IL TRIBUNALE DI RAVENNA sez. lavoro 
 
    Il giudice dott.  Roberto  Riverso  ha  pronunciato  la  seguente
ordinanza  nella  causa  tra  Nardini  Graziella  piu'  altri,  tutti
dipendenti in servizio in Uffici del Ministero della Giustizia, 
    Federazione Confsal-Unsa, con sede in Roma Via della Trinita' dei
Pellegrini I C.F: 97007610583 in  persona  del  Segretario  Generale,
sindacato maggiormente rappresentativo  del  comparto  Ministeri  cui
sono iscritti i ricorrenti e che agisce anche in proprio, 
    ricorrenti 
    Contro Ministero della Giustizia, in  persona  del  Ministro  pro
tempore rappresentato e difeso ed elettivamente domiciliato ope legis
presso l'Avvocatura dello Stato 
    resistente 
    Per il riconoscimento,  previo  accertamento  dell'illegittimita'
del blocco stipendiale e contrattuale al 2010: 
        del  diritto  dei  ricorrenti  ad  ottenere   l'aumento   e/o
adeguamento del proprio trattamento retributivo fermo dal 2010 per le
deroghe  agli  strumenti  di   aumento   e/o   rideterminazione   e/o
adeguamento degli stipendi e dei trattamenti economici,  fondamentali
ed accessori, dei dipendenti pubblici per il 2011, 2012 e 2013 e  dal
blocco delle procedure  contrattuali;  e  comunque  del  diritto  dei
ricorrenti ad ottenere indennizzo e/o indennita' per il danno  patito
derivante dall'incisione sulla retribuzione giusta e proporzionale  -
ex art. 36 Cost. - alla quantita'  e  qualita'  del  lavoro  prestato
nella rispettiva mansione e posizione economica dal carico di  lavoro
aumentato per la diminuzione del numero dei  dipendenti  dell'Ufficio
che hanno avuto accesso alla pensione dal 2010 e non reintegrati  per
il c.d. blocco legislativo del turn over  ed  in  ragione  anche  del
mancato adeguamento degli stipendi quantomeno all'inflazione  e/o  al
costo della vita; 
        del  diritto  della   sigla   sindacale   Confsal-unsa   alla
partecipazione alle procedure  contrattuali  collettive  oltreche'  a
sostenere le ragioni di cui sopra dei propri iscritti. 
    A scioglimento della riserva espressa a verbale dell'udienza  del
4 febbraio 2014, 
 
                               Osserva 
 
    1. - I ricorrenti hanno agito in giudizio  sostenendo  di  essere
dipendenti  in  servizio  degli  uffici  giudiziari  di  Ravenna;  di
percepire ad oggi la retribuzione (v. statini paga prodotti in  atti)
cosi' come determinata nel 2010; di avere  diritto  agli  adeguamenti
stipendiali e retributivi previo annullamento, ad opera  della  Corte
Costituzionale, della normativa che ha determinato il  blocco'  degli
stipendi al 2010 e fino al 2014. Hanno  percio'  osservato  che  come
tutti i dipendenti delle  pubbliche  amministrazioni  con.  contratto
c.d.  privatizzato,  percepiscono  uno  stipendio  bloccato  al  2010
siccome derivante dal  c.d.  blocco  stipendiale  e  delle  procedure
contrattuali  collettive  e  dei  meccanismi  di  adeguamento   della
retribuzione; che da tale data quindi non percepiscono alcun  aumento
e/o rideterminazione o adeguamento della retribuzione. Tutto cio' ope
legis, per gli stringenti interventi normativi di contenimento  della
spesa pubblica perseguiti a carico dei dipendenti pubblici, derivanti
anche dal divieto di rinnovo delle  procedure  contrattuali,  in  cui
sono parti i sindacati, che ha portato al blocco  della  retribuzione
per il periodo 2011-2013, prorogato poi in corso  di  causa  sino  al
2014. 
