IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO 
                          (Sezione Seconda) 
 
    ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale 3740 del 2015, proposto da: 
        Jolly Videogiochi Srl e Soc Vallegames Srl,  in  persona  dei
legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e  difese  dall'avv.
Stefano Sbordoni, con domicilio eletto presso il suo studio in  Roma,
Via Arenula, 16; 
    Contro Ministero dell'economia e  delle  finanze,  Agenzia  delle
dogane e dei monopoli, Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri,  in
persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi
dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliati in  Roma,  Via  dei
Portoghesi, 12; 
    Nei confronti di: 
        Soc G Matica Srl (ora Admiral Gaming Network Srl), in persona
del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e  difesa  dagli
avvocati Francesco Cardarelli, Filippo Lattanzi, Diego  Campugiani  e
Claudia  Ciccolo,  con  domicilio  eletto  presso  lo  Studio  Legale
Lattanzi Cardarelli in Roma, Via G. Pierluigi da Palestrina, 47; 
        Soc Sisal Entertainment Spa; 
        Soc Lottomatica Videolot Rete  Spa,  in  persona  del  legale
rappresentante pro tempore, rappresentata  e  difesa  dagli  avvocati
Alessandro Botto, Filippo Pacciani  e  Valeria  Viti,  con  domicilio
eletto presso il loro studio professionale in Roma, Via di San Nicola
Da Tolentino, 67; 
        Cogetech S.p.A., in persona  del  legale  rappresentante  pro
tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Carlo Geronimo Cardia,  con
domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale Parioli, 24; 
        Codere Network Spa, in persona del legale rappresentante  pro
tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Francesco  Cardarelli,
Diego Campugiani, Filippo Lattanzi, Claudia  Ciccolo,  con  domicilio
eletto presso Studio Legale Lattanzi - Cardarelli  in  Roma,  Via  G.
Pierluigi da Palestrina, 47; 
    Per l'annullamento: 
        del provvedimento/determina prot. 4076/RU in data 15  gennaio
2015 dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli; 
        della legge provvedimento costituita dall'art. 1, comma  649,
della legge n. 190/2014 (cd. legge di Stabilita' 2015); 
        di  ogni  altro  atto  presupposto,  conseguente  o  comunque
connesso; 
        nonche' per la disapplicazione, anche previa rimessione  alla
Corte  costituzionale  e/o  alla   Corte   di   giustizia   UE,   per
illegittimita' costituzionale e/o europea  dell'art.  1,  comma  649,
della legge n. 190 del 2014 (legge di stabilita' 2015). 
    Visti il ricorso e i relativi allegati; 
    Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'Avvocatura generale
dello Stato; 
    Visti gli atti di costituzione in giudizio di Soc  G  Matica  Srl
(ora Admiral Gaming Network Srl), di Soc  Lottomatica  Videolot  Rete
Spa, di Cogetech S.p.A. e di Codere Network Spa; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Relatore nell'udienza pubblica del  giorno  21  ottobre  2015  il
dott. Roberto Caponigro  e  uditi  per  le  parti  i  difensori  come
specificato nel verbale; 
 
       Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue 
 
    Le ricorrenti espongono di avere in essere, con  alcune  Societa'
titolari di concessione per la realizzazione e  la  conduzione  della
rete per  la  gestione  telematica  del  gioco  lecito  mediante  gli
apparecchi da divertimento di  cui  all'art.  110,  comma  6,  TULPS,
contratti per la gestione di tali apparecchi da gioco. 
    Soggiungono che, in forza di tali contratti, hanno i  compiti  di
raccolta  delle  giocate,  di  manutenzione  e  distribuzione   degli
apparecchi  e  di  tutte  le  attivita'  connesse  ad   un   corretto
funzionamento dell'apparecchio. 
    Rappresentano che l'art. 1, comma 649, della  legge  n.  190  del
2014 ha richiesto un ulteriore onere di 500 milioni in capo a tutti i
soggetti della filiera. 
    Di talche', avendo l'Agenzia delle dogane e dei  monopoli  emesso
in data 15 gennaio 2015 il provvedimento  attuativo  di  tale  norma,
hanno proposto il presente ricorso, articolato nei seguenti motivi di
impugnativa: 
Eccesso di potere nelle sue figure sintomatiche  dello  sviamento  di
potere ed erronea valutazione dei presupposti di diritto.  Violazione
della direttiva comunitaria 98/34/CE e della  relativa  normativa  di
esecuzione e recepimento. 
    I testi  della  norma  primaria  e  della  conseguente  determina
conterrebbero regole tecniche e misure di  carattere  finanziario  ai
sensi dell'art. 1, comma 11, della direttiva  in  epigrafe,  che  non
risulterebbero essere state rese note all'UE. 
Violazione dei principi  di  uguaglianza,  ragionevolezza,  legittimo
affidamento e certezza del diritto, concorrenza, imparzialita',  buon
andamento, trasparenza, logicita',  proporzionalita'  e  adeguatezza.
Violazione art. 1372 e ss. codice civile Violazione articoli 25, 41 e
42 Cost. 
    La norma avrebbe le caratteristiche di  una  legge  provvedimento
perche' agisce direttamente nella sfera privatistica di soggetti  ben
identificati. 
