TRIBUNALE DI FERRARA Sezione Penale Il Giudice, dott. Franco Attina', nel procedimento sopra indicato a carico di O. M. E., nato in Nigeria il ..... attualmente agli arresti domiciliari presso l'abitazione di E. J. U., ..... in Ferrara ..... n. ..... accusato del reato p. e p. dall'art. 73 comma I, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 perche', senza l'autorizzazione di cui all'art. 17, illecitamente deteneva sostanza stupefacente del tipo cocaina, in particolare deteneva in uno zaino posto all'interno della sua camera da letto - stanza che risultava in uso esclusivo al medesimo all'interno dell'abitazione sita in Ferrara ...... n. .... dieci ovuli di cocaina del peso variabile dai dieci ai quattordici grammi cadauno, per un peso complessivo della sostanza rinvenuta pari a gr. 128,255. Accertato in Ferrara il 7 ottobre 2015; Premesso che: alle ore 8,20 circa del 7 ottobre 2015, gli operanti della Questura di Ferrara effettuavano una perquisizione presso un appartamento sito in Ferrara, via ..... int. .....; nell'abitazione erano presenti due cittadini nigeriani, tale M. N. e l'attuale imputato; quest'ultimo in particolare al momento dell'accesso era il solo occupante di una camera da letto (il legittimo conduttore M. occupava l'altra camera da letto dell'appartamento) al cui interno, in un armadio, era rinvenuto uno zaino contenente dieci ovuli di sostanza poi rivelatasi cocaina (del peso variabile dai dieci ai quattordici grammi cadauno e del peso complessivo lordo pari a gr. 128,255); nello stesso armadio, nella tasca di una giacca; era rinvenuta la somma in contanti di € 7.420; sempre nella stessa stanza era trovato un rotolo di sacchetti di cellophane di colore bianco; O. .... era conseguentemente arrestato per il reato sopra indicato e tratto a giudizio; l'imputato - cittadino nigeriano incensurato e disoccupato, richiedente asilo - in sede di convalida si avvaleva della facolta' di non rispondere; dopo la convalida dell'arresto, l'applicazione della misura cautelare della custodia in carcere (poi sostituita con quella degli arresti domiciliari) e l' instaurazione del rito direttissimo, il prevenuto chiedeva procedersi con rito abbreviato condizionato allo svolgimento di una perizia tossicologica sulla sostanza in sequestro; il giudice provvedeva in conformita' e conferiva apposito incarico peritale; dalla citata perizia emergeva che la sostanza in sequestro era cocaina, del peso complessivo netto di grammi 112,34; il principio attivo era pari in media a circa il 36,8% (quantita' complessiva del principio attivo 41,34 grammi, pari a circa 112 dosi commerciali); all'udienza del 18 novembre 2015 le parti illustravano le proprie conclusioni: il Pm chiedeva - previa derubricazione nel reato ex art. 73 comma 5 decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 - la condanna ad anni due di reclusione ed € 8.000 di multa; la difesa chiedeva la citata derubricazione, l'applicazione delle attenuanti generiche e la concessione della sospensione condizionale della pena; l'imputato rendeva inoltre brevi dichiarazioni spontanee in cui, sia pur genericamente, ammetteva l'addebito e si dichiarava dispiaciuto per quanto commesso; ritenuto necessario, per poter addivenire ad una corretta decisione della causa, il pronunciamento della Corte Costituzionale in ordine ad uno specifico aspetto del trattamento sanzionatorio della fattispecie penale contestata (art. 73 comma 1, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990); Osserva il fatto posto in essere dal prevenuto, quale emerge dagli atti d'indagine e dalla perizia, risulta qualificabile ai sensi dell'art. 73 comma 1, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990: depongono in tal senso in particolare la tipologia e qualita' dello stupefacente (cocaina, con principio attivo in media pari al 36,8%) e la quantita' di sostanza detenuta (peso complessivo netto di 112,34 grammi; principio attivo totale pari a 41,34 grammi); risulta rilevante anche il possesso di una somma significativa di denaro in contanti (€ 7.420), non giustificata (il prevenuto risulta disoccupato) e quindi verosimilmente frutto di precedenti attivita' illecite; alla luce di tali specifici aspetti, il fatto non puo' pertanto qualificarsi come di «lieve