TRIBUNALE DI PALERMO Il Tribunale di Palermo - Prima Sezione Civile, riunito in camera di consiglio con l'intervento dei giudici: dott.ssa Caterina Grimaldi di Terresena Presidente dott. Giulio Corsini Giudice dott. Riccardo Trombetta Giudice rel. letti gli atti e i documenti di causa, ha pronunciato la seguente ordinanza nell'ambito dei riuniti procedimenti sommari di cognizione iscritti ai nn. 626 e 862 R.G. dell'anno 2018, tra C G , nato a il , e I P , nata a il ,elett.te dom.ti in , presso lo studio dell'avv. Giovanni Immordino, che li rappresenta e difende in uno agli avv.ti Giuseppe lmmordino e Giuseppe Nicastro, il tutto per procura speciale ad litem stesa a margine del ricorso introduttivo; ricorrenti e R G , nato a il , rappresentato e difeso dagli avvocati Salvatore e Luigi Raimondi e Antonio Noto Sardegna, presso cui e' pure elettivamente domiciliato in Palermo. alla via Gaetano Abela n. 10, giusta procura speciale alle liti offerta in uno al ricorso; ricorrente nonche' L G , nato a il , rappresentato e difeso dall'avv. Natale Bonfiglio, presso cui e' pure elettivamente domiciliato giusta procura in calce alla memoria per intervento ad adiuvandum depositata il 9.4.2018; interveniente contro D D F , nato a il , rappresentato e difeso dagli avvocati Mario Caldarera e Antonia De Domenico, elettivamente domiciliato in Palermo, alla via Domenico Trentacoste n. 89/c presso il dott. Emanuele Allatta, il tutto giusta procura speciale alle liti offerta in uno alla comparsa di costituzione e risposta; convenuto e nei confronti di Presidenza della Regione Siciliana, in persona del Presidente pro tempore, qui rappresentato dalla - e per legge domiciliato presso la - Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo, via Alcide De Gasperi n. 81; convenuta Assessorato delle autonomie locali e della funzione pubblica della Regione Siciliana, in persona dell'Assessore pro tempore. qui rappresentato dalla - e per legge domiciliato presso la - Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo, via Alcide De Gasperi n. 81; convenuta Assemblea regionale Siciliana, in persona del Presidente pro tempore, qui rappresentata dalla - e per legge domiciliata presso la - Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo, via Alcide De Gasperi n. 81; convenuta Prefettura - Ufficio territoriale del Governo di Messina, in persona del prefetto pro tempore, qui rappresentato dalla - e per legge domiciliato presso la - Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo, via Alcide De Gasperi n. 81; convenuta Commissione elettorale centrale circoscrizionale della Provincia di Messina, in persona del legale rappresentate pro tempore, qui rappresentata dalla Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo, con domicilio eletto alla via Alcide De Gasperi n. 81; convenuta Commissione elettorale centrale regionale, in persona del legale rappresentate pro tempore. qui rappresentata dalla Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo, con domicilio eletto alla via Alcide De Gasperi n. 81; convenuta con l'intervento del Pubblico Ministero, Osserva C G P , I P e R G , quali cittadini elettori della circoscrizione provinciale di Messina, esperiscono in questa sede azione popolare ai sensi dell'art. 22 del decreto legislativo n. 150/2011, chiedendo acclararsi, in primis, l'ineleggibilita' del proclamato deputato regionale D D, e cio' sia in forza della nuova disposizione di cui al comma l bis dell'art. 10 della legge regionale n. 29/1951, che prevede ora l'ineleggibilita' dei dirigenti degli enti non territoriali, anche senza scopo di lucro, che godono di contributi da parte della Regione Siciliana, che ai sensi dell'art. 8 comma l lett. d) del medesimo testo, il quale contempla parimenti l'insussistenza dell'elettorato passivo in capo ai dirigenti di enti soggetti a vigilanza e/o controllo della Regione. Espongono infatti: 1) che il suddetto e' stato confermato Direttore generale dell'Universita' degli studi di Messina per il periodo novembre 2015 - novembre 2018. posizione che lo colloca ai vertici dell'ente pubblico non territoriale quale responsabile del funzionamento degli uffici e della complessiva gestione ed organizzazione dei servizi; 2) che l'Universita' di Messina e' ope legis strutturalmente destinataria di molteplici contributi regionali, fra i quali quelli per l'istituzione di borse di studio per gli specializzandi in medicina e per spese inerenti l'attivita' sportiva