Ricorso per conflitto di attribuzione per la Regione Autonoma della Sardegna (codice fiscale: 80002870923), con sede legale in 09123 Cagliari (CA), viale Trento, n. 69, in persona del Presidente pro tempore, prof. Francesco Pigliaru, rappresentata e difesa, giusta procura a margine del presente atto, dagli avv.ti Alessandra Camba (codice fiscale CMBLSN57D49B354X; posta elettronica certificata: acamba@pec.regione.sardegna.it; fax: 070.6062418) e prof. Massimo Luciani (codice fiscale LCNMSM52L23H501G; fax: 06.90236029; posta elettronica certificata: massimoluciani@ordineavvocatiroma.org), elettivamente domiciliata presso lo Studio del secondo in 00153 Roma, lungotevere Raffaello Sanzio, n. 9, Contro il Presidente del Consiglio dei ministri, in persona del Presidente del Consiglio pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato presso la cui sede in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, e' elettivamente domiciliato, a seguito e per l'annullamento del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 21 settembre 2016, recante «Determinazione del maggiore gettito della tassa automobilistica da riservare allo Stato, al netto del minor gettito dello stesso tributo da riconoscere alle regioni ed alle province autonome di Trento e di Bolzano, per l'anno 2012», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, Serie generale, n. 223 del 23 settembre 2016. Fatto 1. - Come e' noto a codesta ecc.ma Corte costituzionale, che a piu' riprese si e' pronunciata sul tema (cfr. sentt. nn. 99 e 118 del 2012, 95 del 2013; 82 del 2015; 144 del 2015), sin dal 2010 e' sorto tra lo Stato e la Regione autonoma della Sardegna (hinc inde Regione o Sardegna) un notevole contenzioso avente ad oggetto l'esatta e integrale esecuzione dell'art. 8 dello Statuto regionale, per come novellato dall'art. 1, comma 834, della legge n. 296 del 2006, recante il regime delle entrate regionali. Ai sensi del successivo comma 838, il novellato sistema delle entrate erariali doveva entrare «a regime dall'anno 2010». Tuttavia, lo Stato rimaneva per lungo tempo inerte, con la conseguenza che il «ritardo accumulato» veniva «determinando una emergenza finanziaria in Sardegna» (sent. n. 95 del 2013). Solo nell'estate 2014 l'Amministrazione statale ha avviato un percorso volto a porre rimedio alla mancata esecuzione del novellato art. 8 dello statuto, recependo alcune puntuali indicazioni del legislatore, costretto a intervenire proprio dalla giurisprudenza costituzionale (cfr. la legge n. 182 del 2012, di assestamento del bilancio 2012, che aveva stanziato le somme per le regolazioni contabili in favore della Sardegna, nonche' l'art. 11, comma 5-bis, del decreto legge n. 35 del 2013, come conv. in legge n. 64 del 2013: «al fine di dare piena applicazione, secondo i principi enunciati nella sentenza della Corte costituzionale n. 118 del 2012, al nuovo regime regolatore dei rapporti finanziari tra lo Stato e la Regione Sardegna, disciplinato dalle disposizioni di cui all'art. 1, comma 834, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 [...] entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, il Ministro dell'economia e delle finanze concorda, nel rispetto dei saldi di finanza pubblica, con la Regione Sardegna, con le procedure di cui all'art. 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42, le modifiche da apportare al patto di stabilita' interno per la Regione Sardegna»). 2. - In data 21 luglio 2014, il Ministero dell'economia e delle finanze e il Presidente della Regione stipulavano un «accordo in materia di finanza pubblica», con il quale si regolavano i seguenti elementi del rapporto economico-finanziario tra Stato e Regione: i) fissazione del livello massimo di spesa regionale per l'anno 2013 (art. 1, comma 1); ii) certificazione del rispetto del patto di stabilita' regionale per l'anno 2013 (art. 1, comma 2); iii) determinazione dell'obiettivo programmatico per la finanza regionale per l'anno 2014 (art. 2); iv) determinazione del vincolo di bilancio per la Regione ai sensi dell'art. 9 della legge n. 243 del 