LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE 
 
    Nel giudizio tributario  n.  305/07  (+  89/12  +  90/12)  R.G.R.
promosso da IN.PRO.MA. -  INDUSTRIA  PRODUZIONE  MANGIMI  S.r.l.,  in
persona del legale rappresentante M.  Riva,  rappresentata  e  difesa
dagli  Avv.  M.  Ternavasio  di  Bra  e  M.   Pizzetti   di   Torino,
elettivamente domiciliata presso l'Avv. G.  Lazzari  in  Cuneo,  C.so
Carlo Emanuele III n. 7 ricorrente contro COMUNE DI CERESOLE  D'ALBA,
in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dal dr. F.
Balocco di Alba e dall'Avv.  P.G.  Coppa  di  Alba  ed  elettivamente
domiciliato presso lo studio dei medesimi in Alba, Piazza  Cristo  Re
n. 14 resistente e  contro  G.E.C.  GESTIONE  ESAZIONI  CONVENZIONATE
S.p.a., in persona del legale rappresentante pro  tempore  Avv.  G.B.
Rocca, rappresentata e difesa dall'Avv.  C.  Rocca  ed  elettivamente
domiciliata presso  il  recapito  dello  stesso  in  Cuneo,  C.so  IV
Novembre n. 18, presso GEC Spa resistente. 
    La  IN.PRO.MA  spa  ha  chiesto  l'annullamento  dell'avviso   di
accertamento - liquidazione del 1° marzo  2007  (305/07  RGR)  emesso
dalla G.E.C. spa per conto dell'Ente impositore, COMUNE  DI  CERESOLE
D'ALBA, con il quale le e' stato  ingiunto  di  pagare  la  somma  di
€ 78.157,50 per Contributo per l'anno 2006 ex art. 16, comma 4,  L.R.
24 ottobre 2002 n. 24 quale gestore di impianto di  pretrattamento  e
di trattamento  di  scarti  animali  ad  alto  rischio  e  a  rischio
specifico di BSE. La ricorrente sostiene che  la  norma  della  legge
regionale sopra citata contrasta con gli artt. 119, 117, c. 2 lett e)
e 117 c. 4 e con gli artt. 117, c. 2,  lett.  s)  e  117,  c.  3,  in
correlazione all'art. 119 della Costituzione e  ha  chiesto  che  gli
atti venissero rimessi alla Corte costituzionale per la dichiarazione
di incostituzionalita' della norma stessa. 
    Con ordinanza del 9 luglio 2008 questa Commissione ha ordinato la
trasmissione degli  atti  alla  Corte  costituzionale  disponendo  la
sospensione del giudizio e, ex art 47 D.Lgs 31 dicembre 1992 n.  546,
dell'esecutivita' dell'atto impugnato. 
    La Corte costituzionale, poiche' la Regione  Piemonte  aveva  nel
frattempo abrogato la  norma  in  questione,  con  ordinanza  del  20
novembre 2009 ha ordinato la restituzione degli atti a questa CTP per
una   nuova   valutazione   dei   presupposti    dell'incidente    di
costituzionalita' precisando che  "..la  Commissione  rimettente  e',
altresi', chiamata ad apprezzare l'incidenza, sulla  questione  dalla
stessa prospettata,  di  quanto  statuito  da  questa  Corte  con  la
sentenza n. 102 del 2008, secondo cui, nell'esercizio  dell'autonomia
tributaria di cui all'art.  119  della  Costituzione  'le  Regioni  a
statuto ordinario sono  assoggettate  al  duplice  limite  costituito
dall'obbligo di  esercitare  il  proprio  potere  di  imposizione  in
coerenza con i principi fondamentali di coordinamento e  dal  divieto
di istituire o disciplinare tributi gia' istituiti da legge statale o
di  stabilirne  altri  aventi  lo  stesso  presupposto,  almeno  fino
all'emanazione della legislazione statale di coordinamento  (punto  5
del Considerato in diritto); 
    che al tempo stesso si appalesa necessario considerare la recente
giurisprudenza relativa alla specialita' o meno degli scarti  animali
rispetto  alla  generalita'  dei  rifiuti,  anche  alla  luce   della
normativa comunitaria e nazionale in materia". 
    La IN.PRO.MA, con memoria dell'11 febbraio 2010, ha osservato che
la Corte costituzionale aveva  in  sostanza  richiesto  alla  CTP  di
precisare alcuni punti e ha ribadito le  ragioni  che,  a  suo  dire,
permettevano di ritenere perdurante  la  rilevanza  del  sospetto  di
incostituzionalita' dell'art. 16, c. 4, LRP 24/2002, la rilevanza  di
tale sospetto, l'importanza della sentenza n.  102/2008  della  Corte
costituzionale  e  l'interpretazione  che  poteva  esser  data   alla
giurisprudenza di legittimita' sugli scarti animali evidenziata dalla
Corte costituzionale. 
    Il COMUNE DI CERESOLE D'ALBA ha chiesto la reiezione del  ricorso
perche' le censure di incostituzionalita' sollevate  sono  infondate:
quella di violazione dell'art. 119  della  Costituzione  perche',  in
assenza di legislazione statale sul  punto,  un  tributo  in  materia
sarebbe unicamente soggetto ai "principi generali" (sent. C. Cost. 12
dicembre  2004  n.  372);  quella  ex  art.  117  perche'  la  tutela
dell'ambiente, riservata a legge  dello  Stato,  e'  solo  uno  scopo
accessorio della norma contestata. 
    In particolare il COMUNE ha rilevato che la Corte  costituzionale
nell'ordinanza 309/2009 del 20 novembre 2009 ha invitato  questa  CTP
ad apprezzare l'incidenza sulla questione prospetta di due  punti  in
particolare. 