    2. - La   Federazione   Confsal-Unsa,   sindacato    maggiormente
rappresentativo del comparto Ministeri e primo per rappresentativita'
nel Ministero della Giustizia, ha agito in giudizio  sia  a  sostegno
delle ragioni dei ricorrenti, propri iscritti; sia  autonomamente  ed
in  proprio,  per  veder  riconosciuto,   previa   dichiarazione   di
illegittimita' della normativa suindicata, il  proprio  diritto  alla
partecipazione alla contrattazione  ed  alle  procedure  contrattuali
collettive - bloccate ex lege - da  cui  derivano  gli  strumenti  di
determinazione e  di  adeguamento  della  retribuzione  (art.  45  n.
165/2001); e quindi al ripristino della stessa contrattazione,  quale
strumento principe con il quale esso  esercita  la  propria  liberta'
sindacale  garantita  dalla  Costituzione  a  tutela  collettiva  dei
diritti dei lavoratori. 
    3. - Il Ministero della Giustizia convenuto si e'  costituito  in
giudizio attraverso  l'Avvocatura  Distrettuale  dello  Stato  ed  ha
eccepito l'infondatezza nel  merito  delle  domande  e  delle  stesse
questioni pregiudiziali di costituzionalita', sollevando pure in  via
preliminare alcune eccezioni in punto di competenza  per  territorio,
legittimazione attiva e passiva delle parti. 
    4. - Le eccezioni  preliminari  relative  alla  incompetenza  per
territorio dei dipendenti D'Amore Carla e Poletti Anna, al difetto di
legittimazione attiva dei ricorrenti e passiva  del  Ministero  della
Giustizia  verranno  decise  insieme  al  merito  della  causa,  dopo
l'incidente di costituzionalita' promosso con questa ordinanza. 
    5. -   L'eccezione   preliminare   relativa    alla    competenza
territoriale sulla domanda  azionata  in  proprio  dal  sindacato,  e
rivolta alla riapertura  del  procedimento  contrattuale  collettivo,
viene invece decisa separatamente con la dichiarazione d'incompetenza
per territorio di questo giudice  adito  a  favore  del  giudice  del
lavoro di Roma dove  ha  sede  il  Ministero  convenuto,  domiciliato
presso l'Avvocatura generale dello Stato; e cio' ai  sensi  dell'art.
413, comma 7 e degli artt. 18  e  19  c.p.c.  in  base  al  foro  del
convenuto persona giuridica. 
    6. - Tale decisione di carattere processuale non incide  peraltro
sullo spettro delle questioni  di  costituzionalita'  prospettate  in
ricorso e qui delibate in via incidentale. Nella specie,  essendo  da
riconoscere il diritto del sindacato a sostenere le domande svolte in
giudizio dai propri iscritti,  in  quanto  pregiudicate  proprio  dal
blocco  della  contrattazione,  tale  ultimo  profilo  rimane  dunque
rilevante  nella  causa  e  deve  essere  scrutinato  ai  fini  della
decisione sulle domande svolte  dagli  stessi  dipendenti,  le  quali
sottendono anche il ripristino di regolari dinamiche contrattuali, in
conformita' ai precetti della Costituzione. 
    7. - Tanto premesso, si osserva in punto di diritto: 
