Ricorso della Regione siciliana, in persona del Presidente pro-tempore, On. le Rosario Crocetta rappresentato e difeso, sia congiuntamente che disgiuntamente, giusta procura a margine del presente atto, dagli Avvocati Beatrice Fiandaca e Marina Valli, elettivamente domiciliato presso la sede dell'Ufficio della Regione siciliana in Roma, via Marghera n. 36, ed autorizzato a proporre ricorso con deliberazione della Giunta regionale che si allega, Contro il Presidente del Consiglio dei Ministri pro-tempore, domiciliato per la carica in Roma, Palazzo Chigi, Piazza Colonna 370 presso gli Uffici della Presidenza del Consiglio dei Ministri, e difeso per legge dall'Avvocatura dello Stato, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale delle seguenti disposizioni della legge n. 190 del 23.12.2014, pubblicata sulla G.U.R.I. 29 dicembre 2014, n. 300 S.O. n. 99: Art. 1 commi 122, 123 e 124 per violazione degli artt. 3 e 97, commi 1° e 2° Cost., per la limitazione che ne deriva alla potesta' amministrativa regionale sancita dall'art.20 dello Statuto, segnatamente negli ambiti attribuiti nelle materie di cui agli artt. 14, lett. d), g), m), o), r) e 17 lett. a), d), f) e h) del medesimo nonche' degli artt. 8, comma 6° e 119, commi 1° e 6° della Costituzione anche in riferimento all'art. 10 della legge costituzionale 3 del 2001. Inoltre, quanto al comma 123, anche per violazione dell'art. 120 Cost. sotto il profilo della leale collaborazione. Art. 1, commi 400, 401, 403, 405, 415 e 416, per violazione degli artt. 36 e 43 dello Statuto e dell'art. 2, 1° comma delle norme di attuazione in materia finanziaria (D.P.R.1074/1965) nonche' degli artt. 81, comma 6°, 97, comma 1° e 119, commi 1°e 6° della Costituzione anche in riferimento all'art. 10 della legge costituzionale 3 del 2001. Art. 1 commi 418 e 419 per violazione delle competenze regionali sancite dall'art.14 lett. o) e dall'art. 15 dello Statuto nonche' per il profilo relativo alla lesione dell'autonomia amministrativa e finanziaria degli enti locali di area vasta in violazione dell'art.119, commi 1° e 4° della Cost. Art. 1 comma 419 per violazione delle competenze statutariamente sancite dall'art. 36 dello Statuto regionale e dall'art. 2, comma 1 del d.P.R. 2 n. 1074/1965, in quanto sottrae indirettamente gettito di spettanza regionale. Fatto Nella G.U.R.I. 29 dicembre 2014, n. 300 S.O. n. 99 e' stata pubblicata la legge n. 190 del 23.12.2014, recante "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato" (legge di stabilita' 2015) che contiene le su indicate disposizioni lesive delle prerogative statutarie. Le norme di cui ci si duole comportano tutte, pur se a vario titolo, effetti negativi sul bilancio regionale. Si noti che viene introdotta piu' di una misura di importo ingente, che va a sommarsi alle gia' insostenibili riduzioni di risorse subite dalla Regione negli ultimi anni. Ne consegue la violazione dei principi formulati da codesta ecc.ma Corte Costituzionale con riferimento ai limiti entro i quali sono legittime riduzioni di risorse per la Regione, ossia che si tratti di manovre non tali da rendere impossibile lo svolgimento delle' funzioni regionali (sentenza 138/99). Codesta Corte ha precisato che "Cio' vale tanto piu' in presenza di un sistema di finanziamento che non e' mai stato interamente e organicamente coordinato con il riparto delle funzioni, cosi' da far corrispondere il piu' possibile, come sarebbe necessario, esercizio di funzioni e relativi oneri finanziari da un lato, disponibilita' di risorse, in termini di potesta' impositiva (correlata alla capacita' fiscale della collettivita' regionale), o di devoluzione di gettito tributario, o di altri meccanismi di finanziamento, dall'altro" Inoltre, appare necessario evidenziare che la giurisprudenza costituzionale ha piu' volte ammesso che la legge dello Stato puo', nell'ambito di manovre di finanza pubblica, anche determinare riduzioni nella disponibilita' finanziaria delle Regioni, purche' non sia alterato il rapporto tra i complessivi bisogni regionali e i mezzi finanziari per farvi fronte (cfr. sentenze n. 307 del 1983, n. 123 del 1992, n. 370 del 1993 e n. 138 del 1999) e, che, a tal fine, essendo indiscutibile il depauperamento della finanza regionale, la stessa Corte ha affermato che non "sia necessario dimostrare alcun vulnus effettivo al bilancio regionale" (sent.n. 152/2011). Del resto che le norme oggi impugnate incidano, sia direttamente che indirettamente, su una finanza regionale gia' gravemente compromessa dalla circostanza che al bilancio regionale affluisce solo