IL TRIBUNALE 
 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale 1252 del 2013, proposto da: Provincia  del  Verbano
Cusio Ossola, rappresentata e difesa dall'avv. Alessandra Simone, con
domicilio eletto presso T.A.R. Piemonte Segreteria in  Torino,  corso
Stati Uniti, 45, contro: 
        Regione Piemonte, rappresentata e difesa  dall'avv.  Giovanna
Scollo, con domicilio eletto presso Giovanna Scollo in Torino, piazza
Castello, 165; 
        Provincia di Biella; 
    per l'annullamento: 
        della  d.G.R.  47-6446  del   30   settembre   2013   recante
individuazione e riparto per il 2013  delle  risorse  finanziarie  da
destinare all'esercizio delle funzioni conferite  agli  Enti  locali,
nella parte in cui viene individuata in soli euro 912.526,86 la somma
da destinare alla Provincia del VCO; 
        della d.G.R. 26-6327 del 17 settembre 2013 inerente ulteriore
assegnazione di risorse finanziarie iscritte sul bilancio pluriennale
2013/2015; 
    e per l'annullamento di tutti gli atti  precedenti,  preordinati,
consequenziali  e  comunque  connessi  e  per   ogni   consequenziale
statuizione;   nonche',   per   l'eventuale   rinvio    alla    Corte
costituzionale, della questione di legittimita' costituzionale  della
legge regionale n. 9/2013 di approvazione del Bilancio di  previsione
regionale per contrasto con gli artt. 97, 117, 118 e 119 Cost.; 
    Visti il ricorso e i relativi allegati; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Piemonte; 
    Relatore nella camera di consiglio del giorno 15 gennaio 2014  il
dott. Antonino Masaracchia e uditi per  le  parti  i  difensori  come
specificato nel verbale; 
 
                                Fatto 
 
    1. La Provincia del Verbano Cusio Ossola ha  domandato  a  questo
TAR l'annullamento,  previa  sospensione  cautelare,  della  delibera
della Giunta regionale del Piemonte,  n.  47-6446  del  30  settembre
2013, recante l'individuazione  ed  il  riparto  per  il  2013  delle
risorse  finanziarie  da  destinare  all'esercizio   delle   funzioni
conferite agli Enti locali. Oggetto  di  impugnazione,  peraltro,  e'
anche la d.G.R. n. 26-6327, del 17 settembre 2013 (atto presupposto),
che ha assegnato le risorse finanziarie  di  parte  corrente  -  gia'
indicate nella legge regionale n. 9 del 2013, recante  l'approvazione
del bilancio di  previsione  regionale  per  il  2013  -  alle  varie
Direzioni regionali. 
    Lamenta la Provincia  ricorrente  -  in  quanto  conferitaria  di
funzioni  amministrative  regionali,   a   norma   del   sistema   di
decentramento amministrativo delineato dalla legge n.  59  del  1997,
dal d.lgs. n. 112 del 1998 e dalle leggi regionali attuative - che le
somme cosi' stanziate dalla Regione (per un importo riconosciuto alla
Provincia ricorrente di soli euro 912.526,86 complessivi),  non  sono
sufficienti a dare copertura neanche alle mere spese  necessarie  per
il funzionamento degli uffici provinciali che esercitano le  funzioni
decentrate, in quanto non consentono di coprire neppure gli  stipendi
del personale (ammontanti ad euro 2.173.140,00). 
    Vengono quindi sollevate diverse censure di legittimita'  avverso
le impugnate delibere, in particolare per violazione  dell'art.  149,
comma 4, del d.lgs. n. 267 del 2000 (norma che fonderebbe una "vera e
propria situazione giuridica di diritto  soggettivo  di  credito"  in
capo alla Provincia), dell'art. 4, comma 3, lett. i, della  legge  n.
59 del 1997 e degli artt. 3, comma 3, e 7, commi 2,  lett.  b,  e  8,
lett. d, del d.lgs. n. 112 del 1998, sub  specie  di  violazione  del
principio  di  copertura  finanziaria   "congrua"   dei   costi   per
l'esercizio delle funzioni  amministrative  conferite  dalle  Regioni
alle Province. 
