IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO (Sezione Terza Ter) Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di registro generale 14002 del 2014, proposto da Societa' Agricola Sun Power S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in Roma, via Ludovisi n. 35 presso lo studio degli avv.ti Marco Trevisan e Andrea Maffettone che la rappresentano e difendono nel presente giudizio; Contro Ministero Dello Sviluppo Economico, in persona del Ministro p.t., domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12 presso la Sede dell'Avvocatura Generale dello Stato che ex lege lo rappresenta e difende nel presente giudizio; Presidenza del Consiglio dei ministri, in persona del Presidente del Consiglio dei ministri p.t., domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12 presso la Sede dell'Avvocatura Generale dello Stato che ex lege la rappresenta e difende nel presente giudizio; Cassa Conguaglio Settore Elettrico, in persona del legale rappresentante p.t., domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12 presso la Sede dell'Avvocatura Generale dello Stato che ex lege lo rappresenta e difende nel presente giudizio; Gestore dei Servizi Energetici - G.S.E. S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t. - non costituito in giudizio; Per l'annullamento dei seguenti atti: a) decreto del Ministero dello sviluppo economico del 17 ottobre 2014 con cui sono stati individuati i criteri e le percentuali di rimodulazione degli incentivi; b) «Tabelle contenenti i valori dei coefficienti di rimodulazione (1-Xi) da moltiplicare ai previgenti incentivi per l'energia elettrica prodotta da impianti fotovoltaici in attuazione dell'art. 26 comma 3 legge 11 agosto 2014 n. 116» pubblicate dal GSE sul proprio sito in data 27 ottobre 2014; c) «Istruzioni operative per gli interventi sulle tariffe incentivanti relative agli impianti fotovoltaici, ai sensi dell'art. 26 della legge n. 116/2014» pubblicate dal G.S.E. sul proprio sito internet in data 03/11/2014; Per l'accertamento: 1) del diritto della ricorrente di non esercitare alcuna delle tre opzioni di rimodulazione dell'incentivo per la produzione di energia elettrica fotovoltaica, previste dall'art. 26 comma 3° lettere a), b) e c) d.l. n. 91/2014; 2) del diritto di conservare le condizioni contrattuali stabilite nelle convenzioni stipulate con il G.S.E. per il riconoscimento delle tariffe incentivanti per la produzione di energia elettrica da impianti fotovoltaici; 3) dell'insussistenza del potere del G.S.E. di applicare l'opzione prevista dall'art. 26 comma 3° lettera c) d.l. n. 91/14 nel caso di mancato esercizio, entro il 30 novembre 2014, delle opzioni di scelta previste dal citato art. 26 e di modificare termini e condizioni della convenzione stipulata dalla ricorrente; Per la condanna delle parti resistenti al risarcimento dei danni; Visti il ricorso e i relativi allegati; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Visto l'atto di costituzione in giudizio degli enti in epigrafe indicati; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 marzo 2015 il dott. Michelangelo Francavilla e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Fatto Con ricorso, notificato il 13/11/14 e depositato il 14/11/14 la Societa' Agricola Sun Power s.r.l. ha chiesto l'annullamento del decreto del Ministero dello sviluppo economico del 17 ottobre 2014, con cui sono stati individuati i criteri e le percentuali di rimodulazione degli incentivi, e dei provvedimenti attuativi emanati dal GSE (in epigrafe indicati), l'accertamento del diritto di non esercitare alcuna delle tre opzioni di rimodulazione dell'incentivo per la produzione di energia elettrica fotovoltaica, previste dall'art. 26 comma 3° lettere a), b) e c) d.l. n. 91/2014, del diritto di conservare le condizioni contrattuali stabilite nelle convenzioni stipulate con il G.S.E. e dell'insussistenza del potere del G.S.E. di applicare l'opzione prevista dall'art. 26 comma 3° lettera c) d.l. n. 91/14 nel caso di mancato esercizio, entro il 30 novembre 2014, delle opzioni di scelta previste dal citato art. 26 e di modificare termini e condizioni della convenzione, e la condanna delle parti resistenti al risarcimento dei danni. La societa' ricorrente e' titolare di un impianto fotovoltaico di potenza superiore a 200 kW che usufruisce degli incentivi previsti dagli artt. 7 d.lgs. n. 387/2003 e 25 d.lgs. n. 28/2011 ed oggetto di una convenzione stipulata con il GSE. A fondamento del gravame l'esponente deduce l'illegittimita' costituzionale dell'art. 26 comma 3 d.l. n. 91/2014 e la conseguente invalidita' degli atti impugnati. Il Ministero dello sviluppo economico, la Presidenza del Consiglio dei ministri e la Cassa Conguaglio del Settore Elettrico, costituitisi in giudizio con comparsa depositata il 26 novembre 2014, hanno chiesto il rigetto del ricorso. All'udienza pubblica del 19 marzo 2015 il ricorso e' stato trattenuto in decisione. Diritto Il Tribunale ritiene che siano rilevanti e non manifestamente infondate le questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 26, comma 3 del decreto legge n. 91/2014, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge n. 116/2014, in relazione agli articoli 3, 11, 41, 77 e 117, comma 1 della Costituzione, nonche' 1, Prot. Addizionale n. 1 alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali e 6, par. 3, Trattato UE. Di seguito vengono esplicitate le ragioni della decisione del Tribunale. 1. Quadro normativo relativo all'incentivazione della produzione elettrica da Fonte Solare. 1.1. Le direttive europee. La produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili e' obiettivo rilevante delle politiche energetiche e ambientali europee. Essa trova collocazione nel contesto di favore sancito a livello internazionale dal Protocollo di Kyoto (Protocollo alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, stipulato a Kyoto l'11 dicembre 1997, di cui e' stata autorizzata la ratifica e disposta l'esecuzione con legge 1° giugno 2002, n. 120; cfr. anche art. 11, comma 5, d.lgs. n. 79/1999 nella versione anteriore alle modificazioni di cui al d.lgs. n. 28/2011; in Europa, il Protocollo e' stato approvato con decisione del Consiglio 2002/358/CE del 25 aprile 2002), il cui art. 2, par. 1, lett. a), obbliga le parti contraenti, «nell'adempiere agli impegni di limitazione quantificata e di riduzione delle emissioni [...], al fine di promuovere lo sviluppo sostenibile», ad applicare o elaborare «politiche e misure, in conformita' con la sua situazione nazionale, come: [...] iv) Ricerca, promozione, sviluppo e maggiore utilizzazione di forme energetiche rinnovabili [...]». Con la direttiva n. 2001/77/CE (sulla «promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricita'») il legislatore europeo, riconosciuta «la necessita' di promuovere in via prioritaria le fonti energetiche rinnovabili, poiche' queste contribuiscono alla protezione dell'ambiente e allo sviluppo sostenibile», potendo «inoltre creare occupazione locale, avere un impatto positivo sulla coesione sociale, contribuire alla sicurezza degli approvvigionamenti e permettere di conseguire piu' rapidamente gli obiettivi di Kyoto» (primo Considerando), ha affermato chiaramente che «la promozione dell'elettricita' prodotta da fonti energetiche rinnovabili e' un obiettivo altamente prioritario a livello della Comunita' [...]» (secondo Considerando) e ha ritenuto pertanto di intervenire attraverso l'assegnazione agli Stati membri di «obiettivi indicativi nazionali di consumo di elettricita' prodotta da fonti energetiche rinnovabili», con riserva di proporre «obiettivi vincolanti» in ragione dell'eventuale progresso rispetto all'«obiettivo indicativo globale» del 12% del consumo interno lordo di energia nel 2010 (settimo Considerando), ferma la possibilita' per ciascuno Stato membro di individuare «il regime piu' rispondente alla sua particolare situazione» per il raggiungimento degli «obiettivi generali dell'intervento» (ventitreesimo Considerando). In coerenza con tali premesse, la direttiva ha individuato all'art. 3 i menzionati «obiettivi indicativi nazionali» e all'art. 4 ha conferito agli Stati membri la possibilita' di stabilire specifici «regimi di sostegno», demandando alla Commissione, per un verso, (par. 1) la valutazione della coerenza di questi ultimi con i principi in materia di aiuti di Stato (artt. 87 e 88 Trattato CE, oggi artt. 107 e 108 Trattato UE), «tenendo conto che essi contribuiscono a perseguire gli obiettivi stabiliti negli articoli 6 e 174 del Trattato» (si tratta delle disposizioni sulla tutela dell'ambiente e sulla politica ambientale comunitaria; cfr. oggi artt. 11 e 191 Tratt. UE), e, per altro verso, (par. 2), la presentazione (entro il 27.10.2005) di una relazione sull'esperienza maturata e di un'eventuale «proposta relativa a un quadro comunitario» per i regimi di sostegno tale da: «a) contribuire al raggiungimento degli obiettivi indicativi nazionali; b) essere compatibile con i principi del mercato interno dell'elettricita'; c) tener conto delle caratteristiche delle diverse fonti energetiche rinnovabili, nonche' delle diverse tecnologie e delle differenze geografiche; d) promuovere efficacemente l'uso delle fonti energetiche rinnovabili, essere semplice e al tempo stesso per quanto possibile efficiente, particolarmente in termini di costi; e) prevedere per i regimi nazionali di sostegno periodi di transizione sufficienti di almeno sette anni e mantenere la fiducia degli investitori». La dir. n. 2009/28/CE («promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE») compie l'annunciato cambio di passo, avendo il legislatore comunitario ritenuto di procedere attraverso l'indicazione agli Stati membri di «obiettivi nazionali obbligatori» per il raggiungimento di una quota pari al 20% di consumo di energia da fonti rinnovabili entro il 2020 (Considerando n. 13); tali obiettivi hanno la «principale finalita'», come precisato al Considerando n. 14, di «creare certezza per gli investitori nonche' stimolare lo sviluppo costante di tecnologie capaci di generare energia a partire da ogni tipo di fonte rinnovabile». In questa nuova prospettiva - e ravvisata ulteriormente la necessita', stanti le diverse condizioni iniziali, di tradurre l'anzidetto «obiettivo complessivo comunitario» in obiettivi individuali per ogni Stato membro, «procedendo ad un'allocazione giusta e adeguata che tenga conto della diversa situazione di partenza e delle possibilita' degli Stati membri, ivi compreso il livello attuale dell'energia da fonti rinnovabili e il mix energetico» (cons. 15) -, la direttiva prende specificamente in considerazione i regimi di sostegno nazionali. In particolare, il Considerando n. 25 (nel rilevare che «gli Stati membri hanno potenziali diversi in materia di energia rinnovabile e diversi regimi di sostegno all'energia da fonti rinnovabili a livello nazionale», che la maggioranza di essi «applica regimi di sostegno che accordano sussidi solo all'energia da fonti rinnovabili prodotta sul loro territorio» e che «per il corretto funzionamento dei regimi di sostegno nazionali e' essenziale che gli Stati membri possano controllare gli effetti e i costi dei rispettivi regimi in funzione dei loro diversi potenziali») riconosce che «uno strumento importante per raggiungere l'obiettivo fissato dalla presente direttiva consiste nel garantire il corretto funzionamento dei regimi di sostegno nazionali, come previsto dalla direttiva 2001/77/CE, al fine di mantenere la fiducia degli investitori e permettere agli Stati membri di elaborare misure nazionali efficaci per conformarsi al suddetto obiettivo» (cio' anche in vista del coordinamento tra le misure di «sostegno transfrontaliero all'energia da fonti rinnovabili» e i regimi di sostegno nazionale). L'art. 3 individua, pertanto, gli «obiettivi e [le] misure nazionali generali obbligatori per l'uso dell'energia da fonti rinnovabili» (quello per l'Italia e' pari al 17%; cfr. Tabella all'allegato I, parte A) e rimarca la possibilita' per gli Stati membri di utilizzare, tra l'altro, i regimi di sostegno (par. 3), definiti dal precedente art. 2, par. 2, lett. k), nei seguenti termini: «strumento, regime o meccanismo applicato da uno Stato membro o gruppo di Stati membri, inteso a promuovere l'uso delle energie da fonti rinnovabili riducendone i costi, aumentando i prezzi a cui possono essere vendute o aumentando, per mezzo di obblighi in materia di energie rinnovabili o altri mezzi, il volume acquistato di dette energie. Cio' comprende, ma non in via esclusiva, le sovvenzioni agli investimenti, le esenzioni o gli sgravi fiscali, le restituzioni d'imposta, i regimi di sostegno all'obbligo in materia di energie rinnovabili, compresi quelli che usano certificati verdi, e i regimi di sostegno diretto dei prezzi, ivi comprese le tariffe di riacquisto e le sovvenzioni». 1.2. Il recepimento delle direttive in Italia: i cc.dd. Conti Energia. 