Ricorso per la Regione Veneto (c.f. 80007580279; p.iva 02392630279), in persona del Presidente pro tempore della Giunta regionale Dott. Luca Zaia, con sede in Venezia, Palazzo Balbi, Dorsoduro 3901, rappresentata e difesa, giusta deliberazione della Giunta regionale n. 2471 del 23 dicembre 2014 e pedissequo mandato speciale a margine del presente ricorso, dagli avv.ti prof. Mario Bertolissi del Foro di Padova (c.f. BRTMRA 8T28 L483 I; pec: mario.bertolissi@ordineavvocatipadova.it; fax: 049 83 60 938), Ezio Zanon coordinatore dell'Avvocatura regionale (c.f. ZNNZEI57L07B563 K; pec: ezio.zanon@coavenezia.it; fax: 041 27949 2) e dall'avv. Luigi Manzi del Foro di Roma (c.f. MNZLGU34E15 H501Y; pec: luigimanzi@ordineavvocatiroma.org; fax: 06 3211370), con domicilio eletto presso lo studio legale del terzo, in Roma, via F. Confalonieri n. 5; Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore (c.f. 80188230587), rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato (c.f. 80224030587), con sede in Roma, via dei Portoghesi n. 12; Per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli artt. 4, commi 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7 e 9; 7, commi 2 e 3; 42, commi 1, 2, 3 e 4, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, rubricato «Misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attivita' produttive», convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, pubblicata nel Supplemento ordinario n. 85 della Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 262 del 11 novembre 2014, per violazione degli artt. 2, 3, 97, 114, comma 1, 117, comma 3, 118 e 119 della Costituzione. Fatto Con il d.l. n. 133 del 12 settembre 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 164 dell'11 novembre 2014, il legislatore statale e' intervenuto in diversi settori con disposizioni finalizzate a consentire al nostro Paese il superamento della situazione di grave crisi economica che lo attanaglia, tant'e' che tale decreto-legge e' meglio conosciuto come decreto c.d. Sblocca Italia. La Regione Veneto ha individuato, nel corpo del provvedimento, una serie di disposizioni normative che appaiono lesive dell'autonomia regionale costituzionalmente garantita: in una prospettiva che guarda all'avvenire del Paese. In ragione di cio', la Regione Veneto deve chiedere a codesto ecc.mo Collegio la dichiarazione di illegittimita' costituzionale delle disposizioni normative in epigrafe indicate per i seguenti motivi di Diritto I. Premesse 1. Nonostante rappresenti ormai, senz'altro a parole, un luogo comune la denuncia di un'evasione fiscale e contributiva enorme e di tassi insostenibili di inefficienza (1) , tali da porre il Paese in condizione di non essere in grado di escogitare rimedi da opporre a un doloroso, preoccupante declino; nonostante sia noto a tutti che misure indifferenziate - c.d. lineari, che si ricollegano alla spesa storica di ciascun ente - siano, sul versante delle entrate e delle spese, destinate non a ridurre, ma ad incrementare gli squilibri territoriali; nonostante tutto cio', i Governi che si sono succeduti, l'uno all'altro, pare procedano secondo una logica deterministica, vale a dire in assenza di cio' che illumina le scelte, rendendole, ad un tempo, razionali e ragionevoli. Certo, non sono mancate le sollecitazioni. Per rimanere fermi all'ottica del giudizio di legittimita' costituzionale delle leggi, proprio la Regione Veneto ha sottoposto a codesto Ecc.mo Collegio - da cinque lustri almeno, con garbo e precisione millimetrica, attraverso questo patrocinio - il problema costituzionale della differenziazione, il cui principio e' stato formalizzato con la novella costituzionale del 2001, che ha modificato l'art. 118 Cost.; mentre, per l'innanzi, poteva dirsi espressione dell'art. 3, comma 2, Cost., che e' sicuro presidio di un'eguaglianza che non vuole mai trasformarsi in egualitarismo, anche ai sensi di cio' che dispone - e impone - l'art. 97 Cost. Simili prospettive - che hanno dato voce a pulsioni istituzionali coerenti, ad un tempo, con principi politici e costituzionali di alto profilo - si ricollegavano e si ricollegano tutt'ora a una preoccupazione risalente di tanti (2) , i quali, pur nella "diversita' delle opinioni", hanno "espresso la medesima preoccupazione, e cioe' che i settori parassitari della societa' italiana, che traggono i loro privilegi dal rapporto con il potere politico, abbiano raggiunto una massa critica, che mette seriamente a repentaglio le possibilita' di crescita e di sviluppo civile dell'Italia" (3) . A distanza, pur cosi' grande, di tempo, e' necessario ripartire da qui: da questa inascoltata sollecitazione, visti gli esiti negativi cui si e' giunti, avendone trascurato il senso profondo; viste le prospettive, che non si possono alimentare di ragionamenti che si basano su premesse ordinamentali prive di fondamento. Infatti, la rilevanza costituzionale e il significato normativo dei principi di sussidiarieta', differenziazione ed adeguatezza, di cui all'art. 118, comma 1, Cost., non possono prescindere da cio' che e' ed accade: da quella che Francesco De Sanctis denominava la "cosa effettuale" (4) Con la conseguenza - dovrebbe, finalmente, divenire scontata - che la legge non puo' disporre trascurando, oltretutto in nome dell'irresponsabilita', azioni positive e negative, meriti e demeriti, in violazione, tra l'altro, degli artt. 2, 3, 97, 117, 118 e 119 Cost., che vorrebbero, prefigurandola sottotraccia, una Repubblica coesa. Non soltanto formalmente una e indivisibile, come promette l'art. 5 Cost., sulla carta (5) . 2. Sostiene il Presidente del Consiglio - Matteo Renzi - che, nei decenni che lo hanno preceduto, forieri dell'attuale tracollo del sistema-Paese, Parlamenti, Governi e relative maggioranze non hanno saputo risolvere alcun problema strutturale. D'altra parte, con i consueti, collaudati e ripetuti criteri di giudizio non c'e' riuscita, ancorche' incolpevolmente, la Corte costituzionale (6) e neanche, per parte sua, questa difesa della Regione Veneto. Tuttavia, e' indispensabile, per almeno tentare di uscire dalle secche, ripensare portata e limiti delle disposizioni costituzionali-parametro qui fatte valere - gli artt. 2, 3, 97, 117, 118 e 119 Cost. - le quali non possono continuare a misurarsi con riferimenti di indole astratta e, per cio' solo, irreali; dovendosi confrontare, invece, con dati di fatto che riassumono in se' la vita quotidiana di cio' che l'art. 114 Cost. definisce come Repubblica: insieme di enti e, soprattutto, di collettivita' (7) Per costruire un percorso limpido nelle sue premesse e nei suoi sviluppi, e' opportuno, comunque, ricordare, in estrema sintesi, quel che e' accaduto quanto meno a partire dal 2001: spartiacque tra il testo originario del Titolo V della Parte II della Costituzione e il nuovo testo, introdotto dalla legge costituzionale n. 3/2001. Prima, i rapporti Stato-Regioni sono stati regolati sulla base del limite dell'interesse nazionale (e delle altre Regioni) che, abbinato al limite territoriale, e' stato concepito, contrastando nettamente le intenzioni del Costituente e la lettera stessa della Legge fondamentale, come limite di legittimita'. La potesta' regionale finanziaria e' stata ridotta, non a caso, a potesta' sostanzialmente regolamentare (8) Dopo, le materie-funzione hanno sostituito l'interesse nazionale e il risultato non e' mutato: fatta eccezione per l'ulteriore amministrativizzazione del contezioso costituzionale, cui e' indispensabile ridare slancio sul piano qualitativo. Avrebbe dovuto concorrere a realizzare un simile programma l'attuazione del c.d. federalismo fiscale, ma gli sviluppi istituzionali sono stati ben altri: piu' precisamente, del tutto diversi. Di cio' bisogna essere consapevoli, se si intende concorrere alla riforma della Repubblica, che esige un netto cambio di rotta (9) . Per il momento, vale la pena di accennare a quel che si era auspicato: di concepire il federalismo fiscale quale strumento di contrasto del "declino [dell'Italia] che ha imboccato nell'ultimo decennio: la produttivita' ristagna, l'occupazione aumenta solo nella componente straniera, la pressione e l'evasione fiscale restano fra le piu' alte al mondo, i servizi pubblici permangono inefficienti, il welfare continua a privilegiare i padri e penalizzare i figli..." (10) ; quindi, si sarebbe dovuto evitare di "aumentare le funzioni ad essi [enti regionali] delegate", funzioni destinate "ad attrarre maggiori risorse pubbliche, in cambio della promessa di usarle meglio in futuro" (11) ; piuttosto, avendo di mira l'interesse del Paese, "il ceto politico" avrebbe dovuto rendersi conto "che l'unica possibilita' che ha l'Italia di fermare il declino e' di rimettere in movimento le sue locomotive, ossia i territori produttivi", attenuando progressivamente il "parassitismo dei territori piu' spreconi" (12) Tutto cio', sul presupposto che il regionalismo italiano era, fin dall'origine, a macchia di leopardo (13) , disancorato da qualunque responsabilita', e che vi erano stati massicci trasferimenti di risorse a favore del Sud (14) , senza risultati degni di nota, come testimoniano le vicende che hanno interessato, da ultimo, il Comune di Roma (15) Ma l'auspicio non si e' tradotto in realta'. Ed e' per questo che la questione va affrontata muovendo da quel che si e' sempre trascurato: la valorizzazione dei "territori produttivi", nell'interesse del Paese, che non puo' continuare a sopportare il "parassitismo dei territori piu' spreconi". Non si e' finora tradotto in realta' perche' il federalismo istituzionale e fiscale sono stati fraintesi. Infatti, "se andiamo alle radici e lasciamo da parte il folclore... e' piuttosto chiaro che la ratio principale del federalismo non era, all'origine, quella di rendere piu' efficiente la Pubblica amministrazione, o di restituire alle regioni settentrionali il maltolto (circa 50 miliardi di euro, secondo le stime piu' prudenti contenute in questo libro). No, la funzione e lo scopo del federalismo erano piu' semplici e piu' fondamentali: permettere ai territori piu' dinamici e produttivi del Paese di tornare a crescere a un ritmo ragionevole, liberandoli da un'oppressione fiscale che - nei primi anni Novanta - stava ormai soffocando l'economia italiana, sempre meno capace di espandere l'occupazione, reggere la concorrenza internazionale, innovare prodotti e processi" (16) . Insomma - lo si ribadisce - "il federalismo ... fiscale doveva ... rimettere i produttori in condizioni di produrre" (17) . Un modo concreto per realizzare la giustizia (18) Se e' cosi', e' evidente che le leggi dello Stato vanno valutate, nell'ottica costituzionale, alla luce di queste ragioni sostanziali connesse con il bene comune, dopo aver reso espliciti gli elementi che concorrono a identificarlo e a costituirlo. In gioco vengono le competenze e il relativo riparto; ma, soprattutto, i contenuti imposti dalle deliberazioni legislative, la cui legittimita' va riscontrata - come si e' accennato - in base a presupposti che devono essere individuati tenendo ben presente la "cosa effettuale, come te la porge l'esperienza e l'osservazione" (19) Il che significa: e' necessario prescindere dall'ente quale persona giuridica astratta e guardare, invece, all'ente in concreto. A come legifera, amministra, reperisce risorse e spende: bene o male sono aspetti imprescindibili di un qualunque serio discorso "costituzionale". 3. La "giustizia territoriale" (20) , infatti, e' un problema - forse, il problema dei problemi - attorno al quale ruota l'intero Titolo V della Parte II della Legge fondamentale. Titolo che, attraverso l'elenco delle materie di cui all'art. 117, richiama l'intera Parte I, per ragioni che non e' neppure il caso di enunciare. Richiama, in particolare, l'art. 53, secondo il quale "tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacita' contributiva". Tutti - e' noto - equivale a cittadini e stranieri; persone fisiche ed enti, territoriali e no. Quanto agli enti territoriali, il loro concorso non puo' essere definito in modo arbitrario, ma deve tenere conto di alcune regole fondamentali, valide per tutti: piu' precisamente, per tutti i soggetti di cui e' "costituita" la Repubblica, secondo quanto dispone l'art. 114, comma 1, Cost. Il criterio deve essere quello della solidarieta' (art. 2) e dell'eguaglianza (art. 3), per cui ogni deroga deve corrispondere a un valore costituzionalmente protetto, da scrutinare secondo l'ottica della ragionevolezza. Ragionevole non e' privilegiare il "parassitismo dei territori piu' spreconi", a danno dei "territori piu' produttivi", pena la "decrescita" (21) : che e' quel che si e' puntualmente verificato. D'altra parte, il legislatore statale ha preferito l'eguaglianza formale e l'entificazione, non dando alcun seguito a richieste volte ad affrontare, seriamente, il tema della "giustizia territoriale". 4. Provvedimenti legislativi statali che dettano regole uniformi, quando tra ente ed ente sussistono gradi anche elevati di differenziazione; misure che agevolano oppure sanzionano, secondo schemi incentrati su una determinazione cronologica casuale e, comunque, di carattere astratto; revoche o attribuzioni di risorse svincolate da ragioni in grado di spiegare e giustificare comportamenti disomogenei; irrilevanza dei riscontri fattuali relativi al quando e come si e' intervenuti; conferimento, piuttosto che di poteri, di obblighi sostanziali e procedurali di adempimento di compiti eterodeterminati con irresponsabilita' conseguente di chi decide, vale a dire dello Stato: tutto questo ed altro ancora - se ne riparlera' ex professo, tra poco - concorrono a svilire la logica fatta propria dal Costituente, che ha pensato all'autonomia, al pluralismo, alla responsabilita' e, dal 2001, anche alla sussidiarieta', differenziazione ed adeguatezza (art. 118, comma 1, Cost.). Per evitare simili esiti, che pongono a repentaglio, oltretutto, presente e futuro della Repubblica, e' necessario individuare alcuni elementi di fatto, cui riportarsi, senza se e senza ma (22) : essendo indispensabile - come si e' notato (23) - che, "se l'Italia vuole fermare il declino e tornare a crescere, di quei 50 miliardi almeno una parte deve rientrare al Nord, e deve servire a rimettere i produttori in condizione di fare il loro mestiere" (24) . Detto anche in altro modo, si tratta di ridurre "l'oppressione fiscale dei territori piu' produttivi" (25) . La Regione vi puo' concorrere sia attenuando la propria leva tributaria sia impiegando le maggiori risorse disponibili ad essa spettanti in spese di investimento: a motivo di quel che si denomina residuo fiscale e per ragioni elementari di giustizia, dipendenti dalla riduzione di inefficienze e sprechi, che si realizza allocando diversamente i mezzi che lo Stato da' alle Regioni, secondo quel che la Costituzione si attende. 