2012 e corrispondente non applicabilita', per la Sardegna, delle non compatibili disposizioni di legge in materia di patto di stabilita' (art. 3); v) determinazione del sistema di controllo sulla finanza regionale (monitoraggio, certificazione e relative sanzioni: art. 4); vi) composizione extragiudiziale del contenzioso in materia di finanza pubblica (art. 5); vii) recepimento, da parte della Regione, delle disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili. Successivamente, nel dicembre del 2015, lo Stato e la Regione sono addivenuti a una seconda intesa, recante «accordo [...] per il coordinamento della finanza pubblica nell'ambito del procedimento di attuazione dell'art. 8 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3». Con tale intesa lo Stato e la Regione hanno eliminato alcuni residui elementi d'incertezza concernenti il catalogo delle compartecipazioni erariali di cui all'art. 8 dello Statuto (in particolare per quanto concerne le entrate derivanti da giochi e scommesse e la compensazione per la perdita di gettito derivante dalla soppressione della tassa sulle concessioni governative per le patenti di guida; cfr. articoli 1 e 2 dell'intesa) e hanno convenuto che «il saldo del maggior gettito spettante alla Regione per gli anni dal 2010 al 2015 in conseguenza dell'adozione del decreto legislativo di attuazione dell'art. 8 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3, rispetto all'importo gia' attribuito, e' erogato alla medesima in 4 annualita' costanti a decorrere dall'anno 2016» (art. 3). 3. - Contestualmente, la «commissione paritetica» ai sensi dell'art. 56 dello Statuto regionale licenziava il testo delle norme di attuazione del novellato art. 8 dello Statuto speciale, recepito dal decreto legislativo n. 114 del 2016, pubbl. nella Gazzetta Ufficiale 27 giugno 2016, n. 148. Interessano particolarmente ai fini del presente giudizio gli articoli 15 e 18 del decreto legislativo. L'art. 15, comma 1, prevede che «Le compartecipazioni spettanti ai sensi dell'art. 8 dello statuto alla Regione non possono essere oggetto di riserva erariale, salvo quanto previsto al comma 2». Il successivo comma 2 specifica che «esclusivamente qualora intervengano eventi eccezionali e imprevedibili, previa comunicazione alla Regione autonoma della Sardegna, il gettito derivante dall'istituzione di nuovi tributi o da maggiorazioni di aliquote determinati con legge statale puo' essere riservato allo Stato, a condizione che il medesimo gettito sia specificamente finalizzato alla copertura degli oneri derivanti dagli eventi anzi detti, sia temporalmente delimitato e distintamente contabilizzato nel bilancio statale». L'art. 18, invece, prevede che «le disposizioni del presente decreto legislativo si applicano a decorrere dal 1° gennaio 2010», coerentemente con il termine di entrata a regime del novellato art. 8 dello statuto, gia' indicata dall'art. 1, comma 838, della legge n. 296 del 2006. 4. - E' in questo contesto che l'Amministrazione statale ha adottato il decreto ministeriale impugnato. Il provvedimento ha ad oggetto la «Determinazione del maggiore gettito della tassa automobilistica da riservare allo Stato, al netto del minor gettito dello stesso tributo da riconoscere alle regioni ed alle province autonome di Trento e di Bolzano, per l'anno 2012». Come si legge nella motivazione, il decreto ministeriale da' asserita attuazione all'art. 1, commi 236, 321 e 322 della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria per il 2007). Il comma 236 aveva concesso l'esenzione per cinque annualita' dal pagamento della tassa automobilistica regionale a coloro che avevano effettuato la sostituzione, con contestuale rottamazione, di alcuni veicoli, contestualmente delegando (tramite rinvio alle procedure di cui al precedente comma 235) il Ministero dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza Stato-Regioni e Province autonome, a provvedere alle regolazioni finanziarie nei confronti delle Regioni e delle Province autonome delle minori entrate nette derivanti dall'agevolazione. Il comma 321 