    Si lamenta, similmente, anche la violazione degli artt.  7  e  10
della  legge  della  Regione  Piemonte  n.  17  del  1999  ("Riordino
dell'esercizio  delle   funzioni   amministrative   in   materia   di
agricoltura, alimentazione, sviluppo male, caccia  e  pesca),  e  dei
principi di cui alla legge della Regione  Piemonte  n.  34  del  1998
("Riordino delle funzioni e dei compiti amministrativi della  Regione
e degli Enti locali), segnatamente agli artt. 2, 4, 10 e 16;  nonche'
la violazione e falsa applicazione dell'art. 2 della legge  regionale
n. 44 del 2000 ("Disposizioni normative per l'attuazione del  decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 112 «Conferimento di funzioni e compiti
amministrativi dello Stato alle  regioni  ed  agli  enti  locali,  in
attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59»") ed, infine,
eccesso di potere sotto svariati aspetti. 
    In via subordinata, peraltro, la Provincia ricorrente ha  chiesto
a questo TAR di sollevare questione  di  legittimita'  costituzionale
della legge regionale di bilancio (la n. 9 del 2013), "nella parte in
cui assegna alla Direzione affari istituzionali  e  rapporti  con  le
autonomie locali - titolo 1 - spese corrente - cat 05 - la sola somma
di € 21.500.000,00", somma sulla  base  della  quale  individuare  la
ripartizione dei trasferimenti alla Provincia ricorrente. 
    2.  All'esito  dell'udienza  camerale  del  15  gennaio  2014  il
Collegio  ha  ritenuto  di  sollevare   questione   di   legittimita'
costituzionale in relazione alle norme delle leggi regionali del 2013
contenenti  il  bilancio  di  previsione  2013,  norme   riconosciute
rilevanti per la decisione del gravame, e, con separata ordinanza  n.
38  del  2014,  ha  disposto  la  sospensione  cautelare  degli  atti
impugnati  sino  alla  prima  camera  di  consiglio  successiva  alla
restituzione degli atti relativi al giudizio  da  parte  della  Corte
costituzionale. 
    Deve quindi osservarsi che questo TAR non ha ancora  esaurito  la
propria  potestas  iudicandi  nella  sede  cautelare,  in  quanto  la
sospensione degli atti impugnati e'  stata  disposta  sino  all'esito
della decisione della questione di legittimita' costituzionale  (cfr.
Corte cost,, seni. n. 172 del 2012). 
 
                               Diritto 
 
    1. Emerge dagli atti versati in giudizio che la Regione Piemonte,
in attuazione delle leggi regionali  n.  9  del  2013  ("Bilancio  di
previsione per l'anno finanziario 2013 e bilancio pluriennale per gli
anni finanziari 2013-2015")  e  n.  16  del  2013  ("Assestamento  al
bilancio di previsione per l'anno  finanziario  2013  e  al  bilancio
pluriennale per  gli  anni  finanziari  2013-2015"),  con  d.G.R.  n.
26-6327, del 17 settembre 2013, ha assegnato integralmente le risorse
finanziarie di parte corrente 2013 (pari ad euro 20.000.000,00)  alla
Direzione "Affari  Istituzionali  e  Avvocatura  -  Rapporti  con  le
Autonomie locali", per l'esercizio delle funzioni conferite agli Enti
locali piemontesi. Con la successiva deliberazione n. 47-6446, del 30
settembre 2013, la Giunta regionale ha quindi provveduto a  ripartire
proporzionalmente, tra i suddetti Enti,  la  somma  cosi'  assegnata,
provvedendo  per  l'effetto  ad  assegnare  alla  Provincia   odierna
ricorrente la somma complessiva di euro 912.526,86. 
    Tale  ultima  somma  e'  pero'  manifestamente  insufficiente   a
garantire la copertura di tutte le  spese  necessarie  a  far  fronte
all'esercizio  delle  funzioni   conferite   alla   Provincia.   Come
documentato in giudizio dalla ricorrente (doc. n. 6), infatti, per il
pagamento dei  soli  stipendi  al  personale  impiegato  nelle  varie
funzioni delegate la somma necessaria supererebbe i 2 milioni di euro
annui, con la conseguenza che l'amministrazione - oltre a  non  poter
materialmente esercitare le funzioni conferite - non sarebbe  neanche
in grado di mantenere le obbligazioni contratte con i terzi. 
