IL TRIBUNALE Sciolta la riserva nel procedimento iscritto al n. 4371/2012 R.G., tra la sig.ra Immacolata Sica, rappresentata e difesa dall'Avv. Maria Grazia Modesti, presso la quale ha eletto domicilio in Tivoli, alla Via Acquaregna n. 57, ed il sig. Massimiliano Graus, rappresentato e difeso dall'Avv. Stefano Isidori, presso il quale ha eletto domicilio in Roma, alla Via delle Alpi n. 30, rilevato e ritenuto che: In fatto Con atto di intimazione di sfratto per morosita' e contestuale citazione per la convalida, la sig.ra Immacolata Sica ha adito il Tribunale di Tivoli, esponendo: di avere concesso in locazione all'intimato sig. Massimiliano Graus l'appartamento sito in Guidonia, Via Marco Simone, n. 84, piano 1 interno 18, foglio 6, part. 1410 sub 22, categoria A/2, rendita catastale 263,39, con contratto del 15 luglio 2012, registrato a Roma il 12 settembre 2012, al n. 458 serie 3T; che alla data del 15 ottobre 2012, il conduttore dopo aver pagato l'importo di € 650,00 per il canone a scadenza il 15 luglio 2012, non ha provveduto al pagamento per intero dei successivi canoni di locazione per i .quali ha versato solo la somma dei € 132,68. Chiedeva, quindi, che il Tribunale convalidasse l'intimato sfratto per morosita'. All'udienza di convalida si costituiva l'intimato sig. Massimiliano Graus, che si opponeva alla convalida deducendo: - che il contratto in questione veniva sottoscritto in data 15 luglio 2012 e registrato in data 21 agosto 2012 al n. 15131 serie 3, a cura e spese dell'intimato, il quale vi aveva provveduto ai sensi dell'art. 3 d.lgs. 14 marzo 2011 n. 23; che la registrazione effettuata da controparte era successiva a quella effettuata dal Graus in data 21 agosto 2012, essendo stata eseguita il 12 settembre 2012, per evitare la sanzione di cui all'art. 3 d.lgs. 14 marzo 2011 n. 23. Concludeva per il rigetto dell'intimato sfratto per morosita', in quanto inammissibile, improcedibile ed infondato; nonche' per l'accertamento dell'applicabilita' al contratto in esame dell'art. 3 d.lgs n. 23/2011, con conseguenti: a) durata della locazione pari ad anni quattro, decorrenti dalla data stessa della registrazione, rinnovabili per eguale periodo ai sensi dell'art. 2, comma 1, legge n. 431/1998; b) canone predeterminato dal legislatore in misura pari a tre volte la rendita catastale (ovvero: euro 263,39 l'appartamento e, cosi', € 790,17 da dividersi per dodici mensilita' e, cioe': € 65,85 mensili). Spiegava altresi' domanda riconvenzionale per la condanna della signora Immacolata Sica alla refusione, in favore del sig. Massimiliano Graus, dei canoni ad oggi corrisposti in relazione ad un contratto nullo e pari ad € 650,00, al netto dell'eventuale indennita' di occupazione che venisse riconosciuta dal giudice, nonche' per la condanna della intimante al pagamento, in favore dell'istante, della somma di € 137,00 (pari alla meta' delle spese di registrazione sostenute dal Gratis, e documentate, in € 274,00), con vittoria di spese. L'intimante, invocando la illegittimita' e la disapplicazione della disciplina di cui all'art. 3 comma VIII del decreto legislativo n. 23 del 14 marzo 2011, che presenterebbe profili di incostituzionalita', tra l'altro, per irragionevolezza della sanzione ivi prevista a carico del locatore nonche' della riconduzione della locazione abitativa ad un contratto della durata di anni quattro, rinnovabili, al canone pari al triplo della rendita catastale, in quanto colpirebbe solamente il locatore premiando irragionevolmente il conduttore, ha insistito per l'emissione dell'ordinanza provvisoria di rilascio ex art. 665 c.p.c. In diritto La disciplina di cui all'art. 3 comma VIII del decreto legislativo n. 23 del 14 marzo 2011 - laddove statuisce: «Ai contratti di locazione degli immobili ad uso abitativo, comunque stipulati, che, ricorrendone i presupposti, non sono registrati entro il termine stabilito dalla legge, si applica la seguente disciplina; a) la durata della locazione e' stabilita in quattro anni a decorrere dalla data di registrazione, volontaria o d'ufficio; b) al rinnovo si applica la disciplina di cui all'articolo 