LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE DI CREMONA 
                              Sezione 3 
 
    Riunita con l'intervento dei signori: 
    Vacchiano Massimo: presidente e relatore; 
    Bottoni Francesco: giudice; 
    Galli Ezio Donato: giudice. 
Ha emesso la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    sul ricorso n. 439/13, depositato il 14 novembre 2013 
    avverso Avviso di accertamento n. N.ICA 103 I.C.I. 2009; 
    avverso Avviso di accertamento n. N.ICA 107 I.C.I. 2010; 
    avverso Avviso di accertamento n. N.ICA 99 I.C.I 2008; 
    contro: Area Riscossioni S.p.a. 
    proposto dal ricorrente: 
        Zontini Annetta, via Machiavelli n.  8,  26041  Casalmaggiore
(CR); 
    difeso da: 
        Zontini avv. Anna, corso Campi n. 63, 26100 Cremona (CR). 
 
                      Svolgimento del processo 
 
    In data 2 luglio 2013, su  delega  del  Comune  di  Casalmaggiore
(Cremona), il concessionario «Ufficio Area Riscossioni S.p.a.» avente
sede in Mondovi' (Cuneo) ha notificato a Zontini Annetta  gli  avvisi
di accertamento ICI, anni 2008, 2009 e 2010, per il mancato pagamento
delle imposte, in relazione ad un terreno di cui era usufruttuaria la
contribuente, in quanto la stessa non lo aveva dichiarato  come  area
fabbricabile. 
    Avverso tale atto, Zontini Annetta  ha  proposto  ricorso  avanti
alla Commissione Tributaria Provinciale di Cremona, notificandolo  al
concessionario   «Ufficio   Area   Riscossioni    S.p.a.»    mediante
raccomandata inviata in data 16 ottobre 2013. 
    Nel  ricorso  la  ricorrente  ha  dichiarato  di  individuare  la
competenza territoriale di questa Commissione, tenuto conto che nella
circoscrizione di Cremona era ubicato l'immobile e  ritenendo  questa
«l'interpretazione piu' logica dell'art. 4 del decreto legislativo n.
546/1992». 
    Nel merito, la Zontini ha evidenziato: 
    che il terreno costituiva area pertinenziale tenuta a giardino  e
classificata  a  verde  privato,  come  tale  inutilizzabile  a  fini
edificatori; 
    che tale situazione era ben conosciuta  dal  Comune,  sicche'  la
contribuente non era tenuta ad inviare agli  uffici  comunali  alcuna
informazione al riguardo; 
    che il terreno  era  sempre  stato  coltivato  dai  titolari  con
l'aiuto dei familiari e  che  il  pensionamento  della  contribuente,
quale coltivatrice diretta, non interferiva sul carattere del terreno
agricolo. 
    Per questi motivi, la ricorrente ha chiesto l'annullamento  degli
impugnati atti, con rifusione delle spese del giudizio. 
    Con controdeduzioni pervenute in  data  6  dicembre  2013  si  e'
costituito l'Ufficio Area Riscossioni  S.p.a.  di  Mondovi'  (Cuneo),
eccependo  l'incompetenza  territoriale  di  questa  Commissione  sui
presupposto, piu' volte stabilito  dalla  Corte  di  Cassazione,  che
l'individuazione  del  giudice  territorialmente  competente  avrebbe
dovuto essere  determinata  dall'ubicazione  dell'ufficio  che  aveva
emanato l'atto. 
    Nel sottolineare come a norma dell'art. 5 del decreto legislativo
n. 546/1992 tale competenza fosse inderogabile, il concessionario  ha
fatto  presente  che,  dunque,  il  ricorso  avrebbe  dovuto   essere
presentato avanti la Commissione  Tributaria  Provinciale  di  Cuneo,
tenuto  conto  che  l'atto  impugnato  era  stato  emesso   dall'Area
Riscossioni S.p.a. avente sede in Mondovi'. 
    Nel merito, il concessionario  ha  replicato  alla  contestazione
della ricorrente, facendo rilevare come una parte del  terreno  fosse
edificabile  e  come  tale  soggetta  ad  imposta,  atteso   che   la
ricorrente, per gli anni di imposizione, non risultava aver versato i
contributi di coltivatore diretto. 
