TRIBUNALE DI ANCONA Il Giudice del Lavoro, dott.ssa Arianna Sbano, sciogliendo la riserva assunta all'udienza del 7.2.2013; nelle cause tra: Ritossa Gabriele, Zaffiro Ancona s.r.l. e Zaffiro Montesicuro s.r.l., rappresentati e difesi dagli avv.ti P. Niccolaini, G.P. Businello, A. Ventura ed elettivamente domiciliato/a presso lo studio in Ancona, Via Goito 3 ricorrente e Agenzia delle Entrate - Direzione Provinciale di Ancona in persona del Direttore Provinciale, elettivamente domiciliata presso la sede di Ancona, via Palestro 15 resistente, ha pronunciato la seguente Ordinanza 1. - Sulla rilevanza della questione di legittimita' costituzionale nel giudizio a quo. Preliminarmente, si da' atto che e' stata disposta la riunione dei procedimenti n. 2276 e 2277 del 2011 a quello di piu' remota iscrizione portante il n. 2275/2011R.G.L. per ragioni di connessione parzialmente oggettiva e soggettiva ed in quanto procedimenti interessati dalla soluzione della medesima questione di legittimita' costituzionale. In tali procedimenti, parte ricorrente propone opposizione avverso una serie di ordinanze ingiunzione (le nn. 10155/2001, 101559/2011, 101539/2011) emesse dall'Agenzia delle Entrate per il pagamento delle sanzioni amministrative (ammontanti ad un totale di oltre 242.000 euro) previste dall'art. 6 del d.l. n. 79/1997 per avere conferito a due dipendenti della Marina Militare incarico di attivita' professionale senza la preventiva autorizzazione rilasciata dall'amministrazione pubblica di appartenenza (anni 2008 e 2009) e per non avere comunicato alla stessa i compensi erogati nei medesimi anni. Ebbene, pacifico risulta tra le parti che parte ricorrente non abbia ottemperato agli obblighi di comunicazione previsti, in caso di conferimento di incarichi a dipendenti pubblici, dall'art. 53 d.lgs. n. 165/2001. Pacifico risulta, inoltre, dal ricorso il fatto che la societa' opponente fosse a conoscenza del fatto che i propri collaboratori erano dipendenti pubblici militari. Ai fini di miglior inquadramento della questione, risulta utile riportate per esteso le disposizioni rilevanti in materia, nella versione attualmente in vigore. L'art. 53 citato dispone, al comma 5, che il conferimento di incarichi operato direttamente dall'amministrazione, nonche' l'autorizzazione all'esercizio di incarichi che provengano da amministrazione pubblica diversa da quella di appartenenza, ovvero da societa' o persone fisiche, che svolgano attivita' d'impresa o commerciale, sono disposti dai rispettivi organi competenti secondo criteri oggettivi e predeterminati, che tengano conto della specifica professionalita', tali da escludere casi di incompatibilita', sia di diritto che di fatto, nell'interesse del buon andamento della pubblica amministrazione. Ai sensi del successivo comma 6, poi, «i commi da 7 a 13 del presente articolo si applicano ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, compresi quelli di cui all'articolo 3, con esclusione dei dipendenti con rapporto di lavoro a tempo parziale con prestazione lavorativa non superiore al cinquanta per cento di quella a tempo pieno, dei docenti universitari a tempo definito e delle altre categorie di dipendenti pubblici ai quali e' consentito da disposizioni speciali lo svolgimento di attivita' libero-professionali. Gli incarichi retribuiti, di cui ai commi seguenti, sono tutti gli incarichi, anche occasionali, non compresi nei compiti e doveri di ufficio, per i quali e' previsto, sotto qualsiasi forma, un compenso». Il comma 7, poi, precisa che «I dipendenti pubblici non possono svolgere incarichi retribuiti che non siano stati conferiti o previamente autorizzati dall'amministrazione di appartenenza. Con riferimento ai professori universitari a tempo pieno, gli statuti o i regolamenti degli atenei disciplinano i criteri e le procedure per il rilascio dell'autorizzazione nei casi previsti dal presente decreto. In caso di inosservanza del divieto, salve le piu' gravi sanzioni e ferma restando la responsabilita' disciplinare, il compenso dovuto per le prestazioni eventualmente svolte deve essere versato, a cura dell'erogante o, in difetto, del percettore, nel conto dell'entrata del bilancio dell'amministrazione di appartenenza del dipendente per essere destinato ad incremento del fondo di produttivita' o di fondi equivalenti». Ai sensi del comma 9 «Gli enti pubblici economici e i soggetti privati non possono con ferire incarichi retribuiti a dipendenti pubblici senza la previa autorizzazione dell'amministrazione di appartenenza dei dipendenti stessi. In caso di inosservanza si applica la disposizione dell'articolo 6, comma 1, del decreto legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 1997, nn. 140 e successive modificazioni ed integrazioni. All'accertamento delle violazioni e all'irrogazione delle sanzioni provvede il Ministero delle finanze, avvalendosi della Guardia di finanza, secondo le disposizioni della legge 24 novembre 1981, n. 689 e successive modificazioni ed integrazioni. Le somme