Ricorso  proposto  dalla  Regione  Veneto  (codice   fiscale   n.
80007580279  -  Partita  I.V.A.  n.  02392630279),  in  persona   del
Presidente della Giunta Regionale dott.  Luca  Zaia  (codice  fiscale
ZAILCU68C27C957O),  autorizzato  con   deliberazione   della   Giunta
regionale  del  Veneto  n.  1717  del  26  ottobre  2016  (all.   1),
rappresentato e difeso, per mandato  a  margine  del  presente  atto,
tanto unitamente  quanto  disgiuntamente,  dagli  avv.ti  Ezio  Zanon
(codice  fiscale   ZNNZEI57L07B563K)   coordinatore   dell'Avvocatura
regionale e Luigi Manzi (codice fiscale MNZLGU34E15H501V) del Foro di
Roma, con domicilio eletto presso lo studio di quest'ultimo in  Roma,
via Confalonieri n. 5 (per eventuali comunicazioni:  fax  06/3211370,
posta elettronica certificata luigimanzi@ordineavvocatiroma.org). 
    Contro il Presidente del  Consiglio  dei  ministri  pro  tempore,
rappresentato e difeso dall'avvocatura generale dello  Stato,  presso
la quale e' domiciliato ex lege in Roma, via dei  Portoghesi  n.  12,
per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli artt.  1,
comma 1, lett. e); 2, 3 e 4  della  legge  12  agosto  2016  n.  164,
recante «Modifiche alla legge 24 dicembre 2012, n. 243, in materia di
equilibrio dei bilanci delle regioni e degli enti locali», pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale 29 agosto 2016, n. 201, S.O. 
 
                               Motivi 
 
1) Illegittimita' costituzionale dell'art.  1,  comma  1,  lett.  e),
della legge 12 agosto 2016 n. 164, per violazione degli  articoli  5,
114, 117, III e IV comma, 118, 119 e 120 della Costituzione. 
    L'art. 1 della legge 12 agosto 2016 n. 164, ha modificato  l'art.
9 della legge 24 dicembre 2012, n.  243,  recante  «Disposizioni  per
l'attuazione  del  principio  del  pareggio  di  bilancio  ai   sensi
dell'art. 81, sesto comma, della Costituzione». 
    In particolare, il comma 1, lett. e) ha  sostituito  il  comma  4
dell'art. 9, della menzionata legge 24  dicembre  2012,  n.  243,  il
quale, nell'attuale versione, statuisce che: «Con legge  dello  Stato
sono definiti i premi e le sanzioni da  applicare  alle  regioni,  ai
comuni, alle province, alle  citta'  metropolitane  e  alle  province
autonome di Trento e di Bolzano, in attuazione delle disposizioni  di
cui al presente articolo. La legge di cui al  periodo  precedente  si
attiene ai seguenti principi: 
    a) proporzionalita' fra premi e sanzioni; 
    b) proporzionalita' fra sanzioni e violazioni; 
    c) destinazione dei proventi delle sanzioni a  favore  dei  premi
agli enti  del  medesimo  comparto  che  hanno  rispettato  i  propri
obiettivi». 
    Tale disposizione appare lesiva degli  artt.  5  e  114  Cost.  e
mediatamente degli artt. 117, 118, 119 e  120  Cost.  Essa,  infatti,
attribuisce alla legge dello Stato la determinazione di  premi  e  di
sanzioni da applicare alle Regioni, ai comuni,  alle  province,  alle
citta' metropolitane e alle province autonome di Trento e di Bolzano,
in relazione alle disposizioni di cui all'art. 9  della  24  dicembre
2012, n. 243, dirette a disciplinare l'equilibrio dei  bilanci  delle
Regioni e degli enti locali. 
    Pur nel rinnovato quadro costituzionale che prevede a  carico  di
tutte le  articolazioni  della  Repubblica  l'obbligo  di  assicurare
l'equilibrio di bilancio e la sostenibilita' del debito pubblico,  la
competenza esclusiva dello Stato in  materia  di  armonizzazione  dei
bilanci  pubblici,  nonche'  l'osservanza  dei  vincoli  economici  e
finanziari derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea,  nondimeno
il rapporto ordinamentale tra lo Stato e  le  autonomie  territoriali
costituzionalmente riconosciute non puo' reputarsi alterato al  punto
tale da ritenere che  le  Regioni  e  gli  altri  enti  locali  siano
sottoposti  ad  una  disciplina  pedagogica  da  parte  dello  Stato,
legittimato a castigare e ricompensare la loro condotta. 
