TRIBUNALE DI BRESCIA 
 
    Il giudice dell'udienza preliminare nel proc.  n.  19982/16  R.G.
N.R. e n. 10933/17 R.G. G.I.P. nei confronti di Z. Z. S.; 
    premesso che, richiesto il rinvio a giudizio di Z. Z. S.  per  il
reato di «omicidio stradale» commesso  in  danno  di  C.  M.,  veniva
depositata dal difensore istanza  di  applicazione  pena  concordata,
munita di consenso del pubblico ministero; 
    che, all'udienza del 27 febbraio 2018, prima che venisse  assunta
ogni decisione circa l'accordo ex art. 444 del  codice  di  procedura
penale   perfezionato   dalle   parti,    il    difensore    eccepiva
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 222, II comma,  IV  periodo
del codice della strada, depositando all'uopo nota esplicativa; 
    la doglianza prospetta in sintesi che: 
        la revoca della patente di guida prevista dalla  disposizione
come automatico effetto della sentenza di condanna o di  applicazione
pena per i reati di cui agli articoli 589-bis e  590-bis  del  codice
penale e', nella sostanza, una sanzione penale, che deve rispettare i
principi di ragionevolezza e proporzionalita' della pena di cui  agli
articoli  3  e  27  della  Costituzione  e,   comunque,   quello   di
ragionevolezza insito gia', in termini generali,  nell'art.  3  della
Costituzione; 
        cio', perche' essa  non  consente  una  adeguata  valutazione
della gravita' della condotta dell'imputato, anche in relazione ad un
possibile concorso di colpa  della  vittima,  laddove,  nel  caso  di
specie, emergeva che quest'ultima aveva  attraversato  la  strada  di
corsa,  mentre  sopraggiungeva   l'imputata   a   bordo   della   sua
autovettura; 
        la norma - si afferma  inoltre  -  contrasta  anche  con  gli
articoli 4 e 35 della Costituzione,  stante  la  pesante  limitazione
delle possibilita' di  lavoro  dell'imputata,  connessa  alla  revoca
della patente; 
        dato atto che il pubblico ministero si opponeva ritenendo  la
questione inammissibile e manifestamente infondata; 
 
                               Osserva 
 
la  questione  sollevata  dalla  difesa  appare  ammissibile  e   non
manifestamente infondata. 
    L'art. 222 del codice della  strada,  nell'attuale  formulazione,
prevede, al primo comma, che «Qualora da una violazione  delle  norme
di cui al presente codice derivino danni  alle  persone,  il  giudice
applica con  la  sentenza  di  condanna  le  sanzioni  amministrative
pecuniarie previste, nonche' le  sanzioni  amministrative  accessorie
della sospensione o della revoca della patente»; il secondo comma  ha
il seguente tenore: «Quando dal fatto derivi  una  lesione  personale
colposa la sospensione della patente e'  da  quindici  giorni  a  tre
mesi. Quando dal fatto derivi una lesione personale colposa  grave  o
gravissima la sospensione della patente e' fino a due anni. Nel  caso
di omicidio colposo la sospensione  e'  fino  a  quattro  anni.  Alla
condanna, ovvero all'applicazione della pena su richiesta delle parti
a norma dell'art. 444 del codice di procedura penale, per i reati  di
cui agli articoli 589-bis e 590-bis del  codice  penale  consegue  la
revoca della patente di guida (...)». 
    L'attuale testo della  disposizione  e'  frutto  dell'entrata  in
vigore della legge 23 marzo 2016, n. 41, che fra l'altro  introduceva
le due «nuove» fattispecie di reato  dell'omicidio  colposo  stradale
(art. 589-bis del codice penale) e delle lesioni  personali  stradali
gravi o gravissime (art. 590-bis del codice penale). 
    Ora, deve ritenersi che l'attuale testo della disposizione, oltre
a manifestare evidenti profili di contraddittorieta', sia in  effetti
censurabile ex art. 3 della Costituzione con riguardo ai principi  di
ragionevolezza e proporzionalita'  ritraibili  dalla  predetta  norma
costituzionale. 