ha aumentato, per il periodo successivo al 1° gennaio 2007, l'importo delle tariffe delle tasse automobilistiche «in base al principio di sostenibilita' ambientale dei veicoli», disponendo, al contempo, una riduzione percentuale dei trasferimenti statali destinati alle Regioni e alle province autonome di Trento e Bolzano in ragione del maggior gettito derivante dal predetto tributo. Il successivo comma 322 ha rinviato a un decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, da adottare d'intesa con la Conferenza Stato-Regioni e Province autonome, la definizione delle regolazioni finanziarie delle maggiori entrate nette derivanti dall'attuazione delle norme di cui al comma 321 e dei criteri per la corrispondente riduzione dei trasferimenti dello Stato alle sopra dette autonomie. In (pretesa) attuazione di queste disposizioni, il decreto riporta la tabella indicante le somme che le Regioni e le Province autonome, che riscuotono il tributo, devono rimettere all'erario, quale «maggior gettito» derivante dall'aumento tariffario del predetto comma 322, detratto il minor gettito derivante dal predetto comma 321. Per la Regione Sardegna tale maggior gettito e' individuato nella somma (certo non irrilevante) di € 4.481.085,69. L'art. 2 del decreto prevede che tali importi, pretesamente spettanti all'erario, debbano essere versati dalle Regioni entro sessanta giorni dalla data di pubblicazione del decreto nella Gazzetta Ufficiale e che, ove tale versamento non sia effettuato, la Ragioneria generale dello Stato sia tenuta «al recupero mediante corrispondente riduzione dei trasferimenti erariali destinati a ciascuna regione e provincia autonoma, le cui autorizzazioni di spesa risultano iscritte nello stato di previsione del Ministero dell'economia e finanze». Il decreto ministeriale impugnato e' illegittimo e violativo delle attribuzioni costituzionali della ricorrente, che ne chiede l'annullamento per i seguenti motivi di Diritto 1. - Violazione degli articoli 7, 8, 54 e 56 della legge costituzionale n. 3 del 1948, recante «Statuto speciale per la Sardegna»; violazione degli articoli 15 e 18 del decreto legislativo n. 114 del 2016, recante «Norme di attuazione dell'art. 8 dello statuto speciale della Regione autonoma della Sardegna - legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3, in materia di entrate erariali regionali», anche in relazione all'art. 1, comma 321, della legge n. 296 del 2006; violazione degli articoli 116, 117 e 119 della Costituzione; violazione del principio di leale collaborazione ex articoli 5 e 117 della Costituzione, in relazione alle intese stipulate tra lo Stato e la Regione aventi ad oggetto «Accordo tra lo Stato e la Regione autonoma della Sardegna per il coordinamento della finanza pubblica», del dicembre 2015, e «Accordo tra il Ministro dell'economia e delle finanze e la Regione Sardegna in materia di finanza pubblica», del luglio 2014. Il decreto impugnato e' manifestamente violativo delle attribuzioni costituzionali della Regione ricorrente, di cui agli articoli 8, 54 e 56 dello statuto, e delle norme di attuazione statutaria ex articoli 15 e 18 del decreto legislativo n. 114 del 2016. Il provvedimento del Ministero dell'economia e delle finanze, infatti, riserva all'erario il maggior gettito derivante dall'aumento di un tributo che e' compartecipato per i sette decimi dalla Sardegna, ai sensi dell'art. 8, comma 1, lettera m), dello statuto («le entrate della Regione sono costituite [...] m) dai sette decimi di tutte le entrate erariali, dirette o indirette, comunque denominate, ad eccezione di quelle di spettanza di altri enti pubblici»). Sono dunque sottratte alla Regione ricorrente risorse che statutariamente (art. 8) le spettano. Tale misura pregiudica inevitabilmente l'autonomia finanziaria regionale, che l'art. 7 dello statuto («La Regione ha una propria finanza, coordinata con quella dello Stato, in armonia con i principi della solidarieta' nazionale, nei modi stabiliti dagli articoli seguenti») riconnette proprio al regime delle compartecipazioni erariali di cui al successivo art. 8. Tale circostanza dimostra inequivocabilmente il «tono costituzionale» della presente controversia e giustifica (e rende, ammissibile) il ricorso all'ecc.ma Corte costituzionale, in sede di conflitto di attribuzione. 