        A.  Il  decreto-legge  31  maggio  2010,  n.  78  (in  Suppl.
ordinario n. 114 alla Gazz. Uff., 31 maggio 2010, n. 125). -  Decreto
convertito, con modificazioni, in legge 30  luglio  2010,  n.  122  -
Misure  urgenti  in  materia  di  stabilizzazione  finanziaria  e  di
competitivita' economica (MANOVRA ECONOMICA l  -  DECRETO  ANTICRISI)
all'art. 9 «Contenimento delle spese in materia di impiego pubblico»,
prevede ai commi: 
          1. Per gli anni 2011, 2012 e 2013 il trattamento  economico
complessivo dei singoli dipendenti, anche di qualifica  dirigenziale,
ivi compreso  il  trattamento  accessorio,  previsto  dai  rispettivi
ordinamenti  delle  amministrazioni  pubbliche  inserite  nel   conto
economico   consolidato   della   pubblica   amministrazione,    come
individuate dall'Istituto nazionale di statistica  (ISTAT)  ai  sensi
del comma 3 dell'articolo i della legge 31 dicembre 2009, n. 196, non
puo' superare, in ogni caso, il trattamento ordinariamente  spettante
per  l'anno  2010,  al  netto  degli  effetti  derivanti  da   eventi
straordinari della. dinamica retributiva, ivi incluse  le  variazioni
dipendenti da eventuali arretrati, conseguimento di funzioni  diverse
in corso d'anno, fermo in ogni caso quanto  previsto  dal  comma  21,
terzo e quarto periodo, per  le  progressioni  di  carriera  comunque
denominate,  maternita',  malattia,   missioni   svolte   all'estero,
effettiva presenza in servizio, e dall'articolo 8,  comma  14,  fatto
salvo quanto previsto dal comma 17, secondo periodo (1). 
          2-bis. A decorrere  dal  1°  gennaio  2011  e  sino  al  31
dicembre  2013  l'ammontare  complessivo  delle   risorse   destinate
annualmente al trattamento accessorio del personale, anche di livello
dirigenziale, di ciascuna delle amministrazioni di  cui  all'articolo
1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165,  non  puo'
superare il corrispondente importo dell'anno 2010  ed  e',  comunque,
automaticamente ridotto in misura proporzionale  alla  riduzione  del
personale in servizio. 
          17. Non si da' luogo, senza possibilita' di recupero,  alle
procedure contrattuali e negoziali relative al triennio 2010-2012 del
personale di cui all'articolo 2, comma 2 e  articolo  3  del  decreto
legislativo 30 marzo 2001, n.  165  e  successive  modificazioni.  E'
fatta salva  l'erogazione  dell'indennita'  di  vacanza  contrattuale
nelle misure previste a  decorrere  dall'anno  2010  in  applicazione
dell'articolo 2, comma 35, della legge 22 dicembre 2008, n. 203. 
          21.   ......Per   il   personale    contrattualizzato    le
progressioni di carriera comunque denominate ed  i  passaggi  tra  le
aree eventualmente disposte  negli  anni  2011,  2012  e  2013  hanno
effetto, per i predetti anni, ai fini esclusivamente giuridici. 
        B. Il decreto-legge 6 luglio 2011 n. 98 (in Uff.,  6  luglio,
n. 155). - Decreto convertito, con modificazioni, in legge 15  luglio
2011,  n.  111.  -  Disposizioni  urgenti  per   la   stabilizzazione
finanziaria. (MANOVRA ECONOMICA 2) all'art.  16  «Contenimento  delle
spese in materia di impiego pubblico» prevede che: 
          1. Al fine di assicurare il consolidamento delle misure  di
razionalizzazione e contenimento della spesa in materia  di  pubblico
impiego adottate nell'ambito della manovra di  finanza  pubblica  per
gli  anni  2011-2013,  nonche'  ulteriori  risparmi  in  termini   di
indebitamento netto, non inferiori a 30 milioni di  euro  per  l'anno
2013 e ad euro 740 milioni di euro  per  l'anno  2014,  ad  euro  340
milioni di euro per l'anno 2015 ed a 370  milioni  di  euro  annui  a
decorrere dall'anno 2016 con uno o piu'  regolamenti  da  emanare  ai
sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n.  400,
su  proposta  dei  Ministri  per  la   pubblica   amministrazione   e
l'innovazione e dell'economia e delle finanze, puo' essere disposta: 
b) la proroga fino al 31 dicembre 2014 delle vigenti disposizioni che
limitano la crescita dei trattamenti economici  anche  accessori  del
personale delle pubbliche amministrazioni previste dalle disposizioni
medesime; 
c) la fissazione delle modalita' di calcolo  relative  all'erogazione
dell'indennita' di vacanza contrattuale per gli anni 2015-2017; 
        C. Successivamente al deposito del ricorso, e' intervenuto il
d.P.R. 4 settembre 2013 n. 122 - pubblicato in  G.U.  il  25  ottobre
2013  -  che  ha  prorogato  il  blocco  contrattuale  e  stipendiale
esercitando la facolta' di cui alla disposizione  da  ultimo  citata.
