Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, in persona del Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato (C.F. n. 80224030587 per il ricevimento degli atti, fax 06/96514000 e PEC ags_m2@mailcert.avvocaturastato.it), presso i cui uffici e' legalmente domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12, contro la regione Abruzzo (C.F. n. 80003170661) in persona del Presidente della Giunta regionale pro tempore, piazza S. Giusta Palazzo Centi - L'Aquila cap 67100, per la declaratoria della illegittimita' costituzionale della legge della regione Abruzzo n. 25 del 28 aprile 2014, pubblicata sul Bollettino ufficiale della regione Abruzzo n. 53 (speciale) del 9 maggio 2014, recante «Integrazione alla legge regionale 21 luglio 1999, n. 44, recante «Norme per il riordino degli enti di edilizia residenziale pubblica» e modifiche alla legge regionale 25 ottobre 1996, n. 96, recante «Norme per l'assegnazione e la gestione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica e per la determinazione dei relativi canoni di locazione», come da delibera del Consiglio dei ministri in data 30 giugno 2014. 1) In particolare, si censura per illegittimita' costituzionale la intera legge regionale per avere il Consiglio regionale legiferato, oltrepassando i limiti della sua natura di organo in prorogatio, in difetto dei requisiti di indifferibilita' ed urgenza, per violazione dell'art. 86 dello statuto regionale, in relazione all'art. 123 Cost. 2) Si censura, altresi', l'art. 1 della legge regionale n. 25/2014 per violazione dell'art. 117, comma 2, lettera m) della Costituzione, per avere esorbitato la regione Abruzzo dai limiti della propria competenza regionale, nella parte in cui la norma regionale prevede una particolare destinazione dei proventi derivanti dalla vendita degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, in contrasto con la normativa statale (in particolare, art. 3, comma 1, del decreto-legge 28 marzo 2014, n. 47, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 2014, n. 80, recante «Misure per l'alienazione del patrimonio residenziale pubblico». F a t t o La legge della regione Abruzzo n. 25 del 2014, che detta disposizioni in materia di riordino degli enti di edilizia residenziale pubblica, presenta profili di illegittimita' costituzionale per le seguenti motivazioni. 1) Illegittimita' costituzionale della legge 28 aprile 2014, n. 25, per avere il Consiglio regionale legiferato, oltrepassando i limiti riconducibili alla sua natura di organo in prorogatio, per violazione dell'art. 86, terzo comma, dello statuto regionale, in relazione all'art. 123 Cost. In via preliminare, va considerata la questione relativa all'esercizio del potere dell'organo legislativo regionale in casi di scioglimento dell'assemblea regionale per fine legislatura, con specifico riferimento all'approvazione della legge regionale in esame. Il Consiglio regionale Abruzzo e', attualmente, in regime di prorogatio. Con la legge costituzionale n. 1/1999 la disciplina del sistema elettorale e dei casi di ineleggibilita' e di incompatibilita' e' stata devoluta al legislatore regionale. In particolare, detta legge costituzionale ha attribuito allo statuto ordinario la definizione della forma di governo e l'enunciazione dei principi fondamentali di organizzazione e funzionamento della regione, in armonia con la Costituzione (art. 123, primo comma, Cost.). Nel contempo, la disciplina del sistema elettorale e dei casi di ineleggibilita' e di incompatibilita' e' stata demandata allo stesso legislatore regionale, sia pure nel rispetto dei principi fondamentali fissati con legge della Repubblica, «che stabilisce anche la durata degli organi elettivi» (art. 122, primo comma, Cost.). L'art. 86, comma 3, dello statuto della regione Abruzzo testualmente recita: »... nei casi di scioglimento anticipato e di scadenza della legislatura: a) le funzioni del Consiglio regionale sono prorogate, secondo le modalita' disciplinate nel regolamento, sino al completamento delle operazioni di proclamazione degli eletti nelle nuove elezioni limitatamente agli interventi che si rendono dovuti in base agli impegni derivanti dall'appartenenza all'Unione europea, a disposizioni costituzionali o legislative statali o che, comunque, presentano il carattere della urgenza e