1.2.1. La dir. 2001/77 e' stata recepita con il d.lgs. 29 dicembre 2003, n. 387, che in attuazione della delega di cui all'art. 43 legge 1° marzo 2002, n. 39 (Legge Comunitaria 2001), ha offerto il quadro di riferimento generale per la promozione delle «fonti energetiche rinnovabili o fonti rinnovabili» (art. 2 comma 1, lett. a), introducendo varie misure incentivanti. Per quel che oggi rileva, la produzione di energia elettrica da fonte solare e' specificamente presa in considerazione dall'art. 7 («disposizioni specifiche per il solare»), che ha demandato a «uno o piu' decreti» interministeriali (del Ministro delle attivita' produttive, d'intesa con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e d'intesa con la Conferenza unificata) la definizione dei «criteri» di incentivazione (comma 1). La delega all'autorita' governativa e' assai ampia. La disposizione sancisce infatti (comma 2, lettere da a a g) che detti «criteri» stabiliscano («senza oneri per il bilancio dello Stato e nel rispetto della normativa comunitaria vigente»): a) «i requisiti dei soggetti che possono beneficiare dell'incentivazione»; b) «i requisiti tecnici minimi dei componenti e degli impianti»; c) «le condizioni per la cumulabilita' dell'incentivazione con altri incentivi»; d) le modalita' per la determinazione dell'entita' dell'incentivazione. Per l'elettricita' prodotta mediante conversione fotovoltaica della fonte solare prevedono una specifica tariffa incentivante, di importo decrescente e di durata tali da garantire una equa remunerazione dei costi di investimento e di esercizio»; e) «un obiettivo della potenza nominale da installare»; f) «il limite massimo della potenza elettrica cumulativa di tutti gli impianti che possono ottenere l'incentivazione»; g) l'eventuale «utilizzo dei certificati verdi» ex art. 11, comma 3, d.lgs. n. 79/1999. I decreti ministeriali adottati in base all'art. 7 sono noti con la denominazione di «Conti Energia» e sono identificati con numero ordinale progressivo in relazione alle versioni via via succedutesi: Primo Conto Energia (dd.mm. 28.7.2005 e 6.2.2006, recanti distinzione delle tariffe in relazione alla potenza nominale, se superiore o non a 20 kW; le «tariffe decrescenti» sono stabilite in dipendenza dell'anno in cui la domanda di incentivazione e' presentata); Secondo Conto Energia (d.m. 19.2.2007, che introduce ulteriori incentivazioni per gli impianti integrati architettonicamente e un premio per quelli abbinati a un uso efficiente dell'energia); Terzo Conto Energia (d.m. 6.8.2010, nelle cui premesse si ravvisa la necessita' di «intervenire al fine di aggiornare le tariffe incentivanti, alla luce della positiva decrescita dei costi della tecnologia fotovoltaica, al fine di rispettare il principio di equa remunerazione dei costi» ex art. 7 d.lgs. n. 387 del 2003 e «di stimolare l'innovazione e l'ulteriore riduzione dei costi», attraverso una «progressiva diminuzione [di dette tariffe] che, da un lato, miri ad un allineamento graduale verso gli attuali costi delle tecnologie e che, dall'altro, mantenga stabilita' e certezza sul mercato»). In ciascuno di questi provvedimenti la durata dell'incentivazione e' stabilita in venti anni, decorrenti dalla data di entrata in esercizio dell'impianto (cfr. artt. 5, comma 2, e 6, commi 2 e 3, d.m. 28.7.2005, art. 6 d.m. 19.2.2007, che precisa come il valore della tariffa sia «costante in moneta corrente» per tutto il periodo ventennale, e artt. 8, 12 e 14 d.m. 6.8.2010). 1.2.2. La dir. 2009/28 e' stata recepita con il d.lgs. 3 marzo 2011, n. 28, in attuazione della delega di cui all'art. 17, comma 1, legge 4 giugno 2010, n. 96 (Legge Comunitaria 2009). Individuate all'art. 1 le «finalita'» («il presente decreto [...] definisce gli strumenti, i meccanismi, gli incentivi e il quadro istituzionale, finanziario e giuridico, necessari per il raggiungimento degli obiettivi fino al 2020 in materia di quota complessiva di energia da fonti rinnovabili sul consumo finale lordo di energia e di quota di energia da fonti rinnovabili nei trasporti. [...]»), l'art. 3 stabilisce gli «obiettivi nazionali», prevedendo, per quanto qui rileva, che «la quota complessiva di energia da fonti rinnovabili sul consumo finale lordo di energia da conseguire nel 2020 e' pari a 17 per cento» (comma 1), obiettivo da perseguire «con una progressione temporale coerente con le indicazioni dei Piani di azione nazionali per le energie rinnovabili predisposti ai sensi dell'articolo 4 della direttiva 2009/28/CE» (comma 3). Ai regimi di sostegno e' dedicato il Titolo V, aperto dall'art. 23 sui «principi generali» - capo I - ai sensi del quale: «1. Il presente Titolo ridefinisce la disciplina dei regimi di sostegno applicati all'energia prodotta da fonti rinnovabili e all'efficienza energetica attraverso il riordino ed il potenziamento dei vigenti sistemi di incentivazione. La nuova disciplina stabilisce un quadro generale volto alla promozione della produzione di energia da fonti rinnovabili e dell'efficienza energetica in misura adeguata al raggiungimento degli obiettivi di cui all'articolo 3, attraverso la predisposizione di criteri e strumenti che promuovano l'efficacia, l'efficienza, la semplificazione e la stabilita' nel tempo dei sistemi di incentivazione, perseguendo nel contempo l'armonizzazione con altri strumenti di analoga finalita' e la riduzione degli oneri di sostegno specifici in capo ai consumatori. 2. Costituiscono ulteriori principi generali dell'intervento di riordino e di potenziamento dei sistemi di incentivazioni la gradualita' di intervento a salvaguardia degli investimenti effettuati e la proporzionalita' agli obiettivi, nonche' la flessibilita' della struttura dei regimi di sostegno, al fine di tener conto dei meccanismi del mercato e dell'evoluzione delle tecnologie delle fonti rinnovabili e dell'efficienza energetica.». Il Capo II (artt. da 24 a 26) concerne specificamente la produzione di energia da fonti rinnovabili. L'art. 24 delinea i «meccanismi di incentivazione» per gli impianti che entrano in esercizio dopo il 31.12.2012 individuando al comma 2, tra gli altri, i seguenti «criteri generali»: «a) l'incentivo ha lo scopo di assicurare una equa remunerazione dei costi di investimento ed esercizio; b) il periodo di diritto all'incentivo e' pari alla vita media utile convenzionale delle specifiche tipologie di impianto e decorre dalla data di entrata in esercizio dello stesso; c) l'incentivo resta costante per tutto il periodo di diritto e puo' tener conto del valore economico dell'energia prodotta; d) gli incentivi sono assegnati tramite contratti di diritto privato fra il GSE e il soggetto responsabile dell'impianto, sulla base di un contratto-tipo definito dall'Autorita' per l'energia elettrica e il gas, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del primo dei decreti di cui al comma 5; [...]». L'art. 25 reca la disciplina transitoria, sancendo al comma 1, che la produzione da impianti entrati in esercizio entro il 31.12.2012 e' «incentivata con i meccanismi vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, con i correttivi di cui ai commi successivi». I commi 9 e 10 dettano i «correttivi» per gli impianti da fonte solare, mentre il successivo comma 11, lett. b), n. 3, dispone l'abrogazione (a far tempo dall'1.1.2013) dell'art. 7 d.lgs. n. 387/03 cit. «fatti salvi i diritti acquisiti». In particolare: il comma 9 sancisce l'applicabilita' del Terzo Conto (d.m. 6.8.2010 cit.) alla produzione degli impianti fotovoltaici «che entrino in esercizio entro il 31 maggio 2011»; il comma 10, per gli impianti con data di entrata in esercizio successiva all'1.6.2011 - e fatte salve le previsioni dell'art. 2-sexies d.l. 25 gennaio 2010, n. 3 (convertito, con modifiche, dalla legge 22 marzo 2010, n. 41) che ha esteso l'operativita' del Secondo Conto agli impianti ultimati entro il 31.12.2010 purche' entrati in esercizio entro il 30.6.2011 -, ha demandato la disciplina del regime incentivante a un decreto ministeriale (emanato dal Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza unificata), da adottare sulla base dei seguenti principi: «a) determinazione di un limite annuale di potenza elettrica cumulativa degli impianti fotovoltaici che possono ottenere le tariffe incentivanti; b) determinazione delle tariffe incentivanti tenuto conto della riduzione dei costi delle tecnologie e dei costi di impianto e degli incentivi applicati negli Stati membri dell'Unione europea; c) previsione di tariffe incentivanti e di quote differenziate sulla base della natura dell'area di sedime; d) applicazione delle disposizioni dell'articolo 7 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, in quanto compatibili [...]». In attuazione del comma 10 sono stati adottati gli ultimi due Conti Energia: Quarto Conto Energia (d.m. 5.5.2011), di cui giova richiamare: l'art. 1, comma 2, secondo cui «[...] il presente decreto si applica agli impianti fotovoltaici che entrano in esercizio in data successiva al 31 maggio 2011 e fino al 31 dicembre 2016, per un obiettivo indicativo di potenza installata a livello nazionale di circa 23.000 MW, corrispondente ad un costo indicativo cumulato annuo degli incentivi stimabile tra 6 e 7 miliardi di euro», nonche' l'art. 2, comma 3, secondo cui «al raggiungimento del minore dei valori di costo indicativo cumulato annuo di cui all'art. 1, comma 2, [...] possono essere riviste le modalita' di incentivazione di cui al presente decreto, favorendo in ogni caso l'ulteriore sviluppo del settore»; Quinto Conto Energia (d.m. 5.7.2012), il cui art. 1 prevede: comma 1: che, in attuazione dell'art. 25, comma 10, cit. (e tenuto conto di quanto stabilito dal Quarto Conto all'art. 2, comma 3, cit.), esso disciplina le modalita' di incentivazione «da applicarsi successivamente al raggiungimento di un costo indicativo cumulato annuo degli incentivi di 6 miliardi di euro»; comma 2: che l'Autorita' per l'energia elettrica e il gas (di seguito, AEEG) «[...] individua la data in cui il costo indicativo cumulato annuo degli incentivi [...] raggiunge il valore di 6 miliardi di euro l'anno» (precisando al comma 3 l'applicabilita' delle modalita' incentivanti ivi previste «decorsi quarantacinque giorni solari dalla data di pubblicazione della deliberazione di cui al comma»); comma 5: che lo stesso d.m. «cessa di applicarsi, in ogni caso, decorsi trenta giorni solari dalla data di raggiungimento di un costo indicativo cumulato di 6,7 miliardi di euro l'anno» (data parimenti individuata dall'AEEG). L'AEEG ha dato atto del raggiungimento di tale «costo indicativo cumulato annuo degli incentivi»: al 12.7.2012, quanto al valore di 6 miliardi di euro, con conseguente applicazione delle modalita' incentivanti del Quinto Conto a decorrere dal 27.8.2012 (delibera 12.7.2012, n. 292/2012/R/EFR, pubblicata in pari data nel sito internet AEEG); al 6.6.2013, quanto al valore di 6,7 miliardi di euro, con conseguente cessazione degli effetti del Quinto Conto al 6.7.2013» (delibera 6.6.2013, n. 250/2013/R/EFR, pubblicata in pari data nel sito internet). Ne segue che non sono piu' incentivati gli impianti aventi data di entrata in esercizio successiva al 7.7.2013. Giova infine precisare che anche il Quarto e il Quinto Conto, analogamente ai tre precedenti, fissano in venti anni il periodo di durata dell'incentivazione (artt. 12, 16 e 18 d.m. 5.5.2011; art. 5 d.m. 5.7.2012). In relazione alla data di entrata in esercizio degli impianti, i vari Conti Energia hanno operato per i seguenti periodi: Primo Conto: 19.9.2005-30.6.2006; Secondo Conto: 13.4.2007-31.12.2010; Terzo Conto: 1.1.2011-31.5.2011 (cinque mesi anziche' i 3 anni originariamente previsti, ossia fino a tutto il 2013, sebbene con tariffe inferiori a seconda dell'annualita' di riferimento; cfr. artt. 1 e 8 d.m. 6.8.2010 e art. 25, comma 9 d.lgs. n. 28/2011); Quarto Conto: 1.6.2011-26.8.2012; Quinto Conto: 27.8.2012-6.7.2013. 1.2.3. Quanto allo strumento giuridico disciplinante gli specifici rapporti di incentivazione, l'art. 24, comma 2, lett. d), d.lgs. n. 28/2011 cit., ha stabilito, come si e' visto, che le tariffe incentivanti siano assegnate «tramite contratti di diritto privato fra il GSE e il soggetto responsabile dell'impianto [...]», sulla base di un «contratto-tipo» definito dall'AEEG (gli schemi di «contratti-tipo» predisposti dal GSE sono stati approvati dall'Autorita' con delibera 6.12.2012, n. 516/2012/R/EFR, pubblicata in pari data nel sito internet istituzionale). La disposizione, direttamente riferibile al Quarto e Quinto Conto, ha, tuttavia, portata ricognitiva della situazione venutasi a determinare durante la vigenza dei primi tre Conti, in relazione ai quali il Gestore risulta avere concesso i benefici attraverso «convenzioni» con gli interessati (cfr. in proposito, con riferimento al Terzo Conto, l'art. 13, all. A, delib. AEEG ARG/elt n. 181/2010 del 20.10.2010, pubblicata sul sito AEEG il 25.10.2010, recante previsione della redazione di uno schema tipo di convenzione; nello stesso senso si vedano anche i richiami alle convenzioni del Primo, Secondo e Terzo Conto Energia presenti sul «Manuale Utente per la richiesta di trasferimento di titolarita'» del novembre 2014 e pubblicato sul sito internet del GSE). Si tratta di atti aventi la medesima natura. Tanto la «convenzione» quanto il «contratto» hanno infatti lo scopo di regolamentare il rapporto giuridico tra il GSE e il soggetto responsabile dell'impianto, secondo il consueto modello dei rapporti concessori, nei quali accanto al provvedimento di concessione l'amministrazione concedente e il privato concessionario concludono un contratto (c.d. accessivo) per la disciplina delle rispettive obbligazioni. 