LA CORTE DEI CONTI 
           Sezione giurisdizionale per la Regione Liguria 
 
    Il giudice unico  consigliere  Maria  Riolo,  ha  pronunciato  la
seguente ordinanza nel giudizio pensionistico iscritto  al  n.  19762
del registro di segreteria, proposto da Simonetti Francesco, nato  il
7  febbraio  1949  a   Taranto,   rappresentato   e   difeso,   anche
disgiuntamente, dagli avvocati Alba Giordano  e  Umberto  Verdacchia,
del Foro di Roma, elettivamente domiciliato in Genova, via  Assarotti
n. 4, int. 6/A,  presso  lo  studio  dell'avv.  Federico  Campanella,
contro il Ministero della difesa, avverso la nota M-D MCOMRM  0035815
del 31 luglio 2015 della Marina militare, Direzione di commissariato,
di determinazione della pensione, e avverso il diniego  della  stessa
Amministrazione  sull'istanza  di  rideterminazione  del  trattamento
pensionistico sulla base della retribuzione corrispondente  al  grado
effettivamente rivestito alla data di cessazione dal servizio. 
    Udito nella pubblica udienza del 2016, per la  parte  ricorrente,
l'avv. Umberto Verdacchi. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    Il signor Simonetti Francesco, ufficiale della  Marina  militare,
cessato dal servizio per limiti di eta' a decorrere  dall'8  febbraio
2014, e' stato collocato in ausiliaria dalla stessa  data,  ai  sensi
degli  articoli  886,  comma  1,  e  992,   comma   1,   del   Codice
dell'ordinamento militare, decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66. 
    L'interessato,  nel  lamentare  il  rifiuto  dell'Amministrazione
(intervenuto il 24 luglio 2015) avverso l'istanza di rideterminazione
della pensione (proposta il 4 giugno 2015), ha chiesto: 
    l'annullamento «in parte qua» del provvedimento di determinazione
della pensione provvisoria della Direzione  di  commissariato  Marina
militare di Roma, nella parte in cui assume nella  base  pensionabile
lo stipendio e gli altri assegni pensionabili  propri  del  grado  di
ammiraglio ispettore, anziche' quelli propri del grado di  ammiraglio
ispettore capo, indicando in € 58.589,32 annui lordi lo stipendio  di
ammiraglio  ispettore  classe  7ª  (considerato  dall'Amministrazione
nella determinazione della pensione) e in € 65.798,89 annui lordi  lo
stipendio di ammiraglio ispettore  capo  (classe  6ª),  di  cui  alla
promozione conseguita il 30 agosto 2012; 
    l'accertamento del diritto all'attribuzione dello stipendio e del
trattamento economico propri del grado rivestito, per  effetto  della
progressione di carriera conseguita il 30 agosto 2012, ai fini  della
determinazione della base contributiva e di calcolo  della  pensione,
con effetto dalla data di cessazione dal servizio (8  febbraio  2014)
o, quanto meno, dal 1° gennaio 2015, data, quest'ultima, a  decorrere
dalla quale e' cessata la c.d. cristallizzazione  delle  progressioni
di carriera venute a maturazione negli anni 2011, 2012, 2013 e 2014; 
    in via subordinata, la rimessione alla Corte costituzionale della
questione di  legittimita'  costituzionale,  per  contrasto  con  gli
articoli 2, 3, 36, 38, e 53 della Costituzione,  dell'art.  9,  comma
21,  terzo  periodo,  del  decreto-legge  31  maggio  2010   n.   78,
convertito, con modificazioni, dalla legge  30  luglio  2010  n.  122
nella parte in  cui  stabilisce  che  «le  progressioni  di  carriera
comunque denominate eventualmente disposte  negli  anni  2011,2012  e
2013 hanno effetto, per  i  predetti  anni,  ai  fini  esclusivamente
giuridici»; dell'art. 16, comma 1 lett. b) del decreto-legge 6 luglio
2011 n. 98, convertito dalla legge 15 luglio  2011  n.  111,  che  ha
successivamente prorogato il predetto termine all'anno 2014,  qualora
dette norme siano interpretate nel senso  di  «cristallizzare»,  alla
data del 31 dicembre 2010, il trattamento  economico  utile  ai  fini
della  determinazione  della  base  pensionabile   per   i   pubblici
dipendenti di cui all'art. 3 del decreto legislativo 30  marzo  2001,
n. 165, cessati dal servizio, per eta', nel periodo  del  1°  gennaio
2011 al 31 dicembre 2014, i quali abbiano conseguito  avanzamenti  di
carriera nello stesso periodo. 
