IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO (Sezione terza quater) Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di registro generale 1264 del 2013, proposto da: Citta' di Roma S.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Leonardo Frattesi e Marco Annoni, con gli stessi elettivamente domiciliata in Roma, via Udine n. 6, contro Commissario ad acta per l'Attuazione del piano di rientro dai disavanzi del settore sanitario della regione Lazio e Presidenza del Consiglio dei ministri, in persona del suo Presidente pro-tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici, in Roma, via dei Portoghesi n. 12, sono per legge domiciliati; regione Lazio, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Roberta Barone, con domicilio eletto in Roma, via Marcantonio Colonna n. 27; nei confronti di Policlinico universitario «Agostino Gemelli» di Roma, in persona del legale rappresentante pro-tempore, non costituito; Universita' Cattolica del Sacro Cuore di Milano, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Natalino Irti, Giuseppe De Vergottini, Cesare Caturani, Fabrizio Abbate e Mario Savini Nicci, con gli stessi elettivamente domiciliati in Roma, via Andrea Vesalio n. 22; per l'annullamento decreto n. U00349/12 avente ad oggetto: legge n. 135/2012, conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge n. 95/2012 recante disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini, applicazione art. 15, comma 14, assistenza ospedaliera anno 2012. Visti il ricorso e i relativi allegati; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Visti gli atti di costituzione in giudizio della regione Lazio, della Presidenza del Consiglio dei ministri, del Commissario ad acta per la Sanita' della regione Lazio e dell' Universita' Cattolica del Sacro Cuore di Milano; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 novembre 2013 il Cons. Maria Luisa De Leoni e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto in fatto e diritto quanto segue: Fatto e diritto Con ricorso notificato il 25 gennaio 2013 e depositato il successivo 7 febbraio la Societa' ricorrente impugna l'atto specificato in epigrafe e ne chiede l'annullamento. Riferisce di essere una struttura sanitaria convenzionata con la regione Lazio, riconosciuta come unita' operativa di II livello nell'ambito della Rete di assistenza perinatale. Precisa che nel tempo ha subito notevoli ridimensionamenti dei propri budget, pur non potendo rifiutare di eseguire le prestazioni di assistenza urgente neonatale e gia' a novembre del corrente anno il budget 2012 era stato esaurito. In tale situazione e' intervenuto il decreto impugnato, attuativo dell'art. 15, comma 14, decreto-legge n. 95 del 2012, convertito con modificazioni nella legge n. 135 del 2012, che con modalita' e criteri errati ha disposto in modo omogeneo per tutte le strutture sanitarie convenzionate una ulteriore riduzione pari al 6,8519% degli importi dei budget fissati per l'anno 2012 per le prestazioni ospedaliere per acuti e per riabilitazioni. A sostegno delle proprie ragioni deduce: 1) violazione e falsa applicazione dell'art. 15, comma 14, decreto-legge n. 95 del 2012, convertito con modificazioni dalla legge n. 135 del 2012. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, difetto di motivazione, illogicita' manifesta, irragionevolezza anche in relazione agli articoli 3 e 97 Cost. La ricorrente struttura contesta analiticamente i criteri e le modalita' con cui il decreto impugnato e' stato assunto. L'incoerenza viene ravvisata laddove il decreto impugnato propugna che la riduzione della spesa per acquisti di beni e servizi, deve, comunque, assicurare «l'invarianza dei servizi ai cittadini». Il decreto non ha tenuto conto delle variazioni intervenute nel 2012 rispetto all'anno 2011 relativamente al contratto ne' e' dato comprendere perche' la percentuale di riduzione debba essere uguale per tutte le strutture sanitarie convenzionate dal momento che la norma fa riferimento ai singoli contratti e/o alle singole convenzioni, peraltro, senza alcuna motivazione al riguardo. Contrasta, altresi', con il dettato normativo il criterio adottato secondo cui la riduzione del 7% dei budget di tutte le strutture sanitarie convenzionate debba effettuarsi in via definitiva comparando l'ammontare complessivo dei budget 2012 con le spese consuntivate dell'anno 2011. Cosi' operando sono state ricomprese nella spesa complessiva annua anche le prestazioni non eseguite da quelle strutture che non hanno raggiunto nell'anno 2012 il budget annuo assegnato. Comunque, la quantificazione della riduzione del budget di ciascuna struttura poteva essere definitivamente determinata solo dopo aver quantificato l'effettivo importo delle prestazioni resa da ciascuna struttura nell'ambito del budget ad essa assegnato. Da ultimo, la ricorrente sottolinea che il decreto quantifica la spesa complessiva; 2) violazione degli articoli 49, 56 e 63 TFUE; violazione dei principi della certezza