CORTE D'APPELLO DI VENEZIA 
                       seconda sezione penale 
 
     Il giorno 24 maggio 2017 la Corte, composta da: 
        dott. Carlo Citterio - Presidente est.; 
        dott. Antonella Galli - consigliere est.; 
        dott. Piera De Stefani - consigliere est.; 
    ha deliberato la seguente  ordinanza  di  rimessione  alla  Corte
costituzionale nel procedimento penale a carico di B. A. 
    Rilevato che: 
        il sig. B. e' imputato del reato di cui all'art. 9, comma  2,
legge n. 1423/1956, per fatti dal 17 al 18 maggio 2011; 
        si e' proceduto con rito abbreviato; 
        e' detenuto per altra causa, rinunciante a comparire; 
        con sentenza di data 16 dicembre 2015, depositata il 2 maggio
2016, n. 18151/16 la Corte di cassazione, accogliendo parzialmente il
ricorso dell'imputato avverso precedente  sentenza  16  ottobre  2014
della  Corte  veneta,  ha  annullato   con   rinvio   tale   sentenza
limitatamente al punto della decisione concernente la recidiva; 
        oggi pertanto la Corte procede quale giudice del rinvio,  cui
e' devoluta la cognizione limitatamente all'applicazione o meno della
recidiva reiterata infraquinquennale originariamente contestata; 
        il processo e' stato fissato nel  ruolo  dell'udienza  del  5
maggio 2017: in tale udienza non e'  stato  possibile  trattarlo  per
l'adesione del difensore  ad  iniziativa  associativa  di  astensione
dalle udienze, deliberata dal 2 al 5 maggio 2017; 
        la  trattazione  del  processo  e'  stata  quindi   differita
all'udienza di oggi, 24 maggio 2017; all'odierna udienza tuttavia non
ne e' possibile la trattazione, perche' il difensore di fiducia, oggi
sostituito per la richiesta di rinvio da  sostituto,  ha  aderito  ad
ulteriore  iniziativa  associativa  di  astensione   dalle   udienze,
deliberata in data successiva all'udienza del 5 maggio; 
        le due iniziative associative  che  si  sono  succedute  sono
state  deliberate  in  termini  formalmente  conformi  al  Codice  di
autoregolamentazione  delle  astensioni  dalle  udienze,   dichiarato
idoneo dalla competente  Commissione  di  garanzia  per  l'attuazione
della legge sullo  sciopero  nei  servizi  pubblici  essenziali,  con
deliberazione del 13 dicembre 2007; 
        secondo la chiara  e  condivisibile  ricostruzione  normativa
operata  dalla  sentenza  SU  n.  40187/2014,  L...,  «Il  codice  di
autoregolamentazione delle astensioni dalle udienze  degli  avvocati,
dichiarato idoneo dalla  Commissione  di  garanzia  per  l'attuazione
della legge sullo  sciopero  nei  servizi  pubblici  essenziali,  con
deliberazione del  13  dicembre  2007  e  pubblicato  nella  Gazzetta
Ufficiale  n.  3  del  4  gennaio  2008  (cosi'  come  la  previgente
Regolamentazione   provvisoria   dell'astensione   collettiva   degli
avvocati dall'attivita' giudiziaria, adottata  dalla  Commissione  di
garanzia con deliberazione del 4  luglio  2002,  e  pubblicata  nella
Gazzetta Ufficiale n. 171 del 23 luglio 2002), costituisce  fonte  di
diritto oggettivo contenente norme aventi forza e valore di normativa
secondaria o regolamentare, vincolanti  erga  omnes,  ed  alle  quali
anche il giudice e' soggetto in forza dell'art. 101,  secondo  comma,
Cost.»: Il bilanciamento tra il diritto costituzionale  dell'avvocato
che  aderisce   all'astensione   dall'attivita'   giudiziaria   e   i
contrapposti diritti  e  valori  costituzionali  dello  Stato  e  dei
soggetti interessati al servizio giudiziario,  e'  stato  realizzato,
conformemente alle indicazioni della sentenza costituzionale  n.  171
del 1996, in via generale dal legislatore primario con  la  legge  n.