2. - La riserva erariale disposta con il decreto ministeriale impugnato e' illegittima. L'art. 8 dello statuto, infatti, non contempla alcuna ipotesi al ricorrere della quale il regime di compartecipazione fissa alle entrate puo' essere derogato. Si badi: le riserve non sono previste ne' nella formulazione vigente, ne' in quelle precedenti, con la conseguenza che ogni atto che esclude un tributo dalla compartecipazione e' illegittimo per violazione diretta dello stesso art. 8 e indiretta dell'art. 7. Sul punto e' maturato un orientamento giurisprudenziale inequivoco. La sentenza n. 241 del 2012 dell'ecc.ma Corte costituzionale ha affermato che, «diversamente dallo statuto della Regione siciliana [e di altre Autonomie speciali], non risultano riserve integrali allo Stato previste dallo statuto della Regione autonoma Sardegna. Pertanto, la denunciata mancata attribuzione a tale Regione degli importi corrispondenti all'applicazione delle quote fisse di compartecipazione previste dall'art. 8 dello statuto speciale in relazione ai diversi tributi [...] contrasta con l'evocato parametro statutario». Il decreto impugnato, dunque, e' violativo degli articoli 7 e 8 dello Statuto regionale e deve essere annullato. Per le medesime ragioni risultano violati gli articoli 116; 117, comma 3; e 119 della Costituzione, che riconoscono e tutelano l'autonomia economico-finanziaria delle Regioni e, in particolare, delle Autonomie speciali, con specifico riferimento alla Sardegna. 2.2. - Il provvedimento gravato e', altresi', violativo degli articoli 15 e 18 del decreto legislativo n. 114 del 2016 (recante norme di attuazione dell'art. 8 dello statuto), anche in riferimento agli articoli 7 e 8 dello statuto. Le norme di attuazione statutaria, per costante giurisprudenza costituzionale, «possiedono un sicuro ruolo interpretativo ed integrativo delle stesse espressioni statutarie che delimitano le sfere di competenza delle Regioni ad autonomia speciale e non possono essere modificate che mediante atti adottati con il procedimento appositamente previsto negli statuti, prevalendo in tal modo sugli atti legislativi ordinari» (cosi', proprio in riferimento alla Regione Sardegna, Corte cost., n. 51 del 2006). Ne consegue che la violazione delle norme di attuazione statutaria puo' essere certamente lamentata innanzi l'ecc.ma Corte, nel corso di un giudizio per conflitto d'attribuzione tra enti. Cio' premesso, va ricordato che, come si e' gia' accennato in narrativa, recependo la giurisprudenza costituzionale maturata inter partes, la «commissione paritetica» che, in base all'art. 56 dello statuto, e' competente all'approvazione delle norme di attuazione statutaria, ha precisato che il regime delle compartecipazioni non puo' essere derogato, salvo il ricorrere di «eventi eccezionali e imprevedibili». Unicamente in tali casi lo Stato puo' disporre una riserva erariale e solo nel rispetto di una serie di oneri sostanziali e procedimentali: la riserva puo' essere disposta solo su nuovi tributi o su maggiorazioni di aliquote di tributi preesistenti, con salvezza del gettito gia' previsto in favore della Regione; lo Stato deve dare alla Regione comunicazione previa della volonta' di disporre una riserva su tali maggiori entrate; il gettito deve essere specificamente finalizzato alla copertura degli oneri derivanti dagli «eventi eccezionali e imprevedibili» che giustificano la riserva erariale; la riserva deve essere temporalmente delimitata e distintamente contabilizzata nel bilancio statale. Nessuna di queste circostanze ricorre nel caso di specie, sicche' e' evidente che il provvedimento impugnato e' del tutto incompatibile con le norme costituzionali e statutarie e con lo stesso decreto legislativo n. 114 del 2016. Tale incompatibilita' emerge con ancora maggior forza se si considera il citato art. 18 dello stesso decreto legislativo, ove si stabilisce che le disposizioni di attuazione del novellato art. 8 dello statuto producano effetti dal 1° gennaio 2010 (momento in cui il nuovo sistema delle entrate regionali avrebbe dovuto entrare «a regime», ai sensi dell'art. 1, comma 838, della legge n. 296 del 2006). 