una ridotta parte del gettito tributario riscosso in Sicilia si evince dai dati richiamati dalla Corte dei Conti in sede di parifica del Rendiconto per l'esercizio finanziario 2013 (3 luglio 2014 - Sezioni riunite in sede di controllo per la Regione siciliana - Delibera n. 2/2014/SS.RR./PARI e Relazione). Dalla relazione in sede di parifica risulta che " I saldi differenziali delle operazioni di bilancio registrate nell'anno 2013, sia in conto competenza che a livello di cassa, scontano in negativo gli effetti dei contributi imposti alla Regione siciliana per il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, disposti dalle manovre finanziarie adottate dallo Stato mediante gli strumenti delle riserve e degli accantonamenti di entrate tributarie. In linea con questa tendenza, che dall'anno 2010 in poi ha registrato interventi sempre piu' consistenti e con effetti cumulativi rispetto a quelli adottati con precedenti manovre finanziarie, la legge 24 dicembre 2012, n. 228, ha disposto, per l'anno 2013, un contributo aggiuntivo, che si e' tradotto nell'accantonamento di entrate tributarie per complessivi 819.313 milioni di euro (639.037 milioni nel 2012). Al 31 dicembre 2013, il debito complessivo della Regione siciliana ammontava a complessivi 5.394 milioni di euro (di cui 5.143 a proprio carico e 251 da rimborsare dallo Stato) in lieve flessione rispetto al precedente anno 2012 (5.683 milioni di euro). Il miglioramento della situazione debitoria, tuttavia, e' solo apparente e di natura contingente, in quanto conseguenza del disallineamento temporale tra l'accensione dei due nuovi prestiti per complessivi 373 milioni di euro (rispettivamente 227 e 146 milioni), stipulati con la Cassa Depositi e Prestiti S.p.a. nell'anno 2013, la cui erogazione e' stata rinviata al successivo anno 2014, con ammortamento a partire dal 2015". Quanto sopra premesso in fatto si formulano le seguenti doglianze. Diritto Art.1, commi 122, 123 e 124 per violazione degli artt. 3 e 97, commi 1° e 2° Cost., per la limitazione che ne deriva alla potesta' amministrativa regionale sancita dall'art. 20 dello Statuto, segnatamente negli ambiti attribuiti nelle materie di cui agli artt.14, lett. d), g), m), o), r) e 17 lett. a), d), f) e h) del medesimo nonche' degli artt. 81, comma 6° e 119, commi 1°e 6° della Costituzione anche in riferimento all'art. 10 della legge costituzionale 3 del 2001. Con tali disposizioni la L.190/2014 ha fissato nella misura di 3,5 miliardi di euro (distribuiti nel quadriennio 2015/2018) le risorse necessarie ad assicurare la copertura finanziaria agli incentivi di cui ai precedenti commi 118 e 121 cui si fa fronte attraverso la riprogrammazione delle risorse del Piano di Azione Coesione (PAC) che, dal sistema di monitoraggio del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato del Ministero dell'Economia e delle Finanze, non risultavano impegnate alla data del 30 settembre 2014 (comma 122). Tali risorse sono versate all'entrata del bilancio dello Stato e restano acquisite all'erario (comma 124). Al Gruppo di Azione, appositamente costituito per l'attuazione del PAC (organismo bilaterale Stato-UE) e' affidato il compito di individuare le specifiche linee di intervento dei programmi (generatisi dall'adesione al PAC da parte di vari organismi detentori di risorse della programmazione comunitaria 2007-2013, fra cui le Regioni), da riprogrammare (comma 123). Per dar conto del pregiudizio che ne deriva alla Regione non puo' prescindersi dall'illustrare, pur in estrema sintesi, genesi, caratteri e finalita' del Piano di Azione Coesione avviato nel corso del 2011 d'intesa con la Commissione Europea per accelerare l'attuazione dei programmi cofinanziati dai Fondi Strutturali 2007-2013. Con tale strumento si attua una revisione delle scelte di investimento gia' compiute in sede comunitaria con lo scopo di: - mettere in salvaguardia interventi/risorse i cui tempi di attuazione non risultano coerenti con i tempi della rendicontazione sui programmi comunitari (e di conseguenza avere piu' tempo a disposizione per realizzarli); - avviare nuove azioni/progetti, alcune delle quali di natura prototipale, che, in base agli esiti, potranno essere riprese nella programmazione 2014-2020. L'intervento prevede lo spostamento di una parte del cofinanziamento nazionale ex L.183/1987 fuori dai Programmi comunitari, in modo da poter attuare i progetti senza piu' le scadenze temporali della programmazione comunitaria. L'operazione e' stata preceduta da un Accordo sottoscritto il 3 novembre 2011 dal Governo nazionale (Ministro