IL CONSIGLIO DI STATO
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente sentenza sui seguenti ricorsi in
appello:
1) n. 3115 del 2016, proposto dalla Provincia di Reggio
Emilia, in persona del presidente pro tempore, rappresentata e difesa
dagli avvocati Francesca Preite e Claudio Macioci, con domicilio
eletto presso lo studio di quest'ultimo in Roma, via Tacito, 23;
Contro:
i comuni di Novellara e Campagnola Emilia, in persona dei
rispettivi sindaci pro tempore, non costituiti in giudizio;
la Regione Emilia-Romagna, in persona del presidente pro
tempore, non costituita in giudizio;
Nei confronti di:
Iniziative Ambientali S.r.l., in persona del legale
rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati
Salvatore Alberto Romano ed Elena Pontiroli, con domicilio eletto
presso lo studio del primo in Roma, viale XXI Aprile, 11;
signori Marisa Davoli, Pierpaolo Spaggiari e Alessandra
Spaggiari, rappresentati e difesi dall'avv. Giovan Ludovico Della
Fontana, con domicilio eletto presso lo studio dell'avv. Alfredo
Placidi in Roma, via Cosseria, 2;
2) n. 3148 del 2016, proposto dal Comune di Novellara, in
persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv.
Antonio Maria Salvatore Drogo, domiciliato ex art. 25 cod. proc. amm.
presso la Segreteria del Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di
Ferro, 13;
Contro:
i signori Marisa Davoli, Alessandra Spaggiari e Pierpaolo
Spaggiari, rappresentati e difesi dall'avv. Giovan Ludovico Della
Fontana, con domicilio eletto presso lo studio dell'avv. Alfredo
Placidi in Roma, via Cosseria, 2;
Nei confronti di:
Provincia di Reggio Emilia, in persona del presidente pro
tempore, non costituita in giudizio;
Comune di Campagnola Emilia, in persona del sindaco pro
tempore, non costituito in giudizio;
Regione Emilia-Romagna, in persona del presidente pro
tempore, non costituito in giudizio;
Iniziative Ambientali S.r.l., in persona del legale
rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati
Elena Pontiroli e Salvatore Alberto Romano, con domicilio eletto
presso lo studio di quest'ultimo in Roma, viale XXI Aprile, 11;
Entrambi per l'annullamento e/o la riforma, previa sospensione
dell'esecuzione, della sentenza del Tribunale amministrativo
regionale dell'Emilia-Romagna, Sezione staccata di Parma, n. 63/2016,
depositata il 29 febbraio 2016, resa tra le parti e notificata al
Comune di Novellara in data 10 marzo 2016 ed alla Provincia di Reggio
Emilia in data 11 marzo 2016;
Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Iniziative
Ambientali S.r.l. e dei signori Marisa Davoli, Pierpaolo Spaggiari e
Alessandra Spaggiari;
Viste le memorie prodotte dalla Provincia di Reggio Emilia (in
date 8 giugno e 14 novembre 2016 nel giudizio n. 3115 del 2016), dal
Comune di Novellara (in date 17 giugno, 14 e 24 novembre 2016 nel
giudizio n. 3148 del 2016), da Iniziative Ambientali S.r.l. (in date
20 giugno e 24 novembre 2016 in entrambi i giudizi) e dai signori
Marisa Davoli, Pierpaolo Spaggiari e Alessandra Spaggiari (in date 20
giugno, 12 e 24 novembre 2016 nel giudizio n. 3115 del 2016 e in date
21 giugno, 12 e 24 novembre 2016 nel giudizio n. 3148 del 2016) a
sostegno delle rispettive difese;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, all'udienza pubblica del giorno 15 dicembre 2016, il
consigliere Raffaele Greco;
Uditi l'avv. Preite per la Provincia appellante, l'avv. Della
Fontana per gli appellati, l'avv. C. Masi su delega dell'avv.
Pontiroli per Iniziative Ambientali S.r.l. e l'avv. Drogo per il
Comune appellante;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
Fatto
I - La Provincia di Reggio Emilia ha impugnato, chiedendone la
riforma previa sospensione dell'esecuzione, la sentenza con la quale
la Sezione di Parma del Tribunale amministrativo regionale
dell'Emilia-Romagna, decidendo sul ricorso proposto dai signori
Marisa Davoli, Pierpaolo Spaggiari e Alessandra Spaggiari, ha
dichiarato la cessazione della materia del contendere per il ricorso
introduttivo e accolto i motivi aggiunti, per l'effetto annullando
gli atti con i quali il Consiglio comunale di Novellara ha adottato e
approvato il P.O.C. stralcio Tangenziale, finalizzato alla
realizzazione del secondo e ultimo stralcio della Tangenziale Nord.