    Basti  leggere  il  fondamentale  art.  114  Cost.,  che  disegna
un'architettura istituzionale che riconosce pari dignita' a tutte  le
articolazioni della Repubblica:  «la  Repubblica  e'  costituita  dai
Comuni, dalle Province, dalle Citta' metropolitane, dalle  Regioni  e
dallo Stato. 
    I Comuni, le Province, le Citta' metropolitane e le Regioni  sono
enti autonomi  con  propri  statuti,  poteri  e  funzioni  secondo  i
principi fissati dalla Costituzione.» 
    La previsione di «premi» e «sanzioni», dal sapore «paternalista»,
si fonda su un regime di relazioni tra l'amministrazione dello  Stato
e gli enti territoriali non paritetico, ne' rispettoso della autonoma
responsabilita' alla quale anche i secondi sono tenuti. La qual  cosa
prima ancora che  l'autonomia  regionale,  lede  la  stessa  dignita'
ordinamentale di  detti  enti,  che  sono  anch'essi  costituenti  la
Repubblica. 
    In via indiretta tale  impostazione  e'  poi  idonea  a  produrre
effetti in danno e non a beneficio del cittadino, il  quale  verrebbe
mediatamente punito anch'egli, in ragione del solo fatto di risiedere
in un dato ambito territoriale. 
    E' pur vero che, come  ha  affermato  codesta  Ecc.ma  Corte,  «i
margini  costituzionalmente  tutelati  dell'autonomia  finanziaria  e
organizzativa della Regione si riducono, quando essa  ha  trasgredito
agli obblighi legittimamente imposti dalla legislazione dello  Stato,
al fine di garantire la  tenuta  della  finanza  pubblica  allargata»
(sentenza n. 219 del 2013; in precedenza, sentenza n. 155 del 2011). 
    Tuttavia, tale compressione dell'autonomia decisionale degli enti
territoriali   non   giustifica   la   previsione   di   un   sistema
premiale/sanzionatorio, dovendo  invece  limitarsi  esclusivamente  a
contromisure compensative/sostitutive che non  determinino  un  danno
per il cittadino,  ma  scindano  la  sanzione  sulla  responsabilita'
politica e/o amministrativa dall'interesse che ha la collettivita' di
beneficiare dello stesso trattamento e delle stesse risorse su  tutto
il territorio nazionale. 
    Questa modalita' di governo non ha alcun effetto  migliorativo  o
di  garanzia  in   termini   di   funzionamento   delle   istituzioni
territoriali e di soddisfacimento degli interessi generali sottesi ai
poteri pubblici a queste affidati. 
    Dunque, un sistema, come quello delineato dalla  disposizione  in
parola, contraddice  l'architettura  ordinamentale  e,  al  contempo,
oltrepassa il legittimo potere di intervento dello Stato,  in  quanto
introduce un sistema «punitivo» in senso  proprio  e  non  invece  un
sistema di natura meramente compensativa/sostitutiva,  nell'interesse
del cittadino. 
    A sanare tale situazione di illegittimita' non si puo' addurre il
mero richiamo al principio di proporzionalita' il  quale  non  e'  in
grado di modificare la natura del sistema  premiale/sanzionatorio  in
parola. Tale principio, peraltro, e'  previsto  impropriamente  anche
con riguardo al rapporto tra premi e sanzioni e non solo tra sanzioni
e violazioni. 
2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 2, della legge  12  agosto
2016 n. 164, per violazione degli articoli 117, VI comma, 118, 119  e
81, comma 6 della Costituzione nonche' dell'art. 5, comma 2, lett. b)
della legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1. 
    L'art. 2 della legge 12 agosto 2016 n. 164, ha modificato  l'art.
