2011, n. 67, impugnato da questa Regione, discusso all'udienza del 21 febbraio 2012 nonche' agli ulteriori profili di illegittimita' i cui parametri sono stati individuati in epigrafe. Diritto Artt. 13, 14, 28 e 48 Violazione dell'art. 43 dello statuto d'autonomia nonche' del principio di leale collaborazione Gli artt. 13, 14, 28 e 48 del testo normativo in esame sono immediatamente applicabili alla Regione siciliana senza il previo esperimento delle modalita' attuative di cui all' articolo 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42, e successive modificazioni per espressa previsione dell'art.48, comma 1-bis della legge in esame e cio' in palese violazione dell'art. 43 dello Statuto e del principio di leale collaborazione che dovrebbe informare tutti i rapporti fra Stato e Regioni. Ed invero, l'organo statutario - composto da quattro membri - e' titolare di una speciale funzione di partecipazione al procedimento legislativo, in quanto, secondo la formulazione del citato art. 43, esso «determinera' le norme» relative sia al passaggio alla Regione degli uffici e del personale dello Stato sia all'attuazione dello statuto stesso. Detta Commissione rappresenta, dunque, un essenziale raccordo tra la Regione e il legislatore statale, funzionale al raggiungimento di tali specifici obiettivi che nella fattispecie in esame sussistono e che sono stati vulnerati dal Governo statale con grave pregiudizio delle prerogative statutarie. Risulta, altresi' violato il principio di leale collaborazione in quanto lo Stato ha adottato le norme in parola senza il previo esperimento delle procedure previste dall'art. 27 della legge n. 42/2009. Al riguardo si rileva che esse procedure sono esplicitazione del suddetto principio, finalizzato al raggiungimento di un'intesa. Ed invero il previsto tavolo di confronto per il coordinamento della finanza delle regioni a statuto speciale e delle province autonome istituito dall'art. 27 della legge n. 42/2009 ha ambiti operativi e funzioni specifiche. Esso - al quale intervengono membri del Governo e i Presidenti delle Regioni a statuto speciale - non ha alcuna funzione di partecipazione al procedimento di produzione normativa, in quanto l'art. 27 legge n. 42/2009 si limita ad attribuirgli compiti e funzioni politico-amministrativi non vincolanti per il legislatore, di carattere esclusivamente informativo, consultivo e di studio («linee guida, indirizzi e strumenti»), nell'ambito della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano. Il «tavolo» rappresenta, dunque, il luogo in cui si realizza, attraverso una permanente interlocuzione, il confronto tra lo Stato e le autonomie speciali per quanto attiene ai profili perequativi e finanziari del federalismo fiscale ed e', pertanto, una palese esplicitazione del principio della leale collaborazione che e' stato violato con l'immediata applicazione delle norme rubricate alla regione Siciliana senza la previa interlocuzione prevista dalla detta clausola di cedevolezza. In proposito si osserva che, secondo un principio costantemente affermato dalla giurisprudenza di Codesta Ecc.ma Corte, in tali casi «l'illegittimita' della condotta dello Stato risiede nel mancato tentativo di raggiungere l'intesa, che richiede, in applicazione del principio di leale cooperazione, che le parti abbiano dato luogo ad uno sforzo per dar vita all'intesa stessa, da realizzare e ricercare, laddove occorra, attraverso reiterate trattative volte a superare le divergenze che ostacolino il raggiungimento di un accordo» (Corte costituzionale n. 255/2011). Peraltro, Codesta Corte ha costantemente affermato: «che il principio di leale collaborazione deve presiedere a tutti i rapporti che intercorrono tra Stato e Regioni: la sua elasticita' e la sua adattabilita' lo rendono particolarmente idoneo a regolare in modo dinamico i rapporti ..., attenuando i dualismi ed evitando eccessivi irrigidimenti. La genericita' di questo parametro, se utile per i motivi sopra esposti, richiede tuttavia continue precisazioni e concretizzazioni. Queste possono essere di natura legislativa, amministrativa o giurisdizionale, a partire dalla ormai copiosa giurisprudenza di questa Corte. Una delle sedi piu' qualificate per l'elaborazione di