Fitto) con i Presidenti delle otto regioni meridionali che, tra i vari punti che danno vita al "Piano Nazionale per il Sud: Sud 2020", in particolare al punto 2 prevede che "Le rimodulazioni dei programmi potranno prevedere la revisione del tasso di cofinanziamento comunitario a condizione che le risultanti risorse nazionali siano vincolate al riutilizzo nel rispetto del principio della territorialita'". L'Accordo tra il Governo italiano e la Commissione Europea e' stato poi sottoscritto il 7 novembre 2011 e prevede la costituzione di un "Gruppo di Azione" per seguire il PAC "attraverso il quale concretizzare una nuova modalita' di cooperazione rafforzata tra lo Stato membro e la Commissione Europea, indispensabile per il successo dell'iniziativa". Da evidenziare che le Istituzioni europee hanno accondisceso ad una complessiva riprogrammazione delle risorse destinate alla politica di Coesione per l'Italia a condizione che le medesime non fossero distolte, per la quota nazionale destinata al cofinanziamento, dal mantenimento di politiche di sviluppo destinate alle Regioni piu' svantaggiate. E, infatti, rilevando nella vicenda i principi del vincolo di destinazione territoriale delle risorse e dell'addizionalita' delle medesime a fronte di un corrispondente impegno finanziario del Governo nazionale, sanciti nei Trattati di adesione dell'Italia all'Unione Europea e ripresi dai Regolamenti comunitari dedicati alla Politica di Coesione, gli stessi sono stati posti alla base dei conseguenti atti regolatori nazionali della materia. Il Piano di Azione Coesione e' stato definito e attuato attraverso fasi successive di riprogrammazione dei Programmi cofinanziati dai Fondi Strutturali 2007-2013 dei programmi operativi delle regioni meridionali e di quelli nazionali (che utilizzano risorse delle 4 regioni meridionali di Campania, Puglia, Calabria e Sicilia). In parte estremamente residuale sono presenti piccole risorse di alcune regioni del Centro-Nord. Nel corso del suo sviluppo sono state destinate risorse a numerosi obiettivi e misure di priorita' strategica La prima fase (PAC I) ha concentrato le risorse verso quattro Priorita' di intervento - Istruzione, Agenda digitale, Occupazione e Ferrovie - mentre la seconda fase (PAC II) e' stata orientata in modo piu' deciso verso obiettivi di crescita e inclusione sociale. La terza riprogrammazione (dicembre 2012) riguarda, nell'area "Convergenza", i Programmi Operativi regionali di Calabria, Campania, Puglia e Sicilia e i Programmi Operativi nazionali "Reti e Mobilita'" e "Sicurezza per lo sviluppo" (per circa il 98%). Le "Misure straordinarie per la promozione dell'occupazione, in particolare giovanile, e la coesione sociale" previste dalla legge 9 agosto 2013 n. 99 costituiscono i contenuti della quarta fase di riprogrammazione. La quinta fase di riprogrammazione e' stata avviata dal Consiglio dei Ministri il 27 dicembre 2013. Prevede la rimodulazione di 1,8 miliardi di euro gia' programmati nel Piano di Azione Coesione su azioni non avviate o comunque in ritardo di attuazione. Gli investimenti sono destinati a misure specifiche per le imprese, per l'occupazione e per lo sviluppo delle economie locali. Ora mentre in via amministrativa si stava percorrendo il complesso iter per le riprogrammazioni dei Programmi PAC approvate dal Gruppo di Azione-come nel caso di alcune Azioni del PAC III Fase Sicilia, approvate dal Gruppo di Azione 1'1.10.2014, tradotte nella riformulazione del piano finanziario del programma con nota del Dipartimento Sviluppo e Coesione del MEF del 2.12.2014, e definite dal MEF con decreto dell'Ispettore generale capo per i rapporti finanziari con l'Unione europea del 22 gennaio 2015, pubblicato in GURI n. 33 del 10-2-2015- la legge di stabilita' interviene a decurtare di un'ingente quota le risorse del Fondo di rotazione per il cofinanziamento nazionale della programmazione europea, (L.183/1987) gia' destinate ad interventi nell'ambito del PAC per il finanziamento degli sgravi contributivi per le assunzioni a tempo indeterminato, misura, della quale si puo' certo condividere l'importanza, ma che, esulando dalle finalita' del PAC, non puo' essere finanziata a valere sui fondi destinati all'attuazione del Piano medesimo. Ed infatti mai il legislatore aveva preteso di mettere mano alle risorse destinate al Fondo per la copertura di nuovi diversi interventi legislativi. In contrario non ha pregio, invocare come precedente l'art. 4 del D.L 76/2013 e relativa legge di conversione n. 99/2013, laddove prevede che il " Gruppo di Azione procede periodicamente" e