    In merito  al  primo  punto  evidenziato  nell'ordinanza  del  20
novembre 2009 della Corte costituzionale (limiti  e  divieti  per  il
potere impositivo delle Regioni) ha citato la  sentenza  n.  102/2008
(in materia di leggi in materia fiscale della Regione  Sardegna)  che
ha tra l'altro riconosciuto la facolta' per le Regioni di  legiferare
in materia fiscale: 
        1°) per le limitate ipotesi di tributi per la  maggior  parte
"di scopo" o "corrispettivi", aventi presupposti  diversi  da  quelli
statali 
        2°) se i tributi regionali non hanno gli  stessi  presupposti
di quelli statali 
        3°)  anche  in  mancanza  di  un'apposita  legge  statale  di
coordinamento se, oltre  a  rispettare  la  Costituzione,  rispettano
anche i principi dell'ordinamento o almeno (sent. 372/2004)  in  caso
di inerzia del  legislatore,  attenendosi  ai  principi  fondamentali
comunque desumibili dall'ordinamento. 
    In merito al secondo punto (recente giurisprudenza relativa  alla
specialita' o meno degli scarti animali rispetto alla generalita' dei
rifiuti), la L.R. 24/2002 ("I soggetti  che  gestiscono  impianti  di
pre-trattamento e di trattamento di scarti animali  corrispondono  ai
comuni sedi degli impianti un contributo")  prevedeva  l'applicazione
del  Contributo  agli  scarti   animali   a   prescindere   da   ogni
qualificazione giuridica degli  stessi.  La  IN.PRO.MA  non  effettua
alcuna attivita' di recupero degli scarti in questione,  ma  provvede
allo   smaltimento   e    alla    distruzione    ricavando    energia
dall'incenerimento e quindi un'ulteriore attivita' propria. 
    Il COMUNE resistente ha illustrato poi la  normativa  comunitaria
nella materia de quo (Regolamento CE n. 1774/2002) che, tra  l'altro,
prevede  per   gli   scarti   animali   trattati   dalla   IN.PRO.MA.
l'eliminazione diretta  "come  rifiuti  mediante  incenerimento"  con
assoluta   preclusione   della   possibilita'   di   recuperarli    o
riutilizzarli. 
    La normativa italiana (art. 185  d.lgs.  n.  152/2006,  in  parte
riformulato dall'art. 13, 1° comma, d.lgs. 3 dicembre  2010  n.  205)
esclude, tra l'altro, dall'ambito di  applicazione  della  disciplina
relativa ai  rifiuti  "i  sottoprodotti  di  origine  animale"  e  le
"carcasse di animali morti per cause diverse dalla macellazione". 
    I materiali trattati dalla IN.PRO.MA. non sono secondo il  COMUNE
"sottoprodotti" difettando i requisiti di legge (art. 184-bis, 1° c.,
d.lgs. n. 152/2006)  e  comunque,  anche  se  fossero  sottoprodotti,
sarebbero destinati tassativamente  all'incenerimento.  Neppure  sono
"carcasse di animali morti  per  cause  diverse  dalla  macellazione"
("carogne" secondo la previdente normativa) come stabilito  da  Cass.
Pen. 4 novembre 2008 n. 45057. 
    Gli scarti animali a rischio BSE trattati dalla  ricorrente  sono
quindi  estranei  alla  portata  derogatoria  dell'art.  185   d.lgs.
152/2006. 
    Il COMUNE ha citato poi le  tre  note  sentenze  della  Corte  di
Cassazione penale (sent. 26 gennaio 2007 n. 21676; sent.  4  novembre
2008 n. 45057; sent. 5 febbraio 2009 n. 12844) che hanno riconosciuto
rispettivamente: 
        a) l'esistenza di un ambito di applicazione concorrente della
disciplina comunitaria e di quella nazionale in quanto il Regolamento
CE 
        b) il fatto che le "carogne" rientrano nei rifiuti, sottratte
alla  disciplina  generale  sui   rifiuti   se   qualificabili   come
sottoprodotti del processo di macellazione 
        c)   gli   scarti   di   origine   animale   sono   sottratti
all'applicazione della normativa in materia  di  rifiuti  e  soggetti
solo  al  regolamento  CE  1774/2002  solo  se   qualificabili   come
sottoprodotti, ex art 183, comma 1 lett n,  d.lgs.  152/2006,  mentre
negli altri casi nei quali il  produttore  se  ne  sia  disfatto  per
destinarli allo smaltimento restano soggetti alla disciplina del T.U.
in materia ambientale. 
    Secondo il COMUNE resistente, la norma istitutiva del  contributo
in  questione  rispetta  i   principi   dell'ordinamento   tributario
stabiliti dal legislatore statale e, cio' nonostante, ha  presupposto
diverso rispetto ai preesistenti tributi. 
    Sul primo punto, si tratta sempre di smaltimento,  sia  pure  con
modalita' particolari, e quindi gli scarti animali devono  soggiacere
ai principi stabiliti dal legislatore (commi XXIV e segg.  Art  3  L.
549/1995) e il contributo risulta contiguo, finalisticamente analogo,
ma mai sovrapponibile al tributo regolato dalla suddetta norma,  come
emerge dalla comparazione soprattutto di fine, soggetto passivo, base
imponibile ed ammontare. 