    Sotto il primo profilo, si osserva che nei primi tre periodi  del
secondo comma dell'art. 222 si associa alla violazione di  norme  del
codice della strada che abbiano conseguenze «lesive» sulle persone la
sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di
guida, la cui entita' viene  graduata  in  ragguaglio  alla  gravita'
delle  lesioni  subite  dalla  vittima  del  sinistro  stradale -  da
quindici giorni a tre mesi per la lesione personale  colposa  «base»;
fino a due anni per la lesione personale colposa grave o  gravissima;
quantificandola fino a quattro anni nel  caso  di  omicidio  colposo.
Sino a qui, parrebbe allora riconfermato il potere-dovere del giudice
penale di applicare per tali fattispecie criminose, accertate con  la
sentenza di condanna o comunque «convalidate», nei limiti di cui agli
articoli 444 ss. del codice di procedura penale, con la  sentenza  di
applicazione pena concordata, la sanzione  amministrativa  accessoria
della sospensione della patente di  guida,  graduandone  l'estensione
temporale. Tuttavia, il secondo comma dell'art. 222 del codice  della
strada prosegue - oggi  -  con  il  quarto  periodo,  che  fa  invece
automaticamente ed indefettibilmente conseguire «alla condanna ovvero
all'applicazione  della  pena  su  richiesta  delle  parti  a   norma
dell'art. 444 del codice di procedura penale, per i reati di cui agli
articoli 589-bis e 590-bis del codice penale» la revoca della patente
di guida. 
    Dunque, da un lato, viene  prevista  la  sanzione  amministrativa
accessoria della sospensione della patente di guida, rimettendone  la
quantificazione alla  prudente  valutazione  da  parte  del  giudice,
nell'ambito del range  fissato  in  ragguaglio  alla  gravita'  delle
conseguenze della violazione; dall'altro,  si  introduce  la  diversa
sanzione della revoca della patente, indefettibilmente  agganciandola
alla consumazione dei reati di cui agli articoli 589-bis  del  codice
penale  e  590-bis  del  codice  penale,  che  pure  riproducono   in
definitiva le stesse, preesistenti fattispecie di omicidio colposo  e
di lesioni  colpose  gravi  o  gravissime  con  violazione  di  norme
relative alla circolazione stradale contemplate nel secondo  e  terzo
periodo dell'art. 222, II comma del codice della strada. 
    Il profilo  di  contraddizione  non  sembra  risolvibile  in  via
interpretativa,  risultando  insuperabile  il  disposto  del   quarto
periodo, che, per i casi di lesioni ed omicidio stradale, prevede  il
richiamato «automatismo», rigidamente agganciato alla  sola  gravita'
dell'evento, lesivo o mortale, conseguente alla condotta colposa, con
cio' inibendo ogni valutazione del giudice circa la concreta gravita'
del fatto e della colpa ad esso immanente. 
    Cio' posto, la previsione legislativa non sembra a questo giudice
dell'udienza   preliminare   rispettosa   dei    richiamati    canoni
costituzionali: invero, e' appena il caso di rilevare che non di rado
la gravita' delle conseguenze della condotta colposa non e' in  alcun
modo  ragguagliabile  alla  gravita'   della   colpa,   ben   potendo
verificarsi che l'evento mortale consegua ad una  violazione  colposa
di scarsa gravita', e  che,  viceversa,  ad  una  violazione  colposa
gravissima conseguano conseguenze del tutto  lievi  -  o  addirittura
inesistenti. Appare allora  irragionevole  agganciare  al  -  solo  -
criterio   della   gravita'   delle    conseguenze    l'indefettibile
applicazione  della   sanzione   amministrativa   piu'   grave,   non
consentendo alcuna modulazione in tal senso al giudice che emette  la
sentenza di condanna o di applicazione pena concordata, in  relazione
alle peculiarita' del caso concreto ed al  concreto  disvalore  della
condotta scrutinata. 