ed i relativi impianti in forza del D.P.R. n. 246/1985; 3) che l'Universita' di Messina e' destinataria di un finanziamento regionale per il progetto «Dottorati FSE XXXII ciclo UNIME», a seguito del quale l'ente accademico ha accettato la vigilanza della Regione sullo svolgimento delle attivita' e sull'utilizzazione del finanziamento erogato. Chiedono dunque dichiararsi medesimo ineleggibile e decaduto dalla carica, con contestuale proclamazione del primo dei non eletti L G , nato a il . In subordine, deducono che il suddetto deputato e' comunque incorso nella causa di incompatibilita' di cui all'art. 10 quater della legge regionale n. 29/1951, il quale prescrive che i deputati regionali non possano esercitare funzioni di direttore generale in enti ai quali la Regione contribuisca in via ordinaria, direttamente o indirettamente, o sottoposti a tutela o vigilanza della Regione, con conseguente dichiarazione di decadenza e sostituzione con il predetto L , nato a Si costituisce per resistere D D F , il quale fa presente che il medesimo ha gia' tempestivamente eliminato qualsivoglia incompatibilita' con la carica a seguito del collocamento in aspettativa richiesto ed ottenuto con Decreto rettoriale nei termini prescritti dalla legge regionale. Circa l'asserita ineleggibilita', evidenzia l'assoluta infondatezza della tesi attorea secondo cui una libera universita' statale subirebbe l'ingerenza della Regione nella propria autonomia, atteso che gli unici controlli previsti dall'ordinamento sono attribuiti al MIUR, al collegio dei revisori ed alla Corte dei Conti, ne' puo' ritenersi che la vigilanza regionale su una singola attivita' finanziata, peraltro con fondi comunitari che la regione solo veicola, trasformi un ente autonomo in un ente vigilato dalla stessa, non senza trascurare che l'istituzione di borse di studio o dottorato vede in ogni caso come necessari fruitori solo gli studenti, e non l'ente in se e/o i suoi amministratori. Eccepisce inoltre che la mera esistenza di una qualunque contribuzione a favore di un ente pubblico, senza valutazioni di consistenza che la stessa legge opera altrove, ossia per l'appunto in tema di incompatibilita', ove andrebbe collocata l'odierna vicenda, ed in specie all'art. 10 lett. A della legge n. 31/1986 ed all'art. 63 del D.Lgs. n. 267 del 2000, non puo' ritenersi in grado di integrare l'ipotesi dell'ineleggibilita' senza prestare il fianco a censure di costituzionalita', atteso che, in assenza di alcuna particolare condizione locale, risulterebbero violati i principi costituzionali secondo i quali l'eleggibilita' e' la regola mentre l'ineleggibilita' e' l'eccezione, e cio' proprio in un caso in cui l'eventuale insorgenza di conflitti di interesse ben viene gia' fugata attraverso la prevista causa di incompatibilita'. Chiede dunque che, ove non si procedesse al rigetto mediante una interpretazione costituzionalmente orientata della disposizione invocate, si sospenda il giudizio per sottoporsi la questione alla Consulta. Si costituisce altresi' la difesa erariale, eccependo la manifesta inammissibilita' e temerarieta' delle domande spiegate nei confronti delle amministrazioni statali, regionali e degli uffici che hanno gia' esaurito la loro stessa esistenza, poiche' del tutto privi di interesse a resistere al giudizio e dunque di legittimazione processuale passiva, atteso che, come gia' pure riconosciuto dalla Cassazione, l'organo elettivo non ha interesse alla permanenza in carica dell'uno o dell'altro componente giacche' la sua regolare costituzione e' assicurata quale che sia il membro chiamato a ricoprire l'incarico. Partecipa attivamente al procedimento anche il Pubblico ministero. mettendo in risalto che la causa di ineleggibilita' in esame, concernente i dirigenti degli enti non territoriali che godano di contributi da parte della regione, mira opportunamente ad assicurare che le votazioni avvengano senza indebiti condizionamenti collegati allo svolgimento della funzione amministrativa. Rappresenta, tuttavia, che alla luce della giurisprudenza costituzionale sulle limitazioni al diritto di elettorato passivo, occorrerebbe sceverare tra contributi costituenti corrispettivo per la prestazione di servizi, ed altre elargizioni di denaro, approfondendo dunque la natura e la funzione delle singole voci di spesa dedotte in ricorso. Con successiva memoria per intervento ad adiuvandum partecipa parimenti al processo il primo dei non