    Sul secondo va detto  che  tributo  e  contributo  colpiscono  Io
smaltimento  di  materia  assoggettando  pero'  all'onere   economico
modalita' di smaltimento diverse, contigue e tassativamente  regolate
dalle leggi applicabili in materia. E quindi sussiste  la  diversita'
di  presupposto  che  legittima  l'introduzione  di  un  nuovo  onere
economico  non  espressamente  previsto  dal  legislatore  nazionale.
Infine, il Contributo in questione mira a fornire  agli  enti  locali
interessati alle conseguenze delle attivita' pregiudizievoli un mezzo
per  sostenere  le  spese  che  ne  derivano  ed  ha  quindi   natura
corrispettiva e compensativa. Trattandosi di  tributo  "di  scopo"  o
"corrispettivo"  rientra  nel  potere  esclusivo  della  Regioni   di
autodeterminazione del prelievo (C. Cost. n. 102/2008). 
    Anche la G.E.C. si  e'  costituita  in  causa  e  ha  chiesto  la
reiezione del ricorso essendo lei incaricata solo della riscossione e
non avendo titolo a replicare alle  doglianze  della  IN.PRO.MA.  che
comunque ritiene siano infondate. 
    Con ricorso del 20 gennaio 2012 n. 89/12 RGR) IN.PRO.MA.  ha  poi
chiesto  l'annullamento  previa   sospensione   dell'ingiunzione   di
pagamento n. 20110327205394637000, del 16 novembre 2011 con la  quale
la GEC Spa, per conto dell'ente impositore COMUNE DI CERESOLE D'ALBA,
le ha ingiunto di pagare la somma di  € 129.948,00,  oltre  interessi
per € 7.960,65, quale contributo dovuto ex art. 16,  comma  4,  Legge
Regionale Piemonte 24 ottobre 2002 n. 24, come  modif.  dalla  L.R.P.
2/2003 per l'anno 2007, previa sospensione del giudizio e  rimessione
alla Corte costituzionale ex art 134 L 11 marzo 1958 n. 57. 
    Con un ulteriore ricorso (n. 90/12 RGR) la IN.PRO.MA ha impugnato
un provvedimento del COMUNE che aveva quantificato in € 29.563,68  la
sanzione per l'omesso versamento del contributo 2007. 
    Sostiene la ricorrente che, avendo la L.R. 30 settembre  2009  n.
28 soppresso il 4° comma, art. 16 sopra citato, non deve  piu'  alcun
contributo al COMUNE e ricorda che gia' con il ricorso del  2  maggio
2007 del quale si e' detto si  era  opposta  ad  analoga  ingiunzione
della GEC, per conto  dell'ente  impositore,  che  aveva  chiesto  il
pagamento del contributo, di € 78.157,50, per il 2006. 
    Con motivi aggiunti del 21 gennaio 2012 la IN.PRO.MA. ha eccepito
la violazione dell'art. 2 R.D. 639 del 14 aprile 2010 e dell'art. 36,
c. 2, lett a) del D.L. 31  dicembre  2007  n.  248  e  la  violazione
dell'art. 2-quater, comma 1-quinquies, D.L.  564/1994  in  quanto  la
suddetta rimessione degli atti alla Corte costituzionale  faceva  si'
che il credito di cui all'ingiunzione qui impugnata non fosse  certo,
liquido ed esigibile e  che  l'ingiunzione  fosse  stata  emessa  "in
carenza di potere". 
    Il 9 marzo 2012 si era intanto costituita anche in  questa  causa
la GEC Spa con comparsa di costituzione e risposta nella quale  aveva
concluso come in epigrafe rilevando che, nella sua qualita' di agente
della riscossione, non aveva titolo a replicare alle doglianze  della
ricorrente che, comunque, chiedeva fossero respinte  per  le  ragioni
esposte dal COMUNE DI CERESOLE nelle sue difese. 
    La Corte costituzionale, con ordinanza del 18-21 giugno  2012  ha
dichiarato  la  manifesta   inammissibilita'   della   questione   di
legittimita' costituzionale sollevata nel processo 305/07 RGR (per il
contributo 2006) rilevando, tra l'altro, che il  giudice  rimettente,
nel riproporre la questione, non  aveva  proceduto  alle  valutazioni
demandategli dalla Corte con la predetta  ordinanza,  in  particolare
rilevando  che  questa  Commissione:  a)  non  aveva  motivato  sulla
perdurante  rilevanza  della  questione,  b)  lasciava  irrisolta  la
questione della natura tributaria o  non  tributaria  del  denunciato
"contributo" regionale, c) non prendeva posizione  circa  l'incidenza
della  questione  dell'eventuale  specialita'  degli  scarti  animali
rispetto a quella della generalita'  dei  rifiuti,  d)  non  deduceva
alcun contrasto rispetto agli evocati parametri  omettendo  qualsiasi
censura quanto all'art. 117  Cost.  e  mostrandosi  perplesso  quanto
all'art. 119. 
    Dopo l'ordinanza della  Corte  costituzionale  del  18-21  giugno
2012, la ricorrente e  il  COMUNE  resistente  hanno  tempestivamente
depositato una memoria, riferita al giudizio 305/07 - 89/12  -  90/12
RGR, con nuove conclusioni la prima e riproponendo sostanzialmente le
sue ( giudizio 89/12 RGR) il secondo. 
    L'IN.PRO.MA. ha, in particolare, sostenuto che ben  e'  possibile
una nuova rimessione degli atti alla Corte costituzionale,  integrata
dagli elementi richiesti  dalla  Corte  stessa  affinche'  valuti  la
legittimita' costituzionale del citato art 16, c. 4, L.R. n. 24/2002. 