    La previsione di corrispondere da parte dei gestori  direttamente
ai  concessionari  l'intero  importo   prelevato   dagli   apparecchi
renderebbe di fatto impossibile le prestazioni previste a carico  dei
gestori di approvvigionamento di monete degli apparecchi; il gestore,
in tal modo, si vedrebbe riconosciuto il compenso solo  dopo  che  il
concessionario  ha  corrisposto  il  dovuto  allo   Stato.   Inoltre,
l'obbligo di rinegoziazione dei contratti costituirebbe condicio sine
qua non per ottenere i compensi per l'attivita' svolta dai gestori. 
Eccesso di potere per disparita'  di  trattamento,  irragionevolezza,
contraddittorieta' con atti precedenti.  Lesione  del  principio  del
legittimo  affidamento  e  ingiustizia  manifesta.  Violazione  degli
articoli 23 e 53 Cost. Violazione art. 14, comma 2, lettera g), legge
n. 23 del 2014. 
    La disparita' di trattamento della  norma  si  rivelerebbe  anche
nell'individuazione quali destinatari dei soli soggetti del  comparto
dei giochi mediante apparecchi AWP e VLT. 
    La disposizione di legge, unitamente alla  quantificazione  degli
importi ed al numero di  apparecchi  stabilito  dalla  determina  ADM
impugnata, sarebbe in contrasto con quanto  stabilito  dall'art.  14,
comma 2, lettera g), legge n. 23 del 2014. 
Eccesso di potere per disparita'  di  trattamento,  irragionevolezza,
contraddittorieta' con atti precedenti.  Lesione  del  principio  del
legittimo affidamento e ingiustizia manifesta.  Violazione  dell'art.
11 delle preleggi. Violazione art. 14, comma 2, lettera g), legge  n.
23 del 2014. 
    L'individuazione   degli   apparecchi   operativi   di    ciascun
concessionario al 31 dicembre 2014 sarebbe irragionevole. 
Violazione  dei  principi  comunitari  articoli  101,  102,  106  del
Trattato sul funzionamento UE. Violazione art. 117 Cost. 
    La norma, per la  sua  irretroattivita',  sarebbe  violativa  del
principio del legittimo affidamento e di certezza del diritto. 
    Le ricorrenti hanno quindi formulato istanza di  rimessione  alla
Corte costituzionale della questione di  legittimita'  costituzionale
della legge n. 190 del 2014. 
    L'Avvocatura generale dello  Stato,  con  analitica  memoria,  ha
contestato la fondatezza delle argomentazioni prospettate concludendo
per il rigetto del ricorso. 
    I concessionari Cogetech  S.p.A.,  Admiral  Gaming  Network  Srl,
Lottomatica Videolot Rete Spa e Codere Network Spa si sono costituiti
in giudizio. 
    Con ordinanza 20 luglio 2015, n. 9761, questa  Sezione  ha  cosi'
disposto: 
        «Visto che le Societa' ricorrenti sono "gestori"  nell'ambito
della filiera  del  gioco  mediante  apparecchi  da  divertimento  ed
intrattenimento; 
    Visto che l'art. 1, comma 649, della legge n. 190 del 2014 (legge
di stabilita' 2015),  a  fini  di  concorso  al  miglioramento  degli
obiettivi di finanza pubblica e in anticipazione  del  piu'  organico
riordino  della  misura  degli  aggi  e  dei  compensi  spettanti  ai
concessionari e agli altri operatori  di  filiera  nell'ambito  delle
reti di raccolta del gioco  per  conto  dello  Stato,  in  attuazione
dell'art. 14, comma 2, lettera g), della legge 11 marzo 2014, n.  23,
ha stabilito in 500 milioni di euro su base  annua  la  riduzione,  a
decorrere dall'anno 2015, delle risorse  statali  a  disposizione,  a
titolo di compenso, dei concessionari e dei soggetti che, secondo  le
rispettive competenze, operano nella gestione e  raccolta  del  gioco
praticato mediante apparecchi di cui all'art. 110, comma 6, del testo
unico di cui al regio decreto n. 773 del 1931; 
    Visto che, ai sensi dell'art. 1, comma  649,  lettera  c),  della
legge n. 190 del 2014, i concessionari, nell'esercizio delle funzioni
pubbliche loro attribuite, ripartiscono con gli  altri  operatori  di
filiera  le  somme  residue,  disponibili  per   aggi   e   compensi,
rinegoziando i relativi contratti e  versando  gli  aggi  e  compensi
dovuti esclusivamente a fronte  della  sottoscrizione  dei  contratti
rinegoziati; 
    Visto che l'impugnato  decreto  ministeriale  dell'Agenzia  delle
dogane e dei monopoli del 15 gennaio 2015, ha  determinato,  ai  fini
ripartizione del versamento del detto importo di 500 milioni di euro,
il numero degli apparecchi di cui all'art. 110, comma 6, lettere a) e
b), del regio decreto n. 773 del 1931,  e  successive  modificazioni,
riferibili a ciascuno concessionario alla data del 31 dicembre  2014,
provvedendo  a   ripartire   il   versamento   annuale   in   maniera
proporzionale  al  numero  di   apparecchi   riferibili   a   ciascun
concessionario; 
    Rilevato che l'intervento legislativo, da un lato,  e'  destinato
ad  incidere  sui  margini  di  redditivita'  degli  operatori  della
filiera,  dall'altro,  determina  la  modifica  dei   meccanismi   di
funzionamento della filiera ridefinendo i rapporti tra  concessionari
ed altri operatori della filiera stessa; 
    Rilevato, di conseguenza, che,  per  taluni  profili,  gestori  e
concessionari perseguono il medesimo interesse, mentre, per i profili
attinenti alla  ridefinizione  dei  loro  rapporti,  i  concessionari
devono essere considerati controinteressati al presente ricorso; 
    Rilevato che i ricorrenti hanno notificato  il  presente  ricorso
solo ad alcuni ma non  a  tutti  i  concessionari,  come  individuati
analiticamente nello stesso decreto impugnato; 
    Ritenuto, di conseguenza, che debba  essere  ordinata,  ai  sensi
dell'art. 49, comma 1, c.p.a., l'integrazione del contraddittorio nei
confronti dei litisconsorti necessari pretermessi, da individuare nei
concessionari non ancora ritualmente evocati in giudizio; 
    Ritenuto di fissare il termine perentorio del 31 agosto 2015  per
il deposito della prova delle avvenute notifiche; 
    Ritenuto di fissare per il prosieguo l'udienza  pubblica  del  21
ottobre 2015». 