eletti L G , aderendo alla posizione espressa dal ricorrente R Sulla rilevanza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 10 comma 1 bis della legge regionale 20 marzo 1951 n. 29, nella parte in cui prevede l'ineleggibilita' dei dirigenti degli enti non territoriali che godono di contributi da parte della Regione Siciliana. Poiche' occorre preliminarmente accertare che il giudizio principale non possa esser definito indipendentemente dalla risoluzione della questione sollevata, con coeva ordinanza non definitiva questo tribunale si e' pronunciato sulle questioni in rito e di merito in potenza passibili di fondare diversamente la decisione della controversia, provvedimento cui si fa rinvio per economicita' del presente. Rimarrebbe dunque da sindacare l'invocata sussistenza o meno dello ius ad officium in capo all'eletto ai sensi dell'art. 10 comma 1 bis della legge regionale 20 marzo 1951 n. 29, secondo il quale: «Le ineleggibilita' di' cui al presente Capo sono estese ai rappresentanti, agli amministratori, ai dirigenti di enti non territoriali, anche senza scopo di lucro, di societa' o imprese private che godono di contributi da parte della Regione (omissis)». Riaffermata allora la posizione dirigenziale apicale gia' ricoperta dal D D presso l'Universita' degli studi di Messina al momento della candidatura, e constata l'indiscutibile natura di' enti non territoriali ricoperta dalle Universita' degli Studi, allegano e documentano i ricorrenti elettori resistenza di una serie di erogazioni regionali normativamente definite «contributi», tra le quali: 1. il contributo annuo alle Universita' di Palermo. Catania e Messina per l'istituzione di ulteriori borse di studio per la frequenza alle scuole di specializzazione nelle facolta' di medicina e chirurgia, di cui all'art. 1 della legge regionale n. 33/1994, di fatto da ultimo erogati per il periodo che va dal 2013 al 2018 come da documentazione offerta; 2. i contributi di cui al D.P.R. n. 246/1985 concessi alle tre universita' sui capitoli 373307 e 373313 dei bilanci della regione per spese inerenti il funzionamento degli atenei, i quali trovano corrispondenza in entrata nel bilancio dell'Universita' messinese 3. il contributo di cui al DDG n. 6057 del 11/10/2016 - Assessorato dell'Istruzione e della Formazione Professionale, pubblicato sulla G.U.R.S. n. 52/2016. erogato nell'ambito dell'Avviso 5/2016 per il finanziamento di borse regionali di dottorato di ricerca in Sicilia sul Programma Operativo Fondo Sociale Europeo Sicilia 2014/2020, che ha ammesso a finanziamento il progetto presentato dall'Universita' degli studi di Messina dal titolo «Dottorati FSE XXXII ciclo Unime»; 4. i contributi per il finanziamento dei contratti regionali di formazione specialistica in area medico sanitaria di cui all'Avviso 6/2016, approvato con DDG n. 851 del 09/03/2016. Ne discende che l'ente universitario messinese deve farsi rientrare nel novero dei soggetti che percepiscono contributi regionali per il loro funzionamento e per il perseguimento degli scopi istituzionali loro propri, con conseguente riconduzione della qualifica dirigenziale gia' ricoperta dal D D fra le posizioni che avrebbero escluso l'accesso alla carica di deputato parlamentare. Sulla non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 10 comma 1 bis della legge regionale 20 marzo 1951 n. 29, in relazione agli articoli 3 e 51 della Costituzione, nella parte in cui prevede l'ineleggibilita' dei Direttori generale d'ateneo quali dirigenti degli enti non territoriali che godono di contributi da parte della Regione Siciliana. Come da insegnamento dell'adito Giudice delle leggi in subiecta materia, occorre muovere dal principio generale (espresso gia' partire dalla sent. n. 42 del 1961, poi confermata dalle sentt. n. 46 del 1969, n. 38 del 1971, n. 166 del 1972. n. 129 del 1975, n. 280 del 1992, n. 295 del 1994, n. 364 del 1996) secondo cui l'eleggibilita' non puo' che costituire la regola, mentre l'ineleggibilita', siccome eccezione al generale e fondamentale principio del libero accesso di tutti i cittadini alle cariche elettive, non puo' che integrare specifiche e puntuali eccezioni, da contenersi entro i limiti di quanto e' necessario a soddisfare le esigenze di pubblico interesse cui sono preordinate. Anche sul piano ermeneutico, il criterio cardine che deve guidare l'interprete nella lettura delle disposizioni in materia di ineleggibilita', o che comunque