    E  ha,  tra  l'atro,  citato   diverse   pronunce   della   Corte
costituzionale che  hanno  ammesso  la  riproposizione  della  stessa
questione gia' ritenuta inammissibile quando  la  sua  pronuncia  sia
stata di carattere non decisorio e sia fondata su motivi  rinnovabili
dal giudice a quo. 
    Ha aggiunto poi che il fatto che la norma in questione sia  stata
abrogata non rende la questione irrilevante in quanto le  ingiunzioni
opposte si basano  su  detta  norma,  l'abrogazione  non  puo'  avere
efficacia  retroattiva  e  l'eventuale  giudizio  di   illegittimita'
costituzionale  porterebbe  alla  caducazione  dell'unico  fondamento
giuridico posto a base delle ingiunzioni. 
    La natura tributaria del "contributo"  era  gia'  stata  ritenuta
nella precedente ordinanza di rimessione di questa Commissione ed  e'
stata confermata, per un'ipotesi analoga, dalla recente  sentenza  n.
280/2011 della stessa Corte. 
    Quanto all'eventuale specialita' della  disciplina  sugli  scarti
animali rispetto a quella della generalita' dei rifiuti, ha osservato
la ricorrente che la  gestione  degli  scarti  dei  sottoprodotti  di
origine animale e' regolata dalla disciplina generale in  materia  di
rifiuti,   come   riconosciuto   dalla   giurisprudenza   penale   di
legittimita'. 
    Il  contrasto  della  norma  impugnata   con   i   parametri   di
legittimita' evocati sussiste perche' il tributo si pone, secondo  la
IN.PRO.MA., in contrasto con la disciplina costituzionale in  materia
di potesta' tributaria delle Regioni,  come  anche  ha  stabilito  la
sentenza C. Cost. 102/2008 che ha riconosciuto alle regioni, ai sensi
dell'art. 117, c. 4, Cost.,  potesta'  legislativa  esclusiva  per  i
"tributi di scopo" o "corrispettivi" aventi  presupposti  diversi  da
quelli degli esistenti tributi statali, ma a  condizione  che,  oltre
che  in  armonia  con  la   Costituzione,   rispettino   i   principi
dell'ordinamento tributario. 
    E le Regioni non possono incidere sul  tributo  speciale  per  il
deposito in discarica di rifiuti che e' un tributo che va considerato
statale e non "proprio" delle Regioni nel  senso  previsto  dall'art.
119 Cost. 
    Principio, fondamentale del sistema delineato dal tributo statale
e' quello di favorire la minor produzione di rifiuti  e  il  recupero
dagli stessi di materia prima e di energia. 
    L'art. 16, 4° c., L.R. su cui si basano le ingiunzioni opposte e'
in contrasto con tale ratio perche' prevede un'imposta  che  riguarda
la  fase  intermedia  del  trattamento  e   colpisce   soggetti   che
favoriscono una minor produzione  di  rifiuti  o  il  recupero  degli
stessi e quindi tendono al risultato voluto dal  legislatore  statale
con la L. 549/1995. 
    Il  legislatore  nega  implicitamente   che   le   attivita'   di
pretrattamento possano rappresentare il  presupposto  di  un  tributo
perche', soggette comunque ad un tributo, le imprese  che  esercitano
tale  attivita'  avrebbero  piu'  convenienza   a   provvedere   allo
smaltimento senza alcun pretrattamento. 
    Il tributo di cui si discute  e'  stato  introdotto  inoltre,  di
fatto, nella materia ambientale che l'art.  117  Cost.  riserva  allo
stato e quindi il piu' volte citato 4° c. art 16 L.R. viola,  ex  art
117, c. 2 lett  a)  e  3,  Cost.,  la  potesta'  legislativa  statale
esclusiva in materia ambientale e i principi posti dalla legislazione
statale in materia di valorizzazione dell'ambiente. 
    Con riferimento ai ricorsi RG n. 89/2012 e 90/2012  l'ingiunzione
di pagamento e'  illegittima  in  quanto  notificata  nella  pendenza
dell'espressa sospensione del procedimento e dunque e' basata  su  di
un atto che, sospeso in autotutela, non ha acquisito  l'efficacia  di
titolo esecutivo tale  da  consentire  la  riscossione  coattiva  dei
crediti. 
    E comunque e' nulla  ex  art.  11,  c.  2.  L.  212/2000  essendo
l'ingiunzione   stata   adottata   in   difformita'   rispetto   alle
comunicazioni fornite da IN.PRO.MA. 
    La sanzione per ritardato pagamento e' infine illegittima perche'
adottata in violazione dell'art. 13 D. Lgs 18 dicembre 1997 n. 471  e
dell'art. 3, c. 2, d.lgs. 18 dicembre 1997 n. 472. 
    Nella memoria  difensiva  del  21  novembre  2012  il  COMUNE  DI
CERESOLE  D'ALBA  ha  negato  che  la   questione   di   legittimita'
costituzionale (unica difesa - rileva  -  della  ricorrente)  potesse
essere riproposta alla Corte essendo stata dichiarata definitivamente
inammissibile dalla Corte  stessa.  Ha  citato  anche  giurisprudenza
costituzionale in tale senso che ribadisce che  in  presenza  di  una
decisione  fondata  su  motivi  non  rimuovibili  dal  remittente  e'
precluso a  quest'ultimo  proporre  una  seconda  volta  la  medesima
questione nello stesso grado di giudizio. Sarebbe possibile  solo  in
presenza di un quadro argomentativo sostanzialmente diverso. 
    I tre ricorsi (305/07, 89/12 e 90/12 RGR) sono stati  riuniti  da
questa Commissione all'udienza del 3 dicembre 2012. 