in ogni caso " in partenariato con le amministrazioni interessate, alla verifica dello stato di avanzamento dei singoli interventi e alle conseguenti rimodulazioni del Piano di Azione Coesione che si rendessero necessarie anche a seguito dell'attivita' di monitoraggio anche al fine di eventuali riprogrammazioni". Detta possibilita' di riallocare le risorse gia' destinate a taluni inteventi in quanto inserita fra le " Misure per la velocizzazione delle procedure in materia di riprogrammazione dei programmi nazionali cofinanziati dai Fondi strutturali e di rimodulazione del Piano di Azione Coesione" e' infatti consentita sempre nel contesto PAC. Con la Legge di stabilita' invece, in assoluto spregio di finalita' e modalita' di finanziamento del PAC si introduce una regola mai precedentemente definita, ovvero quella della decurtazione delle risorse del fondo di rotazione, in assenza di impegni. Cosi' disponendo lo Stato, oltre a disattendere il principio di territorialita' imposto dalle Istituzioni europee e formalmente condiviso con le Regioni, nel far riferimento alla data del 30 settembre 2014, della quale e' immotivata la fissazione, applica retroattivamente una vera e propria sanzione, alla quale le Amministrazioni interessate non sapevano di andare incontro. Circa gli effetti negativi che dall'applicazione degli indicati commi 122-124 conseguono per la Regione basti pensare a: - la sottrazione, che si stima, da un'interpretazione strettamente letterale, di oltre 1.314 milioni di euro sulle linee PAC Salvaguardia, Misure Anticicliche e Nuove Azioni Regionali (atteso che al Ministero risultano impegni solo per circa 110 milioni mentre alla data del 30 settembre la Regione ne aveva impegnato oltre 516 milioni) relativa a interventi di rilevanza strategica per la Regione, da attuare nell'ambito di pressocche' tutti i settori di competenza (come risulta dalle tabelle allegate nelle quali sono esposti per ciascun intervento anche gli importi finanziati e quelli degli impegni assunti alla data del 30 settembre 2014, distinguendo tra quelli inseriti o meno nel BDU), ai quali vanno ad aggiungersi gli oltre 281 milioni relativi al c.d. Piano Giovani; - i gravissimi pregiudizi per gli interventi gia' in corso, con particolare riferimento all'esigenza di porre in salvaguardia quei progetti inizialmente previsti nei programmi comunitari che successivamente sono stati trasferiti al di fuori dei Programmi Operativi 2007-2013 perche' non in grado di conseguire la chiusura delle attivita' entro i termini della programmazione comunitaria (dicembre 2015) a causa della complessita' delle procedure e dei pareri autorizzativi, con la conseguente mancata copertura finanziaria degli stessi; - la creazione di un consistente ed, in atto, non quantificabile, numero di contenziosi con le amministrazioni beneficiarie esterne in gran parte pubbliche (Comuni) che si vedranno annullare interventi in relazione ai quali sono stati sottoscritti convenzioni e disciplinari, sono in corso procedure di gara, sono state comunque gia' sostenute spese (anche in assenza di obblighi giuridicamente vincolanti gia' conseguiti a quella data, ovvero di gare gia' aggiudicate), con il rischio piu' che concreto di generare debiti fuori bilancio; - le ricadute finanziarie ancor piu' drastiche che tali contenziosi produrranno per quei casi in cui l'obbligo giuridicamente vincolante, non presente alla data del 30 settembre, sia stato conseguito nei mesi successivi (ottobre-dicembre); - la vanificazione di gran mole del lavoro gia' svolto dagli Uffici regionali, e, invero, anche statali, e l'ulteriore attivita' da espletare, stante, come detto, che le procedure amministrative di rimodulazione stanno tuttora andando avanti, a prescindere dagli esiti dell'individuazione degli interventi definanziati e considerate le criticita' scaturenti dalla mancata partecipazione della Regione alla procedura di individuazione (i dati di monitoraggio alla data del 30 settembre 2014 non risultano per tutte le Regioni esaustivi ed aggiornati sia per il mancato allineamento del sistema di monitoraggio del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato del Ministero dell'Economia e delle Finanze (BDU) alle rimodulazioni via via approvate dal Gruppo Azione Coesione che a causa dei rallentamenti con i quali i soggetti beneficiari esterni alle amministrazioni regionali alimentano i sistemi stessi, con la conseguenza che possono non risultare nei sistemi inviati a quella data progetti che invece hanno conseguito OGV). In una parola alla Regione viene impedito di realizzare