    Ad avviso  del  concessionario,  la  sanzione  doveva  applicarsi
avendo l'omissione arrecato pregiudizio all'esercizio  di  controllo,
ancorche' non ne avesse impedito l'accertamento. 
    Per questi motivi, il concessionario ha chiesto, preliminarmente,
che  fosse   dichiarata   l'incompetenza   territoriale   di   questa
Commissione, competente essendo la Commissione Tributaria Provinciale
di Cuneo e,  in  subordine,  che  fosse  respinta  la  domanda  della
ricorrente, con rifusione delle spese del giudizio. 
    In data 3 luglio 2014 la ricorrente ha presentato una memoria con
la quale ha ribadito le proprie argomentazioni svolte a sostegno  del
ricorso. 
    All'udienza del 14 luglio 2014, il difensore della ricorrente  ha
eccepito  l'illegittimita'   costituzionale   dell'art.   4   decreto
legislativo n. 546/1992 con riferimento  all'art.  25  Cost.,  tenuto
conto che l'attribuzione della competenza  territoriale  del  giudice
dove ha sede  Area  Riscossioni  S.p.a.  violerebbe  i  principi  del
giudice naturale. 
    A tal fine il  difensore  si  e'  riportato  alle  argomentazioni
sviluppate nella memoria depositata il 26 giugno 2014 nell'ambito del
giudizio R.G.R.  n.  438/13,  promosso  da  Campanini  Enrica,  quale
proprietaria dello stesso immobile (memoria  che,  dunque,  e'  stata
allegata al presente procedimento). 
    La Commissione si e' riservata di decidere. 
 
                       Motivi della decisione 
 
    Preliminare   disamina   deve   essere   dedicata   all'eccezione
d'incompetenza territoriale sollevata dal concessionario. 
    La Zontini, sin dal proprio atto introduttivo, ha  immediatamente
rappresentato come questa Commissione fosse competente a decidere  la
controversia, facendo notare che la competenza  territoriale  avrebbe
dovuto  principalmente  radicarsi,  a  norma  dell'art.   4   decreto
legislativo n. 546/1992,  nella  circoscrizione  in  cui  si  fossero
trovati gli immobili e gli enti impositori. 
    Per contro, ha sostenuto l'«Ufficio Area Riscossioni S.p.a.», con
sede in Mondovi'  (Cuneo),  che  nel  caso  in  esame  la  competenza
territoriale spetterebbe alla Commissione Tributaria  Provinciale  di
Cuneo, atteso che in tale circoscrizione ha  sede  il  concessionario
che ha emesso l'atto. 
    La questione e' gia' stata affrontata da questa  Commissione,  la
quale, in occasione di altro ricorso  proposto  da  Campanini  Enrica
riguardante la stessa imposta relativa al medesimo immobile (ICI  per
gli  anni  2006  e  2007),  ha  ritenuto  competente  a  decidere  la
controversia la Commissione Tributaria Provinciale di Cuneo (si veda:
Commissione Tributaria Provinciale di Cremona, 21  ottobre  2013,  n.
101.03.13). 
    In motivazione, la Commissione, dopo aver premesso che l'«Ufficio
Area  Riscossioni  S.p.a.»,  con  sede  in  Mondovi'   (Cuneo),   con
l'impugnato atto, aveva autonomamente  determinato  l'imposta,  senza
che al suo accertamento avesse dato impulso il Comune, ha evidenziato
come, a mente  dell'art.  4  del  decreto  legislativo  n.  546/1992,
permanesse la competenza della Commissione Tributaria ove aveva  sede
l'ente locale qualora detto  ente  avesse  emesso  l'atto  impugnato;
diversamente, nel caso  in  cui  la  societa'  concessionaria  avesse
avuto, oltre che il potere di riscossione, anche quello  di  emettere
l'atto  di  accertamento,  la  competenza  doveva  essere   collegata
all'area territoriale in cui operava la societa' medesima. 