1.3. Il contenzioso relativo al passaggio dal Terzo al Quarto e dal Quarto al Quinto Conto Energia. L'entrata in vigore dell'art. 25, commi 9 e 10, d.lgs. n. 28/2011 e l'introduzione del Quarto Conto (per gli impianti con data di entrata in esercizio successiva al 31.5.2011) hanno dato origine a una serie di controversie aventi ad oggetto, in estrema sintesi, l'anticipata cessazione degli effetti del Terzo Conto. A) Con piu' pronunce di questa Sezione le azioni proposte dagli interessati sono state respinte, poiche', per quanto qui interessa, le contestate innovazioni riguardavano impianti non ancora entrati in esercizio (v., ex multis, sentenze 13 febbraio 2013, n. 1578 - confermata in appello - , 26 marzo 2013, nn. 3134, 3139, 3141, 3142, 3144; 2 aprile 2013, nn. 3274 e 3276, confermate da Cons. Stato, sez. VI, 8 agosto 2014). Piu' precisamente, e' stata esclusa l'integrazione di un affidamento tutelabile sul rilievo della portata non retroattiva della nuova disciplina, diretta a regolamentare l'accesso agli incentivi soltanto rispetto agli impianti che ancora non ne fruiscano atteso che l'ammissione al regime di sostegno non sortisce dal possesso del titolo amministrativo idoneo alla realizzazione dell'impianto (titolo che pure costituisce un requisito essenziale a questo fine), ma dall'entrata in esercizio dell'impianto medesimo, vale a dire dalla sua effettiva realizzazione e messa in opera; in quest'ottica, si e' sostenuto che il d.lgs. n. 28/2011 dispone per l'avvenire, individuando, quale discrimen temporale per l'applicazione delle nuove regole, l'entrata in esercizio al 31.5.2011 e disciplinando il passaggio al Quarto Conto attraverso la previsione di tre periodi, il primo, inteso a consentire l'accesso agli incentivi di tutti gli impianti entrati in esercizio entro il 31.8.2011, al fine di tutelare l'affidamento degli operatori che avessero quasi ultimato la realizzazione degli impianti sotto il vigore del Terzo Conto, il secondo, dall'1.9.2011 al 31.12.2012, in cui l'accesso avviene attraverso l'iscrizione nei registri, e il terzo, a regime, dal 2013 sino alla cessazione del Quarto Conto. Muovendo dalla considerazione che nell'ambito delle iniziative pubbliche di promozione di specifici settori economici e' necessario identificare, «sulla base di elementi dotati di apprezzabile certezza, pena l'indeterminatezza delle situazioni e la perpetrazione di possibili discriminazioni», un momento nel quale l'aspettativa del privato si consolida e acquisisce consistenza giuridica, e' stata riconosciuta la correttezza dell'individuazione di un discrimen ancorato alla data di entrata in esercizio dell'impianto, scelta da ritenere giustificata alla luce delle caratteristiche del sistema incentivante in esame, fondato sulla distinzione tra la (pur complessa) fase di predisposizione dell'intervento impiantistico e quella (altrettanto, se non piu' complessa) di sua messa in opera. Ed e' a questo secondo momento (l'entrata in esercizio, appunto) che occorre rivolgere l'attenzione per individuare il fatto costitutivo del diritto alla percezione dei benefici il che si spiega alla luce della generale finalita' del regime di sostegno (produzione di energia da fonte rinnovabile) e dell'esigenza, a tale scopo strumentale, che le iniziative imprenditoriali si traducano in azioni concrete ed effettive. E' stato, pertanto, rilevato come in quelle ipotesi venisse in esame la posizione di soggetti che intendevano tutelare, piu' che l'interesse alla conservazione di un assetto che ha prodotto effetti giuridicamente rilevanti, scelte imprenditoriali effettuate in un momento nel quale le stesse, a loro giudizio, si sarebbero rivelate foriere di flussi reddituali positivi, non risultando in concreto ravvisabili elementi tali da deporre nel senso dell'immutabilita' del contributo pubblico al settore in considerazione. Ed e' stata esclusa la dedotta lesione del legittimo affidamento degli operatori alla stregua dell'orientamento della giurisprudenza europea e della disamina degli elementi di fatto in concreto rilevanti, attestanti, in sintesi, una situazione di esubero di «offerta» di produzione da fotovoltaico (c.d. «boom del fotovoltaico») in presenza di una consistente diminuzione dei costi (con particolare riferimento alle componenti base degli impianti). Sotto questo profilo, e' stata richiamata la sentenza della Corte di giustizia 10 settembre 2009, in causa C-201/08, Plantanol, concernente l'abolizione anticipata di un regime di esenzione fiscale per un biocarburante, nella quale il Giudice comunitario ha chiarito: a) per un verso, che il principio di certezza del diritto non postula l'«assenza di modifiche legislative», richiedendo «piuttosto che il legislatore tenga conto delle situazioni particolari degli operatori economici e preveda, eventualmente, adattamenti all'applicazione delle nuove norme giuridiche» (punto 49); b) per altro verso, che la possibilita' di far valere la tutela del legittimo affidamento e' bensi' «prevista per ogni operatore economico nel quale un'autorita' nazionale abbia fatto sorgere fondate aspettative», ma non «qualora un operatore economico prudente ed accorto sia in grado di prevedere l'adozione di un provvedimento idoneo a ledere i suoi interessi» (nel caso in cui il provvedimento venga adottato); in tale prospettiva, inoltre, «gli operatori economici non possono fare legittimamente affidamento sulla conservazione di una situazione esistente che puo' essere modificata nell'ambito del potere discrezionale delle autorita' nazionali» (punto 53), spettando al giudice nazionale, in una valutazione globale e in concreto delle pertinenti circostanze fattuali, stabilire se l'impresa ricorrente disponga «come operatore prudente e accorto, [...] di elementi sufficienti per consentirle di aspettarsi che il regime di esenzione fiscale di cui trattasi fosse abolito prima della data iniziale prevista per la sua scadenza», non sussistendo - giova ribadire - preclusioni derivanti dai canoni della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento (punti 67 e 68). E' stata, nell'occasione, esclusa la lesione degli anzidetti principi generali, non potendo dubitarsi della circostanza che il settore del fotovoltaico abbia subito negli anni piu' recenti notevoli modifiche in ragione dell'andamento dei costi delle componenti impiantistiche (in particolare, per effetto della forte riduzione del costo dei pannelli solari) e dell'aumento progressivo delle potenze installate. Il Tribunale ha ritenuto che di tale linee tendenziali un operatore 'prudente e accorto' fosse ben consapevole e cio' in ragione, oltre che dell'intrinseca mutevolezza dei regimi di sostegno, delle modalita' con cui questi sono stati declinati dalle autorita' pubbliche nazionali sin dal Primo Conto, vale a dire con un orizzonte temporale assai limitato e con ripetuti interventi a breve distanza di tempo (quattro in soli cinque anni, dal luglio 2005 all'agosto 2010). La lettura coordinata di questi elementi permette di affermare come un operatore avveduto fosse senz'altro in grado di percepire le mutazioni del contesto economico di riferimento nonche' il prossimo raggiungimento della «grid parity» degli impianti fotovoltaici rispetto a quelli convenzionali. B) Il Consiglio di Stato (sent. n. 4233/2014) ha condiviso tale impostazione, riconoscendo che «la tutela del legittimo affidamento e' principio connaturato allo Stato di diritto sicche', regolamentando contro di esso, il legislatore statale viola i limiti della discrezionalita' legislativa (Corte Cost., sentenze 9 luglio 2009, n. 206, e 8 maggio 2007, n. 156)», e negando la sussistenza di un «legittimo affidamento tutelabile», atteso che nel caso portato al suo esame non si controverteva di «provvedimenti e diritti gia' legittimamente acquisiti sulla base della normativa anteriore» e non era risultato che l'amministrazione pubblica avesse «orientato le societa' ricorrenti verso comportamenti negoziali che altrimenti non avrebbero tenuto». Ne' e' stata riscontrata la sussistenza di un investimento meritevole di essere salvaguardato, posto che «la rimodulazione legislativa non e' stata affatto incerta o improvvisa ma conosciuta dagli operatori (accorti) del settore come in itinere (la nuova direttiva comunitaria e' infatti del 2009)». Su tali basi, il Consiglio di Stato ha ritenuto che mancassero «i fondamentali causali di un legittimo e ragionevole affidamento, non essendo infatti intervenuta in vicenda nessuna inosservanza da parte della pubblica amministrazione statale della disciplina comunitaria e nazionale ovvero alcuna condotta, omissiva o commissiva, in violazione di una specifica norma dalla materia di settore posta, oppure trasgressione ai principi generali di prudenza, di diligenza e di proporzionalita', nel concretizzare in modo conforme la volonta' di legge» (cosi' Cons. Stato, sez. V, 8 agosto 2014, n. 4233; nello stesso senso n. Cons. Stato n. 4234/2014). Sempre sulla medesima questione, il Consiglio di Stato (sentenza n. 1043/2015): ha osservato che «l'incentivo sulla produzione ha il fine di stimolare la installazione di impianti fotovoltaici con l'effetto e il vantaggio di garantire, assieme alla copertura parallela (parziale o totale) dei propri consumi elettrici e alla vendita di eventuali surplus energetici prodotti da parte dell'impianto stesso, un minore tempo di recupero dei costi di impianto iniziale di investimento e successivo maggiore guadagno»; ha disatteso la prospettazione degli operatori sulla portata lesiva delle innovazioni - in quanto «foriere di effetti deleteri per la tutela degli investimenti gia' programmati sulla base del quadro normativo previgente (Terzo Conto Energia), che doveva estendersi fino a tutto il 2012» - reputando manifestamente infondate le questioni di legittimita' costituzionale relative alle inerenti norme del d.lgs. n. 28/2011, «dovendosi ritenere che la violazione del diritto alla iniziativa economica, cosi' come dei principi di buon andamento e di parita' di trattamento, si concretino solo allorquando la nuova norma incida in modo peggiorativo su aspettative qualificate, gia' pervenute, pero', ad un livello di consolidamento cosi' elevato da creare un affidamento costituzionalmente protetto alla conservazione di quel trattamento, tale da prevalere su vincoli di bilancio e di buona amministrazione o sulla revisione prevista di precedenti politiche economiche pubbliche» e cio' sul rilievo che la disciplina del Quarto Conto «non tocca le iniziative gia' avviate (quelle per cui gli impianti sono entrati in esercizio al 31 maggio 2011) e introduce una ragionevole distinzione tra le diverse situazioni di fatto, operando una distinzione sulla base della data di entrata in esercizio degli impianti». Si puo' anche ricordare che sulla base di un'analoga linea argomentativa sempre il Giudice d'appello ha confermato le pronunce di reiezione delle domande avanzate da alcuni soggetti destinatari degli incentivi del Quinto Conto dirette a ottenere l'applicazione del Quarto, rilevando, altresi': l'impossibilita' di invocare le tutela dei «diritti quesiti» accordata dall'art. 25, comma 11, d.lgs. n.28/2011, perche' (tra l'altro) «nella specie, il diritto non era sorto», pur essendo «comprensibile il rammarico del soggetto che, avviata un'attivita' imprenditoriale, si veda modificato il quadro delle agevolazioni su cui faceva conto», risultato tuttavia dipendente «dalla restrizione strutturale delle risorse disponibili» e che «non essendo ne' irragionevole ne' imprevedibile alla luce della normativa [...], rappresenta un evento che va riportato al rischio di impresa, nel momento in cui il 'boom del fotovoltaico' si e' espresso in un numero di iniziative verosimilmente superiore a quello previsto dai soggetti pubblici e dagli stessi operatori privati del settore»; l'infondatezza della doglianza prospettante la «retroattivita' della imposizione patrimoniale introdotta con l'art. 10, comma 4, del d.m. 5 luglio 2012» a far tempo dall'1.1.2011 e a carico di tutti i soggetti beneficiari delle incentivazioni (ai fini della «copertura degli oneri di gestione, verifica e controllo in capo al GSE»), in quanto «l'impianto era gia' entrato in esercizio, ma esso non godeva ancora di alcun incentivo, cosicche' sarebbe improprio dire che la norma vada a modificare in peggio una situazione giuridica consolidata» (cosi' Cons. Stato, sez, IV, 29 gennaio 2015, n. 420, confermativa della sentenza di questa Sezione 14 novembre 2013, n. 9749). 2. I successivi interventi del Legislatore Nazionale. Dopo la cessazione dei Conti Energia il legislatore nazionale e' intervenuto nuovamente sul settore, dapprima col decreto legge n. 145/2013 e poi con il decreto legge n. 91/2014, oggi in esame. 