    Le ricorrenti hanno provveduto ad integrare il contraddittorio. 
    La parte ricorrente e l'amministrazione resistente hanno prodotto
altre memorie a sostegno ed illustrazione delle rispettive ragioni. 
    La causa e' stata trattenuta in  decisione  all'udienza  pubblica
del 21 ottobre 2015. 
    2. L'Agenzia delle dogane e dei monopoli gestisce  l'offerta  del
gioco lecito tramite apparecchi da divertimento ed intrattenimento di
cui all'art. 110, comma  6,  del  TULPS  ed  a  tal  fine  seleziona,
attraverso procedure ad evidenza pubblica, i soggetti cui affidare in
concessione la realizzazione e conduzione della rete per la  gestione
telematica del gioco. 
    I  concessionari,  che  hanno  sottoscritto  una  convenzione  di
concessione di durata novennale, sono attualmente tredici. 
    Gli apparecchi da divertimento  e  intrattenimento  sono  di  due
tipi: le Amusement With Prizes (AWP)  e  le  Video  Lottery  Terminal
(VLT). 
    Le AWP sono  apparecchi  che  vengono  installati  principalmente
presso esercizi generalisti primari (come, ad esempio,  i  bar  e  le
rivendite di tabacchi), denominati «esercenti», ed  operano  con  una
posta massima di 1 euro a fronte di una possibile vincita massima  di
100 euro. Tali apparecchi, generalmente, sono acquistati o noleggiati
da operatori  terzi,  i  cc.dd.  «gestori»,  che  si  occupano  anche
dell'installazione  e  della  manutenzione  presso  gli  «esercenti»,
titolari di esercizi commerciali dotati di  specifica  autorizzazione
ai sensi del TULPS, a loro volta convenzionati con gli stessi gestori
o con i concessionari. 
    Nella filiera del  comparto  delle  VLT,  invece,  e'  di  solito
assente il gestore perche' gli apparecchi sono  forniti  direttamente
dal  concessionario,  che  si  prende  carico  dell'intera   gestione
operativa degli stessi. La posta di gioco con le  VLT  e'  consentita
fino a 100 euro, mentre la vincita conseguibile arriva fino  a  5.000
euro. 
    I rapporti tra lo Stato  ed  i  concessionari  sono  regolati  da
apposite convenzioni, mentre i rapporti tra concessionari, gestori ed
esercenti sono regolati da contratti  di  diritto  privato,  che  non
rispondono a modelli tipo  redatti  o  approvati  dall'Agenzia  delle
dogane e dei monopoli. 
    Il compenso  spettante  ai  concessionari  e'  calcolato  in  via
residuale, in quanto e' pari all'importo delle giocate dedotti: 
    le vincite pagate ai giocatori (che non possono essere  inferiori
al 74% degli importi giocati per le AWP e all'85% per le VLT); 
    gli importi dovuti agli altri operatori della filiera, gestori ed
esercenti, sulla base dei contratti di diritto privato con gli stessi
stipulati; 
    gli importi dovuti  all'Agenzia  delle  dogane  e  dei  monopoli,
principalmente a titolo di canone di concessione; 
    gli importi dovuti all'Erario, principalmente il  PREU  ai  sensi
dell'art. 39, comma 13, decreto-legge n. 269 del 2013, convertito con
legge n. 326 del 2013, e dell'art. 1, comma 531, della legge  n.  266
del 2005, attualmente pari al 13% delle giocate  per  gli  apparecchi
AWP ed al 5% delle giocate per gli apparecchi VLT. 
    Il compenso spettante ai gestori,  come  detto,  e'  pattuito  in
contratti di diritto privato stipulati con i concessionari. 
    La remunerazione  dei  concessionari  e  dell'intera  filiera  di
gestori  ed  esercenti  che  ad  essi  fa  capo,   quindi,   proviene
dall'insieme delle giocate ed e' carico  dello  Stato  in  quanto  il
denaro, una volta inserito  nell'apparecchio  da  gioco,  diviene  di
proprieta' dello Stato. 
