IL CONSIGLIO DI STATO 
              in sede giurisdizionale (Sezione quarta) 
 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro  generale  6296  del  2014,  proposto  da:  Cento   societa'
cooperativa, in persona del l.r.p.t., rappresentato  e  difeso  dagli
avv. Massimiliano Marcialis, Carla Valentino,  con  domicilio  eletto
presso Antonia De Angelis in  Roma,  via  Portuense  n.  104,  contro
comune  di  Villasimius,  in  persona  del   Sindaco   pro   tempore,
rappresentato e difeso dall'avv.  Costantino  Murgia,  con  domicilio
eletto presso Stefano Di Meo in Roma, via  G.  Pisanelli  n.  2,  nei
confronti di Quinto Vacca, per la riforma della sentenza  del  T.A.R.
Sardegna - Cagliari: Sezione II n. 00033/2014,  resa  tra  le  parti,
concernente annullamento d'ufficio dell'autorizzazione SUAP, piano di
lottizzazione denominato «I Borghi»; 
    Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; 
    Visto  l'atto  di  costituzione  in  giudizio   del   comune   di
Villasimius; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 marzo 2015 il  cons.
Giulio Veltri e uditi per le parti gli avvocati Marcialis e Murgia; 
Svolgimento del processo. 
    La  Cento  societa'  cooperativa  stipulava  con  il  comune   di
Villasimius, in data 10 aprile 1992, una convenzione di lottizzazione
«Per la disciplina  e  l'adempimento  delle  obbligazioni  e  per  la
realizzazione delle opere  di  urbanizzazione  di  cui  al  piano  di
lottizzazione denominato I Borghi». 
    In attuazione del predetto piano la  Cento  societa'  cooperativa
realizzava  integralmente  le  residenze  previste,   effettuava   le
cessioni delle aree al comune di Villasimius, realizzava  interamente
le  opere  di  urbanizzazione  primaria  e  secondaria  indicate   in
convenzione, ma non completava  i  servizi  connessi  alla  residenza
(comunque realizzati in misura superiore al 50%). 
    In data 5 novembre 2011  la  medesima  presentava  al  comune  di
Villasimius istanza per attivare un procedimento SUAP,  di  cui  alla
legge regionale n. 3/2008, al fine di ottenere,  ai  sensi  dell'art.
18, comma 32, della  legge  regionale  n.  12  del  30  giugno  2011,
l'autorizzazione unica per la realizzazione, nelle aree  destinate  a
«servizi  connessi»,  e  non  ancora  utilizzate,  di  un   complesso
residenziale con tipologie di case indipendenti a schiera. 
    Il 18 maggio  2012  l'ufficio  SUAP  del  comune  di  Villasimius
rilasciava l'autorizzazione richiesta, consentendo quindi  il  cambio
di destinazione d'uso da volumi destinati a «servizi connessi con  la
residenza» a volumi destinati a residenza. 
    La Cento societa' cooperativa iniziava i lavori, dandone  rituale
comunicazione all'amministrazione comunale. 
    Sennonche', con nota n. 14796 del 28 settembre 2012, il SUAP  del
comune di Villasimius le comunicava l'avvio  del  procedimento  volto
all'emanazione di atti interdittivi del predetto intervento edilizio,
invitandola a presentare osservazioni nel termine di venti giorni. 
    La societa' presentava le sue controdeduzioni  il  successivo  17
ottobre 2012. 
    Cio'   nonostante,   col   provvedimento    impugnato,    fondato
essenzialmente sul parere  reso  all'amministrazione  dal  legale  di
fiducia  in  data  6  novembre  2012,  integralmente  riportato   nel
provvedimento  di  annullamento  d'ufficio  quale  motivazione  dello
stesso, il comune di Villasimius annullava l'autorizzazione n. 5  del
18 maggio 2012. 
    Avverso tale provvedimento insorgeva la societa' Cento. 
