Ricorso   per   conflitto   di   attribuzione    della    Regione
Emilia-Romagna, in persona del  Presidente  della  giunta  regionale,
legale  rappresentante   pro   tempore,   sig.   Stefano   Bonaccini,
autorizzato con deliberazione della giunta regionale  n.  83  del  30
gennaio 2017, rappresentata e difesa per procura speciale  a  margine
del presente atto dal prof. avv. Giandomenico Falcon  (C.F.  FLC  GDM
45C06 L736E), dal prof. avv. Franco Mastragostino (C.F. MST FNC 47E07
A059Q) e dall'avv. Luigi  Manzi  (C.F.  MNZ  LGU  34E15  H501Y;  fax:
06/3211370; PEC: luigimanzi@ordineavvocatiroma.org) ed  elettivamente
domiciliata  presso  lo  studio  di   quest'ultimo   in   Roma,   Via
Confalonieri, n. 5; 
    Contro la Presidenza del Consiglio dei ministri, in  persona  del
Presidente in carica; 
    con notifica anche: 
    alla  Procura  regionale  della  Corte  dei  conti   la   Sezione
giurisdizionale regionale per l'Emilia-Romagna - Bologna, in  persona
del Procuratore regionale; 
    alla  Corte  dei   conti,   Sezione   giurisdizionale   regionale
dell'Emilia-Romagna - Bologna, in persona del suo Presidente; 
    per la dichiarazione che non spetta allo Stato e  per  esso  alla
Procura regionale della Corte dei conti della Regione Emilia-Romagna,
il potere di citare  in  giudizio  i  consiglieri  o  ex  consiglieri
regionali per il danno erariale asseritamente provocato alla  Regione
dall'affidamento al sig. Alberto Allegretti -  segnatamente  mediante
le deliberazioni dell'Ufficio di Presidenza n. 4 del 13 maggio  2010,
n. 97 del 22 giugno 2011, n. 20 del 13 febbraio 2013, n. 186  del  18
dicembre 2013, nonche' mediante il provvedimento/nota del  Presidente
dell'Assemblea  legislativa  n.  44725  del  12   novembre   2013   -
dell'incarico di Capo di Gabinetto  del  Presidente  della  Assemblea
legislativa della Regione e di altre  funzioni  connesse,  in  quanto
lesivo dell'autonomia del consiglio regionale (Assemblea  legislativa
regionale) garantita dalla  Costituzione  e,  in  particolare,  delle
attribuzioni regionali in  materia  di  prerogative  dei  consiglieri
regionali  di  cui  all'art.  122,  quarto   comma,   Cost.,   e   di
auto-organizzazione del consiglio  regionale  di  cui  all'art.  122,
terzo comma, Cost., e di cui agli articoli 33,  34,  35  e  63  della
legge  regionale  31  marzo  2005,  recante  «Statuto  della  Regione
Emilia-Romagna»; e, quindi, per il conseguente annullamento dell'atto
di citazione contrassegnato come Proc. V. 2014/00386/MI G. 44598, con
il quale la Procura regionale presso la Sezione giurisdizionale della
Corte dei conti della Regione Emilia-Romagna ha chiamato a rispondere
davanti al giudice contabile i sotto citati consiglieri  regionali  o
ex consiglieri regionali: 
    1. Matteo Richetti, nato a Sassuolo (MO) il 3  agosto  1974  c.f.
RCHMTT74MO31462Q; 
    2. Palma Costi, nata a Camposanto (MO) il  9  luglio  1957,  c.f.
CSTPLMS7L49B566W; 
    3.  Enrico  Aimi,  nato  a  Modena  il  10   marzo   1960,   c.f.
MAINRC60C10F257K; 
    4. Roberto Corradi, nato a Medesano (PR)  il  25  novembre  1967,
c.f. CRRRRT67S25F082M; 
    5.  Gabriella  Meo,  nata  a   Roma   l'11   marzo   1959,   c.f.
MEOGRL59C51H501G; 
    6. Luca Bartolini, nato a Premilcuore (FC)  il  13  maggio  1967,
c.f. BRTLCU67E13H034W; 
    7. Mario Mazzotti, nato a Bagnacavallo  (RA)  l'11  giugno  1957,
c.f. MZZMRA57H11A547C; 
    8. Sandro Mandini, nato a Galliera (BO) il 30 novembre 1955, c.f.
MNDSDR55S30D878G; 
    atto notificato ai suddetti convenuti in data  6  dicembre  2016,
unitamente al decreto di fissazione di udienza per il 31 maggio 2017,
nel domicilio eletto presso il  loro  difensore  prof.  avv.  Antonio
Carullo di Bologna, e conosciuto dalla Regione in data successiva. 
 
                          Premesso in fatto 
 
    Con l'atto  di  citazione  specificato  in  epigrafe  la  Procura
regionale presso la Sezione giurisdizionale regionale della Corte dei
conti dell'Emilia-Romagna ha citato in giudizio il Presidente  (cons.
Palma Costi) e  l'ex  Presidente  dell'Assemblea  legislativa  (cons.
Matteo Richetti) nonche'  i  componenti  dell'ufficio  di  presidenza
(come sopra individuati) e due  funzionari,  in  carica  nel  periodo
ricompreso fra il  maggio  2010  e  il  gennaio  2015,  per  sentirli
condannare alla rifusione del  danno  erariale  pretesamente  causato
alla Regione dalla  stipulazione  di  contratti  di  lavoro  a  tempo
determinato  fra  l'Assemblea  legislativa   ed   il   sig.   Alberto
Allegretti, conclusi nel periodo fra  il  13  maggio  2010  e  il  27
gennaio 2015, in seguito alla nomina del sig. Allegretti  a  Capo  di
Gabinetto del Presidente  dell'Assemblea  legislativa  della  Regione
Emilia-Romagna, nonche' di affidamento  allo  stesso  delle  funzioni
connesse di direttore del servizio  informazione,  e  di  tecnico  di
garanzia in materia di partecipazione ex art. 8,  comma  1,  l.r.  n.