entita'» e nello stesso non si puo' ravvisare l'autonomo delitto ex art. 73 comma 5 decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990; per giurisprudenza consolidata della Corte di Cassazione - ormai assurta a diritto vivente e confermata anche dopo la recente trasformazione della fattispecie circostanziale di cui all'art. 73 comma 5 decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 in autonoma fattispecie di reato (cfr. tra le altre Cass. Sez. 3, Sentenza n. 27064 del 19 marzo 2014 Rv. 259664) - «la fattispecie del fatto di lieve entita' di cui all'art. 73, comma quinto, decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 [..] puo' essere riconosciuta solo nella ipotesi di minima offensivita' penale della condotta, desumibile sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati espressamente dalla disposizione (mezzi, modalita' e circostanze dell'azione), con la conseguenza che, ove uno degli indici previsti dalla legge risulti negativamente assorbente, ogni altra considerazione resta priva di incidenza sul giudizio»; il fatto di reato ora in esame, per quanto non possa definirsi di «lieve entita'» ai sensi dell'art. 73 comma 5 decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 e debba viceversa qualificarsi ai sensi dell'art. 73 comma 1 decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, presenta comunque vari profili alla luce dei quali va ritenuto di gravita' modesta: il quantitativo di stupefacente non e' elevato ne' particolarmente «puro»; l'imputato e' incensurato, da poco tempo presente sul territorio italiano (i dattiloscopici evidenziano il primo rilievo in data 5 marzo 2015, allorche' il prevenuto presentava domanda di asilo) e disoccupato; si tratta quindi di fatto di reato plausibilmente posta in essere da parte di soggetto immigrato al fine di procurarsi i mezzi di sostentamento; in ragione del peso dei singoli ovuli, il prevenuto si colloca inoltre verosimilmente negli anelli terminali della catena dello spaccio; egli ha ammesso genericamente la propria responsabilita'; assume dunque specifica rilevanza la questione del trattamento sanzionatorio minimo previsto per la fattispecie di cui all'art. 73 comma 1 decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, della cui legittimita' costituzionale si dubita; in particolare la citata norma di cui all'art. 73 comma 1 decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 pare costituzionalmente illegittima - per violazione degli artt. 3, 25 e 27 comma 3 Cost. - nella misura in cui prevede una pena edittale minima superiore alla pena massima edittale prevista per la fattispecie di cui all'art. 73 comma 5 decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990; se e' certamente vero che la commisurazione delle sanzioni per ciascuna fattispecie di reato e' materia affidata alla discrezionalita' del Legislatore, la giurisprudenza della Corte Costituzionale ha piu' volte affermato che le scelte legislative sono tuttavia sindacabili ove trasmodino nella manifesta irragionevolezza o nell'arbitrio; i due delitti di cui all'art. 73 comma 1 e all'art. 73 comma 5 decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 sono strutturalmente omogenei, identici essendone gli elementi costitutivi; l'unico elemento distintivo attiene alla «lieve entita'» del fatto nell'ipotesi di cui all'art. 73 comma 5 decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990; l'entita' o gravita' o offensivita' del fatto di detenzione di stupefacenti (a scopo di spaccio) - dipendendo da una pluralita' di fattori (diversamente combinabili), alcuni dei quali peraltro di tipo numerico (quantita' di sostanza detenuta, percentuale di principio attivo) - e' una grandezza che puo' assumere valori variabili e in particolare valori progressivamente crescenti, con carattere di continuita'; usando una metafora geometrica, si puo' affermare che la gravita' del fatto puo' misurarsi lungo una scala che ha il carattere di una linea retta, in cui i vari valori sono giustapposti senza alcuna soluzione di continuita'; corrispondentemente nel nostro ordinamento penale, il giudice e' chiamato a commisurare la pena in funzione della variabile gravita' del reato, applicando una pena ricompresa tra il minimo ed il massimo edittale e perfettamente