IL GIUDICE DI PACE 
 
    Ha pronunciato la seguente sentenza nel procedimento iscritto  al
N. R. G. 503/08, tra: avv. Luigi Musumeci, elettivamente  domiciliato
in Acicastello, via Trieste n. 73, presso il proprio  studio,  da  se
stesso difeso, attore. 
    Contro:  Poste  Italiane  S.p.A.,  in  persona   del   Presidente
pro-tempore, rappresentato e difeso,  giusta  procura  generale  alle
liti resa e calendata in atti, dall'avvocato Mario  Renato  Crupi  ed
elettivamente domiciliala presso  l'Ufficio  legale  delle  Poste  di
Catania, via Etnea n. 215. 
    Oggetto: condannatorio. 
    Conclusioni delle parti: come riportate negli scritti difensivi e
nei verbali di causa. 
 
                      Svolgimento del processo 
 
    Con  atto  di  citazione  ritualmente  notificato  l'avv.   Luigi
Musumeci conveniva in giudizio Poste  italiane  S.p.a,,  anche  quale
divisione BancoPosta  B.U.  centro  servizi  Postel,  richiedendo  la
statuizione di illegittimita' dei provvedimenti  da  queste  assunti,
nei confronti dell'attore, con estensione verso terzo altro soggetto,
al sensi della legge n.  386/1990  nonche'  declaratoria  di  erronea
intetretazione del testo normativo utilizzata  per  l'assunzione  del
provvedimenti afflittivi irrogati con conseguente accertamento  della
illegittimita'  delle  comunicazioni  estese  ad  altri  soggetti  in
violazione dei limiti sanciti dagli artt. 15  legge  n.  386/1990  ex
art. 2050 C.C., 23, 117-119 e 152, decreto legislativo n. 196/03. 
    Deduceva parte attrice che dal 1998 egli  e'  unico  titolare  un
rapporto di c/c postale avente n. 000000 1 6952954 conto  BancoPosta;
che  dal  2003,  egli  e'  titolare  cointestatario,   unicamente   e
disgiuntamente a tale Musumeci Maria  Lucia  Rita,  di  un  ulteriore
rapporto di c/c postale avente n. 000034114843 conto BancoPosta;  che
ambedue i rapporti di conto corrente risultano incardinati presso  la
medesima agenzia; che in data 30 settembre 2007, l'attore emetteva n.
1 foglietto di assegni tratto sul c/c postale n.  00000016952954  per
€ 1.250,00; che il suddetto titolo, emesso con  valuta  30  settembre
2007 andava a scadenza presentazione utile l'8 ottobre 2007; che alla
data  del  30  settembre  2007  il  conto  di  traenza  rappresentava
disponibilita' e capienza tanto in valuta quanto  in  disponibilita';
che ciononostante, in sede di prima  presentazione,  avvenuta  tra  n
30/09 e l'8 ottobre  2007  il  titolo  veniva  reso  per  difetto  di
"provvista"; che il  prenditore  provvedeva  quindi  ad  una  seconda
presentazione che, in forza dei tempi di negoziazione, slittava di un
giorno oltre il termine utile  venendo  cosi'  poto  all'incasso  con
valuta 30 settembre 2007 e contabile 9 ottobre 2007;. che in  ragione
di tale inconveniente informatico il 19 ottobre 2007  Poste  Italiane
S.p.A.  con  comunicazione   raccomandata   dell'11   ottobre   2007,
proveniente dal CMP Windows di  Lamezia  T.,  informava  il  soggetto
cointestatario del  secondo  rapporto  di  c/c  -  ossia  quello  non
intaccato dall'insoluto di  provvista,  che  il  proprio  contitolare
aveva emesso un assegno privo di provvista e, forte di tale premessa,
l'Istituto di credito informava il soggetto estraneo della  emissione
di preavviso di iscrizione al CAI ex art. l0-bis, legge n. 386/90  ed
invitava la destinataria della missiva alla restituzione  dei  propri
moduli di assegno; che solo il successivo 25 ottobre 2007  l'Istituto
di credito informava  l'attore  dell'intervenuta  applicazione  delle
procedure ex legge n. 386/90 con diffida dell'11 ottobre 2007  sempre
proveniente  dal  CMP  Windows  di  Lamezia   T.;   che,   contattato
tempestivamente  il  beneficiario   dell'assegno   in   contestazione
(Societa' NRG Italia S.p.A.), quest'ultimo negava l'insoluto  talche'
dalle evidenze contabili l'assegno risultava regolarmente  incassato;
che solo a fronte di tale riscontro, l'attore verificando i movimenti
del proprio c/c - aveva  contezza  che  sebbene  l'assegno  reclamato
fosse transitato regolarmente sui conto corrente senza storno,  senza
alcuna comunicazione di insoluto,  Poste  Italiane  S.p.A.  -  il  10
ottobre 2007 - si era autorizzata al prelievo della somma  aggiuntiva
di € 15,00  a  titolo  di  "Postagiro  di  Servizio  Commissioni  per
impagato assegno 4978780247"; che, sebbene con formali atti di  mora,
prodotti in giudizio, l'attore avesse diffidato le convenute circa la
irregolarita' della procedura posta in essere, Poste Italiane  S.p.A.
aveva ugualmente  attivato  la  procedura  prevista  dalla  legge  n.