    A tale conclusione la Commissione  e'  pervenuta  in  conformita'
all'interpretazione seguita dalla Corte di Cassazione, la quale,  pur
trattando una controversia avente ad oggetto una diversa imposta  (la
c.d. «TOSAP»), aveva stabilito il  generale  principio  che,  laddove
l'ente locale, tramite l'atto di concessione, si fosse  spogliato  di
determinate competenze,  il  concessionario  sarebbe  subentrato  nei
diritti e negli obblighi del Comune  verso  i  contribuenti,  sicche'
questi non sarebbero stati piu' semplici esattori delle  imposte,  ma
avrebbero gestito l'intero  servizio  ad  esso  attinente  (Cass.  13
agosto 2004, n. 15.864). 
    Nel presente giudizio, la ricorrente ha, innanzitutto,  criticato
la precedente decisione di questa Commissione, facendo rilevare come,
proprio alla luce della citata pronuncia emessa dal Supremo Collegio,
la competenza avrebbe dovuto  individuarsi  nella  circoscrizione  di
Cremona, tenuto conto che, secondo quella sentenza, la legittimazione
dei concessionari sarebbe sussistente «quando i motivi  fatti  valere
in  giudizio  riguardino  esclusivamente  profili  di   irregolarita'
formale o procedurale  imputabili  al  concessionario»,  mentre  tale
legittimazione  mancherebbe  «quando  la   controversia   attenga   a
questioni sostanziali involgenti il rapporto d'imposta», rimanendo in
questo secondo caso «contraddittore ... soltanto l'ufficio  o  l'ente
impositore, con la conseguenza che la competenza  territoriale  della
Commissione   Tributaria   adita   sara'   definita   in    relazione
all'ubicazione territoriale di quest'ultimi». 
    Ritiene la Commissione come l'obiezione non sia fondata,  sicche'
va confermata l'interpretazione  gia'  seguita  da  questo  Collegio,
secondo la quale  la  competenza  debba  essere  radicata  presso  la
circoscrizione ove ha sede il soggetto che ha emesso l'atto. Infatti,
vero e' che nel caso in esame si controverte  sul  rapporto  e  sulla
legittimita' dell'imposta. 
    Tuttavia, la distinzione operata dalla ricorrente riprendendo  un
passo della motivazione di  Cass.  n.  15.864/2004,  secondo  cui  la
competenza sarebbe collegata alla sede  del  concessionario  soltanto
ove si facesse  questione  di  profili  di  irregolarita'  formale  o
procedurale imputabili al predetto concessionario e non anche  quando
la controversia avrebbe avuto ad oggetto, come nella fattispecie,  il
rapporto d'imposta, va pur  sempre  interpretata  nel  senso  che  in
questo secondo caso permane la rilevanza della sede dell'ente locale,
sempre che il concessionario non abbia emesso (unitamente ad un  atto
di riscossione) un atto di accertamento. 
    E' evidente, invero, che se, come (pacificamente) nel caso che ci
occupa, il concessionario non si sia limitato ad emettere un atto  di
riscossione,  ma  abbia  istruito  l'intera  pratica  pervenendo   ad
accertare la debenza dell'imposta, nonche' la sua quantificazione (1)
, lo stesso sia legittimato passivo  anche  rispetto  alle  questioni
riguardanti  il  rapporto   d'imposta,   sicche'   coerentemente   la
competenza dovra' radicarsi presso  la  circoscrizione  ove  esso  ha
sede. 
    Non si vede, d'altronde, come possa giustificarsi  la  competenza
presso la circoscrizione ove ha sede il Comune,  se  tale  ente,  non
avendo emesso l'avviso di  accertamento,  non  sia,  in  alcun  modo,
legittimato passivo. 
    La stessa pronuncia della Corte  di  Cassazione  n.  15.864/2004,
piu' volte evocata, nel riconnettere  la  legittimazione  passiva  ai
concessionari  quando  i  motivi  fatti  valere   in   giudizio   dal
contribuente  riguardino  esclusivamente  profili  di   irregolarita'
formale o procedurale imputabili agli stessi  concessionari,  ha,  in
esordio di  tale  affermazione,  espressamente  precisato  come  tale
ristretta  legittimazione  passiva  sussista  -  si   badi   -   «con
riferimento  agli  atti  di  riscossione   da   questi   direttamente
promanati», non anche con riferimento  agli  «atti  di  accertamento»
emessi dai concessionari. 