    3. L'art. 14 della legge n. 23 del 2014 ha delegato il Governo ad
attuare «il riordino delle disposizioni vigenti in materia di  giochi
pubblici, riordinando tutte le norme in vigore  in  un  codice  delle
disposizioni sui giochi,  fermo  restando  il  modello  organizzativo
fondato  sul  regime  concessorio   e   autorizzatorio,   in   quanto
indispensabile  per  la  tutela  della  fede,  dell'ordine  e   della
sicurezza pubblici, per il contemperamento degli  interessi  erariali
con quelli  locali  e  con  quelli  generali  in  materia  di  salute
pubblica,  per  la  prevenzione  del  riciclaggio  dei  proventi   di
attivita' criminose, nonche' per garantire il regolare  afflusso  del
prelievo tributario gravante sui giochi». 
    Tra i principi e criteri direttivi cui dovra'  essere  improntato
il riordino, la lettera g) del secondo comma  prevede  la  «revisione
degli aggi e dei compensi spettanti ai  concessionari  e  agli  altri
operatori secondo un criterio di progressivita' legata ai  volumi  di
raccolta delle giocate». 
    L'art. 1, comma 649, della  legge  n.  190  del  2014  (legge  di
stabilita' per il 2015), nelle more, ha stabilito che: 
    «A fini di concorso al miglioramento degli obiettivi  di  finanza
pubblica e in anticipazione del piu' organico riordino  della  misura
degli aggi e dei compensi spettanti ai  concessionari  e  agli  altri
operatori di filiera nell'ambito delle reti di raccolta del gioco per
conto dello Stato, in attuazione dell'art. 14, comma 2,  lettera  g),
della legge 11 marzo 2014, n. 23, e' stabilita in 500 milioni di euro
su base annua la riduzione, a decorrere dall'anno 2015, delle risorse
statali a disposizione, a titolo di compenso, dei concessionari e dei
soggetti  che,  secondo  le  rispettive  competenze,  operano   nella
gestione e raccolta del gioco praticato mediante  apparecchi  di  cui
all'art. 110, comma 6, del testo unico di cui  al  regio  decreto  18
giugno 1931, n. 773. Conseguentemente, dal 1° gennaio 2015: 
    ai  concessionari  e'  versato  dagli  operatori  della   filiera
l'intero ammontare della raccolta  del  gioco  praticato  mediante  i
predetti apparecchi, al netto delle vincite pagate.  I  concessionari
comunicano all'Agenzia delle dogane e dei monopoli i nominativi degli
operatori di filiera che non effettuano  tale  versamento,  anche  ai
fini dell'eventuale  successiva  denuncia  all'autorita'  giudiziaria
competente; 
    i concessionari, nell'esercizio  delle  funzioni  pubbliche  loro
attribuite, in aggiunta a quanto versato allo Stato ordinariamente, a
titolo di imposte ed altri oneri  dovuti  a  legislazione  vigente  e
sulla  base  elle  convenzioni  di  concessione,   versano   altresi'
annualmente la somma di 500 milioni di euro, entro i mesi di aprile e
di ottobre di ogni anno, ciascuno in quota proporzionale al numero di
apparecchi ad essi riferibili alla data del  31  dicembre  2014.  Con
provvedimento del direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli,
adottato  entro  il  15  gennaio  2015,  previa  ricognizione,   sono
stabiliti  il  numero  degli  apparecchi  ...  riferibili  a  ciascun
concessionario, nonche' le modalita' di effettuazione del versamento.
Con analogo provvedimento si provvede, a  decorrere  dall'anno  2016,
previa  periodica  ricognizione,  all'eventuale   modificazione   del
predetto numero di apparecchi; 
    i concessionari, nell'esercizio  delle  funzioni  pubbliche  loro
attribuite, ripartiscono con gli altri operatori di filiera le  somme
residue, disponibili per aggi e  compensi,  rinegoziando  i  relativi
contratti e versando gli aggi  e  compensi  dovuti  esclusivamente  a
fronte della sottoscrizione dei contratti rinegoziati». 
    L'Agenzia delle dogane e dei monopoli,  con  l'impugnato  decreto
direttoriale del 15 gennaio 2015,  ai  fini  della  ripartizione  del
versamento  dell'anzidetto  importo  di  500  milioni  di  euro,   ha
individuato  il  numero  degli  apparecchi   riferibile   a   ciascun
concessionario alla data del 31 dicembre 2014, per cui  ha  ripartito
in  maniera  proporzionale  il  versamento,  stabilendo  che  ciascun
concessionario effettua lo stesso nella misura del 40%  entro  il  30
aprile 2015 e per il residuo 60% entro il 31 ottobre 2015. 
    Ne consegue che, in ragione del disposto della norma di legge  la
cui legittimita' costituzionale e'  in  questa  sede  contestata,  il
compenso spettante all'intera filiera si ottiene sottraendo al totale
delle somme raccolte non soltanto: 
    le vincite pagate ai giocatori (che non possono essere  inferiori
al 74% degli importi giocati per le AWP e all'85% per le VLT); 
    gli importi dovuti  all'Agenzia  delle  dogane  e  dei  monopoli,
principalmente a titolo di canone di concessione; 
    gli importi dovuti all'Erario, principalmente il  PREU  ai  sensi
dell'art. 39, comma 13, decreto-legge n. 269 del 2013, convertito con
legge n. 326 del 2013, e dell'art. 1, comma 531, della legge  n.  266
del 2005, attualmente pari al 13% delle giocate  per  gli  apparecchi
AWP ed al 5% per gli apparecchi VLT; 
    ma anche: 
        il versamento dovuto allo Stato ai sensi dell'art.  1,  comma
649, lettera b), della legge n. 190 del 2014 (legge di stabilita' per
il 2015). 