regole destinate ad integrare il parametro della leale collaborazione e' attualmente il sistema delle Conferenze Stato-Regioni e autonomie locali. Al suo interno si sviluppa il confronto tra i due grandi sistemi ordinamentali della Repubblica, in esito al quale si individuano soluzioni concordate di questioni controverse" (Corte costituzionale n. 31 del 2006). In ossequio alla suddetta previa intesa, applicativa del principio di leale collaborazione, lo Stato avrebbe dovuto concordare, come gia' previsto con il d.lgs. n. 23/2011, al previsto tavolo di confronto per il coordinamento della finanza delle regioni a statuto speciale e delle province autonome istituito dall'art. 27 della L.42/2009 Conferenza Stato-Regioni, le modalita' applicative degli artt.13, 14, 28 e 48 . In proposito anche la Corte Costituzionale ha evidenziato (sentenza n. 204 del 1993) che il sistema complessivo dei rapporti tra lo Stato e le regioni deve essere improntato al principio della "leale collaborazione", ed ha avvertito il Governo che, ogniqualvolta intenda provvedere, nonostante il mancato raggiungimento dell'intesa con le regioni, ha l'obbligo di motivare adeguatamente le ragioni di interesse nazionale che lo hanno determinato a decidere unilateralmente. Quest'obbligo, ribadito nella sentenza n. 116 del 1994 e poi nella successiva sentenza n. 338 dello stesso anno, evidenzia come il ruolo assunto dalla Conferenza Stato-regioni sia fondamentale e determinante per favorire l'accordo e la collaborazione tra l'uno e le altre. La Corte ha, infatti, affermato (sentenza n. 116/94) "che la Conferenza e' la sede privilegiata del confronto e della negoziazione politica tra lo Stato e le regioni (e le province autonome) in quanto tale, la Conferenza e' un'istituzione operante nell'ambito della comunita' nazionale come strumento per l'attuazione della cooperazione tra lo Stato, le regioni e le province autonome". Art. 13 Violazione artt.36 e 37 dello statuto d'autonomia nonche' dell'art. 2 delle norme di attuazione in materia finanziaria e del principio di leale collaborazione oltre che dell'art. 119, comma 4 della costituzione, anche con riferimento all'art. 10 della legge cost. 3/2001 e dell'art. 81 della costituzione, nonche' dell'art.14, lett.0) e 43 dello statuto. L'art. 13 del suindicato decreto legge, nel testo come convertito, con modificazioni dalla legge 23 dicembre 2011, n.214 anticipa al 1° gennaio 2012, in via sperimentale, l'istituzione dell'IMU, gia' prevista a decorrere dal 2014 con l'art.8 del d.lgs. n.23/2011 Oltre all'immediata attuazione dell'Imu e' stato stabilito dal Decreto Salva-Italia che la tassa municipale sulla casa si applichera' a tutte le abitazioni compresa quella principale. Sono state, inoltre, modificate le aliquote in rapporto ai tipi di abitazione e si e' aumentata la quota dell'Imu da destinare allo Stato; tale riserva ha raggiunto il 50%, tenendo fondamentalmente conto dell'Imu per le abitazioni secondarie. Con la legge di conversione del Decreto Salva - Italia si e' stabilito altresi' che la nuova Imu si applichera' anche nelle Regioni Speciali a differenza di quanto stabiliva il precedente Decreto Delegato in materia di tassazione municipale. Quest'ultimo escludeva le Regioni a statuto speciale e, dunque, anche la Sicilia attendendo l'adozione delle norme di attuazione. L'imposta in questione, sostitutiva, per la componente immobiliare, dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, delle relative addizionali dovute in relazione ai redditi fondiari relativi ai beni non locati e dell'imposta comunale sugli immobili e' divenuta immediatamente operativa in Sicilia senza che sia stato previsto alcunche' in ordine alle modalita' applicative della stessa, pur se nella fase sperimentale, ed in mancanza della definizione delle procedure di cui all'art.27 della legge n.42/2009 concernenti l'attuazione del federalismo fiscale, come esplicitato al precedente motivo di illegittimita'. Ora l'IMU e' in parte sostitutiva di tributi di pacifica spettanza regionale, ivi compresi sanzioni e interessi, ed il suo gettito, anche per la detta parte, viene attribuito ai' comuni dalla disposizione in esame con conseguente depauperamento delle finanze regionali e provocando un