146 del 1990 (come modificata e integrata dalla legge n. 83 del 2000)
e dalle suddette fonti secondarie alle quali  e'  stata  dalla  legge
attribuita  la  competenza  in  materia,  mentre  al  giudice  spetta
normalmente il compito di accertare se l'adesione all'astensione  sia
avvenuta  nel  rispetto  delle  regole   fissate   dalle   competenti
disposizioni   primarie   e   secondarie,   previa   loro    corretta
interpretazione»; 
        conseguentemente,  stante  il  diritto  vivente  in  materia,
cristallizzato dalla  richiamata  sentenza  delle  Sezioni  Unite,  a
fronte della regolarita' formale anche della delibera che costituisce
il presupposto dell'odierna  astensione  del  difensore  (che  nessun
rilievo ha ricevuto dalla competente Commissione), la trattazione del
processo dovrebbe essere nuovamente differita: si  configura  infatti
un vero  e  proprio  diritto  ai  rinvio  quale  diretta  conseguenza
dell'esercizio del diritto all'astensione costituzionalmente tutelato
(SU cit., p. 41, punto 10.4, e p. 37, punto 10); 
        le   peculiari   modalita'   dell'esperienza   di   reiterata
astensione attualmente in atto  per  le  medesime  ragioni  inducono,
tuttavia a una riflessione che, a giudizio di  questa  Corte  veneta,
deve concludersi con la sollecitazione di un nuovo  intervento  della
Corte costituzionale (la cui sentenza n.  171/1996  ha  posta  i  due
principi che, allo stato, hanno generato e guidato  l'intervento  del
legislatore con la legge n. 83 del 2000 e, da questa,  l'attribuzione
alla stessa categoria forense della concretizzazione di tali principi
ed   in   particolare   della   «individuazione   delle   regole   di
contemperamento   del   diritto   di   astensione   con   i   diritti
costituzionali "degli utenti"», salva la decisiva finale  valutazione
di idoneita' della Commissione di garanzia: SU cit. p.  36):  secondo
questa  Corte,  infatti,  occorre  verificare  se  davvero  l'attuale
disciplina,  riesaminata  alla  luce  dell'esperienza  in  atto,  sia
ragionevole  e  adeguata  ad  un  efficace  equilibrio  tra  principi
costituzionali confliggenti; 
    Va in particolare ricordato che: 
        si sono succedute finora quattro  iniziative  di  astensione,
dal 20 al 24 marzo 2017, dal 10 al 14 aprile 2017, dal 2 al 5  maggio
2017, dal 22 al 25 maggio 2017 «compreso»; 
        le iniziative sono tra loro dichiaratamente  collegate  e  in
definitiva originate dalle medesime ragioni,  ben  esplicitate  dalle
corrispondenti successive delibere  della  Giunta  dell'Unione  delle
camere penali (cfr. 4/3/2017, 20/3/2017, 12/4/2017, 9/5/2017):  dalla
cui lettura emerge che  l'Associazione  promotrice  di  tali  plurime
astensioni contesta  il  metodo  parlamentare  di  deliberazione  del
disegno di legge sulle modifiche organiche  al  codice  penale  e  di
procedura penale (la fiducia anziche' il dibattito «libero»),  alcuni
contenuti di tale disegno di legge (in particolare  le  modalita'  di
partecipazione in videoconferenza  e  le  modifiche  alla  disciplina
della  prescrizione);  da  qui  l'annunciato  e  ribadito  «stato  di
agitazione»: cosi' infatti recita l'ultima, per ora, delibera  del  9
maggio 2017 (http://www.camerepenali.it/cat/8389/nuova astensione dal
22 al 25 compreso.html)  dove  si  afferma  per  l'appunto  di  voler
mantenere «pertanto lo stato di agitazione dell'avvocatura penale  ed
attivando ogni strumento comunicativo  volto  alla  sensibilizzazione
dell'opinione pubblica e delle  forze  politiche  sul  metodo  e  sul
merito della  riforma,  ponendo  in  essere  quanto  necessario  alla
instaurazione di una immediata interlocuzione  con  il  Governo»,  in
linea con quanto esposto, in termini sostanzialmente analoghi,  nelle
precedenti delibere; 
        e' cosi', tra l'altro, del tutto prevedibile che, in  assenza
di novita' parlamentari coerenti  alle  aspettative  associative,  le
deliberazioni di astensione  proseguiranno  secondo  i  ritmi  finora
attuati (che vedono il rispetto dei prescritti 15 giorni tra la  fine
di un'astensione  e  l'inizio  della  successiva,  termine  anch'esso
stabilito dal Codice di autoregolamentazione). 