2.1. Il decreto legge n. 145/2013: lo «spalma-incentivi volontario». Il d.l. 23 dicembre 2013, n. 145, c.d. «Destinazione Italia» («Interventi urgenti di avvio del piano 'Destinazione Italia', per il contenimento delle tariffe elettriche e del gas, per l'internazionalizzazione, lo sviluppo e la digitalizzazione delle imprese, nonche' misure per la realizzazione di opere pubbliche ed EXPO 2015», convertito in legge, con modifiche, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9), introduce all'art. 1 (tra l'altro) «disposizioni per la riduzione dei costi gravanti sulle tariffe elettriche» prevedendo, in particolare, ai commi da 3 a 5, «al fine di contenere l'onere annuo sui prezzi e sulle tariffe elettriche degli incentivi alle energie rinnovabili e massimizzare l'apporto produttivo nel medio-lungo termine dagli esistenti impianti», un meccanismo di rimodulazione degli incentivi, tale che «i produttori di energia elettrica da fonti rinnovabili titolari di impianti che beneficiano di incentivi sotto la forma di certificati verdi, tariffe omnicomprensive ovvero tariffe premio possono, per i medesimi impianti, in misura alternativa: a: continuare a godere del regime incentivante spettante per il periodo di diritto residuo [...]; b): optare per una rimodulazione dell'incentivo spettante, volta a valorizzare l'intera vita utile dell'impianto» e con un incremento del periodo dell'incentivazione di 7 anni. Si tratta in sostanza del c.d. «spalma-incentivi volontario». 2.2. Il d.l. n. 91/2014: lo «spalma-incentivi obbligatorio». Da ultimo e' stato adottato il d.l. 24 giugno 2014, n. 91, c.d. «decreto Competitivita'», recante «Disposizioni urgenti per il settore agricolo, la tutela ambientale e l'efficientamento energetico dell'edilizia scolastica e universitaria, il rilancio e lo sviluppo delle imprese, il contenimento dei costi gravanti sulle tariffe elettriche, nonche' per la definizione immediata di adempimenti derivanti dalla normativa europea» (pubblicato nella G.U. n. 144 del 24 giugno 2014, in vigore dal 25.6.2014), convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116 (in vigore dal 21.8.2014). L'art. 26, oggi in esame, reca «interventi sulle tariffe incentivanti dell'elettricita' prodotta da impianti fotovoltaici». Ai fini di un piu' agevole esame, esso puo' essere suddiviso in quattro parti: A) ambito applicativo e finalita' (comma 1): «1. Al fine di ottimizzare la gestione dei tempi di raccolta ed erogazione degli incentivi e favorire una migliore sostenibilita' nella politica di supporto alle energie rinnovabili, le tariffe incentivanti sull'energia elettrica prodotta da impianti solari fotovoltaici, riconosciute in base all'articolo 7 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, e all'articolo 25, comma 10, del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, sono erogate secondo le modalita' previste dal presente articolo.» L'intervento si rivolge ai percettori delle tariffe incentivanti riconosciute in base ai Conti Energia ed e' ispirato alla duplice finalita' di «ottimizzare la gestione dei tempi di raccolta ed erogazione degli incentivi», cui e' collegato il comma 2, e di «favorire una migliore sostenibilita' nella politica di supporto alle energie rinnovabili»; B) modalita' di erogazione (comma 2): «2. A decorrere dal secondo semestre 2014, il Gestore dei servizi energetici S.p.A. eroga le tariffe incentivanti di cui al comma 1, con rate mensili costanti, in misura pari al 90 per cento della producibilita' media annua stimata di ciascun impianto, nell'anno solare di produzione ed effettua il conguaglio, in relazione alla produzione effettiva, entro il 30 giugno dell'anno successivo. Le modalita' operative sono definite dal GSE entro quindici giorni dalla pubblicazione del presente decreto e approvate con decreto del Ministro dello sviluppo economico». La norma introduce, a far tempo dall'1.7.2014, un sistema di erogazione delle tariffe incentivanti secondo il meccanismo acconti-conguaglio (acconto del 90% della «producibilita' media annua stimata di ciascun impianto» nell'anno di produzione, da versare in «rate mensili costanti», e «conguaglio», basato sulla «produzione effettiva», entro il 30 giugno dell'anno successivo a quello di produzione). A tale comma e' stata data attuazione con il decreto ministeriale 16.10.2014 (pubbl. nella G.U. n. 248 del 24.10.2014); C) rimodulazione (comma 3): «3. A decorrere dal 1° gennaio 2015, la tariffa incentivante per l'energia prodotta dagli impianti di potenza nominale superiore a 200 kW e' rimodulata, a scelta dell'operatore, sulla base di una delle seguenti opzioni da comunicare al GSE entro il 30 novembre 2014: a) la tariffa e' erogata per un periodo di 24 anni, decorrente dall'entrata in esercizio degli impianti, ed e' conseguentemente ricalcolata secondo la percentuale di riduzione indicata nella tabella di cui all'allegato 2 al presente decreto; b) fermo restando il periodo di erogazione ventennale, la tariffa e' rimodulata prevedendo un primo periodo di fruizione di un incentivo ridotto rispetto all'attuale e un secondo periodo di fruizione di un incentivo incrementato in ugual misura. Le percentuali di rimodulazione sono stabilite con decreto del Ministro dello sviluppo economico, sentita l'Autorita' per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, da emanare entro il 1° ottobre 2014 in modo da consentire, nel caso di adesione di tutti gli aventi titolo all'opzione, un risparmio di almeno 600 milioni di euro all'anno per il periodo 2015-2019, rispetto all'erogazione prevista con le tariffe vigenti; c) fermo restando il periodo di erogazione ventennale, la tariffa e' ridotta di una quota percentuale dell'incentivo riconosciuto alla data di entrata in vigore del presente decreto, per la durata residua del periodo di incentivazione, secondo le seguenti quantita': 1) 6 per cento per gli impianti aventi potenza nominale superiore a 200 kW e fino alla potenza nominale di 500 kW; 2) 7 per cento per gli impianti aventi potenza nominale superiore a 500 kW e fino alla potenza nominale di 900 kW; 3) 8 per cento per gli impianti aventi potenza nominale superiore a 900 kW. In assenza di comunicazione da parte dell'operatore il GSE applica l'opzione di cui alla lettera c)». Il comma 3 delinea la disciplina sostanziale della rimodulazione, stabilendone l'operativita' a decorrere dall'1.1.2015. L'ambito soggettivo di applicazione e' piu' ristretto di quello contemplato dal comma 1, venendo presi in considerazione i soli «impianti di potenza nominale superiore a 200 kW». Per altro l'art. 22-bis, comma 1, d.l. 12 settembre 2014, n. 133 (convertito, con modifiche, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164), ha operato un'ulteriore restrizione, esonerando dall'applicazione delle disposizioni di cui ai commi da 3 a 6 gli «impianti i cui soggetti responsabili erano [alla data di entrata in vigore della legge di conversione del d.l. 91/2014] enti locali o scuole». Il citato art. 26 comma 3 concede agli operatori la possibilita' di optare entro il 30.11.2014 fra tre modalita' alternative: lettera A): estendere la durata dell'incentivazione sino a 24 anni (decorrenti dalla data di entrata in esercizio dell'impianto): in tal caso si applicano le riduzioni indicate nella tabella di cui all'Allegato 2 al d.l. n. 91/2014, formulata sulla base di una proporzione inversa tra «periodo residuo» (dell'incentivazione) e «percentuale di riduzione»; segnatamente, essa e' suddivisa in 8 scaglioni di «periodo residuo», a partire da «12 anni», cui corrisponde una riduzione del 25%, sino a «19 anni e oltre», cui corrisponde una riduzione del 17% (l'art. 26 comma 4 chiarisce che le riduzioni in questione, ove riferite alle «tariffe onnicomprensive» erogate ai sensi del IV° e del V° conto, «si applicano alla sola componente incentivante»); lettera B): ferma la durata ventennale dell'incentivazione, suddividerla in due «periodi», il primo dei quali «di fruizione di un incentivo ridotto rispetto all'attuale» e il secondo «di fruizione di un incentivo incrementato in ugual misura». Secondo la disposizione, le relative percentuali (di rimodulazione) avrebbero dovuto essere emanate entro l'1.10.2014 «in modo da consentire, nel caso di adesione di tutti gli aventi titolo all'opzione, un risparmio di almeno 600 milioni di euro all'anno per il periodo 2015-2019, rispetto all'erogazione prevista con le tariffe vigenti». A tale previsione e' stata data attuazione con il decreto ministeriale 17.10.2014 (pubbl. nella G.U. n. 248 del 24.10.2014); lettera C): ferma la durata ventennale dell'incentivazione, applicare una riduzione «dell'incentivo riconosciuto alla data di entrata in vigore del presente decreto, per la durata residua del periodo di incentivazione» secondo percentuali determinate in relazione alla potenza (6% per gli impianti con potenza nominale maggiore di 200 e inferiore a 500 kW, 7% per quelli con potenza superiore a 500 e inferiore a 900 kW e 8% per gli impianti con potenza superiore a 900 kW). In caso di mancato esercizio della scelta, la legge prescrive l'applicazione di questa terza ipotesi (riduzione secca dell'incentivo); D) misure di «accompagnamento» (commi 5-12). Un altro blocco di disposizioni introduce alcune misure di «accompagnamento» quali: finanziamenti bancari (comma 5): ai sensi del comma 5, il «beneficiario della tariffa incentivante di cui ai commi 3 e 4 puo' accedere a finanziamenti bancari per un importo massimo pari alla differenza tra l'incentivo gia' spettante al 31 dicembre 2014 e l'incentivo rimodulato»; tali finanziamenti «possono beneficiare, cumulativamente o alternativamente, sulla base di apposite convenzioni con il sistema bancario, di provvista dedicata o di garanzia concessa dalla Cassa depositi e prestiti S.p.A.» (CDP); a sua volta, l'esposizione di CDP e' garantita dallo Stato [...] secondo criteri e modalita' stabiliti con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze». A tale disposizione e' stata data attuazione con il decreto ministeriale 29.12.2014 (pubblicato nella G.U. n. 17 del 22.1.2015); adeguamento della durata dei titoli (comma 6): in riferimento all'opzione sub lett. a), «Le regioni e gli enti locali adeguano, ciascuno per la parte di competenza e ove necessario, alla durata dell'incentivo come rimodulata [...], la validita' temporale dei permessi rilasciati, comunque denominati, per la costruzione e l'esercizio degli impianti fotovoltaici ricadenti nel campo di applicazione del presente articolo»; «acquirente selezionato» (commi da 7 a 10, 12 e 13): la misura concerne tutti «i beneficiari di incentivi pluriennali, comunque denominati, per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili» - non solo, dunque, i produttori da energia solare - , i quali «possono cedere una quota di detti incentivi, fino ad un massimo dell'80 per cento, ad un acquirente selezionato tra i primari operatori finanziari europei» (comma 7). L'«acquirente selezionato» subentra ai beneficiari «nei diritti a percepire gli incentivi», «salva la prerogativa» dell'AEEG «di esercitare annualmente [...] l'opzione di acquisire tali diritti» per un importo definito dalla stessa disposizione (comma 8: «a fronte della corresponsione di un importo pari alla rata annuale costante, calcolata sulla base di un tasso di interesse T, corrispondente all'ammortamento finanziario del costo sostenuto per l'acquisto dei diritti di un arco temporale analogo a quello riconosciuto per la percezione degli incentivi»). E' demandata, poi, all'AEEG la definizione (entro il 19.11.2014) delle inerenti modalita' attuative, attraverso la definizione del sistema per gli acquisti e la cessione delle quote (comma 9) e la destinazione «a riduzione della componente A3 degli oneri di sistema», «nel rispetto di specifici indirizzi» dettati con decreto del Ministro dello sviluppo economico, dell'«eventuale differenza tra il costo annuale degli incentivi» acquistati dall'acquirente selezionato e l'importo annuale determinato ai sensi del comma 8. L'art. 26 prevede ancora: al comma 12, che «alle quote di incentivi cedute ai sensi delle disposizioni di cui al comma 9 non si applicano, a decorrere dalla data di cessione, le misure di rimodulazione di cui al comma 3»; al comma 13, che «l'efficacia delle disposizioni di cui ai commi da 7 a 12 e' subordinata alla verifica da parte del Ministero dell'economia e delle finanze della compatibilita' degli effetti delle operazioni sottostanti sui saldi di finanza pubblica ai fini del rispetto degli impegni assunti in sede europea». Infine, con il comma 11 viene demandato al Governo di «assumere ogni iniziativa utile a dare piena esecuzione alle disposizioni del presente articolo, inclusi eventuali accordi con il sistema bancario per semplificare il recesso totale o parziale dei soggetti beneficiari di incentivi pluriennali dai contratti di finanziamento stipulati». Da ultimo, giova dare atto che il GSE ha pubblicato nel proprio sito istituzionale le «Istruzioni operative per gli interventi sulle tariffe incentivanti relative agli impianti fotovoltaici» (con data 3.11.2014), recanti precisazioni sulle modalita' di applicazione del nuovo meccanismo. 