notevole squilibrio "tra complessivi bisogni regionali e insieme dei mezzi finanziari per farvi fronte" (sent. 94/2004 e 152/2011) senza che sia prevista alcuna clausola di salvaguardia a tutela delle prerogative statutarie e dunque in violazione degli artt. 36 e 37 dello Statuto nonche' dell'art. 2 delle norme di attuazione in materia finanziaria e del principio di leale collaborazione. Inoltre, sempre dall'esame della norma, risulta (comma 11) una riserva in favore dello Stato della quota di imposta in questione "pari alla meta' dell'importo calcolato applicando alla base imponibile di tutti gli immobili, ad eccezione dell'abitazione principale e delle relative pertinenze di cui al comma 7, nonche' dei fabbricati rurali ad uso strumentale di cui al comma 8, l'aliquota di base di cui al comma 6, primo periodo" e cioe' lo 0,76 per cento anche in presenza di modifiche, in aumento o in diminuzione, da parte dei comuni. Il predetto comma 11 precisa, poi, che "la quota di imposta risultante e' versata allo Stato contestualmente all'imposta municipale propria. Le detrazioni previste dal presente articolo, nonche' le detrazioni e le riduzioni di aliquota deliberate dai comuni non si applicano alla quota di imposta riservata allo Stato di cui al periodo precedente. Per l'accertamento, la riscossione, i rimborsi, le sanzioni, gli interessi ed il contenzioso si applicano le disposizioni vigenti in materia di imposta municipale propria. Le attivita' di accertamento e riscossione dell'imposta erariale sono svolte dal comune al quale spettano le maggiori somme derivanti dallo svolgimento delle suddette attivita' a titolo di imposta, interessi e sanzioni". Cio' comporta anche un depauperamento delle casse dei comuni di questa Regione a favore dell'erario statale con conseguenti oneri per la Regione siciliana che deve assumere ulteriori e diverse competenze rispetto a quelle di cui all'art. 14, lett. o) dello Statuto, senza il previo esperimento delle procedure di cui all'art. 43 dello Statuto stesso. Ne deriva la violazione dei parametri di cui agli art. 14, lett. o) e 43 dello Statuto nonche' degli artt. 36 e 37 dello Statuto d'autonomia e delle relative norme di attuazione di cui all'art. 2 del d.P.R. n.1074 del 1965 per le ragioni sopra spiegate e risulta violato anche l'art. 119, comma 4 della Costituzione stante che lo Stato, prima pretende di trasferire ai comuni risorse regionali ma poi finisce per stornare a proprio favore una rilevantissima parte del gettito IMU, e quindi anche quote di indiscussa spettanza comunale, senza che sia previsto il sistema per far fronte ai detti ammanchi e onerando, pertanto, la Regione di contribuire alle finanze degli enti locali. Ed invero, le previsioni recate dalle predette, violate norme statutarie in materia finanziaria individuano la regola generale secondo la quale spettano alla Regione siciliana, oltre alle entrate tributarie da essa direttamente deliberate, tutte le entrate tributarie erariali riscosse nell'ambito del suo territorio, dirette o indirette, comunque denominate ad eccezione di quelle riservate allo Stato (entrate sui tabacchi, accise sulla produzione, lotto e lotterie a carattere nazionale). L'imposta in esame, oltre a non presentare gli evocati caratteri di novita', e' sostitutiva di una preesistente di pacifica spettanza regionale oltre che dell'ici di spettanza comunale e, pertanto, sotto tale profilo, l'attribuzione di quote del suo gettito a soggetti diversi dalla Regione viola i parametri surriportati. Sempre l'art.13 del D.L. in esame, al comma 17 dispone che: «Il fondo sperimentale di riequilibrio, come determinato ai sensi dell'articolo 2 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, e il fondo perequativo, come determinato ai sensi dell'articolo 13 del medesimo decreto legislativo n. 23 del 2011, ed i trasferimenti erariali dovuti ai comuni della Regione Siciliana e della Regione Sardegna variano in ragione delle differenze del gettito stimato ad aliquota di base derivanti dalle disposizioni di cui al presente articolo. In caso di incapienza ciascun comune versa all'entrata del bilancio dello Stato le somme residue. Con le procedure previste dall'articolo 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42, le