L'appello e' affidato ai seguenti motivi:
1) violazione e falsa applicazione degli articoli 25 e
43 cod. proc. amm. e 170 cod. proc. civ.; motivazione erronea e
contraddittoria (in relazione alla reiezione dell'eccezione di
inammissibilita' dei motivi aggiunti per nullita' e inesistenza della
notifica alla Provincia di Reggio Emilia);
2) violazione e falsa applicazione degli articoli 13, comma
3, e 26, comma 3, della legge regionale 19 dicembre 2002, n. 37;
motivazione erronea e contraddittoria; violazione dell'art. 39, comma
1, del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327
(in relazione alla ritenuta applicabilita' alla presente fattispecie
del divieto di reiterazione di vincoli espropriativi per piu' di una
volta, di cui alle citate disposizioni regionali).
Si sono costituiti gli originari ricorrenti, i quali, oltre a
opporsi all'accoglimento dell'appello, hanno riproposto come segue i
motivi di primo grado rimasti assorbiti nella sentenza impugnata:
i) violazione dei principi in materia di reiterazione dei
vincoli espropriativi e dell'art. 13 della legge regionale n. 37 del
2002; eccesso di potere per difetto o insufficienza della motivazione
e di attivita' istruttoria; travisamento ed errore sui presupposti
(in relazione alla carente o insufficiente motivazione addotta a
sostegno della reiterazione del vincolo espropriativo sulla
proprieta' degli odierni appellati);
ii) violazione dell'art. 12 della legge regionale 24 marzo
2000, n. 20; violazione dell'art. 20 del decreto legislativo 12
aprile 2006, n. 163; violazione del principio di necessaria
conformita' del progetto definitivo dell'opera pubblica ai vincoli
storico-artistici, architettonici ed ambientali (stante la pendenza
di ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto
avverso il decreto con cui l'autorita' preposta al vincolo
storico-artistico ha espresso parere favorevole all'intervento per
cui e' causa).
Si e' altresi' costituita la societa' Iniziative Ambientali
S.r.l., affidataria della progettazione e realizzazione della
Tangenziale di Novellara sulla base di accordo a suo tempo
intervenuto col Comune e con la Provincia di Reggio Emilia, la quale,
oltre a opporsi con diffuse argomentazioni all'accoglimento del
gravame avverso, ha evidenziato la novita' costituita dal
sopravvenire dell'art. 30 della legge regionale 30 maggio 2016, n. 9,
il quale avrebbe interpretato il divieto di reiterazione di vincoli
espropriativi di cui al gia' citato art. 13, comma 3, della legge
regionale n. 37/2002 in senso non ostativo alla realizzazione
dell'intervento per cui e' causa.
II - La medesima sentenza del Tribunale amministrativo regionale
dell'Emilia-Romagna forma oggetto di separato appello col quale il
Comune di Novellara ne ha chiesto l'annullamento o la riforma, previa
sospensione dell'esecuzione, sulla base dei seguenti motivi:
a) inammissibilita' del ricorso per motivi aggiunti di primo
grado per mancata notifica dell'impugnazione alla Provincia di Reggio
Emilia presso il domicilio dell'ente costituito ex art. 43 cod. proc.
amm.;
b) nullita' della sentenza per mancanza del contraddittorio
ex articoli 43, 49 e 105 cod. proc. amm. (stante la mancata
integrazione del contraddittorio nei confronti dell'Amministrazione
provinciale);
c) erroneita' della sentenza nel merito, per non corretta
applicazione dell'art. 13, comma 3, della legge regionale n. 37/2002;
d) nullita' della sentenza per contrasto con il giudicato
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale di Parma n.
692/2009 (in relazione alla ritenuta natura retroattiva del divieto
introdotto dal citato art. 13, comma 3, legge regionale n. 37/2002);
e) inammissibilita' del ricorso di primo grado e dei motivi
aggiunti per mancata instaurazione del contraddittorio rispetto al
signor Valseno Bartoli, ricorrente nel procedimento di appello
definito con la sentenza del Consiglio di Stato n. 3214/2014;
f) inammissibilita' del ricorso per ottemperanza, del ricorso
in riassunzione e del ricorso per motivi aggiunti per mancata
produzione dell'autorizzazione a effettuare le notifiche in proprio
da parte del difensore dei ricorrenti in prime cure;
g) erronea reiezione delle ulteriori eccezioni di
inammissibilita' dei motivi aggiunti formulate dal Comune di
Novellara (con specifico riferimento all'eccezione di tardivita'
dell'impugnazione della deliberazione n. 26 del 29 aprile 2015).
Anche in questo giudizio si sono costituiti gli originari
ricorrenti, riproponendo ai sensi dell'art. 101, comma 2, cod. proc.
amm. le censure di primo grado assorbite, negli stessi identici
termini di cui al giudizio n. 3115 del 2016.