10 della legge 24 dicembre 2012, n. 243,  recante  «Disposizioni  per
l'attuazione  del  principio  del  pareggio  di  bilancio  ai   sensi
dell'art. 81, sesto comma,  della  Costituzione».  A  tale  riguardo,
giova ricordare preliminarmente che tale ultima legge  e'  una  legge
«rinforzata» e «paracostituzionale», in quanto l'art.  81,  comma  6,
della Costituzione impone che sia approvata «a  maggioranza  assoluta
dei componenti di ciascuna  Camera»  e  «nel  rispetto  dei  principi
definiti con legge costituzionale». 
    In particolare la disposizione sospettata di  incostituzionalita'
ha sostituito i commi 3 e 4 del menzionato  art.  10,  i  quali,  per
effetto  della  novellazione   legislativa,   statuiscono   che   «Le
operazioni di indebitamento di cui al comma 2 (ossia  per  finanziare
spese di investimento) e le  operazioni  di  investimento  realizzate
attraverso l'utilizzo dei risultati di amministrazione degli esercizi
precedenti sono effettuate sulla base di apposite intese concluse  in
ambito regionale che garantiscano,  per  l'anno  di  riferimento,  il
rispetto del saldo di cui all'art. 9, comma 1,  del  complesso  degli
enti territoriali della regione  interessata,  compresa  la  medesima
regione. 
    Le operazioni di indebitamento di cui al comma 2 e le  operazioni
di investimento realizzate attraverso  l'utilizzo  dei  risultati  di
amministrazione degli  esercizi  precedenti,  non  soddisfatte  dalle
intese di cui al comma 3, sono effettuate sulla  base  dei  patti  di
solidarieta' nazionali. Resta fermo il  rispetto  del  saldo  di  cui
all'art. 9, comma 1, del complesso degli enti territoriali.» 
    A tali disposizioni di natura sostanziale e'  fatta  seguire  una
norma attributiva di una competenza attuativa a favore del Presidente
del Consiglio dei ministri. Il comma 5, infatti,  dispone  che:  «Con
decreto del  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  da  adottare
d'intesa con la Conferenza unificata,  sono  disciplinati  criteri  e
modalita'  di  attuazione  del  presente  articolo,  ivi  incluse  le
modalita' attuative del potere sostitutivo dello Stato,  in  caso  di
inerzia o ritardo da parte delle regioni e delle province autonome di
Trento e di Bolzano. Lo schema del decreto e' trasmesso  alle  Camere
per  l'espressione  del   parere   delle   commissioni   parlamentari
competenti per i profili di  carattere  finanziario.  I  pareri  sono
espressi entro quindici giorni dalla trasmissione, decorsi i quali il
decreto puo' essere comunque adottato». 
    Il previgente  comma  quinto  (Con  decreto  del  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri,  adottato  d'intesa   con   la   Conferenza
permanente  per  il  coordinamento  della  finanza   pubblica,   sono
disciplinati criteri e modalita' di attuazione del presente articolo)
aveva   formato   oggetto   di   declaratoria    di    illegittimita'
costituzionale  (decisione  n.  88/2014)  nella  parte  in  cui   non
prevedeva la parola «tecnica» dopo le parole «criteri e modalita'  di
attuazione». 
    Nello specifico codesta Ecc.ma Corte, nell'esaminare la  potesta'
attuativa riservata al  decreto  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri in relazione alle singole disposizioni  dell'art.  10  della
legge 24 dicembre 2012, n. 243, aveva rilevato che, con riguardo alla
disciplina del previgente comma quarto inerente al riparto del  saldo
negativo tra gli enti territoriali inadempienti, si  lasciavano  alla
disponibilita'  regolatoria  del  decreto  attuativo  spazi  decisori
involgenti «l'esercizio  di  un  potere  tanto  di  natura  meramente
tecnica, quanto di natura discrezionale». 
    Tale attribuzione di una potesta' di natura discrezionale  e  non
meramente tecnica e' stata, dunque, considerata  violativa  dell'art.
117, comma 6, della Cost. nonche' dell'art.  5,  comma  2,  lett.  b)
della legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1, a mente del quale e'
riservata  alla  legge  di  cui  all'art.  81,  sesto  comma,   della
Costituzione  la  disciplina  della  «facolta'  dei   Comuni,   delle
Province, delle Citta' metropolitane, delle Regioni e delle  Province
autonome di Trento e di Bolzano di  ricorrere  all'indebitamento,  ai
sensi  dell'art.   119,   sesto   comma,   secondo   periodo,   della
Costituzione». 