    Il compenso spettante ai gestori, peraltro, essendo questi tenuti
a versare l'intero ammontare della raccolta  ai  concessionari  senza
piu' trattenere dalle somme versate quelle spettanti, e'  subordinato
alla rinegoziazione del contratto con il concessionario imposto dalla
norma di legge. 
    4. Il Collegio ritiene che sia  rilevante  e  non  manifestamente
infondata la questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,
comma 649, della legge n. 190 del 2014 
    4.1 La questione si presenta all'evidenza rilevante ai fini della
decisione  della   controversia   in   quanto   l'impugnato   decreto
direttoriale del 15 gennaio 2015 e' stato adottato nell'esercizio  di
un potere del tutto  vincolato  e,  in  particolare,  nella  doverosa
applicazione della richiamata norma di legge, sicche' la  definizione
del presente  giudizio  discende  inevitabilmente  dalla  risoluzione
della questione di legittimita' costituzionale. 
    4.2 Detta questione, oltre che rilevante ai fini della  decisione
della controversia, non e' manifestamente infondata alla  luce  degli
insegnamenti della Corte costituzionale in subiecta materia. 
    La Corte, con sentenza n. 92 del 22  maggio  2013,  ha  giudicato
costituzionalmente  illegittimo,  per  violazione  del  principio  di
ragionevolezza, l'art. 38, commi 2, 4, 6 e 10  del  decreto-legge  n.
269 del 2003, convertito dalla legge n. 326 del 2003 nella  parte  in
cui determina effetti retroattivi in peius sul  regime  dei  compensi
spettanti  ai  custodi  di  veicoli  sottoposti  a  sequestro,  fermo
amministrativo e confisca. 
    In tale circostanza, il Giudice delle leggi ha rappresentato  che
la ragionevolezza complessiva della trasformazione  alla  quale  sono
stati assoggettati i rapporti negoziali deve «essere  apprezzata  nel
quadro di un altrettanto ragionevole contemperamento degli  interessi
- tutti di rango costituzionale, comunque ancorabili al parametro  di
cui all'art. 3 Cost. -  che  risultano  nella  specie  coinvolti;  ad
evitare che una generalizzata esigenza di contenimento della  finanza
pubblica   possa   risultare,   sempre   e    comunque,    e    quasi
pregiudizialmente, legittimata a  determinare  la  compromissione  di
diritti maturati o la lesione di consolidate sfere di interessi,  sia
individuali, sia anche collettivi». 
    La Corte, nella successiva sentenza n. 56 del 2015, ha dichiarato
non fondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art.  1,
comma 79, della legge n. 220 del 2010, in riferimento  agli  articoli
3, 41, comma primo, e 42, terzo comma, Cost.;  tali  norme  prevedono
l'aggiornamento dello  schema  tipo  di  convenzione  accessiva  alle
concessioni per l'esercizio e la  raccolta  non  a  distanza,  ovvero
comunque attraverso rete fisica, dei giochi pubblici, in modo  che  i
concessionari siano dotati dei nuovi «requisiti» e accettino i  nuovi
«obblighi» prescritti, rispettivamente, nelle lettere  a)  e  b)  del
comma 78, e  che  i  contenuti  delle  convenzioni  in  essere  siano
adeguati agli «obblighi» di cui sopra. 
    La legge n. 220 del 2010 (legge di stabilita' per  il  2011),  in
particolare, ha introdotto le norme oggetto di censura a garanzia  di
plurimi interessi pubblici, quali la trasparenza, la  pubblica  fede,
l'ordine pubblico  e  la  sicurezza,  la  salute  dei  giocatori,  la
protezione dei minori e delle fasce di giocatori adulti piu'  deboli,
la protezione degli  interessi  erariali  relativamente  ai  proventi
pubblici derivanti dalla raccolta del gioco; con esse,  sia  i  nuovi
concessionari,  sia  i  titolari  delle  concessioni  in  corso  sono
assoggettati a nuovi «obblighi», in prevalenza di natura  gestionale,
diretti al mantenimento di indici di solidita' patrimoniale per tutta
la durata del rapporto ed  a  questi  si  affiancano  «obblighi»  che
concorrono alla protezione  dei  consumatori  e  alla  riduzione  dei
rischi  connessi  al  gioco  o  che  introducono  clausole  penali  e
meccanismi diretti a rendere effettive le cause  di  decadenza  della
concessione.  Sono  infine  previsti   «obblighi»   di   prosecuzione
interinale dell'attivita' e di cessione non onerosa o di  devoluzione
all'amministrazione  concedente,  su  sua   richiesta,   della   rete
infrastrutturale di gestione e raccolta del gioco  dopo  la  scadenza
del rapporto. 
    Nel caso richiamato, si e' posto in rilievo che  «il  valore  del
legittimo affidamento riposto nella  sicurezza  giuridica  trova  si'
copertura costituzionale nell'art. 3 Cost., ma non  gia'  in  termini
assoluti  ed  inderogabili.  Per  un  verso,  infatti,  la  posizione
giuridica che da' luogo a un ragionevole affidamento nella permanenza
nel tempo  di  un  determinato  assetto  regolatorio  deve  risultare
adeguatamente consolidata, sia per essersi protratta per  un  periodo
sufficientemente lungo, sia per essere sorta in un contesto giuridico
sostanziale atto a  far  sorgere  nel  destinatario  una  ragionevole
fiducia nel suo mantenimento. Per  altro  verso,  interessi  pubblici
sopravvenuti possono esigere interventi normativi diretti a  incidere
peggiorativamente anche su posizioni consolidate, con l'unico  limite
della proporzionalita'  dell'incisione  rispetto  agli  obiettivi  di
interesse pubblico». 