3. Gli effetti dell'art. 26 comma 3 del decreto legge n. 91/2014. Come si e' visto, le previsioni dell'art. 26 comma 3 d.l. n. 91/2014 incidono sugli incentivi percepiti, in base alle convenzioni stipulate con il GSE in attuazione dei vari Conti Energia, dai titolari degli impianti fotovoltaici aventi potenza superiore a 200 kW. Quanto al campo applicativo soggettivo, la platea dei destinatari della norma costituisce una percentuale ridotta dei soggetti percettori dei benefici. Dai dati pubblicati dal GSE nel proprio sito istituzionale risulta che al 31.7.2014 su un totale di n. 550.785 impianti incentivati, per una potenza complessiva di ca. 17,731 MW, 12.264 hanno potenza superiore a 200 kW. Sotto il profilo oggettivo, ciascuna delle opzioni del comma 3 impatta in senso peggiorativo sulla posizione degli operatori siccome definita nelle convenzioni di incentivazione, esplicando un effetto novativo sugli elementi della durata o dell'importo delle tariffe incentivanti o su entrambi, e tanto anche a non voler tener conto dei costi di transazione derivanti dalla necessita' di adeguare gli assetti in essere alla nuova situazione. E infatti, a parte la riduzione secca delle tariffe di cui alla lett. c), avente chiara portata negativa: l'allungamento della durata divisata dalla lett. a) (estensione a 24 anni con proporzionale riduzione delle quote annuali), oltre a comportare una differita percezione degli incentivi, di per se' (notoriamente) pregiudizievole, non puo' non incidere sui parametri iniziali dell'investimento, impattando anche sui costi dei fattori produttivi (si pensi a es. alle attivita' di gestione, alla durata degli eventuali finanziamenti bancari, dei contratti stipulati per la disponibilita' delle aree, delle assicurazioni, ecc.), ferma la necessita' del parallelo adeguamento dei necessari titoli amministrativi (cfr. comma 6); la lett. b) determina una riduzione degli importi per il quadriennio 2015-2019 (tale da generare un risparmio di «almeno 600 milioni» di euro per l'ipotesi di adesione all'opzione di tutti gli interessati) e un incremento nel periodo successivo (secondo l'algoritmo definito col d.m. 17.10.2014): poiche' l'incentivo e' funzione della produzione, il fisiologico invecchiamento degli impianti, assoggettati nel corso del tempo a una diminuzione di produttivita', determina la non completa recuperabilita' dei minori importi relativi al periodo 2015-2019, attraverso gli incrementi delle tariffe riferibili al periodo successivo (nel quale gli impianti stessi hanno minore efficienza). 4. La rilevanza della questione di legittimita'. Il Collegio ritiene di dovere sottoporre alla Corte Costituzionale il vaglio di legittimita' dell'art. 26 comma 3° del decreto legge n. 91/2014 come convertito dalla legge n. 116/2014. In ordine alla rilevanza della questione di legittimita' costituzionale il Tribunale ritiene che la disposizione, della cui legittimita' si dubita, costituisca parametro normativo necessario ai fini della valutazione della fondatezza delle domande proposte da parte ricorrente. La societa' ricorrente e' titolare di un impianto fotovoltaico di potenza superiore a 200 kW che usufruisce degli incentivi previsti dagli artt. 7 d.lgs. n. 387/2003 e 25 d.lgs. n. 28/2011 ed oggetto di una convenzione stipulata con il GSE. Come evidenziato nella parte relativa allo «Svolgimento del processo», le domande proposte da parte ricorrente hanno ad oggetto: a) l'annullamento del decreto del Ministero dello sviluppo economico del 17 ottobre 2014, emanato in applicazione dell'art. 26 comma 3 d.l. n. 91/2014, con cui sono stati individuati i criteri e le percentuali di rimodulazione degli incentivi, e dei provvedimenti attuativi emanati dal G.S.E. («Tabelle concernenti i valori dei coefficienti di rimodulazione» e le «Istruzioni operative per gli interventi sulle tariffe incentivanti relative agli impianti fotovoltaici, ai sensi dell'art. 26 della legge n. 116/2014» pubblicate dal G.S.E. sul proprio sito internet in data 03/11/2014); b) l'accertamento del diritto di non esercitare alcuna delle tre opzioni di rimodulazione dell'incentivo per la produzione di energia elettrica fotovoltaica, previste dall'art. 26 comma 3° lettere a), b) e c) d.l. n. 91/2014, del diritto di conservare le condizioni contrattuali stabilite nelle convenzioni stipulate con il G.S.E. e dell'insussistenza del potere del G.S.E. di applicare l'opzione prevista dall'art. 26 comma 3° lettera c) citato nel caso di mancato esercizio, entro il 30 novembre 2014, delle opzioni di scelta previste dalla disposizione in esame. In relazione alla domanda caducatoria la questione di legittimita' costituzionale risulta rilevante in quanto gli atti impugnati sono stati emanati dall'autorita' amministrativa in dichiarata attuazione dell'art. 26 d.l. n. 91/2014 (la cui legittimita' e' oggetto di contestazione) che nella fattispecie riveste il ruolo e la funzione di norma legittimante l'esercizio del potere amministrativo contestato in giudizio. Gli atti impugnati, per altro, sono strumentali alla rimodulazione degli incentivi prevista dall'art. 26 comma 3 d.l. n. 91/2014 ed avversata da parte ricorrente. La questione di legittimita' costituzionale e', altresi', rilevante ai fini della decisione in ordine alla fondatezza della domanda di accertamento proposta da parte ricorrente e avente ad oggetto l'invocata inapplicabilita', alle convenzioni in corso di efficacia, delle rimodulazioni previste dall'art. 26 comma 3 d.l. n. 91/2014; l'accoglimento della domanda di accertamento, infatti, presuppone la non applicabilita' dell'art. 26 comma 3 citato. La richiesta statuizione di accertamento costituisce, per altro, strumento necessario per la tutela dell'interesse di parte ricorrente stante il carattere autoapplicativo della norma (art. 26 comma 3 citato) la cui legittimita' costituzionale e' in contestazione (su tale aspetto si rinvia a quanto in prosieguo evidenziato). In ordine all'ammissibilita' della predetta domanda di accertamento, la stessa e' stata dal Tribunale riconosciuta con sentenza parziale emessa in pari data sulla base delle seguenti argomentazioni: a) l'ammissibilita' della domanda di accertamento consegue alla natura di diritto soggettivo della situazione giuridica azionata dalle ricorrenti ed identificabile nella pretesa all'incentivo come quantificato nei «contratti di diritto privato» espressamente menzionati dall'art. 24 comma 2° lettera b) d.lgs. n. 28/2011. Il citato art. 24, direttamente riferibile al Quarto e Quinto Conto Energia, ha portata ricognitiva della situazione venutasi a determinare durante la vigenza dei primi tre Conti Energia, in relazione ai quali il Gestore risulta avere concesso i benefici attraverso «convenzioni» con gli interessati (si veda quanto, sul punto, in precedenza esplicitato al paragrafo 1.2.3). Si tratta di atti aventi la medesima natura; infatti, sia la «convenzione» che il «contratto» hanno lo scopo di regolamentare il rapporto giuridico tra il GSE e il soggetto responsabile dell'impianto, secondo il consueto modello dei rapporti concessori, nei quali accanto al provvedimento di concessione l'amministrazione concedente e il privato concessionario concludono un contratto c.d. accessivo per la disciplina delle rispettive obbligazioni. La qualificazione in termini di diritto soggettivo della pretesa al mantenimento dell'incentivo e', pertanto, desumibile dalla natura «di diritto privato» dell'atto da cui promana la quantificazione dell'incentivo stesso; b) anche a volere qualificare la posizione giuridica soggettiva delle ricorrenti come interesse legittimo, l'azione di accertamento deve ritenersi, comunque, ammissibile, come ha avuto modo di ritenere l'Adunanza Plenaria con la sentenza n. 15/2011 in riferimento alle ipotesi in cui «detta tecnica di tutela sia l'unica idonea a garantire una protezione adeguata ed immediata dell'interesse legittimo» (presupposto che ricorre nella fattispecie come si avra' modo di precisare in prosieguo in ordine alla natura della lesione subita da parte ricorrente) a nulla rilevando l'assenza di una previsione legislativa espressa. Tale impostazione trova «fondamento nelle norme immediatamente precettive dettate dalla Carta fondamentale al fine di garantire la piena e completa protezione dell'interesse legittimo (artt. 24, 103 e 113)» (A.P. n. 15/2011); c) circa, poi, l'esistenza, in concreto, delle condizioni legittimanti l'esperibilita' dell'azione di accertamento, nella fattispecie parte ricorrente, sin dal momento dell'entrata in vigore dell'art. 26 d.l. n. 91/2014, ha subito una lesione diretta ed immediata della sua situazione giuridica soggettiva (identificabile nella pretesa al mantenimento dell'incentivo «convenzionato») per effetto del regime introdotto dalla disposizione in esame. In particolare, tale pregiudizio e' identificabile nell'immediata operativita' dell'obbligo di scelta - da esercitare entro il 30 novembre 2014 - di una delle tre opzioni di rimodulazione degli incentivi previste dall'art. 26 d.l. n. 91/2014. Come gia' rilevato al paragrafo 3 ciascuna delle opzioni del comma 3 dell'art. 26 citato impatta in senso peggiorativo sulla posizione degli operatori siccome definita nelle convenzioni di incentivazione, esplicando un effetto novativo sugli elementi della durata o dell'importo delle tariffe incentivanti o su entrambi, e tanto anche a non voler tener conto dei costi di transazione derivanti dalla necessita' di adeguare gli assetti in essere alla nuova situazione. Ne deriva che la lesione, attualmente riferibile alla posizione di parte ricorrente, consegue all'immediata operativita' dell'obbligo, imposto dall'art. 26 comma 3° d.l. n. 91/2014, di scelta di uno dei tre regimi peggiorativi previsti dalla norma. La norma in esame, pertanto, ha carattere autoapplicativo; in quest'ottica l'intervento del G.S.E., previsto dalla norma in esame, serve solo a quantificare in concreto, in riferimento alle percentuali gia' previste dalla norma, la riduzione dell'incentivo riconducibile all'opzione di cui alla lettera c), applicata in via imperativa dalla legge, e non costituisce in alcun modo autonoma manifestazione di volonta' di applicazione dell'opzione in esame. Proprio l'esistenza di una modificazione della realta' giuridica, peggiorativa di quella preesistente, conseguente all'introduzione dell'obbligo vigente di scegliere entro il 30 novembre 2014 una delle opzioni previste dall'art. 26 comma 3° d.l. n. 90/2014, qualifica, in capo alla parte ricorrente, l'interesse ad agire in relazione alla proposta azione di accertamento; d) in una fattispecie simile a quella oggetto di causa la Corte di Cassazione (ordinanza n. 12060/2013), nel sollevare la questione di legittimita' costituzionale di norme elettorali (poi accolta dalla Consulta con la sentenza n. 1/2014), ha avuto modo di affermare che «ci si allontana dall'archetipo delle azioni di mero accertamento per avvicinarsi a quello delle azioni costitutive o di accertamento-costitutive» allorche' (come nell'ipotesi in esame) l'interesse «e' quello di rimuovere un pregiudizio che invero non e' dato da una mera situazione di incertezza ma da una (gia' avvenuta) modificazione della realta' giuridica che postula di essere rimossa mediante un'attivita' ulteriore, giuridica e materiale». Nell'occasione la Corte di Cassazione, con un ragionamento estensibile anche alla presente fattispecie, ha avuto modo di precisare che «una interpretazione della normativa elettorale che, valorizzando la tipicita' delle azioni previste in materia (di tipo impugnatorio o concernenti l'ineleggibilita', la decadenza o l'incompatibilita' dei candidati), escludesse in radice ovvero condizionasse la proponibilita' di azioni come quella qui proposta al maturare di tempi indefiniti o al verificarsi di condizioni non previste dalla legge (come, ad esempio, la convocazione dei comizi elettorali), entrerebbe in conflitto con i parametri costituzionali (art. 24, e art. 113, comma 2) della effettivita' e tempestivita' della tutela giurisdizionale» aggiungendo che «ci sono leggi che creano in maniera immediata restrizioni dei poteri o doveri in capo a determinati soggetti, i quali nel momento stesso in cui la legge entra in vigore si trovano gia' pregiudicati da esse, senza bisogno dell'avverarsi di un fatto che trasformi l'ipotesi legislativa in un concreto comando. In tali casi l'azione di accertamento puo' rappresentare l'unica strada percorribile per la tutela giurisdizionale di diritti fondamentali di cui, altrimenti, non sarebbe possibile una tutela ugualmente efficace e diretta»; e) in relazione a tale ultimo profilo e' utile precisare che nella fattispecie l'esigenza di tutela giurisdizionale e' qualificata dal fatto che la posizione di parte ricorrente viene incisa da una vera e propria legge - provvedimento. Secondo la giurisprudenza costituzionale (tra le altre Corte Cost. n. 275/2013) sono leggi-provvedimento quelle che «contengono disposizioni dirette a destinatari determinati» (sentenze n. 154 del 2013, n. 137 del 2009 e n. 2 del 1997), ovvero «incidono su un numero determinato e limitato di destinatari» (sentenza n. 94 del 2009), che hanno «contenuto particolare e concreto» (sentenze n. 20 del 2012, n. 270 del 2010, n. 137 del 2009, n. 241 del 2008, n. 267 del 2007 e n. 2 del 1997), «anche in quanto ispirate da particolari esigenze» (sentenze n. 270 del 2010 e n. 429 del 2009), e che comportano l'attrazione alla sfera legislativa «della disciplina di oggetti o materie normalmente affidati all'autorita' amministrativa» (sentenze n. 94 del 2009 e n. 241 del 2008)». Queste leggi, anche se ammissibili, devono soggiacere ad un rigoroso scrutinio di legittimita' costituzionale per il pericolo di disparita' di trattamento insito in previsioni di tipo particolare e derogatorio (sentenze n. 85 del 2013; in senso conforme sentenze n. 20 del 2012 e n. 2 del 1997), con l'ulteriore precisazione che «tale sindacato deve essere tanto piu' rigoroso quanto piu' marcata sia [...] la natura provvedimentale dell'atto legislativo sottoposto a controllo (sentenza n. 153 del 1997)» (sentenza n. 137 del 2009; in senso conforme