    Cio' in  quanto,  se  la  legge  «rinforzata»  n.  243/2012  puo'
ricevere  attuazione  sotto  il  profilo  «tecnico»,  essa  non  puo'
delegare la regolamentazione in materia di indebitamento ex art.  119
Cost.  (rientrante  nell'ambito  del  coordinamento   della   finanza
pubblica e percio' non tra le competenze  di  legislazione  esclusiva
dello Stato) a fonti di rango secondario, le quali devono limitare il
proprio ambito di  regolazione  a  statuizioni  di  natura  meramente
tecnica. 
    Esaminando le disposizioni introdotte dall'art. 2 della legge  12
agosto 2016 n. 164 emerge che il novello al  decreto  del  Presidente
del Consiglio dei ministri potra' (rectius, dovra')  disciplinare  le
modalita', le condizioni e pur  anche  i  contenuti,  quantitativi  e
qualitativi, delle  intese  regionali  relative  alle  operazioni  di
indebitamento assunte per finanziare spese  di  investimento  e  alle
operazioni  di  investimento  realizzate  attraverso  l'utilizzo  dei
risultati di amministrazione degli esercizi precedenti. Inoltre,  per
le  ipotesi  non  rientranti  nell'ambito  delle  menzionate  intese,
occorrera' far riferimento a «patti di  solidarieta'  nazionali»,  il
cui contenuto verosimilmente sara' conformato proprio dal al  decreto
del Presidente del Consiglio dei ministri in parola. 
    Ne consegue  che  l'attribuzione  nella  novella  legislativa  al
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  di  un  potere  di  natura
ampiamente discrezionale e non meramente tecnico-attuativo rinnova la
lesione dell'art. 5, comma 2, lett. b) della legge costituzionale  20
aprile 2012, n. 1 e dell'art. 117, comma 6 Cost., con la  conseguenza
che l'art. 2, della legge  12  agosto  2016  n.  164  deve  ritenersi
costituzionalmente illegittimo. 
    Illegittimita' che appare ancora piu' evidente ove si consti  che
il al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri e' diretto  a
disciplinare non solo le ipotesi di indebitamento di cui all'art. 119
Cost.,  ma  anche  la  diversa  fattispecie   delle   operazioni   di
investimento  realizzate  attraverso  l'utilizzo  dei  risultati   di
amministrazione degli esercizi  precedenti,  la  quale  se  ha  senza
dubbio una rilevanza in ordine al raggiungimento dell'equilibrio  tra
le entrate e le spese del bilancio, non pare possa formare oggetto di
una  disciplina  regolatoria  addirittura  affidata  ad   una   fonte
sublegislativa e in mancanza di criteri teleologici e  contenutistici
che la giustifichino. 
    Il che si  riverbera  in  una  lesione  dell'autonomia  politica,
gestoria, amministrativa e finanziaria delle regioni, con conseguente
violazione degli art. 118 e 119 della Costituzione. 
    Ma e' altresi'  violativo  dell'art.  81  della  costituzione  in
quanto il rinvio a un atto regolamentare elude  all'obbligo  previsto
dalla stessa norma in quanto attribuisce al  decreto  del  Presidente
del Consiglio dei ministri il compito  di  «disciplinare  i  criteri»
volti ad assicurare l'equilibrio  tra  le  entrate  e  le  spese  dei
bilanci e la sostenibilita'. Compito  per  i  quali  il  sesto  comma
dell'art. 81  della  Costituzione,  comunque  richiede  il  passaggio
legislativo con procedura rinforzata. 
    D'altronde, a sanare le rilevate illegittimita' non  puo'  essere
addotta la previsione di un'intesa in sede di  Conferenza  Unificata,
nell'ambito del procedimento di adozione del decreto  del  Presidente
del Consiglio dei ministri di cui al  comma  5,  dell'art.  10  della
legge 24 dicembre 2012, n. 243, laddove risulti la palese  violazione
del dettato  costituzionale.  La  leale  collaborazione  costituisce,
infatti, uno strumento di riequilibrio istituzionale,  una  «garanzia
procedimentale» non un  lenimento  alla  violazione  del  quadro  del
riparto di competenze tra Stato e Regioni e tra potere legislativo ed
esecutivo. 