opere e altre iniziative strategiche per lo sviluppo dell'Isola gia' proposte e approvatie per molte delle quali ha gia' svolto rilevanti attivita', essendo tenuta a sopportare costi e oneri amministrativi che conseguono esclusivamente alla scelta che lo Stato ha inopinatamente e con valenza retroattiva compiuto per le esigenze del proprio bilancio. Per tutto quanto sopra esposto deve concludersi che le disposizione di cui ai comma 122,123 e 124 violano i principi di ragionevolezza e di buon andamento della Pubblica Amministrazione, quali sanciti dagli artt. 3 e 97 della Costituzione, articolo quest'ultimo che, oltre che nel comma 2, risulta violato anche con riferimento al comma 1 per l'aspetto della garanzia degli equilibri di bilancio. Si denunciano tali vizi, che pur non afferiscono al riparto delle competenze tra Stato e Regione, in quanto ridondano nella lesione delle competenze regionali quali previste dalla Statuto. Si consideri infatti che l'art. 20, attribuisce alla Regione la piena potesta' amministrativa nelle stesse materie in cui ad essa spetta la potesta' legislativa, esclusiva e concorrente, ai sensi degli artt.14 e 17 (principio del parallelismo) e che gli interventi che le norme che s'impugnano impediscono alla Regione di portare avanti afferiscono tutti a materie elencate dai suddetti articoli, alle lettere come sopra riportate. Contestualmente si evidenzia che, per gli effetti che la loro applicazione determina, le stesse disposizioni si prestano anche a rilievi di incostituzionalita' individuati nella lesione dei principi di certezza delle entrate, di affidamento e di corrispondenza tra risorse e funzioni pubbliche, all'esercizio delle quali le prime sono preordinate, quali sanciti, dagli artt. 81, comma 6°, 97, comma 1° e 119, commi 1° e 6° della Costituzione, articolo quest'ultimo invocatile anch'esso dalla Regione in virtu' della clausola di maggior favore recata dall'art. 10 della legge costituzionale 3 del 2001. Art.1, comma 123, anche per violazione dell'art. 120 Cost. sotto il profilo della leale collaborazione. Senza recesso dalle superiori censure deve evidenziarsi l'ulteriore profilo di illegittimita' costituzionale in cui incorre il comma 123 stabilendo, come visto, che la procedura da porre in essere per giungere al risultato del trasferimento dei fondi PAC al bilancio dello Stato non preveda coinvolgimento alcuno della Regione. Al riguardo val la pena sottolineare che la novita' e drasticita' dell'intervento rendono necessaria l'interlocuzione con la Regione, anche solo per chiarirne ambiti e confini di praticabilita', modalita' che, infatti, la gia' riportata previsione dell'art. 4 DL 76/2013, conv. in L. 99/2013 prescrive (il "Gruppo di Azione procede... " in partenariato con le amministrazioni interessate") come passaggio dell'iter da svolgere per apportare modifiche alla programmazione PAC, quale gia' effettuata. Degna di nota e' la circostanza che la procedura in partenariato che e' prescritta per programmarne diversamente l'utilizzo delle risorse nell'ambito delle finalita' del PAC, non lo sia invece nell'ipotesi in cui le risorse si sottraggono addirittura a dette finalita'. Inoltre posto che il comma 123 affida al Gruppo di Azione Coesione di individuare interventi al fine di reperire risorse nell'ammontare fissato al comma precedente, si rende ancor piu' necessario un momento di raccordo per la selezione degli interventi cui revocare il finanziamento. Da cio' la lesione del principio di leale collaborazione fra Stato e Regioni, la cui pregnanza, in particolare con riferimento agli atti di programmazione, in ragione del carattere delle competenze regionali coinvolte, e' stata piu' volte ribadita da codesta ecc.ma Corte costituzionale a partire dalla sent. 389/1995 (ex multis sentt. 50/2008 e 297/2012.) Art. 1, commi 400, 401, 403, 405, 415 e 416, per violazione degli artt. 36 e 43 dello Statuto e dell'art.2, 1° comma delle norme di attuazione in materia finanziaria (D.P.R.1074/1965) nonche' degli artt.81, comma 6°, 97, comma 1° e 119, commi 1°e 6° della Costituzione anche in riferimento all'art. 10 della legge costituzionale 3 del 2001. Il comma 400 stabilisce un ulteriore concorso alla finanza pubblica per le Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e di Bolzano, pari complessivamente a 467 milioni di euro, per ciascuno degli anni dal 2015 al 2017 e a 513 milioni per il 2018, in termini di indebitamento netto e in termini di saldo netto da finanziare. Tali importi, precisa il successivo comma 417, possono essere modificati, ad invarianza dell'importo