    Nell'atto introduttivo del giudizio e nella memoria pervenuta  il
1°  luglio  2016,   i   difensori   del   ricorrente   nel   chiedere
l'accoglimento del ricorso, hanno esposto: 
    che l'interessato e' cessato dal servizio nel  periodo,  compreso
tra il 1° gennaio 2011 ed il 31 dicembre 2014, di  vigenza  dell'art.
9, comma 21, terzo periodo del decreto-legge n.  78/2010,  convertito
dalla legge n. 122/2010 e del regolamento, approvato con decreto  del
Presidente della Repubblica 4 settembre 2013, n. 122,  di  attuazione
dell'art. 16, comma 1, del decreto-legge n. 98/2011, convertito dalla
legge n. 111/2011. 
    che allo stesso non e' stato attribuito il trattamento  economico
del grado di ammiraglio ispettore capo, salvo  il  riconoscimento  da
parte dell'Amministrazione dell'indennita' di posizione dirigenziale,
prevista dall'art. 1819 del decreto legislativo n. 66/2010; 
    che la pensione e' stata  calcolata  in  relazione  ad  una  base
pensionabile determinata sul  trattamento  economico  spettante  alla
data  del  31   dicembre   2010,   inferiore   al   grado   rivestito
dall'interessato alla data di cessazione dal servizio. 
    Secondo la difesa la condotta dell'Amministrazione  si  fonda  su
una  erronea  lettura  dell'inciso  «ai  soli   fini   esclusivamente
giuridici» contenuto nel terzo periodo dell'art.  9,  comma  21,  del
decreto-legge n. 78/2010,  perche'  farebbe  discendere  dalla  norma
effetti  permanenti  della  cristallizzazione  che  la  legge   aveva
previsto, invece, in via temporanea e non definitiva. L'art. 9, comma
21, del decreto-legge n. 78/2010, secondo  l'assunto  difensivo,  non
contiene  disposizioni  finalizzate  ad  incidere  negativamente  sul
trattamento pensionistico,  per  cui  l'Amministrazione  non  avrebbe
dovuto  tener  conto  di  detta  cristallizzazione  ai   tini   della
determinazione del trattamento  di  quiescenza  dei  destinatari  del
«blocco». 
    La  determinazione  del  Ministero  della  difesa  creerebbe  una
disparita' di trattamento nell'ambito dei soggetti  che,  pur  avendo
conseguito  la  promozione  al  grado  superiore  nello  stesso  arco
temporale (dal 2011 al 2014) di  vigenza  della  «cristallizzazione»,
cessano dal  servizio  prima  o  dopo  il  1°  gennaio  2015  e  piu'
chiaramente la disparita' di trattamento si verificherebbe a danno di
coloro  che,  cessando  dal  servizio  entro  il  31  dicembre  2014,
nonostante   l'avvenuta   promozione,    non    usufruiscono    della
valorizzazione nella  base  pensionabile  del  trattamento  economico
conseguito con la  promozione  stessa  a  differenza  di  quelli  che
cessano dal servizio dal 1° gennaio 2015. 