3) Illegittimita' costituzionale dell'art. 3 della  legge  12  agosto
2016 n. 164, per violazione degli articoli 117, commi 3 e 4, 118, 119
e 120 della Costituzione e dell'art. 5, comma 1, lett. g) della legge
costituzionale 20 aprile 2012, n. 1. 
    L'art.  3  della  legge  12  agosto  2016  n.  164  ha  riscritto
integralmente l'art. 11 della legge 24  dicembre  2012,  n.  243.  In
particolare, quest'ultimo si struttura ora in un solo comma, a  norma
del quale: «Fermo restando quanto previsto dall'art. 9,  comma  5,  e
dall'art. 12, comma 1, lo Stato, in ragione dell'andamento del  ciclo
economico  o  al  verificarsi  di  eventi  eccezionali,  concorre  al
finanziamento  dei  livelli  essenziali  delle  prestazioni  e  delle
funzioni fondamentali inerenti ai diritti civili e  sociali,  secondo
modalita' definite con leggi dello Stato, nel rispetto  dei  principi
stabiliti dalla presente legge». 
    Tale disposizione contiene una peculiare  delega  legislativa  ad
opera della legge «rinforzata», adottata ex art. 81, comma 6 Cost. In
particolare attribuisce  genericamente  allo  Stato  la  potesta'  di
«concorrere al finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni
e delle funzioni fondamentali inerenti ai diritti civili  e  sociali»
«in ragione dell'andamento del ciclo economico o  al  verificarsi  di
eventi eccezionali», secondo le modalita' che  saranno  definite  con
leggi statali. 
    Nel fare cio' il legislatore  «paracostituzionale»  non  avrebbe,
pero', dovuto limitarsi  a  imporre  genericamente  il  rispetto  dei
principi stabiliti  dalla  medesima  legge  n.  243/2012,  ma  invece
avrebbe  dovuto  prevedere  espressamente,  tra  i  criteri  cui   il
legislatore «ordinario» dovra' attenersi, la necessita' di un momento
partecipativo delle Regioni e delle autonomie territoriali. 
    Cio'  in  quanto,  pur  essendo  la  determinazione  dei  livelli
essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili  e  sociali
che devono essere garantiti su  tutto  il  territorio  nazionale  una
materia di  competenza  esclusiva  dello  Stato,  nondimeno  essa  si
atteggia alla stregua di una «materia» funzionale, la quale per  tale
ragione e' in grado di gettare la propria ombra dispositiva anche  in
ambiti materiali attribuiti alla competenza concorrente  o  esclusiva
delle  Regioni.  Fino  a  giungere  a  poter   oscurare   l'autonomia
legislativa, amministrativa e finanziaria regionale, e in materie  di
grande momento come ad esempio la salute, il turismo, l'agricoltura. 
    Con la conseguenza che prevedere moduli di  partecipazione  e  di
concertazione intergovernativa diviene  una  necessita'  al  fine  di
salvaguardare  la  legittimita'  costituzionale  delle   disposizioni
adottate sotto il vessillo di tal materia «teleologica».  Cosi'  come
peraltro sottolineato da codesta Ecc.ma Corte, che ha avuto occasione
di rilevare che la determinazione, da parte  dello  Stato,  ai  sensi
dell'art.  117,  secondo  comma,  lettera  m),  Cost.,  dei   livelli
essenziali delle prestazioni per  i  servizi  concernenti  i  diritti
civili e sociali che devono essere garantiti su tutto  il  territorio
nazionale deve svolgersi «attraverso moduli di  leale  collaborazione
tra Stato e Regione» (sentenza n. 297 del 2012 e n. 65 del 2016). 