5. La Costituzione, infatti, non puo' trascurare alcuni essenziali dati di fatto (26) . Oggi, non ci si puo' permettere di non essere lungimiranti, proiettando il futuro della Repubblica oltre se stessi, rinunciando a punti di vista che hanno mutilato ogni prospettiva. Serve un nuovo ordine - l'"ordine delle autonomie" (27) - che salvaguarda, ripensandolo, il pluralismo: non piu' anarchico, ma responsabile. Per dare voce istituzionale alla categoria della responsabilita', e' opportuno riflettere ed apportare alcune rettifiche, rispetto ad omissioni - gravi, deleterie omissioni - che rappresentano consolidati luoghi comuni (28) . (a) Allo scopo, serve un differente ancoraggio, che corrisponde a un inusuale punto di vista, costituito dagli squilibri territoriali. Infatti, "l'idea e' che, per capire i mali dell'Italia occorra partire dagli squilibri territoriali, ma che per vedere nitidamente tali squilibri non basti guardare il Paese a occhio nudo, o secondo le solite lenti della contabilita' nazionale. Quello di cui abbiamo bisogno e' una radiografia molto accurata, una sorta di TAC (tomografia assiale computerizzata) che mostri - e misuri nel modo piu' preciso possibile - l'anatomia economico-sociale del Paese. E' questo il compito della contabilita' nazionale liberale" (29) Infatti, la contabilita' nazionale trascura cio' che consente di "descrivere adeguatamente un territorio" (30) . Trascura, in particolare: il parassitismo (perche' non distingue "fra settore produttivo e settore improduttivo") (31) , l'evasione (perche' si disinteressa della "pressione fiscale effettiva sopportata dall'economia regolare": "l'evasione fiscale non entra in alcun modo nella contabilita' nazionale") (32) , la sottoproduzione e lo spreco (dove "sottoproduzione significa che con la stessa spesa, si potrebbe generare un output maggiore. Spreco significa che, il medesimo output potrebbe essere prodotto con una spesa minore") (33) , il livello dei prezzi ["non sappiamo nulla sulle differenze territoriali (ad esempio regionali) nel livello generale dei prezzi. Possiamo dire che nel 2008 i prezzi erano saliti del 2,3% rispetto al 2007, ma non siamo in grado di dire, per un dato anno, di quanto i prezzi del Veneto superino o siano inferiori a quelli della Calabria"] (34) Una diversa contabilita', invece (35) , considera attentamente il tasso di parassitismo, il tasso di evasione, il tasso di sottoproduzione e spreco, il livello dei prezzi (36) . Essa si configura come "una descrizione completa degli scambi che determinano - congiuntamente - il bilancio della Pubblica amministrazione e il suo doppio, ossia i suoi effetti sul settore market [e' il settore produttivo] dell'economia". In particolare, per quanto attiene all'evasione fiscale, proprio essa da' "i frutti piu' interessanti a livello territoriale, stante che i tassi di evasione variano drasticamente da una regione all'altra" (37) . (b) Veniamo, dunque, agli squilibri territoriali, per come li coglie e li descrive la contabilita' nazionale liberale. Da questo punto di vista (38) , ove si considerino peso della popolazione in eta' di lavoro, tasso di occupazione e prodotto per occupato del settore market (attivita' produttive), ci si trova di fronte a "un quadro sconcertante, specialmente se lo si osserva in una prospettiva di lungo periodo: il deficit di sviluppo del Mezzogiorno e' enorme, e' cresciuto nel tempo, e forse non c'era prima dell'Unita' d'Italia" (39) . D'altra parte, enorme e' il peso dell'amministrazione, che intermedia rilevanti quantita' di risorse senza apprezzabili risultati (40) , dal momento che sulla "spesa nominale per consumi pubblici" gravano "gli sprechi che avvengono nella erogazione di servizi" (41) . Da analisi serie, per quanto sempre discutibili, si ricava che "il tasso medio di spreco e' prossimo a zero in Lombardia (2,8%), e' molto basso (sotto il 15%) in tutto il Nord eccetto la Liguria, e poi sale piuttosto regolarmente scendendo da Nord a Sud, fino ad attestarsi vicino al 50% in Sicilia, Calabria, Basilicata e Sardegna". Altro dato: "la spesa pro capite del Sud e' del 13% piu' alta di quella del Nord, mentre i servizi pro capite prestati - nonostante la maggiore spesa - sono inferiori di quasi il 30%" (42) Se ne puo' prescindere, sempre e comunque, quando si da' e si toglie? (43) . Oggi - si rileva - "il peso del settore improduttivo dell'economia - ovvero l'interposizione pubblica 'in crescita' - sfiora il 50% del PIL market". Ci si domanda, non certo retoricamente: "questo carico e' distribuito in modo territorialmente equo oppure no? (44) . E "quanto guadagnerebbe o perderebbe ogni regione se il tasso di parassitismo fosse uniforme in tutta l'Italia? (45) . Ecco un appunto sintetico, che trova conferma in massime di esperienza (46) : "Si vede bene che, di fatto, il peso del parassitismo dei territori ad alta spesa pubblica grava in massima parte su tre sole regioni, che per la dimensione delle loro economie e per la capacita' di contenere la spesa improduttiva reggono i disavanzi di tutte le altre. Si tratta della Lombardia, che cede qualcosa come 24,9 miliardi all'anno, del Veneto, con 8,8 miliardi, dell'Emilia-Romagna, con 8,0 miliardi. In tutto fa 41,7 miliardi all'anno, pari a circa l'85% delle risorse che ogni anno passano dalle regioni parsimoniose verso tutte le altre. Aggiungendo le risorse trasferite dalle altre tre regioni virtuose - Piemonte, Toscana, Marche - si arriva a un totale di oltre 49,5 miliardi, ossia l'equivalente di due o tre Finanziarie" (47) E poi: "Quanto e' grande il sommerso in Italia? A quanto ammonta l'evasione fiscale e contributiva?". "Rispondere a queste domande e' essenziale, perche' il differenziale di evasione e' uno degli squilibri territoriali fondamentali" (48) . Ferme restando tutte le difficolta' del caso (49) , si sostiene (50) che "il valore aggiunto sommerso si aggira intorno ai 250-300 miliardi di euro, e l'evasione (mancato gettito) e' compresa fra 100 e 150 miliardi". Questa stima e' stata ottenuta - qui sta il pregio - "regione per regione, e consente quindi di farci un quadro degli squilibri territoriali nell'intensita' dell'evasione" (51) . Il risultato e' sconcertante ed e' il seguente: "La Lombardia ha un'intensita' di evasione inferiore al 13%. Cio' significa che il contribuente lombardo, per ogni 100 euro di tasse pagate, ne occulta meno di 13 (12,5 per la precisione). - All'estremo opposto, il contribuente calabrese ne occulta 85, ossia sette volte piu' del suo compatriota lombardo. A una certa distanza dalla virtuosa Lombardia si situano l'Emilia-Romagna e il Veneto, con un'intensita' attorno al 19%. Poco piu' in la', ma sempre al di sotto della media italiana (26,4%), incontriamo altre quattro regioni del Centro-nord: Friuli, Lazio, Piemonte e Trentino. - E al di sopra della media italiana? - Qui troviamo tutte le regioni del Sud, ma anche due regioni del Nord (Valle d'Aosta e Liguria) e tre regioni del Centro (Toscana, Marche e Umbria). La regione meridionale piu' virtuosa e' l'Abruzzo con un'intensita' pari al 30,5%. Fra le restanti regioni meridionali, infine, si nota il primato negativo delle tre regioni di mafia: Calabria (85,3%), Sicilia (63,4%), Campania (55,3%)" (52) Luca Ricolfi conclude cosi': "In barba ai proclami leghisti, la regione del Paese con la resistenza fiscale piu' bassa [id est: con il tasso piu' alto di fedelta' fiscale] e' la Lombardia, mentre le regioni con la resistenza fiscale piu' alta [id est: con il tasso piu' basso di fedelta' fiscale] sono quelle di mafia (38,4%), con una punta del 46% in Calabria. Come dire che un cittadino lombardo protesta ma alla fine versa 1'89% del dovuto, un cittadino calabrese non protesta ma versa solo il 54% del dovuto" (53) . Il che pone una questione non proprio irrilevante, ove si rifletta avendo ben presenti i principi di solidarieta' (di cui agli artt. 2 e 53 Cost.) e di unita' e indivisibilita' della Repubblica (di cui all'art. 5 Cost.), declinati dal punto di vista della "cosa effettuale" (54) : la quale mette a nudo l'ipocrisia interessata delle declamazioni formali non accompagnate -come ebbe a notare Ettore Passerin D'Entreves - da "cose attuose", dalle quali "soltanto puo' scaturire una nuova realta'" (55) (c) La realta', invece, continua a esibire dati dalle implicazioni istituzionali perverse, di cui il Giudice delle leggi deve finalmente occuparsi. Il cosiddetto residuo fiscale e' un elemento quantitativo con il quale e' indispensabile misurarsi. O con quel che, comunque, gli si accosta, in nome di riflessioni che ne rivelano un qualche limite, non idoneo a scalfirne, peraltro, il significato istituzionale (56) . Basti considerare le analisi compiute da due studiosi della Banca d'Italia su dati 2004-2006 (57) : "le iniquita' denunciate ... nell'anno di transizione fra prima e seconda Repubblica paiono essere una sorta di invariante della nostra storia repubblicana, qualcosa che riscopriamo ciclicamente ma che nessun governo e nessuna politica hanno mai veramente scalfito" (58) . Il residuo fiscale - cui si fara' riferimento anche in seguito per le ragioni poc'anzi accennate (59) - lo si e' voluto meglio precisare quando si e' parlato di "teoria della giustizia territoriale", che guarda - per stabilire se "un territorio e' in debito o in credito di un certo ammontare" di risorse - a "un'allocazione 'giusta' delle risorse disponibili" (60) . In questa prospettiva, vi sono quattro capisaldi da rispettare: il principio di equita' fiscale, il principio di responsabilita' territoriale e il principio di solidarieta', nonche' il principio di convergenza (61) . Tre, invece, sono le "componenti fondamentali del credito (debito) di ogni territorio": il credito fiscale, il credito da efficienza e il credito da parsimonia (62) , di una evidenza lapalissiana. Si possono seguire criteri diversi e, finanche, antitetici nel combinare tra loro solidarieta' e responsabilita'. Comunque sia, in concreto esistono Regioni "aiutate", Regioni "assistite" e Regioni "spoliate": "regioni cioe' che, pur essendo deboli, anziche' ricevere di piu' di quel che loro spetterebbe in base al loro prodotto (solidarieta') ricevono addirittura di meno (spoliazione)" (63) . Ovviamente, "il fatto che i territori deboli beneficino di meccanismi ridistributivi di tipo solidaristico implica ... che vi siano ... territori donatori'. L'indagine dimostra che "in una situazione di spoliazione ... si trovano Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Toscana e Marche"; mentre usufruiscono di una "appropriazione ... tutte le regioni a statuto speciale del Nord, la Liguria e il Lazio (che tuttavia e' un caso speciale, perche' include la capitale Roma)" (64) . In breve: il Centro d'Italia "non si discosta troppo dall'equilibrio contabile" (il riferimento e' a Toscana, Umbria e Marche); "completamente squilibrata, invece, risulta la situazione contabile del Nord e del Sud, con il Nord che e' in attivo in tutti gli ambiti e cede complessivamente 50,6 miliardi di euro all'anno (circa 3 punti di PIL), e il Sud che e' in passivo in tutti gli ambiti e si appropria di 41,2 miliardi". Ed ecco la conclusione, da brivido, ove si guardi alla Repubblica e al suo avvenire: "il trasferimento di risorse, dunque, e' essenzialmente un trasferimento da Nord a Sud, che priva ogni anno il Nord di un ammontare di risorse che corrisponde a qualcosa come il 7% del PIL market da esso prodotto. Un saccheggio silenzioso e invisibile che non puo' non fiaccare la capacita' delle Regioni del Nord di produrre ricchezza, ossia precisamente la materia prima su cui poggia la redistribuzione a favore delle regioni deboli" (65) . Se "produrre ricchezza" e' un problema che non interessa l'Italia, questo ricorso e' infondato: manifestamente infondato. Ma se non e' cosi' - perche' non e' cosi' -, allora e' fondato: manifestamente fondato, per ragioni che l'ecc.ma Corte non manchera' di riconoscere. 