IL CONSIGLIO DI STATO Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di registro generale 1762 del 2012, proposto dalla professoressa Paola Mori, rappresentata e difesa dall'avvocato Angelo Clarizia, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Principessa Clotilde, n. 2; Contro Ministero dell'Istruzione dell'Universita' e della Ricerca; Universita' degli Studi "Magna Graecia" di Catanzaro, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12; Per la riforma della sentenza del t.a.r. del Lazio, 22 febbraio 2011, n. 1775; Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Istruzione, dell'Universita' e della Ricerca e dell'Universita' degli Studi "Magna Graecia" di Catanzaro; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 luglio 2012 il Cons. Claudio Contessa e uditi per le parti l'avvocato Clarizia e l'avvocato dello Stato Russo. La professoressa Paola Mori riferisce che nel corso del 2008 ebbe a partecipare alla procedura di valutazione comparativa indetta dall'Universita' degli Studi "Magna Graecia" di Catanzaro per la copertura di un posto di Professore ordinario presso la Facolta' di Giurisprudenza - Settore scientifico/disciplinare IUS/14 (Diritto dell'Unione europea) - e di essere stata dichiarata idonea all'esito della relativa procedura. L'appellante precisa, al riguardo, che la procedura in questione era stata indetta dalla medesima Universita' presso cui gia' prestava servizio in qualita' di professore associato e in relazione al medesimo settore scientifico/disciplinare gia' a lei affidato. Con delibera in data 24 novembre 2010, il Consiglio di Facolta' di Giurisprudenza, considerate le esigenze didattico-scientifiche della Facolta', deliberava di chiamare l'odierna appellante a ricoprire il posto di ruolo di prima fascia per il richiamato Settore scientifico/disciplinare IUS/14. Ciononostante, l'Universita' appellata non procedeva ad assumere l'odierna appellante come professore di prima fascia sull'insegnamento dalla stessa gia' ricoperto in qualita' di professore associato. A questo punto della vicenda, l'appellante rivolgeva formale richiesta all'Universita' degli Studi "Magra Graecia" al fine di essere nominata e immessa in ruolo, ma il Rettore respingeva la sua istanza in asserita ottemperanza al disposto della circolare ministeriale n. 478 del 2009 (emanata in applicazione del decreto-legge 10 novembre 2008, n. 180), atteso che l'Universita' in questione non era legittimata a procedere all'assunzione sulla base della propria dotazione di posti organico. Ai fini che qui rilevano giova osservare che la circolare Ministeriale in questione, nel disporre l'attuazione della previsione di cui all'art. 1, del d.l. 180 del 2008, cit., si e' soffermata in particolare sul contenuto degli obblighi ricadenti in capo alle Universita' c.d. "virtuose" (ossia, degli Atenei che, al pari di quello catanzarese, non abbiano superato, per cio' che riguarda le spese fisse e obbligatorie per il personale di ruolo, il limite parametrico di cui al comma 4 dell'art. 51 della legge 27 dicembre 1997, n. 449 - pari al 90 per cento dei trasferimenti statali sul fondo per il finanziamento ordinario ), stabilendo le modalita' concrete con cui determinare il limite di spesa fissato per procedere alle nuove assunzione di personale (in base al comma 3 dell'art. 1, d.l. 180, cit., infatti, tale limite e' fissato in una soglia di spesa pari al cinquanta per cento di quella relativa al personale a tempo indeterminato complessivamente cessato dal servizio nell'anno precedente). Col ricorso n. 4277 del 2011, il provvedimento rettorale di cui sopra veniva impugnato dalla signora Mori dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio il quale, dopo aver accolto l'istanza di sospensione cautelare del provvedimento impugnato, respingeva nel merito il ricorso ritenendolo infondato. La sentenza in questione e' stata impugnata in sede di appello dalla professoressa Mori, la quale ne ha chiesto la riforma articolando i seguenti motivi: 1) Violazione e falsa applicazione dell'art. 1 del d.l. 10 novembre 2008, n. 180, convertito - con modificazioni - dalla legge 9 gennaio 2009, n. 1 - motivazione illogica e contraddittoria. Il T.A.R. avrebbe dovuto rilevare l'illegittimita' delle previsioni di cui alla circolare ministeriale del 27 marzo 2009, la quale avrebbe declinato in modo incongruo le pertinenti previsioni legislative, desumendo un divieto di assunzione che non sarebbe in alcun modo desumibile dalle previsioni di cui al decreto-legge 180 del 2008. In particolare, laddove si ammettesse (come ritenuto dal T.A.R.) che la circolare del marzo 2009 fosse pienamente conforme alla previsione di legge e che a quest'ultima fosse effettivamente riferibile il divieto di assunzione opposto all'appellante, ne conseguirebbero effetti "illogici e irragionevoli" (pagina 8 dell'atto di appello), tali da palesare l'implausibilita' della proposta ricostruzione interpretativa. In particolare, la lettura del pertinente