regioni Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta, nonche' le Province autonome di Trento e di Bolzano, assicurano il recupero al bilancio statale del predetto maggior gettito stimato dei comuni ricadenti nel proprio territorio. Fino all'emanazione delle norme di attuazione di cui allo stesso articolo 27, a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali, e' accantonato un importo pari al maggior gettito stimato di cui al precedente periodo. L'importo complessivo della riduzione del recupero di cui al presente comma e' pari per l'anno 2012 a 1.627 milioni di euro, per l'anno 2013 a 1.762,4 milioni di euro e per l'anno 2014 a 2.162 milioni di euro". Sono ravvisabili profili di illegittimita' laddove il legislatore prevede la variazione dei trasferimenti erariali dovuti ai comuni siciliani «in ragione delle differenze del gettito stimato ad aliquota di base derivanti dalle disposizioni di cui al presente articolo». Tale disposizione infatti completa, dandone espressamente atto, la sottrazione alla Regione del gettito gia' previsto dalle disposizioni contenute nel medesimo articolo 13 del D.L. in esame e spettante alla Sicilia e correla minori trasferimenti erariali nei confronti dei Comuni, ossia dei soggetti che beneficiano del gettito spettante alla Regione. Ancora una volta quindi lo Stato pretende di attuare il federalismo fiscale a spese della Regione con conseguente vulnus alle prerogative statutarie della stessa in materia finanziaria (artt.36 e 37 dello statuto e art.2 delle relative norme di attuazione). La disposizione incorre altresi' nella violazione dell'art. 119, comma 4, anche con riferimento all'art.10 della legge cost. n.3/2001, e dell'art.81 della Costituzione, in quanto ne' la Regione ne' i Comuni possono esercitare le proprie funzioni per carenza delle risorse finanziarie che vengono meno per effetto della disposizione medesima. Peraltro detta previsione si profila illegittima anche per violazione dell'art. 14, lett. o) dello Statuto d'autonomia laddove attribuisce alla Regione ulteriori competenze (relative al finanziamento degli enti locali) ascrivibili alla citata previsione statutaria e non riconducibili alla stessa senza alcuna determinazione da parte della Commissione Paritetica di cui all'art. 43 dello Statuto d'autonomia che risulta anch'esso violato. Art. 14, comma 13-bis Violazione degli artt. 119, comma 4, anche con riferimento all'art. 10 della legge cost. n. 3/2001 e 81 costituzione nonche' degli artt. 14, lett. o) e 43 dello statuto. L'art. 14, comma 13-bis nella parte in cui dispone che «A decorrere dall'anno 2013 i trasferimenti erariali dovuti ai comuni della Regione Siciliana e della Regione Sardegna sono ridotti in misura corrispondente al gettito derivante dalla maggiorazione standard di cui al comma 13 del presente articolo. In caso di incapienza ciascun comune versa all'entrata del bilancio dello Stato le somme residue. ...». risulta lesivo delle prerogative statutarie. Ed invero la surriportata diminuzione risulta illegittima per la lesione delle attribuzioni degli enti locali, onerati di fornire un contributo all'erario statale in ogni caso di importo pari a quello derivante dall'applicazione dell'aumento standard della tariffa del tributo comunale sui rifiuti e sui servizi. Inoltre, il depauperamento che ne deriva ai comuni in termini di minori trasferimenti se non addirittura di versamento all'erario in caso di incapienza, riverbera negativamente sulla Regione che dovra' farsene carico. I parametri violati risultano quindi gli artt. 119, comma 4, 81 Costituzione anche con riferimento all'art. 10 della legge cost. n. 3/2001 nonche' gli artt. 14, letto) e 43 dello Statuto in quanto le funzioni attribuite ex novo ai comuni siciliani non sono state sottoposte al vaglio della Commissione Paritetica di cui all'art.43 dello Statuto. Art. 28. commi 2 e 3 Violazione del principio di leale collaborazione oltre che degli artt. 36 e 37 dello statuto e dell'art.2 delle relative norme di attuazione in materia finanziaria nonche' dell'art. 17, lett. b) dello Statuto che assegna alla regione competenza concorrente in materia sanitaria. Per quanto riguarda la previsione dell'art. 28, comma 3 del medesimo decreto legge, nel