6. Come si e' ripetutamente sottolineato, e' necessario riconsiderare il significato normativo e, quindi, portata e limiti delle disposizioni costituzionali di cui agli artt. 2, 3, 97, 117, 118 e 119 Cost. In modo particolare, per quel che riguarda il coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario (art. 117, comma 3, e art. 119, comma 1), che non puo' essere considerato esclusivamente quale espressione di un potere sovraordinato; e cio', in particolare, quando sono in gioco situazioni giuridiche soggettive previste e garantite dalla Legge fondamentale (66) . Il termine di riferimento non sono, in queste circostanze, il potere statale e regionale tra loro comparati secondo una relazione di stampo gerarchico. E neppure viene in gioco la competenza dell'uno e dell'altro, sebbene l'uso che lo Stato fa di quel che la Costituzione ad esso riserva. Sotto questo profilo, la Regione Veneto si limita a contestare la violazione di clausole costituzionali generali che valgono per tutti: persone fisiche o giuridiche che siano, a maggior ragione quando queste ultime sono - come le Regioni sono, per pacifica giurisprudenza di codesta Corte - enti esponenziali delle relative comunita'. Le quali - come si precisera' tra breve - sono destinate a veder incrementata oppure diminuita la tutela che loro attribuisce la Costituzione a seconda che possano disporre oppure no di maggiori risorse. Perche' - come e' noto - tutti i diritti costano (67) Le risorse appunto! In gioco vengono - considerate con riferimento al nesso entrate-spese (di cui all'art. 53 Cost.) - la "giustizia territoriale" e l'insieme delle relative implicazioni. In particolare, oltre alle tutele specifiche da accordare a chi vive in un dato territorio, in gioco c'e' l'avvenire della Repubblica, per come la qualifica l'art. 114 Cost.; avvenire che esige, per non trasformarsi in declino irreversibile, che i "territori produttivi" non continuino ad essere danneggiati dal "parassitismo dei territori piu' spreconi" (68) . Non si tratta di opinioni, ma di dati di fatto, i quali impongono di declinare il dovere di solidarieta' economica; l'eguaglianza sostanziale; il buon andamento (che e' dell'amministrazione e della legislazione); la potesta' legislativa concorrente; i principi di sussidiarieta', differenziazione ed adeguatezza, nonche' l'autonomia finanziaria come un corpus unitario: nel senso che tutti i principi devono risultare condizionanti e, al tempo stesso, condizionati da quel che si e' definito poc'anzi come pluralismo non piu' anarchico, ma responsabile (69) . E' alla luce di queste premesse che sono state formulate le eccezioni di illegittimita' costituzionale che seguono, nei confronti degli atti legislativi del c.d. Sblocca Italia: insieme di disposizioni, di un profilo talmente basso, da creare problemi non marginali addirittura nell'individuazione numerica dei commi, ai fini dell'impugnazione. II. Sulle singole questioni di legittimita' costituzionale 1. Illegittimita' costituzionale dell'art. 4, commi 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7 e 9, d.l. n. 133/2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 164/2014 per violazione degli artt. 2, 3, 97, 114, comma 1, 117, comma 3, 118 e 119 della Costituzione. L'art. 4 d.l. n. 133/2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 164/2014, rubricato "Misure di semplificazione per le opere incompiute segnalate dagli Enti locali e misure finanziarie a favore degli Enti territoriali", dispone, per quanto qui interessa e comunque in estrema sintesi (rinviando alla lettura delle disposizioni per ogni ulteriore dettaglio), quanto segue: (i) al fine di favorire la realizzazione delle opere segnalate dai Comuni alla Presidenza del Consiglio dei Ministri dal 2 al 15 giugno 2014 e di quelle inserite nell'elenco-anagrafe nazionale delle opere pubbliche incompiute di cui all'art. 44-bis d.l. n. 201/2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214/2011 (70) , per le quali la problematica emersa attenga al mancato concerto tra amministrazioni interessate al procedimento amministrativo, e' data facolta' di riconvocare la conferenza di servizi funzionale al riesame dei pareri ostativi alla realizzazione dell'opera e cio' anche se la conferenza di servizi fosse gia' stata definita in precedenza. In ogni caso i termini relativi al procedimento della conferenza di servizi sono ridotti alla meta' (comma 1); (ii) nel caso del mancato perfezionarsi del procedimento in ragione di ulteriori difficolta' amministrative, e' data facolta' di avvalersi, a scopo consulenziale-acceleratorio, dell'apposita cabina di regia istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri (comma 2); (iii) "i pagamenti connessi agli investimenti in opere oggetto di segnalazione entro il 15 giugno 2014 alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, nel limite di 250 milioni di Euro per l'anno 2014, sono esclusi dal patto di stabilita' interno alle seguenti condizioni, accertate a seguito di apposita istruttoria a cura degli Uffici della medesima Presidenza del Consiglio dei Ministri, da concludere entro 30 giorni dall'entrata in vigore del presente decreto: a) le opere alle quali si riferiscono i pagamenti devono essere state preventivamente previste nel Programma Triennale delle opere pubbliche; b) i pagamenti devono riguardare opere realizzate, in corso di realizzazione o per le quali sia possibile l'immediato avvio dei lavori da parte dell'ente locale richiedente; c) i pagamenti per i quali viene richiesta l'esclusione del patto di stabilita' devono essere effettuati entro il 31 dicembre 2014; c-bis) i pagamenti per i quali viene richiesta l'esclusione dal patto di stabilita' devono riguardare prioritariamente l'edilizia scolastica, gli impianti sportivi, il contrasto del dissesto idrogeologico, la sicurezza stradale" (comma 3); (iv) sulla base dell'istruttoria condotta dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, con d.p.c.m. sono individuati i Comuni che beneficiano della esclusione dal patto di stabilita' interno e l'importo dei pagamenti da escludere (comma 4); (v) i pagamenti sostenuti successivamente alla data di entrata in vigore del decreto-legge relativi a debiti in conto capitale degli enti territoriali per gli anni 2014 e 2015 sono esclusi dai vincoli del patto di stabilita' interno per un importo complessivo di 300 milioni di euro (200 milioni di euro relativamente all'anno 2014 e 100 milioni relativamente all'anno 2015) (comma 5) (71) ; (vi) con riguardo all'anno 2014, "l'esclusione di cui al secondo periodo dell'alinea del comma 5 e' destinata per 50 milioni di euro ai pagamenti dei debiti delle regioni sostenuti successivamente alla data del 1° luglio 2014, ivi inclusi quelli ascrivibili ai codici gestionali da 2139 a 2332, che beneficiano di entrate rivenienti dall'applicazione dell'articolo 20, commi 1 e 1-bis, del decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 625 (72) , superiori a 100 milioni". Ai fini della distribuzione del rimanente importo dell'esclusione tra i singoli enti territoriali, i Comuni, le Province e le Regioni comunicano al Ministero dell'economia e delle finanze gli spazi finanziari di cui necessitano. "Con decreti del Ministero dell'economia e delle finanze, sulla base delle predette comunicazioni, entro il 10 ottobre 2014 e il 15 marzo 2015 sono individuati per ciascun ente, su base proporzionale, gli importi dei pagamenti da escludere dal patto di stabilita' interno rispettivamente nel 2014 e 2015" (comma 6); (vii) la modifica del comma 9-bis dell'art. 31 legge n. 183/2011, il quale comunque si riferisce solo a Comuni e Province (comma 7); (viii) le specifiche modalita' di compensazione degli effetti finanziari in termini di fabbisogno e di indebitamento netto derivanti dai commi 3, 5 e 8 dell'art. 4 d.l. n. 133/2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 164/2014, pari a complessivi 450 milioni di euro per l'anno 2014, 180 milioni per l'anno 2015, 100 milioni per l'anno 2016 e 70 milioni per l'anno 2017 (comma 9) (73) . La suddetta disposizione normativa, nei vari commi in cui e' articolata che sono qui impugnati, e' in contrasto con la Costituzione per una molteplicita' di profili. Innanzitutto, essa appare violare gli artt. 3 e 97 Cost. e l'art. 114, comma 1, Cost. Quest'ultimo precetto costituzionale dispone, come noto, che "la Repubblica e' costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Citta' metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato". La Regione, dunque, e' ente che si pone sullo stesso piano dei Comuni, unici destinatari delle misure di semplificazione e finanziarie (di forte agevolazione) previste dall'art. 4 del decreto c.d. Sblocca Italia. Pur tuttavia, la Regione e' sostanzialmente esclusa dalle misure di agevolazione previste dai commi 1, 2, 3, 4 e 9 dell'art. 4 e cio' in modo assolutamente contrario al fondamentale canone costituzionale di ragionevolezza, di cui all'art. 3 Cost. (a sua volta, da leggersi in combinato disposto con l'art. 97 Cost., in base al quale la legge deve assicurare il buon andamento della pubblica amministrazione). Indici di tale irragionevolezza normativa sono, tra gli altri: a) il fatto che l'art. 4, comma 1, si prefigga lo scopo di favorire la realizzazione delle sole opere segnalate dai Comuni alla Presidenza del Consiglio dei Ministri nel solo periodo compreso tra il 2 e il 15 giugno 2014: il 2 giugno non e' forse la Festa della Repubblica? E, allora, quali Comuni mai possono avere segnalato opere pubbliche incompiute quel giorno? E perche' mai limitare l'agevolazione alle opere incompiute segnalate in un arco temporale cosi' breve?; b) il fatto che le opere pubbliche incompiute iscritte nell'elenco-anagrafe di cui all'art. 44-bis d.l. n. 201/2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 213/2011 siano iscritte in un elenco istituito presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il quale, a sua volta, e' articolato a livello regionale: e' forse ragionevole configurare una disposizione normativa che si rivolge alle sole opere pubbliche incompiute di competenza comunale e non anche a quelle di competenza regionale, che generalmente sono di maggiore impatto e rilievo per la collettivita?; c) il fatto che, in base al comma 3 dell'art. 4, siano esclusi dal patto di stabilita' interno i soli pagamenti connessi agli investimenti in opere di competenza dei Comuni oggetto di segnalazione entro il 15 giugno 2014: perche' mai tale previsione non e' estesa anche ai pagamenti connessi agli investimenti in opere di competenza delle Regioni? Opere che, peraltro, sono, per lo piu', di maggiore estensione, impatto e rilievo per la collettivita? L'irragionevolezza della disciplina normativa si traduce, altresi', nella violazione dell'art. 2 Cost., secondo cui la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo. La Regione, come noto, ha una pluralita' di competenze ed esercita una pluralita' di funzioni amministrative. Si pensi, per esempio, alle competenze ed alle funzioni esercitate in materia di "tutela della salute" ed alle opere che alle stesse sono connesse (ampliamento, ristrutturazione, adeguamento tecnologico di strutture ospedaliere, per esempio). Non agevolare la realizzazione di opere simili, anche mediante l'esclusione dal patto di stabilita' interno dei pagamenti connessi agli investimenti in opere del genere, finisce per ledere uno dei fondamentali diritti inviolabili dell'uomo: quello alla salute. Non puo' dimenticarsi, poi, che la Regione e' titolare di molte funzioni amministrative attratte alla stessa (e sottratte, in ragione di cio', a Comuni, Province e Citta' metropolitane) al fine di assicurare l'esercizio unitario delle funzioni stesse (in puntuale rispetto dell'art. 118, comma 1, Cost.). E' appena il caso di rilevare che la Regione Veneto e' pienamente legittimata a denunciare la violazione degli artt. 2, 3 e 97 Cost., perche', pur trattandosi di precetti costituzionali che formalmente non attengono al riparto delle competenze legislative tra Stato e Regione, cionondimeno la loro violazione comporta, nel caso di specie, una compromissione delle attribuzioni regionali costituzionalmente garantite o, comunque, ridonda sul riparto di competenze legislative (in questo senso, e' pacifica la giurisprudenza della Corte costituzionale: si vedano le sentt. nn. 33 e 128/2011 e 52 e 156/2010). Non senza aggiungere che la Corte costituzionale ha gia' dichiarato costituzionalmente illegittime, per manifesta irragionevolezza, disposizioni di legge statale che fissavano termini perentori allo scadere dei quali scattavano effetti irreversibili (si veda, sebbene con riguardo ad una fattispecie diversa, ma per i principi pacificamente estensibili al caso in questione, Corte cost., sent. 24 luglio 2013, n. 236). L'art. 4 si rivela, poi, costituzionalmente illegittimo anche per violazione del fondamentale riparto di competenze legislative tra Stato e Regione di cui all'art. 117 Cost. Come noto, i lavori pubblici non sono riconducibili ad una sola materia tra quelle enumerate nell'art. 117 Cost., dal momento che i medesimi e l'intera attivita' contrattale della pubblica amministrazione si qualificano in base all'oggetto cui afferiscono. Pertanto, non e' configurabile ne' una materia relativa ai lavori pubblici nazionali, ne' una materia attinente ai lavori pubblici di interesse regionale, ne' e' possibile tracciare il riparto di competenze legislative tra Stato e Regioni secondo un criterio soggettivo, distinguendo tra gare indette da amministrazioni statali e regionali o sub-regionali. In questo senso, si e' espressa la Corte costituzionale, a far data dalla nota sent. 23 novembre 2007, n. 401 (e con altre successive, tra cui la sent. 1° agosto 2008, n. 322, relativa alla Regione Veneto, e la sent. 17 dicembre 2008, n. 411). Ebbene, la disciplina del comma 1 dell'art. 4 (e cosi' quella di cui ai commi 2, 3, 4 e 9), finalizzata, com'e', a favorire la realizzazione di opere segnalate dai Comuni alla Presidenza del Consiglio dei Ministri o inserite nell'elenco-anagrafe, di cui all'art. 44-bis d.l. n. 201/2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 213/2011, per le quali non si sia raggiunta un'intesa in sede di conferenza di servizi, deve essere certamente ascritta alla "programmazione di lavori pubblici" ed all'"approvazione dei progetti a fini urbanistici ed espropriativi", le quali rientrano nella materia di cui all'art. 117, comma 3, Cost. "governo del territorio", che, nella lettura datane dalla Corte costituzionale a far data dalla sent. 7 ottobre 2003, n. 307, "comprende, in linea di principio, tutto cio' che attiene all'uso del territorio e alla localizzazione di impianti o attivita'". Non senza aggiungere, peraltro, che proprio l'art. 4, comma 2, d.lgs. n. 163/2006 - giudicato conforme a Costituzione dalla sentenza della Corte costituzionale n. 401/2007 - dispone che, "relativamente alle materie oggetto di competenza concorrente, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano esercitano la potesta' normativa nel rispetto dei principi fondamentali contenuti nelle norme del presente codice, in particolare, in tema di programmazione di lavori pubblici, approvazione dei progetti a fini urbanistici ed espropriativi, organizzazione amministrativa, compiti e requisiti del responsabile del procedimento, sicurezza del lavoro". Essendo la materia "governo del territorio" una materia di potesta' legislativa concorrente, l'art. 4 del decreto c.d. Sblocca Italia appare del tutto illegittimo nella parte in cui non prevede alcun coinvolgimento legislativo della Regione, alla quale, invece, spetta, in tale materia, la potesta' legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato. Nella parte in cui esclude dal Patto di stabilita' interno i pagamenti connessi agli investimenti in opere di competenza dei Comuni oggetto di segnalazione entro il 15 giugno 2014, il comma 3 dell'art. 4 si pone in contrasto con l'art. 117, comma 3, Cost., la' dove ascrive alla competenza legislativa concorrente la