3/2010. 
    Secondo il (sostituto) Procuratore regionale, il sig.  Allegretti
non avrebbe potuto essere nominato in quella posizione  (ne'  avrebbe
potuto svolgere i connessi incarichi affidatigli) in quanto privo del
diploma di laurea; requisito  che,  sulla  base  della  ricostruzione
operata dalla Procura, la legge statale,  la  legge  regionale  e  le
determinazioni   interne   dell'Ufficio   di   Presidenza,    invece,
richiederebbero,  in  quanto  le  funzioni  di  Capo   di   Gabinetto
dovrebbero essere svolte da un dirigente che disponga di tale  titolo
di studio. 
    Piu'  precisamente,  ad  avviso  del  Procuratore  regionale,  il
Presidente, l'ex Presidente  dell'Assemblea  legislativa  e  tutti  i
componenti dell'Ufficio di Presidenza  presenti  dal  2010  al  2015,
«avrebbero chiamato (il Sig. Allegretti) a ricoprire - in assenza del
necessario diploma di laurea - un incarico dirigenziale  di  vertice,
quale capo della Struttura  speciale  del  Gabinetto  del  Presidente
dell'A.L.  regionale  e  a  svolgere  i  delicati  compiti   previsti
dall'art. 63 dello Statuto, dagli  articoli  4  e  9  della  l.r.  n.
43/2001,  dalla  deliberazione  dell'U.P  n.  54/2010   [erroneamente
indicata, nell'atto, come delibera  54/2000]  e  dai  vari  contratti
individuali di rapporto di  lavoro  subordinato  via  via  stipulati;
compiti  riconducibili  alle  piu'  elevate  funzioni   di   supporto
dell'organo di indirizzo e controllo politico» (cfr. atto  citazione,
pag.    24).     Inoltre,     «quale     ulteriore     profilo     di
illegittimita'/illiceita'»  si  aggiungerebbe  lo  svolgimento  delle
funzioni  correlate   all'incarico   di   «direttore   del   servizio
informazione» e di quelle di cui  all'incarico,  affidatogli  in  via
transitoria, di «tecnico di garanzia in materia di partecipazione  ex
art. 8, comma 1, l.r. n. 3/2010», che avrebbero comportato - a  detta
del sostituto Procuratore regionale - attivita' gestionale  da  parte
del  Capo  di  Gabinetto,  con  compromissione   del   principio   di
separazione  fra  attivita'  di  indirizzo   politico   e   attivita'
gestionale. 
    L'importo del preteso danno ingiusto  arrecato  alla  Regione  da
ascrivere a responsabilita' degli intimati ammonterebbe a complessivi
euro 454.205,60 (oltre rivalutazione monetaria ed interessi) pari  ai
costi (lordi, perche' il compenso netto ammonta ad  euro  244.840,26)
complessivamente  sostenuti  dalla  Regione   per   le   retribuzioni
corrisposte all'Allegretti nel periodo in cui il  rapporto  e'  stato
operativo. 
    In sede  di  deduzioni  formulate  con  riferimento  all'atto  di
contestazione degli  addebiti  ed  invito  a  dedurre,  gli  intimati
componenti  dell'Assemblea  legislativa   hanno   in   primo   luogo,
contestato sul piano amministrativo la insussistenza ed  infondatezza
della prospettata illegittimita' - sotto  il  profilo  della  pretesa
violazione di legge - degli atti di nomina e  di  conferimento  degli
incarichi  al  Capo  di  Gabinetto,  illustrando  l'erroneita'  della
ricostruzione del quadro normativo effettuata  dal  Procuratore,  che
sposta e  rovescia  sull'assetto  statutario  e  normativo  regionale
relativo  alle  strutture  speciali  (cioe'  gli  uffici  di  diretta
collaborazione  politica)  requisiti  previsti  si'  dalla  normativa
statale,  ma  per  la  disciplina  degli  incarichi  della  dirigenza
pubblica del ruolo  amministrativo/burocratico.  Essi  inoltre  hanno
evidenziato  l'inammissibilita'  degli  atti  di  indagine  e   delle
contestazioni di responsabilita' ipotizzate dalla Procura, in  quanto
concretizzanti un'invasione diretta delle scelte di merito  riservate
all'autonomia dell'Assemblea legislativa  nell'ambito  della  propria
organizzazione interna. 
    A nulla tuttavia sono  valse  tali  controdeduzioni;  la  Procura
regionale ha proseguito nella  propria  prospettazione,  cercando  di
minimizzare il problema affermando che «la Procura non contesta certo
la  fiduciarieta'  della  scelta  e  nemmeno  l'atto  di  espressione
dell'autonomia politica dell'Assemblea,  in  se'  incontrovertibile»,
sibbene «il modo in cui tale potere e' stato  esercitato,  in  quanto
ritenuto esorbitante dai confini normativi e amministrativi» dati. 
    Sennonche' ad avviso della ricorrente Regione  Emilia-Romagna  la
Procura  regionale  della  Corte  dei  conti  ha,   invece,   proprio
sovrapposto  due  piani  distinti  e,  facendo  valere   la   pretesa
illegittimita'   degli   atti   di   nomina   e   di    inquadramento
economico-retributivo  dell'incarico  affidato  a  seguito  di   tale
nomina, ha, in realta', esercitato  un  sindacato  sulla  scelta  del
soggetto  da  adibire  a  Capo  di  Gabinetto;  ma  soprattutto,   in
conseguenza di  tale  sindacato,  pretende  ora  di  far  valere  una
responsabilita' erariale,  chiamando  a  rispondere  dei  consiglieri
regionali per atti che sono esercizio delle loro funzioni consiliari.