graduabile (anche in termini di giorni per la pena detentiva e di unita' di euro per la pena pecuniaria); in materia di stupefacenti, il legislatore ha operato una distinzione tra i fatti di «lieve entita'» e i fatti non di «lieve entita'» (qualificando i primi dapprima come reati attenuati e poi - col d.l. 36/2014, come convertito in legge - come reati autonomi); presentando una fattispecie strutturalmente identica, tali delitti si distinguono tuttavia solo per la diversa gravita' (non sono previsti ulteriori elementi di specializzazione); come si e' detto, la gravita' della detenzione di stupefacente varia - anche nel passaggio dalla fattispecie piu' lieve a quella meno lieve - in termini di continuita': vi sono cioe' dei fatti inquadrabili nell'art. 73 comma 1 solo leggermente piu' gravi di alcuni fatti (i piu' offensivi tra quelli di lieve entita') inquadrabili nell'art. 73 comma 5; sotto il profilo sanzionatorio pero' la cesura tra le due fattispecie e' netta: laddove il piu' grave tra i fatti di «lieve entita'» puo' essere al piu' punito (ai sensi dell'art. 73 comma 5) con la pena di anni quattro di reclusione (ed € 10.329 di multa), il meno grave tra quelli non di «lieve entita'» - quand'anche sia solo leggermente piu' grave del primo - e' punito come minimo con la pena di anni otto di reclusione (ed € 25.822 di multa); tale diverso trattamento risulta irragionevole e non fondato su alcun presupposto in termini di disvalore del fatto (ad un disvalore solo leggermente maggiore corrisponde una pena quanto meno doppia); risulta cosi' violata la norma di cui all'art. 3 Cost. nella misura in cui a violazioni di rilievo penale solo leggermente diverso corrisponde una reazione punitiva dello Stato enormemente diversa; in proposito va rilevato che l'ordinamento penale conosce varie altre fattispecie di reato rispetto alle quali il Legislatore ha configurato delle ipotesi di «lieve entita'» o di «minore gravita'» o di «particolare tenuita'»; e' il caso ad esempio del reato di cui all'art. 583-bis c.p. (pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili), del reato di violenza sessuale ex art. 609-bis c.p., del reato di ricettazione ex art. 648 c.p., dei reati contro la Pubblica Amministrazione cui si applica la circostanza attenuante ex art. 323-bis c.p., del reato di traffico di influenze illecite, dei reati in materia di armi da guerra cui si applica l'attenuante ex art. 5 legge n. 895/1967; nelle suddette ipotesi il legislatore ha disposto dei trattamenti sanzionatori contigui per la fattispecie ordinaria e per quella di «lieve entita'» (o di «minore gravita'» o di «particolare tenuita'»): attraverso la previsione di una diminuzione di pena (fino a un terzo o fino a due terzi a seconda dei casi) per la fattispecie piu' lieve, ha consentito al giudice di graduare la pena secondo la gravita' dei fatti, in modo tale che il trattamento per l'ipotesi di «lieve entita'» piu' grave quasi coincida con il trattamento per l'ipotesi non di lieve entita' meno grave; nel caso della ricettazione, il legislatore ha determinato in modo autonomo la pena per l'ipotesi di «particolare tenuita'», prevedendo addirittura una sovrapposizione tra i due trattamenti sanzionatori (reclusione da quindici giorni a sei anni e multa da 50 a 516 euro per la fattispecie attenuata; reclusione da due a otto anni e multa da 516 a 10.329 euro per la fattispecie ordinaria); analogo effetto e' conseguito alla sentenza della Corte Costituzionale n. 68/2012 con riguardo al delitto di sequestro di persona a scopo di estorsione; ne' vale rilevare che si tratta in tutti i casi sopra menzionati di fattispecie circostanziali attenuate, laddove quella di cui all'art. 73 comma 5 decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 - a seguito delle recenti modifiche normative - e' ormai una fattispecie autonoma di reato; come si e' detto, infatti, le due fattispecie, per quanto configurate come autonome, sono del tutto omogenee e si distinguono solo in termini di gravita' del fatto; lo stesso art. 73 decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, come riformato dal d.l. 272/2005 (come convertito in legge) prevedeva ai commi 1-1-bis e 5 dei regimi sanzionatori contigui per l'ipotesi attenuata e per quella ordinaria, in