Ricorso  per  il   Presidente   del   Consiglio   dei   ministri,
rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato
presso i cui uffici e' domiciliato in Roma alla via  dei  Portoghesi,
12; 
    Contro la Regione Basilicata, in  persona  del  Presidente  della
Giunta Regionale pro-tempore per la  declaratoria  di  illegittimita'
costituzionale della legge Regionale della Basilicata 30 aprile 2014,
n. 7, art. 10, commi 2, 3 e 4, e 29 come da  delibera  del  Consiglio
dei ministri in data 20 maggio 2014. 
    1. Sul B.U.R. 30 aprile 2014 n. 13 e' stata pubblicata  la  legge
Regionale 30 aprile 2014  n.  7  recante  «collegato  alla  legge  di
bilancio 2014-2016». 
    2. Il  Presidente  del  Consiglio  ritiene  che  tale  legge  sia
censurabile relativamente alle disposizioni di cui all'art. 10, commi
2,  3  e  4,  e  all'art.  29  e,  pertanto,  propone  questione   di
legittimita' costituzionale ai sensi dell'art. 127 comma 1 Cost.  per
i seguenti 
 
                             M O T I V I 
 
    3. L'art. 10 della legge in esame apporta modifiche agli articoli
7 e 8 della legge R. Basilicata n.  13/2005  recante  «norme  per  la
protezione dei boschi dagli incendi». 
    In particolare, tale disposizione integra, con il comma 1, l'art.
7,  comma  1,  della  legge  regionale  n.  13/2005  introducendo  il
«eliminare mediante abbruciamento  i  residui  vegetali,  cosi'  come
definiti dall'art. 184 comma 3, lettera e) e  comma  3,  lettera  del
decreto legislativo n. 152/2006» e al contempo: 
        a) con il comma 2 (che modifica l'art. 7, lettera b), comma 2
della legge regionale n. 13/2005), prevede una deroga a tale divieto,
consentendo  l'eliminazione  mediante  abbruciamento   dei   «residui
vegetali provenienti dai lavori di  forestazione,  in  esecuzione  di
Piani di Forestazione nel rispetto di  quanto  previsto  dall'art.  8
comma 8 della legge regionale n. 13/2005»; 
        b) con successivo comma 4  (che  aggiunge  all'art.  8  della
legge regionale n. 13/2005 il comma 8) subordina «la combustione  dei
residui  vegetali  derivanti  dall'attuazione  dei  soli   piani   di
forestazione» ad alcune condizioni poste «a  tutela  della  salute  e
dell'ambiente» concernenti, per lo piu', le  condizioni  atmosferiche
in cui e' necessario operare e le quantita'  massime  di  residui  da
sottoporre alle procedure di abbruciamento; 
        c) con il comma 3, (che modifica  l'art.  8,  comma  3  della
legge regionale n. 13/2005), consente  l'abbruciamento  dei  «residui
della potatura delle coltivazioni legno» e dei  «complessi  boscati»,
anche se solo «per esigenze di carattere  fitosanitario  al  fine  di
eliminare fonti di diffusione di organismi nocivi per le piante e per
l'uomo, nonche' (ne,i casi in cui il loro accumulo possa provocare un
rischio per gli incendi». 
    4. Orbene, le anzidette disposizioni si pongono in contrasto  con
il decreto legislativo  3  aprile  2006  n.  152  (che  recepisce  la
normativa comunitaria in materia di rifiuti e, in particolare, con le
sue successive modifiche e  integrazioni,  la  direttiva  comunitaria
2008/98/CE). 
    5. Il decreto legislativo n. 152/2006, invero: 
        a) definisce «rifiuto» «qualsiasi sostanza od oggetto di  cui
il detentore si disfi o  abbia  l'intenzione  o  abbia  l'obbligo  di
disfarsi» (art. 183, comma 1, lettera a) e contempla espressamente «i
rifiuti vegetali provenienti da aree verdi, quali giardini, parchi  e
aree cimiteriali» tra i rifiuti urbani (art. 184, comma 2, lettera e)
e «i rifiuti da attivita' agricole e agro-industriali, ai sensi e per
gli effetti dell'art. 2135 del c.c.» tra i rifiuti speciali; 
        b) dispone, con l'art. 184-bis, che: 
        «E' un sottoprodotto e non un rifiuto  ai  sensi  dell'  art.