riscosse sono acquisite alle entrate del Ministero delle finanze». Secondo il comma 10 «L'autorizzazione, di cui ai commi precedenti, deve essere richiesta all'amministrazione di appartenenza del dipendente dai soggetti pubblici o, privati, che intendono conferire l'incarico; puo', altresi', essere richiesta dal dipendente interessato. L'amministrazione di appartenenza deve pronunciarsi sulla richiesta di autorizzazione entro trenta giorni dalla ricezione della richiesta stessa. Per il personale che presta comunque servizio presso amministrazioni pubbliche diverse da quelle di appartenenza, l'autorizzazione e' subordinata all'intesa tra le due amministrazioni. In tal caso il termine per provvedere e' per l'amministrazione di appartenenza di 45 giorni e si prescinde dall'intesa se l'amministrazione presso la quale il dipendente presta servizio non si pronunzia entro 10 giorni dalla ricezione della richiesta di intesa da parte dell'amministrazione di appartenenza. Decorso il termine per provvedere, l'autorizzazione, se richiesta per incarichi da conferirsi da amministrazioni pubbliche, si intende accordata; in ogni altro caso, si intende definitivamente negata.» Il comma 11 e 12, poi, prevedono che «Entro il 30 aprile di ciascun anno, i soggetti pubblici o privati che erogano compensi a dipendenti pubblici per gli incarichi di cui al comma 6 sono tenuti a dare comunicazione all'amministrazione di appartenenza dei dipendenti stessi dei compensi erogati nell'anno precedente». «Entro il 30 giugno di ciascun anno, le amministrazioni pubbliche che conferiscono o autorizzano incarichi retribuiti ai propri dipendenti sono tenute a comunicare, in via telematica o su apposito supporto magnetico, al Dipartimento della finzione pubblica l'elenco degli incarichi conferiti o autorizzati ai dipendenti stessi nell'anno precedente, con l'indicazione dell'oggetto dell'incarico e del compenso lordo previsto o presunto. L'elenco e' accompagnato da una relazione nella quale sono indicate le norme in applicazione delle quali gli incarichi sono stati conferiti o autorizzati, le ragioni del conferimento o dell'autorizzazione, i criteri di scelta dei dipendenti cui gli incarichi sono stati conferiti o autorizzati e la rispondenza dei medesimi ai principi di buon andamento dell'amministrazione, nonche' le misure che si intendono adottare per il contenimento della spesa. Nello stesso termine e con le stesse modalita' le amministrazioni che, nell'anno precedente, non hanno conferito o autorizzato incarichi ai propri dipendenti, anche se comandati o fuori ruolo, dichiarano di non aver conferito o autorizzato incarichi». Ai sensi del comma 13 «Entro lo stesso termine di cui al comma 12 le amministrazioni di appartenenza sono tenute a comunicare al Dipartimento della funzione pubblica, in via telematica o su apposito supporto magnetico, per ciascuno dei propri dipendenti e distintamente per ogni incarico conferito o autorizzato, i compensi, relativi all'anno precedente, da esse erogati o della cui erogazione abbiano avuto comunicazione dai soggetti di cui al comma 11». Il comma 15, poi, dispone che «le amministrazioni che omettono gli adempimenti di cui ai commi da 11 a 14 non possono conferire nuovi incarichi fino a quando non adempiono. I soggetti di cui al comma 9 che omettono le comunicazioni di cui al commi 11 incorrono nella sanzione di cui allo stesso comma 9». Ebbene, sostiene, in primo luogo, parte ricorrente che non dovrebbe ricevere sanzione, per i militari, l'omessa comunicazione all'amministrazione di appartenenza dei compensi erogati imposta dal comma 11 del citato art. 53 in quanto il comma 6 che regola l'ambito di applicazione della norma fa riferimento ai commi da 7 a 13, escludendo, dunque, il comma 15 contenente l'apparato sanzionatorio, differentemente da quanto disposto nella versione precedente del predetto comma 6 che richiamava, al contrario, anche i commi fino al 16. In realta', considerato che il comma 6 definisce l'ambito di applicazione degli obblighi imposti ai commi seguenti in riferimento a tutti i dipendenti di pubbliche amministrazioni, sia quelli ex art. 1 che quelli ex art. 3 d.lgs n. 165/2001, accogliendo la tesi attorea, si avrebbe l'assurdo che il comma 15 non dovrebbe applicarsi a nessuno, sicche' sarebbe una norma inutiliter data, senza senso. Al contrario, deve ritenersi che l'eliminazione dal comma 6 del riferimento al comma 15 trovi ragione nel fatto che la sanzione per l'omessa comunicazione non viene irrogata ai dipendenti pubblici ma soltanto ai soggetti che si avvalgono della loro opera. D'altronde, apparirebbe irragionevole e, pertanto, affetta da illegittimita' costituzionale, una norma che, fermo restando l'obbligo di comunicazione dei compensi in relazione a tutti i dipendenti pubblici, senza distinzione, prevedesse la punibilita' della relativa omissione solo in relazione ai dipendenti contrattualizzati, in assenza di alcuna ragione giustificatrice. Va, pertanto, affermata la piena applicabilita', in relazione a