complessivo, mediante accordo da sancire entro il 31 gennaio di ciascun anno in sede di Conferenza Stato-Regioni. Come risulta dalla tabella la quota che annualmente fa carico alla Regione siciliana ammonta a ben 273 milioni di euro. Oltre all'entita' del contributo richiesto rileva che la Sicilia, insieme solo a Valle d'Aosta e Friuli Venezia Giulia, lo assicuri nell'ambito dell'applicazione dell'articolo 1, comma 454, della legge n. 228 del 2012, concernente la disciplina del patto di stabilita' interno in termini di competenza euro compatibile. Specificamente per la nostra Regione il comma 405, modificando l'articolo 42, comma 5, del decreto-legge n. 133 del 2014, dispone che il MEF, laddove necessario, deve comunicare alla regione Siciliana entro il 30 giugno di ciascun anno l'obiettivo rideterminato in conseguenza di nuovi contributi alla finanza pubblica posti a carico delle autonomie speciali con legge statale. Detta previsione si ricollega alla circostanza che, in attuazione dell'Accordo sottoscritto il 9 giugno 2014 fra il Ministro dell'economia e delle finanze ed il Presidente della Regione siciliana, l'obiettivo di patto di stabilita' interno della Regione siciliana, di cui al comma 454 dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228, e' stato determinato - in 5.786 milioni di euro per l'anno 2014 e in 5.665 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2017 - dall'art. 42, comma 5, del decreto-legge n. 133 del 2014, disposizione che precisa che gli obiettivi, per gli anni 2014-2017, possono essere rideterminati in conseguenza di nuovi contributi alla finanza pubblica posti a carico delle autonomie speciali con legge statale. In termini di saldo netto da finanziare il contributo previsto per le regioni Friuli-Venezia Giulia, Sicilia, Sardegna e Valle d'Aosta, fino all'emanazione delle norme di attuazione e' assicurato attraverso l'accantonamento delle quote di compartecipazione ai tributi erariali. Da cio' in estrema sintesi puo' evidenziarsi che il contributo richiesto alla Regione siciliana in termini di saldo netto da finanziare viene ad aggiungersi a tutti quelli gia' in precedenza disposti dallo Stato (tutti fatti oggetto di impugnativa da parte di questa Regione) ed ancora una volta, nelle more dell'emanazione delle previste e necessarie norme di attuazione, sottraendo, unilateralmente e in assenza delle condizioni per far luogo a riserva, gettito di integrale spettanza regionale (c. 403). Pertanto, come tutti i precedenti interventi statali in tal senso (l'ultimo dei quali recato dall'art. 46, comma 3, D.L. 24 aprile 2014, n. 66, che ha sostituito il comma 526 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147) anche quello recato dalla legge di stabilita' 2015 risulta disposto in violazione dei parametri rubricati. Inoltre, il comma 416, che pure si censura, stabilisce che il concorso alla finanza pubblica disposto dall'art.1, c. 526 della L. 147/2013 e succ. modif. fino al 2017 continua ad essere dovuto anche per il 2018. Si rammenta che pure la richiamata disposizione e' stata fatta oggetto di ricorso (n. 17/2014). Il combinato disposto dei commi 400, 403 e 416 nel prevedere un aggravio dell'onere finanziario a carico della Regione mediante un meccanismo ad essa inapplicabile (quote di compartecipazione ai tributi erariali) e, in assenza dei presupposti previsti dall'art. 2, comma 1° del d.P.R. 1074/1965, per darsi luogo ad una legittima deroga al principio della spettanza del gettito dei tributi riscossi sul proprio territorio, le sottrae entrate che questa Regione potrebbe destinare a far fronte alle proprie spese. Ed ancora in proposito va osservato che seppure le pubbliche amministrazioni debbano concorrere all'equilibrio finanziario del bilancio dello Stato ed alla sostenibilita' del debito pubblico, le stesse sono tenute (art. 119 Cost.) anche a garantire l'equilibrio dei propri bilanci sicche' poiche' mette in crisi il raggiungimento dell'equilibrio finanziario del bilancio regionale la previsione legislativa viola altresi' gli artt.art. 81, ult. comma 97, comma 1° e 119, commi 1°e 6° della Costituzione nonche', prevedendosene l'applicabilita' a prescindere dalle necessarie norme di attuazione, anche l'art.43 dello Statuto. Anche in termini di indebitamento netto, pur se l'Accordo suindicato ha fatto salva la facolta' dello Stato di modificare l'importo dei concordati obiettivi programmatici, e' di tutta evidenza l'effetto lesivo che la manovra statale arrechera' al bilancio e al territorio regionale considerato da un lato che la nuova determinazione