386/1990 preavvertendo il traente della segnalazione al C.A.I. ed  al
Prefetto competente  ed  imponendo  il  pagamento  illegittimo  della
clausola penale ex art.  3,  l.  cit.;  che  Poste  italiane  S.p.a.,
inoltre,  dando  corso  alla   procedura   sanzionatoria,   in   data
antecedente alla notificazione degli adempimenti ex  art.  9-bis,  l.
cit., in data 11-19 ottobre 2007 aveva provveduto ad informare  altro
soggetto, non autorizzato al trattamento dei dati personali  inerenti
il rapporto 000016952954; che  Poste  Italiane  S.p.a.,  inoltre,  ha
azionato l'istruzione della procedura C.A.I. in costanza di un titolo
effettivamente pagato e per il quale il prenditore  non  aveva  agito
(ne' avrebbe potuto, in quanto soddisfatto)  in  recupero  di  alcuna
somma; che nonostante i diversi atti posti in essere  Poste  Italiane
S.p.A. ha ritenuto di non prendere posizione al riguardo  continuando
nella istruzione della procedura C.A.I. senza ravvedimento;  che,  in
ragione di tale atteggiamento, l'odierno attore ha subito il prelievo
dal conto della somma di  €  15,00,  e'  stato  quindi  costretto  al
pagamento della ulteriore somma di € 168,99 a titolo di penale, spese
notarili e conto  di  ritorno  per  potere  ottenere  dal  prenditore
dichiarazione liberatoria di un pagamento gia' avvenuto con accredito
su  conto  ed  ha  infine   subito   una   ingiustificato   procedura
sanzionatoria. 
    In particolare l'attore sottolineava che  la  condotta  posta  in
essere dalla convenuta e' stata caratterizzata da diversi elementi di
illegittimita' nella applicazione della  disciplina  di  settore.  In
primo luogo, da una  errata  interpretazione  ed  applicazione  della
legge  n.  386/90  (violazione  artt.  8,  10-bis  e  3  l.  cit.  in
considerazione del fatto proprio la Societa' convenuta ha certificato
e dichiarato la prova dell'avvenuto pagamento, documentata  in  atti,
si' che l'attivazione degli adempimenti di cui agli artt. 8 e  10-bis
della l. cit. non sarebbe stata necessaria  rendendo;  in  tal  modo,
l'intervenuta irrogazione degli obblighi dovuti ex  art.  3  l.  cit.
assolutamente illegittima. 
    In secondo luogo, da una errata interpretazione  ed  applicazione
del decreto legislativo n. 196/03 (violazione artt. 15 ex  art.  2050
C.C.,  23,  117-119  e  152  decreto  legislativo   derivante   dalla
circostanza documentale, e  documentata  in  giudizio,  che  Societa'
convenuta  si  e':   arrogata   l'autonomo   diritto   di   divulgare
informazioni inerenti dati personali di un soggetto nei confronti  di
terzi che non intrattenevano con questi alcun  rapporto  aderente  la
tenuta del c/c interessato dagli eventuali provvedimenti, nonche'  di
operare in tale direzione ancor prima di avere notificato al  diretto
interessato le necessarie comunicazioni. 
    Poste Italiane si costituiva chiedendo il rigetto della  domanda,
affermando, tra l'altro, che il  titolo  tratto  dall'attore,  veniva
regolato con procedura check truncation il 2 ottobre  2007  da  Banca
Intesa San Paolo ed ha ricevuto messaggio d'impagato per  difetto  di
provvista ai sensi dell'art. 2,  legge  n.  386/1990,  essendoci  sul
conto  un  saldo  contabile  di  € 6.200,91  a  fronte  di  un  saldo
disponibile di € 950,91 rilevato  dall'e/c  prodotto;  come  previsto
dalle condizioni economiche di c/c, esposte nel  foglio  informativo,
la disponibilita' del versamento degli assegni postali avviene dopo 4
giorni lavorativi  bancari;  successivamente  alla  presentazione  in
stanza di compensazione di Roma, in data 8 ottobre  2007,  confermato
il precedente messaggio d'impagato, il titolo era poi addebitato  per
il  solo  importo   facciate   dal   momento   che   era   subentrata
disponibilita' di credito per la maturazione di altri titoli giacenti
sul rapporto; il difetto di  provvista  cosi'  rilevato  prima  facie
costringeva quindi l'Istituto di Credito, ai sensi  dell'art.  9  bis
386/90 ad inviare  al  correntista  -  in  data  15  ottobre  2007  -
preavviso di revoca emissione  assegni  con  le  avvertenze  previste
dalla normativa azionata. 
    In particolare la convenuta ha evidenziato  che  la  disposizione
contenuta nell'art. 9, lett. b), legge n. 386/90, nella parte in  cui
dispone che, in ipotesi di difetto  di  provvista,  l'iscrizione  del
nominativo del  traente  nell'archivio  informatizzato  previsto  nel
successivo art. 9 bis l. cit., sia effettuata quando  e'  decorso  il
termine stabilito dall'art. 8 senza che il traente abbia  fornito  la
prova dell'avvenuto pagamento, deve essere interpretata alla luce  di
quanto disposto dall'art. 8 della medesima  legge  che  a  sua  volta
stabilisce che le sanzioni amministrative  non  si  applicano  se  il
traente, entro sessanta giorni dalla data di scadenza dei termine  di
presentazione del titolo, effettua il pagamento  dell'assegno,  degli
interessi, della penale e delle eventuali spese per il protesto o per
la constatazione equivalente. 
    Il riferimento all'art. 8, cosi' come  contenuto  nel  successivo
art. 9, non  va  quindi  inteso  limitatamente  al  solo  termine  di
scadenza ivi previsto, ma va interpretato piu' ampiamente, nel  senso
che per evitare l'iscrizione nell'archivio  informatico,  il  traente
non e' tenuto al solo pagamento dell'assegno, ma anche  al  pagamento
degli interessi, della penale ed altro. 
    A conforto di tale tesi, la convenuta ha altresi'  sostenuto  che
in ipotesi di assegno emesso senza copertura l'obbligato e'  comunque
tenuto al pagamento degli interessi e delle spese ex  art.  50,  R.D.
17363/33 (rectius, e non 1173/33) ed art. 1196 c.c., si' che la  sola
corresponsione della somma indicata sul titolo  non  sarebbe  neppure
idonea a determinare l'estinzione del debito  principale,  alla  luce
dei criteri d'imputazione previsti dall'art. 1194 c.c. 
    All'udienza di comparizione i procuratori delle parti  chiedevano
rinvio della causa ai sensi dell'art.  320  c.p.c.  con  facolta'  di
deposito di memorie sino all'udienza. 