    Tutto cio' premesso, questa Commissione ritiene  che  l'ordinanza
del 18-21 giugno 2012  della  Corte  costituzionale  costituisca  una
pronuncia non sul merito della vicenda,  ma  di  carattere  decisorio
essendo basata su delle ragioni che il giudice a quo puo'  senz'altro
rimuovere (Corte Cost. 15 novembre 2012 n. 152)  riproponendo,  senza
porsi in contrasto con il disposto dell'art. 137 della  Costituzione,
la questione in modo tale da  eliminare  i  vizi  che  in  precedenza
impedivano  l'esame  del  merito  della  questione  seguendo   quindi
l'insegnamento  della  citata  sentenza  e  della  costante   copiosa
giurisprudenza  costituzionale  formatasi  sul  punto  (sentenza   n.
50/2006 e ordinanze n. 399/2002, n. 371/2004 e n.  317/2007,  fra  le
tante). 
    Poiche' deve ritenersi la possibilita' di  riproporre  in  questo
giudizio la questione alla luce  della  ragioni  dianzi  esposte,  la
Commissione  deve  quindi  stabilire  se  siano   rilevanti   e   non
manifestamente infondate le eccezioni di legittimita'  costituzionale
sollevate dalla ricorrente in merito all'art.  16,  c.  4,  L.R.  del
Piemonte 24 ottobre 2002 n. 24 e quindi deve, in  particolare,  anche
valutare come richiesto dalla Corte costituzionale: 
        1°) se perduri, nonostante l'abrogazione della norma ritenuta
incostituzionale a seguito dell' art. 21 L.R. 30 settembre 2008 n. n.
28,  la  rilevanza   della   proposta   questione   di   legittimita'
costituzionale. 
        2°) se quello che l'art. 16, c. 4, la L.R.  del  Piemonte  24
ottobre 2002 n.  24  definisce  "contributo"  sia  effettivamente  un
contributo o non piuttosto un tributo. 
        3°) se incide sulla questione l'eventuale  specialita'  degli
scarti animali rispetto a quella della generalita' dei rifiuti  anche
alla luce della normativa comunitaria e nazionale in materia. 
        4°) se sia ravvisabile un contrasto dell'art. 16, c. 4,  L.R.
cit. con gli evocati parametri di cui agli artt. 117, II c lett s)  e
119 Cost. 
    Si passera' quindi all'esame dei quattro punti cui sopra. 
        1°) se perduri, nonostante l'abrogazione della norma ritenuta
incostituzionale a seguito dell' art. 21 L.R. 30 settembre 2008 n. n.
28,  la  rilevanza   della   proposta   questione   di   legittimita'
costituzionale. 
    La GEC Gestione Esazioni Convenzionate, per conto del  Comune  di
Ceresole d'Alba, ha notificato  il  1°  marzo  2007  alla  IN.PRO.MA.
avviso di accertamento-liquidazione  ingiungendole  il  pagamento  di
€ 78.157,50,  oltre  spese,  per  l'attivita'  di  trattamento  e  di
trasformazione di scarti animali svolta nell'anno 2006. 
    Le ha poi notificato il 23 novembre 2011 ingiunzione di pagamento
di  € 137.930,65  in  relazione  all'attivita'  di  pretrattamento  e
trasformazione svolta nell'anno 2007. 
    La disposizione dell'art. 16, c. 4, L.R. Piemonte 24 ottobre 2002
n. 24 che prevede il contributo per l'esazione del quale  sono  stati
emessi i due provvedimenti e' stata abrogata  dall'art.  21  L.R.  30
settembre 2008 n. 28. 
    L'art. 16, c.  4,  della  succitata  L.R.  e'  pero'  applicabile
ratione temporis alla fattispecie oggetto del giudizio di  competenza
di questa Commissione, relativo, come si e'  visto,  alla  debenza  o
meno del contributo in  questione  per  annualita'  antecedenti  alla
detta abrogazione che non prevede un suo effetto retroattivo. 
        2°) se quello che l'art. 16,  c.  4,  L.R.  del  Piemonte  24
ottobre 2002 n.  24  definisce  "contributo"  sia  effettivamente  un
contributo o non piuttosto un tributo. 
    Vanno  qui   richiamati   i   criteri   elaborati   dalla   Corte
costituzionale (tra le tante: sent. n. 73/2005;  sent.  n.  334/2006;
sentenze n. 64 e 335/2008; sentenze  n.  141,  238  e  146/2009)  per
stabilire se un'entrata sia di natura tributaria che  consistono:  a)
nella doverosita' della  prestazione,  in  mancanza  di  un  rapporto
sinallagmatico tra le parti; b) nel collegamento di detta prestazione
alla spesa pubblica in relazione  ad  un  presupposto  economicamente
rilevante. 
    L'elemento costitutivo  del  criterio  sub  a)  sussiste  perche'
l'obbligo del pagamento del "contributo" e' stabilito direttamente ed
esclusivamente dalla legge regionale e non trova la sua fonte  in  un
rapporto sinallagmatico tra  le  parti  (  contratto,  convenzione  o
simili). 
    Ma anche il criterio sub b) e' da  ritenersi  rispettato  perche'
l'art. 16, c. 4, L.R. Piemonte 24 ottobre 2002 n.  24  non  prevedeva
espressamente la destinazione del "contributo":  le  finalita'  della
legge (art. 1)  erano  limitate  ad  una  generica  disciplina  della
gestione e della riduzione dei rifiuti, ma il comma 6 del  cit.  art.