necessita'; b) le funzioni del Presidente e della Giunta regionale sono prorogate sino alla proclamazione del nuovo Presidente della regione limitatamente all'ordinaria amministrazione e agli atti indifferibili; in caso di impedimento permanente, morte e dimissioni volontarie del Presidente della regione, le sue funzioni sono esercitate dal Vicepresidente «in caso di scioglimento anticipato e di scadenza della legislatura, il Consiglio e l'Esecutivo regionale sono prorogati sino alla proclamazione degli eletti nelle nuove elezioni, indette entro tre mesi dal Presidente della Giunta, secondo le modalita' definite dalla legge elettorale». La Corte costituzionale ha gia' piu' volte riconosciuto che, anche in assenza di specifiche disposizioni statutarie, nel periodo antecedente alle elezioni per la loro rinnovazione e fino alla loro sostituzione, i consigli regionali, dispongono «di poteri attenuati confacenti alla loro situazione di organi in scadenza, analoga, quanto a intensita' di poteri, a quella degli organi legislativi in prorogatio» (cfr. sentt. nn. 468/1991; 515/1995; 196/2003; 68/2010). Nel periodo pre-elettorale si verifica, in sostanza, una fase di depotenziamento delle funzioni del Consiglio regionale, la cui ratio e' stata individuata dalla giurisprudenza costituzionale nel principio di rappresentativita' connaturato alle assemblee consiliari regionali, in virtu' della loro diretta investitura popolare e della loro responsabilita' politica verso la comunita' regionale. L'istituto della prorogatio, come chiarito nella sentenza n. 515/1995, e' volto a coniugare il principio di rappresentativita' politica del Consiglio regionale «con quello della continuita' funzionale dell'organo». Questa esigenza di continuita' funzionale porta ad escludere che il depotenziamento possa spingersi fino a comportare un'indiscriminata e totale paralisi dell'organo stesso, e consente al Consiglio regionale di deliberare in circostanze straordinarie o di urgenza, o per il compimento di atti dovuti o di ordinaria amministrazione. Tale orientamento giurisprudenziale e' stato ribadito e specificato nella sentenza n. 68/2010, con cui la Consulta ha sottolineato che «nell'immediata vicinanza al momento elettorale, pur restando ancora titolare della rappresentanza del corpo elettorale regionale, il Consiglio regionale non solo deve limitarsi ad assumere determinazioni del tutto urgenti o indispensabili, ma deve comunque astenersi, al fine di assicurare una competizione libera e trasparente, da ogni intervento legislativo che possa essere interpretato come una forma di captatio benevolentiae nei confronti degli elettori». Pertanto, la legge in esame potrebbe essere ritenuta legittima, soltanto laddove la sua adozione fosse giustificata dalla sussistenza di presupposti di urgenza e di indifferibilita', ovvero laddove la medesima costituisse un atto dovuto. La Corte costituzionale, al riguardo, ha affermato che spetta al Consiglio regionale «selezionare le materie da disciplinare in conformita' alla natura della prorogatio, limitandole ad oggetti la cui disciplina fosse oggettivamente necessaria ed urgente» e ha fatto riferimento ai lavori preparatori per verificare se fossero state addotte «specifiche argomentazioni in tal senso» (sentenza n. 68/2010, par. 4.5.). Possono quindi essere approvati in regime di prorogatio solo gli atti costituzionalmente dovuti, quali il recepimento di una direttiva comunitaria direttamente vincolante per le Regioni o progetti di legge che presentano i caratteri dell'indifferibilita' ed urgenza, quali ad esempio il bilancio di previsione, l'esercizio provvisorio o una variazione di bilancio. L'urgenza ed indifferibilita' oltre a dover essere adeguatamente motivata, deve essere volta ad eliminare le situazioni di danno senza limitare la liberta' di scelta dell'organo legislativo quando avra' riacquistato la pienezza dei suoi poteri. Tutto cio' premesso si rileva che per il provvedimento legislativo in esame non emerge alcuno dei caratteri di indifferibilita' ed urgenza, ne' di atto dovuto o riferibile a situazioni di estrema gravita' da non poter essere rinviato per non recare danno alla collettivita' regionale o al funzionamento dell'ente. Ne', nella legge si precisa che la legge e' stata emanata sulla base di uno degli specifici motivi di