    In proposito, non ignora il Collegio che, a norma  dell'art.  19,
comma 1, del d.lgs. n. 68  del  2011,  a  decorrere  dall'anno  2013,
ciascuna Regione a Statuto ordinario deve assicurare la  soppressione
di tutti i trasferimenti regionali, aventi carattere di generalita' e
permanenza, di parte  corrente  e,  ove  non  finanziati  tramite  il
ricorso all'indebitamento, in conto capitale diretti al finanziamento
delle spese delle Province, ai sensi dell'articolo 11, comma 1, lett.
e, della legge-delega n. 42 del 2009. Tale previsione normativa,  nel
concorrere ad attuare il disegno  di  federalismo  fiscale  ai  sensi
dell'art. 119 Cost., ha altresi' stabilito che, per  assicurare  alle
Province un importo corrispondente ai trasferimenti  regionali  cosi'
soppressi, ciascuna Regione deve comunque  determinare,  con  proprio
atto amministrativo (previo accordo concluso  in  sede  di  Consiglio
delle  autonomie  locali,  d'intesa  con  le  Province  del   proprio
territorio),  una  compartecipazione  delle   Province   alla   tassa
automobilistica regionale, con successiva possibilita' di adeguamento
dell'aliquota e di incremento della  compartecipazione;  in  caso  di
persistente incapienza rispetto all'ammontare delle risorse regionali
soppresse, ciascuna Regione e' altresi' chiamata ad  assicurare  alle
Province la compartecipazione ad altro tributo regionale, nei  limiti
della compensazione dei trasferimenti soppressi (comma 2 dell'art. 19
cit.). E' stato altresi' previsto che, in caso di mancata  fissazione
della compartecipazione alla tassa automobilistica entro la data  del
30 novembre 2012, lo Stato sarebbe intervenuto in via sostitutiva  ai
sensi dell'art. 8 della legge n. 131 del 2003. 
    Con riguardo alla situazione esistente  in  Piemonte,  la  difesa
della Regione non ha documentato se essa abbia fissato, entro  il  30
novembre 2012, la misura della suddetta compartecipazione; ne' se  si
e' verificato un  successivo  intervento  statale  sostitutivo;  ne',
ancora, se sia stato istituito il "Fondo  sperimentale  regionale  di
riequilibrio" che, ai sensi del comma 4 della disposizione in  esame,
potrebbe  consentire  di   realizzare,   in   forma   progressiva   e
territorialmente equilibrata, l'attuazione  del  nuovo  sistema.  Nel
presente  giudizio,  l'amministrazione   resistente   ha   unicamente
riferito che, con d.G.R. n. 27-6545, del 22 ottobre 2013,  la  Giunta
regionale ha costituito un "tavolo  regionale  di  coordinamento"  in
materia di riorganizzazione del conferimento  delle  funzioni  e  dei
compiti amministrativi della Regione e degli  Enti  locali:  in  tale
atto, in effetti (doc. n. 1 della Regione), e'  stato  deliberato  di
affidare   al   suddetto   "tavolo   di   coordinamento"   anche   la
determinazione della percentuale di compartecipazione delle  Province
alla tassa automobilistica spettante alla Regione "in misura tale  da
assicurare  un  importo  corrispondente  ai  trasferimenti  regionali
soppressi in applicazione delle disposizioni di cui all'alt.  19  del
d.lgs.  68/2011".  Ma  e'   evidente   che,   al   momento,   nessuna
determinazione e' stata adottata; con la conseguenza che  l'eventuale
venir  meno  dei  trasferimenti  regionali,  ai  sensi  del  comma  1
dell'art. 19 del d.lgs. n. 68  del  2011,  non  potrebbe  attualmente
trovare copertura in alcuna  voce.  Ne  consegue  l'attuale  completa
inoperativita', per la Regione  Piemonte,  della  previsione  di  cui
all'art. 19 del d.lgs. n. 68 del 2011: tale norma, rimasta  inattuata
nella pars construens (ossia,  laddove  assicura  il  recupero  delle
risorse soppresse), non  puo'  di  conseguenza  trovare  applicazione
neanche nella pars destruens (ossia, laddove dispone la  soppressione
dei trasferimenti regionali alle Province), pena la violazione  delle
disposizioni costituzionali che di seguito si  richiameranno  (infra,
par. n. 2): con la conseguenza che questo Giudice deve  interpretarla
in modo costituzionalmente orientato, ossia  nel  senso  che  la  sua
operativita' deve rimanere sospesa finche' non saranno  concretamente
stabilite le modalita' di recupero delle risorse soppresse. 