    E' indubbio che se ad emettere l'accertamento sia stato lo stesso
concessionario, questo sara' unico contraddittore,  subentrando  esso
nei diritti e negli obblighi del Comune verso i contribuenti. 
    Non  e',  dunque,  corretto  interpretare  la  norma  avendo   ad
esclusivo riferimento il contenuto delle doglianze fatte valere nella
controversia,  dovendosi  coordinare  questo  criterio   con   quello
inerente il soggetto che abbia concretamente emesso l'atto. 
    Sul punto, e' pure ritornata la Corte di legittimita', precisando
che «la competenza per territorio  non  e'  determinata  dalla  legge
sulla  base  di  criteri  contenutistici,  inerenti  alla   specifica
materia,  di  volta   in   volta,   controversa,   essendo,   invece,
normativamente individuata sulla base di criteri di collegamento  tra
una specifica controversia ed una determinata  zona  del  territorio,
per lo piu', fondati, fatte salve tassative eccezioni previste  dalla
legge, sull'allocuzione spaziale dei soggetti  in  causa»  (Cass.  23
marzo 20012, n. 4682). 
    In base a tale arresto, resta pertanto confermata l'applicazione,
«in subiecta materia», del principio generale statuito dal codice  di
procedura civile (invocabile a norma dell'art. 1 decreto  legislativo
n. 546/1992), secondo il quale la competenza territoriale  e'  quella
del luogo in cui il convenuto ha la  residenza  o  il  domicilio,  se
persona fisica, o ha la sede, se persona giuridica (nella specie,  la
sede del concessionario, in quanto legittimato passivo). 
    Ne' l'estensione della legittimazione passiva del  concessionario
ai giudizi inerenti il rapporto  d'imposta  e  la  sua  debenza  puo'
essere limitata, come vorrebbe la ricorrente, soltanto ai casi in cui
l'ente locale abbia affidato il servizio di accertamento e quello  di
riscossione  dell'imposta  a  norma  degli  artt.  25  e  52  decreto
legislativo n. 507/1993, solo  perche'  la sentenza  della  Corte  di
Cassazione n.  15.864/2004  sarebbe  stata  emessa  trattando  quella
diversa imposta (c.d. TOSAP). 
    Il principio e', infatti, valevole in  tutti  quei  casi  in  cui
l'ente  locale  abbia  affidato   al   concessionario,   come   nella
fattispecie in esame, non soltanto il  servizio  di  riscossione,  ma
anche quello di accertamento. E tale potere non e' certo circoscritto
dalle legge alla sola imposta TOSAP, essendo consentito per  tutti  i
tributi locali dagli artt. 52 e 53 decreto  legislativo  15  dicembre
1997, n. 446, laddove e' prevista  la  potesta'  regolamentare  delle
province  e   dei   comuni   di   affidare,   anche   disgiuntamente,
«l'accertamento  e  la  riscossione»  a  soggetti  privati,  iscritti
all'albo presso il Ministero delle finanze,  appositamente  abilitati
ad effettuare tali attivita'. 
    Tanto precisato  e  ribadita,  de  iure  condito,  la  competenza
territoriale  della   Commissione   nella   cui   circoscrizione   il
concessionario ha emesso  l'atto,  si  osserva  come  la  ricorrente,
proprio in ragione della traslazione del giudizio avanti  l'autorita'
di  Cuneo,  conseguente  all'applicazione  dell'art.  4  del  decreto
legislativo n. 546/1992, abbia, in subordine,  sollevato  l'eccezione
d'illegittimita' costituzionale di tale norma  con  riferimento  agli
artt. 97 e 25 Cost. 
    In particolare, la ricorrente ha censurato la norma  nella  parte
in cui consente che, qualora il  concessionario  abbia  sede  in  una
circoscrizione diversa da quella istituzionale dell'ente  impositore,
sia questa a prevalere rispetto a quella dell'ente. 