urgenza o indifferibilita', richiesti, per le ragioni sopra specificate. Per quanto rilevato si ritiene che con riferimento alla legge in esame il Consiglio regionale abbia legiferato, oltrepassando i limiti riconducibili alla sua natura di organo in prorogatio e che conseguentemente il provvedimento sia nella sua interezza censurabile per violazione dell'art. 86, terzo comma, dello statuto regionale in relazione all'art. 123 Cost. 2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, legge regionale n. 25/2014, per violazione dell'art. 117 Cost. A prescindere da quanto sopra osservato, si ritiene che la legge regionale presenti anche aspetti di illegittimita' costituzionale relativamente alla disposizione contenuta nell'art. 1, che introduce alla legge regionale 21 luglio 1999, n. 44, l'art. 24-bis (ATER in condizioni di deficit strutturale), in base al cui comma 1 le Aziende territoriali per l'edilizia residenziale abruzzesi dichiarate dalla Giunta regionale in condizioni di deficit strutturale «possono destinare al risanamento finanziario dei rispettivi bilanci» i proventi della vendita, tra l'altro, degli immobili di edilizia agevolata e convenzionata (lettera a), nonche' degli edifici di fatto non utilizzati come alloggi in quanto inagibili o inabitabili (lettera c). Le suddette previsioni non risultano in linea con le norme introdotte dall'art. 3, comma 1, del decreto-legge 28 marzo 2014, n. 47, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 2014, n. 80, recante «Misure per l'alienazione del patrimonio residenziale pubblico». Infatti, detto comma 1, alla lettera a), nel modificare l'art. 13 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, ha previsto che «Le risorse derivanti dalle alienazioni devono essere destinate esclusivamente a un programma straordinario di realizzazione o di acquisto di nuovi alloggi di edilizia residenziale pubblica e di manutenzione straordinaria del patrimonio esistente». Per questi motivi, la disposizione di cui all'art. 1, comma 1, della legge in esame invade la potesta' legislativa esclusiva statale nella materia «livelli essenziali delle prestazioni», e pertanto viola l'art. 117, comma 2, lettera m) della Costituzione. La Corte costituzionale, infatti, ha piu' volte precisato - da ultimo, con la sentenza n. 121 del 2010 - che la materia dell'edilizia residenziale pubblica, non espressamente contemplata dall'art. 117 Cost., «si estende su tre livelli normativi»: «il primo riguarda la determinazione dell'offerta minima di alloggi destinati a soddisfare le esigenze dei ceti meno abbienti. In tale determinazione - che, qualora esercitata, rientra nella competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera m), Cost. - si inserisce la fissazione di principi che valgano a garantire l'uniformita' dei criteri di assegnazione su tutto il territorio nazionale, secondo quanto prescritto dalla sentenza n. 486 del 1995. Il secondo livello normativa riguarda la programmazione degli insediamenti di edilizia residenziale pubblica, che ricade nella materia "governo del territorio", ai sensi del terzo comma dell'art. 117 Cost., come precisato [...] da questa Corte con la sentenza n. 451 del 2006. Il terzo livello normativa, rientrante nel quarto comma dell'art. 117 Cost., riguarda la gestione del patrimonio immobiliare di edilizia residenziale pubblica di proprieta' degli Istituti autonomi per le case popolari o degli altri enti che a questi sono stati sostituiti ad opera della legislazione regionale» (sentenza n. 94 del 2007). L'art. 3, comma 1, del decreto-legge 28 marzo 2014, n. 47, nel destinare le risorse derivanti dalle alienazioni "esclusivamente a un programma straordinario di realizzazione o di acquisto di nuovi alloggi di edilizia residenziale pubblica e di manutenzione straordinaria del patrimonio esistente", incide sulla determinazione dell'offerta di alloggi destinati ai ceti meno abbienti, inserendosi in quello che la Corte costituzionale ha definito il "primo livello normativa", di competenza esclusiva statale. Pertanto, la norma regionale che prevede una diversa destinazione dei proventi derivanti dalla vendita degli alloggi medesimi viola l'art. 117, comma 2, lettera m) della Costituzione». Per tali motivi la norma regionale deve essere impugnata ai sensi dell'art. 127 della Costituzione.