    I difensori ritengono  che  il  Ministero  della  difesa  avrebbe
dovuto attraverso un'interpretazione  diversa  da  quella  data  alle
norme di riferimento, rideterminare la pensione del  ricorrente  alla
cessazione del blocco, similmente a quanto disposto dal Ministero del
tesoro nei confronti del personale militare destinatario della  norma
vincolistica  a  suo  tempo  dettata  dall'art.  7,  comma   3,   del
decreto-legge n. 384/1992, convertito con modificazioni, dalla  legge
n. 438/82, che per l'anno 1993 ha escluso l'applicazione delle  norme
sugli incrementi retributivi. All'epoca il Ministero del  tesoro  con
apposita circolare  dispose  il  ripristino  dell'operativita'  degli
incrementi a decorrere dal 1°  gennaio  1994  e,  a  decorrere  dalla
stessa  data,  la  rideterminazione  della  base   pensionabile   del
trattamento di quiescenza spettante al personale cessato dal servizio
nel periodo inciso dall'art. 7 decreto-legge n. 384/1992. 
    La questione di  legittimita'  costituzionale,  proposta  in  via
subordinata  alla  richiesta  di  accoglimento  del  ricorso  secondo
l'interpretazione dianzi prospettata, e' stata motivata dai difensori
principalmente con il riferimento  alla  giurisprudenza  della  Corte
costituzionale (sent. n. 299/1993; sent. n. 245 del  1997;  sent.  n.
304 del 2013; sent. n. 310 del 2013; sent. n. 154 del 2014) assumendo
che le norme in questione  ed  altre  analoghe  sono  state  ritenute
costituzionalmente legittime in quanto aventi carattere eccezionale e
transeunte in ragione della  temporaneita'  del  sacrificio  imposto,
mentre, nella specie, per i soggetti che, come  il  ricorrente,  sono
cessati prima del  1°  gennaio  2015,  il  sacrificio  derivante  dal
«blocco» assumerebbe carattere permanente definitivo. 
    Con memoria pervenuta in data 6 luglio 2016, si e' costituito  in
giudizio  il  Ministero  della  difesa   Direzione   generale   della
previdenza militare e della leva. 
    L'amministrazione ha  formulato,  in  via  gradata,  le  seguenti
conclusioni: 
    difetto di giurisdizione in quanto  trattasi  sostanzialmente  di
rilievi che  involgono  aspetti  stipendiali  seppure  con   riflessi
pensionistici; 
    inammissibilita'  del  ricorso  in  quanto  proposto  avverso  un
provvedimento pensionistico provvisorio, mentre l'art. 62  del  regio
decreto n. 1214/1934, prevede  il  ricorso  alla  competente  sezione
della Corte dei conti avverso i provvedimenti definitivi di pensione; 
    rigetto del ricorso con salvezza di spese. 
    L'Amministrazione ha addotto la legittimita' del proprio  operato
e richiamando l'art. 9, comma 21, del decreto-legge  n.  78/2010,  ha
esposto che nella determinazione della base pensionabile  non  si  e'
potuto tenere conto della promozione al grado di ammiraglio ispettore
capo perche' la stessa e' stata conseguita  nel  periodo  di  blocco,
adducendo che la normativa attualmente vigente avrebbe consentito  la
corresponsione all'interessato dell'indennita' di posizione correlata
alla progressione in  carriera,  mentre  gli  incrementi  retributivi
derivanti dalla  promozione  riguarderebbero  solo  il  personale  in
servizio  alla  data  del  1°  gennaio  2015.  L'Amministrazione   ha
evidenziato  anche  che  l'interessato  percepisce  l'indennita'   di
ausiliaria determinata con riferimento al trattamento  economico  del
pari grado in servizio. 
    All'udienza del  13  luglio  2016  e'  stata  adottata  ordinanza
istruttoria  (n.  26/2016);  il  Ministero  della  difesa  con   nota
pervenuta il 4 novembre 2016 ha prodotto la documentazione  richiesta
riguardante il conferimento del grado di ammiraglio ispettore capo al
signor Simonetti. 
    All'udienza del  18  novembre  2016,  con  sentenza  parziale  n.
109/2016, respingendo  le  eccezioni  proposte  dal  Ministero  della
difesa, e' stata affermata la giurisdizione della Corte dei conti, e'
stata dichiarata l'ammissibilita' del  gravame  e,  ritenuta  la  non
manifesta   infondatezza   della   questione   di   costituzionalita'
prospettata da parte ricorrente,  e'  stata  disposta  l'adozione  di
separata  ordinanza  per  la  rimessione  degli   atti   alla   Corte
costituzionale. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    Il  decreto-legge  31  maggio  2010,  n.  78,   convertito,   con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 30 luglio  2010,  n.