    Ad  avviso  della  ricorrente,   in   tal   modo   il   principio
costituzionale posto a fondamento dell'art. 97 Cost. viene capovolto,
poiche', mentre per  gli  enti  pubblici  la  funzione  istituzionale
corrisponde alla circoscrizione territoriale  e  da  essa  deriva  la
sede, nel caso dei concessionari privati si giunge all'assurdo che la
sede liberamente scelta dall'ente trascini con se' territori ad  essa
del tutto estranei (nel caso di specie: Cuneo assorbirebbe  Cremona),
cosi' consentendosi che il privato scavalchi quello  che  nemmeno  la
legge  ordinaria  potrebbe  modificare:  la   territorialita'   delle
funzioni pubbliche (art. 114 Cost.). 
    E tale particolare effetto viene paventato dal  ricorrente  anche
in relazione al richiamo al «foro del convenuto»  operato  dal  nuovo
testo della disposizione oggetto del disegno di legge  presentato  al
Senato. 
    A questo proposito, la ricorrente ha pure sottolineato  come,  in
realta', sotto il profilo sostanziale, la Zontini fosse  «convenuta»,
essendo essa la parte tenuta a difendersi dall'atto  unilaterale  con
il quale  era  stata  destinataria  di  un  accertamento  tributario,
nonche' potenzialmente esposta alle conseguenti procedure esecutive. 
    Secondo la  ricorrente,  in  base  alla  denunciata  norma,  alla
Zontini venivano preclusi i fori alternativi previsti dal  codice  di
procedura civile; fori che, in certo senso, costituivano  gli  stessi
criteri adottati nel diritto tributario sostanziale  per  individuare
il luogo in  cui  il  rapporto  tributario  si  concretizzava,  quale
conseguenza «naturale» dell'art. 53 Cost. 
    In particolare: 
    il foro previsto dall'art. 20 c.p.c., con riferimento ai  diritti
di obbligazione per i quali e' competente anche il giudice del  luogo
in cui e' sorta o deve eseguirsi l'obbligazione; 
    il foro previsto dall'art. 21 c.p.c., con riferimento ai  diritti
concernenti gli immobili per i quali e'  competente  il  giudice  del
luogo ove e' posto l'immobile. 
    In definitiva, i principi costituzionali compromessi sarebbero  i
seguenti. 
    Anzitutto, il principio stabilito dall'art. 97 Cost. in relazione
all'art. 114 Cost., che, definendo la  funzione  pubblica,  assegnava
anche al cittadino la sua collocazione istituzionale con  riferimento
alla persona (comune di residenza), ai beni (comune catastale),  alle
attivita'   produttive   (partite   IVA,   ecc.).    Consentire    al
concessionario   (privato)   di   spostare   le   funzioni   da   una
circoscrizione territoriale all'altra, equivaleva, per la ricorrente,
a  privare  il  cittadino  della  sua  territorialita',   del   tutto
coincidente,  come  radice  costituzionale,  a  quella   degli   enti
pubblici. 
    L'altro principio era quello previsto dall'art. 25 Cost., secondo
cui nessuno poteva essere distolto dal giudice naturale, intendendosi
per tale,  non  gia'  quello  stabilito  per  legge,  ma  quello  che
«rispecchia gli assetti di vita di cui la legge si occupa» (luogo  in
cui si trovano i beni, in cui si percepisce il  reddito,  in  cui  si
producono beni o servizi). 
    Cosi sintetizzati gli argomenti  sviluppati  dalla  ricorrente  a
fondamento dell'eccezione di illegittimita'  costituzionale,  ritiene
la  Commissione  come  la  prospettata  questione  di  illegittimita'
costituzionale debba essere sottoposta  allo  scrutinio  del  giudice
delle leggi non essendo manifestamente infondata, sia pur per  motivi
parzialmente diversi da quelli illustrati dalla contribuente. 