    Alla successiva udienza di trattazione del 16  gennaio  2009,  la
difesa dell'attore, alla luce dei  piu'  recenti  orientamenti  della
Corte costituzionale (segnatamente, Corte Cost.  ord.  27/07/2006  n.
319; Corte Cost. ord. 30/07/1997  n.  299);  in  tema  di  titoli  di
credito   e   sanzioni   amministrative,   sollevava   questione   di
legittimita' costituzionale, preliminare e sopravvenuta in  relazione
alle  eccezioni  e  deduzioni  formulate  dalla  convenuta  in  prima
udienza. 
    Sulla questione cosi' sollevata, le parti su invito  del  Giudice
precisavano le conclusioni all'udienza del 21  dicembre  2009  ed  il
Giudice poneva sul punto la causa in decisione. 
 
                       Motivi della decisione 
 
    Il  Giudice  di  Pace  ritiene  sussistenti  i  presupposti   per
sollevare   d'ufficio,   previa   riqualificazione   giuridica    dei
presupposti di formulazione, questione di legittimita' costituzionale
degli artt. 8 ed 8-bis,  9-bis  e  3  legge  n.  386/1990,  nel  loro
combinato disposto integrale con gli art. 1829 c.c. nonche' gli artt.
32 e 50 R.D. 1736/1933 in relazione agli artt. 2-3, 24-25 e 41  della
Costituzione, in quanto per tale veste disposizioni applicabili  alla
disciplina della fattispecie in esame. 
    Secondo tali disposizioni: 
      art. 8 l. cit. - "Pagamento dell'assegno emesso senza provvista
dopo la scadenza del termine di presentazione. - 1. Nei casi previsti
dall'art. 2, le  sanzioni  amministrative  non  si  applicano  se  il
traente, entro sessanta giorni dalla data di scadenza del termine  di
presentazione del titolo, effettua il pagamento  dell'assegno,  degli
interessi, della penale e delle eventuali spese per il protesto o per
la constatazione equivalente. 2. Il pagamento puo' essere  effettuato
nelle  mani  del  portatore  del  titolo  o  presso  lo  stabilimento
trattario mediante deposito vincolato al portatore del titolo, ovvero
presso  il  pubblico  ufficiale  che  ha  levato  il  protesto  o  ha
effettuato la constatazione equivalente. 3.  La  prova  dell'avvenuto
pagamento deve essere fornita dai traente allo stabilimento trattario
o, in caso di levata del protesto o di rilascio  della  constatazione
equivalente, al pubblico  ufficiale  tenuto  alla  presentazione  del
rapporto mediante  quietanza  del  portatore  con  firma  autenticata
ovvero, in caso di pagamento a mezzo di deposito vincolato,  mediante
attestazione  della  banca  comprovante  il  versamento  dell'importo
dovuto.  4.  Il  procedimento  per  l'applicazione   delle   sanzioni
amministrative non puo' essere iniziato  prima  che  sia  decorso  il
termine per il pagamento indicato nel comma - art. 8-bis, l.  cit.  -
"Procedimento per l'applicazione delle sanzioni amministrative". - 1.
Nei casi previsti dall'articolo 1, se  viene  levato  il  protesto  o
effettuata  la  constatazione  equivalente,  il  pubblico   ufficiale
trasmette il rapporto di accertamento della  violazione  al  prefetto
territorialmente competente. Nei casi in cui non si leva il  protesto
o non si effettua la constatazione  equivalente,  il  prefetto  viene
direttamente informato dal trattario. 
    2. Nei casi previsti dall'art. 2, il trattario da'  comunicazione
del mancato pagamento  ai  pubblico  ufficiale  che  deve  levare  il
protesto o  effettuare  la  constatazione  equivalente;  il  pubblico
ufficiale, se non e' stato effettuato il pagamento  dell'assegno  nel
termine previsto dall'art. 8, trasmette il rapporto  di  accertamento
della violazione al prefetto territorialmente competente. Nei casi in
cui non si leva il  protesto  o  non  si  effettua  la  constatazione
equivalente, il trattario, decorso inutilmente  il  termine  previsto
dall'art.  8,  informa  direttamente  il  prefetto   territorialmente
competente. 3. Entro novanta giorni dalla ricezione  del  rapporto  o
dell'informativa il prefetto  notifica  all'interessato  gli  estremi
della violazione a norma dell'art. 14, della legge 24 novembre  1981,
n. 689.  Se  l'interessato  risiede  all'estero  il  termine  per  la
notifica e'  di  trecentosessanta  giorni.  4.  L'interessato,  entro
trenta giorni dalla notifica, puo'  presentare  scritti  difensivi  e
documenti.  5.  Il  prefetto,  dopo  aver   valutato   le   deduzioni
presentate, determina, con ordinanza motivata, la somma dovuta per la
violazione e ne ingiunge il pagamento, insieme con le  spese,  ovvero
emette  ordinanza  motivata  di  archiviazione  degli  atti.  6.   Si
applicano,  per  quanto  non  previsto  dal  presente  articolo,   le
disposizioni delle sezioni I e II del capo I della legge 24  novembre
1981, n. 689 e successive modificazioni, in quanto compatibili". 
      Art. 9-bis l. cit. - "Preavviso di revoca. -  1.  Nel  caso  di
mancato pagamento, in tutto o in parte, di un assegno per difetto  di
provvista, il trattario comunica al traente che, scaduto  il  termine
indicato nell'art. 8 senza che abbia fornito la  prova  dell'avvenuto
pagamento, il suo nominativo  sara'  iscritto  nell'archivio  di  cui
all'articolo 10-bis e che dalla stessa data gli sara'  revocata  ogni
autorizzazione ad emettere assegni. Con la comunicazione  il  traente
e' invitato a restituire, alla scadenza del medesimo temine e  sempre
che non sia effettuato il pagamento, tutti i moduli di assegno in suo
possesso alle banche e agli uffici postali che li  hanno  rilasciati.