testo come convertito con la citata legge 23 dicembre 2011, n. 214, si osserva che a sua volta comma 2 dell'art. 28 in esame prevede l'applicabilita' alle Regioni a statuto speciale, e dunque anche alla Sicilia, dell'aumento dell'aliquota dell'addizionale IRPEF che le regioni a statuto ordinario possono disporre con propria legge ai sensi dell'art.6, comma 1, del decreto legislativo 6 maggio 2011, n.68 e che, per effetto del comma 1 della disposizione dell'art.28 in questione, viene portata dallo 0,9 all'1,23 per cento retroattivamente dall'anno 2011 per tutte indistintamente le Regioni e, dunque, anche per la Sicilia con conseguente vulnus per le prerogative statutarie dal momento che l'aumento del detto gettito non e' destinato alla Regione siciliana per il soddisfacimento dei suoi bisogni indistinti e che, contemporaneamente, la rideterminazione del Fondo sanitario nazionale, come effettuata ai sensi del comma 2, viene destinata all'erario statale per assicurare, da parte della Regione stessa, l'apporto previsto dall'art. 28, comma 3 e cio' con conseguente violazione del principio di leale collaborazione oltre che degli artt. 36 e 37 dello Statuto e dell'art.2 delle relative norme di attuazione in materia finanziaria nonche' dell'art. 17, lett. b) dello Statuto che assegna alla Regione competenza concorrente in materia sanitaria. Ed invero il surriportato meccanismo, finalizzato al concorso delle regioni a statuto speciale e, dunque, anche della Regione siciliana, alla finanza pubblica, comporta per questa Regione ulteriore riduzione della contribuzione statale alla spesa sanitaria, giungendo sino ad annullarla considerato che il Fondo sanitario ha gia' subito un decremento a danno di tutte le Regioni e, dunque, anche della Sicilia cosi' come rilevato da questa Regione con proprio ricorso iscritto al n. 14 del Registrocorsi della Corte costituzionale per il 2012. Tale meccanismo si profila illegittimo e lesivo delle prerogative statutarie come sopra individuate in quanto, oltre a sottrarle il gettito di sua spettanza necessario alla copertura del fabbisogno finanziario della stessa, dispone senza che sia stato assicurato il rispetto delle procedure previste dall'art. 27 della legge 42/2009, tendenti a garantire modalita' applicative dei detti meccanismi di concorso alla finanza pubblica che siano rispettose delle peculiarita' di questa regione a statuto speciale e di ciascuna provincia autonoma. La riduzione dello stanziamento finanziario, che coinvolge questa Regione, avrebbe dovuto essere quantomeno determinata sentita la ricorrente, e quindi tale omissione configura violazione del principio di leale collaborazione che, secondo consolidata giurisprudenza costituzionale, deve ispirare i rapporti fra Stato e Regioni.(fra le tante: Corte Costituzionale n. 31 del 2006). Art. 28, comma 6 Violazione degli artt. 36 e 17, lett. b) dello statuto e dell'art. 2 delle relative norme di attuazione in materia finanziaria Risulta pure lesiva la previsione dell'art.28, comma 6 del D.L.in esame laddove aggiunge un periodo all'articolo 77-quater, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, comma 5 che, a seguito di detta integrazione risulta cosi complessivamente formulato: «Alla Regione siciliana sono erogate le somme spettanti a titolo di Fondo sanitario nazionale, quale risulta dall'Intesa espressa, ai sensi delle norme vigenti, dalla Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano sulla ripartizione delle disponibilita' finanziarie complessive destinate al finanziamento del Servizio sanitario nazionale, previo accantonamento di un importo corrispondente alla quota del finanziamento indistinto del fabbisogno sanitario condizionata alla verifica degli adempimenti regionali, ai sensi della legislazione vigente. Le risorse corrispondenti al predetto importo, condizionate alla verifica positiva degli adempimenti regionali, rimangono accantonate in bilancio fino alla realizzazione delle condizioni che, ai sensi della vigente legislazione, ne consentono l'erogabilita' alle regioni e comunque per un periodo non superiore al quinto anno successivo a quello di iscrizione in bilancio". La previsione in esame subordina l'erogazione delle risorse in questione, espressamente