IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di
registro generale 809 del 2012, proposto da Giglio Rosa - titolare
omonima impresa Individuale - ed altri, rappresentati e difesi dagli
avvocati Generoso Bloise, Cino Benelli, Alessandro Domenicali,
Raffaella Lombardi, con domicilio eletto presso Raffaella Lombardi in
Torino, via Duchessa Jolanda, 25; Matricardi Vincenzo - Titolare
Omonima Impresa Individuale, Maglione s.n.c. di Maglione Davide e C.,
Davide Maglione, rappresentati e difesi dagli avvocati Cino Benelli,
Generoso Bioise, Alessandro Domenicali, Raffaella Lombardi, con
domicilio eletto presso Raffaella Lombardi in Torino, via Duchessa
Jolanda, 25;
Contro Comune di Rivoli, rappresentato e difeso dall'avv. Maria
Giovanna Gambino, con domicilio eletto presso T.A.R.Piemonte
Segreteria in Torino, corso Stati Uniti, 45; Sindaco Comune di Rivoli
Quale Ufficiale di Governo, Ministero dell'interno; Ministero
dell'interno - U.T.G. - Prefettura di Torino, rappresentato e difeso
per legge dall'Avvocatura Distrettuale, domiciliata in Torino, corso
Stati Uniti, 45;
Per l'annullamento dei seguenti atti:
a) ordinanza 23 maggio 2012, n. 263, a firma del sindaco del
Comune di Rivoli, avente ad oggetto «determinazione in conformita' al
regolamento comunale approvato con d.c.c. n. 124 del 21 dicembre 2011
dell'orario di apertura delle sale pubbliche da gioco; nonche'
dell'esercizio degli apparecchi e congegni automatici da gioco e
intrattenimento di cui all'art. 110 del t.u.l.p.s. negli esercizi
autorizzati dal comune», con la quale, in particolare, si dispone, al
punto 2, che gli «esercenti autorizzati dal comune ai sensi dell'art.
86 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (t.u.l.p.s.)
alla detenzione degli apparecchi automatici da intrattenimento e da
gioco di cui all'art. 110 del t.u.l.p.s. (titolari di esercizi di
somministrazione di alimenti e bevande, legali rappresentanti di
circoli privati con attivita' di somministrazione, altri esercizi
autorizzati per effetto di specifica segnalazione certificata di
inizio attivita' presentata in comune) possono attivare i predetti
apparecchi esclusivamente in orario compreso tra le h. 12.00 e le
23.00 al di fuori di detta fascia oraria gli apparecchi devono essere
spenti e disattivati»;
b) regolamento comunale per le sale giochi e per
l'installazione di apparecchi elettronici da intrattenimento o da
gioco approvato dal Comune di Rivoli con delibera c.c. del 21
dicembre 2011, n. 124;
c) ogni altro atto ad essi presupposto e conseguente,
ancorche' incognito.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di' Comune di Rivoli e
dl Ministero dell'Interno - U.T.G. - Prefettura di Torino;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 7 settembre 2012 il
dott. Vincenzo Salamone e uditi per le parti i difensori come
specificato nel verbale;
I ricorrenti, sono autorizzati ad esercitare attivita' di
somministrazione di alimenti e bevande nonche' a consentire l'uso al
pubblico di apparecchi e congegni da gioco lecito di cui ai commi 6 e
7 dell'art. 110 T.u.l.p.ss. presso gli esercizi di cui sono titolari,
posti nel territorio comunale di Rivoli.
Con ordinanza n. 263/2012 del 23 maggio 2012 il Sindaco del
Comune di Rivali ha disposto limitazioni orarie all'utilizzo e
funzionamento dei predetti apparecchi da gioco autorizzato,
disponendo, in particolare, al punto n. 2, che gli «esercenti
autorizzati dal Comune ai sensi dell'art. 86 del Testo Unico delle
Leggi di Pubblica Sicurezza (T.U.L.P.S.) alla detenzione degli
apparecchi automatici da intrattenimento e da gioco di cui
all'art. 110 del T.U.L.P.S. (titolari di esercizi di somministrazione
di alimenti e bevande, legali rappresentanti di circoli privati con
attivita' di somministrazione, altri esercizi autorizzati per effetto
di specifica segnalazione certificata di inizio attivita' presentata
in Comune) possono attivare i predetti apparecchi esclusivamente in
orario compreso tra le h. 12.00 e le h. 23.00. Al di fuori di detta
fascia oraria di apparecchi devono essere spenti e disattivati».