    Orbene, ritenuto che: 
        la Corte costituzionale aveva individuato nell'obbligo di  un
preavviso   congruo   e   di   un   ragionevole   limite    temporale
dell'astensione collettiva («quanto meno»: paragrafo 3.5) le esigenze
indefettibili per assicurare  la  copertura  costituzionale  di  tali
iniziative associative; 
        l'intera disciplina conseguente (legge n. 83/2000, Codice  di
autoregolamentazione dichiarato idoneo) e' sempre  stata  in  realta'
valutata (parrebbe anche dalla stessa Commissione di garanzia)  nelle
proprie  implicazioni  con  riferimento  alla   singola   contingente
iniziativa di astensione e, in tali  limiti  di  prospettiva,  paiono
essere stati esaminati i complessi  e  delicati  aspetti  propri  del
doveroso (i.e. costituzionalmente  necessario)  bilanciamento  tra  i
diversi diritti e principi tutelati dalla Costituzione o direttamente
da questa affermati; 
        le concrete modalita' attuative della  prolungata  iniziativa
associativa   in   atto   impongono    invece    una    rivisitazione
dell'apprezzamento  di  ragionevolezza  e  di  adeguatezza  esaustiva
finora ritenuto  sussistente  (e  del  quale  si  trova  riscontro  e
conferma nei passaggi della stessa sentenza delle Sezioni Unite sulle
singole disposizioni del Codice di autoregolamentazione); 
        la reiterazione senza prospettive di alcuna individuazione di
certa conclusione dell'astensione  conduce  cosi'  a  constatare  che
l'attuale  Codice  di  autoregolamentazione  (il  quale,   si   tenga
presente, vincola il giudice, secondo il succitato insegnamento delle
Sezioni Unite, L...) considera  legittima  l'astensione  per  ben  88
(diconsi ottantotto) giorni lavorativi all'anno (8 giorni/mese per 11
mesi all'anno, dovendosi escludere il mese di agosto  che  per  legge
impone la sospensione dei termini): ma tale  cifra,  apprezzata  alla
luce del dato che per esempio nel 2017 sono 235 i  giorni  lavorativi
annuali esclusi i sabati  ed  i  festivi  (sabati  significativamente
esclusi da tutte le  delibere  associative  succedutesi),  impone  la
constatazione che secondo l'attuale Codice e'  legittimo  impedire  -
nell'esercizio del diritto di astensione costituzionalmente  tutelato
- il 35% annuo del tempo lavorativo utile per tentare di  gestire  la
situazione giudiziaria secondo i  canoni  costituzionali  del  giusto
processo e della  ragionevole  durata,  nonche'  del  buon  andamento
dell'amministrazione della giustizia; si propone cosi con  intrinseca
forza  logica  l'interrogativo  sulla  coerenza   di   tale   attuale
bilanciamento  tra  il  diritto   all'astensione   costituzionalmente
tutelato, i diritti  dell'«utenza»  e  «l'esigenza  che  il  servizio
essenziale giustizia  non  resti  paralizzato»  (esigenza  richiamata
dalle Sezioni Unite L..., p.  44  primo  periodo,  ma  purtroppo  poi
apparentemente  abbandonata  nella   motivazione   a   beneficio   di
un'attenzione rivolta prevalentemente, se non solo, al «bilanciamento
con le esigenze organizzative e logistiche», che sono altra  e  minor
cosa, esse si' coerenti alla singola astensione contingente); 
        sotto altro aspetto, si manifesta  ad  esempio  la  finalita'
solo endo-corporativa della previsione che  tra  la  proclamazione  e
l'effettuazione dell'astensione non  possa  intercorrere  un  periodo
superiore a sessanta giorni (art. 2, comma 1,  ultimo  periodo,  Cod.
autoregolamentazione), previsione  non  riconducibile  alla  sentenza
della Corte costituzionale o alla legge ma apparentemente utile  solo
a dare miglior efficacia alla deliberazione di astensione,  impedendo
eventuali accorgimenti organizzativi tempestivi (in ipotesi idonei  a
contenere l'impatto,  e  pertanto  appunto  l'efficacia  interdittiva
dell'ordinario lavoro giudiziario, di un'astensione futura annunciata
con ampio anticipo); 
        in definitiva, ecco il punto, a giudizio della  Corte  veneta
la reiterazione di  iniziative  di  astensione  in  tempi  brevissimi
(quelli minimi consentiti dall'attuale disciplina), per  le  medesime
ragioni e senza indicazione dei tempi delle  successive  fasi  e  del
termine  conclusivo   certo,   rende   il   sistema   attuale   (come
efficacemente e condivisibilmente ricostruito dalla sentenza L...) in
realta' non coerente con i principi della sentenza costituzionale  n.
171/1996: e dal punto di vista  ermeneutico  non  paiono  allo  stato
esperibili fruttuosi tentativi volti a fornire un'interpretazione del
quadro normativo di riferimento che lo riconducano,  come  d'obbligo,
nell'alveo della legittimita' costituzionale (in ragione proprio  del
sistema ricostruito dalla sentenza L... sui limiti che caratterizzano
la discrezionalita' interpretativa del singolo giudice in materia); 
        si tratta invero di un'unica iniziativa associativa,  che  si
articola in modalita' e tempi  formalmente  rispettosi  dei  principi
della sentenza n. 171/1996 ma in realta' di essi elusivi (ovviamente,
obiettivamente elusivi, perche' qui si  pone  solo  la  questione  di
diritto), perche' il  fenomeno  si  concretizza  nell'assenza  di  un
preavviso tempestivo e anticipato sia dei  vari  momenti  che  di  un
termine  certo  di   cessazione   (nella   specie   quanto   accadra'
nell'incerto  futuro  parlamentare)  e,  quindi,  rende  allo   stato
operante il solo termine massimo  oggi  ricavabile  dalla  disciplina
(gli  88  giorni  prima  ricordati),  termine  sulla  cui  congruita'
costituzionale va, per quanto prima argomentato, seriamente dubitato; 
        l'esercizio della giurisdizione come  servizio  ai  cittadini
rappresenta una lettura importante (nega, per prima  cosa,  spazi  ad
ogni  sua  autoreferenzialita')  ma  la  giurisdizione  non  e'  solo
problema di «utenza»  (come  l'inserimento  del  fenomeno  del  tutto
peculiare dell'astensione  dei  libero  professionista  nel  fenomeno
generale e in realta'  antologicamente  diverso  dello  sciopero  nei
servizi pubblici essenziali ha probabilmente indotto  improvvidamente
a leggere); essa e' innanzitutto questione di esistenza  dello  Stato
di diritto e di controllo democratico del suo funzionamento  e  delle
sue finalita' (sicche' spiace che le Sezioni Unite L...  non  abbiano
dato seguito argomentativo alle  implicazioni,  solo  ricordate,  del
rischio paralisi  della  giurisdizione  sul  tema  bilanciamento  dei
diritti e dei principi, invece privilegiando  di  fatto  una  lettura
«diritti  dell'Avvocatura/interessi   dell'utenza»,   che,   se   pur
parzialmente  adeguata  alla  singola   iniziativa   di   contingente
astensione ed alle sui implicazioni sulle «esigenze  organizzative  e
logistiche», pare fallire l'integrale comprensione del  fenomeno  nel
caso di iniziative di astensione reiterate, per le medesime  ragioni,
senza preavviso congruo delle varie fasi e senza  indicazione  di  un
termine finale certo); 
      in concreto, allora: 
        le modalita' in  corso  rendono  sostanzialmente  impossibile
alcun doveroso permanente estremo tentativo di gestione organizzativa
ragionevole dei ruoli d'udienza di  un  contesto  per  se'  devastato
dall'abnorme numero di  procedimenti  pendenti,  in  particolare  nel
grado d'appello (nel nostro specifico caso non e' possibile  rinviare
questo processo,  per  la  seconda  volta,  ad  una  data  che  tenga
inevitabile conto dei ruoli gia' fissati e tuttavia con certezza  non
«incappi» in nuove iniziative di astensione - gia'  annunciate  nelle
delibere di permanente agitazione ma non indicate  nei  loro  tempi);
cio' rende tra l'altro inapplicabile l'art. 132-bis  disposizioni  di
attuazione del codice di procedura penale che indica  tra  i  criteri
normativi di priorita' l'essere l'imputato detenuto anche  per  altra
causa, come e' il caso del sig. B.; 
        le esigenze di celebrare un processo giusto e con ragionevole
durata, a fronte di un carico di processi  quale  ad  esempio  quello
gravante su  questa  Sezione,  rendono  beni  preziosi  il  tempo  di
udienza, la fissazione  anticipata  delle  udienze,  la  composizione
equilibrata del  carico  delle  singole  udienze,  la  determinazione
equilibrata del carico di lavoro del singolo magistrato, il tempo  di
studio dei processi e quello di redazione efficace delle motivazioni:
beni in immediata correlazione con i principi del processo giusto  in
tempi ragionevoli e, pertanto, essi stessi tutelati da tali principi;
il minimo  indefettibile  organizzativo  e'  quindi  quello  volto  a
tentare di dare ordine  alla  gestione  del  ruolo,  secondo  criteri
trasparenti e coerenti per tentare di garantire - per quanto  compete
a chi ha l'onere di gestione del lavoro giurisdizionale  ordinario  -
il buon andamento dell'amministrazione della giustizia, perche'  quel
limitato tempo possa produrre con la maggiore efficacia e qualita' un
prodotto  giurisdizionale   credibile;   all'evidenza,   l'intensita'
dell'impatto, su tali beni, di una singola astensione o di  una  loro
pluralita' con le modalita' in atto e gia' commentate e' radicalmente
diversa; 
        le modalita' in corso (astensioni  per  le  medesime  ragioni
coordinate in tempi minimi, con  annuncio  della  successiva  dopo  i
rinvii disposti nella precedente, per  tempi  complessivi  del  tutto
incerti) contribuiscono, con  le  altre  disfunzioni  autonome  della
struttura giudiziaria e delle inadeguatezze di risorse e  norme  (che
certo non fan capo all'Avvocatura), alla  perdita  anche  della  sola
speranza  di   poter   dare   seguito   ai   summenzionati   principi
costituzionali in materia di giustizia, esaltando nel  contempo  dato
dell'apparentemente  insuperabile   occasionalita'   della   risposta
giurisdizionale; del resto, se tutto  cio'  dovesse  essere  valutato
esito di congruo bilanciamento di diritti  e  principi  riconducibili
alla  Costituzione,  non  resterebbe  che   trarne   le   inevitabili
conseguenze operative. 
    La Corte, tutto cio' premesso, non  essendo  a  suo  avviso,  per
quanto prima argomentato, praticabile un'interpretazione adeguatrice,
costituzionalmente conforme della normativa  succitata,  e  apparendo
non  manifestamente  infondato   l'apprezzamento   dell'essere   tale
normativa non conforme  ai  principi  e  precetti  costituzionali  di
seguito     (ulteriormente)     specificati,     ritiene     doverosa
un'interlocuzione  con  il  Giudice  custode   e   interprete   della
Costituzione; pertanto, giudica rilevante nel presente giudizio e non
manifestamente infondata la questione di legittimita'  costituzionale
dell'art. 2, commi 1, 2 e 5 della legge n. 146/1990, come  modificata
dalla legge n. 83/2000, nella parte in cui non prevede che  l'obbligo
di fornire  un  congruo  preavviso  e  l'obbligo  di  assicurare  una
ragionevole durata alle proclamate astensioni si applichino  altresi'
a quelle iniziative  associative  volte  a  legittimare  l'astensione
reiterata degli avvocati difensori dalle udienze  in  iniziative  si'
cronologicamente distinte ma tra loro, e per  espressa  dichiarazione
dell'Associazione  promotrice,   collegate   e   coordinate   perche'
determinate dalle medesime ragioni di protesta; 
    in particolare: 
        a)  quanto  alla  rilevanza  della  questione  nel   presente
giudizio, giova anzitutto ribadire che nel caso di specie il Collegio
giudicante si trova, per la seconda volta nell'arco temporale di soli
diciannove  giorni,  di   fronte   alla   impossibilita'   di   poter
regolarmente  celebrare  la  designata  udienza,  a   seguito   della
comunicata    adesione    dell'avvocato    difensore    dell'imputato
all'ennesima «tappa» della  articolata  e  temporalmente  frammentata
astensione  proclamata  dall'Unione  delle  Camere  penali  italiane,
«tappa» indicata  dopo  il  precedente  rinvio;  conseguentemente  il
Collegio sarebbe tenuto a disporre un ulteriore - il terzo, per ora -
rinvio dell'udienza ad altra data utile: tuttavia,  proprio  a  causa
delle omissioni rinvenibili nella legge ordinaria  n.  146/1990,  pur
dopo  le  modifiche  apportate  dalla  legge  n.  83/2000,   non   e'
concretamente in grado  di  poter  individuare,  oggi,  una  data  di
probabile trattazione certa (che non ricada cioe'  in  una  ulteriore
«tappa» della sicuramente proclamanda prossima astensione associativa
- non essendo concluso l'iter parlamentare del disegno  di  legge  di
modifica di norme penali sostanziali e di  procedura),  data  la  cui
individuazione  dovrebbe  assicurare   il   rispetto   dei   principi
costituzionali di ragionevole durata del processo e di buon andamento
dell'amministrazione della giustizia,  ma  tenendo  conto  dei  ruoli
d'udienza gia' fissati e  dei  criteri  normativi  di  priorita';  in
definitiva, il Collegio si trova oggi nella condizione di  non  poter
proseguire nel giudizio  indipendentemente  dalla  risoluzione  della
predetta questione di legittimita' costituzionale; 
        b) quanto alla non manifesta infondatezza il Collegio ritiene
che l'art. 2,  commi  1,  2  e  5  della  legge  n.  146/1990,  quale
modificata dalla legge n.  83/2000,  come  interpretato  dal  diritto
vivente sintetizzato e autorevolmente  definito  e  confermato  dalle
Sezioni Unite L..., appare contrastare con il generale  principio  di
ragionevolezza  e  con  i  seguenti  ulteriori  principi  e  precetti
costituzionali: 
          dell'efficacia e dell'efficienza della giurisdizione, anche
- ma non solo - in riferimento  alla  necessita',  costituzionalmente
non eludibile, di  concretizzare  il  principio  del  buon  andamento
dell'amministrazione della giustizia, ex art. 97 Cost.: principi  per
se' affermati, in plurime occasioni, pure dalla giurisprudenza  della
Corte oggi adita (cfr., inter alia, Corte costituzionale sentenza  n.
460/1995 laddove si e' affermato expressis  verbis  che  l'efficienza
del processo penale «e' bene costituzionalmente protetto»); 
          della  ragionevole  durata  del  processo  penale,  di  cui
all'art. 111 Cost. (con riferimento anche  all'art.  6  della  CEDU),
pregiudicata dalla rilevata omissione; 
          dell'uguaglianza dei cittadini davanti alla legge,  di  cui
all'art. 3 Cost., palesemente  disattesa  da  contesti  organizzativi
impossibilitati  a  tentare  di  dare  al  singolo  caso  giudiziario
risposte giurisdizionali non occasionali; 
          dell'effettivo  esercizio  del  diritto  «inviolabile»   di
difesa di cui all'art. 24 Cost.,  che  riconosce  il  diritto  ad  un
processo  «giusto»  anche   perche'   rispettoso   del   canone   di'
ragionevolezza quanto a durata, e perche'  assicura  all'imputato  il
diritto effettivo a disporre, nei tempi dati, di una difesa tecnica.