materia "coordinamento della finanza pubblica". E' noto che la Corte costituzionale ha inquadrato nella materia "coordinamento della finanza pubblica" il c.d. Patto di stabilita' interno, vale a dire quell'insieme di disposizioni legislative statali (spesso caotiche e contraddittorie, contenute nella legge finanziaria - oggi di stabilita' - o anche in altri provvedimenti legislativi, per lo piu' emergenziali, se non altro nella forma) finalizzate a garantire il rispetto da parte dell'Italia del Patto europeo di stabilita' (e crescita). Sebbene la Corte costituzionale abbia dato un'interpretazione piuttosto estensiva dei "principi fondamentali", che lo Stato ha il potere di fissare in tale materia (anche valorizzando gli artt. 11 e 117, comma 1, Cost.), e' vero pure, tuttavia, che, "quanto ai requisiti delle norme statali recanti principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, questa Corte ha individuato due condizioni: 'in primo luogo, che si limitino a porre obiettivi di riequilibrio della medesima, intesi nel senso di un transitorio contenimento complessivo, anche se non generale, della spesa corrente; in secondo luogo, che non prevedano in modo esaustivo strumenti o modalita' per il perseguimento dei suddetti obiettivi (sent. n. 237 del 2009). I vincoli derivanti dal Patto di stabilita' interno si applicano in modo uniforme a tutti gli enti territoriali di una certa dimensione, trattandosi di una misura in qualche modo di emergenza, che tende a realizzare, nell'ambito della manovra finanziaria annuale disposta con legge, un obiettivo di carattere nazionale (sentenza n. 36 del 2004)" (cosi', tra le piu' recenti, Corte cost., sent. 6 novembre 2009, n. 384). Se questi sono i principi che le disposizioni normative sul c.d. Patto di stabilita' interno debbono rispettare, e' evidente che i medesimi non sono affatto ottemperati dal comma 3 dell'art. 4, peraltro anche qui per il completo esautoramento della Regione dall'esercizio delle competenze legislative ad essa spettanti in quella che, indubitabilmente, e' una materia di potesta' legislativa concorrente. Alla violazione dell'art. 117, comma 3, Cost. consegue, de plano, quella dell'art. 118 Cost., specialmente per il fatto che, prevedendo una simile misura di agevolazione per i soli Comuni, l'art. 4 del decreto c.d. Sblocca Italia finisce per ledere la potesta' amministrativa regionale nel momento in cui la Regione intenda attrarre al livello regionale le funzioni amministrative astrattamente spettanti ai Comuni al fine di assicurarne l'esercizio unitario e sempre nel rispetto dei principi di sussidiarieta', differenziazione ed adeguatezza. Analoghe censure devono essere rivolte al comma 5 dell'art. 4 del decreto c.d. Sblocca Italia, laddove si avesse a ritenere che l'espressione "enti territoriali" non si riferisca alle Regioni, ma solo agli enti locali (Comuni, Province, Citta' metropolitane). Quanto al comma 6, poi, evidente e' la sostanziale disparita' di trattamento della disciplina tra le Regioni del Mezzogiorno e le Regioni non del Mezzogiorno. Come si e' visto, il comma 6 dell'art. 4 dispone che, con riguardo all'anno 2014, "l'esclusione di cui al secondo periodo dell'alinea del comma 5 e' destinata per 50 milioni di curo ai pagamenti dei debiti delle regioni sostenuti successivamente alla data del 1° luglio 2014, ivi inclusi quelli ascrivibili ai codici gestionali da 2139 a 2332, che beneficiano di entrate rivenienti dall'applicazione dell'articolo 20, commi 1 e 1-bis, del decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 625, superiori a 100 milioni". Ebbene, le entrate di cui ai commi 1 e 1-bis dell'art. 20 d.lgs. n. 625/1996 derivano dal versamento da parte dei titolari di concessione di coltivazione di idrocarburi di un'aliquota del prodotto della coltivazione. Ora, mentre alle Regioni a Statuto ordinario non del Mezzogiorno e' corrisposta un'aliquota pari al 55%, alle Regioni a Statuto ordinario del Mezzogiorno, invece, "e' corrisposta, per il finanziamento di strumenti della programmazione negoziata nelle aree di estrazione e adiacenti, anche l'aliquota destinata allo Stato". Stando cosi' le cose, evidente e' la disparita' di trattamento (e, dunque, la violazione dell'art. 3 Cost.) tra la Regione Veneto (Regione a Statuto ordinario non del Mezzogiorno) e le Regioni a Statuto ordinario del Mezzogiorno, le quali piu' facilmente avranno entrate rivenienti dall'applicazione dell'art. 20, commi 1 e 1-bis, del decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 625, superiori a 100 milioni, e cio' in ragione del fatto che l'aliquota che il titolare della concessione di coltivazione di idrocarburi dovrebbe corrispondere allo Stato la versa alla Regione. L'illegittimita' costituzionale del comma 9 dell'art. 4 discende da quella dei commi 3 e 5, impugnati, dal momento che il comma 9 disciplina le modalita' di compensazione degli effetti finanziari in termini di fabbisogno e di indebitamento netto derivanti, per quanto qui interessa, dai commi 3 e 5. Proprio la disparita' di trattamento tra le Regioni del Centro-nord e quelle del Mezzogiorno consente di articolare, in chiusura, la censura di violazione dell'art. 119 Cost., una violazione che e' dato rinvenire, a parere della difesa, nell'esorbitante residuo fiscale della Regione Veneto. Come noto, "il residuo fiscale coglie il 'saldo' fra cio' che ciascuna Regione riceve in termini di spesa pubblica e il suo contributo in termini di prelievo fiscale, dove tale 'saldo' sintetizza la diversa capacita' fiscale delle Regioni e, al tempo stesso, i flussi redistributivi che livellano gli squilibri derivanti dall'incapacita' di coprire la spesa geografica di pertinenza (incapacita' dietro la quale si evidenziano i divari nello sviluppo socio-economico)" (74) . "Emblematico in tal senso e' [proprio] il caso del Veneto, che e' stato oggetto di approfondita e dettagliata disamina in vari studi condotti da Unioncamere del Veneto, da cui e' emerso come la [p]ubblica [a]mministrazione spenda in servizi per il cittadino residente in Veneto circa € 10.117 pro capite, a fronte di un prelievo (pro capite) pari ad € 13.522 (media 2007-2009; Grafico 3). Cio' significa che un cittadino del Veneto versa allo Stato [,] tramite le imposte [,] una somma superiore di € 3.405 rispetto a quanto (non) riceva dallo Stato stesso poi in termini di spesa pubblica. Per valore del residuo fiscale il Veneto si colloca al terzo posto della graduatoria delle Regioni italiane in avanzo finanziario, alle spalle della Lombardia (7.198 euro pro capite) e dell'Emilia Romagna (4.203 euro pro capite). ... [Del] gruppo delle Regioni che vantano un saldo fiscale positivo fanno parte anche Piemonte, Lazio, Toscana e Marche. Fatta eccezione per Friuli-Venezia Giulia, Trentino-Alto Adige, Liguria, Umbria e Abruzzo, che registrano un residuo fiscale molto contenuto (che indica un sostanziale equilibrio fra entrate e spese), tutte le altre Regioni evidenziano un saldo negativo. Per comprendere appieno la stortura di tale sistema, e' sufficiente raffrontare il dato del Veneto [,] appena segnalato [,] con quello di una Regione del Mezzogiorno [,] come la Calabria; tale Regione ha un residuo fiscale negativo, pari a € 2.797, ovverosia ogni cittadino calabro versa allo Stato molto meno rispetto a quanto riceve successivamente all'intervento perequativo. Cio' significa che se i contribuenti veneti potessero trattenere tutte le imposte che versano, potrebbero contare su una disponibilita' di spesa media aggiuntiva pari a 16,6 miliardi all'anno. La maggiore disponibilita' di spesa produrrebbe l'aumento degli investimenti del surplus di risorse sul territorio, con una conseguente crescita del PIL locale, unitamente ad una presumibile maggiore efficienza in tutti i settori. Supponendo di 'spalmare', infatti, il residuo fiscale veneto sulle varie funzioni di spesa, potremmo verificare che, volendo citare solo qualche dato ipotetico, la spesa per la sanita' e l'assistenza sociale potrebbe passare da € 1.344 pro capite a quasi 2.400; il budget investito in trasporti locali e infrastrutture potrebbe aumentare dagli attuali € 399 pro capite sino a oltre € 700. Il tutto senza aggravio per il contribuente. Tale situazione si verifica a causa della normativa attuale in tema di perequazione, che non riesce a sganciarsi da parametri come quello della spesa storica, criterio che sembra premiare, piuttosto chi spende di piu'. Le risorse prelevate da Regioni ["]virtuose["] quali Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto vanno, infatti, a finanziare il fondo perequativo[,] che viene utilizzato per ripianare i disavanzi maturati dalle Regioni poco virtuose come Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Puglia, Sicilia, Sardegna e Calabria (75) . Tutto cio', al fine di chiarire che, nel momento in cui il residuo fiscale di una Regione raggiunge livelli quali quelli materializzatisi nella Regione Veneto, ove, come si e' visto, il singolo cittadino versa in media allo Stato oltre 3.500 € in piu' rispetto a quello che riceve dallo Stato stesso, si verifica una indiscutibile violazione dell'art. 119 Cost., il quale, pur prevedendo meccanismi perequativi (commi 3 e 5), purtroppo abusati da parte del legislatore statale (76) , chiaramente stabilisce al comma 2, e per quanto qui interessa, che le Regioni "dispongono di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio". Il comma 2 dell'art. 119 Cost., dunque, ha inteso prevedere "un legame certo tra le risorse finanziarie e il territorio che le ha prodotte, sia per ragioni di trasparenza, sia per questioni che afferiscono alla maggiore responsabilizzazione da parte degli amministratori" (77) . Nel dare attuazione all'art. 119 Cost., il legislatore statale ha voluto rendere espliciti i contenuti normativi di principio con la legge 5 maggio 2009, n. 42. Nel fare cio', ha previsto, tra l'altro, che l'uguaglianza e la solidarieta' non si concretizzino mai in egualitarismo e in irresponsabilita'. Per questo, ha stabilito - in particolare all'art. 2 - che il coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario rispetti l'esigenza di una "maggiore responsabilizzazione" (comma 2, lett. a); sia coerente con il "principio di territorialita'" e con il "rispetto del principio di solidarieta' e dei principi di sussidiarieta', differenziazione ed adeguatezza" (comma 2, lett. e); consenta "proprie politiche di bilancio da parte di Regioni ..." (comma 2, lett. f); sia funzionale al "superamento, per tutti i livelli istituzionali, del criterio della spesa storica" (comma 2, lett. m), "in modo da favorire la corrispondenza tra responsabilita' finanziaria e amministrativa" .(comma 2, lett. p). Dunque, autonomia e responsabilita', che presuppongono il rispetto di principi - anche formalmente di rango costituzionale - quali sono i "principi di sussidiarieta', differenziazione ed adeguatezza" (art. 118, comma 1, Cost.). E' appena il caso di osservare che la lesione di queste regole fondamentali comporta la violazione pure degli artt. 2, 3 e 97 Cost.: vale a dire di solidarieta' attiva, di non-discriminazione e di imparzialita', che grava sull'intero sistema delle autonomie locali. Cio' si verifica, senza dubbio, quando il legislatore trascura le differenze. Quanto alla Regione Veneto, ad esempio, per quel che attiene all'apporto che la comunita' regionale da' alla Repubblica ex art. 53 Cost., che determina un rilevante residuo fiscale, e per quanto riguarda le politiche regionali aventi di mira la mitigazione del rischio idrogeologico (vedi infra). La carenza di risorse "adeguate", rispetto all'apporto positivo" dato dalla Regione Veneto in termini di fiscalita', genera un cortocircuito, prodotto dalla prassi, mai superata dallo Stato, di procedere "linearmente": a prescindere da qualunque presupposto concreto, valutabile e riscontrabile. Evidente e', dunque, per tornare all'art. 4 del decreto-legge c.d. Sblocca Italia qui impugnato, che, nel momento in cui si esclude la Regione dal novero dei soggetti (tutti in posizione paritaria, secondo la logica dell'art. 114, comma 1, Cost.) che possono fruire di determinate agevolazioni finanziarie in ordine alla realizzazione di opere pubbliche, prevedendosi, invece, che di tali agevolazioni possano fruire solo i Comuni (qualunque sia la Regione di appartenenza), si finisce per ledere, oltre ai precetti costituzionali sopra richiamati, anche l'art. 119 Cost., tanto piu' quando, come nel caso della Regione Veneto, la stessa abbia un consistente residuo fiscale, vale a dire (e volendo usare un'espressione piu' immediata) un consistente credito nei' confronti dello Stato: piu' precisamente, della Repubblica. 