    Il TAR, definitivamente decidendo sul ricorso, chiariva in primis
che le convenzioni di lottizzazione sono  strumenti  pattizi  per  la
regolamentazione  di  un  assetto  complesso  e  comprensivo  di  una
pluralita' di aspetti di gestione urbanistica del  territorio,  tutti
concorrenti ad  assicurare  un  equilibrato  contemperamento  tra  le
diverse posizioni delle parti, la cui  eventuale  modifica  necessita
della manifestazione di  volonta'  di  tutti  i  soggetti  che  hanno
concorso alla loro formazione. In particolare con  la  sottoscrizione
della convenzione di lottizzazione il soggetto pubblico si obbliga  a
consentire, attraverso il successo rilascio dei  titoli  edilizi,  la
realizzazione dell'assetto urbanistico del territorio interessato dal
piano attuativo come concordato col lottizzante, in quanto ritenuto -
in tali termini - conforme  al  pubblico  interesse  ad  un  ordinato
sviluppo urbanistico del territorio comunale. 
    E ben possibile che le parti addivengano ad  un  accordo  per  la
modifica della convenzione, ma -  secondo  il  TAR  -  ogni  modifica
dell'originaria  composizione  di  interessi   deve   necessariamente
«passare», al fine di  verificarne  la  persistenza,  attraverso  una
valutazione della sua coerenza con l'interesse pubblico sotteso dallo
strumento attuativo. 
    Tale interpretazione non si pone, secondo il  TAR,  in  contrasto
con la lettera dell'art. 18 della legge regionale n. 12/2011. 
    La  disposizione,  infatti,  si  limita  a  stabilire,  a   certe
condizioni, che nei piani attuativi  assoggettati  a  convenzione  e'
possibile convertire le volumetrie destinate a servizi connessi  alla
residenza realizzate o da realizzare, di cui all'art. 4  del  decreto
assessoriale  n.  2266/U  del  20  dicembre   1983,   in   volumetrie
residenziali, ma non esclude affatto, ne' potrebbe  farlo,  che  tale
conversione sia preceduta da una valutazione della sua corrispondenza
all'interesse pubblico da parte del comune. 
    La sentenza e' ora gravata dalla Societa' cooperativa Cento,  che
deduce: 
        1) carenza di motivazione. La sentenza  avrebbe  erroneamente
ritenuto  la  sussistenza  di  un  vizio  di  legittimita'  tale   da
giustificare  l'annullamento  d'ufficio;  ma,  soprattutto,   avrebbe
profilato un interesse pubblico ulteriore rispetto a quello del  mero
ripristino della legalita', del tutto insussistente nella specie.  In
particolare, l'art. 18, comma 32 della  legge  regionale  n.  12/2011
avrebbe modificato le esigenze urbanistiche regionali,  superando  le
preoccupazioni legate all'originaria previsione dei «servizi connessi
alla residenza» (evitare la creazione di quartieri dormitorio  grazie
alla previsione di uffici, negozi, ristoranti, ecc.), in favore della
edificazione, nell'ambito delle lottizzazioni ancora non  completate,
di nuove residenze destinate a famiglie  a  basso  reddito.  Da  cio'
deriverebbe il venir meno, in radice, dell'obbligo  di  realizzazione
dei servizi connessi, non solo in capo al lottizzante,  ma  finanche'
il capo al  comune.  Chiarisce  l'appellante,  in  proposito,  che  i
servizi  connessi  alla  residenza  sono  cosa  diversa  dai  servizi
pubblici, e non sono affatto indispensabili ne'  previsti  da  alcuna
norma di legge. Del resto essi sarebbero stati  gia'  realizzati  dal
lottizzante in misura comunque piu' che sufficiente (e' gia' presente
un  supermarket  ed  un  bar  rosticceria).  Da  cio'   discenderebbe
l'insussistenza del dichiarato interesse pubblico da parte del comune
a non gravarsi dell'onere realizzativo in luogo del privato. Analoghe
considerazioni dovrebbero farsi -  ad  avviso  dell'appellante  -  in
relazione ai servizi pubblici veri e propri, per i quali nessun onere
di integrazione deriverebbe al comune dalle nuove residenze. Cio' per
una serie di ragioni: 
a) la dotazione a standard sarebbe  gia'  sovrabbondante  rispetto  a
quanto richiesto  dalla  legge,  in  ragione  di  una  loro  iniziale
quantificazione in relazione a volumi che sono stati poi  ridotti  in
occasione di successive modifiche e varianti  della  convenzione  (in
sintesi i volumi edilizia sarebbero stati nel tempo diminuiti, mentre
i servizi pubblici sarebbero rimasti invariati); 
b) a ben  vedere,  la  sostituzione  dei  «servizi  connessi  con  la
residenza», con volumi propriamente residenziali,  determinerebbe  un
incremento  insediativo  cosi'  contenuto  da  risultare  del   tutto
trascurabile; 
        2) il provvedimento  adottato  in  autotutela  sarebbe  -  ad
avviso dell'appellante - illegittimo,  anche  a  volerlo  qualificare
come «revoca», atteso che l'amministrazione non  sarebbe  riuscita  a
dimostrare  un  interesse  pubblico  attuale  a  giustificazione  del
ripensamento. Il  giudice  di  prime  cure  avrebbe  errato  nel  non
rilevarlo. 