183, comma 1, lettera a), qualsiasi sostanza od oggetto che  soddisfa
tutte le seguenti condizioni: 
        a) la sostanza o l'oggetto e' originato  da  un  processo  di
produzione, di cui costituisce  parte  integrante,  e  il  cui  scopo
primario non e' la produzione di tale sostanza od oggetto; 
        b) e' certo che la sostanza o l'oggetto sara' utilizzato, nel
corso dello stesso o di un successivo processo  di  produzione  o  di
utilizzazione, da parte del produttore o di terzi; 
        c)  la  sostanza   o   l'oggetto   puo'   essere   utilizzato
direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla  normale
pratica industriale; 
        d) l'ulteriore  utilizzo  e'  legale,  ossia  la  sostanza  o
l'oggetto soddisfa,  per  l'utilizzo  specifico,  tutti  i  requisiti
pertinenti riguardanti i prodotti e  la  protezione  della  salute  e
dell'ambiente  e  non  portera'  a   impatti   complessivi   negativi
sull'ambiente o la salute umana». 
        c) esclude, con l'art. 185, comma 1, lettera f), dal campo di
applicazione della normativa sul rifiuti «paglia, sfalci e  potature,
nonche' altro materiale agricolo o forestale naturale non  pericoloso
utilizzati in agricoltura, nella selvicoltura o per la produzione  di
energia da biomassa, mediante processi o metodi che  non  danneggiano
l'ambiente ne' mettono in pericolo la salute umana». 
    6. Sembra del tutto evidente, quindi,  che  i  «residui  vegetali
provenienti dai lavori di forestazione» e i  residui  della  potatura
delle coltivazioni legno» e dei «complessi boscati»: 
      a)  non  sono  sottoprodotti,   in   quanto   la   nozione   di
sottoprodotto dettata dall'art. 184-bis del  decreto  legislativo  n.
152/2006 si incentra sulla certezza di un riutilizzo che non  produca
impatti negativi sull'ambiente o sulla salute umana. 
    Cfr., in proposito, la sentenza 11 novembre 2004, causa C-457/02,
Niseili, della Corte di Giustizia CE, la quale ha precisato (v. punti
n. 44-45) che: 
      pur potendosi ammettere «un'analisi secondo la quale  un  bene,
un materiale  o  una  materia  prima  derivante  da  un  processo  di
fabbricazione o di estrazione che non e' principalmente  destinato  a
produrlo puo' costituire non un residuo, bensi' un sottoprodotto, del
quale l'impresa non ha intenzione di "disfarsi"»,  «tuttavia,  tenuto
conto dell'obbligo di interpretare in maniera estensiva la nozione di
rifiuti, per limitare gli inconvenienti o i danni inerenti alla  loro
natura, il ricorso a tale argomentazione, relativa ai  sottoprodotti,
deve essere circoscritto alle situazioni in cui il riutilizzo  di  un
bene, di un materiale o di una materia prima non sia solo  eventuale,
ma certo, senza  previa  trasformazione,  e  avvenga  nel  corso  del
processo di produzione». 
      b) non possono essere esclusi dal campo di  applicazione  della
parte IV del decreto legislativo n. 152/2006 ai sensi dell'art.  185,
comma 1, lettera  f)  stesso  decreto  legislativo,  in  quanto  tale
esclusione si incentra sul successivo utilizzo dei materiali agricoli
ivi  contemplati  mediante  processi  o  metodi  che  non  danneggino
l'ambiente e non mettano in pericolo la salute umana. 
      Cfr. in proposito il punto n. 32 della sentenza della  sentenza
della Corte di  Giustizia  CE,  la  quale  ha  ribadito  il  pacifico
principio secondo cui «l'ambito  di  applicazione  della  nozione  di
rifiuto dipende dal  significato  del  verbo  «disfarsi».  Esso  deve
essere interpretato alla luce della finalita' della direttiva 75/442,
che, ai sensi del suo terzo «considerando», e' la tutela della salute
umana e dell'ambiente contro gli effetti nocivi della  raccolta,  del
trasporto, del trattamento, dell'ammasso e del deposito dei  rifiuti,
ma anche alla luce dell'art. 174, n.  2,  CE,  secondo  il  quale  la
politica della Comunita' in materia  ambientale  mira  a  un  elevato
livello di tutela ed e' fondata in  particolare  sui  principi  della
precauzione e dell'azione preventiva». 