2. Illegittimita' costituzionale dell'art. 7, commi 2 e 3, d.l. n. 133/2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 164/2014, per violazione degli artt. 2, 3, 97, 114, comma 1, 117, comma 3, 118 e 119 della Costituzione. L'art. 7, del decreto-legge c.d. Sblocca Italia, (faticosamente) rubricato "Norme in materia di gestione di risorse idriche. Modifiche urgenti al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, per il superamento delle procedure di infrazione 2014/2059, 2004/2034 e 2009/2034, sentenze C-565-10 del 19 luglio 2012 e C-85-13 del 10 aprile 2014; norme di accelerazione degli interventi per la mitigazione del rischio idrogeologico e per l'adeguamento dei sistemi di collettamento, fognatura e depurazione degli agglomerati urbani; finanziamento di opere urgenti di sistemazione idraulica dei corsi d'acqua nelle aree metropolitane interessate da fenomeni di esondazione e alluvione", reca due commi (2 e 3) che, secondo la Regione Veneto, sono del tutto incostituzionali, per violazione dei parametri indicati nell'epigrafe del presente motivo. Il comma 2 dell'art. 7 stabilisce, in estrema sintesi, quanto segue (si rinvia alla lettura integrale della disposizione per ogni ulteriore dettaglio, vista anche la formulazione piuttosto farraginosa): (i) "a partire dalla programmazione 2015, le risorse destinate al finanziamento degli interventi in materia di mitigazione del rischio idrogeologico sono utilizzate tramite accordo di programma sottoscritto dalla Regione interessata e dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che definisce altresi' la quota di cofinanziamento regionale"; (ii) gli interventi in materia di mitigazione del rischio idrogeologico "sono individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare"; (iii) "le risorse sono prioritariamente destinate agli interventi integrati, finalizzati sia alla mitigazione del rischio sia alla tutela e al recupero degli ecosistemi e della biodiversita', ovvero che integrino gli obiettivi della direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque, e della direttiva 2007/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007, relativa alla valutazione e alla gestione dei rischi di alluvioni"; (iv) "a questo tipo di interventi integrati ... in ciascun accordo di programma deve essere destinata una percentuale minima del 20 per cento delle risorse" e "nei suddetti interventi assume priorita' la delocalizzazione di edifici e di infrastrutture potenzialmente pericolosi per la pubblica incolumita'"; (v) "l'attuazione degli interventi e' assicurata dal Presidente della Regione in qualita' di Commissario di Governo contro il dissesto idrogeologico con i compiti, le modalita', la contabilita' speciale e i poteri di cui all'articolo 10 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116"; (vi) "gli interventi sul reticolo idrografico non devono alterare ulteriormente l'equilibrio sedimentario dei corsi d'acqua, bensi' tendere ovunque possibile a ripristinarlo, sulla base di adeguati bilanci del trasporto solido a scala spaziale e temporale adeguata". Il comma 3 dell'art. 7 dispone, in estrema sintesi, quanto segue (anche qui si rinvia alla lettura della norma per ogni ulteriore dettaglio): (i) "il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, avvalendosi dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), previo parere favorevole dell'Autorita' di distretto territorialmente competente, provvede alla revoca, anche parziale, delle risorse assegnate alle Regioni e agli altri enti con ... decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri ... per la realizzazione di interventi di mitigazione del rischio idrogeologico per i quali alla data del 30 settembre 2014 non e' stato pubblicato il bando di gara o non e' stato disposto l'affidamento dei lavori, nonche' per gli interventi che risultano difformi dalle finalita' suddette"; (ii) "l'ISPRA assicura l'espletamento degli accertamenti ed i sopralluoghi necessari all'istruttoria entro il 30 novembre 2014"; (iii) "le risorse rivenienti dalle suddette revoche confluiscono in un apposito fondo, istituito presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, e sono riassegnate per la medesima finalita' di mitigazione del rischio idrogeologico". Il comma 2 dell'art. 7 del decreto legge c.d. Sblocca Italia appare, innanzitutto, costituzionalmente illegittimo per violazione dell'art. 117, comma 3, Cost., che ascrive alla potesta' legislativa concorrente statale e regionale la materia "governo del territorio" (la potesta' legislativa spetta alla Regione, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata allo Stato). E' evidente, infatti, che disposizioni legislative statali in materia di mitigazione del rischio idrogeologico, quali quelle dell'art. 7 del decreto-legge c.d. Sblocca Italia sopra richiamate, non possano essere inquadrate esclusivamente nella materia di potesta' legislativa esclusiva dello Stato "tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali" (art. 117, comma 2, lett. s, Cost.), come pur qualche giurisprudenza costituzionale ha ritenuto, poiche' esse indubbiamente intersecano anche la materia - di potesta' legislativa concorrente ex art. 117, comma 3, Cost. - del "governo del territorio": e' dimostrato, per esempio, dal fatto che il comma 2 dell'art. 7 puntualizza espressamente che, negli interventi integrati cui fa riferimento, "assume priorita' la delocalizzazione di edifici e di infrastrutture potenzialmente pericolosi per la pubblica incolumita'". Quando ci si trova dinnanzi ad intrecci di materie, di potesta' legislativa esclusiva statale, da una parte, e di potesta' legislativa concorrente (o residuale regionale), dall'altra, si richiede il coinvolgimento della Regione attraverso opportune forme di collaborazione della Regione interessata (cosi', si e' espressa la Corte costituzionale in una pluralita' di sentenze, tra cui le nn. 62/2005, 247/2006, 278/2010 e 33/2011). Tanto impone il principio di leale collaborazione, un principio che trova la sua genesi piu' autentica proprio nell'art. 114, comma 1, Cost., il quale, stabilendo che "la Repubblica e' costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Citta' metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato", ha posto sullo stesso piano Stato e Regioni (e finanche Comuni, Province e Citta' metropolitane, i quali costituiscono un sistema di "autonomie costituzionali") e, per l'effetto, ha improntato una "concezione orizzontale-collegiale dei reciproci rapporti piu' che ... una visione verticale-gerarchica degli stessi" (cosi', Corte cost., sent. 1° febbraio 2006, n. 31). Il comma 2 dell'art. 7 viola certamente il principio costituzionale di leale collaborazione tra Stato e Regione poiche' dispone che gli interventi in materia di mitigazione del rischio idrogeologico "sono individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare". Cio' vuol dire, evidentemente, che non vi e' alcun coinvolgimento della Regione nell'individuazione degli interventi in materia di mitigazione del rischio idrogeologico. A cio' si aggiunga che, proprio perche' ci si trova dinnanzi ad una disposizione legislativa che intercetta la materia "governo del territorio", in cui allo Stato e' preclusa la funzione legislativa di dettaglio, non prevedendo la disposizione in questione alcuna forma di coinvolgimento regionale, risultano ancor piu' costituzionalmente illegittime sub-disposizioni alquanto dettagliate, tutte contenute nel comma 2 dell'art. 7 del decreto-legge c.d. Sblocca Italia, quali le seguenti: "In particolare, gli interventi sul reticolo idrografico non devono alterare ulteriormente l'equilibrio sedimentario dei corsi d'acqua, bensi' tendere ovunque possibile a ripristinarlo, sulla base di adeguati bilanci del trasporto solido a scala spaziale e temporale adeguata. A questo tipo di interventi integrati, in grado di garantire contestualmente la riduzione del rischio idrogeologico e il miglioramento dello stato ecologico dei corsi d'acqua e la tutela degli ecosistemi e della biodiversita', in ciascun accordo di programma deve essere destinata una percentuale minima del 20 per cento delle risorse. Nei suddetti interventi assume priorita' la delocalizzazione di edifici e di infrastrutture potenzialmente pericolosi per la pubblica incolumita'". Analoghe censure debbono essere rivolte al comma 3 dell'art. 7 del decreto-legge c.d. Sblocca Italia, in base al quale il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare revoca le risorse assegnate alle Regioni "per la realizzazione di interventi di mitigazione del rischio idrogeologico per i quali alla data del 30 settembre 2014 non e' stato pubblicato il bando di gara o non e' stato disposto l'affidamento dei lavori, nonche' per gli interventi che risultano difformi dalle finalita' suddette". Prevede, inoltre, la disposizione che "l'ISPRA assicura l'espletamento degli accertamenti ed i sopralluoghi necessari all'istruttoria entro il 30 novembre 2014". In ordine a tale comma, deve essere evidenziata, peraltro, la violazione degli artt. 3 e 97 Cost., perche' - si badi bene alle date -, con decreto-legge del 12 settembre 2014, convertito, con modificazioni, in data 11 novembre 2014, si individua come perentorio il termine del 30 settembre 2014, stabilendosi che, se a tale data, non si sia provveduto a pubblicare il bando di gara per l'affidamento di lavori di realizzazione di interventi di mitigazione del rischio idrogeologico o non si siano affidati i relativi lavori, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare provvede alla revoca delle risorse assegnate alle Regioni per la realizzazione di tali interventi. Nessuna verifica concreta in contraddittorio con la Regione, nessuna considerazione dell'apporto positivo dato, ex art. 53 Cost., al concorso alle spese pubbliche. Si dispone solamente che l'ISPRA assicura l'espletamento degli accertamenti ed i sopralluoghi necessari all'istruttoria entro il 30 novembre 2014. Ora e' ragionevole ritenere che l'ISPRA possa, in poco piu' di due mesi, espletare tali accertamenti e sopralluoghi? Non e' forse ragionevole ritenere che si trattera', nella migliore delle ipotesi, di accertamenti e sopralluoghi piuttosto sommari e che si aprira' la strada ad un contenzioso piuttosto acceso? V'e' piu' di una ragione per ritenere che il disposto del comma 3 dell'art. 7 del decreto-legge c.d. Sblocca Italia sia manifestamente irragionevole e debba, pertanto, essere dichiarato costituzionalmente illegittimo (si veda, a questo riguardo, Corte cost., sent. n. 236/2013). Evidente e' pure la violazione del fondamentale art. 2 Cost., in base al quale "la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo", dal momento che la configurazione di un potere sostanzialmente illimitato di revoca delle risorse assegnate alle Regioni, per la realizzazione di interventi di mitigazione del rischio idrogeologico, mette in serio pericolo i diritti inviolabili dei cittadini (e dei non cittadini), primo tra tutti il diritto alla vita e quello alla salute (in ordine alla piena legittimazione della Regione Veneto a sollevare censure di violazione degli artt. 2, 3 e 97 Cost., si rinvia a tutto quanto precisato a margine del primo motivo). Alla denunciata violazione dell'art. 117, comma 3, Cost. consegue de plano quella dell'art. 118 Cost. In ordine, poi, alla violazione dell'art. 119 Cost., debbono intendersi qui richiamate integralmente tutte le considerazioni sopra svolte a margine del primo motivo di ricorso, rilevando che tale precetto costituzionale e' indubbiamente leso nel momento in cui ci si trova dinanzi ad una disposizione di legge statale che attribuisce un potere sostanzialmente illimitato allo Stato di revoca di risorse assegnate alle Regioni per la realizzazione di interventi di mitigazione del rischio idrogeologico, senza prevedere alcuna verifica concreta in contraddittorio con la Regione interessata e senza tenere conto dell'eventuale residuo fiscale della Regione in questione (residuo fiscale che, nel caso della Regione Veneto, e' piuttosto consistente: pari a circa € 3.500 pro capite). 3. Illegittimita' costituzionale dell'art. 42, commi 1, 2, 3 e 4, d.l. n. 133/2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 164/2014, per violazione degli artt. 2, 3, 97, 117, comma 3, 118 e 119 della Costituzione. I primi quattro commi dell'art. 42 del decreto-legge c.d. Sblocca Italia recano una serie di disposizioni alquanto puntuali e dettagliate "in materia" - cosi' recita la rubrica dell'art. 42 - "di finanza delle Regioni". Il comma 1 aggiunge, per quanto qui particolarmente interessa, all'art. 46 (Concorso delle regioni e delle province autonome alla riduzione della spesa pubblica) del d.l. n. 66/2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 89/2014, i commi 7-bis, 7-ter e 7-quater. Il comma 7-bis dell'art. 46 d.l. n. 66/2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 89/2014, stabilisce che le Regioni a Statuto ordinario sono tenute, per l'anno 2014, ad effettuare, fermo restando il rispetto dei vincoli del Patto di stabilita' interno, spese nei confronti dei beneficiari a valere su una serie di autorizzazioni di spesa variamente previste dalla legislazione in vigore (si rinvia alla lettura integrale della disposizione in questione, vista anche la farraginosita' della stessa). A sua volta, stando al comma 7-ter del medesimo art. 46, le Regioni che risultino non aver effettuato integralmente la spesa, versano all'entrata del bilancio dello Stato la quota di spesa non effettuata. In base al successivo comma 7-quater del medesimo art. 46, per l'anno 2014 non si applicano le esclusioni dai vincoli del Patto di stabilita' interno previste da una serie di disposizioni legislative statali (anche qui si rinvia all'integrale lettura della disposizione in questione per evitare di appesantire l'esposizione delle doglianze). E' evidente che ci si trova dinnanzi a disposizioni legislative statali dettate in materia di "coordinamento della finanza pubblica", ma eccedenti la natura di principi fondamentali e, pertanto, costituzionalmente illegittime per violazione dell'art. 117, comma 3, Cost., che attribuisce alla potesta' legislativa concorrente di Stato e Regione la materia "coordinamento della finanza pubblica". Non solo. Nel momento in cui si stabilisce - al comma 7-bis - che le Regioni a Statuto ordinario sono tenute, per l'anno 2014 ad effettuare spese nei confronti dei beneficiari a valere sull'autorizzazione di spesa per le istituzioni scolastiche paritarie (art. 46, comma 7-bis, lett. a), sull'autorizzazione di spesa per il diritto allo studio (art. 46, comma 7-bis, lett. b) e sull'autorizzazione di spesa per contributi e benefici a favore degli studenti anche con disabilita' (art. 46, comma 7-bis, lett. c) - solo per citarne alcune -, e' evidente che la disposizione legislativa in questione interferisce con l'esercizio della potesta' legislativa regionale nella materia - che e' concorrente e relativamente alla quale allo Stato spetta solo la determinazione dei principi fondamentali ex art. 117 comma 3 Cost. - dell'istruzione. Venendo, poi, ai commi 7-ter e 7-quater dell'art. 46 del d.l. n. 66/2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 89/2014, come modificato dall'art. 42 d.l. n. 133/2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n.164/2014, e' innegabile che essi ledono l'autonomia finanziaria regionale nel momento in cui impongono alla Regione di versare allo Stato la quota di spesa non effettuata tra quelle di cui al comma 7-bis, tutte spese - come si e' visto - afferenti a materie di potesta' legislativa concorrente. Ulteriore lesione si ha nel momento in cui si dispone, per l'anno 2014, la non applicazione di talune esclusioni dai vincoli del Patto di stabilita' interno previste dalla vigente legislazione. Insomma, l'autonomia finanziaria regionale, di cui