IL TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI VENEZIA Sezione IIIa civile Il giudice dott. Maurizio Gionfrida, ha pronunciato la seguente Ordinanza Nella causa civile promossa con ricorso ex art. 702-bis C.P.C. depositato in data 7 febbraio 2014, da: Benaglia Franco - Mercanzin Giampaolo - Turci Lanfranco - Zanotti Katia - Sentimenti Mauro - Lovo Francesco - Zorzi Giorgio - Grossele Paolo - Mortandello Riccardo - Dall'Aglio Francesca; proc. dom. Avv. Felice Besostri e Francesco Versace, per mandato a margine del ricorso, Ricorrenti contro Stato Italiano Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell'interno - rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, Convenuti Motivi della decisione I ricorrenti, tutti cittadini elettori in Comuni appartenenti alla Circoscrizione dell'Italia settentrionale orientale nelle Elezioni del Parlamento Europeo, con il ricorso in esame, ritenendo non conformi alla normativa comunitaria EU e alla Costituzione della Repubblica Italiana, le norme nazionali disciplinanti l'attribuzione dei seggi nelle consultazioni per l'elezione del Parlamento Europeo, hanno introdotto il presente giudizio formulando le seguenti conclusioni: «Piaccia al Tribunale Civile di Venezia, ogni contraria istanza e deduzione disattesa, cosi' giudicare: previo rinvio pregiudiziale ai sensi dell'art. 267 TFUE alla Corte di Giustizia dell'UE delle questioni relative all'interpretazione/applicazione del diritto comunitario avvalendosi del procedimento pregiudiziale accelerato ai sensi dell'art. 104-bis del regolamento di procedura della Corte di Giustizia UE cosi' come riconosciuto dalla stessa Corte di Giustizia UE con nota del 5 dicembre 2009 n. C-297/01 (ora art. 105 G.U.CE 29 settembre 2012 n. L265 ) previa rimessione alla Corte Costituzionale, delle questioni incidentali di costituzionalita' che con il presente atto vengono dedotte in giudizio, considerata la loro rilevanza ai fini del decidere e ritenuta la loro non manifesta infondatezza: accertare e dichiarare il diritto degli elettori ricorrenti come identificati in atto di esercitare il proprio diritto di voto libero, eguale, personale e diretto, cosi' come attribuito e garantito nel suo esercizio dalla Costituzione Italiana e dai vigenti Trattati sull'Unione Europea e il suo funzionamento e norme comunitarie. In caso di resistenza alla domanda dei ricorrenti, spese compensate in quanto non vi e' un interesse privato nel suo accoglimento, ma interesse personale come cittadini elettori alla regolarita' del processo elettorale.» Si e' costituita l'Avvocatura dello Stato eccependo preliminarmente il difetto di giurisdizione e l'irricevibilita' delle domande per intervenuta decadenza, attenendo le contestazioni alle operazioni elettorali gia' concluse con l'elezione del Parlamento Europeo per il 2009; nel merito ha dedotto la manifesta infondatezza delle questioni e chiesto il rigetto delle domande in quanto infondate. L'eccezione pregiudiziale dell'Avvocatura va disattesa dovendosi rilevare che i ricorrenti hanno fatto concreto riferimento ai risultati delle consultazioni del 2009 al fine di dimostrare che la denunciata compressione e limitazione del diritto di voto non assume rilievo meramente teorico; la domanda di accertamento e' invece formulata con riferimento alle future consultazioni per l'elezione del Parlamento Europeo e in tal senso va affermata la giurisdizione dell'A.G.O. a conoscere della controversia e riconosciuta l'ammissibilita' della domanda in considerazione dell'interesse ad agire, qualificato agli effetti dell'art. 100 C.P.C., connesso all'accertamento della pienezza del diritto di voto quale diritto politico di rilevanza fondamentale nell'assetto democratico costituzionale. Va peraltro rilevato che la scelta del rito sommario, di cui all'art. 702-bis C.P.C., non esonera il ricorrente dalla specificazione dei requisiti di cui ai numeri 3) e 4) dell'art. 163 C.P.C., e dall'individuare in particolare gli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda. E parallelamente nel sollevare una questione incidentale di costituzionalita' la parte assume l'onere di individuare, ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, le disposizioni che si ritengono illegittime ed i parametri costituzionali di riferimento. Nel caso in esame i ricorrenti hanno chiesto l'accertamento del diritto di esprimere un voto libero, eguale, personale e diretto, come riconosciuto dalla Costituzione e dai Trattati comunitari ed enumerando tutta una serie di norme di riferimento, direttamente richiamate (pag. 4, punto 2 del ricorso) o indirettamente individuate mediante rinvio allegato n. 3. Dall'esposizione del ricorso l'oggetto della domanda risulta sufficientemente definito soltanto con riguardo alle seguenti questioni sulle quali e' richiesta la verifica della conformita' delle disposizioni indicate ai precetti costituzionali e definite rilevanti ai fini della decisione. Denunciano nella sostanza i ricorrenti l'illegittimita' degli artt. 21, comma 1, n. 1-bis e 2; 22 della legge 24 gennaio 1979, n. 18, nella parte in cui introducono una soglia di sbarramento per le liste che non abbiano conseguito sul piano nazionale almeno il quattro per cento dei voti validi espressi, escludendo di fatto le stesse anche dall'assegnazione dei seggi restanti alle liste con maggiori resti e comportanti l'esclusione dal rimborso delle spese elettorali. Altre questioni, enucleabili all'interno del lungo excursus del ricorso e commiste al commento di dati delle concluse consultazioni elettorali, attengono alla denuncia della violazione dei principi sulla parita' di genere, per contrasto con gli artt. 3 e 51 Cost., ma la questione e' stata recentemente disciplinata dalla Camera nella seduta del 9 aprile 2014 e in data 25 aprile 2014 e' entrata in vigore la relativa legge 22 aprile 2014, n. 65, recante norme per l'elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia, in materia di garanzie per la rappresentanza di genere, e relative disposizioni transitorie inerenti alle elezioni da svolgere nell'anno 2014. Non assume infine autonoma rilevanza, con riguardo all'accertamento che forma oggetto della domanda, la prospettazione di una disparita' di trattamento per l'asserito maggior favore per le minoranze linguistiche, in quanto suscettibili di potersi sottrarre alla soglia di sbarramento. L'illegittimita' degli artt. 21, comma 1, n. 1-bis e 2; 22 della legge 24 gennaio 1979, n. 18, per aver introdotto una soglia di sbarramento del quattro per cento e' denunciata quale violazione dei principi posti dagli artt. 1, 2, 3, 48, 49, 51, 56, 58 e 117, primo comma della Costituzione della Repubblica, dell'art. 3 della CEDU nonche' degli artt. 20, 22, 223 e 224 TFUE, e 2, 6, 9, 10 e 14 TUE, del Preambolo CPV 2, artt. 10, 12, 20, 21, 39, 51, 52 e 53 della carta dei diritti fondamentali dell'unione europea, degli att. 1, comma 1 nn. 2), 3) e 8) della Decisione del Consiglio 2002/772/Ce/Euratom che modifica l'atto relativo all'elezione dei rappresentanti al Parlamento Europeo a suffragio universale diretto allegato alla Decisione del Consiglio n. 76/787 del 20 settembre 1976 («atto di Bruxelles»). Sostengono ricorrenti che le disposizioni della legge n. 18 del 1979, e in particolare dell'art. 21, comma I, n. 1-bis, inserita dalla legge 20 febbraio 2009, n. 10, introducendo la limitazione che consente l'attribuzione dei voti alle sole liste che abbiano conseguito sul piano nazionale almeno il 4 per cento dei voti validi espressi, violerebbero i principi che garantiscono al cittadino di esercitare il diritto di voto, libero, eguale, personale e diretto, nella sua pienezza, quale garantito dalle disposizioni della Costituzione e dalla normativa dei Trattati comunitari richiamate, disconoscendo nella sostanza rilievo e significato ad una porzione consistente dell'elettorato privata di fatto di una effettiva rappresentanza in seno al Parlamento Europeo. Sottolineano i ricorrenti che l'esistenza di una soglia di sbarramento nella normativa nazionale puo' trovare giustificazione al fine di evitare l'eccessiva frammentazione dei partiti ed assicurare la stabilita' del governo, che dalle Camere elette deve ottenere la fiducia; laddove analoga esigenza non puo' invece ravvisarsi con riguardo all'elezione del Parlamento europeo che ha funzioni diverse dal