    Ne consegue che «non e'  affatto  interdetto  al  legislatore  di
emanare  disposizioni  le  quali  vengano  a  modificare   in   senso
sfavorevole per i beneficiari la disciplina dei rapporti  di  durata,
anche se l'oggetto di questi sia  costituito  da  diritti  soggettivi
perfetti,  unica  condizione  essendo  che  tali   disposizioni   non
trasmodino in un regolamento irrazionale, frustrando, con riguardo  a
situazioni sostanziali fondate sulle leggi precedenti,  l'affidamento
dei cittadini nella sicurezza giuridica, da intendersi quale elemento
fondamentale dello Stato di diritto». 
    Nella fattispecie in esame, gli interessi pubblici tutelati  sono
individuabili nella necessita', a fronte della profonda e  perdurante
crisi finanziaria che ha  progressivamente  colpito  anche  lo  Stato
italiano, di un maggiore concorso agli obiettivi di finanza  pubblica
da parte della filiera che opera nella gestione e raccolta del  gioco
praticato mediante apparecchi di cui all'art.  110,  comma  6,  Testo
unico n. 773 del 1931. 
    Al fine di valutare  il  superamento  o  meno  del  limite  della
proporzionalita' rispetto agli obiettivi di  interesse  pubblico,  la
Sezione, con  ordinanze  pronunciate  nei  contenziosi  proposti  dai
concessionari per contestare la  stessa  previsione  legislativa,  ha
disposto incombenti istruttori a carico delle parti per  individuare,
in linea di massima, in che misura la riduzione del compenso  di  500
milioni  a  carico  dell'intera  filiera  incida   sui   margini   di
redditivita' della singola impresa. 
    I soggetti interessati hanno depositato copia dei conti economici
relativi ai bilanci al 31 dicembre 2013 e al 31  dicembre  2014,  con
una tabella riassuntiva,  per  ciascuno  dei  due  anni,  del  valore
aggiunto (intendendosi per tale il valore della produzione  al  netto
del costo delle materie prime  consumate  e  del  costo  dei  servizi
esterni  e  di  altri  eventuali  costi  di  gestione),  del  margine
operativo lordo (intendendosi per tale il valore  aggiunto  al  netto
del costo del lavoro) e del  risultato  operativo  (intendendosi  per
tale il margine operativo lordo al netto degli ammortamenti  e  degli
accantonamenti della gestione tipica)  nonche'  con  indicazione  dei
compensi complessivamente riconosciuti negli anni 2013  e  2014  agli
altri operatori della propria filiera. 
    Dalla documentazione prodotta nei relativi giudizi e' emerso che,
generalmente, l'incidenza del versamento imposto non appare violativo
del principio di proporzionalita', vale  a  dire  del  «limite  della
proporzionalita' dell'incisione rispetto agli obiettivi di  interesse
pubblico»,   indicato   dalla   richiamata   sentenza   della   Corte
costituzionale n. 56 del 2015. 
    Il Collegio, tuttavia, ritiene che la norma di  cui  all'art.  1,
comma 649, della legge di  stabilita'  per  il  2015  presenti  altri
profili che rendono la questione di legittimita'  costituzionale  non
manifestamente infondata in relazione agli articoli 3 e 41, comma  1,
Cost. 
    Viene qui in rilievo il canone di ragionevolezza,  assurto  nella
giurisprudenza costituzionale a clausola generale, anche quale limite
immanente all'esercizio della discrezionalita' del legislatore. 
    Tale giudizio di ragionevolezza, per lungo  tempo  caratterizzato
dalla necessaria individuazione di un termine di  raffronto  (tertium
comparationis) soltanto a fronte del quale  la  normativa  denunciata
puo' rivelarsi incostituzionale (schema di giudizio ternario), si  e'
via via affrancato dal giudizio di comparazione  ed  e'  divenuto  un
canone autonomo. 
    L'autonomia  della  ragionevolezza  rispetto   al   giudizio   di
eguaglianza appare con tutta evidenza laddove l'art.  3  Cost.  viene
evocato  congiuntamente  sotto  il  profilo   della   disparita'   di
trattamento e sotto  il  profilo  della  ragionevolezza  e  la  Corte
argomenta distintamente per ciascuno dei due profili. 
    Il Collegio ritiene che la norma  contestata  presenti  dubbi  di
compatibilita' costituzionale con riferimento sia  al  profilo  della
disparita' di trattamento sia al profilo della ragionevolezza. 
    Con riguardo alla ragionevolezza, va in primo  luogo  considerato
che l'intervento legislativo e' avvenuto in dichiarata  anticipazione
del piu' organico riordino della misura degli  aggi  e  dei  compensi
spettanti  ai  concessionari  e  agli  altri  operatori  di   filiera
nell'ambito delle reti di raccolta del gioco per conto  dello  Stato,
in attuazione dell'art. 14, comma 2, lettera g), della  legge  n.  23
del 2014. 
    Sennonche', mentre il criterio per il riordino previsto dall'art.