all'art. 119 Cost., e' drasticamente mutilata, al punto tale da ridurre la Regione Veneto, indipendentemente da qualunque valutazione circa i suoi meriti e demeriti, ad una sorta di ordinatore secondario di spesa. Pure a questo proposito si debbono richiamare integralmente tutte le argomentazioni sopra svolte a margine del primo motivo di ricorso, rilevando che l'art. 119 Cost. e' indubbiamente violato nel momento in cui ci si trova dinanzi ad una disposizione di legge statale che stabilisce, puntualmente e dettagliatamente, quel che la Regione puo' e non puo', deve e non deve spendere in ambiti di materie riferibili alla sua potesta' legislativa, anche solo concorrente; e cio' senza prevedere alcuna verifica concreta, in contraddittorio con la Regione interessata, e senza tenere conto dell'eventuale residuo fiscale della Regione medesima. Il che - all'evidenza - si traduce in una violazione degli artt. 3 e 97 Cost.: perche' l'omessa considerazione di cio' che rappresenta un impiego produttivo delle risorse e' in danno sia della Regione Veneto sia dello Stato: piu' precisamente, della Repubblica. Alla violazione degli artt. 117, comma 3, e 119 Cost. consegue, de plano, la violazione dell'art. 118 Cost. Le differenze di stile, ricostruttive e argomentative, esistenti tra le premesse in diritto e le singole contestazioni rivelano che ormai il degrado raggiunto dalla legislazione, priva di un qualunque riferimento sistematico, rende pressoche' impossibile collegare tra loro disposizioni di principio e disposizioni di dettaglio (78) . Il dettaglio, infatti, ha preso il sopravvento, perche' e' prossimo a quel che si puo' serenamente definire mansionario. E' nelle pieghe di un mansionario che si insinuano le misure di favore oppure di disfavore, le cui giustificazioni sono sempre rintracciabili in un dato retorico, che non ha nulla a che fare con la realta'. Cosi', rimane sistematicamente inevasa una domanda: possiamo continuare ancora a sottrarre risorse ai territori produttivi? Evidentemente si', se e' vero che l'art. 42, comma 5 e seguenti, del c.d. Sblocca Italia si occupa, a parte, della Regione Sardegna e della Regione Sicilia: quest'ultima, ormai ai limiti del collasso finanziario, intenta, per altro, a pagare una legione di dirigenti. Perche' - come si e' scritto di recente - "la Sicilia nei propri beni ha piu' dirigenti del ministero - 306 contro 191 - comprese sovraintendenze e siti. 'Colpa di una legge che in una notte del Duemila ha promosso mille funzionari a dirigenti'" (79) . Ma non c'e' il vaglio di costituzionalita? Ma non esiste il potere statale di coordinamento della finanza pubblica? Non e' vero che questo genere di "fattispecie" sono a carico - in nome di una solidarieta' nobile, declinata in modo perverso - anche del contribuente che vive e paga le imposte nella Regione Veneto e nelle altre Regioni? Non e' vero, ancora, che tutto cio' distrugge ricchezza nazionale e impedisce gli investimenti necessari per superare difficolta' oggi enormi? E poi - dulcis in fundo - queste promozioni-provvidenze non hanno, oltretutto, l'effetto di umiliare la stessa politica regionale siciliana in materie che dovrebbero essere un volano dell'economia? Domande retoriche, le cui risposte avviliscono. Intendiamoci: la Regione Veneto non vuole dare lezioni a nessuno. Si e' limitata a collegare tra loro riscontri che si possono considerare oggettivi. Lo ha fatto pensando al Paese, oltre che a se stessa, in nome non tanto di virtu' (80) , quanto di risultati valutabili in termini di dare ed avere, intesi come interessi-valori da tutelare a livello costituzionale. E' qui che si inseriscono, appunto, le questioni di legittimita' costituzionale che hanno di mira un dato disposto. Questioni che rivelano la loro natura e la loro manifesta fondatezza se le si colloca nell'ambito non tanto del confronto con un singolo parametro, quanto con i capisaldi costituzionali dell'ordinamento. E le si riporta, per valutarne il fondamento, a una realta' che ci dice - sono, come si e' visto, le parole di Luca Ricolfi, ma anche di tanti altri - di "un saccheggio silenzioso e invisibile che non puo' non fiaccare la capacita' delle Regioni del Nord di produrre ricchezza, ossia precisamente la materia prima su cui poggia la redistribuzione a favore delle regioni deboli" (81) . Perche', alla fine, sara' un danno - e una dannazione - per tutti. (1) V., rispettivamente, M. Bertolissi, Contribuenti e parassiti in una societa' civile, Jovene, Napoli, 2012, nonche' L. Hinna - M. Marcantoni, Spending Review. E' possibile tagliare la spesa pubblica italiana senza farsi male?, Donzelli, Roma, 2012. (2) Paolo Sylos Labini, Eugenio Scalfari e Giuseppe Turani, Ugo La Malfa, Alessandro Pizzorno, Giorgio Galli e Alessandra Nannei, Franco Reviglio, Roberto Convenevole. V. la successiva nota 3. (3) L. Ricolfi, Il sacco del Nord. Saggio sulla giustizia territoriale, Guerini e Associati, Milano, 2012, 91 e 92, il quale prosegue richiamando una severa puntualizzazione di Giorgio Galli e Alessandra Nannei: ' Le risorse assorbite dal lavoro improduttivo sono state una delle cause determinanti del processo involutivo che caratterizza il nostro Paese, e senza il loro ridimensionamento non sara' possibile ripercorrere la strada dello sviluppo ' (Il capitalismo assistenziale, 1976). I nomi citati alla nota 2 sono ripresi da questo articolatissimo ed argomentato saggio di Luca Ricolfi, al quale si fara' costante riferimento nella redazione del presente atto. Lo scopo e' quello di non far perdere di vista la realta', con cui deve fare i conti, per primo, anche il giurista, secondo il limpido insegnamento di C. Vivante, La riforma del codice di commercio, in Nuova Antalogia, 1923, spec. 161-162. V. la nota 7. Per sgombrare il campo da equivoci assai diffusi, che divengono, molto spesso, argomenti difensivi dell'Avvocatura generale dello Stato, e' bene non dimenticare che la lievitazione patologica del debito pubblico (divenuto enorme) non puo' essere imputata alla riforma costituzionale del 2001, essendosi formato, nella misura a tutti nota, negli anni Ottanta del secolo scorso: v., ad es., I. Musu, Il debito pubblico. Quando lo Stato rischia l'insolvenza, il Mulino, Bologna, 2012, e A. Friedman, Ammazziamo il Gattopardo, Rizzoli, Milano, 2014, spec. 32 ss. V., altresi', L. Ricolfi, Il sacco del Nord, cit., 94, la' dove scrive: Di qui deficit pubblici sempre piu' ampi, che nel giro di una ventina d'anni, grosso modo dal 1972 al 1992, porteranno il debito al 120% del PIL e l'Italia sull'orlo della bancarotta' (4) F. De Sanctis, Storia della letteratura italiana, Tascabili Newton, Roma, 1993, 373, nel capitolo dedicato a Machiavelli. La frase intera suona cosi': Il fondamento scientifico di questo mondo e' la cosa effettuale, come te la porge l'esperienza e l'osservazione. Quanto a Machiavelli, e' appena il caso di osservare che egli era a diretto contatto con la realta', perche', ammoniva: Molti si sono immaginati repubbliche e principati che non si sono mai visti ne' conosciuti nel mondo reale. Ma c'e' una tale differenza tra come si vive e come si dovrebbe vivere, che colui il quale trascura cio' che al mondo si fa, per occuparsi invece di quel che si dovrebbe fare, apprende l'arte di andare in rovina, piu' che quella di salvarsi (in Il Principe, Bur, Milano, 1996, 78, nella versione in italiano moderno, curata da P. Melograni).. (5) Riflessioni critiche notevoli si possono leggere in L. Canfora, Intervista sul potere, a cura di A. Carioti, Laterza, Roma-Bari, 2013. Le istituzioni non vivono librate in aria; stanno sulla terra e danno ad essa un senso, che e' quello delle persone fisiche e giuridiche che la calpestano. (6) V., peraltro, alcuni severi giudizi espressi da L. Paladin, Diritto regionale, Cedam, Padova, 2000, passim. V., soprattutto, il magistrale saggio di G. Berti, Art. 5, in Commentario della Costituzione, a cura di G. Branca, Zanichelli-Il Foro italiano, Bologna-Roma, 1975, 277 ss., nonche' F. Benvenuti, Il nuovo cittadino. Tra liberta' garantita e liberta' attiva, Marsilio, Venezia, 1994. (7) Qui si assume, dati i tempi ed i problemi da affrontare e risolvere, il punto di vista reso esplicito da C. Vivante, La riforma del codice di commercio, cit., 161-162, la' dove scrive come, 'dopo tanto sforzo dialettico dei civilisti bisognava riprendere il contatto colla realta' vivente. lo, e i miei colleghi e discepoli, abbiamo considerato il diritto commerciale come una scienza di osservazione; vivendo nei porti fra i capitani, nelle aziende di assicurazione fra gli assicuratori; nelle societa' fra amministratori ed azionisti, raccogliendo tutti i frammenti che l'attivita' umana ci offriva, reputando che nulla sia estraneo al diritto, perche' e' composto di tutti gli elementi della vita. Abbiamo cercato la conoscenza dei fatti fuori della logica, per poter poi costruire saldamente a rigore di logica'. Dunque, prima di tutto, la conoscenza dei fatti, ad es., attraverso le indagini condotte da Luca Ricolti, del quale v., altresi', Illusioni italiche. Capire il Paese in cui viviamo senza dar retta ai luoghi comuni, Mondadori, Milano, 2010, e La Repubblica delle tasse. Perche' l'Italia non cresce piu', Rizzoli, Milano, 2011. (8) L. Paladin, Diritto regionale, cit., 233 ss., nonche' la fondamentale sent. n. 271/1986 della Corte costituzionale. In generale, per una visione d'insieme dei problemi cruciali del regionalismo, ignorando i quali c'e' un unico sbocco: il fraintendimento di ogni questione, v. G. Amato, Il sindacato di costituzionalita' sulle competenze legislative dello Stato e della Regione (alla luce dell'esperienza statunitense), Giuffre', Milano, 1963; F. Bassanini, L'attuazione delle Regioni, La Nuova Italia, Firenze, 1970; A. Barbera, Regioni e interesse nazionale, Giuffre', Milano, 1973. Risalenti, al pari di altri, ma fondamentali! . (9) Chi scrive non ha mai creduto nella versione a sub tempo data del federalismo fiscale: v., infatti, M. Bertolissi, Federalismo fiscale: una nozione giuridica, in Fed fisc., n. 1/2007, 9 ss.; Fiscalita' e forma di Stato: un appunto, ivi, n. 2/2007, 109 ss.; La delega per l'attuazione del federalismo fiscale: ragionamenti in termini di diritto costituzionale, ivi, n. 2/2008, 89 ss.; La 'funzione sovrana' del tributo, ivi, n. 1/2009, 15 ss.; Il federalismo fiscale e la sua cronaca, ivi, n. 2/2010, 123 ss.; Un imperativo categorico: spendere bene, ivi, 171 ss.; Il bilanciamento tra solidarieta' e responsabilita' nell'ambito del federalismo fiscale, n. 1/2011, 9 ss.; Stato sociale e federalismo fiscale, ivi, n. 1-2/2012, 7 ss. (10) L. Ricolfi, Il sacco del Nord, cit., 179. (11) L. Ricolfi, Il sacco del Nord, cit., 180. (12) L. Ricolfi, Il sacco del Nord, cit., 181, il quale nota, altresi', dopo aver ripreso una eloquente puntualizzazione di Vilfredo Pareto: 'I territori che vivono di trasferimenti hanno finito per soffocare i territori che producono. Il problema pero', e' che per uscirne avremo bisogno di una classe politica coraggiosa, capace di prendere atto del nocciolo del problema. E il nocciolo del problema ... e' che il divario Nord-Sud e' solo un divario di produzione, non di consumi e di tenore di vita. Detto brutalmente: il Mezzogiorno non ha alcun interesse immediato a cambiare uno stato di cose che, finora, gli ha permesso di vivere largamente al di sopra dei propri mezzi'. Luca Ricolfi - come lui dice di se' medesimo - ha avuto come maestro Claudio Napoleoni; e' uno studioso ed intellettuale di sinistra, ma non si riconosce nella posizione di quanti ritengono che vi siano 'territori che hanno una sorta di diritto naturale alla solidarieta' e territori che hanno il dovere di concederla, sempre e comunque' (ivi, 25 e 27). (13) L. Paladin, Presentazione di AA.VV., La prima legislatura regionale 1970-1975, Giuffre', Milano, 1976, 3 ss. (14) M. Draghi, Considerazioni finali, in Documenti de Il Sole 24 Ore, 1° giugno 2008, 11-12: 'Sul ritardo del Mezzogiorno pesa la debolezza dell'amministrazione pubblica, l'insufficiente attitudine alla cooperazione e alla fiducia, un costume diffuso di noncuranza delle norme. Per il progresso della societa' meridionale l'intervento economico non e' separabile dall'irrobustimento del capitale sociale. La politica regionale in favore del Mezzogiorno ha potuto contare nello scorso decennio su un ammontare di risorse finanziarie comparabile con quello dell'intervento straordinario soppresso nel 1992. I risultati sono stati inferiori alle attese. La spesa pubblica e' tendenzialmente proporzionale alla popolazione, mentre le entrate riflettono redditi e basi imponibili pro capite che nel Meridione sono di gran lunga inferiori. Si stima che il conseguente afflusso netto verso il Sud di risorse intermediate dall'operatore pubblico, escludendo gli interessi sul debito, sia sull'ordine del 13 per cento del prodotto del Mezzogiorno, il 3 per cento di quello nazionale. E' un ammontare imponente; per il Sud, e' anche il segno di una dipendenza economica ininterrotta'. Sic! Un tal genere di puntualizzazioni tronca sul nascere ogni polemica. Del resto lo stesso Presidente della Repubblica e' stato severo censore: v. G. Battistini, Napolitano striglia i politici: 'Colpa vostra il degrado al Sud', in la Repubblica, 3 dicembre 2008, 12; C. Giannini, Napolitano: il Sud faccia autocritica o e' fuori gioco, in Il Gazzettino, 3 dicembre 2008, 4, nonche' A. Garibaldi, Napolitano: il Sud non ha retto alla prova dell'autogoverno, in Corriere della Sera, 4 ottobre 2009, 8. Certo, oggi la politica, tutta, e' all'angolo, come osserva A. Schiavone, Non ti delego. Perche' abbiamo smesso di credere nella loro politica, Rizzoli, Milano, 2013. Ma, proprio per questo, e' necessario che la Magistratura che e' garante della Costituzione dia il suo contributo, rivedendo orientamenti consolidati non piu' idonei a porre rimedio ai problemi del Paese: che sono di tutti e la Regione Veneto li espone cosi'. (15) E' piu' che sufficiente rinviare, senza commento di sorta, a F. Fubini, Capitale brucia-miliardi. 