Si e' altresi' costituita Iniziative Ambientali S.r.l., svolgendo
deduzioni sovrapponibili a quelle articolate nel primo giudizio.
III - Alla camera di consiglio del 23 giugno 2016, fissata per
l'esame delle domande incidentali di sospensiva, questo e' stato
differito sull'accordo delle parti, per essere abbinato alla
trattazione del merito.
IV - Di poi, tutte le parti hanno affidato a memorie l'ulteriore
sviluppo delle rispettive tesi, argomentando anche in relazione
all'incidenza sulla causa del sopravvenuto art. 30 della legge
regionale n. 9 del 2016.
V - All'udienza del 15 dicembre 2016, entrambe le cause sono
state trattenute in decisione.
Diritto
1. Il presente giudizio concerne la realizzazione della
Tangenziale Nord di Novellara, opera pubblica la cui realizzazione e'
stata prevista in un accordo di programma stipulato nel 2003 tra la
Provincia di Reggio Emilia e i Comuni di Novellara e Campagnola
Emilia (e successivamente integrato da atti aggiuntivi nel 2007 e nel
2013) al fine di risolvere i problemi di viabilita' e congestione che
affliggevano l'abitato di Novellara, nel quale confluivano quattro
direttrici del traffico stradale.
Il progetto preliminare dell'opera, gia' approvato «in linea
tecnica» da entrambi i comuni interessati, e' stato ritualmente
approvato dall'Amministrazione di Novellara con delibera di G.M. n.
83 del 28 ottobre 2003; in sede di successiva approvazione del
progetto definitivo, sempre «in linea tecnica», con delibera di G.M.
n. 77 del 13 luglio 2005, si e' ritenuto poi di suddividere l'opera
in tre stralci esecutivi, al fine di avviare immediatamente i lavori
per il primo e il terzo stralcio, nelle more dell'adeguamento alle
prescrizioni imposte dalla Soprintendenza ai beni culturali alla
parte relativa al secondo stralcio (quella in concreto destinata a
evitare l'attraversamento del centro abitato).
Con deliberazione del Consiglio comunale n. 45 del 28 luglio
2005, e' stato adottato il Piano operativo comunale (P.O.C.) - primo
stralcio, con apposizione dei vincoli destinati all'esproprio sulle
aree interessate; il P.O.C. e' stato poi definitivamente approvato
con la deliberazione consiliare n. 31 del 27 aprile 2006.
Tali ultimi provvedimenti sono stati impugnati in sede
giurisdizionale dalla signora Marisa Davoli, in qualita' di
proprietaria di uno dei suoli interessati dall'intervento, unitamente
ad altro proprietario interessato (signor Valseno Bartoli), con
ricorso successivamente integrato da motivi aggiunti.
Peraltro, nelle more del giudizio cosi' instaurato, il primo e il
terzo stralcio della Tangenziale sono stati ultimati e aperti al
traffico.
2. La Sezione staccata di Parma del Tribunale amministrativo
regionale dell'Emilia-Romagna, decidendo sull'impugnazione, ha
respinto il ricorso introduttivo e dichiarato in parte inammissibili
e in parte infondati i motivi aggiunti (sentenza n. 692 del 26
ottobre 2009).
3. Proposto appello avverso tale decisione, questa Sezione la ha
riformata annullando le deliberazioni di adozione e approvazione del
P.O.C. nonche' gli atti di approvazione del progetto definitivo del
secondo stralcio medio tempore intervenuti a seguito del mutato
avviso della Soprintendenza (sentenza n. 3214 del 25 giugno 2014).
4. A seguito di ricorso per l'ottemperanza al giudicato proposto
dalla sig.ra Davoli e dai signori Pierpaolo e Alessandra Spaggiari
(questi ultimi in qualita' di aventi causa di parte dei suoli
interessati) per la declaratoria di nullita' di ulteriori atti posti
in essere dall'Amministrazione, la Sezione ha altresi' in parte
dichiarato cessata la materia del contendere, essendo stati i
predetti atti gia' rimossi spontaneamente dallo stesso Comune, e in
parte dichiarato inammissibile la domanda attorea, previa conversione
dell'azione di nullita' in ordinaria azione di annullamento (sentenza
n. 1892 del 14 aprile 2015).
5. Riassunta la causa dinanzi al primo giudice, questo - per
quanto qui rileva - ha accolto la nuova impugnazione e annullato le
sopravvenute delibere consiliari n. 87 dell'11 dicembre 2014 e n. 26
del 29 aprile 2015, recanti rispettivamente nuova adozione e
approvazione del P.O.C.
La ragione dell'illegittimita' di tali nuovi provvedimenti,
secondo il Tribunale amministrativo regionale, riposa nella
violazione dell'art. 13, comma 3, della legge regionale
dell'Emilia-Romagna 19 dicembre 2002, n. 37, il quale, occupandosi
dei vincoli preordinati all'esproprio, statuisce che «il vincolo
decaduto puo' essere motivatamente reiterato, per una sola volta».