tutti i dipendenti pubblici destinatari di incarichi retribuiti, della sanzione amministrativa di cui all'art. 6 d.l. n. 79/1997 convertito nella legge 140/1997 in caso di omessa comunicazione da parte dell'amministrazione o ente conferente dei compensi erogati ogni anno. In proposito, si osserva, poi, che, secondo quanto affermato dalla Corte di Cassazione, nelle sentenze n. 21029/2008 e 6974/2011, per effetto della modifica disposta dal d.lgs. 29 ottobre 1998, n. 387, art. 16 «che ha ripristinato in pieno il campo di applicazione del comma 15, l'obbligo di comunicare i compensi erogati a dipendenti pubblici e' rimasto in vita per tutti i soggetti pubblici e privati che si avvalgono dell'opera di pubblici dipendenti, anche se previamente autorizzati dall'amministrazione di appartenenza. L'inosservanza di tale obbligo resta sanzionata a norma del comma 9. La deroga all'obbligo di preventiva autorizzazione prevista dal comma 6 per i dipendenti ai quali e' consentito da disposizioni speciali lo svolgimento di attivita' libero professionale, non si applica dunque al diverso obbligo di comunicazione dei compensi erogati, che rimane autonomamente sanzionabile». Dunque, secondo la Corte, la modifica in parola avrebbe avuto l'unico scopo di ampliare con riferimento a tutti i dipendenti pubblici titolari di incarichi, sottoposti a previa autorizzazione o meno, l'obbligo di comunicazione dei compensi. Deve confermarsi, pertanto, pienamente applicabile al caso qui in esame la normativa di cui al citato comma 15 dell'art. 53 d.lgs. n. 165/2001 con conseguente rilevanza ai fini della decisione della sollevata questione di legittimita' costituzionale. 2. - Sulla non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale formulata. Ritiene parte ricorrente che tale comma 15 sia affetto da illegittimita' costituzionale per difetto o eccesso della delega legislativa contenuta nella legge n. 59/1997. La questione non appare manifestamente infondata. In proposito, si deve premettere che la Corte Costituzionale ha piu' volte affermato che «Il controllo della conformita' della norma delegata alla norma delegante richiede un confronto tra gli esiti di due processi ermeneutici paralleli, l'uno relativo alla norma che determina l'oggetto, i principi e i criteri direttivi della delega; l'altro relativo alla norma delegata da interpretare nel significato compatibile con questi ultimi. Il contenuto della delega deve essere identificato tenendo conto del complessivo contesto normativo nel quale si inseriscono la legge delega e i relativi principi e criteri direttivi, nonche' delle finalita' che la ispirano, che costituiscono non solo base e limite delle norme delegate, ma anche strumenti per l'interpretazione della loro portata. La delega legislativa non esclude ogni discrezionalita' del legislatore delegato, che puo' essere piu' o meno ampia, in relazione al grado di specificita' dei criteri fissati nella legge delega; pertanto, per valutare se il legislatore abbia ecceduto tali margini di discrezionalita', occorre individuare la ratio della delega, per verificare se la norma delegata sia con questa coerente» (ex plurimis: sentenze 272/2012 n. 230 del 2010, n. 98 del 2008, nn. 340 e 170 del 2007). In particolare, circa i requisiti che devono fungere da cerniera tra i due atti normativi, «i principi e i criteri direttivi della legge di delegazione devono essere interpretati sia tenendo conto delle finalita' ispiratrici della delega, sia verificando, nel silenzio del legislatore delegante sullo specifico tema, che le scelte del legislatore delegato non siano in contrasto con gli indirizzi generali della stessa legge delega» (sentenza n. 341 del 2007, ordinanza n. 228 del 2005). Infatti, per quanta ampiezza possa a questo riconoscersi, «il libero apprezzamento del legislatore delegato non puo' mai assurgere a principio od a criterio direttivo, in quanto agli antipodi di una legislazione vincolata, quale e', per definizione, la legislazione su delega» (v. sentenze n. 340/2007, n. 68 del 1991; e, sul carattere derogatorio della legislazione su delega rispetto alla regola costituzionale di cui all'art. 70 Cost., cfr. anche la sentenza n. 171 del 2007). Cio' premesso, nel caso in esame, la delega e' contenuta nell'art. 11 comma 4 della legge n. 59/1997 che cosi' recita: «Anche al fine di conformare le disposizioni del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, alle disposizioni della presente legge recanti principi e criteri direttivi per i decreti legislativi da emanarsi ai sensi del presente capo, ulteriori disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, possono essere emanate entro il 31 dicembre 1998. A tal fine il Governo, in sede di adozione dei decreti legislativi, si attiene ai principi contenuti negli articoli 97 e 98 della Costituzione, ai criteri direttivi di cui all'articolo 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421, a partire dal principio della separazione tra compiti e responsabilita' di direzione politica e