    Nel giudizio d'appello si e' costituito il comune di Villasimius.
L'appello  sarebbe   inammissibile   per   incongruita'   delle   sue
conclusioni   (non    sarebbe    stato    esplicitamente    richiesto
l'accoglimento del ricorso di primo grado),  e  per  genericita'  dei
motivi, nonche' per contraddittorieta' tra  l'elezione  di  domicilio
fatta nella procura a  margine  e  quella  dichiarata  nel  preambolo
dell'atto di appello. Nel  merito,  l'amministrazione  ha  in  primis
riproponee eccezioni rimaste assorbite, ed in particolare: 
    a) la mancata integrazione del contraddittorio nei  confronti  di
tutti  gli  acquirenti  degli   immobili   previsti   dall'originaria
lottizzazione, i quali  confidano  sulla  realizzazione  dei  servizi
connessi alla residenza; 
    b) il  piano  di  lottizzazione  era  scaduto  al  momento  della
richiesta di «conversione»  dei  volumi,  e  pertanto  nessuna  nuova
costruzione avrebbe potuto essere assentita, neanche in  applicazione
dell'art. 18, comma 32 della legge regionale n. 12/2011,  in  ispecie
in quanto trattasi di costruzioni non previste dalla convenzione; 
    c) ulteriore fattore ostativo risiederebbe nel  mancato  collaudo
delle opere di urbanizzazione; 
    d)  inoltre,  l'istanza   di   «conversione»   dei   volumi   non
risulterebbe sottoscritta  da  tutti  i  proprietari  degli  immobili
ricompresi nella lottizzazione; 
    e) anche a voler ritenere la «conversione» un atto dovuto in base
all' art. 18, comma 32 della legge regionale n. 12/2011, vi sarebbero
i presupposti per sollevare questione di costituzionalita' in  quanto
norma assolutamente illogica ed  irragionevole,  lesiva  dei  diritti
discendenti da una  convenzione,  e  violativa  dell'art.  118  Cost.
Invoca infine la reiezione del gravame  in  quanto  infondato,  cosi'
come correttamente accertato dal giudice di prime cure. 
    La causa e' stata inizialmente delibata  in  sede  cautelare.  In
quella sede il Collegio ha «ritenuto che, anche a  prescindere  dalle
questione di legittimita' costituzionale della legge regionale di cui
e' fatta applicazione, e  fermo  il  necessario  approfondimento  dei
delicati profili giuridici  e  fattuali  sollevati  da  TAR  a  mezzo
dell'interpretazione fornita, e' opportuno evitare, nelle more  della
decisione finale di  merito,  iniziative  edificatorie  di  difficile
successiva rimozione». 
    La causa e' stata, da ultimo, discussa alla pubblica udienza  del
10 marzo 2015. 
Motivi della decisione. 
    Ritiene il Collegio che sussistano i  presupposti  per  rimettere
alla  Corte  costituzionale   la   valutazione   della   legittimita'
costituzionale dell' art. 18, comma 32 della legge regionale Sardegna
n. 12/2011. 
    1.   Essa,   nella   versione   ratione   temporis   applicabile,
prevedeva: «In deroga alla normativa regionale e comunale, nei  piani
di lottizzazione e nei piani di zona gia' convenzionati e' consentito
in tutto o in parte convertire  le  volumetrie  destinate  a  servizi
connessi alla residenza realizzate o da realizzare, di cui all'art. 4
del  decreto  assessoriale  n.  2266/U  del  20  dicembre  1983,   in
volumetrie residenziali, a condizione che le unita'  abitative  cosi'
realizzate siano cedute a soggetti in possesso dei requisiti previsti
dalla legge regionale 30 dicembre 1985, n. 32 (Fondo  per  l'edilizia
abitativa), o dalla legge regionale n.  3  del  2008  in  materia  di
edilizia agevolata. Tale disposizione si  applica  a  condizione  che
siano state effettuate le cessioni di legge ovvero che esse avvengano
entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge. Lo
strumento attuativo si considera automaticamente variato all'atto del
rilascio del relativo permesso di costruire o di denuncia  di  inizia
di attivita' da parte  degli  aventi  diritto»  (la  norma  e'  stato
oggetto di successive e marginali  modifiche  che  non  hanno  inciso
sulla sua rilevanza). 