2, comma 1, della citata legge n. 431 del 1998; c) a decorrere dalla registrazione il canone annuo di locazione e' fissato in misura pari al triplo della rendita catastale, oltre l'adeguamento, dal secondo anno, in base al 75 per cento dell'aumento degli indici ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli impiegati ed operai. Se il contratto prevede un canone inferiore, si applica comunque il canone stabilito dalle parti.» - e' applicabile al caso sottoposto alla decisione di questo magistrato giudicante. La medesima disciplina, inoltre, non si sottrae al dubbio di legittimita' costituzionale, in relazione ai parametri e (anche al di la' della prospettazione della parte attrice) per le ragioni di cui infra. La questione dell'eventuale illegittimita' costituzionale dell'art. 3, comma VIII, del d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23, e' rilevante ai fini della decisione della causa all'esame dello scrivente magistrato, atteso che: a) dalla sua risoluzione dipendono sia la concessione o meno dell'ordinanza provvisoria di rilascio sollecitata dalla locatrice, sia la decisione di merito: nella specie, la registrazione e' avvenuta dopo il trentesimo giorno successivo alla conclusione - pacificamente intervenuta il 15 luglio 2012 - del contratto de quo; piu' precisamente, la registrazione del contratto e' stata eseguita, su richiesta del conduttore in data 21 agosto 2012, mentre la locatrice ha registrato il contratto in questione il 12 settembre 2012: pertanto appare indubbia l'applicazione del comma VIII dell'art. 3 del d.lgs. n. 23/2011, ai fini, come detto, della decisione della causa; b) un'eventuale interpretazione costituzionalmente orientata comporterebbe, ad avviso dello scrivente, la disapplicazione, nella sostanza, della disposizione stessa, al di fuori del legittimo esercizio delle funzioni giudicanti. Motivi di contrasto con norme costituzionali A) Illegittimita' costituzionale dell'art. 3 comma VIII del d.lgs. n. 23 del 14 marzo 2011, con riferimento all'art. 76 della Costituzione, per: a) la previsione di un regime sanzionatorio per la omessa o tardiva registrazione dei contratti locazione degli immobili ad uso abitativo, non legittimata dalla legge delega del 5 agosto 2009 n. 42; b) la previsione di una disciplina di carattere premiale per i conduttori di immobili ad uso abitativo, non legittimata dalla legge delega del 5 agosto 2009 n. 42. L'art. 3 del d.lgs. del 14 marzo 2011 n. 23, si inserisce nell'ambito delle disposizioni costituenti attuazione della delega al Governo contenuta nella legge del 5 agosto 2009 n. 42, relativa alla «Delega al Governo in materia di Federalismo Fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione» e, in particolare, degli articoli 2, comma 2, 11, 12, 13, 21 e 26 della detta legge delega. Tra i principi ispiratori della predetta delega vi e' quello relativo al «coinvolgimento dei diversi livelli istituzionali nell'attivita' di contrasto all'evasione e all'elusione fiscale prevedendo meccanismi di carattere premiale» (art. 2 comma 2 lett. d), legge 5 agosto 2009 n. 42, cit.); tuttavia detti «meccanismi di carattere premiale» riguardano esclusivamente le regioni e gli enti locali e non gia' soggetti privati, quali il locatore e il conduttore, i quali ultimi, evidentemente, non possono rappresentare i citati livelli istituzionali a favore dei quali la legge delega n. 42/2009 ha attribuito all'Esecutivo di prevedere meccanismi di carattere premiale, nella detta attivita' di contrasto all'evasione e all'elusione fiscale. L'art. 26 della suddetta legge-delega, rubricato «Contrasto dell'evasione fiscale», prevede infatti che «i decreti legislativi di cui all' articolo 2, con riguardo al sistema gestionale dei tributi e delle compartecipazioni, nel rispetto dell'autonomia organizzativa delle regioni e degli enti locali nella scelta delle forme di organizzazione delle attivita' di gestione e di riscossione, sono adottati secondo i seguenti principi e criteri direttivi: [...]; b) previsione di adeguate forme premiali per le regioni e gli enti locali che abbiano ottenuto risultati positivi