compiti e responsabilita' di direzione delle amministrazioni, nonche', ad integrazione, sostituzione o modifica degli stessi ai seguenti principi e criteri direttivi: a) completare l'integrazione della disciplina del lavoro pubblico con quella del lavoro privato e la conseguente estensione al lavoro pubblico delle disposizioni del codice civile e delle leggi sui rapporti di lavoro privato nell'impresa; estendere il regime di diritto privato del rapporto di lavoro anche ai dirigenti generali ed equiparati delle amministrazioni pubbliche, mantenendo ferme le altre esclusioni di cui all'articolo 2, commi 4 e 5, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29; b) prevedere per i dirigenti, compresi quelli di cui alla lettera a), l'istituzione di un ruolo unico interministeriale presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, articolato in modo da garantire la necessaria specificita' tecnica; c) semplificare e rendere piu' spedite le procedure di contrattazione collettiva; riordinare e potenziare l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) cui e' conferita la rappresentanza negoziale delle amministrazioni interessate ai fini della sottoscrizione dei contratti collettivi nazionali, anche consentendo forme di associazione tra amministrazioni, ai fini dell'esercizio del potere di indirizzo e direttiva all'ARAN per i contratti dei rispettivi comparti; d) prevedere che i decreti legislativi e la contrattazione possano distinguere la disciplina relativa ai dirigenti da quella concernente le specifiche tipologie professionali, fatto salvo quanto previsto per la dirigenza del ruolo sanitario di cui all'articolo 15 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, e stabiliscano altresi' una distinta disciplina per gli altri dipendenti pubblici che svolgano qualificate attivita' professionali, implicanti l'iscrizione ad albi, oppure tecnico-scientifiche e di ricerca; e) garantire a tutte le amministrazioni pubbliche autonomi livelli di contrattazione collettiva integrativa nel rispetto dei vincoli di bilancio di ciascuna amministrazione; prevedere che per ciascun ambito di contrattazione collettiva le pubbliche amministrazioni, attraverso loro istanze associative o rappresentative, possano costituire un comitato di settore; f) prevedere che, prima della definitiva sottoscrizione del contratto collettivo, la quantificazione dei costi contrattuali sia dall'ARAN sottoposta, limitatamente alla certificazione delle compatibilita' con gli strumenti di programmazione e di bilancio di cui all'articolo 1-bis della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, alla Corte dei conti, che puo' richiedere elementi istruttori e di valutazione ad un nucleo di tre esperti, designati, per ciascuna certificazione contrattuale, con provvedimento del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro del tesoro; prevedere che la Corte dei conti si pronunci entro il termine di quindici giorni, decorso il quale la certificazione si intende effettuata; prevedere che la certificazione e il testo dell'accordo siano trasmessi al comitato di settore e, nel caso di amministrazioni statali, al Governo; prevedere che, decorsi quindici giorni dalla trasmissione senza rilievi, il presidente del consiglio direttivo dell'ARAN abbia mandato di sottoscrivere il contratto collettivo il quale produce effetti dalla sottoscrizione definitiva; prevedere che, in ogni caso, tutte le procedure necessarie per consentire all'ARAN la sottoscrizione definitiva debbano essere completate entro il termine di quaranta giorni dalla data di sottoscrizione iniziale dell'ipotesi di accordo; g) devolvere, entro il 30 giugno 1998, al giudice ordinario, tenuto conto di quanto previsto dalla lettera a), tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, ancorche' concernenti in via incidentale atti amministrativi presupposti, ai fini della disapplicazione, prevedendo: misure organizzative e processuali anche di carattere generale atte a prevenire disfunzioni dovute al sovraccarico del contenzioso; procedure stragiudiziali di conciliazione e arbitrato; infine, la contestuale estensione della giurisdizione del giudice amministrativo alle controversie aventi ad oggetto diritti patrimoniali conseguenziali, ivi comprese quelle relative al risarcimento del danno, in materia edilizia, urbanistica e di servizi pubblici, prevedendo altresi' un regime processuale transitorio per i procedimenti pendenti; h) prevedere procedure facoltative di consultazione delle organizzazioni sindacali firmatarie dei contratti collettivi dei relativi comparii prima dell'adozione degli atti interni di organizzazione aventi riflessi sul rapporto di lavoro; i) prevedere la definizione da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica di un codice di comportamento dei dipendenti della pubblica amministrazione e le modalita' di raccordo con la disciplina contrattuale delle sanzioni disciplinari, nonche' l'adozione di codici di comportamento da parte delle singole amministrazioni