del diritto. Il decreto-legge n. 95 del 2012 viola le norme rubricate in quanto determina incertezza sulla stabilita' dei rapporti giuridici per la prestazione dei servizi sanitari. Ne' si ravvisano condizioni che giustificano una tale limitazione delle liberta' fondamentali garantite dal TFUE; 3) violazione degli articoli 3 e 41 Cost. Il decreto-legge n. 95/2012 modifica unilateralmente rapporti contrattuali definiti, negando il pagamento di prestazioni rese sulla base di un contratto pienamente operativo sino all'adozione del decreto medesimo. Si e' costituita l'Universita' Cattolica del Sacro Cuore, la quale chiede di essere estromessa dal giudizio per carenza di legittimazione passiva. Si sono costituiti, altresi', sia il Commissario ad acta per la sanita' che la regione Lazio. Entrambi concludono per il rigetto del ricorso. In primo luogo deve disporsi la estromissione dal presente giudizio dell'Universita' Cattolica del Sacro Cuore, stante la palese carenza di legittimazione passiva della stessa. Infatti, la pretesa vantata in ricorso non e' in grado di incidere in alcun modo sulla sfera giuridica della predetta Universita', la quale e' estranea alla problematica sollevata dal ricorso in esame (cfr. TAR Lazio - Sez. III quater - 18 febbraio 2014, n. 1934). Come sopra esposto il gravato decreto e' stato adottato in applicazione dell'art. 15, comma 14, del decreto-legge n. 95/2012, convertito con modifiche con legge n. 135/2012, il quale testualmente stabilisce che «A tutti i singoli contratti e a tutti i singoli accordi vigenti nell'esercizio 2012, ai sensi dell'art. 8-quinquies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, per l'acquisto di prestazioni sanitarie da soggetti privati accreditati per l'assistenza specialistica ambulatoriale e per l'assistenza ospedaliera, si applica una riduzione dell'importo e dei corrispondenti volumi di acquisto in misura percentuale fissa, determinata dalla regione o dalla provincia autonoma, tale da ridurre la spesa complessiva annua, rispetto alla spesa consuntivata per l'anno 2011, dello 0,5 per cento per l'anno 2012, dell'1 per cento per l'anno 2013 e del 2 per cento a decorrere dall'anno 2014». Premesso quanto sopra, rileva il Collegio che appare non manifestamente infondato, anche alla stregua di quanto al riguardo in parte dedotto dalla stessa struttura ricorrente, il dubbio di costituzionalita' in ordine alla disciplina normativa che ha giustificato l'adozione dei contestati decreti, per contrasto con l'art. 117, comma 3, della Costituzione, con il principio di irretroattivita' delle leggi, con gli articoli 3, 32, 41, 97 e 117, comma 1, della Costituzione. Relativamente alla detta violazione dell'art. 117, comma 3, della Costituzione deve essere invero evidenziato che: a) la Sanita' rientra, giusta quanto previsto dalla richiamata disposizione costituzionale, nelle materie di legislazione concorrente per le quali spetta alle regioni la potesta' legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato; b) in tale quadro normativo il menzionato art. 15, comma 14, nel prevedere un taglio generalizzato della spesa per il 2012 (ed anni successivi) che le singole regioni sono chiamate a sostenere sulla base di accordi precedentemente stipulati con le singole strutture accreditate, non puo' in alcun modo essere annoverata tra la normativa che fissa i principi fondamentali, e, pertanto, per tale aspetto, essa risulta in palese contrato con il richiamato art. 117, comma 3. Ed invero il Collegio, pur tenendo presente l'orientamento della Corte Costituzionale secondo cui «l'autonomia legislativa concorrente delle regioni nel settore della tutela della salute ed in particolare nell'ambito della gestione del servizio sanitario puo' incontrare limiti alla luce degli obiettivi della finanza pubblica e del contenimento della spesa», peraltro in un «quadro di esplicita condivisione da parte delle regioni della assoluta necessita' di contenere i disavanzi del settore sanitario» (sentenze n. 91 del 2012 e n. 193 del 2007), e secondo cui il legislatore statale puo' «legittimamente imporre alle regioni vincoli alla spesa corrente per assicurare l'equilibrio unitario della finanza pubblica complessiva, in connessione con il perseguimento di obiettivi nazionali, condizionati anche da obblighi comunitari» (sentenze n. 91 del 2012, n. 163 del 2011 e n. 52 del 2010), osserva tuttavia che la suddetta disposizione, proprio perche' individua specificatamente i' settori ove conseguire (con imposizione di tagli «lineari» senza alternative) i risparmi nella spesa sanitaria, senza limitarsi ad una mera quantificazione in via generale dei suddetti risparmi lasciando alla discrezionalita' dell'amministrazione regionale l'individuazione dei compatti di spesa dove ottenerli e delle modalita' per conseguirli (magari differenziando i destinatati dei tagli di spesa secondo propri criteri apprezzati discrezionalmente come piu' rispondenti all'interesse e alle peculiarita' regionali), risulta