    Innanzitutto, non si  dubita  circa  l'evidente  rilevanza  della
questione rispetto alla decisione del giudizio in corso, atteso  che,
in ragione delle considerazioni sopra esposte,  l'applicazione  della
norma  denunciata  determinerebbe  nella  fattispecie  in  esame   la
declinatoria,  da  parte  di  questa   Commissione,   della   propria
competenza  territoriale  in  favore  della  Commissione   Tributaria
Provinciale di  Cuneo,  cioe'  per  l'appunto  quell'effetto  che  la
ricorrente ha inteso appositamente contrastare manifestando  concreto
interesse ad esercitare il proprio  diritto  di  difesa  avanti  alla
Commissione  nella   cui   circoscrizione   trovasi   l'ente   locale
impositore, nonche' l'immobile oggetto d'imposizione tributaria e  la
propria residenza. 
    Cio' posto e volgendo la disamina alla verifica di non  manifesta
infondatezza della questione,  occorre  immediatamente  escludere  il
richiamo all'invocato art. 25 Cost., non potendosi qui mobilitare  la
violazione del principio  del  «giudice  naturale  precostituito  per
legge» con riferimento al dettato dell'art. 4 del decreto legislativo
n. 546/1992. 
    Invero, diversamente da quanto sembra prospettare la  ricorrente,
tale principio esprime esclusivamente  la  necessita'  che  la  legge
stabilisca quale sia il giudice competente prima che la  controversia
insorga, non potendo l'ordinamento giuridico tollerare  che  la  lite
venga decisa da un  giudice  designato  dopo  il  fatto  che  l'abbia
generata, pena il rischio che possa essere  vulnerata  l'esigenza  di
imparzialita' e uniformita' della funzione giurisdizionale. 
    Tale principio non e' violato dalla norma in oggetto,  posto  che
essa contiene l'indicazione preventiva del criterio mediante il quale
deve  individuarsi  la  competenza  territoriale  della   Commissione
Tributaria Provinciale: quello della circoscrizione  della  sede  del
concessionario qualora questo abbia emesso l'atto da impugnare. 
    Nondimeno, risulta difficile negare  che  l'individuazione  della
competenza in ragione della sede del concessionario possa comportare,
cosi' come accaduto nella fattispecie, effetti processuali  distonici
rispetto alla ratio che dovrebbe ispirare la norma, ovvero quella  di
rapportare  la  competenza  in  prossimita'  del  luogo  in  cui  gli
interessi della pubblica amministrazione e del contribuente risultano
concretamente coinvolti. 
    Dalla diretta applicazione della norma accade, infatti, che,  nel
caso, nient'affatto eccezionale,  in  cui  l'ente  locale  affidi  il
servizio  di  accertamento  e  riscossione  dell'imposta  ICI  ad  un
concessionario avente sede ben distante da quella del  suddetto  ente
(che,  conseguentemente,   e'   pure   distante   da   quello   della
circoscrizione in  cui  si  trova  l'immobile,  siccome  censito  dal
medesimo ente), la competenza debba trasferirsi presso quella lontana
circoscrizione,   cosi'   stravolgendosi   il    corretto    rapporto
istituzionale  che  deve  intercorrere  tra  cittadino   e   pubblica
amministrazione. 
    Quel corretto rapporto istituzionale che in alcun  modo  potrebbe
tollerare, ad esempio, che un contribuente residente in Milano  debba
essere costretto ad impugnare  un  atto  di  accertamento  avanti  la
Commissione Tributaria Provinciale  di  Bari,  in  relazione  ad  una
imposta ICI gravante  sul  proprio  immobile  sito  in  Milano,  solo
perche' nella circoscrizione del capoluogo pugliese si trovi la  sede
legale del concessionario che sia stato incaricato  del  servizio  di
accertamento e riscossione dal Comune di Milano. 
    Trattasi di una conseguenza  all'evidenza  aberrante  che  appare
idonea a ledere direttamente il diritto di  difesa  del  contribuente
(art. 24 Cost.), nonche' al contempo il principio del buon  andamento
della  pubblica  amministrazione  (art.  97  Cost.),   senza   alcuna
razionale giustificazione. 