Come si evince dal preambolo dell'ordinanza sindacale, la ragione
delle limitazioni risiede: «a) nella tutela della fasce deboli della
popolazione»; b) nel «porte un argine alla disponibilita' illimitata,
o quasi, delle offerta di gioco, soprattutto per quanto riguarda
l'orario notturno e il mattino, ovvero i periodi della giornata in
cui si manifestano con piu' evidenza i fenomeni di devianza e
emarginazione sociale legati alla tossicodipendenza, all'alcolismo,
all'isolamento relazionale da partene di soggetti appartenenti ai
ceti piu' disagiati e privi delle ordinarie occupazioni legate al
lavoro o allo studio».
L'ordinanza fa applicazione degli artt. 50, comma 7, del decreto
legislativo d.lgs. n. 267 del 2000 e del regolamento comunale per le
sale giochi e per l'installazione di apparecchi elettronici da
intrattenimento o da gioco approvato con delibera c.c. del 21
dicembre 2011, n. 124 (in particolare, l'art. 11, intitolato «orari»,
per il quale «l'uso degli apparecchi da gioco di cui al comma 6
dell'art. 110 T.U.L.P.S. in ogni esercizio a cio' autorizzato ai
sensi dell'art. 86 dello stesso testo di legge, e' consentito tra le
12,00 e l'orario di chiusura degli esercizi e comunque non oltre le
h. 23.00. Oltre tale orario gli apparecchi devono essere
disattivati».
Con il ricorso quest'ultimo regolamento viene impugnato
unitamente alla, predetta ordinanza.
Agli atti impugnati vengono mosse le seguenti censure:
1 - contrarieta' delle norme regolamentari e dell'ordinanza
impugnata alle previsioni normative nazionali in tema di
liberalizzazione degli orari di apertura e chiusura degli esercizi
del commercio su area privata e segnatamente con l'art. 31, comma I,
del d.l. n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, in legge 22
dicembre 2011, n. 214;
2 - illegittimita' degli atti impugnati per violazione delle
norme costituzionali in tema di riparto delle competenze legislative
(art. 117, comma 2, lettera h);
3 - violazione degli artt. 50 e 54 del T.U.E.L.;
4 - illegittimita' per mancata indicazione di un termine di
efficacia;.
5 - violazione di legge per carenza di istruttoria;
6 - violazione del principio di proporzionalita'.
Il Comune di Rivoli si e' costituito in giudizio ed ha chiesto
che tanto l'istanza di adozione di misure cautelati ex art. 55 C.P.A.
quanto il ricorso con il quale si chiede l'annullamento dei
provvedimenti impugnati siano integralmente respinti, con il favore
di spese ed onorari.
Alla camera di consiglio del 7 settembre 2012 sono state sentite
le parti in sede di esame della domanda cautelare.
Con ordinanza cautelare n. 504 del 2012 questo Tribunale
amministrativo regionale, nelle more dell'esame della questione di
costituzionalita', che si solleva con la presente ordinanza, ha
respinto «la domanda cautelare sino alla camera di consiglio
successiva alla data di restituzione degli atti da parte della Corte
costituzionale» cosi' motivando «ritenuto che con separata ordinanza
viene sollevata questione di legittimita' costituzionale in relazione
alla disciplina normativa primaria vigente in materia di apertura di
esercizi in cui si pratica il gioco d'azzardo per contrasto con le
norme costituzionali in materia di tutela della autonomia degli enti
locali e della salute delle classi piu' deboli della cittadinanza,
fini perseguiti dagli atti impugnati».
Cio' premesso il Collegio ritiene che sussiste la rilevanza della
questione di costituzionalita' in quanto coinvolge i presupposti
normativi su cui si reggono gli atti impugnati, dal momento che il
petitum sostanziale consiste nella negazione della competenza in capo
agli enti locali del potere di limitare l'uso degli apparecchi da
gioco di cui al comma 6 dell'art. 110 del R.D. 18 giugno 1931, n. 773
(Approvazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza) in
ogni esercizio a cio' autorizzato ai sensi dell'art. 86 dello stesso
testo di legge.
Detta censura ha carattere preliminare ed assorbente rispetto
alle altre; infatti il giudice deve affrontare, in tema di vizi
dell'atto amministrativo, con priorita', la censura riguardante
l'incompetenza dell'autorita' che ha emanato l'atto impugnato, in
quanto la sua eventuale fondatezza determina unicamente la rimessione
dell'affare all'autorita' competente e impedisce l'esame degli altri
motivi, che finirebbe altrimemi per risolversi in un giudizio
anticipato sui futuri provvedimenti dell'organo riconosciuto
competente e in un vincolo anomalo sull'attivita' dello stesso
(Consiglio Stato Sez. V,. 11 febbraio 2005, n. 398).