    Sul tema, devesi inoltre evidenziare che: 
        gli automatismi legislativi che, al verificarsi di  una  data
evenienza, ricollegano una conseguenza  giuridica  predeterminata  ed
inderogabile trovano frequente  censura  nella  giurisprudenza  della
Corte costituzionale,  anche  e  soprattutto  nei  casi  di  sanzioni
amministrative  e  disciplinari   che   non   consentano   l'adeguata
commisurazione   della   sanzione   all'addebito:   a   titolo   solo
esemplificativo,  giova  qui  richiamare  le  sentenze  della   Corte
costituzionale n. 220 del 1995 e n. 2 del 1999, le quali  censuravano
con l'illegittimita' costituzionale norme  che  prevedevano  sanzioni
disciplinari  particolarmente  gravi  quale  conseguenza   automatica
dell'emissione di sentenze penali di condanna (1) ; 
        proprio  in  ambito  «stradale»,  peraltro,   la   Corte   e'
recentemente intervenuta con la sentenza n. 22 del 24  gennaio  2018,
che dichiarava  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  120,  II
comma del codice della strada, come sostituito dall'art. 3, comma 52,
lettera a), della legge 15 luglio 2009, n. 94, «nella parte in cui  -
con riguardo all'ipotesi di condanna per reati di cui  agli  articoli
73 e 74 del decreto del Presidente della Repubblica 9  ottobre  1990,
n. 309 (Testo unico  delle  leggi  in  materia  di  disciplina  degli
stupefacenti   e   sostanze   psicotrope,   prevenzione,    cura    e
riabilitazione  dei  relativi  stati   di   tossicodipendenza),   che
intervenga in data successiva a quella di rilascio della  patente  di
guida - dispone  che  il  prefetto  "provvede"  -  invece  che  "puo'
provvedere" - alla revoca della patente»; ivi, pur evidenziando  che,
in quel caso (diversamente che in quello qui in scrutinio), la revoca
della  patente  «non  ha  natura   sanzionatoria,   ne'   costituisce
conseguenza accessoria della violazione di una disposizione  in  tema
di   circolazione   stradale,   ma   rappresenta   la   constatazione
dell'insussistenza (sopravvenuta) dei "requisiti  morali"  prescritti
per il conseguimento di quel titolo di  abilitazione»,  la  Corte  ha
comunque osservato che «La disposizione denunciata - sul  presupposto
di  una  indifferenziata  valutazione  di   sopravvenienza   di   una
condizione ostativa al mantenimento del titolo di  abilitazione  alla
guida - ricollega, infatti, in via automatica, il  medesimo  effetto,
la revoca di  quel  titolo,  ad  una  varieta'  di  fattispecie,  non
sussumibili in termini di omogeneita', atteso che la condanna, cui la
norma fa riferimento,  puo'  riguardare  reati  di  diversa,  se  non
addirittura di lieve, entita'. Reati che, per di piu', possono  (come
nella specie) essere assai risalenti nel tempo, rispetto alla data di
definizione del giudizio. Il che dovrebbe escluderne  l'attitudine  a
fondare, nei  confronti  del  condannato,  dopo  un  tale  intervallo
temporale, un giudizio, di assenza dei requisiti  soggettivi  per  il
mantenimento del titolo di abilitazione alla guida, riferito, in  via
automatica, all'attualita'». Qui, come ben si vede, pur  evidenziando
l'ulteriore profilo «critico» inerente  la  possibile  risalenza  nel
tempo del fatto oggetto della sentenza di condanna da cui  deriva  la
revoca della patente, si valorizza al  contempo  il  parametro  della
«indifferenziata» applicazione della medesima sanzione  a  situazioni
anche diversissime fra loro. 
    Cio' posto, l'automatismo previsto dal  novellato  art.  222  del
codice della strada  potrebbe  essere  scongiurato,  riconducendo  la
norma nell'alveo dei parametri  costituzionali,  ove  in  ipotesi  si
assegnasse al giudicante - similmente al cennato caso di cui all'art.
120 del codice della strada - un ambito di discrezionalita', che  gli
consenta di apprezzare se, avuto riguardo a  tutti  i  parametri  del
caso concreto, la  sanzione  della  revoca  sia  giusta,  adeguata  e
proporzionata. Cio',  peraltro,  consentirebbe  a  ben  guardare  una
riconduzione a migliore «razionalita'»  della  disposizione,  laddove
essa, allo stato, sembra prevedere congiuntamente, per i reati di cui
agli articoli 589-bis del codice penale e 590-bis del codice  penale,
le sanzioni amministrative accessorie della sospensione della patente
di guida, da graduarsi nel  quantum,  e  quella  della  revoca  della
patente. 