122,  contenente  «Misure  urgenti  in  materia  di   stabilizzazione
finanziaria e di competitivita' economica», all'art. 9, comma 21,  ha
stabilito: «I meccanismi di adeguamento retributivo per il  personale
non contrattualizzato di cui all'art. 3, del decreto  legislativo  30
marzo 2001, n. 165, cosi' come previsti dall'art. 24 della  legge  23
dicembre 1998, n. 448, non si applicano per gli  anni  2011,  2012  e
2013 ancorche' a titolo di acconto, e  non  danno  comunque  luogo  a
successivi recuperi. Per le categorie di personale di cui all'art.  3
del  decreto  legislativo  30  marzo  2001,  n.  165   e   successive
modificazioni,  che  fruiscono  di  un  meccanismo  di   progressione
automatica degli stipendi, gli anni 2011, 2012 e 2013 non sono  utili
ai fini della maturazione delle classi e degli  scatti  di  stipendio
previsti dai rispettivi ordinamenti. Per il personale di cui all'art.
3 del  decreto  legislativo  30  marzo  2001,  n.  165  e  successive
modificazioni  le  progressioni  di  carriera   comunque   denominate
eventualmente disposte negli anni 2011, 2012 e  2013  hanno  effetto,
per i  predetti  anni,  ai  fini  esclusivamente  giuridici.  Per  il
personale contrattualizzato  le  progressioni  di  carriera  comunque
denominate ed i passaggi tra le  aree  eventualmente  disposte  negli
anni 2011, 2012 e 2013 hanno effetto, per i predetti  anni,  ai  fini
esclusivamente giuridici». 
    Le suddette misure sono state prorogate fino al 31 dicembre  2014
per effetto dell'art. 16, comma 1, lettera b),  del  decreto-legge  6
luglio 2011, n.  98  (disposizioni  urgenti  per  la  stabilizzazione
finanziaria), convertito, con modificazioni, dall'art.  1,  comma  1,
della legge 15 luglio 2011, n. 111,  e  del  decreto  del  Presidente
della Repubblica 4 settembre 2013, n. 122, art. 1, comma 1, lett. a),
contenente il regolamento di attuazione del decreto-legge n. 98/2011. 
    Il periodo  di  efficacia  del  blocco  degli  effetti  economici
derivanti dalle  progressioni  di  carriera  si  e'  concluso  al  31
dicembre 2014. La legge  di  stabilita'  23  dicembre  2014  n.  190,
infatti, all'art. 1, comma 256, ha previsto la  proroga  fino  al  31
dicembre 2015, soltanto delle disposizioni recate dall'art. 9,  comma
21, primo e secondo periodo, del decreto-legge n. 78/2010. 
    A decorrere dal 1° gennaio  2015  il  personale  in  servizio  ha
potuto  godere  degli  emolumenti  derivanti  dalle  progressioni  di
carriera conseguite nel periodo del blocco, ossia  negli  anni  2011,
2012, 2013 e 2014. 
    Il  ricorrente,  quale  ufficiale  della  Marina   militare,   ha
conseguito il grado di ammiraglio ispettore capo in  data  30  agosto
2012 ed essendo cessato dal servizio per limiti di  eta',  alla  data
del collocamento in ausiliaria (8 febbraio 2014) non era in godimento
dei benefici derivanti dalla stessa promozione. 
    Nei suoi  confronti  l'Amministrazione,  facendo  riferimento  al
suddetto  blocco  degli  effetti  economici  delle  progressioni   di
carriera (terzo periodo del comma 21 dell'art. 9,  del  decreto-legge
n. 78/2010), ha liquidato la pensione provvisoria i considerando,  ai
fini della base pensionabile, la posizione retributiva corrispondente
al grado di «ammiraglio ispettore»  anziche'  quella  di  «ammiraglio
ispettore capo». 