    Nel caso di specie, dunque, il  legislatore  «paracostituzionale»
ha omesso di indicare al legislatore «ordinario», nell'ambito di tale
peculiare   delega   e   proprio   in   ragione   della   particolare
strutturazione della gerarchia delle fonti voluta dall'art. 81, comma
6, Cost., la previsione di un'adeguata partecipazione delle autonomie
territoriali.  Soprattutto  avuto  riguardo  ai  vasti  ed   elastici
presupposti di  fatto  della  disposizione,  la  quale  si  riferisce
genericamente all'andamento del ciclo economico. Il che  consente  di
poter applicare la disposizione in parola con un'ampiezza,  materiale
e funzionale, davvero estesissima. 
    Per  tali  ragioni  si  deve  concludere  per  la  illegittimita'
dell'art. 3 della legge 12 agosto 2016 n. 164, nella parte in cui non
prevede la necessaria partecipazione  delle  autonomie  territoriali,
nell'ambito del procedimento di definizione  delle  modalita'  e  dei
presupposti della concorrenza da parte dello Stato  al  finanziamento
dei  livelli  essenziali   delle   prestazioni   e   delle   funzioni
fondamentali inerenti ai diritti civili  e  sociali,  pur  ove  siano
involti interessi «locali» e pur  ove  siano  interessate  competenze
legislative e amministrative regionali.  Con  conseguente  violazione
degli art. 117, commi 3 e 4, 118, 119 e 120 Cost. 
    Tale disposizione e', inoltre, assunta in violazione dell'art. 5,
comma 1, lett. g) della legge costituzionale 20 aprile  2012,  n.  1,
ove e' riservato alla legge attuativa dell'art. 81, comma  VI,  Cost.
la  determinazione  della  disciplina  in  ordine   alle   «modalita'
attraverso le quali lo Stato, nelle fasi avverse del ciclo  economico
o al verificarsi degli eventi eccezionali di cui alla  lett.  d)  del
presente comma, anche in  deroga  all'art.  119  della  Costituzione,
concorre ad assicurare il finanziamento, da parte degli altri livelli
di governo, dei livelli essenziali delle prestazioni e delle funzioni
fondamentali inerenti ai diritti civili e sociali.» 
    Per effetto della  disposizione  che  si  contesta  viene  invece
attribuito ad una legge non «rinforzata» la facolta' di regolamentare
cio' che, per volonta' del legislatore costituzionale,  richiede  una
legge adottata a maggioranza  assoluta  dei  componenti  di  ciascuna
Camera. La qual cosa manifesta un intento elusivo della disciplina di
rango  costituzionale,  che  si  riverbera  in  una   lesione   della
competenza legislativa, amministrativa e finanziaria regionale, vista
la sopra menzionata stretta  prossimita'  tra  il  contenuto  oggetto
della «delega» e le competenze costituzionalmente  riconosciute  alle
regioni. 
    Una diversa interpretazione che, nel  tentativo  di  sanare  tale
vizio, ritenesse che la  peculiare  delega  operata  dalla  legge  n.
243/2012 faccia riferimento a una legge  a  sua  volta  «rinforzata»,
oltre a creare una distonia normativa non  sembra  ammissibile  e  si
risolverebbe in un'interpretazione abrogatrice della disposizione  di
legge. 
    Infatti, nessun senso avrebbe avuto adottare una disposizione  di
legge che replichi il contenuto dell'art. 5, comma 1, lett. g)  della
legge  costituzionale  n.  1/2012.  Ragion  per  cui  se  si   voglia
attribuire un significato precettivo alla  norma  in  parola  non  si
potra' che concludere che per la sua illegittimita' costituzionale. 
4) Illegittimita' costituzionale dell'art. 4 della  legge  12  agosto
2016 n. 164, per violazione degli articoli 117, commi 3 e 4, 118, 119
e 120 della Costituzione e dell'art. 5, comma 2, lett. e) della legge
costituzionale 20 aprile 2012, n. 1. 
    Considerazioni analoghe a  quelle  enucleate  in  riferimento  al
precedente motivo di impugnazione si possono riproporre con  riguardo
all'art. 4 della legge 12 agosto 2016 n. 164. 