14 prevedeva la possibilita' di aumentare il  contributo  di  cui  al
comma 4 e altri  per  destinare  la  maggior  somma  "parzialmente  o
totalmente a favore dei comuni  limitrofi  alla  sede  di  ubicazione
degli impianti di cui ai commi 1, 2, 3, 4 e 5, dei comuni interessati
dall'aumento del traffico veicolare conseguente all'attivazione degli
impianti nonche' dei comuni nei  quali  si  evidenzino  criticita'  a
causa dell'attivazione dei suddetti impianti". 
    In altre parole, qualora si fossero verificate delle "criticita'"
in altri comuni  a  causa  degli  impianti,  una  parte  del  maggior
"contributo" poteva essere versata agli stessi. 
    Sembra che se ne possa fondatamente  dedurre  che  il  contributo
fosse destinato a compensare il comune nel  quale  avevano  sede  gli
impianti per le "criticita'" che a causa degli stessi si sarebbero in
quel comune verificate e che, se se ne fossero  verificate  anche  in
comuni  limitrofi  o  comunque   interessati   dall'attivita'   degli
impianti, il "contributo" a favore del comune sede di questi  potesse
essere aumentato per compensare anche le criticita' di  quegli  altri
comuni. 
    Osserva ancora la Commissione che il fatto che il  contributo  in
questione  miri  a  fornire  agli  enti   locali   interessati   alle
conseguenze delle attivita' pregiudizievoli un mezzo per sostenere le
spese che ne derivano e' affermato dallo stesso  COMUNE  DI  CERESOLE
(pag.35  memoria  di  costituzione  del  30  novembre  2012)  ed   e'
confermato  dalle  difese  svolte  nel  giudizio  avanti  alla  Corte
costituzionale dalla Regione Piemonte nel  quale  essa  ha  sostenuto
(pag. 4 Ordinanza C. Cost. n. 156 del 18-21 giugno  2012)  che  scopo
del tributo sarebbe quello di "compensare, in funzione commutativa, i
costi di sviluppo, manutenzione e ammodernamento aggiuntivi a  carico
della  collettivita',  nonche'  quelli  relativi  alle  politiche  di
informazione ambientale e sociale conseguenti all'insediamento  degli
impianti". 
    Questa connotazione funzionale e il fatto che il prelievo  avesse
per  oggetto  l'attivita'  economica  di  gestione   degli   impianti
consentono di ritenere il contributo uno  strumento  di  riparto,  ai
sensi dell'art. 53 Cost., del carico della spesa pubblica in  ragione
della capacita' economica  manifestata  dai  soggetti  gestori  degli
impianti, come per ipotesi  analoga  (Sent.  n.  280/2011)  la  Corte
costituzionale ha gia' ritenuto. 
    Ritiene quindi la Commissione che possa dirsi che il "contributo"
in esame, rispondendo alle indicate  caratteristiche  essenziali  del
tributo, abbia natura fiscale. 
    Secondo l'insegnamento della Corte  costituzionale  che  si  puo'
trarre dalla citata sentenza emessa  per  ipotesi  analoga,  soggetti
passivi del "tributo" sono i gestori di impianti  come  quello  della
IN.PRO.MA., soggetti attivi sono i Comuni nei quali  hanno  sede  gli
impianti, il presupposto economicamente rilevante e' la gestione  dei
detti impianti e la base imponibile e' l'entita' in  chilogrammi  del
materiale trattato. 
        3°) se incide sulla questione l'eventuale  specialita'  degli
scarti animali rispetto a quella della generalita' dei rifiuti  anche
alla luce della normativa comunitaria e nazionale in materia. 
    Costantemente la Corte di Cassazione penale  ha  sempre  ritenuto
(V. da ultimo Cass. Pen. 15 dicembre 2011 n. 2710,  dep.  23  gennaio
2012) che il Regolamento  CEE  3/10/2002  n.  1774  non  si  pone  in
posizione di specialita', ma  bensi'  di  complementarieta',  con  la
normativa generale sui rifiuti di cui al D Lgs 3 aprile 2006 n.  152,
se non per i sottoprodotti ai sensi dell'art. 183, c. l°, lett. n), D
Lgs  3/4/2006  n.  152  cit.  non  destinati   allo   smaltimento   o
incenerimento. 
    Le sentenze 26/1/2007 n. 21676 e 4/11/2008 n. 45057  della  Corte
di Cassazione hanno riconosciuto rispettivamente: 
        d) l'esistenza di  un  ambito  di'  applicazione  concorrente
della disciplina comunitaria e  di  quella  nazionale  in  quanto  il
Regolamento CE "regola esclusivamente i profili sanitari e di polizia
veterinaria della fase  di  trasformazione  dei  rifiuti  di  origine
animale, con esclusione dei profili di gestione degli stessi rifiuti" 
        e) il fatto che le "carogne" rientrano nei rifiuti, sottratte
alla  disciplina  generale  sui   rifiuti   se   qualificabili   come
sottoprodotti del processo di macellazione "destinati  al  riutilizzo
certo  senza  trasformazioni  preliminari  e  senza  pregiudizio  per
l'ambiente" 
    Il trattamento e lo smaltimento di  scarti  animali  sono  quindi
disciplinati secondo la  giurisprudenza  di  legittimita',  che  pare
pienamente condivisibile, dal Reg 1774/2002  sotto  il  profilo  piu'
strettamente sanitario, ma sono assoggettati sotto  tutti  gli  altri
profili, alla generale disciplina dei rifiuti. 
    Gli scarti animali ad alto rischio e a rischio specifico  di  BCE
devono  essere  dalla   IN.PRO.MA.   necessariamente   inceneriti   o
coinceneriti, come la ricorrente ha sostenuto e  le  controparti  non
hanno contestato. 