    Di cio' si duole il ricorrente che chiede  la  valorizzazione  in
quiescenza dei benefici economici pensionabili riferiti al  grado  di
«ammiraglio ispettore capo» a decorrere dalla data di cessazione  dal
servizio (8 febbraio 2014), o dal 1° gennaio 2015, data di cessazione
del blocco in argomento. 
    In   subordine,    l'interessato    eccepisce    l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 9, comma 21, terzo periodo del decreto-legge
n. 78/2010 e dell'art. 16, comma 1  lett.  b)  del  decreto-legge  n.
98/2011 per contrasto con gli articoli  2,  3,  36,  38  e  53  della
Costituzione, assumendo che il mancato ragguaglio della  pensione  al
grado effettivamente rivestito per i soggetti  cessati  dal  servizio
prima  del  1°  gennaio  2015  determina  un  vulnus  permanente   ed
insanabile. 
    Cio' premesso, la questione dedotta in giudizio verte sul quantum
del diritto a pensione. La pretesa del ricorrente  di  determinazione
della pensione sulla base della retribuzione corrispondente al  grado
di ammiraglio ispettore capo non puo', tuttavia, essere  accolta  nel
vigente contesto normativo. 
    Alla data di cessazione dal servizio, infatti, era ancora vigente
il blocco degli effetti economici delle progressioni di  carriera,  e
l'art. 9, comma 21,  terzo  periodo  del  decreto-legge  n.  78/2010,
l'art. 16, comma 1, lett. b) del decreto-legge n. 98/2011 e l'art.  l
, comma 1, lett. a), del decreto del Presidente della  Repubblica  n.
122/2013, non hanno previsto, per i' soggetti che  sarebbero  cessati
dal servizio durante il periodo del blocco stesso, la  valorizzazione
in quiescenza dei benefici  economici  pensionabili  derivanti  dalle
conseguite progressioni. 
    Il trattamento stipendiale corrispondente  alla  progressione  di
carriera conseguita «ai fini esclusivamente  giuridici»  nel  periodo
del «blocco», non essendo entrato a far parte della base  retributiva
e contributiva del ricorrente, non puo', in  assenza  di  un'espressa
previsione in tal senso, entrare nel calcolo della base  pensionabile
e nella determinazione del  trattamento  di  quiescenza  (su  analoga
fattispecie, Corte dei conti, Sezione giurisdizionale Piemonte, sent.
n. 195 del 7 giugno 2016). 
    Infatti, ai sensi  dell'art.  1866  del  codice  dell'ordinamento
militare, decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, e dell'art. 53 de
decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973 n. 1092,  la
base pensionabile si determina con riferimento allo stipendio e  agli
emolumenti  retributivi  pensionabili  integralmente   percepiti   in
attivita' di  servizio.  Anche  per  effetto  delle  disposizioni  in
materia  di  ampliamento  della  base  contributiva  e   pensionabile
previste dall'art. 2, commi 9, 10 e 11 della legge 8 agosto 1995,  n.
335, il trattamento di quiescenza va  rapportato  alla  contribuzione
versata durante il  rapporto  lavorativo  e  quindi  agli  emolumenti
percepiti in servizio. 
    Il quadro normativo di riferimento, ad avviso del rimettente, non
consente interpretazioni dalle quali possa discendere  l'accoglimento
del ricorso. 
    La questione di  legittimita'  costituzionale,  proposta  in  via
subordinata, dal ricorrente, e', pertanto,  rilevante,  ai  fini  del
riconoscimento del diritto vantato davanti a questa Corte. 
    La questione stessa si appalesa non manifestamente infondata  nei
limiti e per i motivi che seguono. 