quadro legislativo offerta dal Tribunale sarebbe erronea, in quanto comporterebbe che, mentre alle Universita' caratterizzate da una deteriore situazione finanziaria sarebbe comunque consentito procedere ad assunzioni dei professori associati risultati vincitori di concorsi espletati alla data di entrata in vigore della legge di conversione (senza il rispetto di alcuna percentuale e con il solo limite del non aggravio di spesa), al contrario, la medesima facolta' sarebbe preclusa alle Universita' c.d. "virtuose", persino nelle ipotesi in cui cio' non determini alcun aggravio di spesa. Sotto tale aspetto, il Tribunale non avrebbe tenuto adeguatamente conto del fatto che l'assunzione dell'odierna appellante non avrebbe determinato alcun aggravio di spesa a carico dell'Universita' degli Studi "Magna Graecia", in considerazione del fatto che: a) essa gia' prestava servizio presso quell'Ateneo in qualita' di Professore associato; b) gli oneri complessivi allo stato connessi allo status di professore associato con alcuni anni di anzianita' di servizio erano addirittura superiori a quelli che sarebbero stati connessi all'immissione in servizio in qualita' di professore ordinario. Ancora, il T.A.R. non avrebbe considerato che, nel caso in esame, i divieti e limiti alle nuove assunzioni non potrebbero neppure - a rigore - trovare applicazione dal momento che l'appellante professoressa Mori gia' prestava servizio presso l'Ateneo catanzarese, con la conseguenza che il passaggio alla qualifica di professore ordinario costituirebbe un mero passaggio di livello, in quanto tale inidoneo a determinare l'instaurazione di un nuovo rapporto di impiego. 2) Illegittimita' dei provvedimenti impugnati primo grado per illegittimita' derivata dall'art. 1, comma 3, l. n. 1/2009 per violazione degli articoli 3, 33 e 97, Cost. In via subordinata rispetto a quanto affermato sub 1) (e per l'ipotesi in cui l'art. 1, comma 3, del decreto-legge 180, cit. sia effettivamente da interpretare nel senso che per le Universita' ivi contemplate il Legislatore avrebbe davvero inteso fissare un generalizzato limite alle assunzioni, senza riconoscere le deroghe ammesse nel caso delle Universita' "non virtuose"), l'appellante chiede che questo Giudice di appello sollevi questione di legittimita' costituzionale in ordine alle previsioni di legge ostative alla sua effettiva immissione in servizio, per violazione degli articoli 3, 33 e 97 della Costituzione. Si sono costituiti in giudizio il Ministero dell'Istruzione, dell'Universita' e della ricerca, nonche' l'Universita' degli Studi "Magra Graecia" di Catanzaro, i quali hanno concluso nel senso della reiezione dell'appello. Con ordinanza n. 1333 del 2012 (resa all'esito della Camera di consiglio del 3 aprile 2012), questo Consiglio di Stato ha accolto l'istanza di sospensione cautelare degli effetti della sentenza in epigrafe, proposta in via incidentale dalla professoressa Mori. Alla pubblica udienza del 3 luglio 2012 il ricorso e' stato trattenuto in decisione. Diritto 1. Giunge alla decisione del Collegio il ricorso in appello proposto da un Professore associato in servizio presso l'Universita' degli Studi "Magna Graecia" di Catanzaro avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con cui e' stato respinto il ricorso avverso gli atti con cui detta Universita' (nonche' il Ministero dell'Istruzione, dell'Universita' e della ricerca, per quanto di rispettiva competenza) ha respinto la sua istanza di ammissione in servizio in qualita' di professore ordinario (l'atto di diniego e' stato motivato alla luce delle previsioni di razionalizzazione della spesa di cui all'art. 1, commi 1 e 3, del decreto-legge 10 novembre 2008, n. 180). 2. Il Collegio ritiene che ai fini della decisione risulti necessario esaminare le deduzioni dell'appellante, sulla legittimita' costituzionale delle previsioni di cui ai commi 1 e 3, dell'art. 1 del decreto-legge 10 novembre 2008, n. 180 (recante "Disposizioni urgenti per il diritto allo studio, la valorizzazione del merito e la qualita' del sistema universitario e della ricerca e convertito, con modificazioni, dalla legge 9 gennaio 2009, n. 1) in relazione agli. articoli 3, 33 e 97 della Costituzione. 3. Il comma 1, del citato art. 1 (nella formulazione che rileva ai fini del presente giudizio - derivante dalla legge di conversione 9 gennaio 2009, n. 1 - e anteriore alle modifiche apportate dal comma 1, lettera b) dell'art. 11, del decreto legislativo 29 marzo 2012, n. 49) stabiliva che "le universita' statali che, alla data del 31 dicembre di ciascun anno, hanno superato il limite di cui all'articolo 51, comma 4, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, fumo restando quanto previsto dall'articolo 12, comma 1, del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31, non possono procedere all'indizione di procedure concorsuali e di valutazione comparativa, ne' all'assunzione di personale. Alle stesse universita' e' data facolta' di