Quanto alla non manifesta infondatezza della questione di
costituzionalita' il Collegio osserva quanto segue.
Con l'art. 31, comma 1 decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201
(Disposizioni urgenti per la crescita, l'equita' e il consolidamento
dei conti pubblici), modificato dalla legge di conversione 22
dicembre 2011, n. 214 e, successivamente, dall'art. 1, comma 4-ter,
d.l. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla
legge 24 marzo 2012, n. 27, si dispone che «secondo la disciplina
dell'Unione Europea e nazionale in materia di concorrenza, liberta'
di stabilimento e libera prestazione di servizi, costituisce
principio generale dell'ordinamento nazionale la liberta' di apertura
di nuovi esercizi commerciali sul territorio senza contingenti;
limiti territoriali o altri vincoli di qualsiasi altra natura,
esclusi quelli connessi alla tutela della salute, dei lavoratori,
dell'ambiente, ivi incluso l'ambiente urbano, e dei beni culturali.
Le Regioni e gli enti locali adeguano i propri ordinamenti alle
prescrizioni del presente comma entro 90 giorni dalla data di entrata
in vigore della legge di conversione del presente decreto».
A seguito delle modifiche introdotte con tale disposizione
normativa, l'art. 3 decreto-legge n. 223 del 2006, convertito nella
legge n. 248 del 2006, recita, infatti, come di seguito: «Ai sensi
delle disposizioni dell'ordinamento comunitario in materia di tutela
della concorrenza e libera circolazione delle meni e dei servizi ed
al fine di garantire la liberta' di concorrenza secondo condizioni di
pari opportunita' ed il corretto ed uniforme funzionamento del
mercato, nonche' di assicurare ai consumatori finali un livello
minimo ed uniforme di condizioni di accessibilita' all'acquisto di
prodotti e servizi sul territorio nazionale, ai sensi dell'articolo
117, comma secondo, lettere e) ed m), della Costituzione, le
attivita' commerciali, come individuate dal decreto legislativo 31
marzo 1998, n. 114, e di somministrazione di alimenti e bevande sono
svolte senza i seguenti limiti e prescrizioni [...] d-bis) rispetto
degli orari di apertura e di chiusura, l'obbligo della chiusura
domenicale e festiva, nonche' quello della mezza giornata di chiusura
infrasettimanale dell'esercizio ...».
Cio' posto, riferendosi tale disposizione anche agli «esercizi di
somministrazione» e agli «esercizi commerciali», in cui l'attivita'
di gioco si svolge in via accessoria e sub-valente rispetto alla
restante attivita' commerciale che deve rimanere prevalente, si
sostiene nel ricorso che il Sindaco non puo' intervenire a limitare
l'orario di utilizzo degli apparecchi da gioco di cui all'art. 110
T.u.l.p.s. ivi installati, dovendo quest'ultimo seguire quello di
svolgimento ed erogazione dell'attivita' plincipale, come tale da
ritenersi libero a seguito dell'entrata in vigore del precetto
legislativo posto a tutela del bene della concorrenza di cui all'art.
117, comma 2 lettera e) della Costituzione, (in termini analoghi,
ordinanza T.A.R. Toscana, Sez. 8 febbraio 2012, n. 103; ordinanza
T.A.R. Lombardia, Sez. I, 31 maggio 2012, n. 735).
L'impugnata ordinanza e' stata adottata dal Sindaco del Comune di
Rivoli in applicazione dell'art. 50, comma 7, del d.lgs. 18 agosto
2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti
locali), secondo cui «il sindaco, altresi', coordina e organizza,
sulla base degli indirizzi espressi dal consiglio comunale e
nell'ambito dei criteri eventualmente indicati dalla Regione, gli
orari degli esercizi commerciali, dei pubblici esercizi e dei servizi
pubblici [...] al fine di armonizzare l'epletamento dei servizi con
le esigenze complessive e generali degli utenti».
L'ordinanza da esecuzione all'art. 11 del regolamento comunale
per le sale giochi e per l'installazione di apparecchi elettronici da
intrattenimento o da gioco approvato con delibera c.c. del 21
dicembre 2011, n. 124, il quale dispone che «l'uso degli apparecchi
da gioco di cui al comma 6 dell'art. 110 T.U.L.PS. in ogni esercizio
a cio' autorizzato ai sensi dell'art. 86 dello stesso testo di legge,
e' consentito tra le 12.00 e l'orario di chiusura degli esercizi e
comunque non oltre le h. 23.00. Oltre tale orario gli apparecchi
devono essere disattivati».