sentenze n. 241 del 2008 e n. 267 del 2007). Cio' posto, al fine di qualificare come legge - provvedimento il decreto legge n. 91/2014, il Tribunale ritiene significativa non soltanto la «ratio» del testo normativo in esame (ivi individuata nel «fine di ottimizzare la gestione dei tempi di raccolta ed erogazione degli incentivi e favorire una migliore sostenibilita' nella politica di supporto alle energie rinnovabili») ma, soprattutto il meccanismo di operativita' della rimodulazione degli incentivi ivi prevista. In quest'ottica deve essere evidenziato che: la norma ha un ambito applicativo limitato in quanto concerne i soli titolari di impianti fotovoltaici di potenza nominale superiore a 200 KW che hanno stipulato con il GSE convenzioni in corso di esecuzione per l'erogazione degli incentivi; la disposizione disciplina puntualmente l'entita' della rimodulazione degli incentivi e per la sua applicazione non necessita dell'esercizio del potere amministrativo almeno per quanto concerne le opzioni di cui alle lettere a) e c) dell'art. 26 d.l. n. 91/2014; la norma disciplina direttamente le modalita' di esercizio dell'opzione e la conseguenza riferibile al mancato esercizio della stessa. In sostanza, l'art. 26 d.l. n. 91/2014 finisce con l'esercitare competenze sostanzialmente amministrative perche' non si limita a fissare un obiettivo ma disciplina specificamente le modalita' e l'entita' delle rimodulazioni come si evince dal fatto che non e' previsto (se non in riferimento all'ipotesi di cui sub b) un intervento attuativo dell'autorita' amministrativa. La qualificazione in termini di legge provvedimento dell'art. 26 d.lgs. n. 99/2014 costituisce ulteriore argomento ai fini dell'ammissibilita' dell'azione di accertamento proposta in questo giudizio sia perche' gli obblighi lesivi per la parte ricorrente sono direttamente riconducibili alla norma primaria sia perche' tale tipologia di azione costituisce il necessario strumento per potere accedere alla tecnica di tutela tipica (sindacato di legittimita' costituzionale) dell'atto (legge -provvedimento) pregiudizievole per il destinatario. Sempre in relazione alla rilevanza il Tribunale rileva che la norma sub judice, per il suo contenuto univoco, specifico ed immediatamente lesivo degli interessi economici dei suoi destinatari, non si presta in alcun modo ad una interpretazione costituzionalmente orientata, imponendo la rimessione della questione alla Corte Costituzionale in relazione ai profili di possibile illegittimita' che sono evidenziati al paragrafo che segue. 5. Profili di non manifesta infondatezza. 5.1 Violazione degli artt. 3 e 41 Cost.: irragionevolezza, sproporzione e violazione del principio del legittimo affidamento. Il comma 3 dell'art. 26 d.l. n. 91/2014 presenta profili d'irragionevolezza e risulta di possibile incompatibilita' con gli artt. 3 e 41 Cost. poiche' incide ingiustificatamente sulle posizioni di vantaggio consolidate, per altro riconosciute da negozi «di diritto privato» (si veda l'art. 24 d.lgs. n. 28/2011), e sul legittimo affidamento dei fruitori degli incentivi. 5.1.1. La questione rientra nel tema dei limiti costituzionali alle leggi di modificazione dei rapporti di durata e della c.d. «retroattivita' impropria», quale attributo delle disposizioni che introducono «per il futuro una modificazione peggiorativa del rapporto di durata», con riflessi negativi «sulla posizione giuridica gia' acquisita dall'interessato» (C. cost. sent. n. 236/2009). La Corte Costituzionale ha piu' volte ricordato come nella propria giurisprudenza sia ormai «consolidato il principio del legittimo affidamento nella sicurezza giuridica, che costituisce elemento fondamentale dello Stato di diritto e non puo' essere leso da disposizioni retroattive, che trasmodino in regolamento irrazionale di situazioni sostanziali fondate su leggi anteriori» (sent. n. 236/2009 cit. e giurisprudenza ivi richiamata): «nel nostro sistema costituzionale non e' affatto interdetto al legislatore di emanare disposizioni le quali vengano a modificare in senso sfavorevole per i beneficiari la disciplina dei rapporti di durata, anche se l'oggetto di questi sia costituito da diritti soggettivi perfetti (salvo, ovviamente, in caso di norme retroattive, il limite imposto in materia penale dall'art. 25, secondo comma, della Costituzione). Unica condizione essenziale e' che tali disposizioni non trasmodino in un regolamento irrazionale, frustrando, con riguardo a situazioni sostanziali fondate sulle leggi precedenti, l'affidamento del cittadino nella sicurezza giuridica, da intendersi quale elemento fondamentale dello Stato di diritto» (sentenza n. 64/2014, che cita la sent. n. 264 del 2005, e richiama, in senso conforme, le sentt. n. 236 e n. 206 del 2009). In applicazione di questa pacifica massima - integrata dal riferimento alla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea secondo cui «una mutazione dei rapporti di durata deve ritenersi illegittima quando incide sugli stessi in modo «improvviso e imprevedibile» senza che lo scopo perseguito dal legislatore imponga l'intervento (sentenza del 29 aprile 2004, in cause C-487/01 e C-7/02)» (cosi' sent. n. 64/2014 cit.) - la Corte ha, ad esempio, escluso l'incostituzionalita' di una normativa diretta alla «variazione dei criteri di calcolo dei canoni dovuti dai concessionari di beni demaniali» (con lo scopo di consentire allo Stato una maggiorazione delle entrate e di rendere i canoni piu' equilibrati rispetto a quelli pagati a favore di locatori privati), sul rilievo che tale effetto non era «frutto di una decisione improvvisa ed arbitraria del legislatore», ma si inseriva «in una precisa linea evolutiva nella disciplina dell'utilizzazione dei beni demaniali» (sent. n. 302/2010; v. anche sent. n. 64/2014, in cui e' stata giudicata «non irragionevole l'opzione normativa di rideterminazione del canone sulla base di fasce di utenza commisurate alla potenza nominale degli impianti di derivazione idroelettrica, sulla quale si e' assestato nel tempo il legislatore provinciale allo scopo di attuare un maggiore prelievo al progredire della risorsa sottratta all'uso della collettivita', nell'ottica della piu' idonea preservazione delle risorse idriche», alla luce, tra l'altro, del «dato storico della reiterazione nel tempo dell'intervento normativo sospettato di illegittimita' costituzionale»). Al contrario, la Corte (sentenza n. 236 del 24 luglio 2009) ha ritenuto incostituzionale la disposizione introduttiva della graduale riduzione e finale abolizione del periodo di fuori ruolo del docenti universitari (art. 2, comma 434, legge n. 244/07), ravvisandone l'irragionevolezza, all'esito del «necessario bilanciamento» tra il perseguimento della finalita' avuta di mira dalla norma «e la tutela da riconoscere al legittimo affidamento nella sicurezza giuridica, nutrito da quanti, sulla base della normativa previgente, hanno conseguito una situazione sostanziale consolidata» (cio' alla luce di una serie di elementi fattuali, quali le caratteristiche di detta posizione giuridica, «concentrata nell'arco di un triennio», interessante «una categoria di docenti numericamente ristretta», non produttiva di «significative ricadute sulla finanza pubblica», non rispondente «allo scopo di salvaguardare equilibri di bilancio o altri aspetti di pubblico interesse» e neppure potendosi definire «funzionale all'esigenza di ricambio generazionale dei docenti universitari», con sacrificio pertanto «ingiustificato e percio' irragionevole, traducendosi nella violazione del legittimo affidamento - derivante da un formale provvedimento amministrativo - riposto nella possibilita' di portare a termine, nel tempo stabilito dalla legge, le funzioni loro conferite e, quindi, nella stabilita' della posizione giuridica acquisita»). Piu' in generale, sul tema dell'efficacia retroattiva delle leggi la Corte ha reiteratamente affermato che il divieto di retroattivita' non riceve nell'ordinamento la tutela privilegiata di cui all'art. 25 Cost., ben potendo il legislatore emanare norme retroattive purche' la retroattivita' trovi adeguata giustificazione nell'esigenza di tutelare principi, diritti e beni di rilievo costituzionale, che costituiscono altrettanti «motivi imperativi di interesse generale», ai sensi della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali (CEDU) e con una serie di limiti generali, attinenti alla salvaguardia, oltre che dei principi costituzionali, di altri fondamentali valori di civilta' giuridica, posti a tutela dei destinatari della norma e dello stesso ordinamento, tra i quali vanno ricompresi il rispetto del principio generale di ragionevolezza, che si riflette nel divieto di introdurre ingiustificate disparita' di trattamento, la tutela dell'affidamento legittimamente sorto nei soggetti quale principio connaturato allo Stato di diritto, la coerenza e la certezza dell'ordinamento giuridico; il rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario (sentenze nn. 160/2013 e 209/2010). Tali conclusioni non si discostano (e anzi sembrano permeate) dagli esiti raggiunti dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia sull'operativita' del principio di legittimo affidamento (cui e' sotteso quello della certezza del diritto) nel campo dei rapporti economici, in relazione al quale e' stato elaborato il criterio dell'operatore economico «prudente e accorto»: la possibilita' di far valere la tutela del legittimo affidamento e', bensi', «prevista per ogni operatore economico nel quale un'autorita' nazionale abbia fatto sorgere fondate aspettative», ma non «qualora un operatore economico prudente ed accorto sia in grado di prevedere l'adozione di un provvedimento idoneo a ledere i suoi interessi» (nel caso in cui il provvedimento venga adottato); in tale prospettiva, inoltre, «gli operatori economici non possono fare legittimamente affidamento sulla conservazione di una situazione esistente che puo' essere modificata nell'ambito del potere discrezionale delle autorita' nazionali» (cfr. punto 53, sent. C. giust. 10 settembre 2009, in causa C-201/08, Plantanol, cit.). Per completezza, si puo' sottolineare come nell'ambito della disciplina generale del procedimento amministrativo lo stesso legislatore nazionale abbia da ultimo conferito valenza pregnante al principio dell'affidamento. Basti considerare le rilevanti innovazioni apportate alla legge n. 241/90 dal d.l. 12 settembre 2014, n. 133 (convertito in legge, con modifiche, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164), recante «Misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attivita' produttive». Con l'art. 25, comma 1, lett. b-ter), di detto d.l. (lettera aggiunta dalla legge di conversione) e' stato infatti modificato l'art. 21-quinquies, comma 1, legge n. 241/90 cit., sulla «revoca del provvedimento», nel duplice senso: a) di circoscrivere il presupposto del «mutamento della situazione di fatto», che per la nuova disposizione deve essere «non prevedibile al momento dell'adozione del provvedimento»; b) di precludere, nell'ipotesi di «nuova valutazione dell'interesse pubblico originario», la revoca dei provvedimenti (a efficacia durevole) di «autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici». Tale modifica normativa costituisce un significativo passo nell'articolato processo di emersione della centralita' del principio di sicurezza giuridica. 