'Cosi' Roma affonda in un default pagato da tutta Italia', in la Repubblica, 28 novembre 2014, 1 e 30. Questo e' il frutto malato di una solidarieta' a senso unico, irresponsabile, che ha consentito a Roma-capitale, come rileva la Corte dei conti, di continuare 'a spendere troppo, lo Stato si e' accollato i suoi debiti ma la citta' ha fallito il risanamento. E divora oltre cinquecento milioni l'anno dei contribuenti nazionali'. Vogliamo cambiare registro? V. P. Buttafuoco, Bruttissima Sicilia. Dall'autonomia a Crocetta, tutta una rovina, Bompiani, Milano, 2014. Le prime parole sono queste: 'Adesso basta. Qualcuno - Matteo Renzi? - dica basta, perche' l'autonomia sara' cosa santa e giusta ovunque ma in Sicilia no, e' un flagello e trascina nel baratro l'Italia. Li' l'autonomia regionale, fonte di sprechi e burocrazia, e' l'acqua che nutre l'arretratezza economica e sociale di un pezzo importante del Meridione. Ed e' la fogna in cui nuota la mafia'. Nessuno ha in tasca la verita', ma si tratta di discorsi che risalgono alla notte dei tempi: v., ad es., tenendo conto della questione qui affrontata, G. Demaria, I motivi fondamentali della industrializzazione regionale, in AA.VV., Gli squilibri regionali e l'articolazione dell'intervento pubblico, Lerici editori, Milano, 1962, 13 ss. Tra l'altro, nel criticare talune prese di posizione della Corte costituzionale di allora, notava che 'il terreno formale su cui sta sorgendo l'edificio della nuova economia deve essere ben diverso e deve in ogni caso essere piu' forte l'influenza esercita dalla situazione e dagli obiettivi economici' (ivi, 25): perche' sono questi ultimi che vanno salvaguardati. (16) L. Ricolfi, Il sacco del Nord, cit., 14-15. (17) L. Ricolfi, Il sacco del Nord, cit., 20. (18) M. Bertolissi, Federalismo fiscale: una nozione giuridica, cit., 27 ss.. (19) F. De Sanctis, Storia della letteratura italiana, cit., 373.. (20) E' il sottotitolo - come si e' visto - di L. Ricolfi, Il sacco del Nord, cit. (21) L. Ricolfi, Il sacco del Nord, cit., 181. (22) I tempi attuali registrano evidenti motivi di malessere nei confronti dei poteri locali. Le inchieste ne pongono in luce una mala gestio davvero diffusa ed ingiustificabile. Purtroppo, pero', questo e' un problema che coinvolge l'Italia in ogni sua componente: riguarda tutte le istituzioni territoriali della Repubblica e - cio' che conta - il cittadino, il quale e', ad es., evasore oltre il limite della decenza. V. infra. (23) Da parte di chi ha stimato in 50 miliardi di euro l'anno le cifre 'degli sprechi, dell'evasione fiscale, e soprattutto dell'immane trasferimento di risorse da Nord a Sud': L. Ricolfi, Il sacco del Nord, cit., 15. Quel che conta non e' che la quantificazione sia esatta - ve ne sono tante, tutte opinabili, da questo punto di vista -, ma che un rilevante differenziale esista; e questo nessuno lo mette in discussione, come ha notato M. Draghi, Considerazioni finali, cit., 11-12 (v., infatti, la nota 14). (24) L. Ricolfi, Il sacco del Nord, cit., 15. (25) L. Ricolfi, Il sacco del Nord, cit., 17. (26) Si riprenderanno - lo si e' gia' dichiarato - alcune rilevazioni di L. Ricolfi, Il sacco del Nord, cit., perche' sono suffragate da rigorosi riscontri e perche' sono, oltre cio' che e' opinabile, trasparenti. In ogni caso, e' la realta' che parla, a chiunque, senza mediazioni. La realta' e' quella rappresenta, con un vigore che fa riflettere, ad es., da F. Camon, Un popolo che ha ucciso la speranza, in il mattino di Padova, 28 dicembre 2014, 8 (la sintesi e': 'Niente meritocrazia, corruzione dilagante. Sta crescendo una generazione di emigranti'). E' meta diritto? E' diritto il combinato disposto? (27) Per dirla con S. Trentin, La crisi del Diritto e dello Stato, prima edizione italiana a cura di G. Gangemi, Gangemi Editore, Roma, 2006, 198. (28) 'E abbiamo bisogno di scegliere una prospettiva: non esiste mai il paesaggio in se', ma solo il paesaggio osservato da una certa angolatura, con una certa luce, con un certo strumento di osservazione piu' o meno sofisticato, dall'occhio umano fino agli occhiali a raggi infrarossi. Ecco, l'idea centrale di questo libro non e' di fornire una spiegazione per i mali dell'Italia, e nemmeno di suggerire una terapia, ma semplicemente di offrire al lettore uno strumento nuovo di osservazione, un paio di lenti che permettano di vedere cose che, con gli strumenti di osservazione tradizionali proprio non si vedono'. Cosi', L. Ricolfi, Il sacco del Nord, cit., 35, il quale aggiunge: 'Per 'strumenti di osservazione tradizionali' intendo, essenzialmente, gli schemi con cui la contabilita' nazionale rappresenta e descrive i suoi squilibri territoriali. La mia idea e' che, finche' si adottano tali schemi, e' impossibile vedere quel che c'e' da vedere. La contabilita' nazionale mostra tante cose, ma ne nasconde molte altre, proprio quelle piu' importanti. Di qui l'idea di cambiare occhiali, ossia di passare a uno schema di contabilita' nazionale diverso: la contabilita' nazionale liberale'. Ecco: la Regione Veneto, per il tramite della sua odierna difesa, chiede alla Corte costituzionale di 'cambiare occhiali'. In questa prospettiva, poco o nulla valgono i precedenti. (29) L. Ricolfi, Il sacco del Nord, cit., 36. (30) L. Ricolfi, Il sacco del Nord, cit., 37. (31) L. Ricolfi, Il sacco del Nord, cit., 43. Annota, quindi: ' Il punto e' che, grazie al tasso di parassitismo ?, e grazie agli indici di interposizione pubblica ad esso strettamente connessi, molte cose che nelle pieghe della contabilita' standard restano nascoste diventano immediatamente visibili. Ad esempio un sistema economico-sociale soffoca perche' il suo tasso di parassitismo e' salito troppo. Quando un paese vive al di sopra dei suoi mezzi, perche' il suo reddito disponibile eccede il reddito da esso prodotto. Quando un territorio sembra produrre reddito, ma in realta' consuma il reddito prodotto da altri territori '. (32) L. Ricolfi, Il sacco del Nord, cit., 45, ove si legge, altresi': 'Per non parlare dell'aspetto territoriale del problema: se mai qualcuno dovesse prendere sul serio la missione ultima del federalismo, ossia riportare in equilibrio i conti dei territori, difficilmente potrebbe esimersi dal ristabilire un minimo di uniformita' nei tassi di evasione fiscale, possibilmente conducendoli verso quelli dei territori virtuosi'. A proposito dell'evasione, v. A. Santoro, L'evasione fiscale. Quanto, come e perche', cit., nonche' M. Bertolissi, Contribuenti e parassiti, cit.; AA.VV., Evasione fiscale e 'tax compliance', a cura di A. Gentile e S. Giannini, il Mulino, Bologna, 2012, e G. Bergonzini, Evasione fiscale: un problema di diritto costituzionale, in Fed. fisc., n. 2/2011, 153 ss. Ma la lezione piu' alta e' di P. Gobetti, La rivoluzione liberale. Saggio sulla lotta politica in Italia, Einaudi, Torino, 1974, 157 ss. (33) L. Ricolfi, Il sacco del Nord, cit., 49. Quel che accade in sanita' e' noto a tutti, con l'aggravante che a maggiori spese corrispondono, il piu' delle volte, peggiori servizi. In ogni caso sul punto - della sottoproduzione e dello spreco - 'la contabilita' nazionale e' muta' e cio' impedisce 'una riorganizzazione della spesa'. Al riguardo, c'e' qualche segnale positivo manifestatosi 'ultimamente' (ivi, 49 e 50). (34) L. Ricolfi, Il sacco del Nord, cit., 52. Ma 'le differenze di prezzo ... contano molto. Se si vuole fornire una ricostruzione accurata degli squilibri territoriali, non si puo' fare come se non esistessero o fossero trascurabili. A maggior ragione se il federalismo fiscale dovesse basarsi, come sembra, anche su principi di solidarieta' e perequazione fra aree forti e deboli. In qualsiasi politica di riequilibrio che si proponesse di aiutare o compensare le zone piu' svantaggiate, un ragionevole calcolo dell'entita' dello 'svantaggio' dovrebbe certo tenere conto dei consumi pubblici, che sono sensibilmente attenuati da σ (il tasso di sottoproduzione e spreco), ma anche dei consumi privati, che sono sensibilmente modificati da λ, il livello dei prezzi' (ivi, 54). Tutto cio' non ha costituito, sino ad ora, argomento di discussione, ancorche' riguardi il 'tenore di vita di una popolazione' (ivi, 52): detto nella prospettiva e con il linguaggio del diritto costituzionale, ancorche' riguardi le liberta' e i diritti previsti e garantiti dalla Parte I della Legge fondamentale, alla cui tutela la Regione partecipa - e' obbligata a partecipare - quale componente essenziale della Repubblica (art. 114 Cost.), secondo l'ordine delle sue attribuzioni-funzioni costituzionali. Questa e' la prospettiva di chi pensa, piuttosto che a un Paese formalmente unitario, a un Paese sostanzialmente coeso: che e' ben altro! (35) Quella, ad es., che L. Ricolfi, Il sacco del Nord, cit., spec. 61 ss., denomina - come si e' accennato - 'contabilita' nazionale liberale'. (36) L. Ricolfi, Il sacco del Nord, cit., 61-62, spiega perche' la contabilita' nazionale ignora questi problemi. (37) L. Ricolfi, Il sacco del Nord, cit., 65 e 67. (38) Spiegato, con dovizia di argomenti, da L. Ricolfi, Il sacco del Nord, cit., 75 ss., e con grande onesta' intellettuale. Infatti - osserva -, 'chiarito che il prodotto per abitante del Mezzogiorno e' poco piu' della meta' di quello del Centro-nord, ci resta da capire l'origine di questa minore capacita' di generare ricchezza. Su questo, ovvero sul perche' in centocinquant'anni il Sud non sia riuscito ne' a colmare ne' ad accorciare sensibilmente il divario con il Nord, le opinioni divergono, spesso in funzione delle convinzioni ideologiche di chi le esprime. Il guaio, pero', e' che anche i dati divergono' (ivi, 78). Tuttavia, vi sono dati che contengono in se' un qualche principio di prova e di spiegazione. Ad es., perche', a parita' di popolazione, i 'costi della politica' (trasferimenti a organi istituzionali) sono di oltre 137 milioni di euro l'anno per la Sicilia, mentre il Veneto spende poco piu' di 39 milioni? Perche' la Calabria destina - sempre nel 2014 - a manifestazioni e convegni quasi 6 milioni di euro e il Veneto 415.050 euro? V., infatti, E. Lauria, Spese delle Regioni. Sicilia maglia nera ma per le consulenze record in Piemonte, in La Repubblica, 27 dicembre 2014, 13. Qui, ancora una volta, non c'e' alcun intento polemico. Si evidenziano piccole differenze, cui possono corrispondere grandi differenze, causate dal modo - lineare ed irresponsabile - con cui lo Stato pensa e compone la finanza delle Regioni, a tutto danno della produttivita' dei territori a forte vocazione innovativa. Non e', forse, un caso di palese violazione della potesta' statale di coordinamento della finanza pubblica (artt. 117, comma 3, e 119, comma 1, Cost.), che non a caso la Legge fondamentale attribuisce allo Stato, che questo ossessivamente rivendica, e che, poi, in concreto non attua o attua malamente? (39) L. Ricolfi, Il sacco del Nord, cit., 83. (40) M. Draghi, Considerazioni finali, cit., 11-12. (41) L. Ricolfi, Il sacco del Nord, cit., 86. Per togliere spazio ad ogni polemica preconcetta, si pensi alla migrazione in sanita': al fenomeno per cui l'abitante di una Regione si trasferisce, per curarsi (per rendere concreto il diritto costituzionale alla tutela della propria salute, ex art. 32 Cost.), in altra Regione. (42) L. Ricolfi, Il sacco del Nord, cit., 89. Del resto - e' un rilievo che proviene da chi ha grande dimestichezza con la societa' e le istituzioni italiane -, si e' sottolineato che 'la pubblica amministrazione e' stata travolta dalla 'meridionalizzazione dello Stato' ... I meridionali sono portatori di una cultura giuridica che prevede il primato della forma sul contenuto. Il risultato non conta. E' una cultura impastata di garanzie e di tranquillita', di non decisioni e di scarsa responsabilita', di molta burocrazia e poca efficienza, di continuita' e mai di rottura. Siamo, in una parola, alla negazione dei valori borghesi, al loro esatto contrario. Scrive, in proposito, Giuliano Amato: 'il nostro peccato originale e' stato quello di una borghesia che non ha considerato suo il problema dello Stato e lo ha abbandonato nelle mani dei figli dei poveri'. Si tratta di un giudizio che, a una prima lettura, puo' sembrare ingeneroso e sommario, ma ... lo Stato ottocentesco ... si e' trasformato in un contenitore di funzioni, facile da occupare, dove tutto si e' appiattito verso il basso': cosi' G. De Rita - A. Galdo, L'eclissi della borghesia, Laterza, Roma-Bari, 2011, 28. (43) Consideri, l'ecc.ma Corte, che l'atto normativo primario che si impugna contiene pure disposizioni di favore per la Sicilia e la Sardegna: le quali sono si Regioni speciali, ma non esentate dal rispetto di cio' che dispongono, ad es., gli artt. 2 e 3 Cost. (44) L. Ricolfi, Il sacco del Nord, cit., 95 e 96. Incide sulle attivita' produttive dei territori gravati dal parassitismo di altri oppure no? E' naturale che si! (45) L. Ricolfi, Il sacco del Nord, cit., 98. (46) Lo sanno tutti. (47) L. Ricolfi, Il sacco del Nord, cit., 99-100. Poco oltre si occupa di un''obiezione molto frequente fra i difensori delle buone ragioni del Mezzogiorno', osservando che si fonda su una 'lettura vagamente sovietica della Costituzione', fondata sull'art. 2 Cost. (ivi 101), e discute criticamente 'quattro piccoli trucchi statistici che permettono di pilotare il risultato, costruendo la sorpresa di un Sud che, anziche' assorbire risorse eccessive, ne riceve invece troppo poche' (ivi, 102). E' da ricordare - perche' e' di rilievo discriminante - che la contabilita' nazionale liberale non considera tutta la spesa pubblica corrente, ma soltanto quella discrezionale (e se ne spiegano le ragioni: ivi, 104 e passim). Cio' consente di rendere evidente che 'nel Sud sono elevati, al tempo stesso, la quota di spesa pubblica allocata in stipendi e sussidi, il parassitismo puro, i tassi di sottoproduzione e spreco. Nel Nord accade esattamente il contrario: spesa pubblica orientata agli acquisti, basso parassitismo, sprechi contenuti. Al Nord si spreca poco, e la spesa pubblica pro capite e' modesta non solo rispetto al prodotto pro capite ma anche in cifra assoluta' (ivi, 105-106). (48) Si chiede e risponde L. Ricolfi, Il sacco del Nord, cit., 115. (49) Delle quali vi e' un'encomiabile consapevolezza: L. Ricolfi, Il sacco del Nord, cit., 115 ss. (50) Ovviamente, i dati non sono del 2014, perche' risalgono addirittura a prima della crisi del 2007-2008. Tuttavia, poiche' sono in molti a sostenere che l'evasione e' addirittura cresciuta negli anni piu' recenti, dal momento