Trattasi del "Regolamento in materia  di  proroga  del  blocco  della
contrattazione  e  degli  automatismi  stipendiali  per  i   pubblici
dipendenti», con il quale alla lett. a) e' stata disposta la  proroga
fino al 31 dicembre 2014 delle disposizioni recate dall'art. 9, comma
1, del d.l. n. 78/2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n.
122/2010; nonche' alla lett. c) e' stata consentita  la  negoziazione
per gli anni 2013-2014  ma  per  la  sola  parte  normativa  e  senza
possibilita'  di  recupero  per  la  parte  economica.  Nel  medesimo
regolamento alla lett. d) si  precisa,  altresi',  che  «non  si  da'
luogo,  senza  possibilita'  di  recupero,  al  riconoscimento  degli
incrementi contrattuali eventualmente previsti a decorrere  dall'anno
2011»  e  si  aggiunge  che  «in  deroga  alle  previsioni   di   cui
all'articolo 47-bis, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo  2001,
n. 165, e successive modificazioni,  ed  all'articolo  2,  comma  35,
della legge 22 dicembre 2008, n. 203, per gli anni 2013 e 2014 non si
da' luogo, senza  possibilita'  di  recupero,  al  riconoscimento  di
incrementi  a  titolo  di  indennita'  di  vacanza  contrattuale  che
continua ad essere corrisposta, nei predetti anni,  nelle  misure  di
cui all'art. 9, comma  17,  secondo  periodo,  del  decreto-legge  31
maggio 2010, n. 78»; 
    8. -  La  questione  di   illegittimita'   costituzionale   della
normativa citata, sollecitata dalla difesa  delle  parti  ricorrenti,
appare anzitutto rilevante. 
    Tutti i dipendenti ricorrenti hanno  invocato  nella  domanda  un
adeguamento della retribuzione ex art. 36 della Cost. quanto meno  in
misura corrispondente all'inflazione ed all'aumento del  costo  della
vita e la condanna del Ministero convenuto al pagamento  del  dovuto,
anche per il passato. 
    La norma costituzionale, per risalente e consolidato orientamento
giurisprudenziale, deve essere utilizzata direttamente dal giudice di
merito per garantire un trattamento retributivo  corrispondente  alla
quantita' e qualita' del lavoro svolto da ogni lavoratore, oltre  che
per assicurare al lavoratore  ed  alla  sua  famiglia  una  esistenza
libera e dignitosa. 
    Nel caso in  esame,  cio'  puo'  essere  assicurato  solo  previa
rimozione della normativa avente valore  primario  che  incide  sulla
corretta  quantificazione  costituzionale  della   retribuzione   dei
lavoratori, violando i parametri appresso indicati e mortificando  la
stessa personalita' morale dei lavoratori. 
    9. - Art. 3, l e 2 commi Cost. 
    Il «blocco» contrattuale e conseguentemente stipendiale  colpisce
soltanto  una  categoria  di   cittadini   (i   pubblici   dipendenti
contrattualizzati) e  neppure  tutte  le  categorie  appartenenti  al
pubblico impiego. 
    La censura di costituzionalita' e' dunque plurima: il d.lgs.  165
del 2001 equipara i pubblici dipendenti ai dipendenti privati, ma per
quanto riguarda  il  blocco  in  oggetto  ai  secondi  non  e'  stato
applicato (tantomeno la proroga). 