in termini di maggior gettito derivante dall'azione di contrasto dell'evasione e dell'elusione fiscale». Ne consegue che l'art. 3 del d.lgs. n. 23/2011, laddove prevede, al comma VIII, una disciplina premiale per una sola delle parti contraenti (il conduttore) che, sottoponendo a registrazione il contratto di locazione, ottiene la riduzione del canone ben al di sotto dei valori di mercato, appare in contrasto con l'oggetto della delega espressamente conferita al Governo. In nessuna delle richiamate disposizioni della legge di delegazione (artt. 2, comma 2, 11, 12, 13, 21 e 26) risulta inoltre alcun principio o criterio direttivo che appaia legittimare il legislatore delegato all'introduzione delle «sanzioni» contenute nel comma VIII dell'art. 3 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23. Viceversa un'adeguata sanzione, operante sul piano civilistico, e' gia' stata introdotta dall'art. 1, comma 346, legge n. 311/2004, che prevede la nullita' dei contratti di locazione che, ricorrendone i presupposti, non sono registrati. B) Illegittimita' costituzionale dell'art. 3 comma VIII del d.lgs. n. 23 del 14 marzo 2011, con riferimento all'art. 3 della costituzione (Principio di ragionevolezza). La disciplina di cui al comma VIII dell'art. 3 del d.lgs. n. 23/2011, pur nello spirito di un apprezzabile obiettivo di contrasto del fenomeno delle locazioni sommerse e dell'evasione fiscale, si caratterizza nondimeno per una sua intrinseca irragionevolezza, in quanto, con la riduzione del valore del canone di locazione di un immobile ad uso abitativo al disotto di quello di mercato, ma che appare altresi' al disotto del minimo dichiarabile (art. 1, comma 342, legge n. 311/2004), e dunque con la riduzione della base imponibile (sulla quale calcolare l'imposta di registro), nonche' dell'ammontare del canone annuo (su cui calcolare l'imposta sul reddito derivante dalle locazioni), finisce col danneggiare proprio le regioni e gli enti locali, in termini di minor gettito, quale effetto della riduzione dell'entrata tributaria. L'imposizione di una sostituzione ex lege del canone pattuito dalle parti con un ammontare del canone annuo imperativamente commisurato al triplo della rendita catastale, oltre a ridurre, come detto, la base imponibile delle sopra indicate imposte, comporta un ingiustificato beneficio per uno solo dei soggetti coobbligati rispetto all'adempimento della registrazione de qua, configurando dunque una disparita' di trattamento tra locatore e conduttore, rispetto ad un'obbligazione di rilievo civile e fiscale, cui entrambi sono tenuti. Le disposizioni normative in esame si applicano esclusivamente ai contratti di locazione di immobili ad uso abitativo e non anche ai contratti di locazione commerciale. Ne consegue una irragionevole disparita' di trattamento tra le due categorie di contratti, con riferimento alla mancata previsione, quanto alle locazioni commerciali, di analoga sanzione, anche nell'ipotesi in cui il locatore sia una persona fisica che effettua la locazione non in regime di impresa o di lavoro autonomo. Secondo quanto desumibile dalla stessa giurisprudenza costituzionale (cfr. Corte Costituzionale ordinanze 420/2007; 389/2008; 110/2009), il disposto di cui all'art. 1, comma 346, legge n. 311/2004, che sanziona con la nullita' il contratto di locazione in forma scritta, in caso di violazione dell'onere della registrazione, configura una vera e propria ipotesi di nullita' ex art. 1418 c.c. Applicando la censurata disciplina, il conduttore, ove provveda alla registrazione, ancorche' tardiva, dell'accordo, potrebbe godere comunque di un contratto disciplinato - in ordine alla durata ed al canone - dall'art. 3, comma VIII, d.lgs. n. 23/2011. Al contempo, il resto dell'accordo contrattuale sarebbe travolto dalla insanabile nullita' prevista dal citato art. 1, comma 346, legge n. 311/2004, atteso che la fattispecie si inquadra nella previsione di cui all'art. 1418, comma II, cod. civ. (cfr. giurisprudenza costituzionale citata). Non si tratterebbe, per converso, della sostituzione automatica di singole clausole