Da una lettura coordinata della predetta disciplina ed alla luce
della pressoche' univoca giurisprudenza sulla problematica, ad avviso
del Collegio, difettano i presupposti di cui all'art. 50, comma 7
d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, per l'adozione dell'ordinanza
impugnata nella parte in cui dispone che gli esercenti autorizzati
dal Comune ai sensi dell'art. 86 del Testo Unico delle Leggi di
Pubblica Sicurezza alla detenzione degli apparecchi automatici da
intrattenimento e da gioco di cui all'art. 110 del T.U.L.P.S. possono
attivare i predetti apparecchi esclusivamente in un orario limitato,
non essendosi il Sindaco del Comune limitato a esercitare la potesta'
di coordinamento e riorganizzazione del commercio al medesimo
demandata dalle ridette disposizioni, avendo, invece proceduto ad
apportare limitazioni non gia' degli orari degli esercizi pubblici
e/o degli esercizi commerciali bensi' all'utilizzo degli apparecchi
da gioco lecito dai medesimi ospitati.
Nell'attuale disciplina al Comune e' sottratta la funzione di
limitare la localizzazione e la fascia oraria di utilizzo e
funzionamento degli apparecchi da gioco (tra le tante ordinanza
T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III, 13 ottobre 2011, n. 1566).
Dal predetto quadro normativo e giurisprudenziale si evince che
gli atti e provvedimenti impugnati sono stati adottati al di fuori di
una competenza comunale, impingendo in una materia disciplinata da
atti adottati dall'Amministrazione statale in quanto il luogo o il
locale in cui si sono realizzati certi comportamenti (installazione
ed uso di apparecchi da gioco) e' solo un elemento fattuale che non
puo' spostare l'ordine delle competenze (ordinanza T.A.R. Piemonte,
Sez. II, 9 febbraio 2012, ordinanza n. 107; cfr., altresi', ordinanza
T.A.R. Lombardia - Milano, Sez. I, 12 luglio 2012, n. 998).
Non ignora il Collegio che a seguito della sentenza n. 115 del
2011 della Corte costituzionale in materia di «sicurezza urbana», la
quale ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l'art. 54, comma 4
T.u.e.ll, cosi' come sostituito dall'art. 6 decreto-legge n. 92 del
2008, («Misure agenti in materia di sicureua pubblica»), convertito
con modificazioni nella legge n. 125 del 2098, nella parte in cui
comprende la locuzione «anche» prima delle parole «contingibili e
urgenti», per il legittimo esercizio da parte del Sindaco del potere
di cui all'art. 54 T.u.e.l., e' indispensabile che ricorrano
effettivamente, nell'ambito del territorio comunale interessato, i
presupposti di «urgenza» postulati dalla medesima disposizione, a
fronte del verificarsi di eventi di danno o di pericolo non
fronteggiabili con le misure o gli strumenti ordinari.
Pur tuttavia nella fattispecie il Comune resistente non ha fatto
applicazione della norma dichiarata in parte incostituzionale bensi'
di un potere di disciplina limitativa in via ordinaria di attivita'
che possono pregiudicare categorie della popolazione meritevoli di
specifica tutela; norma individuata nell'art. 50, comma 7, del
T.u.e.l. A tal proposito la giurisprudenza ha osservato che il
Sindaco non puo' introdurre una disciplina del gioco lecito che si
sovrapponga, innovandola, a quella dettata dalla normativa statale,
senza indicare alcuna situazione di grave pericolo potenziate o reale
che minaccia la sicurezza pubblica ovvero che giustifichi in altro
modo la necessita' di ricorrere ai poteri extra ordinem ai medesimi
attribuiti dal richiamato art. 54, anche perche' «la diffusione degli
apparecchi da gioco leciti non costituisce di per se' una motivazione
sufficiente per intervenire al di fuori dell'ordinaria distribuzione
delle competente (T.A.R. Campania - Napoli, Sez. III, 15 febbraio
2011, n. 952; cfr., altresi', in fattispecie analoghe a quella di
specie, T.A.R. Lombardia Brescia, Sez. II, 15 gennaio 2010, n. 19;
ordinanza T.A.R. Veneto, Sez. III, 30 luglio 2010, n. 557; T.A.R.
Toscana, Sez. II, 24 novembre 2010, n. 6600; T.A.R. Lombardia Milano,
Sez. III, 6 aprile 2010, n. 981).