    La penalizzazione subita dai soggetti cessati  dal  servizio  nel
periodo del blocco discende direttamente dall'art. 9, comma 21, terzo
periodo, del decreto-legge n. 78/2010, dall'art. 16, comma  1,  lett.
b) del decreto-legge n. 98/2011 e dall'art. 1, comma 1, lett. a), del
decreto del Presidente della Repubblica  n.  122/2013,  laddove,  pur
introducendo  un  temporaneo  e  transeunte  blocco   degli   effetti
economici delle progressioni  di  carriera,  il  legislatore  non  ha
considerato la posizione di coloro che sarebbero cessati dal servizio
prima   della   cessazione   della   «cristallizzazione   economica»,
trascurando, in  tal  modo,  che  gli  stessi  avrebbero  subito  una
«vanificazione»  della  conseguita  progressione  di  carriera,   con
definitiva perdita della retribuzione discendente dalla  progressione
stessa. 
    La mancata previsione della valorizzazione  in  quiescenza  degli
emolumenti pensionabili derivanti dalle progressioni di  carriera,  a
far data dalla  cessazione  del  regime  di  «blocco»,  determina  il
contrasto della disciplina della  «cristallizzazione»  con  l'art.  3
della Costituzione sotto il duplice  aspetto  della  contrarieta'  al
principio della ragionevolezza e al principio di uguaglianza. 
    Per quanto riguarda il primo aspetto, la disciplina  si  appalesa
irragionevole a causa degli effetti definitivi che si  producono  nei
confronti  dei  soggetti  che,  cessando  dal  servizio  prima  della
cessazione  del  «blocco»,  non  possono  godere,  neanche  ai   fini
pensionistici, degli effetti economici delle conseguite promozioni. 
    La Corte costituzionale con la sentenza n. 304  del  12  dicembre
2013,  nel  ritenere   infondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale  dell'art.   9,   comma   21,   terzo   periodo,   del
decreto-legge n. 78/2010, promossa dal TAR del Lazio,  ha  affermato,
con riferimento ad alcuni dei parametri che  il  rimettente  riteneva
violati (art. 2 e art. 3), che «la misura  adottata  e'  giustificata
dall'esigenza di assicurare la coerente attuazione della finalita' di
temporanea  «cristallizzazione»   del   trattamento   economico   dei
dipendenti pubblici per inderogabili esigenze di  contenimento  della
spesa pubblica, realizzata con modalita' per  certi  versi  simili  a
quelle gia' giudicate da questa Corte non irrazionali  ed  arbitrarie
(sentenze n. 496 e n. 296 del 1993; ordinanza n. 263 del 2002), anche
in considerazione della limitazione temporale del sacrificio  imposto
ai dipendenti (ordinanza n. 299 del 1999).» 
    Il blocco degli effetti economici della progressione di carriera,
mentre si appalesa ragionevole per il periodo della durata del blocco
stesso, in considerazione del carattere temporaneo e transeunte, come
ritenuto dalla Corte costituzionale con la predetta sentenza 304/2013
e con le successive pronunce (n. 310/2013;  113/2014,  n.  154/2014),
non  si  giustifica  e  si  appalesa,  percio',  discriminatorio  nei
confronti dei soggetti cessati dal  servizio  prima  del  1°  gennaio
2015. 
    In linea con quanto affermato dalla  Corte  costituzionale  nelle
suddette  pronunce,  il  rimettente  ritiene  che  le   norme   sulla
«cristallizzazione» degli effetti  economici  della  progressione  di
carriera  non  possano  superare  il  vaglio  di  ragionevolezza  nei
confronti dei soggetti cessati dal servizio nel periodo del blocco. 
    Il sacrificio  imposto  ai  soggetti  in  questione,  non  avendo
carattere temporaneo, va oltre la giustificata necessita' di risparmi
immediati per il contenimento della  spesa  pubblica  e,  quindi,  va
oltre la insindacabile discrezionalita' del legislatore, sfociando in
una arbitraria, e comunque  palesemente  eccessiva  e  sproporzionata
solo  per  alcuni,  compromissione  degli  interessi  colpiti   dalla
«cristallizzazione». 