completare le assunzioni dei ricercatori vincitori dei concorsi di cui all'art. 3, comma 1, del decreto-legge 7 settembre 2007, n. 147, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 ottobre 2007, n. 176 e all'art. 4/bis, comma 17, del decreto-legge 3 giugno 2008, n. 97, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 agosto 2008, n. 129, e comunque di concorsi espletati alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, senza oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica". In estrema sintesi, la disposizione in questione (nella disposizione che qui rileva) imponeva rigidi vincoli assunzionali alle Universita' - per cosi' dire - "non virtuose", le quali avessero superato, per cio' che riguarda le spese fisse e obbligatorie per il personale di ruolo, il limite; parametrico di cui al comma 4, dell'art. 51, della legge 27 dicembre 1997, n. 449 (pari al 90 per cento dei trasferimenti statali sul fondo per il finanziamento ordinario). Nei confronti di tali Universita' operava, quindi, un generale divieto di procedere a nuove assunzioni. Tuttavia, in sede di conversione, la rigidita' del vincolo in questione era stata attenuata, prevedendo che alle medesime Universita' fosse riconosciuta la possibilita' di completare le assunzioni dei ricercatori vincitori dei concorsi di cui al decreto-legge 7 settembre 2007, n. 147, e di cui al decreto-legge 3 giugno 2008, n. 97, a condizione che cio' avvenisse "senza oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica". A sua volta, il comma 3, dell'art. 1 (la cui formulazione non e' stata modificata nel corso del tempo) stabilisce che "il primo periodo del comma 13, dell'art. 66, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e' sostituito dai seguenti: «Per il triennio 2009/2011, le universita' statali, firmi restando i limiti di cui all'articolo 1, comma 105, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, possono procedere, per ciascun anno, ad assunzioni di personale nel limite di un contingente corrispondente ad una spesa pali al cinquanta per cento di quella relativa al personale a tempo indeterminato complessivamente cessato dal servizio nell'anno precedente. Ciascuna universita' destina tale somma per una quota non inferiore al 60 per cento all'assunzione di ricercatori a tempo indeterminato, nonche' di contrattisti ai sensi dell'art. 1, comma 14, della legge 4 novembre 2005, n. 230, e per una quota non superiore al 10 per cento all'assunzione di professori ordinali. Sotto fatte salve le assunzioni dei ricercatori per i concorsi di cui all'articolo 1, comma 648, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, nei limiti delle risorse residue previde dal predetto art. 1, comma 650.».". In estrema sintesi la disposizione in questione (che e' rivolta agli Atenei - per cosi dire - "virtuosi", quale quello appellato e cui effetti sono limitati al triennio 2009/2011) stabilisce che a tali Atenei non sia impedito in assoluto procedere a nuove assunzioni, ma che tale possibilita' sia limitata a un contingente numericamente tale da produrre una spesa non superiore a quella relativa al personale a tempo indeterminato complessivamente cessato dal servizio nell'ano precedente. Ai fini del presente giudizio mette conto osservare che la disposizione di cui al comma 3 (al contrario di quella, dinanzi richiamata, di cui al comma 1) non contempla nessuna clausola di salvaguardia volta a favorire completamento delle procedure concorsuali gia' in atto, sia pure ad invarianza di spesa. 4. Ebbene, ad avviso del Collegio, non risultano manifestamente infondate le questioni inerenti la legittimita' costituzionale del comma 3, dell'art. 1, del decreto-legge n. 180 del 2008, per la parte in cui prevede che le Universita' - per cosi' dire - "virtuose" siano astrette in modo rigido al vincolo assunzionale del cinquanta per cento del costo connesso alle cessazioni di personale verificatesi nell'anno precedente, senza che alle stesse sia riconosciuta la possibilita' di accedere ad alcuna "clausola di salvaguardia" (quale quella volta al completamento delle procedure concorsuali in atto) neppure nel caso che cio' si renda) possibile "senza oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica". 5. In primo luogo, va chiarita la rilevanza della questione di legittimita' costituzionale appena richiamata in relazione al giudizio a quo. 5.1. Il primo aspetto in relazione al quale occorre verificare la sussistenza della rilevanza della predetta questione di legittimita' costituzionale discende dal fatto che oggetto primo dell'impugnativa e' rappresentato dalla circolare ministeriale del 27 marzo 2009, la quale, nell'interpretare le previsioni di cui all'art. 1, del decreto-legge 180 del 2008, ha concluso nel senso che il nuovo regime assunzionale impedisse l'assunzione del docente universitario in ipotesi quale quella di interesse dell'odierna ricorrente. Occorre, quindi, domandarsi se la circolare in questione (nell'escludere la