    La disciplina CEE sugli scarti animali, se non come sottoprodotti
ai sensi dell'art. 183, c. 1°, lett. n), D Lgs 314/2006 non destinati
allo smaltimento o incenerimento,  quali  non  sono  quelli  trattati
dalla  IN.PRO.MA.,  non  puo'  quindi  essere  considerata   speciale
rispetto a quella della generalita' dei rifiuti. 
        4°) se sia ravvisabile un contrasto dell'art.  16  L.R.  cit.
rispetto agli evocati parametri di cui agli art. 117, IP c lett s)  e
119 Cost. 
    L'art. 119 della Costituzione stabilisce che  "Le  Regioni  hanno
autonomia finanziaria nelle forme e nei  limiti  stabiliti  da  leggi
della Repubblica". 
    La Corte costituzionale ha sempre interpretato  questo  parametro
(fra le tante: sentenze n. 271 e  272/1986;  sentenze  n.  204  e  n,
214/1987; sent. n. 294/1990; sent. n. 295/1993 e sent.  n.  355/1998)
sostenendo che quell'aspetto dell'autonomia finanziaria delle regioni
che  e'  costituito  dalla  loro  potesta'  legislativa  in   materia
tributaria non puo' essere legittimamente esercitato in  mancanza  di
una previa legge statale che definisca,  quanto  meno,  gli  elementi
essenziali del tributo. 
    Si tratta, in altre parole, di una potesta'  normativa  meramente
attuativa delle leggi statali e nel caso in esame non e'  rinvenibile
alcuna disposizione  di  legge  statale  che  abbia  attribuito  alla
Regione Piemonte la suddetta potesta'  normativa  di  attuazione  con
riferimento al denunciato prelievo tributario. 
    Sia  la  IN.PRO.MA,  sia  il  COMUNE  DI  CERESOLE  D'ALBA  hanno
richiamato a conforto delle  rispettive  tesi  la  nota  sentenza  n.
102/2008, in materia di tributi regionali istituiti dalla  Regione  a
statuto speciale Sardegna (artt. 2, 3 e 4 L n.  4/2006  e  art.  5  L
2/2007) sulla quale appare quindi opportuno in questa sede  un  breve
approfondimento anche  perche'  la  detta  sentenza  costituisce  una
preziosa summa dei fondamentali principi  che  emergono  dalla  carta
costituzionale in materia di potesta' impositiva delle regioni. 
    Va  subito   precisato   che   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale valutate da quella sentenza erano  state  proposte  in
riferimento agli artt. 117 e 119 Cost., ma in correlazione con l'art.
8 lett i (ora h) dello Statuto della Regione  Sardegna  che  consente
alla regione di istituire imposte e tasse sul turismo e altri tributi
propri che la regione ha facolta' di istituire con legge  in  armonia
con i principi del sistema tributario dello Stato. 
    Ma la Corte costituzionale oltre a stabilire che la  legislazione
tributaria della Regione Sardegna e' sottoposta all'unica  condizione
prevista dall'art. 8 lett i dello Statuto, di legiferare  in  armonia
con i principi del sistema  tributario  statale  ha  anche  fatto  un
preciso raffronto con le condizioni alle  quali  sono  sottoposte  le
regioni a statuto ordinario che "sono assoggettate al duplice  limite
costituito  dall'obbligo  di  esercitare   il   proprio   potere   di
imposizione in coerenza con i principi fondamentali di  coordinamento
e dal divieto di istituire o disciplinare tributi gia'  istituiti  da
legge statale o stabilirne altri aventi lo stesso presupposto, almeno
fino all'emanazione della legge statale di coordinamento". 
    Sull'ultimo punto la sentenza cita numerosi precedenti del  tutto
conformi: 451/2007; 413 - 417 - 75 e 2/2006; 455 -  397  e  335/2005;
431/2004. 
    E anche la limitata  facolta'  ex  art.  117,  4°  c.,  Cost,  di
stabilire tributi propri aventi presupposti  diversi  da  quelli  dei
tributi statali pure in  mancanza  di  una  legislazione  statale  di
coordinamento e' sempre subordinata, secondo la Corte, al fatto che i
detti tributi siano in armonia  con  la  Costituzione  rispettando  i
principi dell'ordinamento tributario  dello  Stato,  armonia  che  va
intesa come rispetto dello "spirito" del sistema tributario statale e
cioe' come coerenza e omogeneita' con tale sistema nel suo  complesso
e con i singoli istituti che lo compongono. 
    Orbene, puo' dirsi pacifico (C. Cost. sentenza n. 413/2006  sopra
citata) che "la disciplina per il deposito in discarica  dei  rifiuti
solidi rientra nella  competenza  esclusiva  dello  Stato,  ai  sensi
dell'art. 117, secondo colma, lett e) Cost." e quindi  si  tratta  di
"un tributo che va considerato statale e  non  gia'  "proprio"  della
Regione, nel senso di cui all'art. 119 Cost....". 
    Il tributo statale colpisce lo smaltimento finale in discarica  o
mediante incenerimento senza recupero di energia (art. 3, commi 24  e
ss., L n. 549/1995) mentre quello  regionale  colpisce  la  fase  del
trattamento, condizione per lo smaltimento  finale  con  recupero  di
energia, come non e' contestato in causa che la IN.PRO.MA. provveda a
fare ed anzi e' espressamente riconosciuto dal COMUNE (si  e'  dianzi
detto che nelle sue difese il resistente riconosce che la  IN.PRO.MA.
provvede allo smaltimento e alla distruzione  dei  rifiuti  ricavando
energia dall'incenerimento). 