pubbliche; prevedere la costituzione da parte delle singole amministrazioni di organismi di controllo e consulenza sull'applicazione dei codici e le modalita' di raccordo degli organismi stessi con il Dipartimento della funzione pubblica». Non contenendo la predetta norma alcun riferimento alla specifica materia qui in esame, occorre rifarsi al citato art. 2 legge n. 421/1992 che, oltre a prevedere la riserva di legge in materia di «disciplina della responsabilita' e delle incompatibilita' tra l'impiego pubblico ed altre attivita' e i casi di divieto di cumulo di impieghi e incarichi pubblici» (v. lett. c) n. 7), alla lettera p) dava al Governo delega di «prevedere che qualunque tipo di incarico a dipendenti della pubblica amministrazione possa essere conferito in casi rigorosamente predeterminati; in ogni caso, prevedere che l'amministrazione, ente, societa' o persona fisica che hanno conferito al personale dipendente da una pubblica amministrazione incarichi previsti dall'articolo 24 della legge 30 dicembre 1991, n. 412, entro sei mesi dell'emanazione dei decreti legislativi di cui al presente articolo, siano tenuti a comunicare alle amministrazioni di appartenenza del personale medesimo gli emolumenti corrisposti in relazione ai predetti incarichi, allo scopo di favorire la completa attuazione dell'anagrafe delle prestazioni prevista dallo stesso articolo 24». Proprio in attuazione di tale delega legislativa era, d'altronde, stato emanato il d.lvo 29/1993 che, nell'originaria formulazione dell'art. 58 (ora art. 53 d.lvo n. 165/2001) prevedeva l'obbligo di pubblicita' degli incarichi conferiti da privati o enti pubblici ai dipendenti pubblici e l'obbligo di comunicazione dei compensi, senza prevedere alcuna sanzione («Incompatibilita', cumulo di impieghi e incarichi. 1. Resta ferma per tutti i dipendenti pubblici la disciplina delle incompatibilita' dettata dagli articoli 60 e seguenti del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica lo gennaio 1957, n. 3, nonche', per i rapporti di lavoro a tempo parziale, dall'articolo 6, comma 2, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 17 marzo 1989, n. 117. Restano ferme altresi' le disposizioni di cui agli articoli da 89 a 93 del decreto del Presidente della Repubblica 31 maggio 1974, n. 417, agli articoli da 68 a 70 della legge 11 luglio 1980, n. 312, e successive modificazioni, all'articolo 9, commi 1 e 2, della legge 23 dicembre 1992, n. 498, all'articolo 4, comma 7, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, ed all'articolo 1, comma 9, del decreto-legge 30 dicembre 1992, n. 510. 2. Le pubbliche amministrazioni non possono conferire ai dipendenti incarichi, non compresi nei compiti e doveri di ufficio, che non siano espressamente previsti o disciplinati da legge o altre fonti normative, o che non siano espressamente autorizzati. 3. Ai fini previsti dal comma 2, con appositi regolamenti, da emanarsi ai sensi dell'articolo 17, comma 2 della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro il termine di centocinquanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono emanate norme dirette a determinare gli incarichi consentiti e quelli vietati ai magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, nonche' agli avvocati e procuratori dello Stato, sentiti, per le diverse magistrature, i rispettivi istituti. 4. Decorso il termine, di cui al comma 3, l'attribuzione degli incarichi e' consentita nei soli casi espressamente previsti dalla legge o da altre fonti normative. 5. In ogni caso, il conferimento operato direttamente dall'amministrazione, nonche' l'autorizzazione all'esercizio di incarichi che provengano da amministrazione pubblica diversa da quella di appartenenza, ovvero da societa' o persone fisiche, che svolgano attivita' d'impresa o commerciale, sono disposti dai rispettivi organi competenti secondo criteri oggettivi e predeterminati, che tengano conto della specifica professionalita', tali da escludere casi di incompatibilita', sia di diritto che di fitto, nell'interesse del buon andamento della pubblica amministrazione. 6. Ai fini della compiuta attuazione dell'anagrafe delle prestazioni, disciplinata dall'articolo 24 della legge 30 dicembre 1991, n. 412, i soggetti pubblici o privati che conferiscono un incarico al dipendente pubblico sono tenuti a farne immediata comunicazione alla amministrazione di appartenenza. 7. Sono, altresi', comunicati, in relazione a tali conferimenti d'incarico in ragione d'anno, sia gli emolumenti conferiti e corrisposti, sia i successivi aggiornamenti inerenti l'espletamento dell'incarico. 