    2.  Le  leggi  regionali  che  hanno  approvato  il  bilancio  di
previsione per l'anno 2013,  dal  canto  loro,  nello  stabilire  una
consistente riduzione degli stanziamenti a favore delle Province  per
le funzioni loro delegate  (riduzione  pari  a  circa  il  50%  delle
risorse stanziate per il 2012 le quali,  a  loro  volta,  erano  gia'
state consistentemente diminuite rispetto agli anni  precedenti),  di
fatto  impediscono  a  queste  ultime  la  concreta  possibilita'  di
esercitare quelle funzioni, in violazione degli artt. 114, 117,  119,
97, 3 e 118 Cost. 
    2.1.  Si  evidenzia,  anzitutto,  la  violazione   dell'autonomia
finanziaria delle Province, di cui agli artt. 117 e  119  Cost.,  con
negative ricadute anche sul buon andamento dell'amministrazione (art.
97 Cost.). 
    Fintanto che le Province continuano ad essere individuate,  nella
Costituzione,  come  enti  costituenti  la  Repubblica  e  dotati  di
autonomia, anche finanziaria (art. 114, commi 1 e 2, e 119,  comma  1
Cost.), la sottrazione delle risorse  loro  spettanti  in  base  alla
legge si traduce in una menomazione della loro autonomia  finanziaria
(cfr. Corte cost., sent. n. 241 del 2012) perche' costringe tali enti
a dare copertura ai  costi  delle  funzioni  trasferite  con  risorse
proprie  (che,  peraltro,  la  Provincia  ricorrente  allega  di  non
possedere). Al tempo stesso, la descritta menomazione  dell'autonomia
finanziaria si traduce in un ostacolo  all'assolvimento  dei  compiti
istituzionali  che,  anche  in   base   al   ricordato   sistema   di
decentramento amministrativo avviato con la legge  n.  59  del  1997,
tali  enti  territoriali  sono  chiamati  a   svolgere.   L'autonomia
finanziaria e', infatti, funzionale all'assolvimento di detti compiti
(cosi' Corte cost., sent. n. 63 del 2013), ed il suo venir  meno  non
favorisce di certo l'effettivo esercizio delle funzioni e dei servizi
secondo criteri di efficienza, efficacia  ed  economicita'.  In  tale
quadro, pertanto, il ruolo delle autonomie locali, quale  attualmente
disegnato   dalle   richiamate   norme   costituzionali,   non   puo'
considerarsi compatibile con una drastica riduzione dei  servizi  che
gli Enti locali sono chiamati a fornire  ai  cittadini,  giustificata
esclusivamente da considerazioni di carattere finanziario. 
    L'equilibrio di bilancio che anche le  Regioni  sono  chiamate  a
mantenere,  insieme  al  loro  dovere  di  concorrere  ad  assicurare
l'osservanza   dei   vincoli   economici   e   finanziari   derivanti
dall'ordinamento dell'Unione europea (art. 119, comma 1, Cost., nella
formulazione risultate a seguito della legge cost.  n.  1  del  2012,
peraltro solo a decorrere dall'esercizio finanziario 2014), non  puo'
infatti tradursi  nel  taglio  indiscriminato  dei  servizi  e  delle
attivita' amministrative, assurgendo a  valore  primario  del  nostro
ordinamento costituzionale. Analogamente  a  quanto  osservato  dalla
sentenza n. 36 del 2013 della Corte costituzionale (tesa  in  materia
di Livelli essenziali di assistenza), anche il soddisfacimento  delle
ordinarie attivita' amministrative non  dipende  solo  dalle  risorse
disponibili, ma anche dalla loro allocazione ed  utilizzazione:  cio'
soprattutto allorche' - come nel  caso  di  specie  -  il  mancato  o
l'insufficiente stanziamento comporti la compromissione delle istanze
costituzionali gia' richiamate. Pertanto anche  le  leggi  regionali,
della cui legittimita'  costituzionale  in  questa  sede  si  dubita,
potevano e dovevano allocare od utilizzare diversamente le risorse  a
disposizione, pur di garantire alle Province  la  salvaguardia  della
loro autonomia finanziaria e - correlativamente - pur di mantenere il
buon andamento nell'amministrazione pubblica. Il  tutto,  ovviamente,
nel necessario rispetto del principio di previa copertura della spesa
in sede legislativa (art. 81, comma 4 Cost). 