    Ratio del tributo statale e' favorire  la  minore  produzione  di
rifiuti e il recupero di materia prima  e  di  energia  dagli  stessi
(comma  24  cit.).  Il  tributo  regionale,  che  colpisce  la   fase
intermedia  del  trattamento  indipendentemente  dal  fatto  che  sia
finalizzato alla trasformazione in rifiuto  dal  quale  possa  essere
recuperata materia prima o energia, oltre ad  avere  presupposti  non
diversi rispetto al tributo statale, si pone in netto  contrasto  con
le finalita' previste dalla legge statale. 
    Il tributo statale e' stato inoltre  istituito  in  una  materia,
quella ambientale che l'art. 117, c. 2, lett s), Cost.  riserva  allo
Stato - con la potesta' legislativa del quale la norma  impugnata  si
pone quindi in netto contrasto  -  in  quanto  il  trattamento  e  lo
smaltimento dei rifiuti solidi rientra a pieno titolo  nella  "tutela
dell'ambiente, dell'ecosistema" previsto dal cit. comma e  non  nella
semplice  valorizzazione  dei  beni  ambientali  prevista  dal  comma
successivo che, in ordine logico, presuppone la preventiva tutela dei
detti beni. 
    Anche con riferimento alle finalita' ambientali perseguite l'art.
16, c. 4, Legge Regionale del Piemonte n. 24/2002 e' quindi in  piena
antitesi con la normativa statale di cui alla L. n. 549/1995 per  cui
la norma  impugnata  si  pone  anche  in  contrasto  con  i  principi
fondamentali. 
    Altre tesi proposte  in  via  subordinata  dalla  ricorrente  nei
giudizi 89/12  e  90/12  RGR  vanno  valutate  in  quanto  potrebbero
incidere sulla rilevanza della proposta questione  di  legittimazione
costituzionale se fossero fondate e  quindi  accoglibili  e  tali  da
consentire di definire altrimenti il giudizio, ma fondate non lo sono
e non consentirebbero, se accolte,  di  definire,  tutte  le  domande
formulate nei ricorsi presentati. 
    Si tratta della tesi secondo la quale l'ingiunzione di  pagamento
del tributo 2007 sarebbe nulla od annullabile perche'  notificata  in
pendenza dell'espressa sospensione del procedimento disposta  in  via
di autotutela  dal  COMUNE  "fino  alla  data  di  definizione  della
legittimita' costituzionale della norma che prevede il contributo". 
    I  provvedimenti  di  autotutela  sono  connotati  da  una  piena
discrezionalita' nella fase della loro emissione e, se consistono  in
provvedimenti di annullamento, come solitamente avviene, non  possono
essere  revocati  e  l'atto  cosi'  annullato  puo'  essere  riemesso
soltanto se sussistono nuovi validi motivi e se non e' maturato alcun
termine di decadenza. 
    Il provvedimento di autotutela del COMUNE aveva pero' nel caso in
esame  semplicemente  natura  interlocutoria  ed  era  stato   emesso
verosimilmente piu'  che  per  "salvaguardia  degli  interessi  della
Ricorrente" per salvaguardia del Comune da possibili  responsabilita'
contabili,  Avvicinandosi  il  termine  di  decadenza  il  Comune  ha
ritenuto di  revocare,  di  fatto,  il  provvedimento  di  autotutela
emettendo l'ingiunzione di pagamento per contributo 2007. 
    In ogni  caso,  la  richiesta  di  annullamento  dell'ingiunzione
relativa al contributo 2007 per mancanza di titolo  conseguente  alla
detta sospensione e' stata  chiesta  dalla  ricorrente  solo  in  via
subordinata, nel caso di mancata riproposizione  della  questione  di
legittimita'   costituzionale   ed   inoltre   comunque   l'eventuale
accoglimento della domanda di  annullamento  o  di  dichiarazione  di
nullita' della detta ingiunzione  non  impingerebbe  sulla  validita'
dell'ingiunzione per il contributo 2006 oggetto del ricorso rubricato
sub 305/2007  RGR  in  merito  al  quale  solo  la  dichiarazione  di
illegittimita' costituzionale  dell'art.  16,  c.  4,  cit.  potrebbe
portare alla caducazione dell'unico  motivo  fondante  delle  domande
della ricorrente. 
    La IN.PRO.MA ha sostenuto inoltre l'illegittimita' della sanzione
applicata per il tributo 2007 che avrebbe violato l'art. 13  D.  Lgs,
471/1997 e l'art. 3, c. 2,  d.lgs.  472/1997,  ma  evidentemente  una
decisione sul punto  lascerebbe  impregiudicata  la  rilevanza  della
questione sulla debenza o meno del tributo e quindi,  visti  anche  i
motivi esposti a proposito della precedente eccezione,  non  potrebbe
incidere sulla rilevanza della prospettata questione di  legittimita'
costituzionale. 
    Concludendo questa Commissione  ritiene,  sulla  base  di  quanto
sopra  esposto,  che  il   giudizio   non   possa   essere   definito
indipendentemente dalla risoluzione della questione  di  legittimita'
costituzionale sollevata dalla ricorrente dell'ad 16, c. 4,  L.R.  n.
24/2002 con riferimento agli artt. 119, 117, c. 2 lett e) e 117,c. 4,
Cost. ed agli artt. 117, c. 2 lett s) e 117  n.  3,  in  correlazione
all'art.  119  della  Costituzione  che  appare  non   manifestamente
infondata 
    Il procedimento deve  quindi  esser  sospeso  e  gli  atti  vanno
trasmessi alla Corte costituzionale che potra' quindi anche  valutare
se  la  norma  sospettata  di  incostituzionalita'  violi  le   norme
costituzionali sopra richiamate