2. La comunicazione e' effettuata  presso  il  domicilio  eletto  dal
traente  a  norma  dell'art.  9-ter  entro  il  decimo  giorno  dalla
presentazione ai pagamento del titolo, mediante telegramma o  lettera
raccomandata con  avviso  di  ricevimento,  ovvero  con  altro  mezzo
concordato tra le parti di cui sia certa  la  data  di  spedizione  e
quella  di  ricevimento.  3.  Anche  in  deroga  a  quanto  stabilito
dall'art. 9, comma 2, lettera b),  l'iscrizione  del  nominativo  del
traente nell'archivio non puo' aver luogo se non sono decorsi  almeno
dieci giorni dalla data di ricevimento  della  comunicazione.  4.  La
comunicazione si ha per effettuata  ove  consti  l'impossibilita'  di
eseguirla presso il domicilio eletto. 5. Se la comunicazione  non  e'
effettuata entro il termine indicato nel comma  2,  il  trattario  e'
obbligato a pagare gli assegni emessi dal traente dopo  tale  data  e
fino al giorno successivo alla comunicazione, anche  se  manca  o  e'
insufficiente la provvista, nei limite di lire venti milioni per ogni
assegno"; 
      -art. 10-bis  l.  cit. -  "Archivio  degli  assegni  bancari  e
postali e delle carte di pagamento  irregolari.  -  1.  Al  fine  del
regolare funzionamento dei sistemi di pagamento, e' istituito  presso
la Banca d'Italia un archivio informatizzato degli assegni bancari  e
postali e delle  carte  di  pagamento,  nel  quale  sono  inseriti  i
seguenti dati: 
        a) generalita' dei traenti degli assegni  bancari  o  postali
emessi senza autorizzazione o senza provvista; 
        b) assegni bancari e postali emessi  senza  autorizzazione  o
senza provvista, nonche' assegni non restituiti alle  banche  e  agii
uffici postali dopo la revoca dell'autorizzazione; 
        c) sanzioni amministrative pecuniarie e accessorie  applicate
per l'emissione di assegni bancari e postali senza  autorizzazione  o
senza provvista, nonche' sanzioni penali e connessi divieti applicali
per l'inosservanza  degli  obblighi  imposti  a  titolo  di  sanzione
amministrativa accessoria; 
        d) generalita'  del  soggetto  al  quale  e'  stata  revocata
l'autorizzazione all'utilizzo di carte di pagamento; 
        e) carte  di  pagamento  per  le  quali  sia  stata  revocata
l'autorizzazione all'utilizzo; 
        l) assegni bancari e postali e carte di pagamento di cui  sia
stato denunciato il furto o lo smarrimento. 
    2. La Banca d'Italia, quale titolare del  trattamento  dei  dati,
puo' avvalersi di un ente  esterno  per  la  gestione  dell'archivio,
secondo quanto previsto dall'art. 8, della legge 31 dicembre 1996, n.
675.  3.  Il  soggetto  interessato  ha  diritto  ad  accedere   alle
informazioni  che  lo  riguardano  contenute   nell'archivio   e   di
esercitare gli altri diritti previsti dall'art. 13,  della  legge  31
dicembre 1996, n. 675. 4. I prefetti,  le  banche,  gli  intermediari
finanziari vigilati  e  gli  uffici  postali  possono  accedere  alle
informazioni contenute nell'archivio per le finalita' previste  dalla
presente legge e per quelle connesse  alla  verifica  della  corretta
utilizzazione degli assegni e delle carte di  pagamento.  L'autorita'
giudiziaria  ha   accesso   diretto   alle   informazioni   contenute
nell'archivio, per lo svolgimento delle proprie funzioni". -  Art.  3
l. cit. - "Clausola penale. - 1. Nei casi  previsti  dall'art.  2  il
mancato  pagamento,  anche  solo  parziale,   dell'assegno   bancario
presentato in tempo utile  obbliga  l'emittente  a  corrispondere  al
prenditore o al giratario  che  agisce  nei  suoi  confronti  per  il
pagamento dei titolo una penale pari al dieci per cento  della  somma
dovuta e non pagata. 2. L'assegno bancario ha gli effetti  di  titolo
esecutivo anche per la somma rappresentante la penale". 
      Art. 1829 c.c. - "Crediti verso terzi. -  Se  non  risulta  una
diversa volonta' delle parti, l'inclusione nel conto  di  un  credito
verso un terzo si presume fatta con la clausola "salvo  incasso".  In
tal caso, se il credito non e' soddisfatto, il ricevente ha la scelta
di agire per la riscossione o  di  eliminare  la  partita  dal  conto
reintegrando nelle sue. ragioni colui che ha fatto la  rimessa.  Puo'
eliminare la partita  dal  conto  anche  dopo  aver  infruttuosamente
esercitato le azioni contro il debitore"; 
    art. 50, R.D. 1736133 - "Del regresso per mancato pagamento. - Il
portatore puo' chiedere in via di regresso: 
        1) l'ammontare dell'assegno bancario non pagato; 
        2)  gli  interessi  al  tasso   legale   dal   giorno   della
presentazione; 
        3) le spese per il protesto o la  constatazione  equivalente,
quelle per gli avvisi dati e le altre spese". 
      art. 32, R.D. 1736133 - "Della presentazione e del pagamento. -
L'assegno bancario deve essere presentato al pagamento nel termine di
otto giorni se e' pagabile nello stesso comune in cui fu  emesso,  di
quindici giorni se pagabile in altro  comune  del  Regno;  di  trenta
giorni se e' pagabile nei territori comunque soggetti alla sovranita'
italiana compresi nei bacino del Mediterraneo; di sessanta giorni  se
e' pagabile negli altri territori soggetti alla sovranita'  italiana.