    2. I volumi connessi alla  residenza  sono  quelli  previsti  dal
decreto assessoriale n.  2266/U  del  20  dicembre  1983  emanato  in
applicazione dell'art. 4 della legge regionale 19 maggio 1981, n.  17
- nonche' dell'art. 3, lettera  f)  dello  statuto  speciale  per  la
Sardegna, approvato con legge costituzionale 26 febbraio 1948, n.  3,
che  attribuisce  alla  regione  potesta'  legislativa  esclusiva  in
materia edilizia ed  urbanistica  -  a  mente  del  quale  «I  limiti
inderogabili di densita' edilizia, di  altezza,  di  distanza  tra  i
fabbricati, nonche' i  rapporti  massimi  tra  spazi  destinati  agli
insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici  o  riservati
alle attivita'  collettive,  a  verde  pubblico  o  a  parcheggi,  da
osservarsi in tutti i  comuni  ai  fini  della  formazione  di  nuovi
strumenti urbanistici o della revisione  di  quelli  esistenti,  sono
definiti con decreto dell'assessore regionale competente  in  materia
urbanistica,  su  conforme  deliberazione  della  Giunta   regionale,
sentita la Commissione consiliare competente». 
    3. Il decreto citato, all'art.  4  detta  i  limiti  di  densita'
edilizia per le diverse zone e, per quanto qui  rileva,  dispone  che
«il numero degli  abitanti  presumibilmente  insediabili  e'  dedotto
assumendo,  salvo  diversa  dimostrazione  in   sede   di   strumento
urbanistico comunale il parametro di 100 m³ ad abitante per zone A, B
e C, dei quali: 
    70 m³ per la residenza; 
    20 m³ per servizi strettamente connessi con la  residenza  o  per
opere di urbanizzazione  secondaria  di  iniziativa  privata,  quali:
negozi di prima necessita', studi professionali, bar e tavole calde; 
    10 m³ per servizi pubblici;». 
    4. In punto di rilevanza della norma in  esame,  basti  osservare
che essa ha costituito la base per la pregressa  autorizzazione  alla
«conversione» dei volumi da  «servizi  connessi  alla  residenza»  in
volumetrie residenziali, rilasciata  dal  SUAP  il  18  maggio  2012,
nonche' la base per il successivo annullamento d'ufficio, operato dal
SUAP con provv. 18100 del 26 novembre 2012, il  quale,  in  forza  di
un'interpretazione diversa da  quella  precedentemente  adottata,  e'
giunto alla conclusione che la norma non e' tale da privare il comune
di un apprezzamento  discrezionale  in  relazione  agli  effetti,  in
concreto, della pretesa conversione. 
        4.1. Il TAR, recependo siffatta tesi, ha  ritenuto  la  norma
non preclusiva di eventuali valutazioni in sede locale. 
        4.2. L'appellante ritiene  per  converso  che  essa  consenta
direttamente la conversione, senza lasciare  spazio  alcuno  all'ente
locale. 
    In proposito, e' opinione del Collegio che  il  tenore  letterale
della norma sia univoco  nel  consentire  una  deroga  allo  standard
insediativo previsto dal decreto  Floris;  deroga  peraltro  operante
quando, in particolare, lo standard  abbia  costituito  la  base  per
l'elaborazione ed approvazione di un piano  attuativo  convenzionato,
senza che la parta pubblica possa opporre considerazioni generali  di
tipo  urbanistico  o  finanziario,  od  ancora,  legate  alla  natura
consensuale delle previsioni originarie. 