In particolare,  citando  in  giudizio  i  Presidenti  dell'Assemblea
legislativa e i  componenti  dell'Ufficio  di  presidenza  che  hanno
deliberato la nomina del Capo di Gabinetto, la Procura ha chiamato  a
rispondere i  consiglieri  regionali  in  sede  contabile,  per  aver
concorso ad adottare un  atto  di  autoorganizzazione  del  consiglio
regionale. 
    Tale azione e' pero' preclusa, come si argomentera'  in  diritto,
dalla prerogativa della insindacabilita' riconosciuta dall'art.  122,
quarto comma, Cost. 
    Di fronte a tale sconfinamento,  la  Regione  ricorre  a  codesta
ecc.ma Corte mediante il presente conflitto di attribuzione. 
 
                               Diritto 
 
I.  Sull'ammissibilita'  del  presente  ricorso  per   conflitto   di
attribuzione. 
    Il presente conflitto di attribuzione e'  rivolto  nei  confronti
dell'atto con cui la Procura regionale presso la Corte dei  conti  ha
citato innanzi  alla  Sezione  giurisdizionale  per  l'Emilia-Romagna
della Corte dei conti diversi consiglieri o ex-consiglieri  regionali
per   il   presunto   danno   erariale   provocato    alla    Regione
dall'affidamento dell'incarico di Capo di  Gabinetto  del  Presidente
dell'Assemblea legislativa regionale,  e  di  talune  altre  funzioni
connesse, a una persona (precisamente  il  sig.  Alberto  Allegretti)
priva del titolo di laurea,  titolo  che  costituirebbe,  secondo  la
Procura, requisito di legge. 
    E' pacifica, e piu'  volte  confermata  dalla  giurisprudenza  di
codesta ecc.ma  Corte,  l'ammissibilita'  del  conflitto  per  quanto
riguarda gli attuali consiglieri regionali. Essa,  infatti,  ha  piu'
volte sancito che l'atto di citazione con cui la  Procura  presso  la
Corte dei conti chiama  i  consiglieri  regionali  a  rispondere  per
asserito  danno  erariale  generato  da  voti  o   delibere   assunti
nell'esercizio delle loro  funzioni  e'  atto  immediatamente  lesivo
della prerogativa di cui all'art. 122, quarto comma, Cost.  e  dunque
idoneo a dar vita al conflitto: sul punto ci si limita qui a rinviare
alle sentenze n. 211 del 1972, n. 289 del 1997, n. 392 del 1999 e  da
ultimo n. 235 del 2015. 
    Puo' essere invece opportuno  sottolineare  che  l'ammissibilita'
del conflitto deve pienamente riconoscersi anche  in  relazione  agli
ex-consiglieri,  cioe'  che  non  ha  alcun  rilievo  sul  punto   la
circostanza  che  taluni  dei  soggetti  convenuti  dal   Procuratore
regionale non ricoprano piu'  la  carica  di  consiglieri  regionali,
essendo cessato il loro mandato. 
    La  prerogativa  della  insindacabilita',  sancita  negli  stessi
termini  per  i  parlamentari   e   per   i   consiglieri   regionali
rispettivamente dall'art. 68, primo comma, e  dall'art.  122,  quarto
comma, Cost., infatti, garantisce primariamente non gia'  la  persona
del  parlamentare  o  del  consigliere  regionale,  quanto  piuttosto
l'indipendenza e l'autonomia dell'Assemblea  legislativa  («a  tutela
della liberta' e dell'indipendenza della Camera stessa»: cfr. tra  le
altre, sentenza n. 329 del 1999, punto 4.1). La  relativa  tutela  e'
dunque azionabile dall'Assemblea legislativa a prescindere dal  fatto
che si tratti di un componente attuale: la giurisprudenza di  codesta
Corte ha chiarito - a proposito del Parlamento - che la garanzia, «ha
necessariamente riguardo alle funzioni esercitate dal deputato o  dal
senatore nel momento in cui le opinioni stesse  vengono  espresse»  e
che «non ha invece alcun rilievo [...] la qualita'  che  il  soggetto
rivesta nel momento  in  cui  e'  chiamato  in  giudizio»  (cosi'  la
sentenza  n.  252  del  1999,  che  ha  individuato,  come   soggetto
legittimato a partecipare al conflitto  tra  poteri  dello  Stato  in
materia  di  insindacabilita',  la   Camera   cui   il   parlamentare
apparteneva al momento del fatto). 
    Questa soluzione e' stata confermata dalla legge 20 giugno  2003,
n.  140,  «Disposizioni   per   l'attuazione   dell'art.   68   della
Costituzione nonche' in materia  di  processi  penali  nei  confronti
delle alte cariche dello Stato»: l'art. 3, comma 4,  prevede  infatti
che se il giudice, innanzi al quale sia stata invocata la prerogativa
dell'art.  68,  primo  comma,  Cost.,  ritenga  di  non   condividere
l'eccezione, egli debba trasmettere copia  degli  atti  «alla  Camera
alla quale il membro  del  Parlamento  appartiene  o  apparteneva  al
momento del fatto». 
    Nessun  dubbio  puo'  dunque  esistere  circa  la  legittimazione
dell'Assemblea legislativa regionale a lamentare  mediante  conflitto
la lesione dell'art. 122 quarto comma, Cost., in relazione ai  propri
ex-consiglieri. 