    Va, in proposito, ricordato che - come  piu'  volte  sottolineato
dalla Corte costituzionale - se e' vero che dall'art.  81  Cost.  (ai
cui principi anche le Regioni devono sottostare:  cfr.,  di  recente,
Corte cost., sent. n. 4 del 2014) deriva un principio di  tendenziale
equilibrio finanziario dei bilanci dello  Stato  (e  delle  Regioni),
tanto su base annuale che su base pluriennale,  "da  questa  premessa
non puo' logicamente conseguire che sussista  in  materia  un  limite
assoluto alla  cognizione  del  giudice  di  costituzionalita'  delle
leggi. Al contrario, ritenere che quel principio sia riconosciuto  in
Costituzione non puo' avere altro significato che affermare che  esso
rientra nella tavola complessiva dei valori  costituzionali,  la  cui
commisurazione  reciproca  e  la  cui  ragionevole  valutazione  sono
lasciate al prudente apprezzamento" della Corte  costituzionale.  "In
altri termini, non si puo' ipotizzare che la  legge  di  approvazione
del bilancio dello Stato o  qualsiasi  altra  legge  incidente  sulla
stessa costituiscano una zona franca sfuggente a qualsiasi  sindacato
del giudice di costituzionalita', dal momento che non vi puo'  essere
alcun valore costituzionale la cui attuazione possa  essere  ritenuta
esente dalla  inviolabile  garanzia  rappresentata  dal  giudizio  di
legittimita' costituzionale" (cosi' Corte cost.,  sent.  n.  260  del
1990). 
    2.2. Al contempo, si staglia  anche  la  violazione  dell'art.  3
della Costituzione, sia sotto il profilo  dell'irragionevolezza,  sia
sotto il  profilo  della  violazione  del  principio  di  eguaglianza
sostanziale. 
    Sul primo versante,  la  drastica  riduzione  degli  stanziamenti
sofferta dalla Provincia ricorrente  non  tiene  conto  dell'esigenza
(logica, ancor prima che giuridica) che le funzioni  assegnate  siano
conferite  unitamente  alle   risorse   disponibili   per   il   loro
svolgimento, vieppiu' in considerazione del livello dei  costi  delle
funzioni delegate. 
    Sul secondo versante, appare  al  Collegio  evidente  che  quella
drastica riduzione si pone in frontale contrasto con il compito della
Repubblica (e quindi, per la parte di propria competenza, anche delle
Regioni) di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che,
limitando  di  fatto  la  liberta'  e  l'eguaglianza  dei  cittadini,
impediscono il pieno  sviluppo  della  persona  umana  e  l'effettiva
partecipazione di tutti  i  lavoratori  all'organizzazione  politica,
economica e sociale del Paese (art. 3, comma  2  Cost.).  E'  infatti
evidente che  il  mancato  esercizio  delle  funzioni  delegate  alle
Province - afferenti a settori  nevralgici  della  vita  economica  e
sociale della comunita' territoriale:  si  pensi,  solo  per  citarne
alcuni, all'industria, alle  miniere,  all'inquinamento  atmosferico,
acustico ed elettromagnetico, alla gestione dei rifiuti, all'energia,
alla tutela delle acque,  alla  difesa  del  suolo,  alla  protezione
civile, al turismo, ai trasporti, all'istruzione, ai servizi sociali,
ai  beni  culturali,  ecc.  -  lungi  dal  "rimuovere"  gli  ostacoli
descritti dall'art. 3, comma 2 Cost., al contrario li  causerebbe  e,
allo stesso tempo, si tradurrebbe in inaccettabili discriminazioni di
fatto tra i cittadini e nella sostanziale negazione dei loro  diritti
di liberta'. 
    2.3. Si evidenzia, infine,  anche  la  violazione  dell'art.  118
Cost.   e   dei   principi   ivi   proclamati   di    sussidiarieta',
differenziazione ed adeguatezza. 
    Siffatti principi postulano, infatti,  che  determinate  funzioni
siano conferite anche alle Province le  quali,  cosi',  ne  diventano
titolari ai sensi  dell'art.  118,  comma  2  Cost.  In  tale  quadro
costituzionale, il mantenimento delle  funzioni  gia'  conferite  con
legge statale, accompagnato pero' dal taglio delle risorse  destinate
a quelle funzioni, equivale ad una sostanziale  espropriazione  delle
funzioni di cui le Province sono titolari, in violazione del  dettato
costituzionale  e  del  principio  di  sussidiarieta'  verticale  (in
applicazione del quale, invece, quelle funzioni erano state  allocate
alle Province). Ne esce violentato anche il principio di adeguatezza,
in quanto lo stanziamento disposto e' del tutto inidoneo a consentire
alla Provincia di far  fronte  ai  costi  che  lo  svolgimento  delle
funzioni delegate implica. 