    5. Il comune di Villasimius, pur  insistendo  sulla  legittimita'
del proprio operato, deduce, ove la norma dovesse essere intesa quale
vincolo  nel  senso  sopra  indicato,  una  serie   di   profili   di
incostituzionalita', ed in particolare: 
    1) si  sarebbe  provocata  la  modifica  di  una  convenzione  di
lottizzazione,  equiparabile  negli  effetti  ad  un  contratto,  con
esclusivo vantaggio della  parte  privata  e  grave  pregiudizio  per
quella pubblica, la quale, in  ragione  dell'incremento  dei  servizi
pubblici necessari al nuovo insediamento sarebbe onerata di spese che
in via generale invece le  convenzioni  di  lottizzazione  pongono  a
carico del lottizzante; 
    2)  irragionevolezza  della  norma  nella  parte  in   cui   essa
sostanzialmente affida al privato  decisioni  unilaterali  in  ordine
all'assetto urbanistico; 
    3) violazione dell'art. 118 Cost., avendo la norma  regionale  di
fatto  espropriato  i  comuni  della  regolazione  di  interessi  che
rilevano in ambito esclusivamente locale; 
    4) violazione dell'art. 118, comma IV, avendo la legge  regionale
consentito  ai  privati  l'esercizio  di  un'attivita'   di   rilievo
urbanistico che, anziche' beneficiare la collettivita', la  danneggia
scaricando sul comune oneri dei privati lottizzanti. 
    6. Il Collegio ritiene manifestamente infondate le censure di cui
ai punti 3 e 4. 
        6.1. Com'e' noto, l'art. 3, primo comma,  lettera  f),  dello
statuto riconosce alla regione Sardegna una autonomia piu'  ampia  di
quella risultante dalla norma costituzionale generale,  attribuendole
potesta'   legislativa   primaria,   ossia   piena,   nella   materia
dell'«edilizia ed urbanistica», entro la quale si  colloca  la  norma
censurata. 
    La Corte costituzionale ha gia' chiarito,  in  ordine  al  limite
statutario  alla  competenza  legislativa  regionale  costituito  dai
«principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica», che esso  non
puo' ritenersi cosi' assoluto e stringente  da  impedire  alla  legge
regionale - che e' fonte normativa primaria,  sovraordinata  rispetto
agli  strumenti  urbanistici  locali  -  di  prevedere  interventi  a
carattere   pianificatorio    in    deroga,    quantitativamente    e
qualitativamente, a quelli tipici della pianificazione  locale  (cfr.
Corte costituzionale n. 46/2014). 
        6.2. Puo' altresi' escludersi  la  violazione  dell'art.  118
Cost. per avere  la  norma  censurata  asseritamente  «esautorato»  i
comuni delle loro competenze in tema di pianificazione urbanistica ed
in particolare di pianificazione attuativa a  seguito  di  iniziativa
privata: a prescindere da ogni altro rilievo  -  e,  in  particolare,
dalla circostanza, trascurata  dal  rimettente,  che  lo  statuto  di
autonomia  riconosce  alla  regione  Sardegna  potesta'   legislativa
primaria, non solo in materia di «edilizia ed urbanistica», ma  anche
di «ordinamento degli enti locali» (art. 3, lettera b) e  stabilisce,
altresi', il principio del parallelismo tra  funzioni  legislative  e
funzioni amministrative (art. 6)  -  (cfr.  Corte  costituzionale  n.
46/2014,  cit.)  -  non  si  puo'  comunque  addebitare  alla   norma
denunciata di  aver  «svuotato»  le  funzioni  comunali  in  tema  di
pianificazione urbanistica, posto che essa  si  limita  a  consentire
ampliamenti volumetrici a carattere residenziale e sociale, in  luogo
dei servizi connessi  alla  residenza,  ossia,  essenzialmente,  come
chiarito dal c.d. decreto Floris, negozi di prima  necessita',  studi
professionali, bar e tavole calde. 
        6.3. Manifestamente infondata e'  poi  l'asserita  violazione
del principio di sussidiarieta' orizzontale: non viene qui in rilievo
l'attribuzione a privati o associazioni di funzioni  pubbliche.  Piu'
semplicemente, il legislatore si e'  limitato,  nell'esercizio  della
funzione  pubblica,  a  consentire  deroghe  ad  uno  dei   parametri
urbanistici, rimettendone tuttavia la  decisione  circa  la  concreta
iniziativa edificatoria  astrattamente  ammessa,  all'iniziativa  del
privato. 
    7. Non appare invece manifestamente infondato il primo motivo  di
censura, basato sull'irragionevolezza della disciplina,  avuto  anche
riguardo  alla  fonte  convenzionale  che  contiene   la   disciplina
urbanistica oggetto di modifica: esso  puo'  ulteriormente  ampliarsi
nei termini che seguono. 