cui il mimino edittale della prima (sei anni di reclusione ed € 26.000 di multa) coincideva col massimo edittale della seconda; a seguito del d.l. 146/2013 (come convertito) si e' viceversa creato un varco tra gli intervalli edittali previsti per le due ipotesi: massimo edittale per l'ipotesi attenuata di anni cinque di reclusione (ed € 26.000 di multa) e minimo edittale per la versione ordinaria di anni sei di reclusione (ed € 26.000 di multa); tale divario si e' poi ampliato ulteriormente a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 32/2014 (che ha determinato la reviviscenza della formulazione dell'art. 73 comma 1 decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 precedente la riforma del 2006) e del d.l. 36/2014 (come convertito), che ha ridotto il massimo edittale per l'ipotesi ormai autonoma di cui al quinto comma (anni quattro di reclusione ed € 10.329 di multa), lasciando inalterato il regime sanzionatorio previsto per l'ipotesi del primo comma; in materia di stupefacenti, la norma di legge vigente preclude cosi' al giudice il necessario adeguamento della pena al caso concreto, imponendogli o l'applicazione di una pena fino a quattro anni di reclusione ed € 10.329 di multa (magari previo ricorso ad equilibrismi argomentativi per giustificare la riqualificazione ex art. 73 comma 5 decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, come talora si consta nella giurisprudenza di merito) oppure l'applicazione di una pena quanto meno di anni otto di reclusione ed € 25.822 di multa; in presenza di una gravita' solo leggermente diversa del fatto (tra il piu' offensivo fra quelli ex art. 73 comma 5 ed il meno offensivo di quelli ex art. 73 comma 1), la citata disparita' di trattamento sanzionatorio pare violare anche il principio di offensivita' del reato ricavabile dall'art. 25 Cost.; da ultimo risulta violata la norma di cui all'art. 27 comma 3 Cost. che, nel sancire che le pene «devono tendere alla rieducazione del condannato», postula il principio di proporzionalita' della pena, perche' una pena sproporzionata alla gravita' del reato commesso non potra' mai essere percepita dal condannato come giusta ed esplicare quindi la propria funzione rieducativa; al contrario il condannato - che ad esempio per alcuni grammi di stupefacente di troppo non si sia visto considerare il proprio reato come di «lieve entita'» e che quindi abbia ricevuto una pena doppia rispetto a quella altrimenti irrogabile - non potra' che percepire come irragionevole la pena e non aderira' quindi al trattamento rieducativo; alla luce di quanto precede pare dunque auspicabile un intervento della Corte costituzionale che ponga rimedio alla sperequazione sopra evidenziata, dichiarando l'illegittimita' costituzionale dell'art. 73, comma 1 decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 nella parte in cui per il reato ivi delineato prevede un minimo edittale di anni otto di reclusione ed € 25.822 di multa anziche' di anni quattro di reclusione ed € 10.329 di multa; la questione e' posta peraltro con riguardo ai soli fatti commessi a partire dal 21 maggio 2014 (data dell'entrata in vigore della legge 79/2014, che convertendo con modifiche il d.l. 36/2014 ha ridotto nei citati termini il massimo edittale previsto per l'ipotesi di cui all'art. 73, comma 5 decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990): in tale arco temporale e' stato infatti posto in essere il fatto ora in esame; diverso era del resto il regime sanzionatorio per i fatti di «lieve entita'» nei vari periodi precedenti; preme peraltro rilevare che con il richiesto intervento della Corte Costituzionale non si vanificherebbe la scelta - operata dal Legislatore col d.l. 36/2014 - di configurare come autonoma fattispecie di reato i fatti di «lieve entita'», con la creazione di un'unica fattispecie dai limiti edittali unificati; il trattamento dei due reati resterebbe infatti diverso sotto molteplici profili, sia sostanziali (ad es. ai fini della prescrizione, dell'applicabilita' della messa alla prova, della confisca ex art. 12-sexies d.l. 306/1992) che processuali (arresto obbligatorio/facoltativo; applicabilita' o meno della misura cautelare della custodia in carcere; rito ordinario piuttosto che citazione diretta a giudizio);