    D'altra parte tra gli stessi pubblici dipendenti alcune categorie
sono state esentate dal blocco essendone  espressamente  esclusi  gli
appartenenti al comparto scuola pur privatizzati, le forze armate,  i
prefetti, gli ambasciatori, ecc. 
    Il legislatore non ha imposto percio' a tutti  i  lavoratori  gli
onerosi sacrifici imposti ad alcuni dipendenti pubblici,  sicche'  il
blocco e l'ulteriore proroga e' lesiva dell'art. 3 della Costituzione
poiche' contrario ai principi di uguaglianza formale e sostanziale  e
di ragionevolezza della legge. 
    E' noto come, secondo la  stessa  giurisprudenza  costituzionale,
normative siffatte ancorche' emanate «in un  momento  delicato  della
vita  nazionale»,   avente   «la   finalita'   di   realizzare,   con
immediatezza, un contenimento della spesa pubblica»,  possano  essere
riconosciute legittime  in  quanto  eccezionali,  sicche'  il  blocco
esaurisca  «i  suoi  effetti  nell'anno  considerato,  limitandosi  a
impedire erogazioni per esigenze di riequilibrio del bilancio» (Corte
Cost. sentenza 18 luglio 1997 n. 245). 
    Secondo tale giurisprudenza (v. anche Corte Cost. 7 luglio  1999,
n. 299; sull'eccezionalita' e temporaneita' di norme  restrittive  in
ordine all'autonomia negoziale e ai sacrifici imposti  ai  lavoratori
v. pure Corte Cost. 9 giugno 1988 n. 697; e le piu' recenti  sentenze
n.223/2012 e 116/2013) il legislatore  nell'imporre  sacrifici  anche
onerosi, deve  rispettare  l'art.  3  della  Costituzione,  sotto  il
duplice  aspetto  della  non  contrarieta'  sia   al   principio   di
uguaglianza sostanziale sia a quello della  non  irragionevolezza,  a
condizione che i suddetti sacrifici  siano  eccezionali,  transeunti,
non arbitrari e consentanei allo scopo prefisso. 
    Pertanto,  avuto  riguardo  agli  stessi  criteri  dettati  dalla
giurisprudenza costituzionale (sentenza 245/1997) per la validita' di
analoghe  misure  dei  passato  (cfr.  art.7  del  d.l.  384/92),  va
osservato  come  quelle  in  discussione,  per   quanto   qualificate
espressamente come eccezionali, non siano in realta' tali, in  quanto
non sono certamente temporanee, essendo state disposte per piu'  anni
e poi successivamente prorogate. 
    Esse non sono nemmeno coerenti  allo  scopo  prefisso  in  quanto
hanno inciso su dipendenti a reddito piu' basso, esentando  quelli  a
reddito alto (es. prefetti o ambasciatori). 
    Tutto cio' si evince anche dal parere favorevole (richiamato  nel
contenuto  del  ricorso  introduttivo)  espresso  dalle   Commissioni
parlamentari riunite I e IX sul testo  legislativo,  nell'iter  della
approvazione  della  normativa,  parere  che  appariva  espressamente
condizionato  al  fatto  che  «alla  luce  dei  richiamati   principi
costituzionali le misure adottate devono avere un carattere del tutto
eccezionale e provvisorio rendendo, per il futuro,  non  ipotizzabile
un  ulteriore   allungamento   temporale,   che   rischierebbero   di
trasformare un meccanismo che doveva essere una tantum  limitato  nel
tempo in una vera e propria deroga al meccanismo medesimo da valutare
attentamente rispetto alle previsioni costituzionali, con particolare
riguardo a quelle  recate  dagli  articoli  3,  36,  39  e  97  della
Costituzione». 
    10. - Art. 2 e 53 Cost. 