L'assegno bancario emesso in un paese diverso da quello nel quale  e'
pagabile deve essere presentato entro il termine di venti giorni o di
sessanta giorni a secondo che il  luogo  di  emissione  e  quello  di
pagamento siano nello  stesso  o  in  diversi  continenti.  A  questo
effetto gli assegni bancari emessi in un paese di Europa  e  pagabili
in un paese litoraneo del Mediterraneo o viceversa  sono  considerati
come assegni bancari emessi e pagabili  nello  stesso  continente.  I
termini suddetti decorrono dal giorno indicato nell'assegno  bancario
come data di emissione". 
    Le norme violate dalle disposizioni impugnate sono gli artt. 2-3,
24-25 e 41 della Costituzione della Repubblica italiana. 
    Nel  presente  giudizio  civile  la  questione  di   legittimita'
costituzionale dell'impugnato  testo  di  legge,  nella  sua  lettura
integrata, e'  rilevante  in  quanto  dalla  decisione  della  stessa
dipende il contenuto della pronuncia  che  questo  giudicante  si  e'
riservato di prendere stille richieste della difesa attorea  e,  piu'
in generale, sull'istruzione della causa. 
    I punti sotto i quali e' necessario focalizzare  l'esatta  natura
della  fattispecie  in   esame   sono   diversi   e   possono   cosi'
sintetizzarsi: (a) la legittimita' dei provvedimenti  informativi  ex
art. 9-bis l.  cit.  assunti  da  Poste  Italiane  nei  confronti  di
soggetto estraneo al rapporto  controverso;  (b)  la  tardivita'  dei
provvedimenti informativi assunti da Poste Italiane nei confronti del
correntista  intimato;  (e-,)  la  imposizione  del  pagamento  della
clausola penale in favore di un beneficiario non  piu'  creditore,  e
non agente, sotto  minaccia  di  segnalazione  amministrativa;  (C-2)
l'adempimento tardivo del correntista; (C-3)  la  mancata  iscrizione
pregiudizievole   nonostante    il    ritardo;    (d)    la    revoca
dell'autorizzazione ad emettere assegni applicata  al  cointestatario
di  diverso  rapporto:  (e)  la  mancanza  del  requisito  soggettivo
previsto dall'art.  3  l.  cit.  per  l'applicazione  della  clausola
penale, ossia la mancanza di un prenditore agente; (f) la presenza di
un pagamento a soddisfo del facciate in favore  del  primo  ed  unico
beneficiario,  senza  presenza  di  storno  in  conto  e  con  uguale
applicazione di servizio commissioni  impagato;  (g)  la  attivazione
delle procedure ex art. 3 l. cit., allorquando  il  titolo  era  gia'
stato pagato, cosi come ammesso dalla stessa convenuta. 
    L'esame di codesti aspetti travalica ampiamente le  ipotesi  gia'
esaminate  dall'On.le  Collegio  con  le  pronunce  interinali  sopra
richiamate, condivise da  questo  giudicante  nella  esposizione  dei
principi di diritto ivi sanciti. 
    L'ipotesi,   infatti,   va   oltre   la    mera    illegittimita'
costituzionale della norma allorche' essa impone per non darsi  luogo
all'iscrizione del nominativo del traente  nell'archivio  informatica
della Banca d'Italia (e la conseguente revoca di ogni  autorizzazione
a emettere assegni) - che, entro il termine di cui all'art.  8  della
stessa  legge,  venga  fornita  la  prova   dell'avvenuto   pagamento
dell'assegno, invece di ritenere sufficiente, a questi fini che,  nel
rispetto dei limiti temporali innanzi indicati, il titolo  sia  stato
effettivamente pagato. 
    La diversa chiave di lettura imposta  dal  caso  in  esame  muove
dalla circostanza che la procedura afflittiva e' stata  (a)  attivata
con la sua comunicazione al traente solo allorquando  il  titolo  era
gia' stato pagato e - in ogni caso - (b)  in  assenza  dei  requisiti
soggettivi imposti dall'art. 3 l.  cit.,  ossia  in  mancanza  di  un
creditore agente in recupero dell'importo facciate. 
    Questi elementi,  secondo  il  dato  testuale  del  provvedimento
normativo in parola, devono essere considerati a priori - a  monte  -
delle stesse procedure afflittive previste dagli artt. 8/8-bis, 9-bis
e  10-bis  l.  cit.  come  elemento  sostanziale  per   la   corretta
applicazione  delle  metodologie  operative   delle   operazioni   di
irrogazione. 
    Difettando i presupposti  per  l'applicabilita'  delle  sanzioni,
nessun procedimento puo' essere iniziato - lo  stesso  dato  testuale
dell'impianto che suggerisce codesta conclusione. 
    Infatti, l'art. 8, comma 1 l. cit. dispone che "nei casi previsti
dall'art. 2, le  sanzioni  amministrative  non  si  applicano  se  il
traente, entro sessanta giorni dalla data di scadenza del termine  di
presentazione del titolo, effettua il pagamento  dell'assegno,  degli
interessi, della penale e delle eventuali spese per il protesto o per
la constatazione equivalente (nda, al creditore che procede,  art.  3
l. cit.)". 
    E' sempre lo stesso art. 8, comma 4,  l.  cit.  dispone  che  "Il
procedimento per l'applicazione  delle  sanzioni  amministrative  non
puo' essere  iniziato  prima  che  sia  decorso  il  termine  per  il
pagamento indicato nel comma 1". 
    A fortiori esso non puo', e non deve, essere avviato nell'ipotesi
in cui il titolo sia stato pagato prima dell'avvio delle procedure di
comunicazione ed in assenza di un creditore che procede. 
    In ordine a  tale  ultima  ipotesi,  carente  questo  preliminare
requisito, neppure  la  clausola  penale  puo'  essere  applicata,  a
maggior ragione intimata dall'Istituto di credito, qualora non vi sia
un creditore agente per il recupero delle somme portate  dal  titolo,
nonostante  la  sua  funzione  pubblicistica,  in  quanto  non   piu'
sussistendo l'impagato per difetto di provvista non  vi  e'  piu'  un
creditore 
    Ora, la maggior parte delle circostanze che questo  Decidente  si
trova a dovere  affrontare  muovono  specularmente  dalle  asserzioni
difensive delle parti e dalla produzione da questi offerta. 