    Ugualmente, nessun dubbio puo' esistere  sull'ammissibilita'  del
conflitto quanto ai presupposti e al petitum. 
    Con esso infatti la ricorrente Regione Emilia-Romagna lamenta che
la Procura presso la Corte dei conti pretenda di sindacare  atti  che
sono sottratti alla giurisdizione del giudice contabile  per  effetto
della guarentigia costituzionalmente sancita  dall'art.  122,  quarto
comma, Cost., e dunque agisce innanzi a codesta Corte a tutela  della
propria sfera di attribuzioni tutelata  dalla  predetta  disposizione
costituzionale. 
    Essa non chiede a codesta Corte di  sostituire  nel  giudizio  la
Corte dei conti, ma di dichiarare che  la  funzione  di  costituzione
della propria organizzazione  fondamentale  tutelata  dall'art.  122,
quarto comma, Cost. e  conseguentemente  sottratta  al  sindacato  di
responsabilita' erariale. 
II. Nel merito; esorbitanza dal potere  giurisdizionale  della  Corte
dei conti e  invasione  dell'autonomia  organizzativa  dell'Assemblea
legislativa regionale, in violazione  dell'art.  122,  quarto  comma,
Cost. 
    Con il presente conflitto la ricorrente Regione chiede a  codesta
ecc.ma Corte  costituzionale  l'affermazione  della  insindacabilita'
dell'attivita' deliberativa (e dunque per  i  «voti  dati»)  connessa
alla nomina del  Capo  di  Gabinetto  del  Presidente  dell'Assemblea
legislativa regionale. 
    Ad avviso della  Regione,  tale  affermazione  discende  in  modo
palese  dalla  duplice  circostanza  che   anche   la   funzione   di
autoorganizzazione  (o  di  organizzazione  interna)   dell'Assemblea
legislativa regionale e' coperta dalla garanzia di insindacabilita' e
che la nomina del Capo di Gabinetto (con la connessa attribuzione  di
funzioni),  incidendo  direttamente  sulla  struttura   organizzativa
fondamentale  dell'Assemblea   legislativa,   costituisce   atto   di
autoorganizzazione della stessa. 
    Le considerazioni che seguono sono dunque  rivolte  a  illustrare
tali  premesse:  le  quali  peraltro,   ad   avviso   della   Regione
Emilia-Romagna,   si    deducono    agevolmente    dalla    pregressa
giurisprudenza di codesta Corte costituzionale. 
a. La funzione di  auto-organizzazione  e'  protetta  dall'art.  122,
quarto comma, Cost. 
    Secondo l'art. 122, quarto comma, Cost., «i consiglieri regionali
non possono essere chiamati a rispondere delle  opinioni  espresse  e
dei voti dati nell'esercizio delle loro funzioni». 
    Tale  disposizione,  com'e'  noto,  attribuisce  ai   consiglieri
regionali una garanzia di insindacabilita' del tutto analoga -  salvi
gli aspetti procedurali -  a  quella  prevista  dall'art.  68,  primo
comma, Cost., per i membri del Parlamento. 
    Tale esenzione da responsabilita', peraltro, non e'  riferita  in
via esclusiva alla responsabilita' penale,  ma  si  estende  anche  a
quella civile, amministrativa e contabile (v. le sentenze di  codesta
ecc.ma Corte n. 100 del 1986; 289 del 1997; 392 del 1999),  e  dunque
tutela i consiglieri  regionali  anche  dall'esercizio  di  un'azione
«afflittiva»  quale  l'azione  di  danno  erariale,  cioe'   l'azione
proposta nei confronti dei consiglieri della  Regione  Emilia-Romagna
nelle circostanze della presente controversia. E' infatti  appena  il
caso di ricordare come tale prerogativa abbia la funzione di impedire
che l'azione dei consiglieri regionali (come quella dei parlamentari)
sia  paralizzata  dal  timore  di  gravi  conseguenze   personali   o
patrimoniali. 
    Secondo l'insegnamento di codesta Corte la prerogativa in  parola
riguarda non solo la funzioni legislativa, di vigilanza, di indirizzo
ma   anche   la   funzione   di   autoorganizzazione   dell'Assemblea
legislativa. 
    Gia' nella sentenza n. 69 del 1985,  infatti,  codesta  Corte  ha
osservato che «l'affermazione della insindacabilita' delle opinioni e
dei voti dei consiglieri regionali nell'esercizio della  funzione  di
organizzazione   interna   dell'organo   non   fa   che    sviluppare
coerentemente il parallelismo  con  le  guarentigie  dei  membri  del
Parlamento, di cui all'art. 68, primo comma, Cost.  in  relazione  al
nucleo essenziale  comune  e  caratterizzante  delle  funzioni  degli
organi "rappresentativi" dello Stato e delle  Regioni:  accanto  alla
funzione primaria, quella legislativa, ed alla funzione di  indirizzo
politico e di controllo, la funzione di  autoorganizzazione  interna,
pacificamente riconosciuta al Consiglio regionale al pari che ai  due
rami del Parlamento» (cosi' la sentenza n. 69 del 1985). 
    L'affermazione e' immediatamente ribadita nella  sentenza  n.  70
del 1985,  secondo  cui  «le  funzioni  legislative  e  di  indirizzo
politico,  nonche'  quelle  di  controllo  e  di  autoorganizzazione,
connotano il livello  costituzionale  dell'autonomia  garantita  alle
regioni e ... l'esercizio di esse, riservato al consiglio  regionale,
non puo' essere sindacato da organi giudiziari al fine  di  accertare
l'eventuale responsabilita' dei soggetti deputati ad adempierle». 