Parlamento nazionale e non deve concedere la fiducia ad alcuna forma di governo, espletando compiti di coordinamento con gli altri organi in rappresentanza di tutti i cittadini dell'Unione. Va osservato preliminarmente che la regolamentazione del procedimento elettorale del Parlamento Europeo e' disciplinata dal gia' richiamato «Atto di Bruxelles», relativo all'elezione dei membri del Parlamento europeo a suffragio universale diretto (Allegato alla decisione del Consiglio 76/787/CECA, CEE, Euratom del 20 settembre 1976 approvata con legge 6 aprile 1977, n. 150, nel testo risultante a seguito della decisione del Consiglio 2002/772/CE, Euratom del 25 giugno 2002 e del 23 settembre 2002). Il sistema prevede l'elezione a suffragio universale diretto, libero e segreto, e che in ciascuno Stato membro, i membri del Parlamento europeo sono eletti a scrutinio di lista o uninominale preferenziale con riporto di voti di tipo proporzionale. L'art. 3 (gia' art. 2-bis) stabilisce poi che gli Stati membri possano prevedere la fissazione di una soglia minima per l'attribuzione dei seggi a livello nazionale non superiore al 5% dei suffragi espressi. I ricorrenti ravvisando la contrarieta' di tale ultima previsione della decisione del Consiglio 76/787/CECA, CEE, Euratom, con i principi dei Trattati dell'UE hanno chiesto il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia della UE ai sensi dell'art. 267 TFUE, ma in contrario va rilevato che l'Atto di Bruxelles non e' fonte normativa che valga ad introdurre la limitazione della soglia di sbarramento nella legislazione interna dei singoli Stati. La previsione dell'art. 3 e' infatti volta solamente a consentire agli Stati membri l'introduzione della soglia, nel limite massimo del 5%, ma non detta una disciplina positiva operante nei singoli ordinamenti, liberi di non fissare alcuna restrizione di soglia, ne' prevale su fonti nazionali di rango costituzionale che precludano l'introduzione di simili limitazioni, tenendo conto che l'art. 8 (gia' art. 7) dell'Atto di Bruxelles rinvia, per quanto non previsto dallo stesso atto, per la disciplina della procedura elettorale alle disposizioni nazionali degli Stati membri che «possono eventualmente tener conto delle particolarita'» ma non pregiudicare nel complesso il carattere proporzionale del voto. Ne consegue che, se la soglia imposta dalla legge nazionale n. 18 del 1979 risultasse in contrasto con i principi della nostra Carta Costituzionale, rimarrebbe, a seguito di una eventuale dichiarazione di illegittimita' costituzionale, concretamente inoperante l'astratta autorizzazione dell'Atto di Bruxelles, come per gli Stati che non abbiamo inteso avvalersi di tale previsione, e come avveniva anche in Italia nel sistema in vigore fino alle modifiche introdotte con la legge 20 febbraio 2009, n. 10. La questione di legittimita' costituzionale sollevata e' rilevante posto che ai fini del richiesto accertamento sulla pienezza del diritto di voto dell'elettore in occasione delle consultazioni per l'elezione del Parlamento Europeo deve farsi applicazione necessaria della disposizione e il giudizio non puo' essere definito indipendentemente dalla risoluzione delle questione. La questione inoltre non puo' ritenersi manifestamente infondata. Il precedente rappresentato dalla pronuncia della Corte Costituzionale n. 271 del 2010, richiamata anche dall'Avvocatura, non ha risolto il quesito in discussione, posto che allora il Giudice remittente sollevo' la questione di legittimita' dell'art. 21 della legge n. 18 del 1979 non disconoscendo la legittimita' della soglia di sbarramento in se' considerata, ma dubitando della legittimita' della limitazione dell'accesso al riparto dei seggi in base ai resti per le liste che non avessero raggiunto il quoziente elettorale nazionale (sicche' la Corte rilevo' l'inammissibilita' della questione perche' prospettata in modo contraddittorio, e per altro verso perche' prospettava un intervento additivo in assenza di una soluzione costituzionalmente obbligata). I ricorrenti chiedono invece oggi che sia riconosciuta l'illegittimita' in radice dell'imposizione della soglia di sbarramento, in quanto limitazione irrazionale