    Le disposizioni  indicate  sono  inoltre  contrarie  ai  principi
costituzionali di gradualita' dei sacrifici imposti ex art.53  ed  al
principio di solidarieta' ex art. 2; in quanto proprio  i  dipendenti
pubblici con  stipendi  piu'  bassi  vengono  colpiti  a  scapito  di
soggetti con  piu'  elevato  reddito,  come  per  esempio  accade  ai
dirigenti dei medesimi uffici giudiziari dove lavorano i ricorrenti. 
    Inoltre a titolo esemplificativo: al  Ministero  degli  esteri  i
diplomatici sono esentati dal blocco  mentre  il  semplice  impiegato
vede lo stipendio bloccato. Al Ministero degli interni i prefetti non
hanno il blocco stipendiale ed i semplici dipendenti si'. Per  quanto
riguarda poi il settore del pubblico  impiego  non  contrattualizzato
come i magistrati si ricorda che questi hanno visto rimosso il blocco
retributivo  disposto  dalla  medesima  normativa,  in  virtu'  della
sentenza della Corte Cost. n.223  del  2012  (richiamata  in  ricorso
insieme a quella n. 116/2013  relativa  al  prelievo  sulle  pensioni
superiore ad un tetto elevato); mentre  esso  ancora  permane  per  i
lavoratori  appartenenti  allo  stesso  comparto  giustizia  come  i'
ricorrenti. 
    11. - Art. 36 e 53 Cost. 
    Nel corso degli anni compresi nel blocco (2011 - 2014) gli stessi
ricorrenti hanno certamente maturato maggiori anzianita' di lavoro ed
affinamento professionale, spesi a beneficio  del  datore  di  lavoro
pubblico, ma non hanno visto riflesse tali loro accresciute  qualita'
in alcun adeguamento della retribuzione percepita. 
    Il blocco contrattuale e stipendiale - senza alcuna  possibilita'
di recupero  (art.  9  comma  17  cit.)  -  incide  sui  principi  di
adeguatezza e proporzionalita' della retribuzione  al  lavoro  svolto
dai ricorrenti, anche in ragione  di  altri  due  fattori:  anzitutto
perche' la perdita del potere di acquisto dovuta al c.d. costo  della
vita ed all'inflazione reca pregiudizio ai lavoratori che non  vedono
dal 2010 adeguati gli stipendi. Inoltre, il c.d. blocco del turn over
(art. 66 D.L.112/08 convertito in legge 133/2008; art.3,  comma  102,
della legge n. 244/2007 - Legge Finanziaria  2008  -  aveva  previsto
limitazioni in tema di assunzione di personale a tempo  indeterminato
per  l'anno  2010;  art.9,  comma  5,  del  D.L,  78/2010;  art.   16
D.L.98/2011 - L.111/201l) fa si' che dal 2010 in avanti ii lavoratore
del settore giustizia sopporti un  lavoro  superiore  a  quello  ante
blocco stipendiale. Infatti il blocco del turn over  costringe  tutta
la PA a non assumere da anni nemmeno per coprire i  posti  vacanti  a
causa dei pensionamenti. 
    Pertanto il medesimo lavoro giudiziario (in  realta'  accresciuto
in modo consistente negli anni in considerazione) viene svolto da  un
minor numero di dipendenti.  Cio'  accade  anche  presso  gli  uffici
giudiziari di Ravenna dove, come dedotto in giudizio dai ricorrenti -
senza alcuna contestazione  -  sono  diminuiti  i  dipendenti  ed  e'
aumentato il carico di lavoro ed  il  ritmo  stesso  del  lavoro  per
quelli rimasti in servizio. Tutto questo proprio in conseguenza  alla
ripartizione dei  compiti  residuati  dall'uscita  di  una  quota  di
dipendenti a seguito di pensionamento ed all'aumento in assoluto  dei
procedimenti trattati ogni anno. 
    Anche questo profilo di aumento quantitativo del  lavoro  non  ha
visto, pero', alcun corrispondente apprezzamento  nel  quantum  della
retribuzione erogata  ai  lavoratori  come  prescritto  dal  precetto
costituzionale; e cio' in ragione del deprecato blocco normativamente
disposto. 