    La successiva giurisprudenza costituzionale ha sempre  confermato
la insindacabilita' per gli  atti  di  esercizio  della  funzione  di
autoorganizzazione, con la  precisazione  che  in  relazione  a  tale
funzione,   diversamente    che    per    gli    atti    legislativi,
l'insindacabilita' non costituisce «una immunita' assoluta, in quanto
essa  non  copre   gli   atti   non   riconducibili   ragionevolmente
all'autonomia ed alle esigenze ad essa sottese» (sentenza n. 289  del
1997, relativa ad un conflitto  sollevato  dalla  Regione  Veneto  in
relazione  ad  una  azione  di  danno  erariale  in  ipotesi  causato
dall'Ufficio di presidenza del consiglio regionale per l'acquisto  di
auto di servizio). 
    Questa posizione e' stata poi ribadita nella sentenza n. 392  del
1999, in tema di azione di danno promossa  in  relazione  a  delibere
dell'ufficio di presidenza che rimborsavano  le  missioni  all'estero
dei  consiglieri  regionali:  e  in  questa  pronuncia  la  Corte  ha
precisato che l'estraneita'  o,  comunque,  la  non  riconducibilita'
dell'atto  all'autonomia  funzionale  del  consiglio   regionale   va
verificata secondo ragionevolezza. 
    In applicazione di questi principi anche la Corte  di  cassazione
ha recentemente ricordato  «che  la  funzione  di  autoorganizzazione
interna dei Consigli regionali partecipa delle guarentigie apprestate
dall'art. 122, comma 4,  Cost.  ...  a  tutela  dell'esercizio  delle
funzioni primarie (legislativa, di indirizzo politico e di controllo)
delle quali l'organo di  rappresentanza  e'  investito,  al  fine  di
preservarle dall'interferenza di altri  poteri  (Cass.  sez.  un.  14
maggio 2001 n. 200); e che di tale funzione costituiscono espressione
gli atti che riguardano direttamente l'organizzazione degli uffici  e
dei servizi (sia per quanto concerne l'articolazione delle  strutture
e della fornitura dei mezzi necessari, sia  per  quanto  concerne  il
personale)   e   le   modalita'   di    svolgimento    dell'attivita'
dell'Assemblea» (cosi' Cassazione, SS.UU., ordinanza 21 aprile  2015,
n. 8077). 
    Anche in dottrina, del resto, l'insegnamento della giurisprudenza
costituzionale risulta puntualmente registrato: cosi' S. Bartole - R.
Bin, sub. art. 122, in Commentario breve alla  Costituzione,  Padova,
2008, 111, ricordano che la prerogativa  ivi  disposta  riguarda  «le
funzioni   legislativa,   di   vigilanza,   di   indirizzo    e    di
autoorganizzazione» (per analoghe considerazioni  cfr.  altresi':  A.
Ambrosi, I consiglieri regionali, in Immunita' politiche e  giustizia
penale, a cura di R. Orlandi e A. Pugiotto, Torino, 2005, 206 s; T.F.
Giupponi, Le prerogative dei consiglieri regionali tra giurisprudenza
costituzionale e riforma costituzionale, in Le Regioni, 2002, 1067). 
b. Il conferimento della funzione di Capo di Gabinetto del Presidente
rientra nell'organizzazione interna fondamentale. 
    La seconda premessa e', come detto, l'affermazione che la  nomina
del Capo  di  Gabinetto  del  Presidente  dell'Assemblea  legislativa
regionale, deliberata dall'ufficio di presidenza con  gli  atti  gia'
illustrati    in    narrativa,    rientra    nella    attivita'    di
auto-organizzazione fondamentale dell'Assemblea legislativa. 
    A tale conclusione si deve pervenire osservando che  il  Capo  di
Gabinetto  e'  posto  al  vertice  della   struttura   amministrativa
dell'ufficio di presidenza, cioe' del solo ufficio costituzionalmente
necessario del consiglio regionale (Assemblea legislativa). 
    Va  rammentato,  infatti,  che  il  Presidente  e  l'ufficio   di
presidenza rappresentano organi interni indefettibili  del  consiglio
regionale. E' significativo che pur  a  fronte  dell'ampia  autonomia
statutaria che la Costituzione riconosce alla Regione in  materia  di
«forma di governo» e di «principi fondamentali  di  organizzazione  e
funzionamento» (art. 123, primo comma), essa stessa si  dia  cura  di
prevedere  che  «il  consiglio  elegge  tra  i  suoi  componenti   un
presidente e un ufficio di presidenza» (art. 122, terzo comma).  Cio'
significa  che  il  costituente   ha   considerato   fondamentale   e
inderogabile che l'Assemblea legislativa regionale abbia un organo di
direzione politica che affianca il  Presidente  nelle  determinazioni
fondamentali della vita dell'Assemblea legislativa. Ora, e'  evidente
che tale ufficio non puo' funzionare senza un apparato di  gabinetto,
e  che  le  determinazioni  di  base  sull'organizzazione  di  questo
costituiscono   un   elemento   essenziale    della    funzione    di
auto-organizzazione della stessa. Cio' vale, in particolare,  per  la
scelta del responsabile di vertice, che risponde  fiduciariamente  al
Presidente  e  assicura   la   trasmissione   dell'impulso   politico
all'intera  struttura   amministrativa   dell'Assemblea   legislativa
regionale. 