    Parte attrice ha documentalmente dimostrato  le  ragioni  per  le
quali duole il pregiudizio sofferto; di  contro,  parte  convenuta  -
nelle proprie alienazioni difensive  -  ha  espressamente  dichiarato
che, sebbene l'attore - traente avesse  ottemperato  con  ritardo  al
pagamento  della  clausola  penale  ovvero  alla  sua   comunicazione
all'istituto di credito Poste Italiane S.p.a.,  quest'ultimo  non  ha
posto in essere alcun procedimento afflittivo. 
    La  circostanza  si  appalesa  come   manifesta   disparita'   di
trattamento tra i soggetti che, emesso un titolo senza provvista, non
adempiono nel termine agli obblighi derivanti ex art. 3 l. cit. e non
comunicano tali adempimenti all'Istituto segnalante;  e  coloro  che,
emesso un titolo senza provvista, adempiono nel termine agli obblighi
derivanti ex art. 3 l. cit. ma non comunicano, ovvero  comunicano  in
ritardo, tali adempimenti all'Istituto segnalante. 
    Sotto tale profilo la norma di disciplina e' testualmente  chiara
al contenuto delle previsioni ex art. 8 ed 8-bis l. cit. 
    Diversamente, in relazione alla fattispecie  in  esame,  e'  dato
osservare  come  l'Istituto  di  credito  abbia  agito  in  veste  di
autorita' competente ex art. 4 l. cit. intimando l'adempimento  della
clausole a pena e  pur  non  avendone  competenza  e,  nonostante  le
irregolarita' del traente, discrezionalmente arroccandosi il  diritto
- potere di obliterare al contenuto delle disposizioni procedimentali
in caso di mancata comunicazione. 
    E allora delle due l'una, o l'art. 3 l. cit.  e'  applicabile  in
ogni caso ed a qualunque  ipotesi  anche  in  assenza  del  requisito
soggettivo, oppure no. 
    Ancora. 
    O, ai sensi dell'art.  4  l.  cit.  per  autorita'  competente  -
nell'ambito di un rapporto terzo fra  creditore  e  debitore  -  deve
riconoscersi  potere  anche  all'istituzione  bancaria  al  fine   di
"intimare" irrogazione delle sanzioni  nel  difetto  dello  spontaneo
adempimento alta clausola penale, oppure no. In tal caso, In  assenza
di tale potere, l'ufficio di credito deve (e non dovrebbe)  limitarsi
solo agli adempimenti ad esso derivanti dalla  disposizione  ex  art.
9-bis  l.  cit.  senza  poteri  in  ordine   alla   clausola   penale
diversamente ponendosi parte di un rapporto debito-credito  al  quale
e' estranea. 
    Ove cosi' non fosse, nell'ipotesi identica a  quella  di  specie,
sarebbe di assoluta evidenza il  vuoto  normativo  e  la  conseguente
disparita' di trattamento per l'arbitraria assimilazione  al  dettato
normativo di soggetti che, onorato il capitale prima del procedimento
di preavviso, vedano intimarsi successivamente dal  proprio  istituto
di credito l'ulteriore pagamento della clausola penale in  favore  di
un beneficiario non piu' creditore agente (ammesso  che  lo  sia  mai
stato anche per un istante.). 
    Giusto perche' a  questo  Decidente,  giudice  "a  quo",  incombe
l'obbligo  di  descrivere  compiutamente  la  fattispecie  cosi'   da
consentire il sindacato  di  incostituzionalita'  delle  disposizioni
censurande  da  parte  della  Corte,   e'   di   palmare   importanza
sottolineare  in  questo  provvedimento  come,  dalla  difesa   della
convenuta  azienda  di   credito   sia   emerso   che   l'intimazione
all'adempimento della clausola penale non sia stato legittimo poiche'
essa ha agito d'imperio  assimilando  codesta  fattispecie  a  quella
della effettiva emissione del titolo in permanenza di  difetto  della
provvista e non considerando che alla data del  preavviso  di  revoca
non sussistesse  piu'  un  creditore  beneficiario.  E'  altresi'  di
particolare importanza evidenziare come, seguendo la logica d'imperio
adottata da Poste Italiane S.p.a., alla omissione del traente non  ha
fatto seguito alcuna segnalazione e trasmissione  del  nominativo  di
quegli all'archivio della Banca d'Italia. 
    L'istituto  di  credito  quindi  non   vi   ha   provveduto   ne'
anteriormente ne' successivamente alla prova del  pagamento,  fornita
in ritardo dal traente. 
- Art. 2-3 e 41 Cost. 
    La disparita' di trattamento cui quest'ultimo e' stato sottoposto
appalesa illegittima applicazione di norme di legge,  usata  in  modo
univoco innanzi a fattispecie assolutamente opposte con  limitazione,
restrizione e violazione degli artt. 2, 3 e 41 Cost. 
    Ad  adiuvare   codesta   linea   interpretativa   sovvengono   le
disposizioni di cui agli artt. 50 e 32, R.D. 1736/1933. 
    La prima delle due norme, disciplinando i poteri del portatore in
regresso, sostanzialmente  trova  conferma  temporale  nella  lettera
dell'art. 3 - legge n. 386/90 del  quale  consente  migliore  e  piu'
ampia interpretazione. 
    La clausola penale non e' obbligo istituzionale ma e' obbligo del
debitore innanzi alla facolta' azionata dal creditore che agisce  per
il recupero del credito 50"  -  il  portatore  puo'  chiedere..."  in
presenza di pagamento spontaneo del debitore e di'  accettazione  del
creditore, che piu' non agisce, prima della notifica  dei  comunicati
ex art. 9-bis l. 386/90 non puo' piu'  intimarsi  applicazione  della
ulteriore clausola penale da parte del terzo  sotto  comminatoria  di
avvio del procedimento di irrogazione delle sanzioni. 