possibilita' di procedere all'assunzione dell'odierna appellante) abbia correttamente interpretato le disposizioni di legge -della cui legittimita' nella presente sede si discute - ovvero se la circolare in parola abbia desunto tale impedimento in sostanziale distonia rispetto al paradigma legislativo di riferimento. Ad avviso del Collegio al quesito di cui sopra deve essere fornita risposta nel primo dei sensi indicati, con la conseguenza che l'impedimento all'assunzione deriva in via immediata dall'art. 1, del piu' volte richiamato decreto-legge n. 180 del 2008 e l'ulteriore conseguenza che l'appellante avrebbe potuto in concreto aspirare all'assunzione solo in assenza (o previa rimozione) della richiamata disciplina primaria. Al riguardo si osserva che: la circolare impugnata, laddove non tiene in considerazione (al fine di modulare il divieto all'assunzione) il fatto che l'assunzione non avrebbe determinato alcun aggravio di spesa - ma, al contrario, avrebbe determinato nell'immediato un risparmio - attua in modo coerente il paradigma legislativo di riferimento il quale in alcun modo consente di declinare in modo differenziato il divieto a seconda dell'eventuale risparmio connesso alla singola assunzione. Ed infatti, il comma 3, del decreto n. 180, cit., fa scattare in modo sostanzialmente automatico il divieto di procedere a nuove assunzioni non appena risulti superato il parametro della spesa pari al cinquanta per cento di quella del personale a tempo indeterminato complessivamente cessato dal servizio nell'anno precedente. La medesima disposizione, quindi, non consente di tenere in considerazione i maggiori o minori oneri conseguenti alle ulteriori assunzioni, una volta che il richiamato parametro risulti superato. Sotto tale aspetto, quindi, la circolare in questione risulta conforme alla legge; allo stesso modo, la circolare impugnata risulta conforme al pertinente paradigma legislativo per la parte in cui ammette che gli Atenei (per cosi' dire) "non virtuosi" completino le assunzioni dei docenti vincitori di concorsi (sia pure con il vincolo dell'assenza di oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica), mentre per gli Atenei (per cosi' dire) "virtuosi" impone un indifferenziato limite alle nuove assunzioni a prescindere dal se tali assunzioni comportino o meno nuovi o maggiori oneri (e, nel caso in esame, almeno inizialmente non vi sarebbero maggiori oneri, atteso che il trattamento economico del professore ordinario all'atto della prima nomina e' nei fatti inferiore a quello del professore associato con alcuni anni di anzianita'); la lettura "costituzionalmente orientata" suggerita dall'appellante (pag. 9 del ricorso in appello) in relazione al combinato disposto dei commi 1 e 3, dell'art. 1, cit., non sembra rinvenite alcun conforto nel disposto testuale dei medesimi commi, dai quali emerge - senza possibilita' di interpretazioni di sorta - che per le Universita' di cui al comma 3 il vincolo assunzionale ricondotto nel limite del cinquanta per cento non ammette deroga alcuna in relazione ai vincitori di procedure concorsuali in essere alla data di entrata in vigore della legge (e cio', neppure nel caso in cui - come nel caso in esame - l'ulteriore assunzione non determinerebbe, almeno in una fase iniziale, alcun onere aggiuntivo per le casse dell'Ateneo); neppure puo' essere accolta la tesi secondo cui il passaggio da professore associato a professore ordinario non determinerebbe l'instaurazione di un nuovo rapporto di lavoro. Al riguardo si osserva che, anche ad ammettere che fra le due qualifiche in parola sussista un nesso di sostanziale continuita' (in tal senso: Cons. Stato, VI, 16 novembre 2004, n. 7483), cio' non impedirebbe di ritenere che il passaggio dall'una all'altra di esse comporti la soluzione di continuita' rispetto al primo rapporto e l'instaurazione di un rapporto lavorativo nuovo e diverso (in tal senso - ex plurimis: Corte cost., 3 novembre 2005, n. 407; id., 16 maggio 2002, n. 194). Ad ogni modo, il Collegio ritiene che nel caso di specie debba farsi applicazione dei principi enunciati dall'Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato con la pronuncia 28 maggio 2012, n. 17, la quale ha chiarito che il divieto di assunzione previsto dall'art. 1 del d.l. 10 novembre 2008, n. 180 opera anche per l'inquadramento in ruolo, in una fascia superiore, di docenti gia' in servizio presso la medesima Universita', atteso che il nuovo inquadramento in ruolo del docente e' il frutto dell'esito positivo di una procedura concorsuale aperta la quale da' luogo ad un assunzione in senso proprio e non al mero passaggio di qualifica per effetto di procedura riservata. Conseguentemente, non vi e' motivo di ritenere che alla fattispecie in questione non si applichino i limiti alle nuove assunzioni di cui all'art. 1, comma 3, cit.: al caso in esame non puo' trovare applicazione la giurisprudenza la quale ha escluso che il c.d. "blocco delle assunzioni" possa applicarsi