    La   centralita'   istituzionale   dell'ufficio   di   presidenza
nell'organizzazione del consiglio regionale  (Assemblea  legislativa)
indicata dalla Costituzione, e' poi  coerentemente  sviluppata  dallo
Statuto regionale, approvato con l.r. 31 marzo  2015,  n.  13.  Esso,
infatti, ne pone la disciplina subito dopo quella  dell'elezione  del
presidente della assemblea regionale (art. 33) e della specificazione
delle sue funzioni  (art.  34),  regolandone  la  composizione  e  la
struttura, precisando,  all'art.  35,  comma  2,  che  «l'ufficio  di
presidenza   dispone   di   servizi   generali   per   le   attivita'
dell'Assemblea», che esso «ha alle  proprie  dipendenze  il  relativo
personale» e  «amministra  i  fondi  relativi  al  bilancio  autonomo
dell'Assemblea». L'art. 63 dello Statuto ne conferma  poi  il  regime
speciale quanto alla provvista, disponendo che  «la  legge  regionale
disciplina il conferimento di incarichi a tempo  determinato  per  lo
svolgimento di funzioni e per l'adempimento di compiti speciali e  di
consulenza attinenti a: a) Gabinetto e segreterie  particolari  degli
organi  della  Regione;  b)   articolazioni,   organi   e   strutture
dell'Assemblea previsti dallo Statuto di cui agli  articoli  33,  34,
36, 38 e 40)». Si tratta, come si  vede,  degli  organi  che  formano
l'ossatura   attraverso   la   quale   si    organizza    l'esercizio
dell'autonomia politica dell'Assemblea legislativa. 
    Di cio', del resto,  si  trae  ulteriore  conferma  esaminando  i
compiti propri del Capo di Gabinetto del Presidente.  Esso,  infatti,
occupa una posizione  strategica  nell'organizzazione  dell'attivita'
dell'Assemblea legislativa, essendo il  suo  ufficio  «preposto  allo
svolgimento delle attivita' di supporto  necessarie  per  l'esercizio
delle funzioni attribuite al presidente del consiglio dallo Statuto e
dalle  altre  norme   regionali»   (cosi'   l'art.   4   della   l.r.
Emilia-Romagna 25 novembre 2011, n. 43, Testo  unico  in  materia  di
organizzazione e di rapporti di lavoro nella Regione Emilia-Romagna). 
    Si tratta, dunque, del responsabile della struttura organizzativa
chiamata ad essere  la  proiezione  operativa  della  Presidenza  nel
compito della direzione dei lavori dell'Assemblea (art. 34, comma  1,
dello statuto regionale) e dell'Ufficio di presidenza nel compito  di
coadiuvare    il    Presidente     «nell'esercizio     dell'autonomia
organizzativa, funzionale, finanziaria  e  contabile  dell'Assemblea,
secondo modalita' previste dal regolamento» (art. 35, comma  1  dello
statuto). Di qui lo strettissimo legame fiduciario e l'esigenza della
completa liberta' della Presidenza dell'Assemblea  legislativa  nella
scelta della persona piu'  consona  per  l'esercizio  della  delicata
funzione. 
    Risulta dunque con evidenza che sia la individuazione del Capo di
Gabinetto del Presidente, sia l'attribuzione al medesimo  di  compiti
specifici legati al funzionamento dell'Assemblea rientrano -  secondo
un criterio di ragionevolezza - tra le funzioni di autoorganizzazione
del consiglio. 
    In realta', tali atti non  sono  soltanto  «ragionevolmente»,  ma
sono  necessariamente  correlati   con   l'autonomia   dell'Assemblea
legislativa, dal  momento  che  senza  di  essi  tale  autonomia  non
potrebbe esplicarsi, ne' essi potrebbero essere compiuti da altri che
dal   Presidente   quale   responsabile    politico    dell'Assemblea
legislativa. 
    Ne consegue, ulteriormente, che l'atto  di  nomina  non  potrebbe
essere sindacato per i profili di responsabilita' erariale nemmeno se
esso fosse considerato  come  un  atto  espressione  di  una  normale
funzione   amministrativa   attribuita   all'Assemblea    legislativa
regionale, posto  che  tale  funzione  di  nomina  non  e'  intestata
all'Assemblea legislativa per una scelta contingente del  legislatore
regionale, bensi' risponde ad una rima costituzionalmente  obbligata,
dettata dalla necessita' di rispettare l'autonomia dell'organo. 
    Pertanto, anche applicando i criteri piu'  restrittivi  formulati
da codesta Corte costituzionale (a partire dalla sentenza n.  69  del
1985)  in  relazione  alle  funzioni  amministrative  attribuite   al
consiglio regionale (insindacabili se fondate in Costituzione o nelle
leggi dello  Stato),  risulta  in  ogni  caso  che  le  deliberazioni
contestate dal Procuratore regionale sarebbero comunque insindacabili
in sede di giudizio di responsabilita' contabile. 
    Le considerazioni ora svolte non sono affatto contraddette  dalla
circostanza che al Capo di Gabinetto  sono  state  affidati,  in  via
transitoria e senza alcuna indennita', altri compiti,  funzionalmente
connessi. 
    Per quanto riguarda l'attribuzione dei compiti  di  direttore  ad
interim del servizio informazione esercitati  dal  medesimo  Capo  di
Gabinetto dal 1° agosto 2011 al 30 giugno 2013, e delle  funzioni  di
«Tecnico  di  garanzia   in   materia   di   partecipazione»   svolte
interinalmente dal 12 novembre 2013 al  17  novembre  2014,  trattasi
sempre  di  decisioni  relative  alla  copertura  di  uffici  che  si
occupano, rispettivamente, della comunicazione dell'Assemblea  e  del
supporto ai processi partecipativi di cui all'art. 8, comma 1,  della
legge regionale n. 3 del 2010, «Norme per la definizione, riordino  e
promozione delle procedure di  consultazione  e  partecipazione  alla
elaborazione delle politiche regionali e locali», regolati nel Titolo
II dello Statuto, che prevede, in particolare, l'istruttoria pubblica
nell'ambito per  procedimenti  normativi  o  amministrativi  generali
(art. 17) e il diritto  alla  partecipazione  delle  associazioni  al
procedimento  legislativo  ed  alla   definizione   degli   indirizzi
politico-programmatici piu' generali (art. 19). 