Infatti, secondo il primo giudice con le delibere impugnate in
prime cure si era provveduto a reiterare sulle aree interessate dalle
opere stradali un vincolo impresso dal P.R.G. del 1989 e gia'
reiterato dalla successiva variante del 1996.
6. Avverso tale sentenza hanno proposto appello, sulla base di
motivi sostanzialmente sovrapponibili, la Provincia di Reggio Emilia
e il Comune di Novellara.
7. Tutto cio' premesso, va innanzi tutto disposta la riunione
degli appelli in epigrafe, ai sensi dell'art. 96 cod. proc. amm.,
avendo essi a oggetto la medesima sentenza.
8. Di poi, alla stregua di quanto sopra esposto occorre porsi la
questione dell'incidenza sul presente giudizio della sopravvenuta
disposizione contenuta nell'art. 30 della legge regionale 30 maggio
2016, n. 9 (rubricato «Norma di interpretazione autentica
dell'articolo 13, comma 3, della legge regionale n. 37 del 2002»), il
quale cosi' dispone: «... Il comma 3 dell'articolo 13 della legge
regionale 19 dicembre 2002, n. 37 (Disposizioni regionali in materia
di espropri) si interpreta nel senso che, fermo restando l'obbligo di
puntuale motivazione, nonche' della corresponsione al proprietario
dell'indennita' di cui all'articolo 39 del decreto del Presidente
della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327 (Testo unico delle
disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione
per pubblica utilita'. (Testo A)), il divieto di reiterare piu' di
una volta il vincolo espropriativo decaduto non trova applicazione
per il completamento di opere pubbliche o di interesse pubblico
lineari la cui progettazione preveda la realizzazione per lotti o
stralci funzionali, secondo la normativa vigente».
Secondo le parti odierne appellanti, la disposizione teste'
riformata dimostrerebbe ex post l'infondatezza del ricorso di primo
grado, rendendo chiara l'inapplicabilita' del divieto di plurima
reiterazione dei vincoli alle opere pubbliche da realizzarsi secondo
lotti o stralci, con l'effetto di imporre l'accoglimento degli
appelli.
9. La Sezione e' pero' dell'avviso che la detta disposizione
palesi aspetti di incostituzionalita' tali da indurre a sollevare
avverso di essa questione di legittimita' costituzionale ai sensi
dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87.
Prima pero' di esporre le ragioni che inducono a dubitare della
legittimita' costituzionale della norma, occorre soffermarsi sul
presupposto processuale della rilevanza della questione nel presente
giudizio: infatti l'applicazione della norma de qua alla causa che
occupa, con gli effetti auspicati dalle parti appellanti di cui si e'
detto, presuppone innanzi tutto il superamento di una serie di
questioni di rito sollevate con alcuni dei motivi d'impugnazione, sui
quali il Collegio ritiene di doversi prioritariamente pronunciare.
9.1. In particolare, con il primo motivo di entrambi gli appelli
viene eccepita - per la prima volta nel presente grado di appello -
la nullita' o l'inesistenza della notifica dei motivi aggiunti di
primo grado, per essere stati questi notificati al domicilio reale
della Provincia di Reggio Emilia anziche' al domicilio risultante
dalla costituzione in giudizio (da individuarsi peraltro nella
Segreteria del Tribunale amministrativo regionale adito ai sensi
dell'art. 25, comma 1, lettera a), cod. proc. amm., non avendo
l'Amministrazione provinciale eletto ritualmente domicilio all'atto
della propria costituzione).
Il motivo va disatteso, dovendo condividersi il diffuso indirizzo
di merito per cui, pur ribadendosi la necessita' che la notifica dei
motivi aggiunti avvenga al domicilio eletto ai sensi dell'art.
170 cod. proc. civ., puo' ritenersi ammissibile anche la notifica
effettuata al domicilio reale, quando questa abbia raggiunto lo scopo
e il contraddittorio sia stato di fatto instaurato.
E' quanto avvenuto nel caso che qui occupa, laddove
l'Amministrazione provinciale non solo si e' regolarmente costituita
in primo grado, ma neanche ha eccepito alcunche' in ordine alla
regolarita' della notifica, sollevando la relativa eccezione - come
detto - solo nel presente grado di appello.
9.2. I rilievi che precedono palesano altresi' l'infondatezza del
secondo motivo dell'appello del Comune di Novellara, con il quale si
lamenta la mancata integrazione del contraddittorio ai sensi
dell'art. 49 cod. proc. amm. nei confronti della Provincia.
Infatti e' evidente che, una volta ritualmente costituitasi
l'Amministrazione provinciale, non vi era piu' alcuna necessita' di
un ordine di integrazione del contraddittorio da parte del giudice.