in relazione ai c.d. "passaggi di livello" (es.: Cons. Stato, VI, 16 novembre 2004, n. 7483). A tacere d'altro, e stante il recente pronunciamento dell'Adunanza plenaria, si osserva che la giurisprudenza a tal fine richiamata dall'appellante concerne l'ipotesi dei concorsi c.d. "interni" alla medesima amministrazione, mentre nel caso in esame e' pacifico che la procedura concorsuale di cui trattasi costituisse un concorso per professore ordinario, aperto anche a soggetti esterni all'Ateneo catanzarese; piu' in generale, non sembra che la circolare ministeriale del 27 marzo 2009 (ossia, l'atto in base al quale l'Universita' ha respinto l'istanza volta all'immissione in servizio quale professore ordinario) abbia introdotto limiti alle assunzioni nuovi e diversi rispetto a quelli gia' desumibili dal piu' volte richiamato dettato normativo. In particolare, si ritiene che la fissazione di un sistema di computo atto a valutare le retribuzioni medie (attraverso il ricorso al metodo dei c.d. "punti organico") al fine di determinare la spesa complessivamente riferibile al personale cessato dal servizio nell'anno precedente, costituisca un parametro applicativo non per se' non irragionevole e certamente compatibile con la litera e la ratio della disciplina legislativa del 2008. 5.2. Il secondo aspetto in relazione al quale occorre verificare la sussistenza della rilevanza della predetta questione di legittimita' costituzionale discende dal fatto che il comma 3, dell'articolo del decreto-legge n. 180 del 2008 (ossia, la disposizione relativa agli Atenei c.d. "virtuosi", per i quali operava il limite assunzionale del cinquanta per cento della spesa relativa al personale cessato dal servizio nel corso dell'anno precedente) trovava applicazione solo in relazione al triennio 2009/2001. Da cio' deriva che, al momento in cui il presente appello e' stato proposto (la notifica dell'atto di appello risale al marzo del 2012), la disposizione della cui legittimita' costituzionale si discute aveva ormai cessato di produrre i suoi effetti e non poteva risultare preclusiva della possibilita' di proporre una nuova istanza di assunzione. Inoltre, ai fini del giudizio di rilevanza deve essere considerato il fatto che, nelle more del giudizio, e' entrato in vigore il decreto legislativo 29 marzo 2012, n. 49, il cui art. 11 ha abrogato il primo periodo del comma 1, dell'art. 1, del decreto-legge 180 del 2008 (in particolare, la disposizione del 2012 ha soppresso la previsione - riferita alle Universita' "non virtuose" - secondo cui "le universita' statali che, alla data del 31 dicembre di ciascun anno, hanno superato il limite di cui all'articolo 51, comma 4, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, fermo restando quanto previsto dall'articolo 12, comma 1, del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31, non possono procedere all'indizione procedure concorsuali e di valutazione comparativa, ne' all'assunzione di personale"). Sempre al fine di delineare in modo compiuto il pertinente quadro normativo, si osserva che il comma 3, dell'art. 14, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 135), ha aggiunto un comma 13-bis, all'art. 66, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133), il quale cosi' dispone: "13-bis. Per il triennio 2012/2014 il sistema delle universita' statali, puo' procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato e di ricercatori a tempo determinato nel limite di un contingente corrispondente ad una spesa pari al venti per cento di quella relativa al corrispondente personale complessivamente cessato dal servizio nell'anno precedente. La predetta facolta' e' fissata nella misura del cinquanta per cento per l'anno 2015 e del cento per cento a decorrere dall'anno 2016 (...)". Ebbene, il Collegio ritiene che la circostanza per cui, nelle more del giudizio, la disposizione su cui si fondava il diniego di assunzione (ossia, l'art. 1, comma 3) abbia cessato di produrre i suoi effetti, nonche' la circostanza per cui l'ulteriore disposizione relativa al caso delle Universita' "non virtuose" (ossia, l'art. 1, comma 1 assunto, come si dira' fra breve, a parametro del vaglio di ragionevolezza sulla disposizione di cui al successivo comma 3) sia stata espressamente abrogata non incidono sulla rilevanza, ai fini del decidere, della questione di legittimita' costituzionale relativa al piu' volte richiamato art. 1, comma 3, in combinato disposto con il comma 1 del medesimo articolo. Al riguardo si ritiene di richiamare l'orientamento della Corte costituzionale secondo cui e' da ritenersi rilevante la questione di legittimita' costituzionale di una disposizione che, medio tempore, sia stata abrogata e sostituita da altra norma. Cio', in quanto l'abrogazione di una disposizione non toglie di per se' rilevanza alla questione di legittimita' costituzionale avente ad oggetto la disposizione precedente atteso che, ove un determinato atto amministrativo sia stato adottato sulla base di una norma poi abrogata, la legittimita' dell'atto deve essere esaminata, in virtu' del principio tempus regit actum, con riguardo alla situazione di fatto e di diritto esistente al momento della sua adozione (in tal senso: Corte cost., 11 luglio 2012, n. 177). Il Collegio ritiene che la richiamata giurisprudenza costituzionale (formatasi sull'ipotesi di questione di legittimita' costituzionale relativa a una legge medio tempore abrogata) possa trovare applicazione anche in relazione all'ipotesi di una norma di legge che, nelle more del giudizio, abbia aliunde cessato di produrre i propri effetti (ad esempio, per decorso del lasso temporale al quale era ab initio limitata la sua efficacia). 