2.3. - Che il decreto legislativo n. 114 del 2016 impedisca l'applicazione della riserva alla Regione Sardegna si deduce anche dall'art. 3 dell'intesa Stato-Regione del dicembre 2015, gia' riportato supra, in ragion del quale lo Stato si e' obbligato a liquidare alla Regione, in quattro tranches annuali, il maggior gettito tributario compartecipato che ancora non sia stato effettivamente trasferito alla Sardegna. In altri termini, con l'accordo del dicembre 2015 e la successiva emanazione delle norme di attuazione statutaria, lo Stato non solo ha integralmente recepito le indicazioni della giurisprudenza costituzionale sulla cogenza del regime di compartecipazione delle entrate erariali, ma si e' anche auto-obbligato a restituire qualunque cespite fosse stato escluso da tale regime. Cio' considerato, e' evidente che l'Amministrazione statale non puo', oggi, incamerare all'erario entrate soggette alla compartecipazione in favore della Regione Sardegna. Il provvedimento impugnato disattende non solo l'accordo del dicembre 2015, ma anche quello del luglio del 2014, con cui lo Stato aveva riconosciuto gli effetti della riforma del regime delle entrate sulle capacita' di spesa della Regione Sardegna, superando il precedente regime del «patto di stabilita' interno». Dato che «e' di palmare evidenza che [...] il principio inderogabile dell'equilibrio in sede preventiva del bilancio di competenza comporta che non possono rimanere indipendenti e non coordinati, nel suo ambito, i profili della spesa e quelli dell'entrata» (Corte costituzionale, sentenza n. 118 del 2012, proprio in tema di patto di stabilita' della Regione Sardegna), infatti, il mancato riconoscimento di parte delle risorse compartecipate comporta necessariamente l'illegittima compressione della capacita' di spesa della Regione. Di conseguenza, la riserva erariale qui in esame e' insanabilmente contraddittoria anche con l'accordo di finanza pubblica del luglio del 2014. Cio' detto, si deve ricordare che, per consolidata giurisprudenza costituzionale, e' costituzionalmente illegittima la violazione di un'intesa gia' stipulata tra Stato e Regioni, «senza l'attivazione di ulteriori meccanismi di cooperazione necessari per superare l'intesa gia' raggiunta», in quanto tale circostanza «determina una lesione del principio di leale collaborazione» (Corte costituzionale, sentenza n. 58 del 2007). In altri termini, dato che le intese «rappresentano la via maestra per conciliare esigenze unitarie e governo autonomo del territorio», ne consegue che «il principio di leale collaborazione che si realizza mediante tali accordi, anche in una accezione minimale, impone alle parti che sottoscrivono un accordo ufficiale in una sede istituzionale di tener fede ad un impegno assunto» (Corte costituzionale, sentenze nn. 31 del 2006 e 58 del 2007). Tale principio, si badi, e' stato sancito in casi nei quali l'intesa era intervenuta in un ambito materiale riconducibile (in via diretta oppure a seguito del «giudizio di prevalenza») alla competenza legislativa esclusiva statale (disciplina del demanio dello Stato per la sentenza n. 31 del 2006, disciplina del servizio civile nazionale per la sentenza n. 58 del 2007), sicche' deve a piu' forte ragione applicarsi al caso di specie, in cui rileva l'autonomia economico-finanziaria della Sardegna, che gode di tutela rafforzata ai sensi degli articoli 116 della Costituzione e 7 e 8 dello statuto speciale. Tanto, specie alla luce del fatto che la giurisprudenza dell'ecc.ma Corte costituzionale, facendo espressamente riferimento anche all'intesa tra Stato e Regione Sardegna del luglio 2014, ha riconosciuto un particolare rilievo agli accordi in materia di finanza pubblica intervenuti tra lo Stato e le Autonomie speciali (si v. Corte costituzionale, sentenza