Ne' si rinviene nell'ordinamento una norma che attribuisca il
potere di adottare da parte dei Comuni, non soltanto mediante
ordinanza sindacale emessa ai sensi degli artt. 50 T.u.e.l., ma anche
con l'ordinario strumento del regolamento di competenza consiliare
una disciplina valida per il territorio comunale dell'orario di
accensione e spegnimento degli apparecchi da gioco che distribuiscono
vincite in denaro di cui all'art. 110, comma 6, T.u.l.p.s. Si
riscontra ad avviso del Collegio la carenza di una adeguata base
normativa per l'esercizio del relativo potere da parte dell'Ente
locale (TA.R. Piemonte, Sez. II, 20 maggio 2011, n. 513; Id., 9
febbraio 2012, ordinanza n. 107).
Pur Mttavia il Collegio ritiene che la disciplina contenuta
nell'art. 50 comma 7 T.u.e.l. e nell'art. 31, comma 1 decreto-legge
n. 201 del 2011, convertito nella legge n. 214 del 2011 determinano
una situazione di assenza di principi normativi in contrasto della
patologia ormai riconosciuta e denominata «ludopatia» (art. 7 d.l. n.
158 del 2012 (su cui si tornera').
Soltanto attraverso una declaratoria di incostituzionalita' della
disciplina sopra richiamata ed, in particolare, riconoscendo una
specifica funzione di contrasto del fenomeno patologico agli Enti
locali, in applicazione dei principi di prossimita' con la
collettivita' locale e di sussidiarieta' tra Amministrazioni
pubbliche, si doterebbe l'ordinamento giuridico vigente di strumenti
di esercizio di una azione amministrativa funzionale a porre un
argine alla disponibilita' illimitata delle offerta di gioco.
Funzione quest'ultima che, in particolare, va riconosciuta per la
fissazione dei periodi della giornata in cui si manifestano con piu'
evidenza i fenomeni di devianza ed emarginazione sociale di soggetti
appartenenti ai ceti piu' deboli e per conseguire l'obiettivo di
garantire che la diffusione dei locali nei quali si pratica il gioco
lecito garantisca i limiti di sostenibilita' con l'ambiente
circostante, oltre al corretto rapporto con l'utenza, la tutela dei
minori e delle fasce piu' a rischio ed incentivi un accesso
responsabile al gioco che non porti a fenomeni di dipendenza.
L'esigenza di porre un freno alla diffusione del fenomeno,
limitandone gli ingenti costi sociali, e', peraltro, alla base delle
recenti istanze rivolte al Legislatore, affinche' approvi una legge
quadro sul gioco d'azzardo, che attraverso il potenziamento delle
funzioni e delle competenze dei Comuni e superando i confini della
sola sicurezza-ordine pubblico, consenta di approntare un'efficace
tutela, dei diritti personali e patrimoniali dei soggetti piu'
vulnerabili («Indagine conoscitiva relativa agli aspetti sociali e
sanitari della dipendenza dal gioco d'azzardo» 24 aprile 2012 - XII
Commissione affari sociali della Camera dei deputati).
L'intento che costituisce criterio ispiratore delle disposizioni
lette nell'ottica dei principi costituzionali e' quello di
contribuire, per quanto possibile all'Amministrazione, al contrasto
dei fenomeni di patologia sociale connessi al gioco compulsivo, dal
momento che la moltiplicazione incontrollata delle possibilita' di
accesso al gioco a denaro costituisce di per se' un obiettivo
accrescimento del rischio di diffusione dei fenomeni di dipendenza.
Il fatto che si tratti di gioco lecito e non certo di gioco
d'azzardo emerge, inoltre, dall'art. 1, comma 497 legge 30 dicembre
2004, n. 311, con cui e' stato disposto che la raccolta di giocate
con apparecchi costituisce attivita' riservata allo Stato; cio', pur
tuttavia, non esclude che viola in principi contenuti negli artt. 118
e 32 della Costituzione la mancata attribuzione agli Enti locali del
potere di disciplina sussidiaria con funzione di tutela dei cittadini
in rapporto alle condizione socio-economiche del territorio, anche al
di fuori di una situazione di emergenza ovvero di grave pericolo per
i beni dell'incolumita' pubblica e della sicurezza urbana prevista
dall'art. 54 TUEL.
Ne' appare sufficiente a garantire la tutela di rango
costituzionale delle categorie deboli la disciplina dell'art. 1,
comma 70, della legge di stabilita' per l'anno 2011 n. 220 del 2010,
in vigore dal 1° gennaio 2011) che demanda non gia' ai Comuni bensi'
all'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato (AAMS), di
concerto con il Ministero della salute, la predisposizione di linee
d'azione» per la prevenzione, il contrasto e il recupero di fenomeni
di ludopatia conseguente a gioco compulsivo.