5.2.1. Ad ogni modo, la questione di legittimita' costituzionale relativa alla disposizione di legge che ha sinora impedito all'appellante di ottenere l'immissione in servizio e' rilevante ai fini della definizione del giudizio a quo, quanto meno in relazione ai profili risarcitori della vicenda. Ed infatti, ai sensi del comma 3, dell'art. 34 del codice del processo amministrativo, "quando, nel corso del giudizio, l'annullamento del provvedimento impugnato non risulta piu' utile per il ricorrente, il giudice accerta l'illegittimita' dell'atto se sussiste l'interesse ai fini risarcitoci" (in tal senso: Cons. Stato, VI, ord. 18 giugno 2012, n. 3541). 5.2.2. Si osserva, inoltre, che se - per un verso - e' vero che la disposizione sulla quale e' stato fondato il diniego di assunzione (ossia, l'art. 1, comma 3) ha cessato di produrre i suoi effetti nelle more del giudizio, per altro verso cio' non ha fatto venir meno in punto di fatto l'ostacolo all'assunzione in servizio dell'appellante, essendo entrato in vigore il comma 3, dell'art. 14 del decreto-legge n. 95 del 2012 (dinanzi richiamato), il quale ha a sua volta introdotto per le Universita' stringenti limiti alle nuove assunzioni. In definitiva, il venir meno del vincolo legale su cui era stato inizialmente fondato il diniego all'assunzione non ha certamente Comportato il soddisfacimento dell'interesse sostanziale dell'appellante, nei cui confronti anche la normativa medio tempore intervenuta opera con valenza preclusiva all'assunzione. 5.3. Concludendo sul punto, il Collegio ritiene che la questione di legittimita' costituzionale del combinato disposto dei commi 1 e 3, dell'art. 1 del decreto-legge n. 180 del 2008 sia rilevante ai fini della decisione in quanto, in caso di mancata rimozione dall'ordinamento della seconda di tali disposizioni, questo Giudice dovrebbe senz'altro dichiarare infondate le pretese della dottoressa Mori, anche in relazione ai profili risarcitoti. Il Collegio ritiene, altresi', che il giudizio di rilevanza di tale questione non resti travolto ne' dall'abrogazione espressa - verificatasi in corso di causa - della previsione di cui al primo periodo del comma 1, dell'art. 1, del decreto-legge n. 180 del 2008, ne' dalla cessazione degli effetti della previsione di cui al comma 3 del medesimo art. 1. 6. La medesima questione di legittimita' costituzionale risulta altresi' non manifestamente infondata. 6.1. In particolare, il Collegio ritiene che il combinato disposto delle due richiamate disposizioni potrebbe risultare in contrasto con il generale canone di ragionevolezza, riconducibile alla previsione di cui all'art. 3 della Costituzione. Al riguardo si osserva che, pur non volendo negare l'ampio margine decisionale rimesso all'interpositio legislatoris in sede di individuazione di vincoli e limiti alle assunzioni nell'ambito delle amministrazioni pubbliche (in specie laddove - come nel caso in esame - tali limiti e vincoli siano finalizzati al conseguimento di ineludibili obiettivi di risparmio di spesa), cionondimeno le scelte in tal modo operate non devono determinare situazioni irragionevoli e trattamenti sostanziali del tutto ingiustificabili. Ebbene, il Collegio ritiene che le disposizioni della cui legittimita' costituzionale si discute potrebbero aver instaurato un sistema il quale - in modo del tutto irragionevole - ha applicato, per cio' che riguarda i vincoli e limiti alle assunzioni (in particolare: per cio' che attiene la possibilita' di procedere alle assunzioni dei vincitori delle procedure gia' avviate al momento dell'entrata in vigore della legge di conversione del dl. 180, cit.), un ingiustificato trattamento di maggior vantaggio per gli Atenei - per cosi' dire - "non virtuosi" rispetto agli Atenei - per cosi' dire - "virtuosi". Ed infatti, mentre per gli Atenei "non virtuosi" il rigido divieto di nuove assunzioni viene temperato dalla rilevantissima eccezione rappresentata dalla possibilita' di completare le assunzioni dei ricercatori vincitori delle procedure selettive ivi espressamente richiamate (nonche' dei vincitori di concorsi comunque espletati alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto n. 180, cit.), al contrario per gli Atenei virtuosi il limite alle nuove assunzioni (che possono essere effettuate per un contingente massimo corrispondente ad una spesa pari al cinquanta per centro di quella relativa al personale a tempo indeterminato complessivamente cessato dal servizio nell'anno precedente) non conosce alcun temperamento o eccezione, neppure nelle ipotesi in cui la singola assunzione - come nel caso in esame - sarebbe possibile, almeno in una prima fase, senza alcun aggravio finanziario per le casse dell'Universita'. 