n. 19 del 2015: la «prassi ed in particolare dalla morfologia degli ultimi accordi stipulati in questa materia tra Governo ed autonomie speciali ([...] Accordo tra il Ministro dell'economia e delle finanze e la Regione autonoma Sardegna del 21 luglio 2014 [...]) dimostra che lo strumento dell'accordo serve a determinare nel loro complesso punti controversi o indefiniti delle relazioni finanziarie tra Stato e Regioni, sia ai fini del raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica nel rispetto dei vincoli europei, sia al fine di evitare che il necessario concorso delle Regioni comprima oltre i limiti consentiti l'autonomia finanziaria ad esse spettante. Cio' anche modulando le regole di evoluzione dei flussi finanziari dei singoli enti, in relazione alla diversita' delle situazioni esistenti nelle varie realta' territoriali»). Si badi: la violazione del principio di leale collaborazione non puo' certo essere esclusa pel semplice fatto che lo schema del decreto ministeriale impugnato e' stato esaminato nell'ambito della Conferenza Stato-Regioni. A tacer d'altro, e' sufficiente osservare che la Regione ricorrente, nel corso della seduta della Commissione affari finanziari della conferenza dell'8 giugno 2016, ha fatto presente «la non applicabilita' della norma [ovverosia del comma 321] alla Regione Sardegna». Tale indicazione, formulata dall'Assessore al bilancio regionale, e' stata riportata nel verbale della commissione. 2.4. - Infine, si deve osservare che il provvedimento impugnato risulta essere lesivo anche degli articoli 54 e 56 dello statuto regionale. Derogare al regime di compartecipazione regionale delle entrate erariali, infatti, equivale a: modificare le disposizioni statutarie sull'autonomia economico-finanziaria della Regione senza rispettare lo speciale procedimento previsto dall'art. 54, comma 4, dello statuto, ove si prevede che «le disposizioni del Titolo III del presente statuto possono essere modificate con leggi ordinarie della Repubblica su proposta del Governo o della Regione, in ogni caso sentita la Regione»; modificare le norme di attuazione dello statuto regionale, senza rispettare l'altro speciale procedimento, fissato dall'art. 56 dello statuto, a tenor del quale «una Commissione paritetica di quattro membri, nominati dal Governo della Repubblica e dall'Alto Commissario per la Sardegna sentita la Consulta regionale, proporra' le norme relative al passaggio degli uffici e del personale dallo Stato alla Regione, nonche' le norme di attuazione del presente statuto. Tali norme saranno sottoposte al parere della Consulta o del Consiglio regionale e saranno emanate con decreto legislativo». 3. - Si confida di aver dimostrato che non compete allo Stato, attraverso l'emanazione dell'impugnato decreto, disporre una riserva totale o parziale del maggior gettito derivante dall'aumento dell'aliquota di un tributo soggetto al regime di compartecipazione. Per scrupolo di completezza (e prevenendo ogni possibile eccezione del resistente), si deve osservare che non si potrebbe obiettare che l'atto impugnato si e' limitato a dare applicazione ai sopra menzionati commi 321 e 322 dell'art. 1 della legge n. 296 del 2006. Ovviamente, la riserva erariale delle entrate derivanti dall'innalzamento dell'aliquota sulla tassa automobilistica e' stata istituita dalle citate disposizioni di legge ordinaria. Esse, pero', sono divenute inefficaci nei confronti della ricorrente con il ricordato accordo del 2015, o a tutto concedere con l'entrata in vigore del decreto legislativo n. 114 del 2016. Come si e' gia' osservato, infatti, con l'accordo del dicembre 2015 e la successiva emanazione delle norme di attuazione statutaria, lo Stato ha integralmente recepito le indicazioni della giurisprudenza costituzionale sulla cogenza del regime di compartecipazione delle entrate da parte della Regione Sardegna e si e' auto-obbligato a restituire qualunque cespite fosse stato escluso da tale regime. Ne consegue che il comma 321, a far data dal 2010 (decorrenza stabilita dal decreto legislativo n. 114 del 2016, come si e' visto), non e' applicabile alla Regione autonoma della Sardegna. In particolare, si deve ritenere che il decreto legislativo n. 114 del 2016 abbia parzialmente abrogato il comma 321 dell'art. 1 della legge n. 296 del 2006, nella parte in cui disponeva la riserva erariale per i tributi spettanti alla Regione Sardegna. Tanto, per le annualita' dal 2010 in poi. Non sussiste, dunque, alcuna ragione giustificatrice per la quale lo Stato, disattese le indicazioni della Regione nella Conferenza Stato-Regioni, potesse disporre la riserva erariale in esame. 