    Ne' tale giustificazione sarebbe possibile ravvisare considerando
la norma in esame  quale  espressione  del  principio  del  foro  del
convenuto, dal momento  che  esso  e'  stato  introdotto  nel  nostro
ordinamento processuale civile, quale regola peraltro derogabile,  al
fine di facilitare  il  soggetto  che  si  difende  rispetto  ad  una
pretesa. E tale posizione, sotto il profilo  sostanziale,  e'  semmai
ravvisabile  proprio  nel   contribuente   (potenzialmente   debitore
rispetto alla pretesa del concessionario). 
    E' poi appena il caso di rilevare che tale regola - che, si badi,
a mente dell'art. 5, primo comma, decreto legislativo n. 546/1992, e'
inderogabile - finirebbe per favorire soltanto  la  societa'  privata
concessionaria, la quale, per una libera e  autonoma  scelta,  avesse
deciso di accettare  l'incarico  del  servizio  di  accertamento  e/o
riscossione da parte di un ente locale  ben  distante  dalla  propria
sede. 
    Per contro, la giurisprudenza,  laddove  in  tema  di  competenza
richiama  giustamente,  quale  criterio  di  collegamento   tra   una
specifica controversia ed una determinata zona del territorio, quello
fondato sull'allocazione spaziale dei soggetti in causa (si veda,  ad
es.: Cass. n. 4682/2012, cit.), intende preferibilmente riferirsi  al
luogo in cui il contribuente risiede o quello dove produce ricchezza,
o ancora il luogo dove e' sito il bene da sottoporre a imposizione. 
    Entro questi termini, appare condivisibile quanto argomentato  al
riguardo dalla ricorrente, che ha rivendicato per il contribuente una
sorta di diritto di «territorialita'» nei rapporti istituzionali  con
l'ente pubblico, quale diretta conseguenza  della  propria  capacita'
contributiva prevista dall'art. 53 Cost. 
    E, d'altronde, non si comprende, davvero, come possa sottrarsi al
dubbio  di  illegittimita'  costituzionale   una   norma   che,   pur
collocandosi in  un  contesto  normativo  che  non  dovrebbe  affatto
trascurare i diritti del contribuente  (come,  tra  l'altro,  evocati
dallo statuto  di  cui  alla  legge  27  luglio  2000,  n.  212),  ne
pregiudica gravemente e ingiustificatamente proprio quello di difesa,
posto che, costringe il cittadino ad un gravoso spostamento verso  il
luogo ove instaurare la propria azione giudiziaria. 
    Uno  spostamento  che,  in  ultima  analisi,  potrebbe,  finanche
indurre il contribuente a  rinunciare,  suo  malgrado,  ad  impugnare
l'atto, onde evitare di sottoporsi ad ulteriori oneri. Non e' un caso
se il legislatore, proprio nella materia in esame  e  in  particolare
nel  disciplinare  la  potesta'  regolamentare  degli  enti  pubblici
allorquando  intendano  concedere  i  servizi   di   accertamento   e
riscossione  dei  tributi  a  terzi  soggetti,  abbia  avvertito   la
necessita'  di  stabilire  all'art.   52,   quinto   comma,   decreto
legislativo 15 dicembre 1997,  n.  446,  che  l'affidamento  di  tali
servizi «non deve comportare oneri aggiuntivi per il contribuente». 
    Infrangere il rapporto territoriale tra originario ente  pubblico
(Comune  di  Casalmaggiore)  e  contribuente  nel  momento   in   cui
quest'ultimo  intenda  esercitare  il  proprio  diritto  alla  tutela
giudiziaria, non determina soltanto un vulnus al  diritto  di  difesa
del cittadino, ma finisce contestualmente  per  compromettere  quella
corretta relazione intercorrente tra la pubblica amministrazione e la
base sociale. 
    L'esigenza del  buon  andamento  dell'amministrazione,  predicata
dall'art.  97   Cost.   e',   infatti,   sottesa   al   perseguimento
dell'interesse generale della collettivita' nel rispetto dei  diritti
dei singoli consociati. 