9.3. Infondato e' anche il quarto motivo d'appello del Comune,
col quale si lamenta l'inammissibilita' del ricorso di primo grado
per violazione del principio ne bis in idem, atteso che alcune delle
questioni controverse (segnatamente, quelle relative alla
possibilita' di tener conto, ai fini dell'applicazione della norma
regionale, anche dei vincoli imposti e reiterati anteriormente alla
sua entrata in vigore) sarebbero coperte da giudicato riveniente
dalla precedente sentenza del Tribunale amministrativo regionale di
Parma n. 692 del 2009, in parti non specificamente censurate
nell'appello poi accolto dal Consiglio di Stato.
A evidenziare l'inconsistenza del rilievo, basti osservare che la
ricordata sentenza n. 692 del 2009 e' stata integralmente riformata
da questa Sezione con la gia' richiamata sentenza n. 3214 del 2014,
di tal che non puo' predicarsi l'esistenza di alcun ipotetico
giudicato formatosi su di essa o su sue parti.
9.4. Col proprio quinto mezzo, il Comune assume l'illegittimita'
del ricorso di prime cure in quanto non notificato al signor Valseno
Bartoli, che era stato ricorrente unitamente alla sig.ra Davoli
nell'originario giudizio definito con la sentenza di questa Sezione
n. 3214 del 2014.
Il motivo e' manifestamente infondato, dovendo osservarsi che,
dopo la sentenza da ultimo citata, ad attivarsi per l'ottemperanza
del giudicato fu la sola sig.ra Davoli (e non anche l'altro
originario ricorrente), cui si affiancarono i suoi aventi causa
signori Spaggiari: di modo che puo' escludersi che alla stessa
incombesse l'onere di notificare l'azione, ai sensi dell'art.
114 cod. proc. amm., anche all'altro ricorrente vittorioso, il quale
era titolare di un interesse comune a quello da lei azionato.
In ogni caso, anche a voler dare una lettura rigorosa del
precitato art. 114 cod. proc. amm., laddove statuisce che il ricorso
per l'ottemperanza va notificato a tutte le parti del giudizio a quo,
la questione avrebbe dovuto essere sollevata nell'originaria sede
dell'ottemperanza, e non puo' certamente essere riproposta dopo la
conversione dell'azione in ordinaria azione di annullamento (in
relazione alla quale, come e' evidente, non puo' predicarsi alcun
onere di evocazione in giudizio di cointeressati).
9.5. Col sesto mezzo del proprio appello, il Comune di Novellara
lamenta la mancata produzione dell'autorizzazione del Consiglio
dell'Ordine a eseguire la notifica personalmente da parte del
procuratore dei ricorrenti in prime cure.
Al riguardo, va innanzi tutto richiamato l'indirizzo
giurisprudenziale per cui la nullita' della notifica riveniente dalla
carenza della predetta autorizzazione e' in ogni caso sanata dalla
tempestiva costituzione in giudizio delle parti intimate (cfr. Cass.
civ., sez. trib., 19 febbraio 2014, n. 3934).
Cio' premesso, e' a dirsi che le parti intimate nel predetto modo
irrituale e che non risultano essersi costituite nel giudizio di
primo grado non possono qualificarsi come parti necessarie del
giudizio, dovendo ritenersi che la loro evocazione sia avvenuta solo
per tralaticia riproduzione delle notifiche effettuate nei pregressi
giudizi intervenuti inter partes, e che pertanto l'eventuale vizio
della notificazione non abbia cagionato alcuna lesione del
contraddittorio processuale.
In particolare:
quanto alla Regione Emilia-Romagna, questa risulta evocata
verosimilmente perche' parte del precedente giudizio definito con la
piu' volte citata sentenza n. 3214 del 2014, ma e' pacifico e
incontestato che nel presente giudizio non risulti censurato alcun
atto regionale;
analoghi rilievi valgono per il Comune di Campagnola Emilia,
il cui unico ruolo nella vicenda di che trattasi e' stato quello di
co-firmatario dell'originario accordo di programma inteso alla
realizzazione della Tangenziale Nord (cio' che, al piu', ne farebbe
un cointeressato rispetto alle ragioni delle parti odierne
appellanti);
infine, quanto alla posizione di Iniziative Ambientali
S.r.l., che risulta costituita solo nel presente grado di appello,
pur essendo la stessa espressamente qualificata come
«controinteressata» nella originaria sentenza del Tribunale
amministrativo regionale di Parma n. 692 del 2009, in realta' deve
escludersi che rivestisse tale qualita', dovendo al riguardo
richiamarsi condivisibile giurisprudenza di merito secondo cui nei
giudizi in materia di espropriazione e occupazione d'urgenza non sono
configurabili controinteressati diversi dai soggetti a diretto
beneficio dei quali viene disposta l'espropriazione o l'occupazione,
e la posizione dei soggetti incaricati della progettazione dell'opera
puo' venire in rilievo unicamente rispetto ai provvedimenti di
conferimento dell'incarico professionale, e non anche rispetto ad
altri atti del procedimento direttamente e immediatamente lesivi
della posizione giuridica dei ricorrenti, quali l'approvazione del
progetto e l'attivazione della procedura espropriativa.