    3. La questione di legittimita' costituzionale cosi'  prospettata
e' anche rilevante per la decisione che questo  TAR  dovra'  assumere
sul ricorso, ai sensi dell'art. 23 della legge n. 87 del 1953. 
    Le impugnate delibere di  Giunta  regionale,  nell'attribuire  lo
stanziamento oggetto di contestazione alla Provincia ricorrente,  non
potevano infatti che rimanere entro gli  ambiti  finanziari  indicati
dalle leggi regionali di  approvazione  del  bilancio  di  previsione
2013, con riferimento alle somme  da  queste  indicate  nell'apposita
Unita' previsionale di base (UPB) n. DB05011 "Affari istituzionali ed
Avvocatura - Rapporti con le Autonomie  locali"  -  Titolo  1  "Spese
correnti"  -  cat.  05  "Trasferimenti  correnti  ad  amministrazioni
pubbliche", di cui all'Allegato A di entrambe  le  leggi  (intitolato
"Bilancio di previsione per l'anno finanziario 2013"). In  tal  senso
si e' infatti mossa, dapprima, la d.G.R. n. 26-6372, del 17 settembre
2013, la quale ha provveduto ad "assegnare integralmente  le  risorse
regionali 2013 di parte corrente delle Direzioni Affari istituzionali
ed Avvocatura", e  successivamente  la  d.G.R.  n.  47-6446,  del  30
settembre  2013,  la  quale   ha   specificamente   provveduto   alla
suddivisione e  ripartizione  di  quelle  risorse  agli  Enti  locali
piemontesi (nelle cui premesse, tra l'altro, si  legge  che,  con  la
precedente d.G.R. n. 26-6372, del  17  settembre  2013,  "sono  state
assegnate le risorse finanziarie  di  € 20.000.000,00  (Ass.  100591)
alla Direzione 'Affari istituzionali  ed  Avvocatura'  stanziate  sul
Cap. 149827 del Bilancio 2013 per le  funzioni  conferite  agli  Enti
locali del Piemonte"). E' quindi evidente che le  impugnate  delibere
di Giunta regionale non avrebbero potuto attribuire agli Enti  locali
piemontesi maggiori risorse rispetto a quelle indicate negli allegati
delle leggi di approvazione del bilancio 2013 e che - di  conseguenza
- le doglianze in questa sede avanzate dalla Provincia ricorrente non
possono che coinvolgere, in via necessaria e  pregiudiziale,  proprio
quelle leggi di bilancio. 
    In particolare, vengono in considerazione ai fini del giudizio di
costituzionalita': 
        l'art. 2, commi 1 e 2, della legge della Regione  Piemonte  7
maggio 2013, n. 9 ("Bilancio di  previsione  per  l'anno  finanziario
2013 e bilancio pluriennale  per  gli  anni  finanziari  2013-2015"),
mediante il quale e' stato approvato il totale generale  delle  spese
ed e' stata autorizzata l'assunzione degli impegni di spesa  entro  i
limiti degli stanziamenti di competenza  dello  stato  di  previsione
della spesa per l'anno finanziario 2013, in  combinato  disposto  con
l'Allegato A della  medesima  legge,  nella  parte  relativa  all'UPB
DB05011 - Titolo 1 - cat. 05; 
        l'art. 4 della medesima legge regionale, che ha approvato  il
quadro generale riassuntivo del bilancio per l'anno finanziario 2013,
in combinato disposto con l'Allegato A della  medesima  legge,  nella
parte in cui assegna al Capitolo n.  149827  (denominato  "Fondo  per
l'esercizio delle funzioni conferite  (L.R.  34/98)")  la  somma,  in
termini di competenza, di curo 20.000.000,00; 
        l'art. 1 della legge della Regione Piemonte 6 agosto 2013, n.
16 ("Assestamento al bilancio di previsione  per  l'anno  finanziario
2013 e al bilancio pluriennale per gli anni  finanziari  2013/2015"),
che ha introdotto gli aggiornamenti e le  variazioni  allo  stato  di
previsione dell'entrata e della spesa del bilancio di previsione  per
l'anno finanziario 2013, in combinato disposto con l'Allegato A della
medesima legge, nella parte relativa all'UPB DB05011  -  Titolo  1  -
cat. 05. 
    Il Collegio ritiene pertanto che sussistano tutti  i  presupposti
per sollevare questione di legittimita' costituzionale delle indicate
disposizioni.