8. Ciascuna amministrazione e' tenuta a comunicare immediatamente alla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della finzione pubblica tutte le notizie relative agli incarichi, sia direttamente conferiti che autorizzati. L'aggiornamento dei dati forniti deve essere effettuato con riferimento al 31 dicembre di ciascun anno. 9. In sede di prima applicazione, gli adempimenti di cui ai commi 6 e 7 sono attuati entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, mentre a quelli di cui al comma 8 dovra' provvedersi entro nove mesi dalla medesima data di entrata in vigore.»). Poco dopo l'emanazione della legge delega qui in esame (legge n. 59 del 15 marzo 1997) tuttavia, veniva emanato il decreto legge 28 marzo 1997, n. 79, poi convertito, con modificazioni, nella legge 28 maggio 1997, n. 140 che, con l'art. 6, comma 1, per la prima volta, introduceva la sanzione amministrativa in capo ai soggetti inadempienti all'obbligo della comunicazione all'amministrazione di appartenenza dell'incarico conferito al pubblico dipendente («1. Nei confronti dei soggetti pubblici e privati che non abbiano ottemperato alla disposizione dell'articolo 58, comma 6, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, o che comunque si avvalgano di prestazioni di lavoro autonomo o subordinato rese dai dipendenti pubblici in violazione dell'articolo 1, commi 56, 58, 60 e 61, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, oltre alle sanzioni per le eventuali violazioni tributarie o contributive, si applica una sanzione pecuniaria pari al doppio degli emolumenti corrisposti sotto qualsiasi forma a dipendenti pubblici»). Dunque, al momento di approvazione del d.lgs. n. 80/1998, il legislatore si era gia' pronunciato per la sanzionabilita' della condotta consistente nella mancata comunicazione dell'incarico affidato al pubblico dipendente, con esclusione, invece, della sanzione per la mancata comunicazione del compenso. Tuttavia, l'art. 26 del d.lgs. n. 80/1998, nell'introdurre importanti modifiche al suddetto art. 58, per quanto qui interessa, da un lato, sostitutiva l'obbligo della mera comunicazione dell'incarico con l'obbligo di ottenere la previa autorizzazione e, pertanto, ai fini del necessario coordinamento con la normativa gia' in vigore, prevedeva che la sanzione amministrativa come gia' introdotta dal citato d.l. n. 79/1997 si applicasse all'inadempimento all'obbligo di autorizzazione, essendo, ora questo, l'adempimento richiesto al soggetto conferente l'incarico e non la mera comunicazione. Dall'altro, oltre a tale sanzione, come visto gia' esistente nell'ordinamento, ne introduceva un'altra identica anche in caso di inottemperanza all'obbligo di comunicazione dei compensi erogati. (v. art. 26 comma 1: «Nell'articolo 58 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, i compiti 6, 7, 8 e 9 sono sostituiti dai seguenti: «6. I commi da 7 a 16 del presente articolo si applicano ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, compresi quelli di cui all'articolo 2, commi 4 e 5, con esclusione dei dipendenti con rapporto di lavoro a tempo parziale con prestazione lavorativa non superiore al cinquanta per cento di quella a tempo pieno, dei docenti universitari a tempo definito e delle altre categorie di dipendenti pubblici ai quali e' consentito da disposizioni speciali lo svolgimento di attivita' libero- professionali. Gli incarichi retribuiti, di cui ai commi seguenti, sono tutti gli incarichi, anche occasionali, non compresi nei compiti e doveri di ufficio, per i quali e' previsto, sotto qualsiasi forma, un compenso. Sono esclusi i compensi derivanti: a) dalla collaborazione a giornali, riviste, enciclopedie e simili; b) dalla utilizzazione economica da parte dell'autore o inventore di opere dell'ingegno e di invenzioni industriali; c) dalla partecipazione a convegni e seminari; d) da incarichi per i quali e' corrisposto solo il rimborso delle spese documentate; e) da incarichi per lo svolgimento dei quali il dipendente e' posto in posizione di aspettativa, di comando o di fiori ruolo; f) da incarichi conferiti dalle organizzazioni sindacali a dipendenti presso le stesse distaccati o in aspettativa non retribuita. 7. I dipendenti pubblici non possono svolgere incarichi retribuiti che non siano stati conferiti o previamente autorizzati dall'amministrazione di appartenenza. Con riferimento ai professori universitari a tempo pieno, gli statuti o i regolamenti degli atenei disciplinano i criteri e le procedure per il rilascio dell'autorizzazione nei casi previsti dal presente decreto. In caso di inosservanza del divieto, salve le piu' gravi sanzioni e ferma restando la responsabilita' disciplinare, il compenso dovuto per le prestazioni eventualmente svolte deve essere versato, a cura dell'erogante o, in difetto, del percettore, nel conto dell'entrata del bilancio dell'amministrazione di appartenenza del dipendente per essere destinato ad incremento del fondo di produttivita' o di fondi equivalenti. 8. Le pubbliche amministrazioni non possono conferire incarichi retribuiti a dipendenti di altre amministrazioni pubbliche senza la previa autorizzazione dell'amministrazione di appartenenza dei dipendenti stessi. Salve le piu' gravi sanzioni, il conferimento dei predetti incarichi, senza la previa autorizzazione, costituisce in ogni caso infrazione disciplinare per il funzionario responsabile del procedimento; il relativo provvedimento e' nullo di diritto. In tal caso l'importo previsto come corrispettivo dell'incarico, ove gravi su in disponibilita' dell'amministrazione conferente, e' trasferito all'amministrazione di appartenenza del dipendente ad incremento del fondo di produttivita' o di fondi equivalenti. 