        7.1.  Il  legislatore  regionale  e'  intervenuto  su   piani
attuativi in regime di convenzionamento, ossia strumenti  urbanistici
a base consensuale, redatti secondo lo schema di cui  alla  legge  n.
1150/1942  e  n.  765/1967  e  tradizionalmente   qualificati   dalla
giurisprudenza amministrativa quali accordo di  diritto  pubblico  ex
art. 11, legge n. 241/1990 (cfr. Cassazione, Sezioni unite,  n.  9360
del 20 aprile 2007; Cassazione n. 732  del  17  gennaio  2005;  Cons.
Stato, sez. IV, n. 1098 del 12 marzo 2009; Cons. Stato, sez.  IV,  11
novembre 2014, n. 5512), a  mezzo  dei  quali  la  parte  pubblica  e
soprattutto  quella   privata   assumono   reciproche   obbligazioni,
strumentali  ad  assicurare  la  pianificazione  attuativa  di   aree
collocate in zone di espansione urbana (c.d. zone C). 
    La  disposizione  censurata   ha   in   particolare   interessato
l'obbligazione di realizzare «servizi connessi alla residenza» (punti
di ristoro, studi professionali, ecc.)  incombente  sui  lottizzanti,
sostituendola  con  una  obbligazione  «facoltativa»  di   tutt'altro
impatto urbanistico ed insediativo,  senza  al  contempo  imporre  ai
lottizzanti l'integrazione dei servizi pubblici che il maggior carico
antropico  sottende.  Cosi'  operando,  ha  stravolto  il  sinallagma
convenzionale, modificando il delicato equilibrio individuato in  via
astratta dalla legge urbanistica e concretamente  fissato  attraverso
l'accordo,  cosi'  ponendo  i  comuni  interessati  a  mantenere  gli
originari standard urbanistici e la  qualita'  della  pianificazione,
nella condizione di doversi  far  carico  della  realizzazione  delle
opere di urbanizzazione secondaria «sostituite» dal legislatore e del
potenziamento dei servizi pubblici primari. 
    Non solo. Ha ab externo eliso l'affidamento riposto dagli  aventi
causa dal  lottizzante,  circa  l'efficacia  delle  obbligazioni  dal
medesimo assunte, in primis quelle relative al carico insediativo  ed
alla presenza di strutture commerciali di servizio. 
    Non si vuol qui negare la possibilita'  dell'amministrazione,  ed
anche del  legislatore  ove  le  esigenze  siano  di  carattere  piu'
generale, di ripianificare  motivatamente  il  territorio,  anche  in
contrasto con eventuali piani attuativi ancora efficaci (possibilita'
riconosciuta dalla giurisprudenza,  seppur  con  il  presidio  di  un
obbligo  motivazionale  specifico),  ma  stigmatizzare  l'azione  del
legislatore regionale nella misura in cui ha scelto  di  lasciare  in
piedi il rapporto convenzionale modificandone d'imperio le reciproche
obbligazioni  e  con  esse  l'equilibrio  urbanistico  e  finanziario
tracciato nell'originaria convenzione, tra  l'altro  in  ossequio  ad
assetto di interessi in gran parte delineato dal legislatore. 
    Com'e'  noto,  infatti,  l'approvazione  della  lottizzazione  e'
subordinata alla stipula di una convenzione, da trascriversi  a  cura
del proprietario, che preveda: «1) la cessione gratuita entro termini
prestabiliti delle aree necessarie per  le  opere  di  urbanizzazione
primaria, precisate all'art. 4 della legge 29 settembre 1964, n. 847,
nonche' la cessione gratuita delle aree necessarie per  le  opere  di
urbanizzazione secondaria nei limiti di cui al successivo  n.  2;  2)
l'assunzione, a carico del proprietario, degli  oneri  relativi  alle
opere di urbanizzazione primaria e di una quota parte delle opere  di
urbanizzazione secondaria relative alla  lottizzazione  o  di  quelle
opere che  siano  necessario  per  allacciare  la  zona  ai  pubblici
servizi; la quota e' determinata in proporzione  all'entita'  e  alle
caratteristiche degli insediamenti delle  lottizzazioni;  ...»  (art.
28, legge 17 agosto 1942, n. 1150, e successive modoficazioni). 