pongano limiti al diritto di elettorato passivo di cui all'art. 51 della Costituzione, deve essere quello della «stretta interpretazione» (ex plurimis, cfr. sentenze nn. 171/84, 162/85; 43/87; 235/88; 1020/88; 510/89; 53/1990; 141/1996; 306/2003; 25/2008), dovendosi assicurare la fondamentale esigenza di garantire la piu' ampia apertura del regime dell'elettorato passivo a tutti i cittadini, senza discriminazioni, pure considerato che lo ius ad officium in questione appartiene al novero dei diritti inviolabili sanciti dall'art. 2 della Carta Costituzionale. Proprio per la necessita' di tutelare tali stringenti valori di rango costituzionale, la Corte ha altresi' affermato che nella materia elettorale anche l'ordinario parametro di ragionevolezza deve essere scrutinato con particolare rigore (cosi' Corte Costituzionale sent. n. 376 del 2004 e n. 283 del 2010), e che l'art. 51 costituisce pure il fondamento diretto del principio di eguaglianza, quale criterio cardine che deve informare qualsiasi limitazione all'elettorato passivo (cosi' gia' la citata 46/1969). Relativamente invece alla potesta' legislativa riconosciuta in materia alla Regione Siciliana, giova altresi' rassegnare che se e' vero che la materia del sistema e dei requisiti di accesso alla carica di componente dell'assemblea regionale siciliana pertiene alla potesta' legislativa primaria della Regione sulla base dell'art. 3 dello statuto. con il solo limite dei principi della Costituzione e dell'ordinamento giuridico della Repubblica (a differenza, dunque, di quanto successivamente disposto per le regioni a statuto ordinario dall'art. 122 comma I della Costituzione, come novellato dalla legge costituzionale n. 1/1999, ove si rimanda ai principi fondamentali di cui alla legge della Repubblica), la Corte afferma comunque che, in tema di elettorato passivo, non solo sussiste un'esigenza di tendenziale uniformita' della disciplina sul piano nazionale (cosi' Corte Costituzionale sent. n. 376 del 2004 e n. 283 del 2010), ma anche che discipline differenziate in relazione al territorio di una determinata regione, ivi incluse quelle a statuto speciale, possono considerarsi legittime solo laddove sussistano situazioni concernenti categorie di soggetti che siano esclusive per quella regione, ovvero si presentino diverse ove messe a raffronto con quelle proprie delle stesse categorie di soggetti nel restante territorio nazionale; e purche', in ogni caso, tale diversita' di disciplina sia sorretta da motivi adeguati e ragionevoli, finalizzati alla tutela di un interesse generale (sul punto si vedano ad esempio le sentenze nn. 143/2010; 288/2007; 438 del 1994, n. 84 del 1994, 463 del 1992, 539 del 1990, 571 del 1989). Orbene, alla luce dei principi in rassegna, questo collegio ritiene non manifestamente infondata la proposta eccezione di costituzionalita' della suddetta norma regionale limitativa introdotta nel 2014, e cio' sotto il profilo della possibile irragionevolezza sia per non aver ritenuto gia' funzionale allo scopo l'analoga causa di incompatibilita' consacrata all'art. 10 quater della legge regionale n. 29/1951, che per l'ingiustiticata disparita' di trattamento rispetto alle previsioni di accesso alle omologhe cariche di rappresentanza nazionale e regionale. In ordine al primo aspetto il Giudice delle leggi ha infatti gia' avuto modo di insegnare che la differenza tra ineleggibilita' e incompatibilita' e' data dal fatto che la prima situazione e' idonea a provocare effetti distorsivi nella parita' di condizioni tra i vari candidati, nel senso che - avvalendosi della particolare situazione in cui versa il soggetto «non eleggibile» - egli puo' variamente influenzare a suo favore il corpo elettorale. La seconda, invece. e' una situazione che non ha riflessi nella parita' di condizioni tra i candidati, ma attiene alla concreta possibilita', per l'eletto, di esercitare pienamente le funzioni connesse alla carica anche per motivi concernenti il conflitto di interessi nel quale il soggetto verrebbe a trovarsi se fosse eletto. Di qui la conseguenza che il soggetto ineleggibile deve eliminare ex ante la situazione di ineleegibilita' nella quale versa. mentre il soggetto soltanto incompatibile deve optare, ex post, cioe' ad elezione avvenuta. tra il mantenimento della precedente carica e il munus pubblico derivante dalla conseguita elezione (vedasi in questi termini la gia' citata sentenza n. 283 del 2010). Ritengono allora