    7. In definitiva, i «residui vegetali provenienti dai  lavori  di
forestazione» e i residui della potatura delle coltivazioni legno»  e
dei «complessi  boscati»  contemplati  dalle  disposizioni  regionali
impugnati costituiscono - salvo il caso di un loro  utilizzo  con  le
modalita' e i limiti prescritti dagli articoli 184-bis e  185,  comma
1, lettera f)  decreto  legislativo  n.  152/2006  -  veri  e  propri
rifiuti, e sono quindi assoggettati alle  prescrizioni  di  cui  alla
parte IV dello stesso decreto legislativo, e in particolare: 
      a) all'art. 179, primo comma,  secondo  cui  «la  gestione  dei
rifiuti  avviene  nel   rispetto   della   seguente   gerarchia:   a)
prevenzione; b) preparazione per il riutilizzo;  c)  riciclaggio;  d)
recupero di altro tipo,  per  esempio  il  recupero  di  energia;  e)
smaltimento»; 
      b) all'art. 182, che disciplina lo smaltimento dei rifiuti. 
    8. Poiche' con la parte IV del decreto legislativo n. 152/2006 il
legislatore ha puntualmente  recepito  le  direttive  comunitarie  in
materia  di  rifiuti  (da  ultimo,  la  direttiva   2008/98/CE),   le
disposizioni regionali impugnate violano  l'art.  117,  primo  comma,
Cost., secondo cui «la potesta' legislativa e' esercitata dallo Stato
e  dalle  Regioni  nel   rispetto   [...]   dei   vincoli   derivanti
dall'ordinamento comunitario». 
    9. Inoltre, poiche' la  disciplina  dei  rifiuti  afferisce  alla
materia di tutela dell'ambiente, le disposizioni regionali  impugnate
violano l'art. 117, secondo comma, lettera s) Cost., che  attribuisce
tale materia alla legislazione esclusiva dello Stato. 
    10. Pertanto le Regioni non possono derogare alle  norme  statali
che disciplinano la materia, neppure in via sussidiaria. 
    Cfr., in proposito, la sentenza n.  249/2009  di  codesta  ecc.ma
Corte ove si evidenzia che: 
      a)  «il  carattere  trasversale  della  materia  della   tutela
dell'ambiente, se da un lato legittima la' possibilita' delle Regioni
di  provvedere  attraverso  la  propria  legislazione   esclusiva   o
concorrente in relazione a temi  che  hanno  riflessi  sulla  materia
ambientale,  dall'altro  non  costituisce  limite   alla   competenza
esclusiva dello Stato a  stabilire  regole  omogenee  nel  territorio
nazionale per procedimenti e competenze  che  attengono  alla  tutela
dell'ambiente e alla salvaguardia del territorio». 
      b) «la disciplina dei  rifiuti  si  colloca  nell'ambito  della
tutela  dell'ambiente  e  dell'ecosistema,  di  competenza  esclusiva
statale  ai  sensi  dell'art.  117,  comma  2,  lettera   s),   della
Costituzione, anche se interferisce con altri interessi e competenze»
e, pertanto, poiche' rientra In una materia che, per la molteplicita'
dei settori di intervento, assume una struttura complessa, riveste un
carattere  di   pervasivita'   rispetto   anche   alle   attribuzioni
regionali». 
    11. In conclusione le norme introdotte dall'art. 10, commi 2,  3,
e 4 della legge regionale in esame,  dettando  disposizioni  difformi
dagli articoli 183, 184, 184-bis e 185, comma 1, lettera del  decreto
legislativo n. 152/2006 che  afferisce  alla  materia  della  «tutela
dell'ambiente e dell'ecosistema» e recepiscono le previsioni  di  cui
alla direttiva 2008/98/CE, si pongono in  violazione  dell'art.  117,
primo e secondo comma, lettera s), Costituzione. 
    12. L'art. 29 della legge regionale n. 7/2014 modifica l'art.  4,
comma 1, della precedente legge regionale n.  4/2014,  disponendo  il
trasferimento nei ruoli organici della  Regione  Basilicata  o  degli
altri enti strumentali da essa dipendenti (in precedenza previsto per
il solo personale a tempo indeterminato della Agenzia  della  Regione
Basilicata per te Erogazioni  in  Agricoltura  -  ARBEA-)  anche  del
personale a tempo determinato, purche' nei ruoli  di  altra  pubblica
amministrazione. 