    Nella fattispecie in esame, non solo la «quota»  stabilita  dalla
convenzione  e'  stata  rideterminata  da  legislatore  regionale   a
prescindere dall'entita' e alle  caratteristiche  degli  insediamenti
ma, paradossalmente, e'  stata  diminuita  al  crescere  dell'entita'
degli insediamenti. 
        7.2. Pur  volendo  ammettere  che  il  legislatore  regionale
possa, in luogo di  una  previsione  generale  ed  astratta,  dettare
puntuali norme aventi ad oggetto singole obbligazioni  assunte  dalle
parti  nell'ambito  di  un  accordo  urbanistico,  e'  in  ogni  caso
irragionevole il nuovo assetto obbligatorio che ne deriva: in  virtu'
di tali norme il privato puo' optare per un incremento volumetrico  a
fini residenziali, abdicando alla realizzazione di  quelle  opere  di
urbanizzazione secondaria inizialmente posto a suo carico, senza  che
lo  stesso   debba   neanche   gravarsi,   a   compensazione,   della
monetizzazione degli oneri ribaltati sull'amministrazione. 
    8. Invero si potrebbe sostenere -  e  la  difesa  della  societa'
appellante  lo  ha  fatto  -  che   il   legislatore   abbia   voluto
semplicemente modificare i parametri urbanistici relativi  al  carico
insediativo stabilendo una nuova regola che di fatto incide anche sul
fabbisogno procapite di servizi pubblici, portandolo  ad  una  soglia
piu' bassa: in tale  chiave,  diminuendo  lo  standard,  la  maggiore
volumetria residenziale non genererebbe piu' la necessita',  in  capo
alla parte pubblica, di integrare i servizi pubblici, con conseguenza
insussistenza di oneri o aggravi  (neanche  per  la  parte  pubblica)
rispetto all'originario equilibrio convenzionale. 
    Ma se fosse questa la corretta esegesi della norma, essa comunque
si porrebbe in conflitto con il principio di  ragionevolezza  sotteso
all'art. 3 Cost. in quanto: 
    a) lo standard derogatorio non interesserebbe l'intera zona C, ma
solo  le  aree  gia'  oggetto  di   lottizzazione,   con   inversione
dell'ordinaria  logica  urbanistica  che  invece  impone  la   previa
definizione  regolamentare  degli  standard  ed  il  loro  successivo
recepimento della pianificazione consensuale; 
    b)  avrebbe  l'effetto  di  aumentare  il  carico  insediativo  e
diminuire gli standards, lontano dalle citta', proprio laddove invece
lo spazio a disposizione e' maggiore, lasciandoli  invece  inalterati
nelle zone B (ove anche devono essere  previsti  i  servizi  connessi
alla residenza) ove i fenomeni di  inurbazione  e  le  concentrazioni
insediative divorano spazio; 
    c) il nuovo standard rimarrebbe comunque nella disponibilita' dei
lottizzanti,  a  seconda  che  essi  chiedano  o  non   chiedano   la
«conversione», con conseguenti ripercussioni sull'ordinata e corretta
pianificazione locale, nonche' sull'affidamento dei  residenti  circa
l'originario dimensionamento degli standard; 
    d)  ma  soprattutto  -  ed  e'  probabilmente  questo  il   punto
maggiormente  dolente  -  la  modifica  dello  standard  risulterebbe
operante anche per le per le convenzioni gia' in corso di  esecuzione
e finanche gia' eseguite, come chiaramente di evince dal riferimento,
contenuto nella norma censurata, anche alla «conversione» dei servizi
connessi alla residenza gia' «realizzate». 
    In definitiva, comunque la si guardi: sia  che  la  si  consideri
come eccezionale e  sperequata  modifica  degli  assetti  urbanistici
convenzionali, sia che la si qualifichi come generale ed  eccezionale
modificazione degli standard in alcune limitate aeree del  territorio
regionale, la norma non sfugge alle critiche di irragionevolezza. 
    8.   Conclusivamente,   vanno   dichiarate   rilevanti,   e   non
manifestamente infondate le questioni di legittimita'  costituzionale
riguardanti dell'art. 18, comma 32 della legge regionale Sardegna  n.
12/2011, per contrasto, sotto diversi e concorrenti profili,  con  il
precetto di eguaglianza nonche' di ragionevolezza intrinseca  di  cui
all'art. 3 Cost., secondo quanto in premessa specificato.