4. - In subordine. Violazione degli articoli 7, 8, 54 e 56 della legge costituzionale n. 3 del 1948, recante «Statuto speciale per la Sardegna»; violazione degli articoli 15 e 18 del decreto legislativo n. 114 del 2016, recante «Norme di attuazione dell'art. 8 dello statuto speciale della Regione autonoma della Sardegna - legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3, in materia di entrate erariali regionali», anche in relazione all'art. 1, comma 321, della legge n. 296 del 2006; violazione degli articoli 116, 117 e 119 della Costituzione; violazione del principio di leale collaborazione ex articoli 5 e 117 della Costituzione, in relazione alle intese stipulate tra lo Stato e la Regione aventi ad oggetto «Accordo tra lo Stato e la Regione autonoma della Sardegna per il coordinamento della finanza pubblica», del dicembre 2015, e «Accordo tra il Ministro dell'economia e delle finanze e la Regione Sardegna in materia di finanza pubblica», del luglio 2014, anche in riferimento all'art. 1, comma 321, della legge n. 296 del 2006. Come si e' detto supra, il comma 321 dell'art. 1 della legge n. 296 del 2006, piu' volte menzionato, e' stato parzialmente abrogato dal decreto legislativo n. 114 del 2016. Ove codesta ecc.ma Corte non ritenesse intervenuta l'abrogazione parziale di tale disposizione della legge statale, il decreto impugnato non potrebbe comunque trovarvi idonea «base normativa». Il comma 321, infatti, dovrebbe comunque essere interpretato secundum Constitutionem. Cio' vuol dire che la previsione a tenor della quale «i trasferimenti erariali in favore delle regioni o delle province autonome [...] sono ridotti in misura pari al maggior gettito derivante ad esse dal presente comma» deve essere interpretata escludendo dalla riserva erariale le Autonomie speciali il cui ordinamento (appunto speciale) non consente deroghe al regime di compartecipazione ai tributi. Conseguentemente, la riserva erariale non puo' piu' applicarsi alla Regione ricorrente. Da quanto ora indicato discendono due conseguenze. La prima e' che, in questa ipotesi interpretativa, lo stesso comma 321 dell'art. 1 della legge n. 296 del 2006, in una con i paradigmi costituzionali e interposti sopra indicati, sarebbe stato violato dal decreto impugnato. La seconda e' che, anche a voler considerare tuttora vigente il suddetto comma 321, persisterebbe l'illegittima e ingiustificata lesione dell'autonomia economico-finanziaria garantita alla Regione ricorrente dallo Statuto (articoli 7 e 8, nonche' 54, che assicura la «rigidita'» della fonte statutaria), dalle norme di attuazione statutaria (articoli 15 e 18 del decreto legislativo n. 114 del 2016, anche alla luce dell'art. 56 dello statuto, che prescrive il particolare procedimento di approvazione delle norme di attuazione), dalla Costituzione (articoli 5, 116, 117, comma 3, e 119) e dalle intese stipulate con lo Stato, per le medesime ragioni sopra illustrate, alle quali si rimanda in ossequio al principio di sinteticita' degli atti amministrativi. 