nulle, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 1419 cod. civ. Applicando, dunque, la disposizione di cui al citato comma 346, in combinato disposto con il comma VIII dell'art. 3 del d.lgs. n. 23/2011, si arriverebbe alla paradossale e contraddittoria conclusione di un contratto insanabilmente nullo ed improduttivo di effetti, eccezion fatta per la durata e per il canone di locazione, predeterminati dalla legge. L'art. 1, comma IV, legge n. 431/1998 ha imposto, per tutti i contratti di locazione ad uso abitativo, la forma scritta a pena di nullita'. La registrazione, tuttavia, non puo' in alcun modo sopperire alla mancanza dell'accordo negoziale, ne' tanto meno puo' farlo una sentenza di accertamento o costitutiva, introducendo un regolamento di interessi diverso rispetto a quello pattuito, atteso il tenore dell'art. 1424 c.c., secondo il quale il contratto nullo puo' essere convertito in altro legittimo, «del quale contenga i requisiti di sostanza e di forma». In ordine alla determinazione della misura del canone legalmente imposto con il contratto cosi' come disciplinato dall'art. 3 comma VIII del d.lgs. n. 23 del 14 marzo 2011, il parametro adottato, ovvero la rendita catastale, e' del tutto inadeguato al fine di assicurare risultati uniformi. La disposizione censurata non si inserisce nel quadro di una disciplina organica ne' risponde ad un ragionevole bilanciamento d'interessi tra conduttore e locatore. In effetti la rendita catastale esprime un reddito presunto basato sulla consistenza dell'unita' immobiliare, sulla sua superficie e volumetria e sulla tariffa d'estimo relativa al comune ed alla zona censuaria ove sorge l'immobile. Ne consegue che la rendita catastale e' un parametro fiscale generico, non fondato su effettive e concrete valutazioni dell'immobile. A tal proposito si confronti la normativa sull'equo canone, che, nell'imporre un regime vincolistico, aveva previsto i ben piu' concreti parametri di cui agli artt. da 12 a 23 della legge n. 1992 n. 378. La disciplina censurata non prevede, inoltre, che le parti possano liberamente e diversamente determinare il canone, o che lo possa fare il giudice, quando quello calcolato in base all'applicazione del parametro previsto (rendita catastale) sia completamente svincolato dal valore dell'immobile (cfr. 52, comma 4 del d.P.R. n. 131/86), dal canone di mercato e risulti, comunque, palesemente irrisorio, come nella fattispecie. L'applicazione di un «regime vincolistico», come previsto dalla disciplina di cui al comma VIII dell'art. 3 del citato decreto legislativo, ovvero la determinazione legale della durata delle locazioni abitative, nonche' la quantificazione legale del corrispettivo, nell'ipotesi di omessa registrazione, non realizza alcun equilibrio tra l'interesse pubblico all'emersione delle locazioni sommerse e la reazione dell'ordinamento a tutela della legalita' violata per effetto della mancata registrazione. In effetti, sul piano civilistico, con la gia' prevista sanzione della nullita' secondo il disposto di cui all'art. 1, comma 346, legge n. 311/2004, anche in linea con una applicazione costituzionalmente orientata dell'art. 13, comma V, legge n. 431/1998 e con quanto sostenuto dalla Corte Costituzionale con le ordinanze n. 420/2007, n. 389/2008, n. 110/2009, i due predetti interessi sono gia' essenzialmente soddisfatti. Con l'applicazione, inoltre, delle pesanti sanzioni pecuniarie oltre al pagamento dell'imposta e relativa soprattassa, per l'omessa o tardiva registrazione, e' realizzato l'interesse del sistema tributario. L'applicazione dell'ulteriore sanzione del «regime vincolistico» come sopra specificato, si prospetta come un di piu', che sbilancia irragionevolmente il contemperamento tra i contrapposti interessi, - eccessivamente premiante per i conduttori ed eccessivamente punitivo per i locatori; senza che sussista alcun ulteriore obiettivo interesse pubblico, oltre quello di fare emergere il sommerso - gia' soddisfatto mediante l'applicazione delle menzionate sanzioni civili e tributarie - che possa giustificare la detta ulteriore «sanzione», di cui alla censurata disciplina.