La conseguente disciplina ha trovato attuazione (secondo quanto
emerge dalla produzione documentale delle parti) nella circolare
dell'Agenzia delle Entrate, Direzione centrale normativa e
contenzioso n. 21 del 13 maggio 2005, violando i principi
costituzionali contenuti negli artt. 118 e 32 della Costituzione con
una azione che mira a salvaguardare esclusivamente la stabilita' del
gettito tributario anche a sacrificio di interessi di rango
superiore.
Il vuoto normativo emerge dalla osservazione che al momento
dell'adozione degli atti impugnati difetta un atto normativo dedicato
alla materia del gioco d'azzardo sul presupposto di verifiche e di
studi volti a stabilire gli esatti confini dell'incidenza del mercato
del gioco sulla popolazione locale, con particolare riferimento ai
giovani e agli anziani e, piu' in generale, agli indigenti; cio' al
fine di evidenziare l'esistenza dei presupposti per approvare criteri
di programmazione territoriale utili a contenere la diffusione
indiscriminata di attivita' che presentano profili di rischio non
indifferenti.
In questo contesto le limitazioni relative agli orari di
esercizio o alla localizzazione introdotte dall'azione amministrativa
riconosciuta agli Enti locali, che una lettura della normativa
vigente sopra richiamata costituzionalmente orientata o dichiarata in
parte qua incostituzionale, si prefiggerebbero l'obiettivo di
arginare la disponibilita' illimitata delle occasioni di gioco in
ambiti territoriali ed in fasce della giornata in cui frequenti sono
i fenomeni di devianza sociale.
Va a tal proposito ricordato che dei riflessi, sul territorio,
del gioco d'azzardo, si e' recentemente espressa la Corte
costituzionale (sentenza n. 300 del 9 novembre 2011), che ha escluso
la violazione della riserva di legge a favore dello Stato in tema di
ordine pubblico, tutte le volte in cui lo scopo delle norme impugnate
non sia quello di evitare che dall'esercizio delle attivita' in
questione possano derivare conseguenze penalmente rilevanti, ma
invece esclusivamente quello di «preservare dalle implicazioni
negative del gioco, anche se lecito, determinate categorie di
persone, non in grado, per le loro condizioni personali, di gestire
in modo adeguato l'accesso a tale forma di intrattenimento».
Nella sentenza si legge «Nella specie, le disposizioni oggetto
del giudizio - le quali si inseriscono in corpi normativi volti alla
regolamentazione degli spettacoli e degli esercizi commerciali,
dettando precipuamente limiti alla collocazione nel territorio delle
sale da gioco e di attrazione e delle apparecchiature per giochi
leciti - sono dichiaratamente finalizzate a tutelare soggetti
ritenuti maggiormente vulnerabili, o per la giovane eta' o perche'
bisognosi di cure di tipo sanitario o socio assistenziale, e a
prevenire forme di gioco cosiddetto compulsivo, nonche' ad evitare
effetti pregiudizievoli per il contesto urbano, la viabilita' e la
quiete pubblica. Le caratteristiche ora evidenziate valgono a
differenziare le disposizioni impugnate dal contesto normativo, in
materia di gioco, di cui si e' gia' occupata questa Corte (sentenze
n. 72 del 2010 e n. 237 del 2006), rendendo la normativa provinciale
in esame non riconducibile alla competenza legislativa statale in
materia di "ordine pubblico e sicurezza"; materia che, per
consolidata giurisprudenza di questa Corte, attiene alla "prevenzione
dei reati ed al mantenimento dell'ordine pubblico", inteso questo
quale "complesso dei beni giuridici fondamentali e degli interessi
pubblici primari sui quali si regge la civile convivenza nella
comunita' nazionale" (ex plurimis, sentenza n. 35 del 2011). Al
riguardo, non puo' condividersi l'assunto del ricorrente, secondo il
quale, proprio alla luce dei principi ora ricordati, la tutela dei
minori - cui le norme regionali censurate sono (tra l'altro)
preordinate - non potrebbe che spettare alla legislazione esclusiva
statale, essendo incontestabile che detta tutela si traduca in un
"interesse pubblico primario". Gli "interessi pubblici primari" che
vengono in rilievo ai fini considerati sono, infatti, per quanto
detto, unicamente gli interessi essenziali al mantenimento di una
ordinata convivenza civile: risultando evidente come, diversamente
opinando, a produrrebbe una smisurata dilatazione della nozione di
sicurezza e ordine pubblico, tale da porre in crisi la stessa
ripartizione costituzionale delle competenze legislative, con
l'affermazione di una preminente competenza statale potenzialmente
riferibile a ogni tipo di attivita'. La semplice circostanza che la
disciplina normativa attenga a un bene giuridico fondamentale non
vale, dunque, di per se', a escludere la potesta' legislativa
regionale o provinciale, radicando quella statale, Nel caso in esame,
le disposizioni censurate hanno riguardo a situazioni che non
necessariamente implicano un concreto pericolo di commissione di
fatti penalmente illeciti o di turbativa dell'ordine pubblico, inteso
nei termini dianzi evidenziati, preoccupandosi, piuttosto, delle
conseguenze sociali dell'offerta dei giochi su fasce di consumatori
psicologicamente piu' deboli, nonche' dell'impatto sul territorio
dell'afflusso a detti giochi degli utenti. Le disposizioni impugnate,
infatti, non incidono direttamente sulla individuazione ed
installazione dei giochi leciti, ma su fattori (quali la prossimita'
a determinati luoghi e la pubblicita') che potrebbero, da un canto,
indurre al gioco un pubblico costituito da soggetti psicologicamente
piu' vulnerabili od immaturi e, quindi, maggiormente esposti alla
capacita' suggestiva dell'illusione di conseguire, tramite il gioco,
vincite e facili guadagni; dall'altro, influire sulla viabilita' e
sull'inquinamento acustico delle aree interessate».