    Se si prevede  che  a  giudicare  la  controversia  tra  un  ente
pubblico e un contribuente sia la Commissione Tributaria avente  sede
nella circoscrizione del concessionario «scelto» dal  suddetto  ente,
si   finisce   sostanzialmente   per   attribuire    alla    pubblica
amministrazione il potere di gestire  il  proprio  rapporto  con  gli
amministrati in maniera iniqua ed arbitraria. 
    Cio' che  clamorosamente  contrasta  con  il  principio  di  buon
andamento e imparzialita' della pubblica amministrazione. 
    Ne'  appare  snidabile  dalla  norma  in  questione  una  qualche
razionale giustificazione,  ovvero  la  salvaguardia  di  un  qualche
interesse della  pubblica  amministrazione,  non  foss'altro  perche'
l'interesse all'efficienza e  tempestivita'  dell'accertamento  sulla
pretesa impositiva non potrebbe  certo  derivare  dall'affidare  tale
accertamento ad un concessionario ben distante dal bene immobile  cui
detto accertamento sarebbe strettamente connesso. 
    L'irrazionalita', in materia di competenza, di regole  normative,
quale quella in esame, e' gia' stata, peraltro,  stigmatizzata  dalla
Corte di legittimita', trattando il tema della riscossione dei dazi e
diritti doganali. 
    Il Supremo Collegio non ha, infatti, mancato di osservare che: 
        «La individuazione della competenza  del  Concessionario...in
relazione al domicilio fiscale del contribuente appare, peraltro, del
tutto coerente con il sistema della riscossione coattiva dei  tributi
a mezzo  ruolo,  e  trova  giustificazione  in  considerazione  delle
esigenze di speditezza ed  efficienza  dell'attivita'  amministrativa
(art. 97 Cost.), tenuto conto che nella fase successiva alla notifica
della cartella di pagamento si instaura un rapporto  diretto  tra  il
contribuente e tale organo della riscossione (competente a ricevere i
pagamenti ed  a  rilasciare  le  relative  quietanze;  competente  ad
iniziare la espropriazione), e che apparirebbe, pertanto,  del  tutto
illogico attribuire  tali  poteri  ad  un  soggetto  territorialmente
distante dal luogo in cui risiede il  contribuente,  ipotesi  che  si
determinerebbe  nel  caso  di  specie  -  ove  si  seguisse  la  tesi
prospettata dalla parte ricorrente - atteso  che  l'Ufficio  doganale
accertatore e' quello di Alessandria, mentre la societa' ha  sede  in
Cremona» (Cass. 1° ottobre 2014, n. 20.669). 
    Per tutte le ragioni sopra illustrate, va, quindi, dichiarata  la
non  manifesta  infondatezza  della   questione   di   illegittimita'
costituzionale dell'art. 4 del decreto legislativo 31 dicembre  1992,
n. 546 («disposizioni sul processo  tributario  in  attuazione  della
delega al Governo contenuta nell'art.  30  della  legge  30  dicembre
1991, n. 413») per contrasto con gli artt. 24 e 97 Cost., nella parte
in cui  prevede  che  le  commissioni  tributarie  provinciali  siano
competenti  per  le   controversie   proposte   nei   confronti   dei
concessionari che hanno sede nella  loro  circoscrizione,  anche  nel
caso in cui tale sede appartenga ad  una  circoscrizione  diversa  da
quella degli enti locali concedenti. 
    A tale declaratoria seguono la sospensione del presente  giudizio
e i provvedimenti di cui al dispositivo. 

(1) Si vedano, peraltro, gli allegati atti  impugnati,  ciascuno  dei
    quali  eloquentemente  intestati  «Avviso  di   accertamento»   e
    testualmente fondati, non gia' su un precedente  atto  impositivo
    del Comune di Casalmaggiore, ma «sulla  base  delle  informazioni
    fornite dal sistema informativo  del  Ministero  delle  Finanze»,
    evidentemente  acquisite  direttamente  dal  concessionario.  Del
    resto, la Campanini, pur facendo valere questioni riguardanti  il
    merito  dell'imposta,  ha  correttamente  convenuto  in  giudizio
    soltanto l'«Ufficio Area  Riscossioni  S.p.a.»  e  non  certo  il
    Comune di Casalmaggiore