che si evade anche per sopravvivere e perche' la tassazione complessiva e' divenuta ormai insostenibile, ne viene che le stime qui riprese sono ancor piu' significative: infatti, gli squilibri territoriali non possono essere che aumentati. Merita una attenta considerazione quel che ha scritto F. Gallo, Le ragioni del fisco. Etica e giustizia nella tassazione, il Mulino, Bologna, 2007, 15-17, in specie la' dove nota che 'la pressione fiscale 'effettiva' sui contribuenti 'onesti' sarebbe, poi, del 50,70% a fronte di quella 'apparente' del 41,42%'. Eravamo nel 2007! (51) L. Ricolfi, Il sacco del Nord, cit., 119. (52) L. Ricolfi, Il sacco del Nord, cit., 119-120. (53) L. Ricolfi, Il sacco del Nord, cit., 121-122. V., inoltre, A. Santoro, L'evasione fiscale, cit., in specie la' dove sottolinea quale e' stata 'l'influenza che l'evasione ha avuto nel nostro paese sulla crescita del debito pubblico' (ivi, 26). E' un problema di diritto costituzionale o no?. (54) V. la nota 4. (55) E. Passerin D'Entreves, Gli aspetti storici degli squilibri regionali, in AA. VV., Gli squilibri regionali, cit., 271. Si deve osservare, poi, che 'questi dati [sull'evasione fiscale] non sarebbero cosi' drammatici se, nel suo complesso, la pressione fiscale fosse in Italia a livelli ragionevoli. In tal caso il peso che le regioni del Nord sopportano per sostenere i consumi, pubblici e privati, del resto del Paese potrebbe essere considerato un doveroso tributo alla solidarieta' e alla coesione sociale. Ma il punto e' che la pressione fiscale corrente [non e' quella del 2014, ancora superiore] e' enormemente aumentata nell'ultimo trentennio, passando dal 31,3% del 1980 al 42,7% del 2008 secondo la contabilita' ufficiale'. V. la nota 50. (56) Qui, infatti, quel che conta sono il problema e l'esistenza di forti scostamenti tra cio' che un territorio e un contribuente danno e ricevono. Se le somme sono, nei fatti, a saldo attivo oppure negativo, e' chiaro che si pongono questioni costituzionali evidenti. Si citeranno varie fonti - oltre a quelle elaborate da Luca Ricolfi - e si vedra' che, a prescindere dalle quantificazioni variabili, quel che appare una costante e' l'esistenza di squilibri territoriali, nei termini suesposti. In ogni caso, secondo L. Ricolfi, Il sacco del Nord, cit., 159, 'definito in modo non sempre identico in tutti gli studi, il residuo fiscale pro capite di un territorio e' la differenza fra cio' che il suo cittadino medio paga sotto forma di tasse e contributi e cio' che riceve sotto forma di spesa pubblica'. Ricorda, con l'occasione, uno studio esemplare della Fondazione Agnelli, elaborato su dati del 1989. (57) Staderini e Vadala', di cui parla L. Ricolfi, Il sacco del Nord, cit., 161. Per non dire di una ricerca Formez su dati 1986 e di un lavoro di Francesco Forte su dati del 1973. Il volume di AA. VV., Gli squilibri regionali, cit., raccoglie indagini risalenti al 1961! Di recente, se ne e' occupato L. Antonini, Federalismo all'italiana, Marsilio, Venezia, 2013. (58) L. Ricolfi, Il sacco del Nord, cit., 161. (59) L. Ricolfi, Il sacco del Nord, cit., 162-163, ne spiega i difetti e chiarisce perche' preferisce, a quella nozione, quella di 'teoria della giustizia territoriale'. (60) L. Ricolfi, Il sacco del Nord, cit., 163. Analogamente, nell'ottica del diritto costituzionale, M. Bertolissi, Federalismo fiscale: una nozione giuridica, cit. (61) L. Ricolfi, Il sacco del Nord, cit., 163 e 164. Quanto di piu' scontato vi sia! (62) L. Ricolfi, Il sacco del Nord, cit., 164-165. (63) L. Ricolfi, Il sacco del Nord, cit., 168. (64) L. Ricolfi, Il sacco del Nord, cit., 168 e 169. (65) L. Ricolfi, Il sacco del Nord, cit., 172, il quale sottolinea la circostanza che 'le regioni attive sono tutte al Nord eccetto Toscana e Marche, mentre il Sud ha solo regioni passive. La regione con il credito piu' alto (11,4% del proprio PIL market) e' la Lombardia, seguita da Veneto, Emilia-Romagna, Piemonte, e poi - molto vicine al pareggio - Toscana, Marche, Friuli-Venezia Giulia. Le due regioni con il debito maggiore (22,3%) sono le due isole, Sicilia e Sardegna, entrambe a statuto speciale, seguite a ruota da Calabria, Basilicata, Valle d'Aosta, Molise, e poi - con debiti via via decrescenti - Campania, Puglia, Lazio, Liguria, Umbria, Trentino-Alto Adige e infine Abruzzo, la regione meridionale con i conti meno in disordine'. Queste conclusioni sono suffragate da altre ricerche che divergono soltanto per quantita' numeriche, come e' naturale avvenga in questo genere di contesti. Salva rerum substantia, pero! (66) Ci si permette di rinviare a M. Bertolissi, L'autonomia finanziaria regionale. Lineamenti costituzionali, CEDAM, Padova, 1983. (67) S. Holmes - S.R. Sunstein, Il costo dei diritti. Perche' la liberta' dipende dalle tasse, il Mulino, Bologna, 2000. (68) L. Ricolfi, Il sacco del Nord, cit., 14 ss. (69) V. sub 4. (70) In base a tale disposizione, per 'opera pubblica incompiuta' si intende l'opera non completata: a) per mancanza di fondi; b) per cause tecniche; c) per sopravvenute nuove norme tecniche o disposizioni di legge; d) per il fallimento dell'impresa appaltatrice; e) per il mancato interesse al completamento da parte del gestore; f) in tutti i casi in cui un'opera non risponda a tutti i requisiti previsti dal capitolato e dal relativo progetto esecutivo e che non risulti fruibile dalla collettivita' (art. 44-bis, commi 1 e 2, d.l. n. 201/2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 213/2011). (71) 'I suddetti pagamenti devono riferirsi a debiti in conto capitale: a) certi, liquidi ed esigibili alla data del 31 dicembre 2013; b) per i quali sia stata emessa fattura o richiesta equivalente di pagamento entro il 31 dicembre 2013; c) riconosciuti alla data del 31 dicembre 2013 ovvero che presentavano i requisiti per il riconoscimento di legittimita' entro la medesima data'. (72) Il d.lgs. 25 novembre 1996, n. 625, recante 'Attuazione della direttiva 94/22/CEE relativa alle condizioni di rilascio e di esercizio delle autorizzazioni alla prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi', dispone, ai commi 1 e 1-bis dell'art. 20 (rubricato 'Destinazione delle aliquote alle regioni a statuto ordinario'), quanto segue: '1. Per le produzioni ottenute a decorrere dal 1° gennaio 1997 per ciascuna concessione di coltivazione situata in terraferma il valore dell'aliquota calcolato in base all'articolo 19 [il cui comma 1 dispone che, 'per le produzioni ottenute a decorrere dal 1° gennaio 1997, il titolare di ciascuna concessione di coltivazione e' tenuto a corrispondere allo Stato il valore di un'aliquota del prodotto della coltivazione pari al 7% della quantita' di idrocarburi liquidi e gassosi estratti in terraferma, e al 7% della quantita' di idrocarburi gassosi e al 4% della quantita' di idrocarburi liquidi estratti in mare'] e' corrisposto per il 55% alla regione a statuto ordinario e per il 15% ai comuni interessati; i comuni destinano tali risorse allo sviluppo dell'occupazione e delle attivita' economiche, all'incremento industriale e ai interventi di miglioramento ambientale, nei territori nel cui ambito si svolgono le ricerche e le coltivazioni. 1-bis. A decorrere al 1° gennaio 1999, alle regioni a statuto ordinario del Mezzogiorno e' corrisposta, per il finanziamento di strumenti della programmazione negoziata nelle aree di estrazione e adiacenti, anche l'aliquota destinata allo Stato'. (73) Alle suddette compensazioni si provvede come segue: 'a) quanto a 29 milioni di euro per l'anno 2014, mediante corrispondente utilizzo di quota dei proventi per interessi derivanti dalla sottoscrizione dei Nuovi strumenti finanziari, di cui agli articoli da 23-sexies a 23-duodecies del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, non necessari al pagamento degli interessi passivi da corrispondere sui titoli del debito pubblico emessi ai fini dell'acquisizione delle risorse necessarie alla predetta sottoscrizione che, a tal fine, sono versati all'entrata del bilancio dello Stato; b) quanto a 221 milioni di euro per l'anno 2014, mediante utilizzo delle somme versate all'entrata del bilancio dello Stato ai sensi dell'articolo 148, comma 1, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, che, alla data di entrata in vigore del presente provvedimento, non sono state riassegnate ai pertinenti programmi e che sono acquisite, nel predetto limite di 221 milioni di euro, definitivamente al bilancio dello Stato; c) quanto a 150 milioni di euro per l'anno 2014, 180 milioni per l'anno 2015, 100 milioni per l'anno 2016 e 70 milioni per l'anno 2017, mediante corrispondente utilizzo del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali, di cui all'articolo 6, comma 2, del decreto-legge 7 ottobre 2008, n. 154, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 2008, n. 189, e successive modificazioni; d) quanto a 50 milioni di euro per l'anno 2014, a valere sugli spazi finanziari concessi e non utilizzati al 30 giugno 2014 di cui al comma 9-bis dell'articolo 31 della legge 12 novembre 2011, n. 183'. (74) Cosi' B. Baldi, Differenziazione regionale e federalismo fiscale, in (a cura di) L. Vandelli - F. Bassanini, Il federalismo alla prova: regole, politiche, diritti nelle Regioni, il Mulino, Bologna, 2012, 423 ss., spec. 435. (75) 'Cosi' G. A. Bellati, Il riparto del gettito. Problemi e prospettive, in (a cura di) F. Palermo - M. Nicolini, Federalismo fiscale in Europa. Esperienze straniere e spunti per il caso italiano, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2012, 201 ss., spec. 207 ss., il quale rileva, altresi', quanto segue: 'E, nonostante i maggiori trasferimenti, il livello di sviluppo economico del Sud non e' certo migliorato. Secondo il rapporto Svimez 2009 [SVIMEZ, Rapporto 2009 sull'economia del Mezzogiorno, Roma 2009, in www.svimez.it] dall'inizio del decennio il Sud e' cresciuto meno del Centro-Nord, cosa che non e' mai accaduta dal dopoguerra ad oggi, e il divario in termini di PIL pro capite e' rimasto sostanzialmente invariato, attorno al 58,6% di quello del Centro Nord, anziche' ridursi come sarebbe logico aspettarsi da un sistema di flussi redistributivi fra le aree piu' ricche e quelle meno ricche del Paese. Inoltre, sempre secondo Svimez, se nel 1951 nel Mezzogiorno veniva prodotto il 23,9% del Pil nazionale oggi la quota e' rimasta sostanzialmente immutata (23,8%). In sostanza in sessant'anni il Sud, pur crescendo circa agli stessi ritmi del Centro-Nord, non e' riuscito e non riesce a recuperare il gap di sviluppo. Quest'enorme 'spreco' di risorse non si e', quindi, tradotto in un vero aiuto alle realta' produttive e sociali, ma ha alimentato inefficienza, sprechi e rendite di vario tipo. E' questo, soprattutto, che rende inaccettabile l'assetto attuale: sotto la giustificazione della solidarieta' si cela, spesso, tutt'altro'. Dati dello stesso tenore di quelli raccolti da Unioncamere del Veneto si rinvengono in Baldi, Differenziazione regionale e federalismo fiscale cit., 435 ss. Sul punto si vedano anche (sempre per i dati economico-statistici di riferimento) A. Staderini - E. Vadala', Bilancio pubblico e flussi redistributivi interregionali: ricostruzione e analisi dei residui fiscali nelle Regioni italiane, in (a cura di) L. Cannari, Mezzogiorno e politiche regionali, Banca d'Italia Eurosistema, novembre 2009, 597 ss. (76) Si veda sul tema, tra gli altri, C. Tubertini, Risorse economiche come elemento di uniformazione, in Il federalismo alla prova, cit., 407 ss. (77) Cosi', G.A. Bellati, Il riparto del gettito cit., 213. Si veda, in argomento, anche E. Corali, Federalismo fiscale e Costituzione. Essere e dover essere in tema di autonomia di entrata e di spesa di Regioni ed Enti locali, Giuffre', Milano, 2010, 127 ss. (78) V., in proposito, le riflessioni, tanto limpide quanto persuasive, delineate da V. Italia, Le malattie delle leggi, Giuffre', Milano, 2014. (79) A. Fraschilla, Sicilia, l'ultima beffa. 300 dirigenti nei musei ma non ci sono soldi per le lampadine, in la Repubblica, 16 novembre 2014, 21. Tuttavia, e' bene ammettere che vale sempre l'ammonimento evangelico del 'Chi e' senza peccato scagli la prima pietra!'. Infatti, se puo' affermare G. Santilli, Mezzogiorno con il motore al minimo, in Il Sole 24 Ore, 30 dicembre 2014, 10, e' vero, altresi', che puo' scrivere G. Ferraino, Dipendenti pubblici, a Trento costano il triplo che a Catanzaro, in Corriere della Sera, 7 gennaio 2015, 30, a testimonianza del fatto che, dovunque, possono annidarsi rendite di posizione. Ma altro e' - come si e' accennato - l'ordine 'nazionale' dei problemi qui posti, in una prospettiva sia generale (sub I) sia particolare (sub II), che puo' essere letta in termini di residuo fiscale oppure, ancor meglio, di teoria della giustizia territoriale. Spunti di sicuro interesse si possono ricavare dalla lettura del Rapporto sulla situazione sociale del Paese 2014, elaborato dal Censis, Franco Angeli, Milano, 2014. Vale la pena di riprendere un passo delle Considerazioni generali, che non e' neppure il caso di commentare, data la sua estrema evidenza: 'In una societa' senza ordine sistemico i singoli soggetti sono a dir poco a disagio: non capiscono dove si collocano, negli anfratti o nei relitti di un assetto sistemico che essi ritengono comunque necessario; soffrono tutti gli effetti negativi, anche psicologici, della crisi radicale delle giunture sistemiche; e si sentono alla fine abbandonati a se stessi (vale per il singolo imprenditore come per la singola famiglia), in una obbligata solitudine. - Il sistema finisce per esser vissuto come cosa estranea e resta solo potenziale oggetto di rancore e di denuncia. Con la conseguenza inevitabile che tale estraneita' porta a un fatalismo quasi cinico (tanto, tutto e' fuori controllo e nessuno riesce a padroneggiarlo) e talvolta anche a episodi di secessionismo sommerso, ormai spesso presente in varie regioni e realta' locali, specie al Sud'. Sic! (80) 'Virtuoso e no' sono attributi del lessico ordinario, dovuti a cio' che la quotidianita' rivela. Qualcuno puo' anche rammaricarsi. Ma il rammarico va ricondotto alle cause che hanno generato simili nuovi atteggiamenti psicologici ed espressioni un tempo ignote. (81) L. Ricolfi, Il sacco del Nord, cit., 172, gia' ripreso sub 5, in fine.