    Per mero scrupolo di difesa si osserva che non puo' certo  essere
addotto  in  contrario  a  quanto  sopra  argomentato  l'affermazione
dell'atto di citazione qui contestato (pp. 46-47),  secondo  cui  una
determinazione amministrativa dell'ufficio di presidenza non potrebbe
mai essere coperta dall'insindacabilita', non costituendo «esecuzione
della volonta' dell'assemblea». Tale affermazione,  infatti,  e'  del
tutto arbitraria, ed e' anzi nettamente smentita dalle  sentenze  con
cui codesta Corte costituzionale ha accolto, per violazione dell'art.
122, quarto comma, Cost., i conflitti di  attribuzioni  proposti  nei
confronti delle iniziative delle Procure presso la  Corte  dei  conti
dirette a far valere una responsabilita' dei componenti  dell'ufficio
di presidenza per il danno erariale asseritamente causato da delibere
dello stesso. (sentenze n. 289 del 1997 e n. 392 del 1999). 
III. Per completezza del contesto: legittimita' degli atti di  nomina
del Capo di Gabinetto del presidente della Assemblea legislativa. 
    Il  presente  conflitto  fa  valere  la  lesione   prodotta   dal
Procuratore della  Corte  dei  conti  nel  chiamare  a  rispondere  i
consiglieri regionali per atti che, in quanto esercizio  di  funzioni
di autoorganizzazione, sono immuni da sindacato  ai  sensi  dell'art.
122, quarto comma, Cost. 
    Il tema della legittimita' di tali atti, pertanto, non e' oggetto
di questo giudizio, ne' qui si sta affermando che, ad  altri  fini  e
dunque ai fini diversi da  un  giudizio  di  responsabilita',  quegli
stessi atti non possano essere, ricorrendone i  presupposti,  oggetto
di sindacato giurisdizionale. 
    E' dunque per un  mero  scrupolo  difensivo  che  di  seguito  si
illustrano  le  ragioni  che   dimostrano   la   piena   legittimita'
dell'operato dell'Ufficio di  presidenza  dell'Assemblea  legislativa
della Regione Emilia-Romagna, a maggiore  riprova  di  come  l'azione
intentata dalla Procura della Corte dei conti sia errata e di come il
senso della guarentigia di cui all'art. 122, quarto comma, Cost., sia
anche quello di porre al riparo i  consiglieri  regionali  da  simili
iniziative, senza costringerli a difendere davanti ad un Giudice,  in
sede di giudizio di responsabilita' (civile, penale o  erariale)  gli
atti di esercizio delle proprie funzioni. 
    Secondo l'art. 4, l.r. Emilia-Romagna n. 43 del 2001, il Capo  di
Gabinetto del presidente del consiglio regionale  «e'  preposto  allo
svolgimento delle attivita' di supporto  necessarie  per  l'esercizio
delle funzioni attribuite al presidente del consiglio dallo Statuto e
dalle altre norme regionali». 
    Si tratta dunque del titolare di un organo che svolge funzioni  e
adempie compiti speciali, costituendo, a  sua  volta,  una  struttura
speciale  (cfr.  art.  35  dello  Statuto  e  articoli  4  ss.,  l.r.
Emilia-Romagna n. 43 del 2001)  dell'Assemblea  legislativa,  la  cui
nomina e' tipicamente basata su  una  scelta  fiduciaria,  frutto  di
valutazioni rimesse all'autonomia politica dell'Organo in cui  favore
tale scelta e' effettuata. 
    Inoltre, dovendo esso svolgere  attivita'  di  supporto  rispetto
alle funzioni del presidente, e'  altresi'  chiaro  che  il  Capo  di
Gabinetto compartecipa anche della natura delle funzioni  esercitate,
ossia quelle politiche. 
    Come rilevato dalla giurisprudenza costituzionale (cfr.  sentenza
n. 304 del 2010; da ultimo, v. pure Corte costituzionale n.  296  del
2016),  l'individuazione  del  destinatario  di  incarichi  di   tipo
fiduciario e' per  definizione  fondata  su  «valutazioni  soggettive
legate  alla  consonanza  politica  e  personale  con   il   titolare
dell'organo politico che nomina»  e  «puo'  avvenire,  in  base  alla
normativa vigente, intuitu personae, senza predeterminazione di alcun
rigido criterio che debba essere osservato nell'adozione dell'atto di
assegnazione all'ufficio». 
    La scelta, pertanto, ben puo' riguardare persone  che  soddisfino
requisiti di  consonanza  politica  e  umana,  indispensabili  in  un
incarico di tale natura e funzione, inclusivi anche di  una  autonoma
valutazione di idoneita', anch'essa apprezzata sulla base di  diretta
esperienza senza vincoli precostituiti. 
    In questa valutazione, infatti, e' evidente come assuma rilevanza
fondamentale  -  inestricabilmente  connessa  alla  ragion   d'essere
dell'organo -  il  possesso  di  specifiche  esperienze  (anche  solo
politiche), ma non certo e necessariamente un titolo di studio di  un
particolare livello, come invece accade per  le  figure  dirigenziali
amministrative. 
    Le stesse disposizioni di  legge  utilizzate  dalla  Procura,  se
analizzate correttamente, non inducono a conclusioni diverse. 