14, comma 2, lettera g), della  legge  n.  23  del  2014  prevede  la
revisione degli aggi e compensi spettanti  ai  concessionari  e  agli
altri operatori «secondo un  criterio  di  progressivita'  legata  ai
volumi di raccolta delle  giocate»,  la  norma  in  contestazione  ha
previsto la riduzione dei compensi in «quota proporzionale» al numero
di apparecchi riferibili ai concessionari alla data del  31  dicembre
2014. 
    Ne consegue che, sebbene sia stato  fatto  specifico  riferimento
alla norma che prevede il criterio di riduzione degli aggi e compensi
secondo un «criterio di progressivita' legata ai volumi  di  raccolta
delle  giocate»,  il  criterio  introdotto  per   ripartire   tra   i
concessionari l'importo totale di euro 500 milioni e' legato  non  ad
un dato di flusso, quale i volumi di raccolta delle giocate, ma ad un
dato fisso, quale il numero di apparecchi esistenti  e  riferibili  a
ciascun concessionario al 31 dicembre 2014 o in sede di  ricognizione
successiva. 
    Tale contraddizione, ad avviso del Collegio, e' di per se' idonea
ad indurre il sospetto che la norma di cui  all'art.  1,  comma  649,
della legge di stabilita' per il 2015 abbia violato sia il  principio
di ragionevolezza che quello di uguaglianza. 
    Premessa,  infatti,  la   contraddittorieta'   intrinseca   della
disposizione che afferma di attuare una norma e poi in concreto se ne
discosta, appare illogico il riferimento ad un dato statico (sia pure
soggetto ad aggiornamento), cioe' il numero di apparecchi  riferibile
a ciascun concessionario ad una  certa  data,  anziche'  ad  un  dato
dinamico, il volume di raccolta delle giocate, in quanto la capacita'
di reddito di ogni singolo concessionario e della relativa filiera e'
misurata in maniera molto piu' propria dall'entita' complessiva degli
importi incassati  che  dal  numero  degli  apparecchi  riferibile  a
ciascun soggetto. 
    Il criterio individuato,  in  altri  termini,  postula  che  ogni
apparecchio effettui uno stesso volume di giocate, il che appare  del
tutto implausibile. 
    Analogamente, il criterio individuato dalla norma sembra  violare
il principio di uguaglianza in  quanto,  essendo  il  riferimento  al
numero  di  apparecchi  riferibile  a  ciascun   concessionario   non
compiutamente indicativo dei  margini  di  reddito  conseguiti  dallo
stesso, la ripartizione della riduzione dei compensi potrebbe  andare
a beneficio degli operatori i cui apparecchi registrano mediamente un
maggior volume di giocate ed  a  detrimento  degli  operatori  i  cui
apparecchi, invece, registrano mediamente un minor volume di giocate. 
    La previsione normativa, in  sostanza,  sembra  avere  violato  i
canoni di ragionevolezza e  parita'  di  trattamento  presumendo,  in
maniera illogica, che ciascun apparecchio da intrattenimento abbia la
stessa potenzialita' di reddito laddove quest'ultima dipende  da  una
molteplicita' di fattori (quali, in primo luogo,  la  differenza  tra
AWP e VLT e, poi, ad esempio, il comune, il quartiere, la  strada  in
cui l'apparecchio e' situato nonche' la  sua  ubicazione  all'interno
del  locale)  che  rendono  implausibile  il  criterio   scelto   dal
legislatore. 
    La violazione del principio di ragionevolezza e  di  uguaglianza,
peraltro, e' individuabile anche con riferimento al fatto che, mentre
la legge delega n.  23  del  2014,  ha  previsto  il  riordino  delle
disposizioni vigenti in materia di giochi  pubblici  e,  quindi,  del
loro intero sistema, la norma in contestazione incide solo sui giochi
praticati mediante apparecchi di cui all'art.  110,  comma  6,  Testo
unico n. 773 del 1931 e, per  l'effetto,  e'  destinata  solo  ad  un
segmento, sia pure di enorme rilievo, al suo interno. 
    Va  da  se'  che  la  descritta  irragionevole  ripartizione  del
versamento   imposto   tra   i   concessionari   potrebbe    produrre
un'alterazione del libero gioco della  concorrenza  tra  gli  stessi,
favorendo quelli che, in presenza di una redditivita'  superiore  per
singolo apparecchio, si trovano a versare, in proporzione  al  volume
di giocate raccolte, un importo minore,  per  cui  possono  destinare
maggiori risorse agli investimenti e, in senso piu'  lato,  favorendo
gli operatori del settore dei giochi pubblici diversi  da  quelli  in
discorso. 
    La questione di legittimita' costituzionale della  norma  di  cui
all'art. 1, comma 649,  della  legge  n.  190  del  2014  non  appare
manifestamente  infondata  anche  con  riferimento  alla   violazione
dell'art. 41, comma 1, Cost. che sancisce il  principio  di  liberta'
dell'iniziativa economica privata. 
    Il Collegio, in via preliminare, rileva che, qualora si tratti di
soggetti  privati  che,   nell'intraprendere   attivita'   d'impresa,
sostengono consistenti investimenti, la legittima aspettativa ad  una
certa stabilita' nel tempo  del  rapporto  concessorio  gode  di  una
particolare tutela costituzionale, riconducibile non solo all'art.  3
Cost., ma anche all'art. 41 Cost. 