    La  seconda  delle  due  norme,  disciplinando  la   fase   della
presentazione e del pagamento al portatore  beneficiario,  offre  una
chiave di lettura diversa a quella sostenuta  dalla  convenuta  Poste
Italiane S.p.a. 
    Quest'ultima asserisce  infatti,  richiamando  la  vigenza  delle
condizioni  economiche  di  conto  corrente  e  del  relativo  foglio
informativo  (atti  espressione  di  volonta'  negoziale  unilaterale
assimilabili alla proposta di contratto, quindi non  fonte  normativa
di origine legislativa) che il versamento di un  assegno  si  presume
effettuato "salvo buon fine" ai sensi  dell'art.  1829  c.c.  e  tale
clausola comporterebbe che il rimettente acquisti  la  disponibilita'
della somma da esso portata solo dopo il suo effettivo pagamento. 
    Su tale assunto, la parte convenuta ha rilevato che il versamento
in effettuato dal correntista presso altro ufficio diverso da  quello
di radicamento, cosicche' qualora il beneficiario avesse voluto avere
la disponibilita' immediata della somma avrebbe dovuto  negoziare  il
titolo presso l'ufficio di radicamento del conto traente. 
    L'obiezione a parere di questo  Decidente  appare  destituita  di
pregio  poiche'  tale  estensione  all'interpretazione  della   norma
violerebbe la lettera  dell'art.  32  R.D.  1736/1933  parte  seconda
"32..., di quindici giorni se pagabile in altro comune del Regno...". 
    La testuale applicazione di tale periodo della norma citata, allo
stato non abrogata ne  espunta  dall'ordinamento  giuridico  vigente,
indica e sta a significare che al giorno  di  pagamento  dell'importo
facciate, durante la gestione del  periodo  di  impagato,  avendo  il
beneficiario incassato l'effetto postale dal  comune  di  Milano,  il
termine utile di pagamento era di quindici giorni e non di otto. 
    Con  cio'  trovando  giustificazione  il  pagamento  dell'importo
facciate alla data  dell'8  settembre  2009  come  momento  temporale
antecedente all'avvio delle procedure di preavviso  che,  allorquando
giunte a conoscenza del  traente  erano  gia'  state  di  gran  lunga
superate dalla sopravvenuta disponibilita' delle provviste  entro  il
termine richiesto proprio dall'art. 32 R.D. cit. 
    Cio' vuole significare che gli impugnati provvedimenti normativi,
applicati in modo univoco in situazioni difformi  dagli  Istituti  di
credito hanno riservato, e continuano a riservare, un  ingiustificato
trattamento di favore per le Banche e gli altri Enti Creditizi - che,
sotto  l'intimazione  della  comminatoria   di   maggiori   sanzioni,
intervengono da  terzi  in  rapporti  obbligatori  a  loro  estranei,
assumendo mola proprio quella qualifica di autorita' competenti  alla
vigilanza che nessuna norma ha  loro  riconosciuto  caratterizzandosi
come espressione di pericolo assimilabile agli  effetti  degli  artt.
1434-1435 e ss. c.c. nonche' art. 610 c.p. 
    La continuativa autorizzazione di tali atteggiamenti  all'interno
della collettivita' produttiva privata  ad  opera  dei  poteri  forti
rappresentati da Banche ed altri Enti Creditizi consente  di  privare
la collettivita' di uno strumento di lotta alle forme piu' subdole di
intimidazione, quella praticata per mezzo di  apparentemente  innocui
congegni  contrattuali   o   legislativi   deformati   dalla   prassi
applicativa, dei quali a rimanere vittima e' quasi sempre il semplice
consumatore; vale a dire quel cittadino che non vive  di  rendite  di
posizione, ma solo del proprio quotidiano lavoro, quello  sul  quale,
secondo l'art. 1 della Costituzione, e' fondata la nostra  Repubblica
Democratica. 
    Invero, un'interpretazione proveniente dal legislatore  si  rende
necessaria solo quando si vengono a determinare tra gli operatori del
diritto contrasti in ordine al significato di una legge  o  alle  sue
conseguenze giuridiche, cosa costantemente verificatasi per la  legge
n. 386/90. 
    Anzi, la soluzione adottata dalla  prassi  contrasta  apertamente
con l'interpretazione unanimemente data dal linguaggio  adottato  dal
legislatore. 
    L'irragionevolezza delle  norme  impugnate  appare  "ictu  oculi"
evidente  se  si  considera  che,  nella   controversia   in   esame,
applicandola, consentirebbe ad un Giudice di  Pace  della  Repubblica
una pronuncia di rigetto della domanda attore con riconoscimento  del
legittimo operato di Poste Italiane nella circostanziata applicazione
della  procedura  di  irrogazione  delle  sanzioni  (ugualmente   non
comminate) nonostante le omissioni e/o i ritardi dei traente. 
Art. 24 Cost. 
    Per  gli  stessi  motivi  risulta   violato   l'art.   24   della
Costituzione, atteso che tutti coloro, probabilmente non  molti,  che
hanno avuto la forza, il coraggio e l'intuito giuridico di opporsi in
un giudizio contro codesta prassi operativa  posta  in  essere  dalle
Banche e dagli altri Enti Creditizi si vedono lesi nel  diritto  alla
tutela giurisdizionale nella  quale  avevano  confidato  in  base  al
diritto vigente. 
    Risulta cosi' frustrata la tutela giurisdizionale di diritti lesi
dalla reiterazione di condotte  consapevolmente  finalizzate  ad  una
sorta di Intervento impositivo da parte di autorita' incompetenti,  e
non  riconosciute  legislativamente,  nel  farsi  portatori   di   un
interesse ultra contrattuale  in  assenza  dei  requisiti  soggettivi
previsti dalle norme sostanziali di disciplina ed in concomitanza  ai
limiti procedimentali delle disposizioni  attuative  della  legge  n.