Il recente decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158 (in G.U. n.
214 del 13 settembre 2012 - in vigore dal 14 settembre 2012, (quindi
in data successiva all'adozione degli atti impugnati) introduce tra
l'altro disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese
mediante un piu' alto livello di tutela della salute.
Nel preambolo si legge «ritenuta la straordinaria necessita' ed
urgenza di procedere al riassetto dell'organizzazione sanitaria,
tenuto conto della contrazione delle risorse finanziarie destinate al
Servizio sanitario nazionale a seguito delle varie manovre di
contenimento della spesa pubblica, attraverso la riorganizzazione ed
il miglioramento dell'efficienza di alcuni fondamentali elementi del
Servizio stesso, allo scopo di garantire e promuovere in tale ottica
un piu' alto livello di tutela della salute, adottando misure
finalizzate all'assistenza territoriale, alla professione e
responsabilita' dei medici, alla dirigenza sanitaria e governo
clinico, alla garanzia dei livelli essenziali di assistenza per le
persone affette da malattie croniche e rare e da dipendenza da gioco
con vincita di denaro, all'adozione di norme tecniche per le
strutture ospedaliere, nonche' alla sicurezza alimentare, al
trattamento di emergenze veterinarie, ai farmaci, alla
sperimentazione clinica dei medicinali, alla razionalizzazione di
alcuni enti sanitari e al trasferimento alle regioni delle funzioni
di assistenza sanitaria al personale navigante».
L'art. 7 qualifica i fenomeni patologici connessi all'uso di
apparecchiature automatizzate per il gioco «ludopatia», attribuendo
alla relativa normativa di contrasto la valenza di una disciplina
della salute pubblica ai sensi dell'art. 32 della Costituzione. Ai
commi da 4 a 9 si introducono norme innovative in materia di
contrasto di comportamenti idonei a configurare abuso del gioco (sono
vietati messaggi pubblicitari concernenti il gioco con vincite in
denaro «nel corso di trasmissioni televisive o radiofoniche e di
rappresentazioni teatrali o cinematografiche rivolte prevalentemente
ai giovani; sono altresi' vietati messaggi pubblicitari concernenti
il gioco con vincite in denaro su giornali, riviste, pubblicazioni,
durante trasmissioni televisive e radiofoniche, rappresentazioni
cinematografiche e teatrali, nonche' via internet; e' prevista la
evidenziazione di formule di avvertimento sul rischio di dipendenza
dalla pratica di giochi con vincite in denaro; viene rafforzato il
divieto di ingresso ai minori di anni diciotto nelle aree destinate
al gioco con vincite in denaro interne alle sale bingo, nonche' nelle
aree ovvero nelle sale in cui sono installati i videoterminali; si
prevede la pianificazione di controlli, specificamente destinati al
contrasto del gioco minorile, nei confronti degli esercizi presso i
quali sono installati gli apparecchi di cui all'articolo 110, comma
6, lettera a), del testo unico di cui al regio decreto n. 773 del
1931).