del patto di stabilita' e' imposta al di fuori di qualunque raccordo con la Regione e che in base al comma 414 le autonomie speciali devono comunque garantire il finanziamento dei livelli essenziali di assistenza. Rammentando che per il periodo 2014-2017 l'obiettivo era gia' stato determinato con l'accordo del giugno scorso, aggiungendo a quelli posti a carico della Regione dalla normativa allora vigente, un ulteriore contributo di 400 milioni, motivo di preoccupazione induce anche il comma 415 che alle lett. a) e b) modifica alinea e tabella del comma 454 dell'art.1 L. 228/2012, per protrarne l'applicazione nel 2018. Cio' considerato pertanto il combinato disposto dei commi 400, 401, 405 e 415 e' identicamente pregiudizievole per le prerogative costituzionali di questa Regione. Conclusivamente quindi l'intera manovra recata dai commi in rubrica per gli effetti che determina in termini di (dis)equilibrio di bilancio mette a repentaglio la garanzia del corretto svolgimento delle funzioni che ordinariamente si ascrivono alla competenza di questa Regione. Art. 1 commi 418 e 419 per violazione delle competenze regionali sancite dall'art.14 lett. o) e dall'art. 15 dello Statuto nonche' per il profilo relativo alla lesione dell'autonomia amministrativa e finanziaria degli enti locali di area vasta in violazione dell'art.119, commi 1° e 4° della Cost. Quanto al comma 418, appare palese che il contributo richiesto alle Province e da finanziare attraverso riduzione della spesa corrente, si ricolleghi al riordino degli enti di area vasta, quale stabilito dalle fonti statali. In sostanza viene individuato il contributo triennale posto in capo a Province e Citta' metropolitane al risanamento della finanza pubblica. Il decreto di riparto deve essere emanato entro il 15.2.2015. Ora, nell'attuazione delle proprie prerogative statutarie, il legislatore siciliano sta del tutto autonomamente procedendo al riordino, tanto che ha gia' soppresso le Province regionali. Tuttavia, nella L. di stabilita' lo Stato, che ai successivi commi, 420 e segg., mostra di essere consapevole della separazione di detti percorsi di riordino, correlata all'autonomia regionale speciale, non ha espressamente escluso gli enti siciliani dall'applicazione dei commi in commento. Invero, una generale clausola di salvaguardia e' recata alla fine della legge dal comma 734 che recita "Le disposizioni di cui alla presente legge sono applicabili nelle regioni a' statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti e le relative norme di attuazione" . In proposito si osserva che tale previsione sembrerebbe rispettata dalla circolare n. 1/2015. del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione di concerto con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie con la quale si forniscono chiarimenti per l'applicazione delle disposizioni in esame alle sole Regioni a statuto ordinario. Tuttavia, cautelativamente e per mero tuziorismo difensivo, questa Regione ritiene di dover sollevare la relativa questione di legittimita' costituzionale in riferimento ai parametri come individuati in rubrica. Il concorso richiesto mediante contenimento della spesa incide su questa Regione con conseguente lesione della sua autonomia organizzativa in materia di enti locali e di circoscrizioni (sentt. 298/2009 e 229/2013). In ordine, poi, alla violazione dell'art. 119, comma 1° della Costituzione e' palese come i commi censurati incidano direttamente sull'autonomia finanziaria di entrata e di spesa e la disponibilita' di risorse autonome degli enti locali siciliani e, indirettamente, su quella della Regione. In assenza, pero', del provvedimento ministeriale come citato dal quarto periodo del comma 418, non si hanno certezze dell'esclusione delle Province siciliane e cio' consiglia di impugnare, in via cautelativa, l'intero comma. L'alternativa di reagire eventualmente al solo atto attuativo comporterebbe il rischio di incorrere in una declaratoria di inammissibilita' per acquiescenza alla norma in attuazione della quale il provvedimento verra' emesso. Tanto precisato, si rileva, quindi, la lesione delle competenze regionali sancite dall'art.14 lett. o) e dall'art. 15 dello Statuto e, inoltre, considerato che le Regioni sono legittimate a denunciare la legge statale anche a difesa delle attribuzioni degli enti locali (cfr. Corte cost. sent. n. 298 del 2009 e precedenti ivi citati), la violazione dell'autonomia amministrativa e finanziaria dei liberi consorzi siciliani sancita dall'art.119, commi 1° e 4° della Cost. Ora l'autonomia finanziaria postula che