6.1.1. Non sfugge al Collegio la difficolta' di individuare nelle previsioni di cui al comma 1 del piu' volte richiamato art. 1, d.l. 180, cit. un effettivo tertium comparationis per cio' che riguarda la disciplina dei limiti assunzionali nei confronti delle Universita' "virtuose" di cui al successivo comma 3, stanti i numerosi punti di eterogeneita' disciplinare che caratterizzano le due disposizioni. In particolare, non sfugge al Collegio che nel caso degli Atenei "non virtuosi", al piu' favorevole trattamento per cio' che concerne l'assunzione dei vincitori delle procedure selettive gia' in atto fa "da contraltare" un piu' rigido limite generale alle nuove assunzioni (il quale si concreta in un divieto sotto ogni aspetto assoluto e generalizzato); mentre - al contrario - nel caso degli Atenei "virtuosi", al meno favorevole trattamento per cio' che concerne il perfezionamento delle procedure pregresse fa. "da contraltare" un trattamento oggettivamente di maggior favore per cio' che concerne i vincoli assunzionali (per i quali e' posto un limite numerico e non un divieto assoluto). Non sfugge in particolare, che l'impossibilita' di individuare una sorta di "simmetria" fra le due richiamate disposizioni renda difficile operare un giudizio di legittimita' sulla complessiva scelta legislativa sotto l'aspetto del rispetto del principio di eguaglianza e parita' di trattamento (a meno di impingere il merito delle scelte rimesse all'interpositio legislatoris). Ritiene, tuttavia, il Collegio che il concreto assetto disciplinare risultante dal combinato operare delle disposizioni della cui legittimita' costituzionale si discute possa palesare comunque evidenti profili di irragionevolezza, in considerazione degli effetti concreti che esso e' in grado di determinare. Si osserva al riguardo che: anche a voler tenere in considerazione l'oggettivo carattere di maggior rigore che caratterizza la disciplina in esame per cio' che riguarda i divieti generali di assunzione a carico degli Atenei "non virtuosi", l'effetto pratico prodotto dalla norma e' quello di consentire a tale tipologia di Atenei un rilevante numero di assunzioni (basti pensare all'ipotesi in cui, alla data di entrata in vigore del decreto-legge n. 180, cit., la singola Universita' avesse in corso di svolgimento numerose procedure concorsuali). In definitiva, il complessivo assetto disciplinare determinato dal comma 1, cit. e' tale da consentire che, nei fatti, l'eccezione (possibilita' di assumere i vincitori dei concorsi in precedenza espletati) travalichi del tutto la regola (divieto generalizzato di nuove assunzioni), sino a renderla nei fatti inoperante; per converso, i limiti e vincoli assunzionali complessivamente imposti agli Atenei "virtuosi" non presentano alcuna possibile deroga o eccezione, neppure per l'ipotesi in cui (come nel caso in esame) la singola assunzione non potrebbe comunque produrre alcun aggravio di spesa per l'Ateneo. Sotto tale aspetto, combinato operare delle due richiamate disposizioni si presenta irragionevole sotto un diverso profilo, che deve essere esaminato sotto l'angolo visuale del generale obiettivo di contenimento della spesa che caratterizza la previsione di cui al decreto-legge n. 180 del 2008. Ed infatti: a) mentre nel caso degli Atenei "non virtuosi" il limite - per cosi' dire - "fisiologico" all'espansione della spesa per nuove assunzioni e' rappresentato dall'assenza di oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica, ossia - nei fatti - dall'invarianza degli oneri per il personale registrati nel corso dell'anno precedente (il che risulta coerente con l'obiettivo ci contenimento della spesa nel complesso sotteso all'intervento legislativo del 2008); b) al contrario, nel caso degli Atenei "virtuosi" il medesimo limite "fisiologico" all'espansione della spesa per nuove assunzioni (a qualunque titolo effettuate) e' posto a un livello di gran lunga inferiore, ossia nella richiamata misura del cinquanta per cento della spesa per il personale cessato dal servizio nel corso dell'anno precedente. Ebbene, anche sotto tale aspetto, vanno rimessi all'esame della Corte costituzionale i risultati concreti della scelta legislativa di cui si tratta, per verificare se sia manifestamente irragionevole la disposizione sul conseguimento degli obiettivi cui il medesimo intervento mirava. Ed infatti - per un verso - la scelta normativa in parola risulta maggiormente penalizzante nei confronti degli enti che abbiano tenuto comportamenti virtuosi (e maggiormente compatibili con il perseguimento degli obiettivi fissati) rispetto agli enti che abbiano operato in senso contrastante rispetto a tali obiettivi. Per altro verso, il risultato concreto della richiamata scelta legislativa e' nel senso di consentire ai soli soggetti meno virtuosi di disporre di deroghe tali da vanificare la tenuta concreta del principio di contenimento cui il complessivo intervento normativo mirava. 