9. Gli enti pubblici economici e i soggetti privati non possono conferire incarichi retribuiti a dipendenti pubblici senza la previa autorizzazione dell'amministrazione di appartenenza dei dipendenti stessi. In caso di inosservanza si applica la disposizione dell'articolo 6, comma 1, del decreto legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 1997, n. 140. All'accertamento delle violazioni e all'irrogazione delle sanzioni provvede il Ministero delle finanze, avvalendosi della Guardia di finanza, secondo le disposizioni della legge 24 novembre 1981, n. 689. Le somme riscosse sono acquisite alle entrate del Ministero delle finanze. 10. L'autorizzazione di cui ai commi precedenti, deve essere richiesta all'amministrazione di appartenenza del dipendente dai soggetti pubblici o privati che intendono conferire l'incarico; puoi, altresi', essere richiesta dal dipendente interessato. L'amministrazione di appartenenza deve pronunciarsi sulla richiesta di autorizzazione entro trenta giorni dalla ricezione della richiesta stessa. Per il personale che presta comunque servizio presso amministrazioni pubbliche diverse da quelle di appartenenza, l'autorizzazione e' subordinata all'intesa tra le due amministrazioni. In tal caso il termine per provvedere e' per l'amministrazione di appartenenza di 45 giorni e si prescinde dall'intesa se l'amministrazione presso la quale il dipendente presta servizio non si pronunzia entro 10 giorni dalla ricezione della richiesta di intesa da parte dell'amministrazione di appartenenza. Decorso il termine per provvedere, l'autorizzazione, se richiesta per incarichi da conferirsi da amministrazioni pubbliche, si intende accordata; in ogni altro caso, si intende definitivamente negata. 11. Entro il 30 aprile di ciascun anno, i soggetti pubblici o privati che erogano compensi a dipendenti pubblici per gli incarichi di cui al comma 6 sono tenuti a dare comunicazione all'amministrazione di appartenenza dei dipendenti stessi dei compensi erogati nell'anno precedente. 12. Entro il 30 giugno di ciascun anno, le amministrazioni pubbliche che conferiscono o autorizzano incarichi retribuiti ai propri dipendenti sono tenute a comunicare, in via telematica o su apposito supporto magnetico, al Dipartimento della finzione pubblica l'elenco degli incarichi conferiti o autorizzati ai dipendenti stessi nell'anno precedente, con l'indicazione dell'oggetto dell'incarico e del compenso lordo previsto o presunto. L'elenco e' accompagnato da una relazione nella quale sono indicate le norme in applicazione delle quali gli incarichi sono stati conferiti o autorizzati, le ragioni del conferimento o dell'autorizzazione, i criteri di scelta dei dipendenti cui gli incarichi sono stati conferiti o autorizzati e la rispondenza dei medesimi ai principi di buon andamento dell'amministrazione, nonche' le misure che si intendono adottare per il contenimento della spesa. Nello stesso termine e con le stesse modalita' le amministrazioni che, nell'anno precedente, non hanno conferito o autorizzato incarichi ai propri dipendenti, anche se comandati o fuori ruolo, dichiarano di non aver conferito o autorizzato incarichi. 13. Entro lo stesso termine di cui al comma 12, le amministrazioni di appartenenza sono tenute a comunicare al Dipartimento della funzione pubblica, in via telematica o su apposito supporto magnetico, per ciascuno dei propri dipendenti e distintamente per ogni incarico conferito o autorizzato, i compensi, relativi all'anno precedente, da esse erogati o della cui erogazione abbiano avuto comunicazione dai soggetti di cui al comma 11. 14. Al fine della verifica dell'applicazione delle norme di cui all'articolo 1, commi 123 e 127, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, le amministrazioni pubbliche sono tenute a comunicare al Dipartimento della finzione pubblica, in via telematica o su supporto magnetico, entro il 30 giugno di ciascun anno, i compensi percepiti dai propri dipendenti anche per incarichi relativi a compiti e doveri d'ufficio; sono altresi' tenute a comunicare semestralmente l'elenco dei collaboratori esterni e dei soggetti cui sono stati affidati incarichi di consulenza, con l'indicazione della ragione dell'incarico e dell'ammontare dei compensi corrisposti. 15. Le amministrazioni che omettono gli adempimenti di cui ai commi 11, 12, 13 e 14 non possono conferire nuovi incarichi fino a quando non adempiono. I soggetti di cui al comma 9 che omettono le comunicazioni di cui al comma 11 incorrono nella sanzione di cui allo stesso comma 9. 