    E'  chiaro,  difatti;  che  il  requisito  della  laurea  non  e'
previsto, ai fini dell'attribuzione  degli  incarichi  speciali,  ne'
dalla disciplina statutaria, ne' dalla  legislazione  regionale,  ne'
dalla disciplina interna dell'Assemblea legislativa regionale, e cio'
del tutto legittimamente; ne' puo' dirsi che un vincolo  relativo  al
titolo di studio sia ricavabile  dall'applicazione  della  disciplina
generale sulla dirigenza, che non puo' essere applicata a figure che,
come il Capo di Gabinetto, rientrano a pieno titolo tra  gli  «Uffici
di staff», di natura  eminentemente  fiduciaria,  quali  definiti  da
codesta ecc.ma Corte nella sentenza n. 304 del 2010. 
    In tale decisione, in particolare, si confermava  che  l'incarico
fiduciario in nessun modo puo' essere considerato alla stregua  degli
altri incarichi, e cio' nemmeno in relazione ad una sua assimilazione
ai ruoli dirigenziali e ai connessi requisiti. 
    Di cio' si  trae,  per  il  caso  specifico,  ulteriore  conferma
nell'art. 9, comma 1, della  1.r.  Emilia-Romagna  n.  43  del  2001,
secondo il quale «il  personale  assegnato  alle  strutture  speciali
della giunta e dell'assemblea legislativa e'  aggiuntivo  rispetto  a
quello delle rispettive dotazioni organiche», nelle quali dunque  non
rientra. 
    Anche la delibera dell'ufficio di presidenza n. 54 del 2010,  che
regola  gli  incarichi  per  le   strutture   speciali   di   diretta
collaborazione,  oltre  a  confermare  il  carattere   esclusivamente
fiduciario della nomina, non indica tra  i  requisiti  richiesti  per
l'accesso  dall'esterno,  alcun   particolare   titolo   di   studio,
limitandosi a chiedere (oltre  alla  maggiore  eta',  al  non  essere
interdetto dai pubblici uffici e al non essere stato  licenziato  per
motivi disciplinari dalla  Regione),  per  i  soggetti  in  posizione
dirigenziale, il solo possesso della cittadinanza italiana. 
    In sintesi, sia in base all'autonomia e alla logica istituzionale
del consiglio, sia in base al puntuale esame della normativa  risulta
chiaro, ad avviso della ricorrente Regione, che la figura del Capo di
Gabinetto  non  e'  soggetta  ad  alcuna  regola  predeterminata   di
qualificazione professionale. 
    Si noti che il ragionamento sin qui svolto non e' inficiato dalla
circostanza che al Capo di Gabinetto sia  stato  applicato,  ai  fini
retributivi, il contratto di diritto privato previsto per  le  figure
dirigenziali (come stabilito dall'art. 9, comma 7,  e  dall'art.  43,
commi 3 e 4,  l.r.  Emilia-Romagna  n.  43  del  2001).  Infatti,  la
«attribuzione della qualifica unica dirigenziale» di cui e'  menzione
in  tale  contratto  e'  effettuata  esclusivamente  allo  scopo   di
individuare uno standard di  trattamento  contrattuale  ed  economico
(anche per limitare  eccessi  che  possano,  in  ipotesi,  andare  in
superamento  dello  status  dirigenziale),  e  non  e'  (ne  potrebbe
legittimamente  essere)  preordinata   all'assegnazione   del   ruolo
dirigenziale proprio delle figure dei funzionari  dirigenti  preposti
alle strutture burocratiche ordinarie. 
    Si tratta, all'evidenza, di una mera equiparazione del livello di
inquadramento, che  non  vale  a  mutare  la  natura  delle  distinte
posizioni fra le figure dei responsabili delle strutture  speciali  e
quelle della dirigenza dell'apparato gestionale burocratico. 
    D'altronde, la fondatezza di questa argomentazione e'  facilmente
dimostrabile  a   contrario,   poiche'   sarebbe   stato   senz'altro
illegittimo non fissare un parametro, e tale parametro e' stato non a
caso individuato  nel  trattamento  economico-normativo  proprio  dei
direttori generali, che sono  individuati  fiduciariamente  (come  il
Capo di Gabinetto) e partecipano solo  parzialmente  alla  dirigenza,
essendo esclusi dal ruolo dei dirigenti e in  generale  dalla  pianta
organica  della  Regione   (cfr.   art.   43,   comma   3-bis,   l.r.
Emilia-Romagna n. 43 del 2001). 
    La  scelta  dello  stesso  parametro  economico,  tuttavia,   non
comporta affatto che per la  funzione  di  Capo  di  Gabinetto  siano
necessari gli stessi requisiti richiesti per i direttori generali  la
cui  normativa,  appunto,  e'  richiamata  per  la  definizione   del
contratto  e  del  trattamento  economico;  del  resto,  proprio   il
riferimento al trattamento dei direttori generali  dimostra  come  il
Capo di  Gabinetto  sia  una  figura  sui  generis,  soggetta  a  una
disciplina propria, del tutto diversa da quella della dirigenza. 
    Naturalmente, nell'atto di citazione qui  contestato  la  Procura
regionale agisce  sulla  base  di  una  interpretazione  delle  norme
legislative  e  delle  discipline  interne  del  consiglio  regionale
relative alla nomina del Capo di Gabinetto dell'Assemblea legislativa
regionale diversa da quella seguita dall'Ufficio  di  presidenza  del
consiglio regionale e qui illustrata. Ma sia consentito di  osservare
che il senso della garanzia apprestata dall'art. 122,  quarto  comma,
Cost. e' appunto quello  di  evitare  che  simili  discussioni  sulla
legittimita' di atti di esercizio delle funzioni  consiliari  possano
costituire ragione di prosecuzione e di responsabilita' i consiglieri
regionali  che  operano   nell'esercizio   delle   proprie   funzioni
costituzionali.