Di conseguenza, la costituzione di Iniziative Ambientali S.r.l.
nel presente grado del giudizio va piu' che altro qualificata come
atto di intervento legittimato da interesse indiretto e di mero
fatto, ai sensi dell'art. 97 cod. proc. amm.
9.6. Infine, va respinto l'ultimo motivo di appello del Comune,
col quale sono reiterate le eccezioni di tardivita' del ricorso e dei
motivi aggiunti di primo grado.
Sul punto, vanno integralmente condivisi i rilievi del primo
giudice, e in particolare quello relativo all'essere i motivi
aggiunti dotati di tutti i requisiti formali e sostanziali per
l'eventuale conversione in ricorso autonomo (sul punto, cfr. Cons.
Stato, sez. IV, 4 giugno 2013, n. 3071; id., 17 agosto 2011, n.
4792): questione sulla quale, per vero, l'Amministrazione appellante
non svolge alcuna osservazione.
Inoltre, stante l'evidente autonomia degli atti impugnati con i
motivi aggiunti di primo grado rispetto alla delibera gravata col
ricorso introduttivo (e in relazione alla quale il Tribunale
amministrativo regionale ha dichiarato cessata la materia del
contendere, essendo stato tale atto spontaneamente ritirato dalla
stessa Amministrazione), un'eventuale inammissibilita'
dell'impugnazione originaria non sarebbe stata in ogni caso
suscettibile di spiegare effetto caducante sui successivi motivi
aggiunti.
10. Lo scrutinio di rilevanza della questione di legittimita'
costituzionale del precitato art. 30, legge regionale n. 9/2016
presuppone, inoltre, l'esame delle osservazioni formulate al riguardo
dagli originari ricorrenti, odierni appellati; questi ultimi infatti,
prima ancora di denunciare l'incostituzionalita' della sopravvenuta
disposizione regionale, ne assumono l'inapplicabilita' alla presente
controversia sulla base di un duplice ordine di motivi:
a) perche' essa e' specificamente riferita alle opere
pubbliche suddivise in lotti o stralci sulla base della
«progettazione», mentre nel caso che qui occupa la suddivisione del
tracciato in tre stralci e' stata stabilita dal P.O.C., come gia'
esposto;
b) perche', in ogni caso, nella specie non si tratterebbe di
«lotti o stralci funzionali, secondo la normativa vigente», essendo
stata la suddivisione imposta da ragioni pratiche e contingenti, con
la conseguente creazione di stralci privi di autonomia funzionale
rispetto a un'opera che era stata concepita e avrebbe dovuto essere
realizzata come unitaria.
10.1. Il primo rilievo non trova conferma nella documentazione in
atti, dalla quale emerge che il progetto definitivo della Tangenziale
Nord, con la previsione della sua suddivisione in stralci funzionali,
fu approvato con la delibera di G.C. n. 77 del 13 luglio 2005, non
travolta dalla sentenza di questa Sezione n. 3214 del 2014; il fatto
che tale approvazione fosse avvenuta «in linea tecnica» non ha
rilevanza ai fini che qui interessano, trattandosi comunque dell'atto
con cui venivano definite le caratteristiche tecniche dell'opera da
realizzare, lasciando a provvedimenti successivi le misure
consequenziali quali la variante urbanistica, l'imposizione dei
vincoli espropriativi etc.
Pertanto, non puo' essere condiviso l'assunto degli odierni
appellati, secondo cui la delibera de qua avrebbe una rilevanza
meramente finanziaria, e non tecnica o esecutiva.
10.2. Quanto alla seconda questione, se e' vero che per la
definizione del concetto di «lotti o stralci funzionali», alla
stregua della normativa vigente va richiamato il disposto dell'art.
3, comma 1, lettera qq), del decreto legislativo 18 aprile 2016, n.
50 (per cui lotto funzionale e' «uno specifico oggetto di appalto da
aggiudicare anche con separata ed autonoma procedura, ovvero parti di
un lavoro o servizio generale la cui progettazione e realizzazione
sia tale da assicurarne funzionalita', fruibilita' e fattibilita'
indipendentemente dalla realizzazione delle altre parti»),
sostanzialmente riproduttivo del contenuto di disposizioni
previgenti, e' pero' difficile negare che nella prassi sia diffusa la
pratica di «scomporre» le opere stradali in lotti o stralci, rendendo
immediatamente fruibili all'utenza quelli gia' realizzati, come
avvenuto anche nel caso che qui occupa.
