IL TRIBUNALE DI PRATO Nella persona del giudice penale Jacqueline Monica Magi, ha pronunciato la seguente ordinanza. Nel procedimento n. R. 1927/14 DIB., n. 6144/13 R.G.N.R., contro S.P. difeso di fiducia dall'avv. C. Vannucchi del Foro di Prato. Per la dichiarazione di rilevanza e non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale degli articoli 168-bis del codice penale e 464-bis e seguenti del codice di procedura penale (introdotti con legge n. 67/2014) per contrasto con gli articoli 3, 24 e 27 della Costituzione. Sulla rilevanza nel caso in specie il PM citava a giudizio S.P. per farlo rispondere del reato di cui all'art. 256, comma 1, lettera a) del decreto legislativo n. 152/2006, per aver effettuato attivita' di smaltimento di rifiuti speciali non pericolosi in Vernio (Prato) nel luglio 2013. Il suo difensore depositava memoria chiedendo che si sollevasse la questione di legittimita' costituzionale di cui sopra, relativa alla legge n. 67/2014 nella parte in cui, introducendo la disciplina dell'istituto giuridico della sospensione del procedimento con messa alla prova (articoli 168-bis del codice penale e 464-bis e seguenti del codice di procedura penale), omette di fornire qualsiasi informazione circa la durata massima del lavoro di pubblica utilita' (limitandosi a prevedere che questo debba avere durata minima non inferiore a dieci giorni) ne' consente di conoscere quali siano i parametri sulla base dei quali determinarne l'entita' (e determinare l'entita' della sospensione, aggiunge la scrivente), di tal che l'imputato che intenda formulare la suddetta richiesta al fine di usufruire di tale possibilita' riconosciutagli dall'ordinamento non e' in grado di conoscere - al momento della formulazione - ne' la durata massima del lavoro di pubblica utilita' che andra' a svolgere ne' tantomeno i parametri in base ai quali esso sara' determinato, (ne' tantomeno i parametri della sospensione). Il difensore dubita della conformita' dell'istituto della messa alla prova ed in particolare della preclusione dello svolgimento del lavoro di pubblica utilita' con gli articoli 3, 24 e 27 della Costituzione. La questione appare rilevante ai fini della presente decisione e non e' manifestamente infondata. Invero, dal capo di imputazione, dagli atti contenuti nel fascicolo del dibattimento e dalla documentazione prodotta dalla difesa a sostegno della richiesta di sospensione con messa alla prova emerge la ricorrenza, nel caso di specie, di tutti i presupposti oggettivi e soggettivi che consentirebbero l'ammissione alla messa alla prova. La fattispecie di cui all'articolo e' punita con la pena dell'arresto e dell'ammenda e, quindi, con pena massima inferiore ai limiti di cui all'art. 168-bis, comma 1 del codice penale. Sono assenti le condizioni ostative ex art. 168-bis, commi 4 e 5 del codice penale, non avendo l'imputato mai usufruito prima dell'istituto in questione e non ricorrendo alcuno dei casi di cui agli articoli 103, 104, 105 e 108 del codice penale. Il caso concreto, sulla base di quanto contestato e dagli atti presenti nel fascicolo, appare di modesta gravita', in quanto relativo a un modesto smaltimento di scarti di potatura e materiale plastico. Tutto cio' premesso in ordine all'astratta ammissibilita' dell'imputato alla messa alla prova, l'unico ostacolo alla effettiva predisposizione in concreto di tale istituto deriva dalla indeterminata e vaga formulazione dell'art. 168-bis del codice penale e dell'art. 464-bis del codice di procedura penale, in ordine alle concrete modalita' di svolgimento del lavoro di pubblica utilita', non essendo specificato ne' il termine di durata massima che esso potra' avere, ne' il soggetto che dovra' determinarla ne', tantomeno, i parametri in base ai quali tale durata dovra' essere determinata. Risulta di tutta evidenza la rilevanza della questione ai fini della decisione di questo giudice in questo procedimento, atteso che, a fronte dell'astratta possibilita' per l'imputato di accedere all'istituto della messa alla prova, difettano, nell'attuale formulazione legislativa, alcune essenziali indicazioni circa la predisposizione e le modalita' della sua concreta attuazione. Sulla non manifesta infondatezza: il giudice penale ritiene di rimettere