    In  particolare,  il  legittimo   affidamento   dell'imprenditore
implica l'aspettativa che le sopravvenienze normative  non  finiscano
per vanificare l'iniziativa economica intrapresa e  gli  investimenti
sostenuti, atteso che, se l'imprenditore evidentemente deve  assumere
su di se' i rischi d'impresa derivanti da mutamenti della  situazione
di fatto, non puo' dirsi  allo  stesso  modo  per  le  sopravvenienze
normative che incidono sulle condizioni  economiche  stabilite  nella
convenzione accessiva al rapporto concessorio. 
    Nel caso di specie, se, da un lato, il  versamento  imposto,  pur
incidendo significativamente sul sinallagma contrattuale, non  appare
prima facie violativo del richiamato «principio di  proporzionalita'»
scolpito nella sentenza n. 56 del 2015, dall'altro, la determinazione
in misura fissa e non variabile del  contributo  imposto,  in  quanto
destinato ad operare a tempo indeterminato,  potrebbe  potenzialmente
produrre un peso insostenibile per gli operatori della filiera ove  i
margini  di  redditivita'  della  stessa  dovessero  consistentemente
ridursi. 
    In altri termini, se con riferimento ai dati del conto  economico
2014,  il  versamento  imposto  alla  filiera,  pur  costituendo   un
significativo «taglio» alla capacita' di reddito degli operatori, non
appare  tale  da  violare  il  «principio  di  proporzionalita'»   in
un'ottica   di   bilanciamento   tra   interessi   costituzionalmente
rilevanti, non e' possibile escludere che, ove i volumi delle giocate
raccolte dovessero drasticamente  contrarsi,  la  determinazione  del
versamento in misura fissa e non variabile, come funzione del  volume
delle giocate, potrebbe determinare  un  reale  stravolgimento  delle
condizioni  economiche  pattuite  in  convenzione   con   conseguente
eccessiva gravosita' degli obblighi imposti per i concessionari ed  i
relativi operatori di filiera. 
    Parimenti irragionevoli e lesive  della  liberta'  di  iniziativa
economica dell'impresa si rilevano  le  previsioni,  contenute  nelle
lettere a) e c) del secondo comma dell'art. 1, comma 649 della  legge
di stabilita' per il 2015, secondo cui «ai concessionari  e'  versato
dagli operatori di filiera  l'intero  ammontare  della  raccolta  del
gioco praticato  mediante  i  predetti  apparecchi,  al  netto  delle
vincite pagate» e «i  concessionari,  nell'esercizio  delle  funzioni
pubbliche loro attribuite, ripartiscono con gli  altri  operatori  di
filiera  le  somme  residue,  disponibili  per   aggi   e   compensi,
rinegoziando i relativi contratti e  versando  gli  aggi  e  compensi
dovuti esclusivamente a fronte  della  sottoscrizione  dei  contratti
rinegoziati». 
    Tali  disposizioni  sono  idonee  a  riflettersi  sulla  liberta'
contrattuale  anche  dei  gestori  in  quanto  l'imposizione  di  una
rinegoziazione dei contratti appare ontologicamente incompatibile con
la  incomprimibile  autonomia   delle   parti   di   pervenire   solo
eventualmente ad un nuovo e diverso  accordo  negoziale,  laddove  e'
verosimile ritenere che per realizzare lo  stesso  obiettivo  sarebbe
stato sufficiente stabilire una riduzione «pro quota» ed «a  cascata»
dei compensi spettanti a tutti gli operatori di filiera senza imporre
una rinegoziazione in via autoritativa. 
    Con specifico riferimento alla posizione dei gestori  nell'ambito
della  ridefinizione  dei  loro  rapporti  con  i  concessionari,  il
Collegio ritiene altresi' irragionevoli e  lesive  del  principio  di
liberta dell'iniziativa economica privata le norme  sopra  richiamate
atteso che il nuovo meccanismo disegnato dalla  norma  determina  che
l'erogazione  del  compenso  ai  gestori,  a  differenza  che  per  i
concessionari,  sia  rinviata  nel  tempo  e  sia  subordinata   alla
sottoscrizione dei contratti rinegoziati con gli stessi. 
    I precetti de quibus, quindi, potrebbero rivelarsi  irragionevoli
e  lesivi  del  principio  di  liberta'  economica  privata   perche'
impongono autoritativamente ai gestori, in posizione contrattuale  di
minore forza rispetto ai concessionari esercenti pubbliche  funzioni,
di  rinegoziare  i  contratti  e,  quale  conseguenza  della  mancata
rinegoziazione, prevedono  che  nessun  compenso  possa  essere  loro
erogato, ancorche' maturato nella vigenza di un precedente  contratto
di diritto privato. 
    5.  Per  tutte  le  ragioni  sopraesposte,  il  Collegio  ritiene
rilevante  ai  fini  della  decisione  della   controversia   e   non
manifestamente infondata la questione di legittimita'  costituzionale
dell'art. 1, comma 649, della legge n. 190 del  2014  per  violazione
degli articoli 3 e  41,  primo  comma,  Cost.,  sicche'  deve  essere
disposta la trasmissione degli atti alla Corte  costituzionale  e  la
sospensione del giudizio ai sensi dell'art. 134  della  Costituzione,
dell'art. 1 della  legge  costituzionale  9  febbraio  1948  n.  1  e
dell'art. 23 della legge costituzionale 11 marzo 1953 n. 87.