    Tale ultima considerazione  consente  di  introdurre  il  secondo
motivo  di  rilievo  costituzionale,  nel  senso  che   l'evidenziato
«effetto definitivo» della misura del blocco, che si produce solo per
alcuni dei soggetti destinatari delle disposizioni de  quibus,  viola
l'art. 3 della Costituzione sotto  il  profilo  della  disparita'  di
trattamento tra soggetti che, a parita' di qualifica e anzianita'  di
servizio, conseguono la promozione nel periodo di  cristallizzazione.
Alcuni di essi, rimasti in servizio,  possono  godere  degli  effetti
economici della progressione alla  data  di  cessazione  del  blocco,
mentre altri, come il ricorrente, cessati dal servizio per limiti  di
eta', non possono goderne neanche ai fini della determinazione  della
base pensionabile. Tale disparita' di trattamento non  si  giustifica
per una diversita' delle situazioni raffrontate, posto che la diversa
eta'  anagrafica  o  la  sopravvenuta  cessazione  dal  servizio  non
rappresentano elementi distintivi a fronte  di  identiche  situazioni
giuridiche caratterizzate  dalla  stessa  anzianita'  di  servizio  e
dall'avvenuto conseguimento della medesima progressione. 
    La disparita' di trattamento, inoltre, si manifesta con  maggiore
evidente  irrazionalita'  tra  soggetti  che   come   il   ricorrente
conseguono la progressione di carriera  nel  periodo  di  «blocco»  e
cessano dal servizio nello stesso periodo e colleghi che  raggiungono
lo stesso grado (o qualifica) dopo di loro e prima  della  cessazione
della  «cristallizzazione».   Questi   ultimi,   nonostante   abbiano
conseguito la progressione  di  carriera  successivamente  ai  primi,
avendo gli  stessi  una  minore  anzianita'  di  servizio,  godranno,
tuttavia, per il solo fatto di essere anagraficamente  piu'  giovani,
dei benefici alla scadenza del blocco in quanto  in  servizio  al  1°
gennaio 2015, mentre i primi, pur avendo conseguito  la  progressione
prima di loro e in possesso di una maggiore anzianita'  di  servizio,
non possono  goderne  neanche  ai  fini  della  determinazione  della
pensione, trovandosi al 1° gennaio 2015 in posizione di quiescenza. 
    A sostegno della prospettata  non  manifesta  infondatezza  della
questione di costituzionalita' delle norme in argomento, nella  parte
in cui non hanno regolato la posizione  dei  soggetti  che  sarebbero
cessati dal servizio nel periodo  del  blocco,  giova  richiamare  la
pronuncia n. 304/2013 della Corte costituzionale, laddove,  si  legge
che «Nelle ordinanze da n. 243 a  n.  246  del  2012,  il  rimettente
afferma, con riferimento  alla  ipotizzata  violazione  dell'art.  36
della Costituzione, che «la disposizione non regola la  posizione  di
coloro  tra  essi   che,   nominati   Ministri   plenipotenziari   [o
«ambasciatori: ordinanza n. 246] nel considerato triennio  2011/2013,
saranno, nell'arco dello  stesso  periodo,  collocati  a  riposo  per
raggiunti limiti  di  eta'».  Poiche'  la  questione  non  costituiva
oggetto dei  giudizi  principali,  il  rimettente  formula  la  sopra
riportata  considerazione,  con  la  quale  imputa   al   legislatore
un'omissione (quella  cioe'  di  non  aver  regolato  situazioni  che
presentavano   determinate   peculiarita'),   senza   pero'    farne,
correttamente, oggetto di una specifica richiesta atta  a  promuovere
su questo diverso aspetto il giudizio incidentale. Il punto,  quindi,
esula dal presente procedimento». 
    Nel caso in esame, a differenza della fattispecie esaminata nella
predetta sentenza, la mancata regolamentazione  degli  effetti  delle
promozioni ai  fini  pensionistici  per  i'  soggetti  che  sarebbero
cessati dal servizio  nel  periodo  del  blocco,  e'  determinante  e
rilevante, essendo questo giudice chiamato a decidere sul quantum del
trattamento di  quiescenza  di  soggetto  cessato  dal  servizio  nel
periodo della cristallizzazione.