destinate alla spesa sanitaria, alla verifica positiva degli adempimenti regionali con conseguente dilazione dei tempi di effettiva disponibilita' delle stesse e cio' in danno della Regione che si vede sottratta l'immediata disponibilita' delle risorse in questione ed in violazione degli artt. 36 e 17, lettera b) dello Statuto nonche' dell'art.2 delle norme di attuazione in materia finanziaria. Art. 28, comma 7, 8, 9 e 10 Violazione del principio di leale collaborazione L'art. 28, commi 7, 8, 9 e 10 dispongono la riduzione dei trasferimenti erariali in favore di Comuni e Province della Regione siciliana in misura proporzionale alla distribuzione territoriale dell'IMU di cui all'art. 13 del decreto. Le succitate disposizioni, riducendo il finanziamento statale agli enti locali siciliani in misura proporzionale alla distribuzione territoriale dell'imu, sottraggono fondi agli stessi sotto il profilo della riduzione dei finanziamenti in questione senza che tali minori importi siano stati previamente quantificati e dunque in violazione del principio di leale collaborazione e senza tenere in alcuna considerazione le peculiari condizioni economiche di questa Regione e dei suoi enti locali. Art. 31 Violazione dell'art.14, lett. D) ed E) dello statuto. Detta norma al comma l elimina, per tutte le attivita' commerciali ogni limite agli orari "di apertura e di chiusura" abolendo specificamente anche "l'obbligo della chiusura domenicale e festiva, nonche' quello della mezza giornata di chiusura infrasettimanale" in precedenza oggetto solo di talune deroghe . Il comma 2 prevede poi che costituisca principio generale dell'ordinamento "la liberta' di apertura di nuovi esercizi commerciali" senza limite o prescrizione di alcun genere, tranne quelli connessi alla tutela della salute, dei lavoratori, dell'ambiente, ivi incluso l'ambiente urbano, e dei beni culturali e conclude onerando Regioni ed enti locali di adeguare i propri ordinamenti alle prescrizioni di detto comma entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione. La norma dispone in un ambito rientrante, per la Regione siciliana, nella competenza esclusiva di cui all'art.14, lettere d) ed e) dello Statuto d'autonomia che risulta palesemente violato in forza delle previsioni surriportate. Ed invero, questa regione, proprio nell'esercizio della propria potesta' esclusiva, disciplina la materia degli orari degli esercizi commerciali e dell'ubicazione degli stessi, mentre la manovra 'salva Italia' va ad indecidere su dette modalita' di esercizio delle attivita' commerciali stabilendo orari di apertura al pubblico, anche 24 ore su 24, 365 giorni l'anno. La nuova disciplina investe una pluralita' di piccoli negozi, ambulanti, supermercati e ipermercati con conseguenti, pesanti conseguenze per i piccoli esercizi, che stanno gia' attraversando un momento di difficolta', e per i consumatori. Una delle prime gravi conseguenze potrebbe essere la chiusura dei negozi dei centri storici che fungono da presidio sociale, fenomeno questo che creerebbe sia problemi di ordine pubblico sia difficolta' per le fasce piu' deboli della popolazione come gli anziani. Inoltre, bisogna considerare il fatto che si andrebbe a minare l'economia e l'equilibrio sociale dei piccoli Comuni. In conclusione la previsione impugnata porterebbe un indubbio vantaggio esclusivamente agli ipermercati ed alla grande distribuzione commerciale. Il titolo di legittimazione che lo Stato pretende di invocare per imporre anche nella Regione siciliana l'assenza di qualunque regola e' la tutela della concorrenza. Ora, come costantemente ritenuto da codesta Ecc.ma Corte, in sede di scrutinio di costituzionalita', e' necessaria la verifica che le norme statali «siano essenzialmente finalizzate a garantire la concorrenza fra i diversi soggetti del mercato, allo scopo di accertarne la coerenza rispetto all'obiettivo di assicurare un mercato aperto e in libera concorrenza» (sentt. nn. 63/2008, 430/2007 e 150/2011) e non vi e' dubbio che la norma in concreto non favorisce la liberta' di concorrenza perche' assoggetta alla medesima deregolamentazione soggetti economici che versano in condizioni differenti finendo, in buona sostanza, per favorirne alcuni a scapito di altri.