16. Il Dipartimento della finzione pubblica, entro il 31 dicembre di ciascun anno, riferisce al Parlamento sui dati raccolti e formula proposte per il contenimento della spesa per gli incarichi e per la razionalizzazione dei criteri di attribuzione degli incarichi stessi.».). Ebbene, fatto questo excursus normativo, si osserva come la legge delega non contenesse alcun riferimento alla possibilita' di introduzione di sanzioni amministrative in caso di inottemperanza agli obblighi di pubblicita' degli incarichi conferiti ai pubblici dipendenti pur se codesta Corte Costituzionale ha piu' volte sottolineato che anche per le sanzioni amministrative, che, pur essendo afflittive in minor grado rispetto alle sanzioni penali, rispondono anch'esse al principio di legalita', i criteri della delega devono essere precisi e vanno rigorosamente interpretati (v. sent. n. 49/1999). Laddove, poi, si ritenesse di ricondurre la valutazione di necessarieta' della sanzione amministrativa per la tutela degli interessi sostanziali, cui le norme assistite da tale sanzione si riferiscono, ad un apprezzamento in precedenza espresso dallo stesso legislatore, avendo riguardo ai quei settori dell'ordinamento gia' caratterizzati dalla presenza di norme sanzionatorie (argomento tratto dalla medesima sent. cit.) si deve osservare, come, sebbene il legislatore avesse provveduto ad introdurre nella precipua materia un'ipotesi di illecito amministrativo, tuttavia, cio' era stato limitato espressamente alla condotta relativa alla mancata comunicazione dell'incarico, con esclusione, invece, della diversa ma conseguente condotta della mancata comunicazione di compensi, pur se obbligo del pari gia' esistente, con cio' esprimendo una valutazione di maggiore disvalore del primo fatto (di cui il secondo e' solo una necessaria conseguenza). Sotto questo profilo, dunque, deve ritenersi che non si evinca alcuna valida delega legislativa, ne' esplicita ne' implicita, che consentisse l'introduzione, ad opera del citato art. 26 decreto legislativo n. 80/1998, del secondo illecito amministrativo. Si osserva, poi, che codesta Corte costituzionale ha piu' volte affermato il principio in base al quale le disposizioni della legge delega devono essere integrate con il criterio della ragionevolezza ed inoltre che tale criterio costituisce il parametro e il limite del potere di controllo e di intervento della Corte sull'esercizio in concreto della discrezionalita' riconosciuta al legislatore. Nella specie, puo', altresi', dubitarsi che l'introduzione di una doppia sanzione, peraltro particolarmente afflittiva nel quantum, essendo pari al doppio degli emolumenti corrisposti, sia per la mancata richiesta di autorizzazione che per la mancata comunicazione dei compensi, soddisfi il criterio della ragionevolezza, atteso che tale ultima condotta, secondo la normalita', consegue necessariamente alla prima che racchiude gia' in se' il disvalore amministrativo (apparirebbe veramente singolare la condotta di chi, pur non avendo chiesto l'autorizzazione al conferimento dell'incarico, si autodenunci comunicando, invece, i compensi erogati). Sotto questo profilo, le esigenze di buon andamento della p.a., di trasparenza e di compatibilita' dell'incarico privato con l'impiego pubblico sono garantite dalla necessita' di ottenere la previa autorizzazione allo svolgimento dell'incarico, ponendosi l'obbligo aggiuntivo della comunicazione dei compensi come una mero adempimento accessorio, volto solo a facilitare la pubblica amministrazione nell'acquisizione dei dati relativi all'incarico, da ritenersi, peraltro, gia' previamente acquisiti in sede di conferimento dell'autorizzazione (essendo normale che in tale sede si valuti anche il compenso previsto) con conseguente irragionevolezza della autonoma sanzionabilita' di tale condotta. Inoltre, come gia' osservato, la previsione di un autonomo illecito amministrativo per la mancata comunicazione dei compensi pone il soggetto che, per ignoranza o negligenza, non abbia chiesto la previa autorizzazione all'incarico nell'alternativa di perseguire nell'illecito, con rischio di comminazione della doppia sanzione, laddove scoperto, o di autodenunciarsi, provvedendo alla comunicazione del compenso, con la certezza dell'applicazione della sanzione per la mancata richiesta di autorizzazione, con conseguente violazione del diritto di difesa ex art. 24 Cost.. Per tali motivi si dubita della legittimita' costituzionale dell'art. 53 comma 15 decreto legislativo n. 165/2001 nella versione introdotta dall'art. 26 decreto legislativo n. 80/1998 laddove prevede che «I soggetti di cui al comma 9 che omettono le comunicazioni di cui al comma 11 incorrono nella sanzione di cui allo stesso comma 9» con riferimento ai parametri costituzionali di cui agli artt. 3, 24, 76 e 77 Cost. e alle leggi delega un. 59/1997 e 421/1992. 3. - Conclusivamente, il giudice del lavoro, per le considerazioni che precedono, non ravvisando la possibilita' di procedere oltre nel giudizio in corso, senza la preventiva decisione della Corte Costituzionale sulla predetta pregiudiziale questione di illegittimita' prospettata nei sensi come sopra esposti, solleva d'ufficio la relativa questione.