Pur tuttavia rafforza il convincimento del Collegio in ordine
alla incostituzionale assenza di una disciplina regolatrice a livello
locale del fenomeno che sia espressa formalmente la volonta' del
legislatore statale di escludere Regioni e Comuni dall'esercizio
delle funzioni in materia dal momento il comma 10 recita
«L'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato e, a seguito della
sua incorporazione, l'Agenzia delle dogane e dei monopoli, in
funzione della sua competenza decisoria esclusiva al riguardo,
provvede a pianificare, tenuto conto degli interessi pubblici di
settore, ivi inclusi quelli connessi al consolidamento del relativo
gettito erariale, forme di progressiva ricollocazione dei punti della
rete fisica di raccolta del gioco praticato mediante gli apparecchi
di cui all'articolo 110, comma 6, lettera a), del testo unico di cui
al regio decreto n. 773 del 1931, che risultano territorialmente
prossimi a istituti scolastici primari e secondari, strutture
sanitarie ed ospedaliere, luoghi di culto. Le pianificazioni operano
relativamente alle concessioni di raccolta di gioco pubblico bandite
successivamente alla data di entrata in vigore della legge di
conversione del presente decreto e valgono, per ciascuna nuova
concessione, in funzione della dislocazione territoriale degli
istituti scolastici primari e secondari, delle strutture sanitarie ed
ospedaliere, dei luoghi di culto esistenti alla data del relativo
bando. Ai fini di tale pianificazione si tiene conto dei risultati
conseguiti all'esito dei controlli di cui al comma 9, nonche' di ogni
altra qualificata informazione acquisita nel frattempo, ivi incluse
proposte motivate dei comuni ovvero di loro rappresentanze regionali
o nazionali».
La predetta norma non trova applicazione alla fattispecie
all'esame del Collegio perche' le pianificazioni in funzione
limitativa operano relativamente alle concessioni di raccolta di
gioco pubblico bandite successivamente alla data di entrata in vigore
della legge di conversione del decreto-legge e valgono, per ciascuna
nuova concessione, in funzione della dislocazione territoriale degli
istituti scolastici primari e secondari, delle strutture sanitarie ed
ospedaliere, dei luoghi di culto esistenti alla data del relativo
bando.
Pur tuttavia non si tiene conto nella predetta disciplina delle
autorizzazioni gia' rilasciate fuori da ogni pianificazione e che
hanno determinato il grave pregiudizio per la salute pubblica
riconosciuto dallo stesso legislatore e che rende viepiu' evidente
che le norme previgenti violano i precetti costituzionali degli artt.
32 ed in particolare 118 della Costituzione secondo cui «le funzioni
amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne
l'esercizio unitario, siano conferite a Province, Citta'
metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di
sussidiarieta', differenziazione ed adeguatezza. I Comuni, le
Province e le Citta' metropolitane sono titolari di funzioni
amministrative proprie e di quelle conferite con legge statale o
regionale, secondo le rispettive competenze».
Per un diretto riconoscimento costituzionale del ruolo dei Comuni
la Corte costituzionale si e' pronunciata con la recente sentenza 26
gennaio 2012, n. 14. Il Comune, infatti, nell'esercizio della propria
potesta' di pianificazione del territorio e delle attivita'
economiche che possono interferire con la salute e gli interessi ad
un equilibrato ambiente urbano, puo' individuare limitazioni e
destinazioni ulteriori e diverse rispetto a quelle predefinite dalla
legislazione nazionale e regionale, risultando detta facolta' in
linea con autonomia riconosciuta anche ai Comuni nel nuovo assetto
delle competenze conseguente alla modifica del titolo V della
Costituzione, e segnatamente con la potesta' regolamentare loro
riconosciuta dall'art. 117, comma 6, della Costituzione.
Quanto alla potenziale violazione dell'art. 32 della Costituzione
la normativa vigente non tutela la salute pubblica, contrastando la
«ludopatia», dal momento che la funzione pubblica relativa non tiene
conto delle autorizzazioni all'uso di apparecchiature per il gioco
d'azzardo rilasciate in data anteriore alla disciplina di conversione
del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158.
Il Collegio ritiene, pertanto, non manifestamente infondata e
rilevante ai fini della decisione del gravame la questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 50, comma 7, del d.lgs. 18
agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli
enti locali) e dell'art. 31, comma 1 decreto-legge n. 201 del 2011,
convertito nella legge n. 214 del 2011, nella parte in cui
determinano una situazione di assenza di principi normativi a
contrasto della patologia ormai riconosciuta della «ludopatia» ed
esdudono la competenza dei Comuni ad adottare atti normativi e
provvedimentali volti a limitare l'uso degli apparecchi da gioco di
cui al comma 6 dell'art. 110 del R.D. 18 giugno 1931, n. 773
(Approvazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza) in
ogni esercizio a cio' autorizzato ai sensi dell'art. 86 dello stesso
testo di legge, per violazione degli artt. 118 e 32 della
Costituzione.
Visto l'art 23 della legge costituzionale n. 87/1953;
Riservata ogni altra decisione all'esito del giudizio innanzi
alla Corte costituzionale, alla quale va rimessa la soluzione
dell'incidente di costituzionalita'.