le Regioni e gli enti locali «abbiano la effettiva disponibilita' delle risorse loro attribuite ed il potere di manovra dei mezzi finanziari» (sentenza n. 171 del 1999) e ha «un indubbio carattere funzionale» (sentenza n. 742 del 1988) all'assolvimento dei compiti istituzionali che gli enti sono chiamati a svolgere. Ne consegue che l'autonomia della Regione, indirettamente, e quella degli enti locali, di disporre delle proprie risorse per «finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite» (art. 119, quarto comma, Cost.) e' limitata dalla disciplina impugnata., che incide pesantemente sulla disponibilita' delle loro risorse. Quanto poi al comma 419 che, correlato al precedente e' del pari viziato, esso prevede, in caso di omesso versamento del contributo previsto dal comma 418, il recupero dello stesso a valere sull'imposta per la responsabilita' civile automobilistica secondo meccanismi tecnicamente individuati. Il meccanismo di cui al comma 419 viene infatti a incidere illegittimamente nell'ambito dei complessivi rapporti finanziari tra Regione ed ex Province, nel quale si situa la destinazione del gettito dell'imposta da parte della Regione, come si precisa di seguito. Art. 1 comma 419 per violazione delle competenze statutariamente sancite dall'art. 36 dello Statuto regionale e dall'art. 2, comma 1 del d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074. Tale disposizione genericamente prevede - senza effettuare alcun distinguo fra gli enti situati nel territorio delle Autonomie Speciali e quelli delle Regioni a statuto ordinario - che il recupero del gettito da parte dello Stato e' demandato all'Agenzia delle Entrate nei confronti delle province interessate, a valere sui versamenti dell'imposta sulle assicurazioni contro la responsabilita' civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, di cui all'art. 60 del D.L.vo 15 dicembre 1997, n° 446, all'atto del riversamento da parte dell'Erario del relativo gettito alle province medesime. Cio' analogamente a quanto in precedenza ha disposto l'art. 10 ed il relativo allegato 1, per la parte che riguarda le Province siciliane, del decreto-legge 6 marzo 2014, n. 16 convertito in legge dall'art. 1, comma 1 della legge 2 maggio 2014, n. 68, censurato da questa Regione con ricorso n. 10/2014 che verra' discusso all'udienza del 10 marzo 2015. Il su indicato meccanismo e' stato gia' oggetto di esame da parte di codesta Corte che, con la sentenza n° 97/2013 del 20 maggio 2013, pubblicata il 23 maggio 2013 ha compiutamente chiarito la portata ed il collegamento fra tutte le previsioni normative, statali e regionali, che disciplinano la materia dell'imposta in argomento. Codesta Corte ha precisato che "l'art. 17, comma 1, del decreto legislativo n. 68 del 2011 ha.... disposto, esclusivamente per le Province ubicate nelle Regioni a statuto ordinario, che, a decorrere dal 2012....l'imposta in questione assumesse la natura di tributo proprio derivato provinciale" in quanto "le disposizioni contenute nel Capo II del citato decreto legislativo, tra cui e' ricompreso anche il menzionato art. 17, comma 1, si devono intendere riferite alle sole Regioni a statuto ordinario, come esplicitamente prevede l'art. 16, comma l, del decreto legislativo n. 68 del 2011" e, sancendo il perdurare del sistema come delineato dal legislatore regionale con la l.r. 2 del 2002, ha ribadito che l'imposta sulla responsabilita' civile automobilistica mantiene ad oggi la sua connotazione di tributo il cui gettito spetta alla Regione siciliana nella misura in cui e' riscosso nell'ambito del suo territorio restando, pertanto, sottratto all'ambito di applicazione dell'art. 17, comma 1, del decreto legislativo n. 68 del 2011 che costituisce l'antecedente normativo cui si riallaccia la previsione dell'art.16, comma 7 del d.l. 95/12. Malgrado i chiari contenuti della sentenza n. 97/2013 il legislatore statale continua ad attuare, come gia' in precedenza con il richiamato l'art. 10 del DL.16 del 2014, tentativi di sottrazione a questa Regione del gettito di tributi di sua spettanza in quanto riscossi sul suo territorio che la Regione, autonomamente riversa, alle Province in base a una legge gia' adottata dalla stessa (art.10 l.r. 2/2002). Considerata la natura tributaria delle entrate, pertanto, il comma 419 e', in ogni caso lesivo delle competenze statutariamente sancite dall'art. 36 dello Statuto regionale e dall'art. 2, comma 1 del d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074, in quanto lo Stato pretende indirettamente di incamerare entrate di spettanza regionale.