Quanto sopra, ad avviso della Sezione, puo' reputarsi sufficiente
a considerare concretata nella specie quell'autonomia funzionale dei
singoli stralci cui ricollegare la legittimita' del frazionamento
dell'opera a prescindere dalle ragioni piu' o meno contingenti che
possano averlo determinato (ed anche dal pur suggestivo rilievo di
controparte, che evidenzia come la mancata realizzazione dello
stralcio centrale comporti la mancata risoluzione nella sostanza dei
problemi che l'opera stessa sarebbe stata intesa a superare).
Sul punto, va peraltro rilevato che non risponde al vero, come
vorrebbe parte appellata, che nella sentenza n. 3214 del 2014 sia
stato rilevato un profilo di illegittimita' del frazionamento
dell'opera; cio' e' confermato dal fatto che con la detta sentenza la
ricordata delibera n. 77 del 2005 non e' stata annullata, e che anche
nel presente giudizio la stessa e' rimasta inoppugnata.
11. Venendo dunque al profilo della fondatezza della questione,
va innanzi tutto richiamata la consolidata giurisprudenza
costituzionale secondo cui, perche' una norma possa dirsi di
interpretazione autentica, e' necessario che essa si limiti ad
assegnare alla disposizione interpretata un significato gia' in essa
contenuto, riconoscibile come una delle possibili letture del testo
originario; in tal caso, infatti, la legge interpretativa ha lo scopo
di chiarire situazioni di oggettiva incertezza del dato normativo, in
ragione di un dibattito giurisprudenziale irrisolto, o di ristabilire
un'interpretazione piu' aderente alla originaria volonta' del
legislatore a tutela della certezza del diritto e dell'eguaglianza
dei cittadini, cioe' di principi di preminente interesse
costituzionale (cfr. ex plurimis Corte costituzionale, 29 maggio
2013, n. 103; id., 21 ottobre 2011, n. 271; id., 11 giugno 2010, n.
209; id., 26 novembre 2009, n. 311).
11.1. Tanto premesso, nel caso di specie e' lecito dubitare della
natura interpretativa della disposizione contenuta nell'art. 30 della
legge regionale n. 9 del 2016, atteso che:
nessuna oggettiva incertezza risultava sussistere in
precedenza in ordine alla latitudine dell'applicabilita' del divieto
di reiterazione dei vincoli posto dall'art. 13 della legge regionale
n. 37 del 2002, e in particolare nessun dubbio o contrasto era
insorto - ne' nell'ambito del presente giudizio, ne' a quanto consta
in altre sedi applicative - circa la sua riferibilita' o meno ad
opere pubbliche suddivise in lotti o stralci funzionali;
non puo' sostenersi che il disposto della nuova norma, in
termini di deroga al divieto di reiterazione dei vincoli posto dalla
norma anteriore, fosse gia' in nuce nella formulazione originaria,
non essendo condivisibile l'assunto delle parti odierne appellanti
secondo cui cio' poteva cogliersi nel fatto che l'art. 13 parlava di
«un'opera» (infatti, anche la definizione di «lotto funzionale» piu'
sopra riportata presuppone pur sempre l'unitarieta' dell'oggetto
dell'appalto);
per altro verso, suscita perplessita' l'affermazione
dell'interveniente Iniziative Ambientali S.r.l. secondo cui il
problema ermeneutico sarebbe stato in re ipsa nel divieto di
reiterazione dei vincoli espropriativi, perche' questo di per se'
renderebbe impossibile la realizzazione delle opere suddivise in
lotti o stralci, essendo banale osservare che e' sufficiente
un'adeguata programmazione degli interventi per rispettare i tempi
(dieci anni) imposti dal divieto di reiterazione dei vincoli per una
sola volta.
In definitiva, ed alla stregua di un'interpretazione della
normativa improntata ai comuni criteri letterale e
logico-sistematico, se anche ragionevole e giustificata, la decisione
di escludere dal divieto di reiterazione dei vincoli le opere
suddivise in lotti o stralci e' da ricondurre per la prima volta
all'intervento normativo del 2016, e non alla norma anteriore.
11.2. Cosi' stando le cose, non puo' pero' convenirsi con gli
odierni appellati quando auspicano che in questa sede si possa
ritenere sic et simpliciter la norma non applicabile alla fattispecie
che occupa: una tale operazione si risolverebbe nel tradire lo
spirito della sopravvenuta disposizione, la quale fin dalla rubrica
ha inteso chiaramente autoqualificarsi come di interpretazione
autentica (e quindi applicabile anche retroattivamente), e pertanto
non puo' ritenersi consentita in sede meramente esegetica.
11.3. Pertanto, ad avviso della Sezione l'unica opzione
percorribile e' quella consistente nel sollevare la questione di
legittimita' costituzionale della sopravvenuta disposizione regionale
per violazione degli articoli 3, 24 e 117 della Costituzione
attraverso la norma interposta di cui all'art. 6 della Convenzione
europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta'
fondamentali.