    13. Tale norma e' illegittima in quanto - ponendosi in  contrasto
con le disposizioni dell'art. 30, comma 1, del decreto legislativo n.
165/2001 che, in  materia  di  passaggio  diretto  di  personale  tra
amministrazioni  diverse,  dispone  che  le  amministrazioni  possono
ricoprire posti vacanti in organico  mediante  passaggio  diretto  di
dipendenti appartenenti alla  stessa  qualifica  in  servizio  presso
altre amministrazioni, che facciano domanda di trasferimento -  viola
l'art.  117,  comma  2,  lettera  l,  Cost.,  che  attribuisce   alla
legislazione  esclusiva  dello  Stato  la  materia   dell'ordinamento
civile. 
    14. Si richiama quanto osservato da codesta  ecc.ma  Corte  nella
sentenza  n.  324/2010  a  proposito  dell'istituto  della  mobilita'
volontaria il quale «altro non e' che una fattispecie di cessione del
contratto; a sua volta, la  cessione  del  contratto  e'  un  negozio
tipico disciplinato dal codice civile (articoli  1406-1410).  Si  e',
pertanto, in materia di rapporti di diritto privato» (v. punto n. 4.2
della motivazione). 
    15.  La  norma  in  esame  viola  gli  articoli  3  e  97   della
Costituzione in quanto, in violazione dei principi  dell'eguaglianza,
dell'imparzialita'   e   del   buon    andamento    della    pubblica
amministrazione, dispone  l'inquadramento  nei  ruoli  regionali  con
rapporto di lavoro a tempo indeterminato di personale che  assunto  a
tempo determinato che non ha superato un pubblico concorso. 
    16. Detta norma, inoltre, non  rispettando  le  disposizioni  sui
vincoli di assunzione di cui all'art. 76, comma 7, del  decreto-legge
n. 112/2008, (1) viola l'art 117, terzo  comma,  della  Costituzione,
nella parte in cui riserva  allo  Stato  i  principi  in  materia  di
coordinamento di finanza pubblica. 
    Cfr., in proposito, la sentenza n.  148/2012  di  codesta  ecc.ma
Corte, ove si legge (punto n. 5.1 della motivazione): 
    «Questa Corte - nel  definire  una  questione  introdotta  da  un
ricorso statale avverso una legge  regionale  (sentenza  n.  108  del
2011) - ha affermato che le norme di cui  all'art.  1,  commi  557  e
557-bis, della legge n. 296 del 2006, nonche' quelle di cui  all'art.
76, commi 6 e  7,  del  n.  112  del  2008,  essendo  «ispirate  alla
finalita'  del  contenimento  della  spesa  pubblica,   costituiscono
principi fondamentali nella materia del coordinamento  della  finanza
pubblica,  in  quanto  pongono  obiettivi  di  riequilibrio,   senza,
peraltro, prevedere strumenti e modalita' per  il  perseguimento  dei
medesimi». La citata  conclusione  trova  il  suo  presupposto  nella
considerazione che «la spesa per il personale, per la sua  importanza
strategica ai fini dell'attuazione del patto  di  stabilita'  interna
(data la sua rilevante entita'), costituisce non gia' una minuta voce
di dettaglio,  ma  un  importante  aggregato  della  spesa  di  parte
corrente, con la conseguenza che  le  disposizioni  relative  al  suo
contenimento assurgono a principio  fondamentale  della  legislazione
statale» (sentenza n. 69 del 2011, che richiama la  sentenza  n.  169
del 2007)». 
    17. Infine, l'art. 27 della legge regionale Basilicata n. 7/2014,
non prevedendo che il trasferimento del  personale  sia  accompagnato
dal  trasferimento  delle  relative  risorse  finanziarie,  viola  il
principio fondamentale del coordinamento della  finanza  pubblica  di
cui all'art. 81, terzo comma, Cost. 

(1) Secondo cui «e' fatto divieto agli  enti  nei  quali  l'incidenza
    delle spese di personale e' pari o  superiore  al  50  per  cento
    delle spese correnti di procedere ad assunzioni  di  personale  a
    qualsiasi titolo e con  qualsivoglia  tiPologia  contrattuale;  i
    restanti enti possono procedere  ad  assunzioni  di  personale  a
    tempo indeterminato nel limite  del  40  per  cento  della  spesa
    corrispondente alle cessazioni dell'anno precedente».