5.1.2. Tanto premesso, ritiene il Collegio che in capo ai soggetti titolari di impianti fotovoltaici, fruitori delle relative incentivazioni pubbliche in forza di «contratto di diritto privato» (ex art. 24 d.lgs. n. 28/2011) o convenzione (avente la medesima natura, come precisato in precedenza) stipulati con il GSE (previo riconoscimento delle condizioni per l'erogazione attraverso specifico provvedimento ammissivo), sussista una posizione di legittimo affidamento nei sensi innanzi precisati, non essendo mai emersi nel corso del tempo elementi alla stregua dei quali un operatore «prudente e accorto» avrebbe potuto prevedere (al momento di chiedere gli incentivi, di decidere se far entrare in esercizio il proprio impianto e di stipulare con il Gestore il negozio che disciplina l'erogazione degli incentivi) l'adozione da parte delle autorita' pubbliche di misure lesive del diritto agli incentivi stessi. Come desumibile dalla precedente rassegna normativa, nel contesto internazionale di favore per le fonti rinnovabili e in adesione alle indicazioni provenienti dall'ordinamento europeo, il legislatore nazionale ha consentito la nascita e favorito lo sviluppo di un settore di attivita' economica ritenuto particolarmente importante dalla stessa Unione Europea, approntando un regime di sostegno connotato sin dalla sua genesi dalla «stabilita'», nel senso che gli incentivi dei Conti Energia, una volta riconosciuti con il provvedimento ammissivo e con il conseguente negozio di diritto privato, sarebbero rimasti invariati per l'intera durata del rapporto. Questa caratteristica si ricava anzitutto dal cambio di impostazione consistito nel passaggio da obiettivi indicativi (dir. 2001/77) a obbligatori (dir. 2009/28) e dalla conferma dell'autorizzazione agli Stati membri circa il ricorso a misure incentivanti per ovviare all'assenza di iniziativa da parte del mercato (regimi di sostegno). Per sua parte, il legislatore italiano ha mostrato piena e convinta adesione agli indirizzi sovranazionali, conferendo specifico risalto alla promozione della produzione energetica da fonti rinnovabili e, in particolare, dalla fonte solare. Sin dal d.lgs. n. 387/03, nonostante la non obbligatorieta' dell'obiettivo nazionale, e' stato delineato un regime di sostegno ispirato al rispetto di criteri quale l'«equa remunerazione dei costi di investimento e di esercizio» (art. 7, comma 2, lett. d), tanto che i primi tre Conti Energia hanno chiaramente enucleato l'immutabilita' per vent'anni dell'incentivazione riconosciuta al singolo operatore. Il d.lgs. n. 28/2011 ha amplificato la percezione di stabilita' nei sensi anzidetti, individuando: a) all'art. 23, tra i «principi generali» dei regimi di sostegno alle fonti rinnovabili: «la predisposizione di criteri e strumenti che promuovano [...] la stabilita' nel tempo dei sistemi di incentivazione, perseguendo nel contempo l'armonizzazione con altri strumenti di analoga finalita' e la riduzione degli oneri di sostegno specifici in capo ai consumatori» (comma 1) nonche' «la gradualita' di intervento a salvaguardia degli investimenti effettuati e la proporzionalita' agli obiettivi, nonche' la flessibilita' della struttura dei regimi di sostegno, al fine di tener conto dei meccanismi del mercato e dell'evoluzione delle tecnologie delle fonti rinnovabili e dell'efficienza energetica» (comma 2); b) all'art. 24, tra i «criteri generali» dei meccanismi di incentivazione, quelli indicati al comma 2, lettere b), c) e d), secondo cui, rispettivamente, «il periodo di diritto all'incentivo e' pari alla vita media utile convenzionale delle specifiche tipologie di impianto» (il principio si collega a quello dell'«equa remunerazione dei costi di investimento e di esercizio», confermato dalla precedente lettera a),«l'incentivo resta costante per tutto il periodo di diritto» e «gli incentivi sono assegnati tramite contratti di diritto privato fra il GSE e il soggetto responsabile dell'impianto»; c) all'art. 25, comma 11, recante clausola di salvezza dei «diritti acquisiti». Ed e' significativo che il legislatore delegato utilizzi ripetutamente i termini «diritto» (all'incentivo) o «diritti». Ne' decampa dalla linea d'azione sinora esaminata il decreto legge n. 145/2013, adottato successivamente alla conclusione dei Conti Energia e dunque in un contesto nel quale il novero dei destinatari delle incentivazioni era ormai definito (o in via di definizione). Tale provvedimento, pur muovendo dalla ritenuta «straordinaria necessita' ed urgenza di emanare misure» (tra le altre) «per il contenimento delle tariffe elettriche [...], quali fattori essenziali di progresso e opportunita' di arricchimento economico, culturale e civile e, nel contempo, di rilancio della competitivita' delle imprese» (v. preambolo), e al dichiarato duplice fine di «contenere l'onere annuo sui prezzi e sulle tariffe elettriche degli incentivi alle energie rinnovabili e massimizzare l'apporto produttivo nel medio-lungo termine dagli esistenti impianti», ha, tuttavia, introdotto meccanismi di tipo facoltativo e dunque non pregiudizievoli per i fruitori degli incentivi. In questa prospettiva, sia gli interventi divisati ex ante, in corso di vigenza dei Conti Energia, dal d.lgs. n. 28/2011 (anticipata cessazione del Terzo Conto, in uno all'immanente temporaneita' di Quarto e Quinto Conto, la cui operativita' e' stata collegata, come si e' visto, al raggiungimento di specifici obiettivi), sia quelli previsti dal d.l. n. 145/2013 ex post, ossia dopo la chiusura del regime di sostegno, dimostrano come il legislatore abbia comunque preservato il «sinallagma» tra incentivi e iniziative in corso. E infatti il c.d. «boom del fotovoltaico», sotteso alle inerenti determinazioni delle autorita' pubbliche, per quanto riconducibile al parametro di esercizio della discrezionalita' consistente nel «tener conto dei meccanismi del mercato e dell'evoluzione delle tecnologie delle fonti rinnovabili» ex art. 23, comma 2, d.lgs. n. 28/2011, e' stato affrontato con misure operanti pro futuro, perche' applicabili a impianti non ancora entrati in esercizio (come attestato dalle riferite vicende giudiziali relative al passaggio dal Terzo al Quarto Conto), mentre sono state accuratamente evitate scelte aventi efficacia pro praeterito tempore. In altri termini, anche l'anticipata cessazione del Terzo Conto, ancorche' abbia prodotto effetti negativi nei confronti degli investitori che avessero intrapreso attivita' preliminari alla realizzazione della propria iniziativa, non ha messo in discussione il «patto» stipulato con gli interessati, salvaguardando la posizione dei titolari degli incentivi e consentendo a ciascun operatore non ancora «contrattualizzato» di ponderare consapevolmente e adeguatamente il merito economico della propria iniziativa e di assumere le conseguenti determinazioni. E', pertanto, possibile ravvisare il vulnus arrecato dall'art. 26, comma 3 d.l. n. 91/2014 al «diritto all'incentivo» e al principio del legittimo affidamento degli operatori (stante l'imprevedibilita' da parte di un soggetto «prudente ed accorto», titolare di un incentivo ventennale a seguito dell'adesione a uno dei Conti Energia, delle modificazioni in pejus del rapporto). 5.1.3. Le precedenti considerazioni non paiono superate dagli elementi addotti dalla parte pubblica al fine di escludere che l'art. 26 abbia dato vita a un «regolamento irrazionale di situazioni sostanziali fondate su leggi anteriori» (quale aspetto sintomatico dell'incostituzionalita' della disposizione), potendo dubitarsi della ragionevolezza e proporzionalita' dell'intervento. L'art. 23 d.l. n. 91/2014, rubricato «Riduzione delle bollette elettriche a favore dei clienti forniti in media e bassa tensione», prevede quanto segue: «1. Al fine di pervenire a una piu' equa distribuzione degli oneri tariffari fra le diverse categorie di consumatori elettrici, i minori oneri per l'utenza derivanti dagli articoli da 24 a 30 del presente decreto-legge, laddove abbiano effetti su specifiche componenti tariffarie, sono destinati alla riduzione delle tariffe elettriche dei clienti di energia elettrica in media tensione e di quelli in bassa tensione con potenza disponibile superiore a 16,5 kW, diversi dai clienti residenziali e dall'illuminazione pubblica. 2. Alla stessa finalita' sono destinati i minori oneri tariffari conseguenti dall'attuazione dell'articolo 1, commi da 3 a 5, del decreto-legge 23 dicembre 2013 n. 145, convertito, con modificazioni, in legge 21 febbraio 2014 n. 9. 3. Entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge, l'Autorita' per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico adotta i provvedimenti necessari ai fini dell'applicazione dei commi 1 e 2, garantendo che i medesimi benefici siano ripartiti in modo proporzionale tra i soggetti che ne hanno diritto e assicurando che i benefici previsti agli stessi commi 1 e 2 non siano cumulabili a regime con le agevolazioni in materia di oneri generali di sistema, di cui all'articolo 39 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134». Ora, non sono certo contestabili gli scopi avuti di mira dal legislatore, che intende «pervenire a una piu' equa distribuzione degli oneri tariffari fra le diverse categorie di consumatori elettrici», distribuendo tra costoro «i minori oneri per l'utenza» generati anche dalle misure dell'art. 26 e, in ultima analisi, alleggerendo i costi dell'energia elettrica per i «clienti [...] in media tensione e [...] in bassa tensione con potenza disponibile superiore a 16,5 kW, diversi dai clienti residenziali e dall'illuminazione pubblica». Sennonche', tale obiettivo - oltre a non sembrare del tutto consonante con la finalita' specificamente declinata dal comma 1 dell'art. 26 nel senso di «favorire una migliore sostenibilita' nella politica di supporto alle energie rinnovabili», non risultando in particolare chiaro il nesso tra tale «migliore sostenibilita'» e la «piu' equa distribuzione degli oneri tariffari» tra gli utenti - e' perseguito attraverso una «leva» che consiste in un'operazione redistributiva irragionevole e sproporzionata. Il reperimento delle necessarie risorse finanziarie e', infatti, attuato attraverso una modificazione unilaterale e autoritativa dei rapporti in essere, di cui e' dubbia di per se' la proporzionalita' rispetto all'obiettivo avuto di mira dal legislatore, tenuto conto del rango e della natura degli scopi del regime di sostegno (basti por mente all'evocazione, da parte della dir. 2001/77, delle norme del Trattato UE sulla tutela dell'ambiente), e che comunque non appare bilanciata da adeguate misure compensative (art. 26, commi 5 e ss.), con ulteriore profilo di irragionevolezza. Quanto ai «finanziamenti bancari» (art. 26 comma 5 d.l. n. 91/2014), e' sufficiente rilevare - in disparte gli aspetti collegati all'onerosita' per i beneficiari dei meccanismi ipotizzati e ai costi di transazione comunque derivanti dall'impalcatura giuridico-finanziaria dei nuovi contratti - che la garanzia dello Stato non copre l'intero importo dell'eventuale operazione finanziaria (sino all'80% dell'ammontare dell'«esposizione creditizia [...] di CDP nei confronti della banca» o della «somma liquidata da CDP alla banca garantita»: art. 1 d.m. 29/12/14) e che comunque si tratta di «finanziamenti» non automatici (residuando uno spazio di apprezzamento circa i requisiti dei beneficiari finali, che devono a es. essere soggetti «economicamente e finanziariamente sani», e circa il «merito di credito»; cfr. artt. 1 e 2 d.m. 29.12.2014). Ne' presenta natura compensativa l'adeguamento della durata dei titoli autorizzatori (comma 6), che costituisce piuttosto una conseguenza necessitata (per altro, non priva, in se', di costi aggiuntivi, della protrazione del periodo di incentivazione oltre i venti anni nel caso di scelta dell'opzione di cui al comma 3, lett. a). Quanto all'«acquirente selezionato» (commi da 7 a 12), va osservato come lo stesso legislatore attribuisca alla misura una portata solo eventuale, tenuto conto dell'art. 26, comma 13, che ne subordina l'efficacia «alla verifica da parte del Ministero dell'economia e delle finanze della compatibilita' degli effetti delle operazioni sottostanti sui saldi di finanza pubblica ai fini del rispetto degli impegni assunti in sede europea». Tale verifica risulta, in concreto, tanto piu' stringente alla luce del relativo ambito di applicazione, non riservato ai soli produttori da fonte solare, ma esteso a tutti i percettori di incentivi per la produzione di energia da fonti rinnovabili. In ogni caso, ferma l'impossibilita' di apprezzarne compiutamente il contenuto in assenza delle necessarie disposizioni attuative (si pensi, ad esempio, al comma 9 lettera d, che demanda all'Autorita' di «stabilire i criteri e le procedure per determinare la quota annuale costante di incentivi pluriennali che puo' essere oggetto di cessione da parte di ciascun soggetto beneficiario, tenendo conto anche della tipologia e della localizzazione degli impianti»), anche qui e' posto un limite quantitativo agli incentivi cedibili (80%), mentre non paiono disciplinate le conseguenze sui rapporti di finanziamento eventualmente accesi dai produttori (i quali, attraverso la cessione, intendano monetizzare immediatamente l'incentivo). La possibilita' di un recesso anticipato del produttore dal contratto di finanziamento sembra in effetti presa in considerazione dal comma 11, che reca pero' un impegno generico per il Governo («assumere ogni iniziativa utile a dare piena esecuzione alle disposizioni del presente articolo, inclusi eventuali accordi con il sistema bancario per semplificare il recesso totale o parziale dei soggetti beneficiari di incentivi pluriennali dai contratti di finanziamento stipulati»). 5.1.4. Alla luce di quanto detto, e all'esito del bilanciamento tra l'interesse perseguito dal legislatore e la lesione dei diritti dei fruitori delle agevolazioni, emerge la possibile irragionevolezza e la possibile assenza di proporzionalita', ai sensi dell'art. 3 Cost., delle norme dell'art. 26 comma 3 d.l. n. 91/2014, come convertito dalla legge n. 116/2014, apparendo altresi' violato anche l'art. 41 Cost., alla luce dell'irragionevole effetto della frustrazione delle scelte imprenditoriali attraverso la modificazione degli elementi costitutivi dei rapporti in essere come contrattualizzati o, comunque, gia' negoziati. Cio' in quanto, e riassuntivamente: il sistema degli incentivi perde la sua stabilita' nel tempo nonostante lo stesso sia stato gia' individuato e predeterminato in una convenzione o contratto di diritto privato (art. 24 comma 2 lettera D d.lgs. n. 28/2011); gli investimenti effettuati non sono salvaguardati; viene meno l'equa remunerazione degli investimenti effettuati; il periodo di tempo per la percezione dell'incentivo, invariato nella misura complessiva, viene prolungato indipendentemente dalla vita media convenzionale degli impianti (lett. a); l'incentivo non e' piu' costante per tutto il periodo di diritto, ma si riduce in assoluto per tutto il periodo residuo (lett. c) o varia in diminuzione nell'ambito del ventennio originario di durata della convenzione (lett. a) o per cinque anni (lett. b). 