    Tale disposizione ha interamente novellato l'art. 12 della  legge
24 dicembre 2012, n. 243, rubricato «Concorso delle regioni  e  degli
enti locali alla sostenibilita' del debito pubblico». Nello specifico
e' statuito che: «Le  regioni,  i  comuni,  le  province,  le  citta'
metropolitane  e  le  province  autonome  di  Trento  e  di   Bolzano
concorrono ad assicurare la sostenibilita' del debito  del  complesso
delle amministrazioni pubbliche, secondo modalita' definite con legge
dello Stato, nel  rispetto  dei  principi  stabiliti  dalla  presente
legge. 
    Fermo restando guanto previsto dall'art. 9, comma 5, gli enti  di
cui al comma 1, tenuto  conto  dell'andamento  del  ciclo  economico,
concorrono  alla   riduzione   del   debito   del   complesso   delle
amministrazioni  pubbliche  attraverso  versamenti   al   Fondo   per
l'ammortamento dei titoli di Stato  secondo  modalita'  definite  con
legge dello Stato, nel rispetto dei principi stabiliti dalla presente
legge.» 
    A tale riguardo codesta Ecc.ma Corte  ha  rilevato  che:  «Se  e'
innegabile che il concorso alla sostenibilita' del  debito  nazionale
e' un aspetto fondamentale della riforma, e' anche vero che  esso  ha
una rilevante incidenza sull'autonomia finanziaria delle  ricorrenti.
S'impone,   quindi,   l'esigenza   di   «contemperare   le    ragioni
dell'esercizio unitario  di  date  competenze  e  la  garanzia  delle
funzioni costituzionalmente attribuite» alle autonomie  (sentenze  n.
139 del 2012 e n. 165 del 2011; nello stesso senso,  sentenza  n.  27
del  2010):  e'  quindi  indispensabile  garantire  il   loro   pieno
coinvolgimento». 
    Cio' esige che la partecipazione regionale e locale debba formare
oggetto di  una  specifica  prescrizione  da  parte  del  legislatore
«paracostituzionale», non essendo ammissibile la rimessione della sua
previsione  alla   discrezionalita'   del   legislatore   «ordinario»
delegato. 
    La disposizione impugnata appare, dunque, illegittima nella parte
in cui richiama genericamente i principi della medesima legge,  senza
prevedere   espressamente   un   coinvolgimento    delle    autonomie
territoriali  e  locali  nella  determinazione  delle  modalita'   di
sostenibilita'  del  debito  del  complesso   delle   amministrazioni
pubbliche e delle modalita' di concorrenza alla riduzione del  debito
del complesso delle amministrazioni pubbliche  attraverso  versamenti
al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato. 
    In tal modo si viola, in  primo  luogo,  il  principio  di  leale
collaborazione,   e   al   contempo,   l'autonomia   finanziaria    e
amministrativa  regionale,  alla  luce  della  incidenza   che   tali
disposizioni  possono  avere   sul   complessivo   quadro   gestorio,
economico-finanziario e contabile regionale e locale. 
    Peraltro,  anche  in  questo  caso  un   ulteriore   profilo   di
illegittimita' e' rinvenibile nella violazione dell'art. 5, comma  2,
lett. c) della legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1, a norma del
quale la legge di cui all'art. 81, sesto  comma,  della  Costituzione
deve disciplinare «le modalita' attraverso  le  quali  i  Comuni,  le
Province, le Citta' metropolitane, le Regioni e le Province  autonome
di Trento e di Bolzano concorrono alla sostenibilita' del debito  del
complesso delle pubbliche amministrazioni». 
    Il fatto che il legislatore «paracostituzionale»  deleghi  a  tal
fine  il  legislatore  «ordinario»  sembra  eludere  la  riserva   di
competenza prevista dalla legge costituzionale e per cio' e' fonte di
illegittimita' costituzionale per se stessa e per  l'eventuale  legge
statale che venisse adottata in  attuazione  della  delega  senza  il
rispetto del vincolo procedimentale previsto legge costituzionale  n.
1/2012. 
    Peraltro, come gia' rilevato, una interpretazione adeguatrice che
intendesse il riferimento alla legge dello Stato da parte della legge
n. 243/2012 come un implicito richiamo al vincolo  procedimentale  di
cui alla legge costituzionale non pare possibile, senza  al  contempo
affermare la «inutilita'» della disposizione in parola,  determinando
una inammissibile interpretazione abrogratice della stessa.