6.1.2, Per le ragioni dinanzi richiamate, il Collegio ritiene che non si potrebbe pervenire a conclusioni diverse rispetto a quelle sin qui delineate neppure laddove si consideri che le deroghe consentite dal comma 1, cit. in favore degli Atenei "non virtuosi" riguardavano la sola assunzione di ricercatori universitari, mentre nel caso all'esame del Collegio si fa questione dell'assunzione di un professore ordinario. Ed infatti, se si riguarda alla questione sotto il piu' generale angolo visuale della coerenza e ragionevolezza del complessivo disegno normativo delineato nel 2008, cio' che viene in rilievo e' la possibilita' in se' di poter fruire di eccezioni ai divieti e ai limiti alle nuove assunzioni e non la circostanza puntuale relativa alla tipologia di assunzioni oggetto della deroga legale. Anche sotto tale aspetto, infatti, cio' che nella presente sede viene censurato non e' la disparita' di trattamento fra le ipotesi disciplinate al comma 1 e quelle disciplinate al comma 3 del piu' volte richiamato art. 1 (il che verrebbe reso difficoltoso dal carattere eterogeneo delle previsioni in questione e dall'oggettiva difficolta' di individuate un effettivo tertium comparationis nell'ambito di un giudizio di parita' di trattamento); quanto - piuttosto - il carattere complessivamente irragionevole e ingiustificato della scelta normativa operata nel corso del 2008. Quindi, impostati in tale modo i termini concettuali della questione, non sembra ostare al giudizio di non manifesta infondatezza la circostanza per cui il comma 1, dell'art. 1, cit. non consenta deroghe per il caso di assunzioni di professori ordinari (ossia, per ipotesi assimilabili a quella all'origine dei fatti di causa). 6.1.3. Deve, quindi concludersi nel senso della non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale del combinato disposto dei commi 1 e 3, dell'art. 1, del decreto-legge 10 novembre 2008, n. 180 (come modificato dalla relativa legge di conversione), in relazione alla previsione di cui all'art. 3 della Costituzione. 6.2. Il Collegio ritiene, altresi', che la questione di legittimita' costituzionale delle richiamate disposizioni sia non manifestamente infondata in relazione alla previsione di cui all'art. 33 della Costituzione, in materia di limiti e vincoli all'autonomia universitaria. Ed infatti, se - per un verso - puo' ritenersi che il Legislatore possa del tutto legittimamente imporre vincoli e limiti al pieno esercizio di tale autonomia laddove siffatta imposizione risulti finalizzata al perseguimento di interessi e finalita' di rilievo costituzionale (come, nel caso di specie, il perseguimento di imprescindibili obiettivi di sostenibilita' di bilancio); per altro verso deve ritenersi che l'imposizione di tali vincoli e limiti possa risultare costituzionalmente illegittima laddove - per le ragioni richiamate sub 6.1.1. e 6.1.2. - essa non rinvenga un'effettiva giustificazione nel perseguimento dei richiamati obiettivi di carattere economico e finanziario. 6.3. Ancora, il Collegio ritiene che la richiamata questione di legittimita' costituzionale sia non manifestamente infondata in relazione alla previsione di cui all'art. 97 della Costituzione (principio di buon andamento e imparzialita' nella disciplina e nella gestione dell'amministrazione pubblica). Anche sotto tale aspetto, se - per un verso - puo' certamente ammettersi che l'interpositio legislatoris si spinga sino ad incidere in modo rilevante sulle variabili sottese ad alcune fra le principali scelte organizzative e gestionali delle amministrazioni pubbliche (come quelle relative alla provvista di personale); per altro verso non puo' ammettersi la legittimita' costituzionale di tali interventi laddove gli stessi presentino carattere di irragionevolezza e incidano in modo contraddittorio e ingiustificato sulle richiamate variabili organizzative. 7. Per le ragioni sin qui esposte il Collegio ritiene che il giudizio in questione debba essere sospeso e che sia necessario, ai fini della decisione, demandare alla Corte costituzionale la questione di legittimita' costituzionale relativa alle previsioni di cui ai commi 1 e 3, dell'art. 1, del decreto-legge 10 novembre 2008, n. 180 (recante "Disposizioni urgenti per il diritto allo studio, la valorizzazione del merito e la qualita' del sistema universitario e della ricerca e convertito, con modificazioni, dalla legge 9 gennaio 2009, n. 1) in relazione agli articoli 3, 33 e 97 della Costituzione. Ogni statuizione sulle spese definitivo sara' pronunciata in sede di definizione del secondo grado del giudizio.