Come e' noto, la giurisprudenza della Corte e' da tempo
consolidata nel senso che le norme della Convenzione europea per la
salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali -
nel significato loro attribuito dalla Corte europea dei diritti
dell'uomo, specificamente istituita per dare ad esse interpretazione
e applicazione - integrino, quali «norme interposte», il parametro
costituzionale espresso dall'art. 117, comma 1, della Costituzione,
nella parte in cui impone la conformazione della legislazione interna
ai vincoli derivanti dagli obblighi internazionali (cfr. ex plurimis
sentenze 5 gennaio 2011, n. 1; 4 giugno 2010, n. 196; 28 maggio 2010,
n. 187; 15 aprile 2010, n. 138; 19 aprile 2007, numeri 347 e 348).
Con riferimento all'introduzione di nuove disposizioni
retroattive, la Corte europea dei diritti dell'uomo ha piu' volte
affermato che se, in linea di principio, nulla vieta al potere
legislativo di regolamentare in materia civile, con nuove
disposizioni dalla portata retroattiva, diritti risultanti da leggi
in vigore, il principio della preminenza del diritto e il concetto di
processo equo sanciti dal ricordato art. 6 della Convenzione europea
per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta'
fondamentali ostano, salvo che per imperative ragioni di interesse
generale, all'ingerenza del potere legislativo nell'amministrazione
della giustizia, al fine di influenzare l'esito giudiziario di una
controversia (cfr. ex plurimis sez. II, 7 giugno 2011, Agrati e al.
c. Italia; id., 31 maggio 2011, Maggio c. Italia; sez. V, 11 febbraio
2010, Javaugue c. Francia; sez. II, 10 giugno 2008, Bortesi e al. c.
Italia).
Siffatta ricostruzione si completa con l'affermazione che spetta
alla stessa Corte costituzionale, nell'ambito del margine di
apprezzamento riconosciuto dalla giurisprudenza della Convenzione
europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta'
fondamentali ai singoli ordinamenti nazionali, verificare la
sussistenza o meno di «motivi imperativi d'interesse generale» idonei
a giustificare l'intervento del legislatore con efficacia retroattiva
(fermi i limiti di cui all'art. 25 della Costituzione), alla stregua
di principi, diritti e beni di rilievo costituzionale (Corte
costituzionale, sentenza 26 gennaio 2012, n. 15).
In particolare, e' stata piu' volte esclusa la legittimita'
costituzionale di disposizioni le quali, pur qualificandosi come di
interpretazione autentica, introducessero con valore retroattivo
regole innovative destinate a incidere su rapporti giuridici maturati
e consolidati da tempo, nonche' a influenzare situazioni processuali
altrimenti indirizzate in modo diverso (cfr. Corte costituzionale, 17
dicembre 2013, n. 308; id., 27 giugno 2013, n. 160; id., n. 78 del
2012, cit.; id., 271 del 2011, cit.; id., n. 209 del 2010, cit.; id.,
30 gennaio 2009, n. 29).
Nel caso di specie, e' evidente il potenziale e irriducibile
conflitto fra il diritto di proprieta' degli originari ricorrenti (a
sua volta oggetto di incisiva tutela a livello CEDU), e l'interesse
pubblico al completamento dell'opera (al quale e' chiaramente
ispirata la disposizione di che trattasi): donde e' arduo pero'
ricavare l'evidente sussistenza di un motivo imperativo di interesse
generale che autorizzi il varo di una norma destinata a incidere, con
effetto ex tunc, su un giudizio in corso come quello presente.
11.4. Risulta del tutto evidente, pertanto, come debba essere
rimessa esclusivamente alla Corte costituzionale la valutazione in
ordine non solo alla compatibilita' fra l'art. 30 della legge
regionale n. 9 del 2016 e l'art. 6, paragrafo 1, della Convenzione
europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta'
fondamentali (nel senso piu' volte precisato), ma anche - una volta
verificato il conflitto tra le due fonti - a quale delle due debba
effettivamente prevalere, stante il descritto quadro normativo di
riferimento costituzionale e comunitario.
12. Per le ragioni dianzi esposte, questa Sezione solleva la
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 30 della legge
regionale dell'Emilia-Romagna 30 maggio 2016, n. 9, in relazione agli
articoli 3, 24 e 117, comma 1, della Costituzione, per tramite della
norma interposta costituita dall'art. 6, comma 1, della Convenzione
europea dei diritti dell'uomo.
13. Il presente giudizio va quindi sospeso in attesa della
decisione della Corte costituzionale; ogni ulteriore statuizione in
rito, nel merito e in ordine alle spese del giudizio viene riservata
alla decisione definitiva.