ed immotivata del diritto di voto, neppure sorretta da quelle esigenze di stabilita' del governo della cosa pubblica che anche recentemente vengono invocate a sostegno del mantenimento di una soglia di sbarramento nelle consultazioni politiche per le elezioni nazionali delle Camere. Il dubbio circa la conformita' ai precetti costituzionali delle disposizioni della legge nazionale richiamate non appare agevolmente superabile posto che la limitazione del diritto degli elettori appare confliggente con il diritto di voto personale, eguale, libero ed effettivo riconosciuto dagli artt. 1, 3, 48 della Costituzione della Repubblica. Come e' noto in un sistema elettorale di tipo proporzionale l'introduzione di una soglia di accesso alla rappresentanza e' stata giustificata dalla necessita' di evitare una eccessiva frammentazione dei partiti politici, fonte potenziale di instabilita' dei governi e del sistema, posto che il governo ha necessita' di avere e mantenere la fiducia delle camere. Nel sistema adottato per l'elezione del Parlamento europeo, a suffragio universale, libero e diretto, e' stata espressa la scelta di tipo proporzionale, e la legge nazionale n. 18 del 1979 ha coerentemente previsto che i membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia sono eletti a suffragio universale con voto diretto, libero e che l'assegnazione dei seggi tra le liste concorrenti e' effettuata in ragione proporzionale; ma l'introduzione della soglia di sbarramento, comportante l'attribuzione dei seggi alle sole liste che abbiano conseguito sul piano nazionale almeno il 4 per cento dei voti validi espressi non appare sostenuta da alcuna motivazione razionale che giustifichi la limitazione della rappresentanza. Il Parlamento europeo, infatti, non ha il compito di eleggere o dare la fiducia ad alcun governo dell'Unione, al quale possa fornire stabilita' di indirizzo politico e continuita' di azione; ne' ha un ruolo determinante nella produzione legislativa, collaborando invece con il Consiglio nella discussione e nell'approvazione della normativa europea, ed esercitando il controllo sulle altre Istituzioni dell'Unione e concorrendo all'approvazione del bilancio. La stessa questione e' stata affrontata dalla Corte Costituzionale Federale Tedesca che, con sentenza del 9 novembre 2011, ha accolto due ricorsi in materia elettorale, dichiarando l'illegittimita' costituzionale della clausola di sbarramento del 5% fissata dalla legge nazionale tedesca per le consultazioni del Parlamento europeo. E recentemente la stessa Corte Federale, con Sentenza del 26 febbraio 2014, ha ribadito l'illegittimita' costituzionale della soglia di sbarramento, reintrodotta dal legislatore nazionale, nella misura del 3%, ritenendo la limitazione della rappresentanza del tutto ingiustificata e in contrasto con i principi di eguaglianza del voto e di pari opportunita' per i partiti politici. Per quanto attiene alla legislazione nazionale italiana la Corte Costituzionale ha anche recentemente ricordato (Corte Cost. n. 1 del 4 dicembre 2013 - dep. 13 gennaio 2014) che il sistema elettorale, pur costituendo espressione dell'ampia discrezionalita' legislativa, non e' esente da controllo, essendo sempre censurabile in sede di giudizio di costituzionalita' quando risulti manifestamente irragionevole (sentenze n. 242 del 2012 e n. 107 del 1996; ordinanza n. 260 del 2002). L'introduzione della soglia di sbarramento nelle consultazioni per l'elezione del Parlamento Europeo, per quanto esposto, appare priva di giustificazione e irrazionale e comporta la svalutazione della volonta' di parte anche consistente dell'elettorato che abbia espresso preferenze per liste che abbiano conseguito sul piano nazionale meno del 4 per cento dei voti validi espressi. Si profila pertanto in conflitto con i principi relativi alla eguaglianza e pari dignita' del diritto di voto che trovano garanzia nell'art. 48 della Costituzione repubblicana, in attuazione del principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 e quale manifestazione dell'esercizio della sovranita' popolare di cui all'art. 1, comma 2 Cost. nell'investitura delle cariche pubbliche rappresentative.