non in linea con quanto disposto dal menzionato art. 117, terzo comma. Pertanto, la questione di costituzionalita', sotto tale aspetto, non e' manifestamente infondata. Pure non manifestamente infondata e' la violazione dell'art. 97 Cost., oltre che dell'art. 3 della Cost., e dei principi individuati dalla Corte Costituzionale al fine di assicurare la costituzionalita' di una legge retroattiva. In particolare, tenendo anche conto di quanto prospettato dalla casa di cura ricorrente, va sottolineato che: a) giusta il consolidato e notorio orientamento della Corte occorre che siano rispettati una serie di limiti generali all'efficacia retroattiva delle leggi, che attengono alla salvaguardia, oltre che dei principi costituzionali, quale il secondo comma dell'art. 25 Cost., di altri fondamentali valori di civilta' giuridica posti a tutela dei destinatari della norma e dello stesso ordinamento, tra i quali vanno ricompresi il rispetto del principio generale di ragionevolezza che ridonda nel divieto di introdurre ingiustificate disparita' di trattamento, la tutela dell'affidamento legittimamente sorto nei soggetti quale principio connaturato allo Stato di diritto, la coerenza e la certezza dell'ordinamento giuridico; b) nella fattispecie in esame la richiamata disposizione nonche' il successivo decreto regionale attuativo, adottato quest'ultimo a fine novembre 2012 quando il limite del budget era stato ormai sostanzialmente raggiunto, hanno inciso (limitatamente al 2012) sul legittimo affidamento venutosi a creare in capo alle singole strutture sanitarie ad erogare le prestazioni e a ricevere il relativo corrispettivo cosi' come stabilito nei contratti antecedentemente stipulati, per la corretta esecuzione dei quali hanno d'altra parte allestito le relative risorse organizzative ed effettuato i correlati investimenti in materiali, personale ed attrezzature. Ora al riguardo non ignora il Collegio che viene anche ritenuta legittima, secondo la giurisprudenza amministrativa (cfr. CdS, Ad. Pl. n. 4/2012), l'introduzione retroattiva di tetti di spesa in materia sanitaria. Ma cio' si e' ritenuto che possa ammettersi soltanto in presenza di tetti di spesa degli anni precedenti ai quali gli interessati si siano potuti rapportare tenendo contemporaneamente conto di ulteriori limiti imposti dai tagli stabiliti dalle disposizioni finanziarie conoscibili dalle strutture private all'inizio e nel corso dell'anno. Oltre tale limite, invero, non vi e' piu' tutela dell'affidamento e questo appare essersi appunto inverato nella specie per l'anno 2012 in quanto i tagli di budget sono stati per tale anno imposti, con parziale decorrenza retroattiva dal 1° gennaio 2012, dalla disposizione legislativa in questione, a budget gia' approvati e senza alcun preesistente parametro da cui i destinatari abbiano potuto preavvertire l'intervento della disposta riduzione; c) correlativamente a quanto sopra, si profila anche, in relazione al contrasto con l'art. 1 protocollo 1 CEDU (stante la lesione con effetto retroattivo di un bene acquisito in presenza di un affidamento legittimamente ingenerato da budget attribuiti e relativi contratti stipulati), la violazione dell'art. 117, primo comma, della Costituzione (per il tramite della predetta normativa interposta). Risulta poi non manifestamente infondata, ad avviso del Collegio, anche la violazione dell'art. 41 della Costituzione, in quanto la richiamata normativa nel decurtare i budget fissati antecedentemente verrebbe in sostanza ad impedire la remunerazione di prestazioni gia' erogate, con conseguente violazione del principio di liberta' dell'attivita' economica privata. Ugualmente non manifestamente infondata, nel suddetto contesto, e' la violazione dell'art. 32 della Costituzione, in quanto le contestate riduzioni dei budget, giustificate unicamente da motivi di ordine economico-finanziario e che fanno seguito ad altre precedenti riduzioni, possono determinare una compromissione del diritto alla salute costituzionalmente tutelato dall'art. 32, in palese contrasto con quanto affermato dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 309/1999, secondo la quale «le esigenze della finanza pubblica non possono assumere nel bilanciamento del legislatore un peso talmente preponderante da comprimere il nucleo irriducibile del diritto alla salute protetto dalla Costituzione come ambito inviolabile della dignita' umana». La rilevanza e la pregiudizialita' delle sollevate questioni di costituzionalita' per la controversia in esame appare del tutto evidente, stante che esse investono la disciplina normativa in applicazione della quale e' stato adottato il contestato decreto del Commissario ad acta per la Sanita' della regione Lazio. Per le ragioni suesposte deve essere quindi disposta la remissione degli atti alla Corte Costituzionale e la sospensione del giudizio ai sensi dell'art. 134 della Costituzione, dell'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, e dell'art. 79 c.p.a.