5.2 Violazione degli artt. 11 e 117 Cost. e 1, Protocollo Addizionale n. 1 alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali (di cui e' stata autorizzata la ratifica e disposta l'esecuzione con legge 4 agosto 1955, n. 848) e all'art. 6, par. 3, Trattato UE. Il comma 3 dell'art. 26 d.l. n. 91/2014 si pone in rapporto di problematica compatibilita' anche con gli artt. 11 e 117, comma 1, Cost. in relazione, quali norme interposte, all'art. 1, Protocollo Addizionale n. 1, alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali (di cui e' stata autorizzata la ratifica e disposta l'esecuzione con l. 4 agosto 1955, n. 848) e all'art. 6, par. 3, Trattato UE, che introduce nel diritto dell'Unione «in quanto principi generali», i «diritti fondamentali» garantiti dall'anzidetta Convenzione. Secondo la giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell'uomo detto art. 1 - che afferma il principio di «protezione della proprieta'», ammettendo al contempo l'adozione delle misure legislative «ritenute necessarie per disciplinare l'uso dei beni in modo conforme all'interesse generale» - conferisce protezione anche ai diritti di credito (e alle aspettative legittime; si veda, tra le altre, Maurice c. Francia [GC], del 6 ottobre 2005, n. 11810/03, parr. 63 e ss.), reputando ammissibili le «interferenze» (ingerenze) da parte della pubblica autorita' in presenza di un interesse generale (cfr. Arras e altri c. Italia, n. 17972/07, 14 febbraio 2012 e 14 maggio 2012, final, parr. 77-79). In questa prospettiva, l'ingerenza costituita dalla sottrazione di parte dei crediti spettanti ai produttori di energia in forza delle convenzioni stipulate con il GSE non appare giustificata ed e' in contrasto con il principio di proporzionalita', non risultando l'intervento ablatorio adeguatamente bilanciato dalla finalita' di diminuire le tariffe elettriche in favore di alcune categorie di consumatori. 5.3. Ulteriore violazione degli artt. 3 e 41 Cost.: disparita' di trattamento ed ulteriori profili di irragionevolezza e sproporzione. E' dubbia la costituzionalita' dell'art. 26, comma 3, d.l. n. 91/2014, rispetto all'art. 3 Cost., eventualmente anche in relazione all'art. 41 Cost., nella parte in cui prevede che la rimodulazione si applichi soltanto agli «impianti di potenza nominale superiore a 200 kW» (recte: ai soggetti fruitori di tariffe incentivanti per l'energia elettrica prodotta da tali impianti). 5.3.1. Tale restrizione del campo applicativo comporta la creazione, all'interno dell'insieme dei titolari degli impianti fotovoltaici incentivati, di due sottoinsiemi di imprese distinte in base alla «potenza nominale» (dell'impianto), destinatarie di un trattamento differenziato. A dire della parte pubblica le ragioni di tale scelta sarebbero da ricondurre essenzialmente alla circostanza che i soggetti incisi dalla rimodulazione, pur costituendo un'esigua percentuale (4%) del totale di quelli agevolati, fruirebbero di benefici pari alla maggior parte della spesa totale per l'incentivazione. In disparte l'esattezza del dato numerico, questa considerazione non integra, tuttavia, un profilo idoneo a sorreggere la contestata differenziazione di trattamento e, in particolare, il deteriore trattamento disposto per quelli di maggiori dimensioni, occorrendo tener conto delle modalita' di funzionamento delle tariffe incentivanti. La relativa entita' dipende infatti dalla quantita' di energia prodotta, sicche' e' evenienza del tutto normale, e insita nel sistema, che i soggetti dotati di piu' elevata capacita' produttiva, fruendo di incentivi proporzionati, possano assorbire un ammontare di benefici piu' che proporzionale rispetto al loro numero. In altri termini, nel regime di sostegno delineato dai conti energia rileva la quantita' dell'energia prodotta, non gia' il numero dei produttori, con la conseguenza che misure dirette a colpire soltanto alcuni di costoro sortiscono l'effetto di differenziare posizioni giuridiche omogenee. Le precedenti considerazioni dimostrano al contempo l'ulteriore irragionevolezza delle misure, foriere di un trattamento deteriore per alcuni produttori in assenza di adeguata causa giustificativa, non risultando percepibili le ragioni di interesse pubblico poste a base della distinzione. La sussistenza dei vizi innanzi indicati pare avvalorata dall'ulteriore esonero disposto dall'art. 22-bis, comma 1, d.l. n. 133/14 cit. in favore degli impianti i cui soggetti responsabili erano, alla data di entrata in vigore della legge di conversione del d.l. 91/2014, «enti locali o scuole»: la norma, infatti, opera un distinguo fondato sulla peculiare qualita' dei percettori dei benefici, indipendentemente dalla quantita' di energia prodotta. 5.3.2. Altro profilo di discriminazione si desume dal trattamento degli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili diverse dal solare. Nell'ambito dell'art. 26 il legislatore prende in considerazione anche tali soggetti nella parte relativa all'«acquirente selezionato» (commi 7 e ss.). Sennonche', non si comprendono le ragioni del deteriore trattamento dei produttori da fonte solare rispetto agli altri percettori di incentivi parimenti finanziati dagli utenti attraverso i cc. dd. oneri generali di sistema (e dunque con il versamento delle componenti della bolletta elettrica A3 o assimilate). 5.3.3. La creazione di categorie differenziate determina anche un vulnus alla concorrenza e una lesione della liberta' di iniziativa economica ex art. 41 Cost. dei produttori di energia elettrica destinatari dell'art. 26, comma 3, i quali, ancorche' in un contesto economico connotato dal sostegno pubblico, vedono pregiudicata la possibilita' di operare sul mercato a parita' di condizioni con gli altri produttori da fonte solare e, piu', in generale, di energia rinnovabile. Sotto questo profilo, pertanto, risultano lesi gli artt. 3 e 41 Cost.. 5.4. Violazione art. 77 Cost. Secondo la Corte Costituzionale «la preesistenza di una situazione di fatto comportante la necessita' e l'urgenza di provvedere tramite l'utilizzazione di uno strumento eccezionale, quale il decreto-legge, costituisce un requisito di validita' dell'adozione di tale atto, la cui mancanza configura un vizio di legittimita' costituzionale del medesimo, che non e' sanato dalla legge di conversione» (sent. n. 93 del 2011). Essa precisa anche che il relativo sindacato «va [...] limitato ai casi di «evidente mancanza» dei presupposti di straordinaria necessita' e urgenza richiesti dall'art. 77, secondo comma, Cost. o di «manifesta irragionevolezza o arbitrarieta' della relativa valutazione»". Ai fini della relativa indagine la Corte ha rimarcato la centralita' dell'elemento dell'«evidente estraneita'» della norma censurata rispetto alla materia disciplinata da altre disposizioni del decreto-legge in cui e' inserita, dovendo risultare una «intrinseca coerenza delle norme contenute in un decreto-legge, o dal punto di vista oggettivo e materiale, o dal punto di vista funzionale e finalistico. La urgente necessita' del provvedere puo' riguardare una pluralita' di norme accomunate dalla natura unitaria delle fattispecie disciplinate, ovvero anche dall'intento di fronteggiare situazioni straordinarie complesse e variegate, che richiedono interventi oggettivamente eterogenei, afferenti quindi a materie diverse, ma indirizzati all'unico scopo di approntare rimedi urgenti a situazioni straordinarie venutesi a determinare» (sent. n. 22/2012 nonche' sentt. nn. 128/2008 e 171/2007). Cio' in quanto «l'inserimento di norme eterogenee all'oggetto o alla finalita' del decreto spezza il legame logico-giuridico tra la valutazione fatta dal Governo dell'urgenza del provvedere ed «i provvedimenti provvisori con forza di legge»" ex art. 77 Cost., con l'ulteriore precisazione che «il presupposto del «caso» straordinario di necessita' e urgenza inerisce sempre e soltanto al provvedimento inteso come un tutto unitario, atto normativo fornito di intrinseca coerenza, anche se articolato e differenziato al suo interno» e ponendosi «la scomposizione atomistica della condizione di validita' prescritta dalla Costituzione [...] in contrasto con il necessario legame tra il provvedimento legislativo urgente ed il «caso» che lo ha reso necessario, trasformando il decreto-legge in una congerie di norme assemblate soltanto da mera casualita' temporale» (Corte Cost. n. 22/2012). In tale ottica, la Corte ha conferito rilievo anche all'art. 15, comma 3, legge 23 agosto 1988, n. 400, che «pur non avendo, in se' e per se', rango costituzionale, e non potendo quindi assurgere a parametro di legittimita' [...], costituisce esplicitazione della ratio implicita nel secondo comma dell'art. 77 Cost., il quale impone il collegamento dell'intero decreto-legge al caso straordinario di necessita' e urgenza, che ha indotto il Governo ad avvalersi dell'eccezionale potere di esercitare la funzione legislativa senza previa delegazione da parte del Parlamento» (sent. n. 22/2012). Ora, premesso che ai sensi dell'art. 15, comma 1 della legge n. 400/88, i decreti-legge sono presentati per l'emanazione «con l'indicazione, nel preambolo, delle circostanze straordinarie di necessita' e di urgenza che ne giustificano l'adozione», mentre il comma 3 sancisce che «i decreti devono contenere misure di immediata applicazione e il loro contenuto deve essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo», il dubbio di costituzionalita' dell'art. 26, comma 3 d.l. n. 91/2014, insorge in relazione alla circostanza che, pur rinvenendosi nel titolo del d.l. n. 91/2014 il riferimento al «rilancio e [al]lo sviluppo delle imprese» e al «contenimento dei costi gravanti sulle tariffe elettriche», nel preambolo del provvedimento non si rinviene tuttavia esplicitazione di tali punti. Risulta, infatti, presa in considerazione unicamente (con riguardo alla materia in esame) «la straordinaria necessita' e urgenza di adottare disposizioni volte a superare alcune criticita' ambientali, alla immediata mitigazione del rischio idrogeologico e alla salvaguardia degli ecosistemi, intervenendo con semplificazioni procedurali, promuovendo interventi di incremento dell'efficienza energetica negli usi finali dell'energia nel settore pubblico e razionalizzando le procedure in materia di impatto ambientale» (gli altri enunciati del preambolo riguardano la straordinaria necessita' e urgenza di adottare «disposizioni finalizzate a coordinare il sistema dei controlli e a semplificare i procedimenti amministrativi», di «prevedere disposizioni finalizzate alla sicurezza alimentare dei cittadini», di adottare «disposizioni per rilanciare il comparto agricolo, quale parte trainante dell'economia nazionale, e la competitivita' del medesimo settore [...]», di adottare «disposizioni per semplificare i procedimenti per la bonifica e la messa in sicurezza dei siti contaminati e per il sistema di tracciabilita' dei rifiuti, per superare eccezionali situazioni di crisi connesse alla gestione dei rifiuti solidi urbani, nonche' di adeguare l'ordinamento interno agli obblighi derivanti, in materia ambientale, dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea»). Il testo e' poi articolato in un titolo unico (tit. I «misure per la crescita economica») e in 3 capi («disposizioni urgenti per il rilancio del settore agricolo»; «disposizioni urgenti per l'efficacia dell'azione pubblica di tutela ambientale, per la semplificazione di procedimenti in materia ambientale e per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza all'unione europea»; «disposizioni urgenti per le imprese»). L'art. 26 e' contenuto nel capo III, «disposizioni urgenti per le imprese», insieme a una serie di articoli omogenei (da 23 a 30) effettivamente al tema della «piu' equa distribuzione degli oneri tariffari fra le diverse categorie di consumatori elettrici» (cosi' l'art. 23 cit., che individua gli artt. da 24 a 30 quali generatori di «minori oneri per l'utenza»), ma in un contesto di norme tra di loro del tutto eterogenee (cfr. artt. 18 e seguenti). Appare dunque carente l'elemento finalistico richiesto dalla Corte costituzionale, non sembrando ravvisabile «l'intento di fronteggiare situazioni straordinarie complesse e variegate, che richiedono interventi oggettivamente eterogenei, afferenti quindi a materie diverse, ma indirizzati all'unico scopo di approntare rimedi urgenti a situazioni straordinarie venutesi a determinare». Sotto altro profilo, esso contiene anche misure che non sono «di immediata applicazione», come sancito dall'art. 15, comma 3, legge n. 400/88, essendo sufficiente considerare le menzionate norme sull'«acquirente selezionato» e sul recesso dai contratti di finanziamento (commi da 7 a 12). Tanto premesso, il Collegio ritiene rilevanti e non manifestamente infondate le esposte questioni di costituzionalita', relative all'applicazione del comma 3 dell'art. 26 d.l. n. 91/2014 agli impianti di produzione di energia elettrica da fonte solare, aventi potenza superiore a 200 kW, che fruiscano di incentivazioni in atto ai sensi dei Conti Energia. Il giudizio e' di conseguenza sospeso per la rimessione delle questioni suddette all'esame della Corte Costituzionale, mandando alla Segreteria di trasmettere alla Corte la presente ordinanza, unitamente a copia del ricorso, di notificarla alle parti in causa e al Presidente del Consiglio dei ministri nonche' di comunicarla ai Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica.