IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA PUGLIA 
                            Sezione Terza 
 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale 601 del 2018, proposto da: 
    La  Cascina  Global  Service  S.r.l.,  in  persona   del   legale
rappresentante pro tempore, rappresentata  e  difesa  dagli  avvocati
Michele Perrone, Paola Cruciano e Pellegrino Mastella, con  domicilio
digitale come da PEC da Registri  di  giustizia  e  domicilio  eletto
presso lo studio dell'avvocato Michele Perrone in Bari, strada  Torre
Tresca, 2/A; 
    Contro  Aeroporti  di  Puglia  S.p.a.,  in  persona  del   legale
rappresentante pro tempore, rappresentata  e  difesa  dagli  avvocati
Raffaella Carla Calasso e Alfonso  Celotto,  con  domicilio  digitale
come da PEC da Registri di giustizia e domicilio  eletto  in  Bari  -
Palese, alla via Enzo Ferrari, Aeroporto Civile  di  Bari  -  Palese,
presso l'Ufficio legale della societa'; 
        nei confronti Novability Cooperativa Sociale a  r.l.  Impresa
sociale,  in  persona  del   legale   rappresentante   pro   tempore,
rappresentata e difesa dall'avvocato Giuseppe Rizzo, 
        con domicilio digitale come da PEC da registri di Giustizia e
domiciliato presso la segreteria del T.A.R. Puglia  in  Bari,  piazza
Massari n. 6; 
        per l'annullamento, previa  sospensione  dell'efficacia,  del
provvedimento di  aggiudicazione  definitiva  alla  controinteressata
Novability Cooperativa Sociale a r.l. Impresa Sociale della gara  per
l'affidamento  del  servizio  di  assistenza  passeggeri  a   ridotta
mobilita' presso l'aeroporto di Bari e Brindisi CIG 717007443E di cui
all'atto prot. 5996 e comunicato con nota del 10 aprile 2018; 
        nonche' di tutti gli atti presupposti, connessi e conseguenti
con particolare riferimento al verbale di gara del 29 dicembre  2017,
e, ove occorra del bando e del disciplinare di gara; 
        nonche' per la  declaratoria  di  inefficacia  dell'eventuale
contratto medio tempore stipulato e, in ogni caso,  per  la  condanna
dell'Amministrazione  resistente  a  risarcire  il  danno,  in  forma
specifica, mediante il subentro nell'esecuzione del contratto ovvero,
in via subordinata, per equivalente; 
    Visti il ricorso e i relativi allegati; 
    Visti gli atti di costituzione in giudizio di Aeroporti di Puglia
S.p.a. e di Novability Cooperativa Sociale a r.l. Impresa Sociale; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Visti gli artt.  79,  comma  1  codice  di  procedura  amm.,  134
Costituzione, 1 legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e 23 legge
11 marzo 1953, n. 87; 
    Relatore  il  dott.  Francesco  Cocomile  e  uditi   nell'udienza
pubblica del giorno 11 luglio 2018 per le parti i difensori  come  da
verbale di udienza; 
    Ritenuto in fatto ed in diritto quanto segue: 
 
                                Fatto 
 
    1. - Con bando di gara pubblicato in G.U.U.E. in  data  8  agosto
2017,  l'Amministrazione  resistente  Aeroporti  di   Puglia   S.p.a.
indiceva una  gara  per  l'affidamento  del  Servizio  di  assistenza
passeggeri a ridotta mobilita' presso l'Aeroporto di Bari e  Brindisi
per un valore di €  6.858.305,73  oltre  oneri  della  sicurezza  non
soggetti a ribasso e per una durata annuale prorogabile due volte per
12 mesi per un totale, quindi, di tre anni. 
    Chiedevano di partecipare alla gara quattro operatori  economici:
La Cascina Global Service S.r.l., Novability  Cooperativa  Sociale  a
r.l. Impresa Sociale, Ontario S.r.l.  e l'ATI  Medica  Sud  S.r.l.  -
Panacea Soc. Coop. a r.l. 
    Alla seduta della  Commissione  di  gara  del  20  novembre  2017
venivano esaminati i documenti amministrativi delle concorrenti e, al
termine, si procedeva al rinvio della seduta per  l'esame  di  alcune
integrazioni richieste alle concorrenti. 
    Nel corso  della  seduta  del  22  dicembre  2017,  esaminate  le
integrazioni  richieste,  tutte  le  concorrenti  erano  ammesse   al
prosieguo della procedura de qua. 
    Le ammissioni venivano pubblicate sul profilo istituzionale della
stazione  appaltante,  ai  sensi  dell'art.  29,  comma   1   decreto
legislativo n. 50/2016, con il provvedimento prot. n. 0018268 del  27
dicembre2017 adottato da Aeroporti di Puglia S.p.a. 
    Nelle successive sedute riservate del  28-29  dicembre  2017,  la
Commissione di gara attribuiva i punteggi alle offerte tecniche delle
concorrenti. 
    Nel  corso  della  seduta  pubblica  del  12  gennaio  2018,   la
Commissione dava lettura dei punteggi conseguiti per  i  progetti  e,
dopo aver aperto le buste contenenti le offerte  economiche,  stilava
la  graduatoria  provvisoria  che  vedeva  prima   classificata,   la
controinteressata  Novability  Cooperativa  Sociale  a  r.l.  Impresa
Sociale con un totale di 82,01 punti mentre l'odierna  ricorrente  La
Cascina Global Service S.r.l. seguiva in graduatoria con 69,96 punti. 
    Le prime due classificate erano successivamente assoggettate alla
verifica di anomalia dell'offerta. 
    In data  7  febbraio  2018  la  ricorrente  La  Cascina  invocava
l'accesso ai  seguenti  documenti  in  riferimento  alla  concorrente
Novability: 
        provvedimento di nomina della commissione di gara; 
        verbali di gara; 
        busta amministrativa; 
        nota prot. Adp 2056 dell'8 febbraio 2018. 
    In data 20 febbraio 2018 Aeroporti di Puglia, in  riscontro  alla
citata istanza di accesso, inviava  alla  ricorrente  tra  gli  altri
documenti, anche la  busta  amministrativa  della  ditta  Novability,
all'interno della quale si  rinveniva  il  contratto  di  avvalimento
oggetto di contestazione con il  ricorso  introduttivo  del  presente
giudizio. 
    Con provvedimento prot. 5996 del 6 aprile  2018,  trasmesso  alla
ricorrente in  data  10  aprile  2018,  l'Amministrazione  resistente
aggiudicava  definitivamente  la  gara  alla  Novability  Cooperativa
Sociale a r.l. Impresa Sociale. 
    2. - Con l'atto introduttivo del presente giudizio notificato  in
data 10 maggio 2018 La Cascina Global  Service  S.r.l.  censurava  il
citato provvedimento di aggiudicazione definitiva prot.  5996  del  6
aprile 2018, trasmesso alla ricorrente in data 10 aprile 2018, e  gli
altri atti in epigrafe indicati. 
    Invocava,  altresi',  tutela  risarcitoria  in  forma   specifica
ovvero, in via subordinata, per equivalente. 
    Deduceva un'unica doglianza cosi' sinteticamente riassumibile: 
        violazione degli artt. 32, comma 7, 80, comma  6,  89  e  95,
comma 6 decreto legislativo n.  50/2016;  violazione  dell'art.  1343
codice civile; violazione della par condicio competitorum; eccesso di
potere per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto  e  per
contraddittorieta' ed illogicita' dell'azione amministrativa: secondo
la prospettazione di parte ricorrente vi sarebbe  stato  per  diversi
ordini  di   profili   un   utilizzo   distorto,   da   parte   della
controinteressata  Novability   Coop.   Soc.   a   r.l. dell'istituto
dell'avvalimento con l'Associazione di volontariato protezione civile
volontari Torchiarolo. 
    3. - Si costituivano la stazione appaltante Aeroporti  di  Puglia
S.p.a. e la controinteressata Novability Cooperativa Sociale  a  r.l.
Impresa Sociale, resistendo al gravame. 
    In  particolare,  eccepivano  la  tardivita'  del   ricorso   per
violazione del termine di cui all'art. 120,  comma  2-bis  codice  di
procedura amm. 
    Secondo le controparti il ricorso (notificato  solo  in  data  10
maggio 2018) sarebbe dovuto essere proposto  entro  trenta  giorni  a
decorrere dal 27 dicembre  2017  (data  della  pubblicazione  on-line
dell'elenco di cui  all'art.  29,  comma  1  decreto  legislativo  n.
50/2016) ovvero al piu' tardi entro trenta giorni a decorrere dal  20
febbraio 2018 (data in cui e'  avvenuto  l'accesso,  da  parte  della
stessa La Cascina, alla documentazione amministrativa  relativa  alla
controinteressata Novability). 
    4. - Nel corso dell'udienza pubblica del giorno 11 luglio 2018 il
Collegio indicava  -  ai  sensi  dell'art.  73,  comma  3  codice  di
procedura amm. - alla discussione delle parti la questione (sollevata
d'ufficio ex artt. 1 legge costituzionale n. 1/1948  e  23,  comma  3
legge n. 87/1953) di costituzionalita' dell'art.  120,  comma  2-bis,
primo e secondo periodo codice  di  procedura  amm.  (comma  aggiunto
dall'art. 204, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 8  aprile
2016, n. 50), limitatamente all'onere di immediata  impugnazione  dei
provvedimenti di ammissione, per contrasto con gli artt. 3, comma  1,
24, commi 1 e 2, 103, comma 1, 111, commi 1 e 2, 113, commi 1 e  2  e
117, comma 1 della Costituzione e 6 e 13  della  Convenzione  europea
per  la  salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo   e   delle   liberta'
fondamentali, recepita con legge 4 agosto 1955, n. 848, in  relazione
all'onere, gravante sull'impresa partecipante alla gara, di impugnare
immediatamente le ammissioni delle altre  imprese  partecipanti  alla
stessa gara, pena altrimenti l'incorrere nella preclusione di cui  al
secondo periodo del comma 2-bis («L'omessa impugnazione  preclude  la
facolta' di far valere l'illegittimita' derivata dei successivi  atti
delle procedure di affidamento, anche con ricorso incidentale"),  con
conseguente declaratoria di  inammissibilita'  del  ricorso  proposto
avverso l'aggiudicazione definitiva da parte  di  chi  ha  omesso  di
impugnare    tempestivamente    l'ammissione     dell'aggiudicataria,
trattandosi  di  atto  (quello  di  ammissione)  privo  di  immediata
lesivita'. 
    Quindi la causa veniva trattenuta in decisione. 
 
                               Diritto 
 
    1. - Questo Collegio ritiene che  la  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 120, comma 2-bis, primo  e  secondo  periodo
codice di procedura amm. (comma  aggiunto  dall'art.  204,  comma  1,
lettera b) decreto legislativo n. 50/2016),  limitatamente  all'onere
di  immediata  impugnazione  dei  provvedimenti  di  ammissione,  per
contrasto con gli artt. 3, comma 1, 24, commi 1 e 2,  103,  comma  1,
111, commi 1 e 2, 113, commi 1 e 2 e 117, comma 1 della  Costituzione
e 6 e 13 della Convenzione europea per la  salvaguardia  dei  diritti
dell'uomo e  delle  liberta'  fondamentali,  recepita  con  legge  n.
848/1955, nella parte in cui pone l'onere di  immediata  impugnazione
delle ammissioni alle gare  pubbliche,  pena  altrimenti  l'incorrere
nella  preclusione  di  cui  al  secondo  periodo  del  comma   2-bis
(«L'omessa  impugnazione  preclude  la   facolta'   di   far   valere
l'illegittimita' derivata dei  successivi  atti  delle  procedure  di
affidamento, anche con ricorso incidentale») e  laddove  comporta  la
declaratoria  di  inammissibilita'  del  ricorso   proposto   avverso
l'aggiudicazione definitiva da parte di chi ha  omesso  di  impugnare
tempestivamente l'ammissione  dell'aggiudicataria,  assuma  rilevanza
pregiudiziale ai fini della decisione della presente causa e sia  non
manifestamente infondata, per le ragioni che si diranno. 
    1.1. - Preliminarmente, va evidenziato che secondo  Consiglio  di
Stato, adunanza plenaria, 8 aprile 1963, n. 8: 
        «... Attribuire al giudice il potere di  sollevare  d'ufficio
una certa questione, non avrebbe senso, se essa non  dovesse  servire
alla definizione del giudizio. Questo potere  conferito  dalla  norma
costituzionale  senza  limitazione  alcuna,  puo'   essere,   quindi,
esercitato non solo per risolvere dubbi  sulla  giurisdizione  o  sui
presupposti processuali, ma anche per risolvere quelli concernenti il
merito della controversia, cioe' la legittimita' dell'atto impugnato.
Ora, poiche' il potere e'  attribuito  da  una  norma  costituzionale
(della quale l'art. 23, terzo comma della legge  ordinaria  11  marzo
1953, n. 87, e' semplice reiterazione) non si puo' ritenere che  esso
trovi ostacolo nei principi di legge ordinaria, secondo  i  quali  il
Consiglio  di  Stato  puo'  decidere  solo  sui  motivi  dedotti  dal
ricorrente. ...». 
    Pertanto, alla luce del principio di  diritto  sancito  in  detta
decisione dell'adunanza plenaria del Consiglio di Stato la  questione
di costituzionalita' puo', «... senza limitazione alcuna ...», essere
sollevata d'ufficio ai sensi  dell'art.  1  legge  costituzionale  n.
1/1948 (e art. 23, comma 3 legge n. 87/1953) dal Giudice a quo  anche
con riferimento a  dubbi  insorti  in  relazione  alla  giurisdizione
ovvero in ordine ai presupposti processuali. 
    Come  evidenziato   da   autorevole   dottrina,   le   condizioni
dell'azione (tra cui anche l'interesse ad agire ex art. 100 codice di
procedura civile), intese quali requisiti intrinseci  della  domanda,
concernenti  il  merito  della  controversia,  con  riguardo  al  suo
contenuto necessario affinche' il giudice  possa  pronunziarsi  sulla
pretesa  sostanziale,  concorrono,  in  uno  ai  citati   presupposti
processuali (i.e. elementi, attinenti alla regolare costituzione  del
rapporto processuale, che  devono  necessariamente  sussistere  prima
della proposizione della  domanda  giudiziale  la  cui  esistenza  e'
condizione necessaria affinche' sorga il potere-dovere del giudice di
pronunziarsi sulla pretesa sostanziale dedotta), a costituire la piu'
ampia categoria dei «presupposti di  ammissibilita'  o  ricevibilita'
del ricorso»; pertanto, l'affermazione operata da  adunanza  plenaria
n. 8/1963 si puo' certamente ritenere estensibile  alla  possibilita'
di rilevazione d'ufficio «senza limitazione alcuna»  della  questione
di  costituzionalita'  per  risolvere  un   dubbio   concernente   la
sussistenza della condizione  dell'azione  dell'interesse  ad  agire,
ipotesi appunto ricorrente nella fattispecie in esame. 
    In ogni caso, la statuizione di adunanza plenaria  n.  8/1963  e'
relativa a dubbi insorti in ordine a presupposti processuali e quindi
piu' in generale a norme processuali, tra le quali certamente si puo'
annoverare la disposizione di  cui  al  citato  art.  100  codice  di
procedura civile rubricato «Interesse ad agire»  («Per  proporre  una
domanda  o  per  contraddire  alla  stessa   e'   necessario   avervi
interesse»). 
    Nella fattispecie in esame il dubbio di costituzionalita' che  il
Collegio prospetta d'ufficio alla attenzione delle parti attiene alla
compatibilita' costituzionale con le disposizioni di seguito indicate
della «presunzione legale di  sussistenza  dell'interesse  ad  agire»
insita nell'onere di immediata impugnazione delle ammissioni  di  cui
all'art.  120,  comma  2-bis,  primo  e  secondo  periodo  codice  di
procedura amm. 
    1.2. - La previsione oggetto di  scrutinio  di  costituzionalita'
(art. 120, comma 2-bis, primo e secondo periodo codice  di  procedura
amm., comma  aggiunto  dall'art.  204,  comma  1,  lett.  b)  decreto
legislativo  n.  50/2016),  limitatamente  all'onere   di   immediata
impugnazione dei provvedimenti di ammissione, cosi statuisce: 
        «Il provvedimento che determina ...  le  ammissioni  ad  essa
all'esito    della    valutazione    dei    requisiti     soggettivi,
economico-finanziari e tecnico-professionali va impugnato nel termine
di trenta giorni, decorrente dalla sua pubblicazione sul profilo  del
committente della stazione appaltante, ai sensi dell'art.  29,  comma
1, del codice dei contratti pubblici  adottato  in  attuazione  della
legge 28 gennaio 2016,  n.  11.  L'omessa  impugnazione  preclude  la
facolta' di far valere l'illegittimita' derivata dei successivi  atti
delle procedure di affidamento, anche con ricorso incidentale.». 
    La menzionata disposizione trova applicazione nel caso  in  esame
poiche' il bando della procedura di gara  per  cui  e'  causa  risale
all'8 agosto 2017 e quindi opera la previsione di  cui  al  combinato
disposto dell'art.  216,  comma  1  decreto  legislativo  n.  50/2016
(«Fatto salvo quanto previsto  nel  presente  articolo  ovvero  nelle
singole disposizioni di cui al presente codice, lo stesso si  applica
alle procedure e ai contratti per i quali i bandi o avvisi con cui si
indice  la  procedura  di  scelta  del  contraente  siano  pubblicati
successivamente alla data della sua entrata  in  vigore  nonche',  in
caso di contratti senza pubblicazione di  bandi  o  di  avvisi,  alle
procedure e ai contratti in relazione ai quali, alla data di  entrata
in vigore del presente codice, non siano  ancora  stati  inviati  gli
inviti a presentare le offerte.») e dell'art. 220 decreto legislativo
n. 50/2016 («Il presente codice entra  in  vigore  il  giorno  stesso
della sua pubblicazione nella Gazzetta  Ufficiale»  [i.e.  19  aprile
2016]). 
    Invero, come evidenziato dal Consiglio di Stato, sezione III,  25
novembre 2016, n. 4994: 
        «Quando viene introdotto  un  nuovo  assetto  normativo,  che
modifica un regime esistente, il legislatore  deve  (dovrebbe)  farsi
carico delle questioni di diritto intertemporale e dettare una chiara
disciplina sulla transizione tra la regolazione previgente  e  quella
nuova.  In   astratto,   le   opzioni   regolatorie   concettualmente
disponibili  sono  tre:  a)  la  normativa  anteriore   continua   ad
applicarsi ai rapporti sorti prima dell'entrata in vigore  del  nuovo
atto normativo (principio di ultrattivita'); b) la nuova normativa si
applica anche ai rapporti pendenti (principio di retroattivita');  c)
previsione di una regolazione autonoma provvisoria.  In  mancanza  di
un'esplicita regolazione del regime  transitorio,  ma  solo  in  quel
caso, soccorrono  all'interprete  i  noti  principi  del  divieto  di
retroattivita' (art. 11 delle preleggi: «la legge non dispone che per
l'avvenire»), che impedisce di ascrivere entro l'ambito operativo  di
una disposizione legislativa nuova una situazione  sostanziale  sorta
prima, e, per quanto riguarda le fattispecie sostanziali che constano
di una  sequenza  di  atti  (ivi  comprese  quelle  processuali),  il
principio del tempus regit actum, che impone di giudicare  ogni  atto
della procedura soggetto al regime normativo vigente al momento della
sua adozione. Con riferimento alle disposizioni  recate  dal  decreto
legislativo n. 50 del 2016, il  legislatore  del  2016  si  e'  fatto
carico delle questioni di diritto transitorio  e  le  ha  chiaramente
risolte  scegliendo   e   utilizzando   (tra   quelle   astrattamente
disponibili)  l'opzione  dell'ultrattivita',  mediante,   cioe',   la
previsione  generale  che  le  disposizioni  introdotte  dal  decreto
legislativo n. 50 del 2016 si applicano solo alle  procedure  bandite
dopo la data dell'entrata in vigore del nuovo  «Codice»,  e,  quindi,
dopo il 19 aprile  2016,  e  il  rinvio  a  disposizioni  speciali  e
testuali di un diverso regime di transizione;  pertanto,  l'anzidetta
previsione, chiarissima  nella  sua  portata  precettiva,  impedisce,
innanzitutto, ogni  esegesi  di  questioni  ermeneutiche  di  diritto
intertemporale che si fondi sulla regola  tempus  regit  actum  (pure
prospettato come canone risolutivo, in senso contrario a  quello  qui
affermato, del problema in esame), e che  si  rivela,  evidentemente,
recessiva  rispetto  a  una  disposizione  normativa  che  regola  la
successione  nel  tempo  delle  leggi,  e  vincola,   al   contrario,
l'interprete ad attenersi alla stretta applicazione della  disciplina
transitoria. Ne consegue che poiche' il rito «superspeciale»  ai  cui
ai commi 2-bis e 6-bis dell'art. 120 codice di procedura amm. risulta
concepito  e  regolato  in   coerenza   con   la   nuova   disciplina
procedimentale introdotta dal decreto legislativo  n.  50  del  2016,
resta del tutto illogica l'entrata in vigore  differenziata  dei  due
regimi (processuale e sostanziale) atteso che l'onere di impugnazione
immediata, nel termine  di  trenta  giorni,  del  «provvedimento  che
determina  le  esclusioni  dalla  procedura  di  affidamento   e   le
ammissioni  ad  essa  all'esito  della  valutazione   dei   requisiti
soggettivi,  economico-finanziari  e  tecnico-professionali»  risulta
esigibile  solo  a  fronte  della  contestuale   operativita'   delle
disposizioni del decreto legislativo che  ne  consentono  l'immediata
conoscenza  da  parte  delle  imprese  partecipanti  alla   gara   e,
segnatamente, degli art. 29, comma 1 e 76, comma 3.». 
    Venendo in rilievo nella  vicenda  per  cui  e'  causa  un  bando
(dell'8 agosto 2017) pubblicato in  epoca  successiva  alla  data  di
entrata in vigore del nuovo codice dei contratti  pubblici  (i.e.  19
aprile 2016), puo' operare ratione temporis - alla luce del principio
di diritto espresso dalla citata sentenza del Consiglio di Stato - il
cd. rito super accelerato di cui  al  combinato  disposto  dei  commi
2-bis e 6-bis dell'art. 120 codice di procedura amm. (commi  entrambi
introdotti dall'art. 204 decreto legislativo n. 50/2016). 
    Inoltre, va evidenziato  che  l'onere  di  immediata  impugnativa
dell'altrui  ammissione  alla  procedura  di  gara  senza   attendere
l'aggiudicazione, previsto dalla disposizione oggetto di scrutinio di
costituzionalita', e' subordinato alla pubblicazione degli atti della
procedura ai sensi dell'art.  29,  comma  1  decreto  legislativo  n.
50/2016 (cfr. Consiglio di Stato, sezione III, 26  gennaio  2018,  n.
565 e Consiglio di Stato, sezione V, 23 marzo 2018, n. 1843). 
    Nella fattispecie de qua le ammissioni sono state pubblicate  sul
profilo istituzionale della stazione appaltante, ai sensi del  citato
art. 29, comma 1 decreto legislativo n. 50/2016, con il provvedimento
prot. n. 0018268 del 27 dicembre 2017 adottato da Aeroporti di Puglia
S.p.a. 
    Pertanto nulla quaestio in ordine alla astratta operativita'  nel
caso di specie del rito super accelerato di cui al combinato disposto
dei commi 2-bis e 6-bis dell'art. 120 codice di procedura amm. 
    In conclusione, il sistema di cui al nuovo codice  dei  contratti
pubblici del 2016 denota una stretta compenetrazione, peraltro tipica
del diritto  amministrativo  in  generale,  tra  profili  di  diritto
sostanziale ed aspetti di diritto processuale, con la conseguenza che
soltanto laddove (ipotesi appunto  ricorrente  nella  fattispecie  de
qua) siano pienamente operanti i primi (in ragione sia del  tempo  di
pubblicazione  del  bando,  sia  della  concreta   operativita'   del
meccanismo di pubblicazione on-line degli  atti  della  procedura  ai
sensi dell'art. 29, comma 1  decreto  legislativo  n.  50/2016)  puo'
trovare applicazione il rito super accelerato introdotto dallo stesso
legislatore dei contratti pubblici del 2016. 
    1.3. - Inoltre, la controversia per cui e' causa ha  ad  oggetto,
come correttamente evidenziato dalla stazione appaltante Aeroporti di
Puglia  nella  memoria  depositata  in  data  30  giugno   2018,   le
contestazioni della societa' ricorrente che attengono  alla  fase  di
«ammissione» alla gara della controinteressata Novability,  e  quindi
rientrano pienamente nell'ambito applicativo del rito di cui all'art.
120,  comma  2-bis  codice  di  procedura  amm.  con   consequenziale
tardivita' del ricorso de quo. 
    Non puo' essere condivisa, infatti,  l'affermazione,  operata  da
parte ricorrente nella memoria depositata in data 25 giugno  2018  al
fine di ovviare alla eccezione di tardivita', secondo cui  la  stessa
impugnerebbe non gia' l'ammissione in  gara  della  controinteressata
Novability (soggetta al rito ex art. 120, commi 2-bis e 6-bis  codice
di procedura amm.), quanto piuttosto il  presunto  utilizzo  distorto
del contratto di avvalimento dalla medesima stipulato  (in  relazione
al requisito  di  cui  al  punto  5A),  lett.  b)  del  disciplinare:
«esecuzione di contratti  analoghi  a  quello  oggetto  di  gara  nel
triennio antecedente alla data di scadenza della  presente  procedura
di' gara (2014-2015-2016)») con il fine di  conseguire  indebitamente
il punteggio tecnico, e quindi contesterebbe la fase successiva della
valutazione della offerta (per la quale  non  trova  applicazione  il
rito super accelerato di cui all'art. 120, commi 2-bis e 6-bis codice
di procedura amm.) e l'attribuzione del relativo punteggio. 
    Invero, come detto, le doglianze della societa' istante attengono
alla fase (di ammissione in gara degli operatori economici) non  piu'
discutibile una volta decorso il termine di cui  al  censurato  comma
2-bis previsto dalla legge (art. 120 codice di  procedura  amm.)  per
proporre le relative censure. 
    In tal senso, la ricorrente La Cascina contesta, ad esempio,  che
l'Associazione   di   volontariato   protezione   civile    volontari
Torchiarolo - che ha prestato a Novability il requisito di  capacita'
tecnica richiesto dalla lex di gara (i.e. punto  5A),  lett.  b)  del
disciplinare) per prendervi parte - sarebbe stata «impossibilitata  a
partecipare alla gara» (cfr. pag. 3 del ricorso), non potendo  quindi
qualificarsi come ausiliaria dell'aggiudicataria, in quanto  «carente
del requisito di cui al punto 5A, lett. a) del disciplinare  di  gara
non essendo qualificabile come impresa e ne' essendo iscritta  presso
la Camera di commercio» (cfr. pag. 4 del ricorso), oltre al fatto che
la stessa «non poteva affatto impegnarsi ... a mettere a disposizione
"personale" ...», (cfr. pag. 4 del  ricorso)  perche'  costituita  da
volontari. 
    La difesa della societa' cosi' si esprime (cfr. pagg. 3 e  4  del
ricorso): 
        «... nel caso che ci occupa siamo  dinnanzi  ad  un  utilizzo
distorto dell'istituto dell'avvalimento e cio' per diversi ordini  di
profili. 
    Il primo concerne l'incontestata  ed  incontestabile  circostanza
che l'Associazione di volontariato protezione civile, impossibilitata
a  partecipare  alla  gara,  potesse  qualificarsi  come   ausiliaria
dell'aggiudicataria. 
    La predetta associazione, infatti e' carente del requisito di cui
al  punto  5A,  lett.  a)  del  disciplinare  di  gara  non   essendo
qualificabile come impresa e ne' essendo iscritta presso la Camera di
commercio ed  e'  il  motivo  per  il  quale  non  poteva  presentare
l'offerta. 
    Cio' detto, essendo l'ausiliario soggetto giuridico che non  puo'
candidarsi alla gestione del servizio,  non  avrebbe  potuto  neppure
prestare i requisiti a colui che effettivamente concorre. 
    Inoltre, la predetta associazione non poteva affatto  impegnarsi,
come invece ha fatto sottoscrivendo il contratto  di  avvalimento,  a
mettere a disposizione «personale» atteso che  le  unita'  utilizzate
per  l'esecuzione  della  prestazione  in   favore   della   stazione
appaltante odierna resistente sono costituite da  volontari  i  quali
non soggiacciono, per tale ragione, al  comando  dell'associazione  e
dunque non possono essere messi a disposizione di alcuna impresa.  In
tale ottica, percio', le unita' che oggi gestiscono il  servizio  non
avrebbero potuto neppure definirsi alla stregua di «personale». 
    In  sostanza,  partendo   dal   presupposto   che   la   suddetta
Associazione di volontariato protezione civile volontari  Torchiarolo
e'  carente  del  requisito  di  cui  al  punto  5A,  lett.  a)   del
disciplinare di gara (iscrizione nel  registro  delle  imprese  della
Camera di commercio) e che  quindi,  per  le  ragioni  in  precedenza
indicate, non potrebbe mettere a disposizione «personale»  in  favore
della controinteressata Novability, la ricorrente giunge a contestare
la possibilita' per l'Associazione  di  Volontariato  di  fornire  il
requisito di cui al punto 5A), lett. b) del disciplinare (oggetto del
contratto di  avvalimento  del  19  settembre  2017:  «esecuzione  di
contratti analoghi a quello oggetto di gara nel triennio  antecedente
alla  data   di   scadenza   della   presente   procedura   di   gara
(2014-2015-2016)») e di cui Novability e' carente. 
    E' di tutta evidenza come dette allegazioni attengano  alla  fase
di ammissione in gara della controinteressata,  tanto  e'  vero  che,
come la medesima istante conferma a pag. 10 del ricorso introduttivo,
«...  La  Commissione  avrebbe  dovuto  rilevare  quanto  precede  ed
escludere l'offerta  di  Novability  poiche'  carente  dei  requisiti
minimi richiesti ...» e, a pag. 12  del  ricorso  introduttivo,  «...
Laddove la P.A. avesse in concreto operato nel  senso  imposto  dalle
prescrizioni di cui ai citati art. 32, comma 7, e 80,  comma  6,  del
decreto legislativo n. 50 del 2016 allora avrebbe  dovuto  provvedere
ad escludere l'odierna illegittima  aggiudicataria,  con  contestuale
aggiudicazione alla ricorrente. ...». 
    Si rammenta a tal proposito che ai sensi dell'art. 89,  comma  1,
primo periodo decreto legislativo n. 50/2016 «L'operatore  economico,
singolo o in raggruppamento di cui all'art. 45,  per  un  determinato
appalto, puo'  soddisfare  la  richiesta  relativa  al  possesso  dei
requisiti   di   carattere   economico,   finanziario,   tecnico    e
professionale di cui all'art. 83, comma 1, lettere b) e c), necessari
per partecipare ad una procedura  di  gara,  e,  in  ogni  caso,  con
esclusione dei  requisiti  di  cui  all'art.  80,  avvalendosi  delle
capacita' di altri soggetti, anche partecipanti al raggruppamento,  a
prescindere  dalla  natura  giuridica  dei  suoi  legami  con  questi
ultimi.». 
    In termini analoghi si esprimeva il previgente art. 49,  comma  1
decreto  legislativo  n.  163/2006:  «Il   concorrente,   singolo   o
consorziato o raggruppato ai sensi dell'art. 34, in relazione ad  una
specifica gara di  lavori,  servizi,  forniture  puo'  soddisfare  la
richiesta relativa al possesso dei requisiti di carattere  economico,
finanziario, tecnico, organizzativo,  ovvero  di  attestazione  della
certificazione SOA avvalendosi dei requisiti di un altro  soggetto  o
dell'attestazione SOA di altro soggetto.». 
    Del resto, come evidenziato dal Consiglio di Stato,  sezione  IV,
1° agosto 2012, n. 4406,  «L'istituto  dell'avvalimento  permette  la
piu' ampia partecipazione alle gare pubbliche consentendo a  soggetti
sprovvisti di alcuni requisiti di ammissione richiesti di  concorrere
ricorrendo ai requisiti di altri soggetti, senza che  abbiano  alcuna
influenza per la stazione appaltante  i  rapporti  esistenti  tra  il
concorrente ed il soggetto avvalso, essendo indispensabile unicamente
che il primo dimostri di poter disporre dei mezzi del secondo.». 
    E',  quindi,  palese  che  l'avvalimento  altro  non  e'  se  non
l'utilizzazione/il fare affidamento su altro soggetto  (nel  caso  di
specie l'Associazione di  volontariato  protezione  civile  volontari
Torchiarolo) per soddisfare la richiesta relativa al «possesso di  un
requisito necessario per partecipare ad una procedura  di  gara»  (di
cui la Cooperativa Sociale Novability era priva: rectius requisito ex
punto 5A), lett. b) del disciplinare),  con  la  conseguenza  che  la
(asserita) mancanza di un requisito  di  partecipazione  in  capo  al
soggetto ausiliario non potrebbe non determinare - quale  conseguenza
giuridica - l'esclusione del  soggetto  ausiliato  e  quindi  la  sua
mancata ammissione, e non gia' la mera decurtazione del punteggio  in
sede di valutazione dell'offerta. 
    Tutto cio' (rectius mancanza del requisito di cui  al  punto  5A,
lett. b) del disciplinare in capo a Novability  e  la  necessita'  di
avvalersi  dell'Associazione  di   volontariato   protezione   civile
Torchiarolo)  emerge  chiaramente  dal  tenore   del   contratto   di
avvalimento del 19 settembre 2017 (cfr. art. 2:  «In  relazione  alla
procedura di gara aperta indetta dalla Stazione Appaltante  Aeroporti
di Puglia S.p.a. con sede in Bari Palese  al  viale  E.  Ferrari  per
l'affidamento  del  servizio  di  assistenza  passeggeri  a   ridotta
mobilita' presso gli aeroporti di Bari e Brindisi  -  CIG  717007443,
l'ausiliaria si obbliga a fornire all'ausiliata il requisito relativo
alla capacita' tecnica di cui al punto 5A) sub b) del disciplinare di
gara, nonche' tutti i requisiti previsti dai documenti di gara ed  in
particolare  dal  disciplinare   e   dal   capitolato,   mettendo   a
disposizione di questa tutte le risorse ed i mezzi propri che saranno
necessari  senza  limitazioni  di   sorta   per   tutta   la   durata
dell'appalto»)  e  dalla  dichiarazione  sostitutiva   di   atto   di
notorieta' del  19  settembre  2017  formulata  dall'Associazione  di
volontariato protezione civile volontari Torchiarolo in cui la stessa
dichiara di essere titolare del  requisito  relativo  alla  capacita'
tecnica di cui al punto 5A) sub b) del disciplinare di gara. 
    Ne discende che la controversia in ordine alla  possibilita'  per
l'Associazione di  volontariato  di  fornire  alla  controinteressata
Novability  il  requisito  di  cui  al  punto  5A),  lett.   b)   del
disciplinare («esecuzione di contratti analoghi a quello  oggetto  di
gara nel triennio antecedente alla data di  scadenza  della  presente
procedura di gara (2014-2015-2016)») non puo' non riguardare la  fase
della «ammissione» della stessa Novability  alla  procedura  di  gara
(non gia' quella di valutazione delle offerte e di  assegnazione  del
relativo punteggio). 
    Invero, se si dovesse giungere alla conclusione di  ritenere  che
l'Associazione di volontariato non era nelle  condizioni  di  fornire
alla Novability il menzionato requisito di cui al punto 5A, lett.  b)
del disciplinare, ne  deriverebbe  che  la  stessa  controinteressata
rimarrebbe sfornita di un  requisito  di  «capacita'  tecnica»  (cfr.
rubrica a pag. 9 del disciplinare) espressamente richiesto a pena  di
esclusione  dal  disciplinare  (cfr.  pag.  10:  «La  mancanza  delle
dichiarazioni di cui al punto  5A),  nonche'  la  mancata  produzione
della   documentazione   comprovante    il    requisito    in    capo
all'aggiudicatario comporta l'esclusione del concorrente dalla gara»)
e, quindi, avrebbe meritato di non essere ammessa alla  procedura  di
gara. 
    Peraltro, sempre a pag. 10 il disciplinare prevede  espressamente
l'ammissibilita'  dell'avvalimento  ai  sensi  dell'art.  89  decreto
legislativo n. 50/2016 con riferimento al citato requisito. 
    Dette considerazioni sono rilevanti ai fini della  determinazione
del rito applicabile (i.e. quello di cui all'art.  120,  comma  2-bis
codice di procedura amm.). 
    Cio' finisce per  confermare  quanto  rilevato  da  Aeroporti  di
Puglia nella memoria depositata in data 30 giugno  2018,  posto  che,
come noto, a norma dell'art. 120, comma  2-bis  codice  di  procedura
amm., l'omessa impugnazione (in questo caso) del provvedimento che ha
disposto l'ammissione della  controinteressata  Novability  all'esito
della    valutazione,    tra     gli     altri,     dei     requisiti
tecnico-professionali,  nei  termini  ivi  previsti,   «preclude   la
facolta' di far valere l'illegittimita' derivata dei successivi  atti
delle procedure di affidamento». 
    Nel caso in esame, oltre al fatto che in data 27 dicembre 2017 la
stazione appaltante ha  provveduto  alla  pubblicazione  sul  proprio
profilo istituzionale dell'avviso con cui ha comunicato le ammissioni
degli operatori economici (tra cui Novability) alle  successive  fasi
della procedura di gara, va evidenziato che in data 20 febbraio 2018,
Aeroporti di Puglia, in riscontro alla istanza di accesso a tal  fine
inoltrata, ha osteso alla ricorrente - che dunque in quel momento  ne
ha avuto piena cognizione - tra gli altri documenti, anche  la  busta
amministrativa della ditta Novability,  all'interno  della  quale  si
rinveniva il contratto di avvalimento oggetto di contestazione con il
ricorso introduttivo del presente giudizio. 
    Ne consegue che alla stregua dell'art. 120, comma 2-bis, primo  e
secondo inciso  codice  di  procedura  amm.  la  mancata  impugnativa
proposta  nei  termini  avverso  l'ammissione  di  Novability  (anche
attraverso  la  contestazione  della  mancanza   dei   requisiti   di
partecipazione del soggetto ausiliario) impedisce  quindi  ora  a  La
Cascina,  una  volta  intervenuta  l'aggiudicazione  definitiva,   di
articolare censure inerenti a detto contratto, sulla base di  profili
che ad esso facciano espresso riferimento. 
    Il ricorso sarebbe quindi tardivo in applicazione del citato art.
120, comma 2-bis, primo e secondo inciso codice di procedura amm. 
    In sostanza, viene in rilievo  nel  caso  di  specie  un  ricorso
proposto avverso l'aggiudicazione  definitiva  da  parte  di  chi  ha
omesso di impugnare  tempestivamente  (alla  stregua  del  menzionato
comma  2-bis)  l'ammissione  dell'aggiudicataria  (vicenda   concreta
identica a quella oggetto  di  rimessione  alla  Corte  di  giustizia
dell'Unione europea  da  parte  della  T.A.R.  Piemonte,  Torino  con
ordinanza n. 88 del 17 gennaio 2018), e quindi una fattispecie che si
pone in termini opposti a quella oggetto della precedente  rimessione
alla Corte costituzionale operata da questo T.A.R. con  ordinanza  n.
903 del 20 giugno 2018 (ove  invece  si  discuteva  dell'impugnazione
tempestiva delle ammissioni in una fase antecedente alla adozione del
provvedimento di aggiudicazione definitiva). 
    2. - Sussiste, ai sensi dell'art. 23, comma 2 legge  n.  87/1953,
il primo presupposto, consistente nella rilevanza della questione  ai
fini della definizione del presente contenzioso, di rimessione  della
questione di costituzionalita' dell'art. 120, comma  2-bis,  primo  e
secondo  periodo  codice  di  procedura  amm.   (limitatamente   alla
problematica della impugnazione delle ammissioni,  della  preclusione
processuale  di  cui  al  secondo  inciso  e  della  declaratoria  di
inammissibilita'  del  ricorso  proposto   avverso   l'aggiudicazione
definitiva da parte di chi ha  omesso  di  impugnare  tempestivamente
l'ammissione dell'aggiudicataria) alla Corte costituzionale (art. 23,
comma 2 legge n. 87/1953: «... il giudizio non possa essere  definito
indipendentemente dalla risoluzione della questione  di  legittimita'
costituzionale ...»). 
    Invero, dall'accertamento, da parte della  Corte  costituzionale,
della  compatibilita'  costituzionale  della  disposizione  in  esame
deriverebbe  la  necessita'  per  questo  Giudice  di  adottare   una
pronunzia di rito (ex art. 35 codice di procedura amm.)  dichiarativa
della inammissibilita' del ricorso (notificato solo in data 10 maggio
2018)  per  avere  la  societa'  La  Cascina  impugnato  tardivamente
(rispetto alla data del  27  dicembre  2017  di  pubblicazione  delle
ammissioni sul sito internet di Aeroporti di Puglia, ovvero  rispetto
alla  data  del  20  febbraio   2018   di   concreto   accesso   alla
documentazione amministrativa relativa alla  concorrente  Novability)
l'aggiudicazione definitiva in favore della stessa Novability, avendo
omesso la tempestiva  contestazione  in  sede  giurisdizionale  della
relativa ammissione. 
    All'opposto,  l'eventuale  declaratoria  di   incostituzionalita'
dell'art. 120,  comma  2-bis,  primo  e  secondo  periodo  codice  di
procedura amm. (nei limiti  indicati)  comporterebbe  l'adozione,  da
parte di questo Giudice in sede di giudizio di prosecuzione  ex  art.
80, comma 1 codice di procedura amm., di una sentenza di  merito  (ex
art. 34 codice  di  procedura  amm.)  e  quindi  la  possibilita'  di
valutare la fondatezza  del  ricorso,  cosi'  rendendo  proficuamente
corrisposta la somma di denaro dovuta ai sensi  dell'art.  13,  comma
6-bis, lett. d) decreto del Presidente della Repubblica  n.  115/2002
per contributo unificato (peraltro - come vedremo - considerevole  in
materia di rito degli appalti pubblici) ed evitando il  grave  vulnus
ai principi costituzionali di cui  al  successivo  punto  3.2.  della
presente motivazione. Pertanto, come recita l'art. 23, comma 2  legge
n. 87/1953, il giudizio non puo' essere  definito  (con  sentenza  di
merito ex art. 34 codice di procedura amm.)  indipendentemente  dalla
risoluzione della questione di legittimita' costituzionale del  comma
2-bis nei limiti indicati, in quanto, in assenza di  rimessione  alla
Corte costituzionale,  il  giudizio  andrebbe  appunto  definito  con
sentenza di rito (ex art. 35 codice  di  procedura  amm.)  nel  senso
della inammissibilita' del ricorso  in  applicazione  dell'art.  120,
comma 2-bis, secondo  inciso  codice  di  procedura  amm.  («L'omessa
impugnazione preclude la  facolta'  di  far  valere  l'illegittimita'
derivata dei successivi atti delle procedure  di  affidamento,  anche
con ricorso incidentale.»). 
    Da   qui   la   rilevanza   della   questione   di   legittimita'
costituzionale  della  citata  previsione  normativa  ai  fini  della
decisione (nel  merito)  della  presente  controversia.  E',  quindi,
evidente la necessita' che la disposizione in esame (art. 120,  comma
2-bis, primo e secondo inciso codice di  procedura  amm.  per  quanto
concerne la parte relativa all'onere di immediata impugnazione  delle
ammissioni) riceva  applicazione  da  parte  di  questo  Giudice  nel
giudizio a quo. 
    Si tratta di una «rilevanza» attuale e concreta  della  questione
di  costituzionalita'  poiche',   operando   con   riferimento   alla
fattispecie in esame la citata previsione  normativa,  il  ricorso  -
come evidenziato al precedente punto 1.3 - dovrebbe certamente essere
considerato inammissibile, avendo la ricorrente omesso  di  impugnare
tempestivamente  l'ammissione  di  Novability   anche   nel   momento
considerato  rilevante  dal  novellato  art.  29,  comma  1   decreto
legislativo n. 50/2016 come modificato  dal  decreto  legislativo  n.
56/2017 («Il termine per l'impugnativa di cui  al  citato  art.  120,
comma 2-bis, decorre dal momento in cui gli atti di  cui  al  secondo
periodo   sono   resi   in   concreto   disponibili,   corredati   di
motivazione»), che nel caso di specie coincide con  la  data  in  cui
l'accesso  ai  documenti  della  concorrente  Novability   e'   stato
consentito (i.e. 20 febbraio 2018). 
    Quindi,  il  ricorso  sarebbe  dovuto  essere   proposto   -   in
applicazione del contestato comma 2-bis - al piu' tardi entro  il  20
marzo 2018, mentre nel caso di specie il ricorso  risulta  notificato
soltanto in data 10 maggio 2018 con palese tardivita'  rispetto  alla
previsione di cui al medesimo comma 2-bis.. 
    All'opposto,   se   si   applicasse   l'ordinamento   processuale
amministrativo  depurato  dalla  norma  in   contestazione,   sarebbe
preclusa   l'impugnazione   delle   ammissioni,   in   quanto    atto
endoprocedimentale, non immediatamente  lesivo  (cfr.,  sulla  natura
endoprocedimentale, non immediatamente lesiva dell'atto di ammissione
e quindi non autonomamente impugnabile, Consiglio di  Stato,  sezione
V, 14 aprile  2008,  n.  1600,  pronunzia  resa  con  riferimento  ad
un'epoca in cui non esisteva la  censurata  previsione  normativa)  e
quindi il gravame andrebbe proposto ai sensi dell'art. 120,  comma  5
codice di  procedura  amm.  unicamente  contro  il  provvedimento  di
aggiudicazione  definitiva  nel  termine  di  trenta   giorni   dalla
comunicazione (nel caso di specie avvenuta in data 10  aprile  2018).
Il ricorso nella  fattispecie  in  esame  sarebbe  quindi  tempestivo
poiche' notificato in data 10 maggio 2018. 
    3. - Relativamente al profilo della  non  manifesta  infondatezza
della questione di costituzionalita' ex art. 23,  comma  2  legge  n.
87/1953 si evidenzia quanto segue. 
    3.1. - Si indicano ai sensi dell'art. 23, comma 1, lett. b) legge
n.  87/1953  le  seguenti  disposizioni  della  Costituzione  che  si
assumono violate: 
        a) art. 3, comma 1: «Tutti i cittadini  hanno  pari  dignita'
sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso,
di  razza,  di  lingua,  di  religione,  di  opinioni  politiche,  di
condizioni personali e sociali.»; 
        b) art. 24, commi 1 e 2:« [I] Tutti possono agire in giudizio
per la tutela dei propri  diritti  e  interessi  legittimi.  [II]  La
difesa  e'  diritto  inviolabile  in   ogni   stato   e   grado   del
procedimento.»; 
        c) art. 103, comma 1: «Il Consiglio  di  Stato  e  gli  altri
organi di giustizia amministrativa hanno giurisdizione per la  tutela
nei  confronti  della  pubblica   amministrazione   degli   interessi
legittimi e, in particolari materie indicate dalla legge;  anche  dei
diritti soggettivi.»; 
        d) art. III, commi 1 e 2 (commi  premessi  dall'art. 1  legge
costituzionale 23 novembre 1999, n.  2):  «[I]  La  giurisdizione  si
attua mediante il giusto processo regolato  dalla  legge.  [II]  Ogni
processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di
parita', davanti a giudice terzo e imparziale. La legge  ne  assicura
la ragionevole durata»; 
        e) art. 113, commi 1 e 2: «[I] Contro gli atti della pubblica
amministrazione e'  sempre  ammessa  la  tutela  giurisdizionale  dei
diritti  e  degli  interessi  legittimi  dinanzi   agli   organi   di
giurisdizione  ordinaria   o   amministrativa.   [II]   Tale   tutela
giurisdizionale non puo' essere  esclusa  o  limitata  a  particolari
mezzi di impugnazione o per determinate categorie di atti.»; 
        f)  art.  117,  comma   l   (come   novellato   dalla   legge
costituzionale n. 3/2001): «La  potesta'  legislativa  e'  esercitata
dallo Stato e dalle regioni nel rispetto della Costituzione,  nonche'
dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e  dagli  obblighi
internazionali.» 
    Le norme interposte della CEDU (Convenzione europea  dei  diritti
dell'uomo di Roma del 4 novembre 1950 recepita con legge n. 848/1955)
rilevanti ex menzionato art. 117, comma 1 Costituzione ai fini  della
presente rimessione (diritto ad  un  giusto  ed  effettivo  processo)
sono: 
        a) art. 6, par. 1 (in tema di «Diritto a un equo  processo»):
«1. Ogni persona  ha  diritto  a  che  la  sua  causa  sia  esaminata
equamente, pubblicamente  ed  entro  un  termine  ragionevole  da  un
tribunale indipendente e imparziale, costituito per legge,  il  quale
sia chiamato a pronunciarsi sulle controversie  sui  suoi  diritti  e
doveri di' carattere civile o sulla fondatezza di ogni accusa  penale
formulata  nei  suoi  confronti.  La  sentenza   deve   essere   resa
pubblicamente, ma l'accesso alla sala d'udienza puo'  essere  vietato
alla stampa  e  al  pubblico  durante  tutto  o  parte  del  processo
nell'interesse della morale, dell'ordine pubblico o  della  sicurezza
nazionale  in  una  societa'  democratica,  quando  lo  esigono   gli
interessi dei minori o la protezione della vita privata  delle  parti
in causa, o,  nella  misura  giudicata  strettamente  necessaria  dal
tribunale,  quando  in  circostanze  speciali  la  pubblicita'  possa
portare pregiudizio agli interessi della giustizia.»; 
        b) art. 13 (in tema di «Diritto  a  un  ricorso  effettivo»):
«Ogni persona i cui diritti e  le  cui  liberta'  riconosciuti  nella
presente Convenzione siano stati violati, ha  diritto  a  un  ricorso
effettivo davanti a un'istanza nazionale, anche quando la  violazione
sia stata commessa da persone che agiscono nell'esercizio delle  loro
funzioni ufficiali.». 
    3.2. - Ritiene questo Collegio che l'art. 120, comma 2-bis, primo
e secondo periodo codice di procedura amm. (limitatamente alla  parte
che impone l'onere di immediata  impugnazione  delle  ammissioni)  si
ponga in contrasto con il  principio  di  effettivita'  della  tutela
giurisdizionale di cui agli artt. 3, comma 1, 24, commi 1 e  2,  103,
comma 1, 111, commi 1 e 2 e 113, commi 1 e 2 Costituzione  in  quanto
impone la necessita' di impugnare, nel termine decadenziale di trenta
giorni, decorrente dalla pubblicazione sul  profilo  del  committente
della stazione appaltante, ai sensi dell'art.  29,  comma  1  decreto
legislativo n. 50/2016, un atto per  sua  natura  non  immediatamente
lesivo,  quale  appunto  l'ammissione  alla  gara,  pena   altrimenti
l'incorrere nella preclusione di cui al  secondo  periodo  («L'omessa
impugnazione preclude la  facolta'  di  far  valere  l'illegittimita'
derivata dei successivi atti delle procedure  di  affidamento,  anche
con  ricorso   incidentale»),   con   conseguente   declaratoria   di
inammissibilita'  del  ricorso  proposto   avverso   l'aggiudicazione
definitiva da parte di chi ha  omesso  di  impugnare  tempestivamente
l'ammissione dell' aggiudicataria. 
    Viene, infatti, stabilito ex lege che  esclusioni  ed  ammissioni
sono  atti  endoprocedimentali  dotati  di  immediata  lesivita'   e,
conseguentemente, necessitanti di immediata impugnazione. 
    L'onere di immediata impugnazione dell'ammissione  di  tutti  gli
operatori  economici  diviene,  pertanto,  a  partire  dalla  novella
legislativa  del  2016  condizione  di  ammissibilita'  della  futura
impugnazione del provvedimento di aggiudicazione anche in carenza  di
un'effettiva lesione ed utilita' concreta. 
    La ratio perseguita dal legislatore, con disposizione di  portata
certamente innovativa per quanto concerne le ammissioni, va ravvisata
in sostanza nella celere definizione del giudizio prima che si giunga
al provvedimento di aggiudicazione in modo  tale  da  individuare  in
modo certo e non piu' discutibile la platea dei soggetti  ammessi  in
gara in un momento antecedente rispetto all'esame  delle  offerte  ed
alla conseguente aggiudicazione. 
    Tuttavia, in precedenza (i.e. in epoca antecedente all'entrata in
vigore del decreto  legislativo  n.  50/2016  che  ha  introdotto  la
previsione di cui al comma 2-bis, primo periodo dell'art. 120  codice
di procedura amm.), la necessita' della immediata impugnazione di  un
atto endoprocedimentale era stata affermata dal  Consiglio  di  Stato
unicamente con riguardo al provvedimento di esclusione adottato dalla
Commissione nel corso di una seduta alla quale avesse partecipato  un
rappresentante della concorrente esclusa (cfr.  Consiglio  di  Stato,
sezione V, 23 febbraio 2015, n. 856: «... Il termine decadenziale per
impugnare  gli  atti  delle  procedure  di  affidamento  di   appalti
pubblici, ed in particolare l'aggiudicazione definitiva in favore  di
terzi, decorre dalla conoscenza di  quest'ultima  comunque  acquisita
dall'impresa partecipante  alla  gara  (da  ultimo:  sezione  IV,  20
gennaio 2015, n. 143 e  sezione  III,  7  gennaio  2015,  n.  25;  in
precedenza: adunanza plenaria  31  luglio  2012,  n.  31).  A  questo
principio di diritto, ripetutamente  affermato  dalla  giurisprudenza
del Consiglio di Stato,  fa  unica  eccezione  il  caso  in  cui  sia
impugnato il provvedimento di esclusione dalla  gara  adottato  dalla
commissione nel corso della stessa ed in una seduta alla quale  abbia
partecipato un rappresentante della concorrente esclusa.  Trattandosi
infatti di determinazione  immediatamente  lesiva,  malgrado  il  suo
carattere endoprocedimentale, la giurisprudenza fissa  la  decorrenza
del termine decadenziale ex art. 29 codice di procedura amm. in  tale
momento (in questi termini: sezione III, 22  agosto  2012,  n.  4593;
sezione IV, 17 febbraio 2014, n. 740; sezione V, 22 dicembre 2014, n.
6264, 14 maggio 2013, n. 2614;  sezione  VI,  13  dicembre  2011,  n.
6531). ...»). 
    Pertanto,   sul   punto   specifico   dell'onere   di   immediata
impugnazione del provvedimento di esclusione  si  puo'  ritenere  che
l'art. 120, comma 2-bis, primo periodo codice di procedura  amm.  non
abbia portata innovativa rispetto al precedente quadro normativo come
interpretato dalla giurisprudenza amministrativa dell'epoca. 
    All'opposto, la questione di compatibilita' costituzionale  (alla
stregua dei menzionati artt. 3, comma 1, 24, commi 1 e 2, 103,  comma
1, 111, commi 1 e 2 e 113, commi 1 e  2  Costituzione)  si  pone  con
riferimento ad  una  previsione  legislativa  (certamente  innovativa
rispetto  al  quadro  normativo  e   giurisprudenziale   antecedente)
generale ed astratta (rectius art. 120, comma 2-bis, primo e  secondo
periodo codice di procedura amm. sul punto  dell'onere  di  immediata
impugnazione delle ammissioni, questione rilevante nella  vicenda  in
esame), previsione che attribuisce in via preventiva natura lesiva ad
un  atto  tipicamente  endoprocedimentale  (i.e.  specificamente   le
ammissioni), la  cui  impugnazione  e'  priva,  per  sua  natura,  di
utilita' concreta ed attuale per  un  partecipante  (quale  l'odierna
ricorrente La Cascina Global Service S.r.l.)  che  ancora  (i.e.  nel
momento in cui e' costretto - in forza della contestata  disposizione
- alla  proposizione  del  ricorso  giurisdizionale)  ignora  l'esito
finale della procedura selettiva. 
    L'inosservanza  del  citato  onere  comporta  -  come   detto   -
l'incorrere, della parte inerte, nella preclusione di cui al  secondo
periodo del comma 2-bis («L'omessa impugnazione preclude la  facolta'
di far valere l'illegittimita' derivata  dei  successivi  atti  delle
procedure  di  affidamento,  anche  con  ricorso  incidentale»),  con
conseguente declaratoria di  inammissibilita'  del  ricorso  proposto
avverso l'aggiudicazione definitiva da parte di chi  (come  l'impresa
La Cascina)  ha  omesso  di  impugnare  tempestivamente  l'ammissione
dell'aggiudicataria Novability. 
    Il  sistema  processuale  previgente,  come  interpretato   dalla
giurisprudenza amministrativa (cfr. Consiglio di Stato, sezione V, 14
aprile 2008, n. 1600 in precedenza menzionato), precludeva,  infatti,
l'impugnazione   immediata   delle   ammissioni   in   quanto    atti
endoprocedimentali privi di immediata lesivita'. 
    La nuova disposizione (art. 120, comma  2-bis,  primo  e  secondo
inciso codice di procedura amm.), introdotta dal decreto  legislativo
n. 50/2016, ribalta, con specifico riferimento  ai  provvedimenti  di
ammissione, l'orientamento precedente ed espressamente impone l'onere
di immediata impugnazione delle citate  ammissioni  (pena  altrimenti
l'incorrere   nelle   conseguenze   sfavorevoli   sopra    indicate),
contemplando un rito speciale ed accelerato (comma 6-bis)  per  dette
controversie in materia di appalti. 
    Detto  onere  di  immediata  impugnazione  giurisdizionale  delle
ammissioni e', pertanto, in contrasto con il  principio  fondamentale
desumibile  dall'art.  100  del  codice  di  procedura   civile   (ed
applicabile anche al processo  amministrativo  in  forza  del  rinvio
esterno  di  cui  all'art.  39  codice  di  procedura   amm.)   della
necessita', quale  condizione  dell'azione,  della  esistenza  di  un
interesse ad agire concreto ed attuale al ricorso  in  corrispondenza
di una lesione effettiva di detto interesse (cfr. Consiglio di Stato,
sezione VI, 6 marzo 2002, n. 1371; T.A.R. Lazio, Roma, sezione II,  9
gennaio 2017, n. 235; T.A.R. Piemonte, Torino, sezione I, 17  gennaio
2018, n. 88; Consiglio di Stato, sezione III, 1° settembre  2014,  n.
4449; Consiglio di Stato, sezione V, 23 febbraio 2015, n. 855;  punto
13.5.1, lett. c)  della  motivazione  della  ordinanza  dell'adunanza
plenaria del Consiglio di Stato n. 6 dell'11 maggio 2018). 
    In ordine al citato principio in tema di concretezza e attualita'
della titolarita' dell'interesse all'azione ex  art.  100  codice  di
procedura  civile,  il  ricorso  giurisdizionale  e'   sempre   stato
considerato in passato un rimedio non  dato  nell'interesse  astratto
della giustizia o per ottenere la mera enunciazione dei parametri  di
legalita' dell'azione amministrativa, disancorati da un  effettivo  e
non  ipotetico   vantaggio   derivante   all'attore   nel   caso   in
contestazione. 
    Si richiamano, a tal riguardo, le  interessanti  osservazioni  di
Consiglio di Stato, sezione VI, 6 marzo 2002, n. 1371: 
        «.... Si deve  prendere  le  mosse  dal  principio  generale,
sancito dall'art. 100 del codice di rito civile, applicabile anche al
processo amministrativo, a guisa del quale costituisce condizione per
l'ammissibilita'  dell'azione,  oltre   alla   titolarita'   di   una
situazione giuridica sostanziale di diritto soggettivo o di interesse
legittimo, anche la sussistenza dell'interesse  a  ricorrere,  inteso
quest'ultimo non come idoneita' astratta dell'azione a realizzare  il
risultato perseguito ma, piu' specificamente, come interesse  proprio
del ricorrente al conseguimento di  un'utilita'  o  di  un  vantaggio
(materiale  o,  in  certi  casi,  morale)  attraverso   il   processo
amministrativo;   vale   a   dire,   nell'ottica   di   un   processo
amministrativo di stampo  impugnatorio  originato  dal  varo  di  una
determinazione lesiva di interessi legittimi, la  sussistenza  di  un
interessa all'eliminazione del provvedimento oggetto di impugnazione. 
    A  parere  della  dottrina  e  della  giurisprudenza   dominanti,
l'interesse al  ricorso  e'  qualificato  da  un  duplice  ordine  di
fattori: 
        a) la lesione, effettiva e concreta, che il provvedimento che
si vuole impugnare, e alla cui caducazione si e' quindi  interessati,
arreca alla sfera patrimoniale, o  anche  semplicemente  morale,  del
ricorrente; 
        b) il vantaggio, anche solo potenziale, che il ricorrente  si
ripromette di ottenere dall'annullamento del provvedimento impugnato. 
    L'interesse a ricorrere deve altresi' essere  caratterizzato  dai
predicati  della  personalita'  (il  risultato  di   vantaggio   deve
riguardare   specificamente   e    direttamente    il    ricorrente),
dell'attualita' (l'interesse deve sussistere al momento del  ricorso,
non essendo sufficiente a sorreggere  quest'ultimo  l'eventualita'  o
l'ipotesi  di  una  lesione)  e  della  concretezza  (l'interesse   a
ricorrere va valutato con riferimento ad un pregiudizio concretamente
verificatosi ai danni del ricorrente). 
    Si  deve  soggiungere,  ai  fini  che  qui   rilevano,   che   la
giurisprudenza reputa sufficiente a radicare l'interesse  al  ricorso
la sussistenza di un interesse di carattere strumentale,  inteso  nel
senso di interesse  ad  ottenere  la  caducazione  del  provvedimento
amministrativo al  fine  di  rimettere  in  discussione  il  rapporto
controverso e di eccitare il nuovo (o il non)  esercizio  del  potere
amministrativo in termini potenzialmente idonei ad evitare  un  danno
ovvero ad attribuire un vantaggio. 
    L'assunto  della  sufficienza  di  un  interesse   di   carattere
strumentale  e'  stato  posto  alla  base  del  riconoscimento  della
legittimazione ad impugnare l'atto di aggiudicazione da parte  di  un
soggetto che non sia stato posto  in  grado  di  partecipare  ad  una
procedura di evidenza ovvero sia  stato  escluso  da  una  trattativa
privata e aspiri, per effetto  dell'accoglimento  del  ricorso,  alla
ripetizione  o  alla  prima  indizione  della   procedura   selettiva
(Consiglio di Stato, sezione V, n. 792/1996; 454/1995; sezione VI,  7
giugno 2001, n. 3090; 7 maggio 2001, n.  2541);  cosi'  come  a  tale
categoria concettuale  si  e'  fatto  riferimento  per  ammettere  la
legittimazione    di    un'impresa    a    contestare    la    scelta
dell'amministrazione di gestire un servizio  pubblico  attraverso  il
modulo della convenzione con altri enti locali, in modo da  frustrare
l'aspirazione a giocare le  proprie  chances  di  essere  affidataria
della  gestione  in  caso  di  ricorso  a   moduli   gestori   basati
sull'apporto di soggetti privati  esterni  al  plesso  amministrativo
(Consiglio di Stato, sezione V, n. 1374/1996). 
    Ancora, la suddetta ricostruzione dell'interesse a ricorrere,  in
termini di vantaggio  anche  solo  potenziale  che  si  ritrae  dalla
caducazione del provvedimento impugnato,  determina  la  declaratoria
dell'inammissibilita' del ricorso o dei singoli motivi di ricorso dal
cui accoglimento non derivi alcuna utilita'  in  capo  al  ricorrente
alla stregua della cosiddetta prova della resistenza;  la  necessita'
della sottoposizione del ricorso al vaglio della prova di  resistenza
trova ampia applicazione in  caso  di  ricorsi  diretti  ad  ottenere
l'annullamento di una graduatoria di un concorso pubblico  ovvero  di
una gara di appalto, laddove il ricorrente e' chiamato  a  dimostrare
che  l'attribuzione  dei  punteggi   rivendicati   si   concreterebbe
nell'acquisizione di una posizione utile in seno alla graduatoria. 
    Si puo' concludere questa sintetica ricapitolazione dei caratteri
dell'interesse a ricorrere con l'osservazione che anche nel  processo
amministrativo il risultato utile che il ricorrente  deve  dimostrare
di poter perseguire non  puo'  isterilirsi  nella  semplice  garanzia
dell'interesse  legittimo  e,  men  che  meno,  nella  rivendicazione
popolare della legittimita' ex se dell'azione pubblica. 
    Deve allora trovare condivisione l'affermazione dei primi Giudici
secondo cui «il requisito  dell'attualita'  dell'interesse  non  puo'
considerarsi sussistente quando il  pregiudizio  derivante  dall'atto
amministrativo sia meramente eventuale, quando cioe' non e' certo, al
momento dell'emanazione del provvedimento, se si realizzera' . in  un
secondo tempo la lesione della sfera giuridica del soggetto. 
    Da cio' deriva che il ricorso diretto ad ottenere  una  pronuncia
di principio che possa essere fatta valere in un futuro giudizio  con
riferimento  a  successivi  comportamenti  dell'Amministrazione  deve
ritenersi  inammissibile,  atteso  che  la  tutela  di  un  interesse
strumentale deve aderire in modo rigoroso  all'oggetto  del  giudizio
con carattere diretto ed attuale. (cfr.  Cons.  Giustizia  Amm.  Reg.
Sicilia - n. 372 del 9 giugno 1998)». 
    Su questa stessa linea interpretativa T.A.R. Lazio, Roma, sezione
II,  9  gennaio  2017,  n.  235  esclude  la  tutelabilita'  in  sede
giurisdizionale  di  un  interesse   meramente   potenziale,   ovvero
subordinato al verificarsi di un evento  futuro,  occorrendo  che  la
lesione si configuri come un  vulnus  immediato  tale  da  precludere
subito il conseguimento del bene  della  vita  a  cui  il  ricorrente
aspira,  escludendosi  tale  condizione   quando   l'atto   impugnato
necessita di ulteriori provvedimenti futuri e  non  ancora  adottati.
Tale e' il caso della ammissione, atto  che  non  produce  un  vulnus
immediato  al   partecipante,   essendo   necessario   un   ulteriore
provvedimento (rectius  l'aggiudicazione  definitiva  in  favore  del
soggetto ammesso). 
    Consiglio di Stato, sezione  III,  1°  settembre  2014,  n.  4449
richiede, al fine della ammissibilita' del ricorso giurisdizionale al
giudice amministrativo,  la  necessaria  esistenza  di  un  interesse
personale, concreto ed  attuale  al  conseguimento  di  un  vantaggio
materiale  o  morale  derivante  dal  processo  amministrativo,   non
potendosi  ammettere   il   piegare   l'esercizio   della   giustizia
amministrativa ad una funzione di oggettiva  verifica,  di  carattere
generale, del rispetto della legalita' e cioe'  di  giurisdizione  di
diritto  oggettivo,  scollegata   ad   una   posizione   direttamente
legittimante del ricorrente, impostazione ritenuta estranea al nostro
ordinamento. 
    Consiglio di Stato, sezione V, 23 febbraio 2015, n. 855  conferma
la necessita' per agire  nel  processo  amministrativo  non  solo  di
essere titolari di una situazione giuridica riconducibile  a  diritto
soggettivo  o  interesse  legittimo,  ma  anche  di  un  interesse  a
ricorrere inteso, lungi che come idoneita' astratta a  conseguire  un
risultato utile, come interesse personale,  concreto  ed  attuale  al
conseguimento di un vantaggio materiale o morale.  Il  punto  13.5.1,
lett. c) della motivazione della ordinanza dell'adunanza plenaria del
Consiglio di Stato n. 6 dell'11 maggio 2018,  al  fine  di  rimettere
alla Corte di giustizia dell'Unione europea un quesito interpretativo
circa il rapporto intercorrente  tra  ricorso  principale  e  ricorso
incidentale  escludente  nell'ambito  del  rito  degli  appalti   con
riferimento a gare pubbliche cui abbiano  partecipato  piu'  imprese,
considera una nozione di interesse ad agire scevra dei  predicati  di
certezza e attualita' come distonica rispetto  ai  principi  generali
del   processo   amministrativo   costantemente    affermati    dalla
giurisprudenza. 
    Infine, come evidenziato da Consiglio  di  Stato,  sezione  V,  2
aprile 2014, n. 1572, «...l'interesse ad agire sancito dall'art.  100
c.p.c., da sempre considerato applicabile al processo  amministrativo
ora anche in virtu' del rinvio esterno operato dall'art. 39, comma 1,
c.p.a. e' scolpito nella sua tradizionale definizione di "bisogno  di
tutela giurisdizionale", nel senso che il  ricorso  al  giudice  deve
presentarsi come indispensabile per porre rimedio allo stato di fatto
lesivo; e' dunque espressione di economia  processuale,  manifestando
l'esigenza che il ricorso alla giustizia rappresenti  extrema  ratio;
da qui i suoi caratteri essenziali costituiti  dalla  concretezza  ed
attualita'  del  danno  (anche  in  termini  di  probabilita'),  alla
posizione soggettiva di cui si invoca tutela; esso resta  logicamente
escluso  quando  sia  strumentale  alla  definizione   di   questioni
correlate a situazioni future e incerte perche' meramente ipotetiche;
sicche' in tale frangente la pretesa ostesa in giudizio si rivela per
quello che e', ovvero, una mera speranza  al  riesercizio  futuro  ed
eventuale  del  potere   amministrativo,   inidonea   a   configurare
l'interesse ad agire; ...». 
    Pertanto, l'interesse al ricorso ex art. 100 codice di  procedura
civile e' qualificato da un duplice ordine di elementi costitutivi: 
        a) la lesione, effettiva e  concreta,  che  il  provvedimento
impugnato arreca  alla  sfera  patrimoniale,  o  anche  semplicemente
morale, del ricorrente; 
    b) il vantaggio, anche solo potenziale, che il ricorrente mira  a
conseguire dall'annullamento del provvedimento gravato. 
    L'interesse a ricorrere, secondo l'impostazione  tradizionale  in
linea con il principio costituzionale di  effettivita'  della  tutela
giurisdizionale desumibile dagli artt. 24, 103  e  113  Costituzione,
deve, quindi, essere caratterizzato dai predicati della  personalita'
(il  risultato  di  vantaggio  deve   riguardare   specificamente   e
direttamente  il  ricorrente),  dell'attualita'   (l'interesse   deve
sussistere  al  momento  del  ricorso,  non  essendo  sufficiente   a
sorreggere quest'ultimo l'eventualita' o l'ipotesi di una lesione)  e
della  concretezza  (l'interesse  a   ricorrere   va   valutato   con
riferimento ad un pregiudizio concretamente verificatosi ai danni del
ricorrente). 
    Si deve,  altresi',  evidenziare  che  la  giurisprudenza  reputa
sufficiente a radicare l'interesse al ricorso la  sussistenza  di  un
interesse di carattere strumentale, inteso nel senso di interesse  ad
ottenere la caducazione del provvedimento amministrativo al  fine  di
rimettere in discussione il rapporto controverso  e  di  eccitare  il
nuovo (o il non)  esercizio  del  potere  amministrativo  in  termini
potenzialmente idonei ad evitare un danno  ovvero  ad  attribuire  un
vantaggio (cfr. Consiglio di Stato, sezione V, 2 marzo 2018, n. 1292:
«Sussiste l'interesse al ricorso censurante solamente la nomina della
Commissione  giudicatrice,  senza  allegazione  di   un   pregiudizio
concreto arrecato dall'asserita composizione irregolare della  stessa
all'esito del procedimento di valutazione comparativa concorrenziale,
in quanto si tratta di un  interesse  strumentale  alla  rinnovazione
della gara, mirante al potenziale effetto favorevole che  deriverebbe
dal  rifacimento  dell'intera  gara   e   dalla   conseguente   nuova
valutazione dell'offerta  (in  termini  Consiglio  di  Stato,  V,  26
gennaio 1996, n. 92,  IV,  10  aprile  2006,  n.  1971).  Del  resto,
diversamente   opinando,   ed   in   particolare   prospettando   che
l'Amministrazione  potrebbe  anche  non   rinnovare   la   gara,   si
perverrebbe alla paradossale situazione di  dichiarare  inammissibile
ogni   ricorso   in   cui    permanga    un'ampia    discrezionalita'
dell'Amministrazione in sede di rinnovazione del procedimento.»). 
    Ne discende che in base alle regole generali il ricorso  dovrebbe
essere  dichiarato  inammissibile  nel  caso  in  cui  il  ricorrente
dall'ipotetico accoglimento non ne  possa  ricavare  alcuna  utilita'
alla stregua della cd. prova di resistenza. 
    La necessita' della sottoposizione del ricorso  al  vaglio  della
prova di resistenza - come evidenziato da Consiglio di Stato, sezione
VI, 6 marzo  2002,  n.  1371  in  precedenza  citata  -  trova  ampia
operativita'  pratica  in  caso  di  ricorsi  diretti   ad   ottenere
l'annullamento di una graduatoria di un concorso pubblico  ovvero  di
una gara di appalto, laddove il ricorrente e' chiamato  a  dimostrare
che  l'attribuzione  dei  punteggi   rivendicati   si   concreterebbe
nell'acquisizione di una posizione utile in seno alla graduatoria. 
    Si veda sul punto Consiglio di Stato, sezione V, 26 aprile  2018,
n. 2534: «E' necessaria la cd. prova di resistenza, essenziale per la
dimostrazione dell'interesse al ricorso che, come e' noto costituisce
condizione dell'azione ex art. 100 c.p.c., rilevabile anche d'ufficio
e,  in  sede  di  appello.  In  linea  generale,  la  verifica  della
sussistenza dell'interesse all'impugnativa deve  manifestare  la  sua
concretezza, nel senso che l'annullamento  degli  atti  gravati  deve
risultare idoneo ad arrecare al ricorrente un'effettiva utilita', con
la conseguenza che  il  gravame  dell'aggiudicazione  di  un  appalto
pubblico che non sia finalizzato ad ottenere  la  rinnovazione  della
gara o l'esclusione dell'impresa aggiudicataria (che  implicherebbero
un immediato vantaggio per il ricorrente),  ma  che  risulti  fondato
sulla sola contestazione della  correttezza  dei  punteggi  assegnati
alle  concorrenti,   dev'essere   sorretto,   per   essere   ritenuto
ammissibile,  dalla  c.d.  prova  di  resistenza  e,   cioe',   dalla
dimostrazione a priori  che,  se  le  operazioni  si  fossero  svolte
correttamente,  la  ricorrente   sarebbe   risultata   con   certezza
aggiudicataria (cfr., ex multis, Consiglio di Stato, sezione III,  17
dicembre 2015, n. 5717 e 8 settembre 2015, n. 4209).». 
    In definitiva, dalla citata giurisprudenza si ricava il principio
fondamentale in forza del quale anche nel processo amministrativo  il
risultato utile che il ricorrente deve dimostrare di poter perseguire
non puo' isterilirsi nella semplice garanzia dell'interesse legittimo
e,   men   che   meno,   nella    rivendicazione    popolare    della
legittimita'/legalita' ex se dell'azione pubblica. 
    Conclusivamente, la novella di  cui  all'art.  120,  comma  2-bis
codice di procedura amm. deve confrontarsi con  i  principi  generali
delineati   dalla   giurisprudenza   secondo   cui   «il    requisito
dell'attualita' dell'interesse non  sussiste  quando  il  pregiudizio
derivante dall'atto amministrativo e' meramente  eventuale,  e  cioe'
quando l'emanazione del provvedimento non sia di per se' in grado  di
arrecare una lesione nella sfera giuridica del soggetto ne' sia certo
che una siffatta lesione comunque si realizzera' in un secondo tempo;
pertanto, e' inammissibile il  ricorso  che  tende  ad  ottenere  una
pronuncia di principio, che possa essere fatta valere  in  un  futuro
giudizio    con    riferimento     a     successivi     comportamenti
dell'amministrazione,  atteso  che  la   tutela   di   un   interesse
strumentale deve aderire in modo rigoroso all'oggetto  del  giudizio,
con carattere diretto ed attuale.» (cfr. Consiglio Stato, sezione IV,
19 giugno 2006, n. 3656 e Consiglio di Stato, sezione  IV,  7  giugno
2012, n. 3365). 
    Cio' premesso, si evidenzia quanto segue. 
    Il censurato art. 120, comma 2-bis, primo e secondo inciso codice
di procedura amm., nella parte in cui contempla l'onere di  immediata
impugnazione dei provvedimenti  di  ammissione,  introduce  -  a  ben
vedere - una ipotesi di «giurisdizione amministrativa  oggettiva»  (e
cioe' avente funzione di oggettiva verifica, di  carattere  generale,
del rispetto della legalita' dell'azione amministrativa, cio' che  la
decisione di Consiglio di Stato, sezione III, 1° settembre  2014,  n.
4449 sopra menzionata esclude possa essere  considerato  ammissibile)
eccentrica  rispetto  ad  un  sistema  di  giustizia   amministrativa
tradizionalmente impostato sulla giurisdizione/giustizia  di  diritto
«soggettivo» e sul «potere» ex art. 24,  comma  1  Costituzione  (non
gia' sul «dovere», inteso nel senso di onere economicamente  gravoso,
pena altrimenti  l'incorrere  in  una  preclusione  processuale,  con
conseguente declaratoria di  inammissibilita'  del  ricorso  proposto
avverso l'aggiudicazione definitiva da parte  di  chi  ha  omesso  di
impugnare tempestivamente l'ammissione dell'aggiudicataria), in  capo
all'attore («Tutti possono ...»), di «... agire in  giudizio  per  la
tutela dei propri diritti e interessi legittimi». 
    Inoltre,  il  concetto  stesso   di   «tutela   degli   interessi
legittimi», richiamato  espressamente  dagli  artt.  24,  103  e  113
Costituzione, implica necessariamente i  menzionati  caratteri  della
personalita', attualita' e concretezza del sostrato processuale della
posizione  giuridica  soggettiva   dell'individuo   (i.e.   interesse
legittimo) dinanzi all'esercizio  del  potere  autoritativo,  poiche'
solo lui e'  l'unico  soggetto  dell'ordinamento  che  puo'  valutare
autonomamente l'utilita' del giudizio (nel caso  di  specie  comunque
economicamente costoso, trattandosi della materia degli  appalti),  e
non puo' essere una legge dello Stato ad  imporgli  la  «doverosita'»
(sempre  nel  senso  di  «onere»  per  evitare  il  formarsi  di  una
preclusione processuale) di un'azione giurisdizionale priva di  alcun
vantaggio sul piano soggettivo, almeno nel momento in cui deve essere
esperita secondo il censurato dettato normativo. 
    Ne discende che i  caratteri  della  personalita',  attualita'  e
concretezza dell'interesse ad agire caratterizzano il nostro  sistema
«soggettivo»  di  giustizia   amministrativa,   come   delineato   in
Costituzione, mentre la previsione di cui all'art. 120, comma  2-bis,
primo e secondo periodo codice  di  procedura  amm.  costituisce  una
illegittima deviazione rispetto al quadro costituzionale predetto. 
    Questo Collegio  non  ignora  l'esistenza  di  ipotesi  normative
«eccezionali» di legittimazione ex lege al ricorso giurisdizionale di
Autorita' amministrative  indipendenti  (rispettivamente  l'Autorita'
garante  della  concorrenza  e  del  mercato  per   quanto   concerne
l'impugnazione di atti amministrativi in violazione delle norme poste
a tutela della concorrenza e del mercato ai  sensi  dell'art.  21-bis
legge n. 287/1990 e l'Autorita' nazionale anticorruzione con riguardo
alla impugnazione di provvedimenti amministrativi  viziati  da  gravi
violazioni del codice  degli  appalti  pubblici  di  cui  al  decreto
legislativo n. 50/2016 ex art. 211, comma 1-ter  decreto  legislativo
n. 50/2011). 
    Tuttavia,   come   evidenziato   dalla   recente   giurisprudenza
amministrativa (cfr. T.A.R. Toscana, Firenze, sezione I,  7  dicembre
2017, n. 1521; Consiglio di Stato, sezione VI,  30  aprile  2018,  n.
2583; Consiglio di  Stato,  Sezione  V,  30  aprile  2014,  n.  2246;
Consiglio  di  Stato,  sezione  V,   15   maggio   2017,   n.   2294)
nell'escludere  qualsiasi   contrasto   delle   suddette   previsioni
eccezionali (e quindi, in base all'art. 14 delle  disposizioni  sulla
legge in generale, non estensibili oltre i casi da esse espressamente
considerati) con gli artt. 3, 24, 103 e 113 Costituzione, siamo  -  a
ben  vedere  -  in  presenza  di  disposizioni  speciali  che,  lungi
dall'introdurre  un'ipotesi  di   giurisdizione   amministrativa   di
«diritto oggettivo», in cui l'azione giurisdizionale mira alla tutela
di un interesse generale e non di situazioni giuridiche soggettive di
carattere individuale, contemplano una legittimazione straordinaria -
a proporre ricorso giurisdizionale dinanzi al G.A. - di  un  soggetto
pubblico (i.e. Autorita' amministrativa indipendente), in quanto ente
portatore di un interesse «qualificato e differenziato»  al  corretto
funzionamento del mercato e quindi giuridicamente rilevante ed idoneo
a fondare situazioni giuridiche soggettive. 
    In ogni caso, si tratta di un "interesse" ad agire in giudizio di
cui e' ex lege portatore un soggetto pubblico e non gia' un privato. 
    Del resto anche l'adunanza plenaria del Consiglio di Stato  nella
citata ordinanza n. 6/2018 di rimessione alla Corte di giustizia  del
quesito interpretativo relativo al rapporto intercorrente tra ricorso
principale e ricorso  incidentale  escludente  nell'ambito  del  rito
degli appalti, nel rappresentare il  proprio  punto  di  vista  sulla
questione in ottemperanza alle prescrizioni contenute ai punti  17  e
34  delle  «Raccomandazioni  all'attenzione  dei  giudici  nazionali,
relative alla presentazione di domande  di  pronuncia  pregiudiziale»
(2016/C 439/01, in G.U.U.E del 25 novembre 2016), rileva che: 
        «...  a)  sarebbe  maggiormente  armonico  con   il   sistema
processuale nazionale e con il  principio  di  autonomia  processuale
incentrato sull'iniziativa delle parti (ed in  parte  qua)  comune  a
quello  di  numerosi  Stati-Membri),  che   venisse   precisato   che
l'interesse  del  ricorrente  principale  attinto   da   un   ricorso
incidentale escludente, in quanto limitato  alla  reiterazione  della
procedura  di  gara  (con  esclusione  di  profili   concernenti   la
"regolarita' delle procedure  di  gara"),  dovrebbe  essere  valutato
nella sua concretezza, e non con riferimento a ragioni astratte,  dal
Giudice adito; 
        b) in quest'ottica, sarebbe  opportuno  che  venisse  rimesso
agli  ordinamenti  processuali  degli  Stati  Membri,   in   ossequio
all'autonomia  processuale   loro   riconosciuta,   il   compito   di
individuare le modalita' di dimostrazione della concretezza del detto
interesse, garantendo il diritto di difesa delle offerenti rimaste in
gara e non evocate nel processo ed  in  armonia  con  i  principi  in
materia di interesse concreto e attuale della parte al ricorso  e  in
punto di onere della prova. 
    In altri e riassuntivi termini, ed in considerazione anche  delle
recenti pronunce sopra  richiamate  dalla  Corte  di  giustizia,  che
sembrano prestare  attenzione  alle  possibili  particolarita'  delle
situazioni di fatto, sembra a questa adunanza plenaria del  Consiglio
di Stato che il rimettere al Giudice nazionale adito  un  margine  di
valutazione in ordine all'accertamento  della  reale  sussistenza  in
concreto  di  un  interesse  sia  pure  strumentale  del   ricorrente
principale sia maggiormente coerente sia con il rispetto dei principi
cardine degli ordinamenti nazionali in materia processuale - e quindi
con l'autonomia processuale  loro  costantemente  riconosciuta  dalla
Corte  di  giustizia  -  sia  con  gli  assetti  delle  giurisdizioni
nazionali e della stessa Unione europea, che configurano  il  ricorso
al giudice amministrativo come ricorso nell'interesse di una parte  e
mai  come  ricorso  volto  al  rispetto  formale  delle   regole,   a
prescindere da ogni interesse; salvi i casi,  sopra  descritti  anche
con riferimento all'ordinamento italiano, in cui  il  rispetto  delle
regole venga demandato ad una autorita' pubblica,  riconoscendo  alla
stessa   la   legittimazione   a   ricorrere   dinanzi   al   giudice
amministrativo....». 
    Pertanto,  nel  nostro  ordinamento   il   ricorso   al   Giudice
amministrativo e' configurato  come  ricorso  nell'interesse  di  una
parte e mai come ricorso volto al rispetto formale  delle  regole,  a
prescindere da ogni interesse, salvi i casi, sopra descritti (art. 21
bis legge n. 287/1990 e art. 211, comma 1 ter d.lgs n.  50/2011),  in
cui il  rispetto  delle  regole  venga  demandato  ad  una  autorita'
pubblica (rispettivamente AGCM e  ANAC),  riconoscendo  coerentemente
alla stessa una legittimazione, comunque eccezionale e straordinaria,
a ricorrere dinanzi al Giudice amministrativo. 
    E', quindi, evidente la differenza di dette previsioni  normative
comunque   eccezionali   (che   proprio   in   ragione   della   loro
eccezionalita' non deviano rispetto al principio  fondamentale  della
giurisdizione  amministrativa  di  "diritto   soggettivo")   con   la
disposizione di cui all'art. 120, comma 2 bis, primo e secondo inciso
cod. proc. amm., oggetto del presente scrutinio, che  invece  "rende"
stabilmente un  soggetto  privato  ex  lege  portatore  di  interesse
pubblico alla formazione anticipata (e non  piu'  discutibile)  della
platea dei concorrenti in  un  momento  antecedente  all'esame  delle
offerte  (interesse  di  cui  viceversa  non  potrebbe   non   essere
portatrice unicamente la pubblica amministrazione). 
    In cio' si manifesta tutta  la  irragionevolezza  e  contrarieta'
della disposizione in esame rispetto al principio  costituzionale  di
effettivita'  alla  tutela  giurisdizionale,  poiche'   evidentemente
finalizzata a "incaricare" un soggetto privato della tutela  ex  lege
di un interesse pubblico, con costi ed oneri economici - come vedremo
di qui a breve - eccessivi. 
    Invero,  la  citata  disposizione   del   codice   del   processo
amministrativo, nell'imporre la necessita',  pena  l'incorrere  nella
preclusione di cui allo stesso comma 2  bis,  secondo  inciso,  della
immediata contestazione in sede giurisdizionale delle ammissioni (con
conseguente declaratoria di  inammissibilita'  del  ricorso  proposto
avverso l'aggiudicazione definitiva da parte  di  chi  ha  omesso  di
impugnare   tempestivamente   l'ammissione   dell'   aggiudicataria),
sostanzialmente onera l'impresa partecipante alla gara (nel  caso  di
specie la ricorrente La Cascina) ad impugnare (a prescindere da  ogni
concreta utilita' nel senso in precedenza delineato) le ammissioni di
altri soggetti partecipanti (rectius  nella  fattispecie  Novability,
Ontario s.r.l. e l'ATI Medica Sud  S.r.L.  -  Panacea  Soc.  Coop.  a
r.l.), impugnazione che potrebbe rivelarsi inutile nel momento in cui
la stessa impresa ricorrente dovesse venire a conoscenza in una  fase
successiva  dell'aggiudicazione  definitiva  della  gara  in  proprio
favore ovvero, all'opposto, della propria collocazione in graduatoria
in posizione talmente deteriore da non  ritenere  piu'  utile  alcuna
contestazione. 
    E', infatti, evidente che al momento della ammissione delle ditte
in  gara  la  posizione  delle  concorrenti  e'   neutra   o   meglio
indifferenziata in quanto solo potenzialmente lesiva. 
    Il  bene  della  vita  cui  aspira  la  concorrente  in  gara  e'
l'aggiudicazione dell'appalto sicche' il suo interesse  a  contestare
l'ammissione (pur illegittima) delle altre concorrenti si concretizza
solo  alla  fine  della  procedura  allorquando   la   posizione   in
graduatoria  cristallizzata  dal  provvedimento   di   aggiudicazione
definitiva determina quel grado di differenziazione idoneo a radicare
l'interesse al ricorso. 
    Il   contrasto   con   i   menzionati   principi   costituzionali
(effettivita' della tutela giurisdizionale desumibile dagli artt.  3,
comma 1, 24, commi 1 e 2, 103, comma 1, 111, commi 1 e 2 e 113, commi
1 e 2 Cost. e dagli  artt.  1  cod.  proc.  amm.  ["La  giurisdizione
amministrativa assicura una  tutela  piena  ed  effettiva  secondo  i
principi della Costituzione e del diritto europeo] e 7, comma 7  cod.
proc. amm. ["Il principio di effettivita' e' realizzato attraverso la
concentrazione davanti al giudice amministrativo  di  ogni  forma  di
tutela  degli  interessi  legittimi  e,  nelle  particolari   materie
indicate dalla legge, dei diritti soggettivi"]) e' ancora piu'  netto
se si considera che l'impugnazione in materia di appalti pubblici  (e
quindi anche del provvedimento di ammissione di cui al  comma  2  bis
dell'art. 120 cod. proc. amm.) e' soggetta ad un contributo unificato
con importi elevati nel corso degli ultimi anni (cfr. art. 13,  comma
6 bis, lett. d) d.p.r. n. 115/2002: "Il contributo  unificato  per  i
ricorsi proposti davanti ai Tribunali amministrativi regionali  e  al
Consiglio di Stato e' dovuto nei  seguenti  importi:  ...  d)  per  i
ricorsi di cui all'articolo 119, comma 1, lettere a) e b), del codice
di cui all'allegato 1 al decreto legislativo 2 luglio 2010,  n.  104,
il contributo  dovuto  e'  di  euro  2.000  quando  il  valore  della
controversia e' pari o inferiore  ad  euro  200.000;  per  quelle  di
importo compreso tra euro 200.000 e 1.000.000 il contributo dovuto e'
di euro 4.000 mentre per quelle di valore superiore  a  1.000.000  di
euro e' pari ad euro 6.000. Se manca la dichiarazione di cui al comma
3-bis dell'articolo 14, il contributo dovuto e' di euro 6.000; ..."). 
    Concludendo sul punto, va rimarcato che il principio, sottostante
alle  citate  norme  costituzionali,  di  effettivita'  della  tutela
giurisdizionale a fronte della violazione di una posizione  giuridica
soggettiva,  inevitabilmente  implica  la  liberta'  -   tanto   piu'
rilevante  alla  luce   dei   costi   di   accesso   alla   giustizia
amministrativa  -  del  soggetto  (nel  caso  di   specie   l'impresa
ricorrente La Cascina) di autodeterminarsi in ordine alla concretezza
ed attualita' dell'interesse ad agire (contro  le  altrui  ammissioni
alla gara de qua), e quindi la liberta'  di  stabilire  autonomamente
senza coartazione alcuna (anche da parte del "legislatore" e  quindi,
in caso di inerzia rispetto alla impugnazione delle ammissioni, senza
incorrere  nella  sanzione  processuale  della  inammissibilita'  del
ricorso proposto  avverso  l'aggiudicazione  definitiva,  discendente
nella fattispecie in esame dalla applicazione dell'art. 120, comma  2
bis, secondo inciso cod.  proc.  amm.)  se  l'azione  giurisdizionale
risponde ad un proprio effettivo interesse,  ovvero  di  decidere  di
astenersi dall'agire in giudizio,  se  detto  interesse  non  dovesse
essere ritenuto sussistente, come  accade  appunto  nell'ipotesi  del
provvedimento di ammissione, rispetto al quale  non  e'  dato  sapere
(nel momento  in  cui  detto  provvedimento  viene  adottato)  se  il
soggetto ammesso potra'  mai  essere  aggiudicatario,  ovvero  se  si
collochera' in una posizione della graduatoria finale,  tale  da  non
poter mai  ambire  all'aggiudicazione  quand'anche  fosse  dimostrata
l'illegittima  presenza  in  graduatoria  di  soggetti  in  posizione
migliore rispetto alla propria. 
    3.3. - La contestata disposizione (art. 120, comma 2 bis, primo e
secondo inciso cod. proc. amm., nella parte in cui contempla  l'onere
di immediata impugnazione dei provvedimenti di ammissione e  comporta
la declaratoria di  inammissibilita'  del  ricorso  proposto  avverso
l'aggiudicazione definitiva da parte di chi ha  omesso  di  impugnare
tempestivamente  l'ammissione  dell'aggiudicataria)   e',   altresi',
irrazionale alla stregua dell'art. 3, comma 1 Cost. (oltre che  degli
artt. 24, commi 1 e 2, 103, comma 1 e 113, commi  1  e  2  Cost.)  in
forza dell'ulteriore considerazione di  seguito  esposta,  che  mette
ulteriormente  in  risalto  il  contrasto  della   nuova   disciplina
processuale con il principio  costituzionale  di  effettivita'  della
tutela giurisdizionale di cui si e' detto  al  precedente  paragrafo,
qui ulteriormente sviluppato anche sotto la  lente  della  violazione
del principio di ragionevolezza. 
    Il legislatore al terzo inciso  del  comma  2  bis  ha,  infatti,
considerato   inammissibile   l'impugnazione   della   proposta    di
aggiudicazione  e  degli  altri  atti  endoprocedimentali  privi   di
immediata lesivita', sostanzialmente riconfermando la regola generale
tradizionale (i.e. inammissibilita' dell'impugnazione giurisdizionale
rivolta avverso atti endoprocedimentali non  immediatamente  lesivi),
regola che e' invece irragionevolmente derogata dai primi due periodi
del comma 2 bis con riferimento ad un atto  endoprocedimentale  quale
l'ammissione, pur essendo lo stesso privo di immediata lesivita'  dal
punto  di  vista  del  concorrente,  ma  dal   legislatore   ritenuto
evidentemente lesivo dal punto di vista dell'interesse generale (alla
anticipata ed incontestata formazione della platea dei  concorrenti),
della cui tutela si deve pertanto fare carico lo  stesso  concorrente
(anche se detto interesse pubblico potrebbe non coincidere mai con un
interesse del partecipante alla gara, personale, concreto ed  attuale
al conseguimento del bene della vita,  rectius  aggiudicazione  della
gara). 
    Ai fini del sindacato  di  costituzionalita'  della  disposizione
contestata per contrasto con il principio di eguaglianza ex  art.  3,
comma 1 Cost. si deve, dunque, considerare come termine di  raffronto
(cd. tertium comparationis) il disposto del  terzo  inciso  dell'art.
120,  comma  2  bis  cod.  proc.  amm.  ("E'  altresi'  inammissibile
l'impugnazione della proposta  di  aggiudicazione,  ove  disposta,  e
degli altri atti endoprocedimentali privi di immediata lesivita'"). 
    In sostanza, riprendendo gli argomenti di cui al  paragrafo  3.2,
si ribadisce che un interesse al ricorso  meramente  ipotetico  viene
irragionevolmente trasmutato dal  legislatore  del  2016  (art.  120,
comma 2 bis, primo e secondo periodo cod. proc. amm.) in un interesse
concreto e attuale, introducendo una sorta di presunzione  legale  ed
astratta di interesse al ricorso avverso le ammissioni  (tuttavia  in
concreto non sussistente) e, corrispondentemente, di lesione di detto
interesse, mentre analoga operazione e' stata  espressamente  esclusa
dal terzo inciso della disposizione in  commento  con  riferimento  a
tutti  gli  "altri  atti  endoprocedimentali   privi   di   immediata
lesivita'". 
    Tuttavia, la lesione e' - come gia' visto al precedente punto 3.2
-tradizionalmente intesa come fatto  connesso  all'esistenza  di  una
effettiva  e  attuale  lesione  che   preclude   all'interessato   il
conseguimento del bene della vita cui  aspira,  nel  caso  di  specie
rappresentato dall'aggiudicazione della gara. 
    Pertanto, se si puo' certamente ritenere ragionevole l'esclusione
dell'onere di immediata impugnazione  degli  atti  endoprocedimentali
privi di immediata lesivita', sancita dalla  terzo  inciso  dell'art.
120, comma 2 bis cod. proc. amm., appare viceversa  irragionevole  la
previsione di cui al primo e secondo periodo  della  disposizione  in
esame circa l'onere di immediata impugnazione  del  provvedimento  di
ammissione (con  conseguente  declaratoria  di  inammissibilita'  del
ricorso proposto avverso l'aggiudicazione definitiva da parte di  chi
ha    omesso    di     impugnare     tempestivamente     l'ammissione
dell'aggiudicataria), pur rientrando lo stesso nella categoria  degli
atti endoprocedimentali privi  di  immediata  lesivita',  secondo  la
visione tradizionale della nozione di interesse ad agire. 
    La previsione de qua si pone - come detto - in contrasto sia  con
i richiamati principi di cui all'art. 100 cod. proc. civ. in tema  di
"Interesse ad agire", sia con il  principio  sotteso  agli  artt.  3,
comma 1, 24, commi 1 e 2, 103, comma 1 e 113, commi 1 e 2 Cost., alla
cui  stregua  la  giurisdizione  amministrativa   e'   orientata   ad
apprestare tutela ad una posizione sostanziale correlata ad  un  bene
della vita in questo caso facente capo all'impresa partecipante  alla
gara (i.e. in ultima analisi l'aggiudicazione della gara stessa). 
    Nel modello di impugnabilita' immediata delle ammissioni  di  cui
al novellato art. 120, comma 2 bis,  primo  e  secondo  periodo  cod.
proc. amm., invece, essendo l'esito della competizione ancora  futuro
ed incerto, non  e'  dato  scorgere  una  posizione  sostanziale  che
giustifichi l'accesso al giudice. 
    La disposizione in esame pone, pertanto, in capo al  partecipante
un onere inutile, economicamente gravoso, ed  irragionevole  (la  cui
violazione comporta la declaratoria di inammissibilita'  del  ricorso
proposto avverso l'aggiudicazione  definitiva  da  parte  di  chi  ha
omesso di impugnare tempestivamente l'ammissione dell'aggiudicataria)
-  alla  stregua  del  principio   di   effettivita'   della   tutela
giurisdizionale desumibile dal combinato  disposto  degli  artt.  24,
commi 1 e 2, 103, comma l e 113, commi 1 e 2 Cost. e del principio di
ragionevolezza  di  cui  all'art.   3,   comma   1   Cost.   rispetto
all'interesse    realmente     perseguito     (i.e.     conseguimento
dell'aggiudicazione dell'appalto). 
    In  precedenza  questa  Sezione  del  T.A.R.  Puglia,  Bari,  con
sentenza dell'8.11.2016, n. 1262 non aveva mancato di evidenziare che
"... la novella legislativa di cui all'art. 120, comma 2 bis, d.  lgs
n. 50/2016 confligge con il  quadro  giurisprudenziale,  storicamente
consolidatosi,  atteso  che  veicola  nell'ordinamento   l'onere   di
immediata  impugnazione  dell'ammissione  di  tutti   gli   operatori
economici  -  quale  condizione  di   ammissibilita'   della   futura
impugnazione del provvedimento di aggiudicazione - anche  in  carenza
di un'effettiva lesione od utilita' concreta. ...". 
    Anche T.A.R. Campania, Napoli, Sez. IV, 20.12.2016, n. 5852 aveva
rilevato che "... La peculiarita' del nuovo rito risiede,  oltre  che
nel circoscritto ambito di applicazione - volto a  cristallizzare  la
definitivita' di una peculiare sub fase delle gare d'appalto  creando
una  struttura  bifasica  della  tutela   in   subiecta   materia   -
nell'utilizzo dello strumento processuale come veicolo per creare una
correlazione del tutto inusuale tra interesse ad agire in giudizio  e
pretesa sostanziale, sicche', come rilevato anche dai primi  commenti
alla disciplina in questione, il legislatore avrebbe  introdotto  una
sorta di presunzione legale di lesione,  non  direttamente  correlata
alla lesione effettiva e concreta di un bene della  vita  secondo  la
dimensione sostanzialistica dell'interesse  legittimo  ormai  invalsa
nel nostro ordinamento. ...". 
    La stessa pronuncia del Tribunale Campano affermava: 
        «... Astrattamente parlando, il nuovo  rito  superaccelerato,
cosi' come costruito, sembra  porsi  in  contrasto  con  le  garanzie
costituzionali di azione in giudizio e tutela contro gli  atti  della
pubblica amministrazione ex artt. 24 e 113 Cost.  e  questo  a  causa
dell'onere   di   immediata   impugnativa   dei   provvedimenti    di
aggiudicazione e esclusione indicati  a  fronte  dell'assenza  di  un
interesse concreto e attuale al ricorso. Sicche',  nonostante  alcuni
tra  i  primi  interpreti  abbiano  ricostruito  questa   presunzione
assoluta di lesivita' dei provvedimenti come una sorta  di  interesse
alla legittima formazione della platea dei concorrenti  ammessi  alle
successive  fasi  della  procedura,  sul  modello   processuale   del
contenzioso  elettorale  di  cui  all'art.  129  c.p.a.  (nel  quale,
tuttavia, sono impugnabili i provvedimenti immediatamente lesivi  del
di diritto a partecipare al  procedimento  elettorale  preparatorio),
cio'  non  toglie  che   un   sistema   cosi'   congegnato   potrebbe
astrattamente far scivolare il  contenzioso  in  materia  di  appalti
verso un modello di giudizio  di  diritto  oggettivo  contrario  agli
artt. 24 e 113  Cost.  ed  escluso  dalla  giurisprudenza  (cfr.  Ad.
Plenaria  n.  4  del  13  aprile  2015,  per  la  quale  il  processo
amministrativo si  basa  pur  sempre  sul  principio  dispositivo  in
relazione all'ambito  della  domanda  di  parte  e  la  giurisdizione
amministrativa di legittimita' e' pur  sempre  una  giurisdizione  di
tipo soggettivo, sia pure con aperture parziali alla giurisdizione di
tipo  oggettivo  in  precisi,  limitati  ambiti  tra  le   quali   la
valutazione  sostitutiva  dell'interesse  pubblico,  da   parte   del
giudice, in sede di giudizio cautelare). ...». 
    I dubbi in precedenza esposti sono stati di  recente  evidenziati
dall'ordinanza  del  T.A.R.  Piemonte,  Torino,  Sez.  I  n.  88  del
17.1.2018 che ha sollevato la corrispondente questione  pregiudiziale
dinanzi alla Corte  di  Giustizia  dell'Unione  Europea  al  fine  di
verificare la compatibilita' euro-unitaria  della  norma  processuale
interna (art. 120, comma 2 bis cod. proc. amm.  nella  parte  in  cui
contempla l'onere di immediata impugnazione delle ammissioni) con  la
disciplina europea  in  materia  di  diritto  di  difesa,  di  giusto
processo e di effettivita' sostanziale della  tutela  giurisdizionale
(i.e. artt. 6 e 13 della  CEDU,  art.  47  della  Carta  dei  diritti
fondamentali dell'Unione Europea e art. I direttiva n. 89/665/CEE). 
    In detta occasione, sia pure sotto la lente di ingrandimento  del
confronto  della  norma  processuale  nazionale  con  la   disciplina
europea, e' stato condivisibilmente rimarcato come il  disancoramento
dell'interesse ad agire rispetto ad una utilita' personale,  concreta
ed  attuale  dell'impresa  partecipante  alla   gara   (costretta   a
contestare le ammissioni in forza della censurata disposizione),  da'
vita ad una sorta di tutela giurisdizionale amministrativa / giudizio
di diritto "oggettivo" (cfr. punto D della motivazione  della  citata
ordinanza del T.A.R. Piemonte  n.  88/2018),  dove  un  operatore  e'
obbligato ad impugnare immediatamente  le  ammissioni  di  tutti  gli
altri  concorrenti,   senza   sapere   ancora   chi   potra'   essere
l'aggiudicatario  e,  parimenti,  senza  sapere  se  lui  stesso   si
collochera' in  graduatoria  in  posizione  utile  per  ottenere  e/o
contestare l'aggiudicazione dell'appalto. 
    Si  introduce,  pertanto,  una  sorta  di  giudizio  di  "diritto
oggettivo" che e' contrario non solo ai principi europei invocati dal
T.A.R. Piemonte, Torino nella citata ordinanza, ma anche ai  principi
costituzionali di cui agli artt. 24, commi 1 e 2, 103, comma 1 e 113,
commi  1  e  2  Cost.  (in  tema   di   effettivita'   della   tutela
giurisdizionale), i quali plasmano il diritto  di  azione  a  mo'  di
diritto azionabile unicamente dal titolare di un interesse personale,
attuale e concreto e che nelle gare d'appalto non puo' non consistere
nel  conseguimento  della  aggiudicazione  ovvero  al   piu',   quale
modalita' strumentale  al  perseguimento  del  medesimo  fine,  nella
chance derivante dalla rinnovazione della gara. 
    E cio' - come  evidenziato  in  precedenza  e  qui  ribadito  per
rimarcare ulteriormente il contrasto  tra  il  giudizio  di  "diritto
oggettivo" implicito nella contestata previsione di cui  al  comma  2
bis, primo e secondo periodo dell'art. 120  cod.  proc.  amm.,  nella
parte  in  cui  impone  l'onere  di  immediata   impugnazione   delle
ammissioni (con  conseguente  declaratoria  di  inammissibilita'  del
ricorso proposto avverso l'aggiudicazione definitiva da parte di  chi
ha    omesso    di     impugnare     tempestivamente     l'ammissione
dell'aggiudicataria),  ed  il  sistema  di  "diritto  soggettivo"  di
giustizia   amministrativa    sottostante    ai    citati    principi
costituzionali - nell'ambito di un quadro di giustizia amministrativa
tradizionalmente  fondato,  appunto,   sulla   tutela   di   "diritto
soggettivo" e sul "potere" ex art. 24, comma 1 Cost.  (non  gia'  sul
"dovere" inteso nel senso  di  onere),  in  capo  all'attore  ("Tutti
possono ..."), di "... agire in giudizio per  la  tutela  dei  propri
diritti e interessi legittimi". 
    Il contrasto  con  i  principi  costituzionali  si  realizza  nel
momento in cui il legislatore  attribuisce  ad  un  soggetto  privato
(i.e. impresa partecipante alla gara) la tutela in via  esclusiva  di
un  interesse  pubblico  (come  detto  alla  anticipata  e  non  piu'
contestabile formazione della platea dei concorrenti), interesse  che
potrebbe non coincidere mai con l'interesse privato,  il  tutto  reso
ancor piu' del  gravoso  se  si  considerano  gli  esborsi  economici
ingenti che sono necessari per promuovere eventualmente anche plurimi
e distinti ricorsi giurisdizionali avverso distinte ammissioni. 
    La censurata norma processuale potrebbe, quindi, avere un effetto
dissuasivo con riferimento  ad  iniziative  processuali  notevolmente
anticipate (e sensibilmente costose) rispetto  al  verificarsi  della
concreta lesione, cosi ulteriormente  aggravando  la  violazione  del
principio costituzionale di tutela del diritto  di  difesa  (art.  24
Cost.), ovvero, all'opposto, un effetto di proliferazione dei ricorsi
giurisdizionali,  effetto  evidentemente  non  compatibile   con   il
principio di ragionevole durata del processo  di  cui  all'art.  111,
comma 2 Cost. 
    Peraltro, la previsione di una "preclusione processuale" ex  art.
120,  comma  2  bis,  secondo  inciso  cod.   proc.   amm.   non   e'
giustificabile neanche alla luce del principio . di diritto  espresso
dalla sentenza della Corte costituzionale n.  94  del  4.5.2017  (con
riferimento alla questione di legittimita' costituzione dell'art. 30,
comma 3 cod. proc. amm. nella parte in  cui  prevede  un  termine  di
decadenza per l'esperimento  dell'azione  di  risarcimento  danni  da
provvedimento amministrativo illegittimo). Invero, in detta  sentenza
la  Corte  costituzionale  -   nel   respingere   la   questione   di
costituzionalita'   -   ha   ritenuto   comunque    sindacabile    la
discrezionalita' del legislatore  (nella  disciplinare  gli  istituti
processuali ed in particolare nel contemplare  termini  decadenziali)
unicamente in ipotesi di manifesta irragionevolezza (cfr.  punto  6.1
della motivazione). 
    Ad avviso di questo Collegio, nel caso di specie, la disposizione
di cui all'art.  120,  comma  2  bis  cod.  proc.  amm.  in  tema  di
"preclusione processuale" appare manifestamente irragionevole poiche'
la prima parte della norma in  commento  (rectius  primo  inciso  del
comma  2  bis)  pone  -  come  visto  in  precedenza  -  in  capo  al
partecipante  un  onere  (i.e.  immediata   contestazione   in   sede
giurisdizionale  delle  ammissioni  la  cui  violazione  comporta  la
declaratoria  di  inammissibilita'  del  ricorso   proposto   avverso
l'aggiudicazione definitiva da parte di chi ha  omesso  di  impugnare
tempestivamente    l'ammissione     dell'aggiudicataria)     inutile,
economicamente gravoso, ed irragionevole - alla stregua del principio
di effettivita' della tutela giurisdizionale desumibile dal combinato
disposto degli artt. 24, commi 1 e 2, 103, comma 1 e 113, commi 1 e 2
Cost. e del principio di ragionevolezza di cui all'art.  3,  comma  1
Cost. - rispetto all'interesse realmente perseguito dalla parte (i.e.
conseguimento dell'aggiudicazione dell'appalto),  ovvero  comportante
un effetto di proliferazione  dei  ricorsi  giurisdizionali,  effetto
evidentemente non compatibile con il principio di ragionevole  durata
del processo di cui all'art. 111, comma 2 Cost. 
    Il contrasto della disposizione in esame  (comma  2  bis)  con  i
richiamati principi costituzionali va, altresi', analizzato alla luce
del dictum di cui a Corte cost. n. 241/2017. 
    Premette la Corte delle  Leggi  nella  citata  sentenza  che  "il
controllo di costituzionalita', vertendosi  in  materia  di  istituti
processuali, per la cui conformazione il legislatore  gode  di  ampia
discrezionalita', deve limitarsi a riscontrare se sia  stato  o  meno
superato il limite della manifesta irragionevolezza  o  arbitrarieta'
delle  scelte  compiute",  principio  che  si  rinviene  anche  nella
pregressa giurisprudenza costituzionale (cfr. ex multis  sentenza  n.
221/2008; sentenza n. 50/2010;  sentenza  n.  229/2010;  sentenza  n.
17/2011; sentenza n. 155/2014; sentenza n. 71/2015). 
    In particolare, nella sentenza n. 241/2017, con riferimento  alla
questione  di  costituzionalita'  del  disposto  di  cui   all'ultimo
capoverso dell'art. 152 disp. att. cod. proc. civ. inserito dall'art.
38 decreto legge n. 98/2011,  convertito,  con  modificazioni,  nella
legge n. 111/2011 ("A tale  fine  la  parte  ricorrente,  a  pena  di
inammissibilita'  di  ricorso,  formula  apposita  dichiarazione  del
valore  della  prestazione  dedotta  in   giudizio,   quantificandone
l'importo nelle conclusioni dell'atto introduttivo") per  l'eccessiva
gravosita' - secondo la prospettazione del giudice rimettente - della
sanzione della inammissibilita' del ricorso  in  quanto  integrerebbe
una  penalizzazione  irragionevole  e  sproporzionata  a  fronte  del
mancato adempimento di rilevanza  formale,  il  Giudice  delle  Leggi
opera una verifica  circa  la  correttezza  del  bilanciamento  degli
interessi costituzionalmente rilevanti coinvolti: 
    «... Tale riscontro va operato attraverso  la  verifica  «che  il
bilanciamento degli interessi costituzionalmente  rilevanti  non  sia
stato realizzato con modalita' tali da determinare il sacrificio o la
compressione  di  uno  di  essi  in  misura  eccessiva   e   pertanto
incompatibile con  il  dettato  costituzionale.  Tale  giudizio  deve
svolgersi «attraverso ponderazioni relative alla proporzionalita' dei
mezzi   prescelti   dal   legislatore   nella    sua    insindacabile
discrezionalita' rispetto alle esigenze  obiettive  da  soddisfare  o
alle finalita' che intende perseguire, tenuto conto delle circostanze
e delle limitazioni concretamente sussistenti» (sentenza n. 1130  del
1988)» (sentenza n. 71 del 2015). ...». 
    In relazione al caso specifico oggetto  di  scrutinio,  la  Corte
costituzionale ha ravvisato la ratio della  disposizione  oggetto  di
scrutinio (i.e. ultimo capoverso dell'art. 152 disp. att. cod.  proc.
civ.) - in uno ad altra previsione introdotta dall'art. 52  legge  n.
69/2009 (rectius ultima parte dell'art. 152  disp.  att.  cod.  proc.
civ.) in forza della quale il giudice  nei  giudizi  per  prestazioni
previdenziali  non  puo'  liquidare  spese,  competenze  ed   onorari
superiori al valore della prestazione dedotta  in  giudizio  -  nello
scopo di deflazionare il contenzioso bagattellare. 
    Pertanto, la Consulta evidenzia come entrambe le disposizioni  in
esame (quella oggetto di  censura  introdotta  dall'art.  38  decreto
legge n. 98/2011 e quella introdotta dall'art. 52 legge  n.  69/2009)
perseguano lo stesso scopo di deflazionare il  contenzioso  privo  di
rilevanza economica; che anzi la norma che prevede di  non  liquidare
le spese in misura superiore al valore della prestazione  dedotta  in
giudizio gia' di per se' sola e' idonea a  perseguire  pienamente  lo
scopo con effetto  deflattivo  certamente  in  grado  di  scoraggiare
l'instaurarsi di liti pretestuose. 
    Sottolinea, tuttavia, la Corte costituzionale a tal riguardo: 
        «...  L'obiettivo  di  evitare  la  strumentalizzazione   del
processo, attraverso la sanzione di inammissibilita',  va  bilanciato
con la garanzia dell'accesso alla tutela giurisdizionale e della  sua
effettivita'. 
    Seppure,  infatti,  la  declaratoria  di   inammissibilita'   non
precluda la riproposizione dell'azione giudiziaria, essa  si  traduce
comunque in un aggravio per la parte, che dovra' ricominciare ex novo
il giudizio. 
    Pertanto,     le      conseguenze      sfavorevoli      derivanti
dall'inammissibilita'    non    sono     adeguatamente     bilanciate
dall'interesse  ad  evitare  l'abuso  del  processo   che   e'   gia'
efficacemente realizzato dalla disciplina introdotta dalla novella di
cui all'art. 52 della legge n. 69 del 2009. 
    L'eccessiva gravita' della  sanzione  e  delle  sue  conseguenze,
rispetto  al  fine  perseguito,  comporta,   quindi,   la   manifesta
irragionevolezza dell'art. 152 disp. att.  cod.  proc.  civ.,  ultimo
periodo, il quale prevede che «A tale fine  la  parte  ricorrente,  a
pena di inammissibilita' di ricorso, formula  apposita  dichiarazione
del valore della prestazione  dedotta  in  giudizio,  quantificandone
l'importo nelle conclusioni dell'atto introduttivo». ...». 
    Traslando il ragionamento operato dalla Corte costituzionale  con
la  menzionata  sentenza  n.  241/2017  alla  fattispecie  in   esame
(scrutinio di costituzionalita' dell'art. 120, comma 2 bis,  primo  e
secondo periodo cod. proc. amm.), si puo' giungere  alla  conclusione
che la declaratoria di inammissibilita' del ricorso proposto  avverso
l'aggiudicazione definitiva, per omessa tempestiva impugnazione (alla
stregua dell'art. 120, comma 2 bis, primo periodo  cod.  proc.  amm.)
della  ammissione  dell'impresa  aggiudicataria,  si  traduce  in  un
aggravio  eccessivo  per  la  parte  ricorrente,   che   comunque   -
diversamente dall'ipotesi di cui alla  sentenza  n.  241/2017  -  non
potra' neanche "... ricominciare ex novo il giudizio  ...".  Infatti,
in  detta  evenienza  l'autonoma  e   separata   impugnazione   della
aggiudicazione - come appunto accaduto nel caso di specie (ricorso di
La Cascina Global Service) - sara' comunque e sempre inammissibile in
mancanza della previa tempestiva impugnazione della ammissione  della
impresa aggiudicataria. 
    In   altri   termini,   il    bilanciamento    degli    interessi
costituzionalmente  rilevanti  e'  operato  dal  legislatore  con  la
previsione di cui al comma 2 bis  in  modo  tale  da  determinare  il
sacrificio e  la  compressione  di  uno  di  essi  (rectius  garanzia
dell'accesso alla tutela giurisdizionale  e  della  sua  effettivita'
desumibile dal combinato disposto degli artt. 3, 24, 103, 111  e  113
Cost.) in misura eccessiva e pertanto incompatibile  con  il  dettato
costituzionale. 
    Ne consegue che il citato comma 2 bis non passa indenne  il  test
di proporzionalita' (di  cui  si  fa  menzione  il  punto  2.7  della
motivazione di Corte cost. n.  23/2015  richiamando  Corte  cost.  n.
1130/1988), nel senso di valutare se la norma  oggetto  di  scrutinio
(nel caso di specie comma 2 bis), con la misura  e  le  modalita'  di
applicazione stabilite, sia necessaria e idonea al  conseguimento  di
obiettivi legittimamente  perseguiti,  in  quanto,  tra  piu'  misure
appropriate (a tal fine si potrebbe anche considerare  la  previsione
di importi elevati di contributo  unificato  ex  art.  13  d.p.r.  n.
115/2002), prescriva quella meno restrittiva dei diritti a  confronto
e stabilisca oneri non sproporzionati rispetto  al  perseguimento  di
detti obiettivi. Pertanto, analogamente alla fattispecie definita  da
Corte  cost.  n.  241/2017,  si  puo'  ritenere  che  le  conseguenze
sfavorevoli   (eccessive),   derivanti    dalla    declaratoria    di
inammissibilita' (alla stregua dell'art. 120, comma 2 bis cod.  proc.
amm.) del ricorso proposto  avverso  l'aggiudicazione  definitiva  da
parte di chi ha  omesso  di  impugnare  tempestivamente  l'ammissione
dell'aggiudicataria,   non   sono   adeguatamente   bilanciate    con
l'interesse pubblico ad evitare l'abuso del processo,  interesse  che
si puo' ritenere gia' efficacemente realizzato grazie alla previsione
(sufficiente a tale scopo) di cui all'art. 13, comma 6 bis, lett.  d)
d.p.r. n.  115/2002  (disposizione  che  impone  importi  elevati  di
contributo unificato in materia di rito degli appalti pubblici). 
    In  conclusione,  l'eccessiva  gravita'  della   sanzione   della
inammissibilita' di cui all'art. 120, comma 2  bis,  secondo  periodo
cod. proc. amm. rispetto al fine perseguito dal legislatore  comporta
la manifesta irragionevolezza del citato comma 2 bis il quale prevede
"L'omessa  impugnazione  preclude   la   facolta'   di   far   valere
l'illegittimita' derivata dei  successivi  atti  delle  procedure  di
affidamento, anche con ricorso incidentale". 
    Anche alla luce del principio di diritto di cui a Corte cost.  n.
229/2010 la disposizione in commento (comma 2 bis) non supera indenne
il  sindacato  di  costituzionalita'  alla  stregua   del   principio
costituzionale di ragionevolezza. 
    Invero, - diversamente dalla  fattispecie  oggetto  della  citata
sentenza della Corte costituzionale - la previsione in  commento  non
"... si inserisce, in modo coerente, nel sistema processuale ...", in
quanto, come in precedenza  evidenziato,  introduce  una  ipotesi  di
"giurisdizione amministrativa oggettiva" (e cioe' avente funzione  di
oggettiva  verifica,  di  carattere  generale,  del  rispetto   della
legalita' dell'azione amministrativa, con onere  di  impugnazione  ex
lege posto a carico di un privato, pur in mancanza  di  una  utilita'
concreta ed attuale soggettivamente intesa)  eccentrica  e  distonica
rispetto ad un sistema di giustizia amministrativa tradizionalmente e
costituzionalmente  impostato  sulla  giurisdizione  /  giustizia  di
diritto "soggettivo" e sul "potere" ex art. 24, comma  1  Cost.  (non
gia' sul "dovere" / onere), in  capo  all'attore  di  "...  agire  in
giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi".  Ad
analoghe conclusioni si perviene anche alla luce delle sentenze della
Corte costituzionale n. 44/2016 e  n.  121/2016,  che,  nel  ribadire
l'ampia  discrezionalita'  di   cui   gode   il   legislatore   nella
conformazione degli istituti processuali con  il  solo  limite  della
manifesta irragionevolezza, esclude  la  legittimita'  costituzionale
della imposizione di oneri ovvero  della  introduzione  di  modalita'
tali da rendere impossibile o estremamente difficile l'esercizio  del
diritto di difesa o lo svolgimento dell'attivita' processuale. 
    Ritiene questo Collegio che nel caso di specie sia  configurabile
l'ipotesi  della  impossibilita'  ovvero  estrema   difficolta'   per
l'esercizio del diritto di difesa  e  lo  svolgimento  dell'attivita'
processuale, in quanto -  come  visto  in  precedenza  -  l'onere  di
immediata impugnazione delle ammissioni ex comma 2 bis  senza  alcuna
utilita' per l'operatore economico nel momento in cui detto onere  e'
imposto dall'ordinamento, in combinato disposto con la previsione del
gravoso contributo unificato in materia di rito degli appalti ex art.
13,  comma  6  bis,  lett.  d)  d.p.r.  n.  115/2002,   indubbiamente
comportano una  grave  compressione  del  diritto  costituzionale  di
difesa ex art.  24  Cost.,  con  cio'  realizzando  quella  manifesta
irragionevolezza (rilevante ai fini di cui all'art. 3, comma 1 Cost.)
che  certamente  costituisce  un  limite  alla  discrezionalita'  del
legislatore in materia di conformazione  degli  istituti  processuali
(ivi compresi termini di decadenza e preclusioni processuali). 
    3.4. - Inoltre, la  necessita',  alla  stregua  della  previsione
dell'art. 120, comma 2 bis, primo e secondo periodo cod. proc.  amm.,
di proporre plurimi ricorsi avverso le singole ammissioni si pone  in
contrasto con il principio di ragionevolezza desumibile dall'art.  3,
comma  1  Cost.,  con  il  principio  di  effettivita'  della  tutela
giurisdizionale (ex artt. 24, commi 1 e 2, 103, comma 1, 111, commi l
e 2 e 113, commi 1 e 2 Cost.), con il principio del  giusto  processo
(ex art. 111, comma 1 Cost.) e con  il  principio  della  ragionevole
durata del  processo  (ex  art.  111,  comma  2  Cost.),  poiche'  il
meccanismo processuale delineato dal legislatore del  2016  determina
inevitabilmente il  proliferare  di  azioni  giurisdizionali  avverso
plurime ammissioni relativamente alla stessa  procedura  di  gara  in
violazione dei principi di economia processuale e concentrazione. 
    Conseguentemente,  o  si  concretezza   l'eventualita'   di   una
"ingiusta" (alla stregua delle argomentazioni in precedenza  esposte)
declaratoria  di  inammissibilita'  del  ricorso   proposto   avverso
l'aggiudicazione definitiva da parte di  chi  (come  la  societa'  La
Cascina  Global  Service)  ha  omesso  di  impugnare  tempestivamente
l'ammissione dell'aggiudicataria  (ipotesi  ricorrente  nel  caso  di
specie laddove si desse applicazione all'art. 120, comma 2  bis  cod.
proc. amm.),  ovvero,  all'opposto,  il  contenzioso  in  materia  di
ammissioni alle gare pubbliche corre il serio rischio di trasformarsi
in  una  "guerra"  di  tutti  (gli  ammessi)  contro  tutti,   se   i
partecipanti alla gara propongono tempestivamente ricorso avverso  le
ammissioni alla stregua del citato comma 2 bis (come  avvenuto  nella
fattispecie concreta oggetto di rimessione alla Corte  costituzionale
di cui all'ordinanza di questo T.A.R. n. 903 del 20.6.2018). 
    A cio' poi si  aggiunge  la  necessita'  non  solo  di  impugnare
tempestivamente l'ammissione di tutti i  soggetti  partecipanti  alla
procedura di gara, ma successivamente anche di proporre  un  separato
giudizio  avverso  l'aggiudicazione  definitiva,  come  ritenuto  dal
Consiglio di Stato, Sez. V con ordinanza n. 1059 del  14.3.2017,  con
ulteriore aggravio per la  parte  in  termini  di  corresponsione  di
contributo unificato ai sensi dell'art. 13, comma  6  bis,  lett.  d)
d.p.r. n. 115/2002. 
    3.5. - Infine, per quanto concerne  il  contrasto  con  le  norme
interposte (rilevanti ai fini di cui all'art.  117,  comma  1  Cost.)
rappresentate dai citati artt. 6 e 13 della CEDU, si  deve  in  primo
luogo evidenziare che questo T.A.R., cosi come ogni  giudice  comune,
non puo' autonomamente disapplicare  la  norma  interna  che  ritenga
incompatibile con  la  Convenzione  europea  dei  diritti  dell'uomo,
diversamente da quanto previsto per il diritto dell'Unione Europea  a
partire dalle sentenze della Corte di Giustizia Simmenthal del 1978 e
della Corte Cost. n. 170/1984 (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 4.3.2015,
n. 2). 
    Infatti,  nonostante  taluni  orientamenti  giurisprudenziali   e
dottrinari di segno contrario, il Giudice delle Leggi ha  piu'  volte
chiarito come sulle norme interne contrastanti con le norme  pattizie
internazionali, ivi compresa  la  CEDU,  spetti  esclusivamente  alla
stessa  Corte  costituzionale  il  sindacato   di   costituzionalita'
accentrato (cfr. Corte cost., n. 348/2007 e n. 349/2007; n.  39/2008;
nn. 311 e 317 del 2009; nn. 138 e 187 del 2010; nn. 1, 80, 113,  236,
303, del 2011). 
    Le norme della CEDU,  cosi'  come  interpretate  dalla  Corte  di
Strasburgo, assumono rilevanza nell'ordinamento italiano quali "norme
interposte". Alla CEDU e' riconosciuta  un'efficacia  intermedia  tra
legge e Costituzione, volta ad integrare il parametro di cui all'art.
117, comma 1 Cost. che vincola il legislatore  nazionale,  statale  e
regionale, a conformarsi agli obblighi internazionali  assunti  dallo
Stato. 
    Tale posizione non muta anche a seguito  dell'entrata  in  vigore
del Trattato di Lisbona che all'art. 6, par. 2  (del  nuovo  Trattato
sull'Unione Europea) prevede una adesione  dell'Unione  Europea  alla
Convenzione  CEDU.  Anche  tale  innovazione  (peraltro  non   ancora
avvenuta) non ha "comportato un mutamento  della  collocazione  delle
disposizioni della CEDU nel sistema  delle  fonti,  tale  da  rendere
ormai inattuale la concezione delle norme interposte" (Corte cost. n.
80/2011). 
    Di conseguenza, qualsiasi giudice, allorche' si trovi a  decidere
di un contrasto tra la CEDU e  una  norma  di  legge  interna,  sara'
tenuto   a   sollevare   un'apposita   questione   di    legittimita'
costituzionale. 
    Rimane salva l'interpretazione "conforme alla Convenzione EDU", e
quindi conforme  agli  impegni  internazionali  assunti  dall'Italia,
delle norme interne in contestazione. Tale interpretazione, anzi,  si
rende doverosa per il giudice che, prima  di  sollevare  un'eventuale
questione di legittimita', e' tenuto ad interpretare la  disposizione
nazionale in modo conforme a Costituzione (ex multis, Corte cost., 24
luglio 2009, n. 239, punto 3 del considerato in diritto). 
    Nel caso ora in esame, risulta esservi una tensione (non sanabile
neanche con una  interpretazione  "conforme  alla  Convenzione  EDU",
stante  il  chiaro  ed  inequivoco  tenore  della  contestata   norma
processuale di cui all'art. 120, comma 2 bis, primo e secondo periodo
cod. proc. amm.) tra la norma processuale interna che impone  l'onere
di  immediata  impugnazione  di  un  atto  (l'ammissione)  privo   di
immediata  lesivita'  (onere,   la   cui   violazione   comporta   la
declaratoria  di  inammissibilita'  del  ricorso   proposto   avverso
l'aggiudicazione definitiva da parte di chi ha  omesso  di  impugnare
tempestivamente  l'ammissione  dell'aggiudicataria)  ed  il   diritto
fondamentale ad un giusto  ed  effettivo  processo  desumibile  dagli
artt. 6 e 13 della CEDU. 
    Analogamente a quanto evidenziato al precedente paragrafo 3.2 con
riferimento   al   corrispondente   principio    costituzionale    di
effettivita' della tutela giurisdizionale, il  principio  sottostante
al combinato disposto degli artt. 6 e 13 della CEDU, di  effettivita'
del ricorso a fronte della violazione di un diritto,  inevitabilmente
implica la liberta' - tanto piu' rilevante alla  luce  dei  costi  di
accesso alla giustizia amministrativa - del  soggetto  (nel  caso  di
specie l'impresa ricorrente La Cascina) di autodeterminarsi in ordine
alla concretezza ed attualita' dell'interesse  ad  agire  (contro  le
altrui ammissioni  alla  gara  de  qua),  e  quindi  la  liberta'  di
stabilire autonomamente senza coartazione alcuna (anche da parte  del
"legislatore" e quindi, in caso di inerzia rispetto alla impugnazione
delle ammissioni, senza incorrere nella  sanzione  processuale  della
inammissibilita'  del  ricorso  proposto   avverso   l'aggiudicazione
definitiva, discendente nella fattispecie in esame dalla applicazione
dell'art. 120, comma 2  bis,  secondo  inciso  cod.  proc.  amm.)  se
l'azione giurisdizionale risponde ad un proprio effettivo  interesse,
ovvero di decidere di astenersi  dall'agire  in  giudizio,  se  detto
interesse  non  dovesse  essere  ritenuto  sussistente,  come  accade
appunto nell'ipotesi del provvedimento  di  ammissione,  rispetto  al
quale non e' dato sapere (nel  momento  in  cui  detto  provvedimento
viene  adottato)  se  il   soggetto   ammesso   potra'   mai   essere
aggiudicatario, ovvero se  si  collochera'  in  una  posizione  della
graduatoria finale, tale da non poter mai  ambire  all'aggiudicazione
quand'anche fosse dimostrata l'illegittima presenza in graduatoria di
soggetti in posizione migliore rispetto alla propria. 
    4. - Conclusivamente il Collegio, per le ragioni  sopra  esposte,
solleva questione di costituzionalita' dell'art. 120,  comma  2  bis,
primo e secondo periodo cod. proc.  amm.  (comma  aggiunto  dall'art.
204, comma 1, lettera b) d.lgs n. 50/2016),  limitatamente  all'onere
di  immediata  impugnazione  dei  provvedimenti  di  ammissione,  per
contrasto con gli artt. 3, comma 1, 24, commi 1 e 2, 103, comma  111,
commi 1 e 2, 113, commi 1 e 2 e 117, comma 1 della Costituzione e 6 e
13  della  Convenzione  europea  per  la  salvaguardia  dei   diritti
dell'uomo e delle liberta' fondamentali, recepita con legge 4  agosto
1955, n. 848, nella parte in cui onera  l'impresa  partecipante  alla
gara ad impugnare immediatamente le ammissioni  delle  altre  imprese
partecipanti alla stessa  gara,  pena  altrimenti  l'incorrere  nella
preclusione di cui al secondo periodo della  disposizione  ("L'omessa
impugnazione preclude la  facolta'  di  far  valere  l'illegittimita'
derivata dei successivi atti delle procedure  di  affidamento,  anche
con ricorso incidentale")  e  laddove  comporta  la  declaratoria  di
inammissibilita'  del  ricorso  proposto   avverso   l'aggiudicazione
definitiva da parte di chi ha  omesso  di  impugnare  tempestivamente
l'ammissione dell' aggiudicataria. 
    La previsione (art. 120,  comma  2  bis  cod.  proc.  amm.),  per
risultare conforme alle  citate  norme  costituzionali,  deve  essere
depurata dai periodi indicati (primo e secondo) per  quanto  concerne
l'onere di  immediata  impugnazione  delle  ammissioni,  al  fine  di
considerare  ammissibile   l'   impugnazione   della   aggiudicazione
definitiva da parte di chi ha omesso di gravare il  provvedimento  di
ammissione dell'aggiudicataria e  di  consentire  l'operativita'  del
tradizionale orientamento in forza del quale un  atto  amministrativo
deve essere immediatamente contestato in sede giurisdizionale solo se
immediatamente lesivo (e tale non puo' essere considerato  l'atto  di
ammissione per quanto in precedenza esposto). 
    Ne'   e'   possibile    procedere    ad    una    interpretazione
costituzionalmente orientata  della  disposizione  in  esame,  stante
l'inequivoco tenore della stessa  che  impone  l'onere  di  immediata
impugnazione  dell'atto  di   ammissione   pena   l'incorrere   nella
preclusione  sopra  descritta   e   comporta   la   declaratoria   di
inammissibilita'  del  ricorso  proposto   avverso   l'aggiudicazione
definitiva da parte di chi ha  omesso  di  impugnare  tempestivamente
l'ammissione dell'aggiudicataria. 
    5. - Alla luce delle considerazioni che precedono e' sospesa ogni
decisione sulla predetta controversia, dovendo  la  questione  essere
demandata al giudizio della Corte costituzionale.