    D'altra parte, aver bloccato lo stipendio per  4  anni  a  fronte
della perdurante corsa dell'inflazione, si risolve in una sostanziale
decurtazione dello stipendio; e  cioe'  in  una  perdita  retributiva
secca ed in definitiva in un prelievo patrimoniale  che  si  e'  pure
decretato essere insuscettibile di'  recupero  alcuno.  Mentre  tutto
questo  non  puo'  essere  consentito  alla  legge  dalla  disciplina
costituzionale dettata dall'art.36 Cost. e dallo stesso art. 53 Cost. 
    12. - Art. 35 e 39 Cost. 
    Sotto  questi  profili,  che  qui  rilevano  anche  soltanto  per
l'azione  adesiva  e  di  sostegno  delle  ragioni   dei   lavoratori
dispiegata dal sindacato ricorrente, si richiamano sostanzialmente le
osservazioni formulate dal  Tribunale  di'  Roma  nell'ordinanza  del
27.11.2013 che sulla medesima normativa in oggetto ha  sollevato  una
questione di costituzionalita' in relazione ai profili collettivi  ed
alle prerogative sindacali, incise dalla legislatore. 
    La sospensione della possibilita' di  negoziare,  anche  solo  in
ordine   ad   incrementi   retributivi,    viene    a    determinare,
indirettamente,   un'anomala   interruzione   dell'efficacia.   delle
disposizioni vigenti in materia (artt. 40, comma 1, art. 43, comma  e
art. 45,  comma  1°,  d.lgs.  n.  165/2001)  e,  quindi,  del  valore
dell'autonomia negoziale e della liberta'  sindacale  riservata  alle
parti  nell'ambito  della  contrattazione  collettiva,   interruzione
determinata a causa della esclusiva ed  affatto  peculiare  posizione
dello Stato-datore di lavoro. Peraltro, in un  regime  normativo  nel
quale la retribuzione e' determinata  da  accordi  di  categoria,  il
rispetto del principio costituzionale della proporzionalita'  tra  il
lavoro svolto  e  la  sua  remunerazione  e'  affidato  proprio  allo
strumento del contratto collettivo (tanto che  i  minimi  retributivi
previsti  dalla  contrattazione   collettiva   sono   assunti   dalla
giurisprudenza, quale diritto vivente, quale parametro di riferimento
della giusta retribuzione spettante al lavoratore ex art.  36  Cost.,
anche indipendentemente dall'iscrizione o meno del datore  di  lavoro
ad un'associazione sindacale stipulante: ex multis Cass.  15.10.2010,
n.   21274);   conseguentemente,   l'inibizione   prolungata    della
contrattazione in ordine all'adeguamento dei trattamenti  retributivi
rafforza il dubbio di una conseguente -violazione  del  principio  di
proporzionalita'  e  sufficienza   della   retribuzione.   Ne'   tale
situazione risulta sanata per effetto  della  parziale  ri-espansione
del diritto alla negoziazione  previsto  dal  citato  regolamento  n.
122/2013:  infatti,  da  un  lato  l'ammissibilita'  delle  procedure
contrattuali  e'  stata  limitata  agli  anni  2013/2014,   rimanendo
comunque  compromessa,  dunque,  quella  per  gli   anni   2010-2012;
dall'altro -ed e' l'aspetto che maggiormente rileva- la  negoziazione
e' stata circoscritta alla parte normativa e  senza  possibilita'  di
recupero per la parte economica. Pertanto, non solo rimane inibita la
contrattazione sui trattamenti  retributivi,  con  gli  effetti  gia'
sopra delineati, ma viene  ulteriormente  ribadita  l'esclusione  del
recupero,  con  cio'  evidenziando  il  carattere  definitivo   della
limitazione  imposta   a   prescindere   dalla   attuale   situazione
emergenziale posta a fondamento della decretazione d'urgenza.