386/1990 descritte in narrativa, cosi necessitandosi l'individuazione
di un criterio oggettivo per l'individuazione  del  limite  oltre  il
quale la  imposizione  dei  pagamenti  della  clausola  penale  sotto
comminatoria di degnazione alla centrale dei rischi di Banca d'Italia
integra   l'illegittimita'   di   un   comportamento   oggettivamente
perseguibile in sede civile nonche' una  condotta  assimilabile  alle
ipotesi di violenza privata in sede penale. 
Art. 25 Cost. 
    L'art. 25 della Costituzione, da  ritenersi  norma  non  solo  di
principio, e' violato perche'  con  l'applicazione  pragmatica  delle
impugnate disposizioni non si protegge il cittadino consumatore  che,
di fatto, nelle ipotesi identiche a quella in esame, viene a trovarsi
punito - in forma preventiva in assenza  di  una  precisa  disciplina
normativa che regoli l'ipotesi di settore. 
    L'atteggiamento cosi' posto in essere da  Banche  ed  altri  Enti
Creditizi deflette e scoraggia l'accesso al credito e alla iniziativa
economica  privala,  alla  quale  notoriamente  il   lavoratore,   il
consumatore, il  cittadino,  od  anche  un  semplice  professionista,
accede quale strumento di vita quotidiana in diretta  relazione  alle
condizioni quotidiane ed attuali del credito a consumo. 
    Viceversa,  dall'ammissibilita'   dell'atteggiamento   vessatorio
posto in essere da Banche ed  altri  Enti  Creditizi  l'unica  tutela
riconosciuta viene concessa giusto alla condotta dei  banchieri  piu'
arroganti che non si fanno mai carico,  da  contraenti  forti,  della
prevedibile evoluzione in senso vessatorio degli effetti delle prassi
operative bancarie  sulla  vita  dei  cittadini,  come  doverosamente
sarebbero tenuti a fare in base all'ordinamento e segnatamente subito
dopo l'entrata in vigore della legge n. 386/1990. 
    Tanto piu' se si considera che: 
      1) negli anni successivi all'entrata in vigore della  legge  n.
386/1990  la  Corte  di  Cassazione  ha  avuto  modo  di  soffermarsi
sull'interprestazione piu' estensiva dell'art. 3 l. cit. arrivando  a
statuire  il  consolidato   principio   secondo   il   quale   (solo)
nell'ipotesi  di  emissione  a  vuoto  di  assegni  bancari  non   e'
consentita la rinuncia alla penale di cui all'art. 3,  legge  n.  386
del 1990, non trattandosi di misura posta ad esclusivo vantaggio  del
creditore cartolare; 
      2) la natura della  clausola  penale  ex  art.  3  l.  cit.  si
differenzia  da  quella  disciplinata   dall'art.   1382   c.c.   che
costituisce pattuizione accessoria al contratto, per  la  sua  natura
pubblicistica poiche' gia' inerendo alla  procedibilita'  dell'azione
penale, attraverso la sanzione  del  pagamento  della  immodificabile
percentuale del 10% dell'importo  dell'assegno  mirava  a  dissuadere
dalla commissione del reato di emissione di assegni senza  provvista,
unica ipotesi codificata. 
    Principio di diritto: 
      Dica la Corte se l'interpretazione della legge n.  386/1990  in
relazione alle disposizioni di cui agli artt. 8 ed 8-bis, 9-bis  e  3
legge n. 386/1990, nel loro combinato disposto integrale con gli art.
1829 c.c. nonche' gli  artt.  32  e  50  -  R.D.  1736/1933,  laddove
applicate in ipotesi di  cd.  "check  trunckaction"  mediante  canali
telematici, pur soddisfacendo il creditore beneficiario, violando gli
artt. 2-3, 24-25  e  41  della  Costituzione,  legittimino  (o  meno)
l'Azienda di  Credito  a:  (1)  trattenere  dal  conto  corrente  del
debitore somme di  danaro  a  titolo  di  «servizio  commissioni  per
impagato  assegno»  senza  avere  dato  preventiva  comunicazione  al
debitore proprio cliente dell'intervenuta ri-negoziazione del titolo;
(2) trattenere dal conto corrente del  debitore  somme  di  danaro  a
titolo  di  «servizio  commissioni  per   impagato   assegno»   anche
nell'ipotesi in cui il titolo sia stato pagato e  non  stornato;  (3)
trattenere dal conto corrente del debitore somme di danaro  a  titolo
di «oneri accessori» ex art. 3, legge n. 386/1990 anche  nell'ipotesi
in cui il titolo sia stato pagato e non stornato; (4) "minacciare" il
debitore l'avvio della procedura CAI in caso  di  mancata  osservanza
del termine sancito dall'art. 8 l. cit. anche nell'ipotesi in cui  il
titolo sia stato pagato e non stornato; (5) non avvertire il debitore
che la procedura  CAI  e'  stata  interrotta  anche  nell'ipotesi  di
mancata trasmissione dei documenti richiesti dall'Azienda di  Credito
sebbene ottenuti dal debitore entro il medesimo termine; (6)  avviare
la procedura  prevista  dalle  norme  citate  prima  di  averne  dato
comunicazione al titolare del rapporto di conto corrente  interessato
secondo le medesime disposizioni applicate a titolo  preventivo;  (7)
omettere regolare comunicazione di blocco della avviata procedura  ex
legge n.  386/1990  nell'ipotesi  in  cui  il  traente  abbia  pagato
l'intero debito ed i suoi accessori attraverso  i  canali  telematici
gestiti dalla medesima Azienda di Credito e non altri;  (8)  omettere
regolare comunicazione di blocco della avviata procedura ex legge  n.
386/1990 nell'ipotesi in cui il traente abbia pagato l'intero  debito
ed i suoi accessori attraverso i canali ordinari gestiti da terzi  ed
in data successiva al termine di  cui  all'art.  8,  della  legge  n.
386/1990.