il ricorso alla ecc.ma Corte alla stregua delle seguenti osservazioni: a) con riferimento all'art. 3 Costituzione: La formulazione dell'art. 168-bis del codice penale, risulta in palese contrasto con l'art. 3 della Costituzione, che stabilisce il principio generale di uguaglianza dei cittadini di fronte all'ordinamento, principio da cui discende, quale logico corollario, il divieto di trattare situazioni omogenee in modo differenziato e, parimenti, quello di trattare in modo identico situazioni differenti. Ebbene, nel caso di specie il legislatore, con l'art. 168-bis del codice penale, ha riconosciuto la possibilita' della sospensione con messa alla prova per un numero cospicuo di reati tra loro molto diversi («reati puniti con la sola pena edittale pecuniaria o con la pena edittale detentiva non superiore nel massimo a 4 anni (sola, congiunta o alternativa a quella pecuniaria) e delitti indicati dal comma 2 dell'art. 550 del codice di procedura penale»). Trattasi di un novero di fattispecie fra loro assai differenti per tipo e per trattamento sanzionatorio: delitti e contravvenzioni, con forbici edittali di pena molto diversi. Cio', a norma dell'art. 3 Cost. imporrebbe una diversificazione della disciplina idonea ad impedire che casi tra loro diversi ricevano un identico trattamento. Cio' in particolare nei casi di pena prevista solo pecuniaria; b) con riferimento all'art. 24 Costituzione: La legge n. 67/2014, poi, stante la sua formulazione lacunosa ed indeterminata, come evidenziato, omette di indicare termine massimo di durata del lavoro di pubblica utilita', parametri e soggetto competente a determinarne l'entita'. Quanto al primo profilo, infatti, l'art. 168-bis, comma 3 del codice penale, si limita a prevedere che la durata del lavoro di pubblica utilita' debba avere durata non inferiore a dieci giorni, senza nulla aggiungere in ordine alla durata massima e ai criteri utili per la sua determinazione. Indicazioni al riguardo non si possono trarre neppure dall'art. 464-ter, comma 5 del codice di procedura penale, che si riferisce alla durata massima di sospensione del procedimento e non a quella della prestazione del lavoro di pubblica utilita' ne' puo' trovare applicazione per analogia il limite dell'art. 54 del decreto legislativo n. 274/2000, il quale trova applicazione solo ove espressamente richiamato. La formulazione eccessivamente generica di alcune disposizioni disciplinanti l'istituto in esame pare stridere col principio di tassativita' costituzionalmente sancito ed espresso anche dall'art. 1 del codice penale, che impone al legislatore, in una prospettiva garantista per il cittadino, di stabilire con sufficiente precisione il contenuto della norma penale, si' da delineare un quadro normativo certo e ben definito idoneo a soddisfare l'esigenza della certezza del diritto. Inoltre il diritto di difesa impone la conoscenza, da parte dell'imputato, delle sanzioni in cui puo' incorrere, conoscenza adesso impossibile; c) con riferimento all'art. 27 Costituzione: Il nuovo istituto, pur presentando una connotazione afflittiva, costituisce un percorso di risocializzazione e reinserimento alternativo per gli autori di reati di minore allarme sociale, che, consentendo di evitare il dibattimento, rappresenta altresi' un importante strumento deflattivo del contenzioso. Tali caratteristiche riflettono il doppio profilo, sostanziale e processuale, della sospensione con messa alla prova che si atteggia, per un verso, a causa di estinzione del reato (articoli 168-bis, 168-ter, 168-quater del codice penale) e, per altro, a procedimento speciale (titolo V-bis, articoli 464-bis - nonies del codice di procedura penale). La messa alla prova, dunque, pur non potendosi considerare formalmente una pena, ne possiede le caratteristiche sostanziali. Se cosi' stanno le cose, la mancata previsione di un limite massimo di durata e l'omessa predeterminazione dei criteri da seguire per la sua predisposizione violano il finalismo rieducativo che la sanzione penale deve indefettibilmente possedere. Sulla base di quanto detto in precedenza appare opportuna la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per una considerazione della questione con conseguente sospensione del presente giudizio.