5. - In via ulteriormente subordinata. Violazione degli articoli 7, 8, 54 e 56 della legge costituzionale n. 3 del 1948, recante «Statuto speciale per la Sardegna»; violazione degli articoli 15 e 18 del decreto legislativo n. 114 del 2016, recante «Norme di attuazione dell'art. 8 dello statuto speciale della Regione autonoma della Sardegna - legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3, in materia di entrate erariali regionali», anche in relazione all'art. 1, comma 321, della legge n. 296 del 2006; violazione degli articoli 116, 117 e 119 della Costituzione; violazione del principio di leale collaborazione ex articoli 5 e 117 della Costituzione, in relazione alle intese stipulate tra lo Stato e la Regione aventi ad oggetto «Accordo tra lo Stato e la Regione autonoma della Sardegna per il coordinamento della finanza pubblica», del dicembre 2015, e «Accordo tra il Ministro dell'economia e delle finanze e la Regione Sardegna in materia di finanza pubblica», del luglio 2014; illegittimita' derivata dall'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 321, della legge n. 296 del 2006. Per massimo scrupolo la Regione ricorrente deve proporre un motivo di ricorso in via di ulteriore subordine, per l'ipotesi che l'ecc.ma Corte ritenga tuttora vigente e integralmente applicabile alla Regione Sardegna, anche per le annualita' dal 2010 in avanti, il comma 321 dell'art. 1 della legge n. 296 del 2006, interpretato in modo opposto a quanto prospettato nei precedenti motivi. Ove non si ritenesse di accedere alle due ipotesi interpretative sopra suggerite (abrogazione parziale o, in subordine, interpretazione costituzionalmente orientata del comma 321), infatti, si dovrebbe concludere che quello in esame costituisce un caso di incostituzionalita' sopravvenuta della legge statale. Dato che - come gia' osservato - le norme di attuazione degli statuti speciali «possiedono un sicuro ruolo interpretativo ed integrativo delle stesse espressioni statutarie che delimitano le sfere di competenza delle Regioni ad autonomia speciale e non possono essere modificate che mediante atti adottati con il procedimento appositamente previsto negli statuti, prevalendo in tal modo sugli atti legislativi ordinari» (Corte costituzionale, sentenza n. 51 del 2006), l'emanazione del decreto legislativo n. 114 del 2016 ha almeno determinato l'incostituzionalita' sopravvenuta della precedente disposizione di legge statale (cfr. Corte costituzionale, n. 13 del 1974: «e' bensi' vero - in linea di principio - che, nel vigente ordinamento, il sopravvenire di nuove norme [...] dotate [...] di forza giuridica prevalente rispetto a quella delle leggi formali ordinarie, determina l'invalidazione delle norme anteriori che divengano con esse incompatibili» e «tale e' certamente il caso delle relazioni tra la preesistente legislazione statale e le competenze legislative attribuite alle Regioni» dalla novellazione degli statuti speciali o delle norme di attuazione statutaria). Tale incostituzionalita' sopravvenuta, ovviamente, non consente alla Regione di impugnare post festum in via d'azione una preesistente disposizione di legge statale, ma, se non si vuole che ne consegua una grave violazione del diritto di difesa (oltre che un inaccettabile «cono d'ombra» del giudizio costituzionale), puo' comunque essere rilevata ogniqualvolta la Regione, al pari di qualunque soggetto di diritto, vi abbia interesse. Il che e' quanto puntualmente accade nella presente controversia. Ne viene che, nel contesto di questa ipotesi interpretativa, il decreto ministeriale impugnato lede le attribuzioni costituzionali e statutarie connesse all'autonomia economico-finanziaria della Regione in quanto: i) viola le disposizioni della Costituzione, dello statuto e delle norme di attuazione statutarie e le intese intervenute tra lo Stato e la Regione indicate nel titolo del presente motivo, per le ragioni dianzi illustrate (alle quali nuovamente si rimanda per dovere di sintesi); ii) risulta illegittimo anche in ragione dell'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 321, della legge n. 296 del 2006. Interpretata diversamente da quanto sopra prospettato, tale disposizione, come si e' gia' detto, e' manifestamente incompatibile con l'art. 8 dello statuto e degli articoli 15 e 18 del decreto legislativo n. 114 del 2016, per le ragioni gia' illustrate. Tale incostituzionalita' potra' ovviamente essere rilevata dall'ecc.ma Corte, ove occorrer possa, anche tramite auto-rimessione della questione di legittimita' costituzionale del predetto comma 321.