    Va a questo punto evidenziato che la medesima  questione  qui  in
scrutinio veniva sollevata  innanzi  alla  Corte  di  cassazione,  la
quale, con due sentenze dalla motivazione  largamente  sovrapponibile
(n. 42346/17, T.; n. 23171/17, M.), la dichiarava  infondata:  a  ben
guardare, pero', le due sentenze  muovono  entrambe  dalla  negazione
della  natura  di  sanzione  sostanzialmente  penale  -  secondo   la
declinazione (appunto) «sostanzialistica» fornita dalla Corte europea
dei diritti dell'uomo, a partire dalla nota sentenza «Grande Stevens»
-,  in  tesi  rivestita  dalla  sanzione  amministrativa   accessoria
prevista  dall'art.  222  del  codice  della   strada,   per   negare
l'applicabilita'  dei  parametri  costituzionali  di  uguaglianza   e
proporzionalita' ritraibili dagli articoli 3 e 27 della Costituzione;
il rilievo, senz'altro utile rispetto al settore «penale», presidiato
dall'art. 27 della Costituzione, non pare pero' dirimente rispetto al
principio   di   ragionevolezza   e   proporzionalita'   direttamente
ritraibile, su un piano piu' generale (ed  anche  con  riguardo  alle
sanzioni amministrative) direttamente dall'art. 3 della Costituzione,
come detto gia' applicato dalla Corte anche con riguardo  a  sanzioni
di tipo amministrativo - quali quelle disciplinari sopra evocate. 
    Non pare invece fondata la  questione  altresi'  sollevata  dalla
difesa rispetto alle  norme  di  cui  agli  articoli  4  e  35  della
Costituzione, avendo la disposizione  censurata  una  refluenza  solo
indiretta  ed  eventuale  rispetto  alle  «potenzialita'»  di  lavoro
dell'imputato per i reati di cui agli articoli 589-bis o 590-bis  del
codice penale; «potenzialita'» che peraltro, nel caso di specie,  non
sono suffragate da alcun dato concreto. 
    Cio' posto, la proposta questione,  che  appare  nel  merito  non
manifestamente infondata sotto gli indicati profili, appare anche  in
concreto rilevante nel caso di specie: vero che la  vicenda  esibisce
caratteri di significativa gravita',  posto  che  la  vittima  veniva
investita dall'automobile condotta dall'imputata mentre  attraversava
la  strada  sulle   strisce   pedonali,   non   emergendo   (2)   che
l'attraversamento avvenisse «di corsa», cosi' cogliendo  di  sorpresa
l'imputata mentre procedeva a bordo della sua autovettura  (3)  ; non
e' men vero, pero', che la sanzione della revoca della patente appare
comunque sproporzionata rispetto al caso di  specie,  non  ricorrendo
elementi di «rimprovero» ulteriori - quali la guida  sotto  l'effetto
di alcoolici o di stupefacenti;  l'utilizzo  del  telefono  cellulare
(smentito dalle indagini); o altro - che ne giustifichino in concreto
l'applicazione,  apparendo  invero  del  tutto  congrua  al  caso  in
scrutinio l'applicazione  «graduata»  della  sanzione  amministrativa
accessoria della sospensione  patente  -  commisurabile,  secondo  il
«vecchio» regime, sino a quattro anni. 
    In questi termini, stante la  non  manifesta  infondatezza  e  la
concreta rilevanza della questione proposta, deve provvedersi come da
dispositivo. 

(1) La prima investiva l'art. 1258, primo  comma,  del  codice  della
    navigazione nella parte in cui  prevedeva  la  pena  disciplinare
    della cancellazione come effetto automatico di una  condanna  che
    determini la incapacita' all'iscrizione, anziche' sulla  base  di
    una valutazione  da  parte  dell'amministrazione  competente;  la
    seconda dichiarava l'illegittimita'  costituzionale  dell'art  38
    del decreto del Presidente della Repubblica 27 ottobre  1953,  n.
    1068  (Ordinamento  della  professione  di  ragioniere  e  perito
    commerciale), nella parte  in  cui  prevedeva  la  radiazione  di
    diritto dall'albo dei ragionieri e periti commerciali che abbiano
    riportato condanna penale per i reati indicati nel secondo  comma
    dello stesso articolo. 

(2) Diversamente  da  quanto  assume  la   difesa,   riprendendo   le
    dichiarazioni rese dall'imputata alla Polstrada, non  convalidate
    da dati probatori. 

(3) V. al riguardo le dichiarazioni della teste B. S.