in primis questi remittenti, che, diversamente da cio' che avviene, ad esempio ed ex plurimis, per i contributi regionali agli enti non aventi scopo di lucro di cui all'art. 128 della legge regionale Sicilia n. 11/2010 (ossia per la realizzazione di iniziative aventi rilevanza sociale, socio-sanitaria, culturale, storica, ricreativa, artistica, sportiva, ambientale, di promozione dell'immagine della Regione e dell'economia locale), ove la destinazione delle erogazioni, talvolta anche ingenti, durante la competizione potrebbe essere sviata in funzione della - o comunque polarizzata sulla - acquisizione di consenso elettorale (proprio per l'istituzionale finalita' delle erogazioni al perseguimento di scopi ad impatto territoriale), significativamente diversa dovrebbe ritenersi la situazione delle erogazioni pubblicistiche e vincolate che vedono come destinataria una universita' degli studi, la quale, specie a seguito della legge n. 240/2010 - c.d. Gelmini - e del successivo D.Lgs. n. 18/2012, non solo soggiace a puntuali previsione di contabilita' pubblica, ad uno stringente quadro informativo economico-patrimoniale, ed a controlli contabili interni (come quello del collegio dei revisori dei conti) ed esterni, ma soprattutto vede le risorse ineludibilmente destinate ad attivita' scientifiche o istituzionali a fruizione vincolata, le quali mal si prestano ad utilizzi clientelari volti all'acquisizione di consenso. Va poi evidenziato che il direttore generale dell'Universita', ai sensi dell'art. 1 lett. o) della legge 240/2010, opera invero sulla base degli indirizzi forniti dal consiglio di amministrazione, essendo invece responsabile della complessiva gestione e organizzazione dei servizi, delle risorse strumentali e del personale tecnico-amministrativo dell'ateneo: e' cioe' l'organo dirigenziale di vertice, ma non fa parte degli organi di governo ed indirizzo in grado di incidere sulle scelte di destinazione delle risorse dell'ente. Pare allora a questo collegio che la qualifica di Direttore generale d'ateneo non sia in grado di inquinare la parita' di' condizioni tra i candidati, ma ponga solo problematiche in ordine al contemporaneo corretto adempimento del mandato elettorale e della pubblica funzione de qua, gia' risolta con la previsione di incompatibilita', nella specie tempestivamente fugata dal convenuto mediante la rinuncia all'incarico dirigenziale, e che pertanto l'estensione dell'ineleggibilita' a tale ipotesi possa aver travalicato i limiti dello stretto indispensabile a soddisfare le esigenze di pubblico interesse cui vanno preordinate siffatte cause di esclusione. Anche il profilo della disparita' di trattamento con le condizioni di competizione per l'accesso alle analoghe cariche nazionali e regionali pare potersi rinvenire nella vicenda all'esame. Nei due rami del Parlamento, l'art. 2 della legge n. 60/1953 prevede infatti, come causa di incompatibilita', che i deputati ed i senatori non possano contestualmente esercitare funzioni di direttore generale in enti ai quali lo Stato contribuisca in via ordinaria, direttamente o indirettamente, mentre la causa di ineleggibilita' e' limitata in modo stringente ai dirigenti di societa' e imprese volte al profitto di privati e sussidiate dallo Stato con sovvenzioni continuative, sempre che i sussidi non siano concessi in forza di legge (art. 10, punto 2, D.P.R. n. 361(1957). In materia di accesso alla carica di consigliere regionale, l'art. 3 punto 1) della legge 154/1981 prevede che l'amministratore o il dipendente con poteri di rappresentanza o di coordinamento di un ente che riceva dalla Regione, in via continuativa, una sovvenzione in tutto o in parte facoltativa, e' incompatibile con la carica quando la parte facoltativa superi nell'anno il dieci per cento del totale delle entrate dell'ente, mentre non viene prevista in via generale una causa di ineleggibilita' collegata a cariche in enti sovvenzionati. A livello di' normativa regionale, nemmeno nelle altre realta' a statuto privilegiato e' rinvenibile una specifica causa di ineleggibilita' ricollegata a posizioni di vertice in enti - non regionali - solo fruitori di' contributi pubblici dall'istituzione territoriale, degradandosi l'ipotesi a causa di incompatibilita' (cfr. art. 4 comma 1 lett. c legge regionale Friuli-Venezia Giulia n. 21/2004; art. 22 comma 2 della legge statutaria n. 1/2013 della Regione Sardegna, che fa rinvio alle norme statali; art. 17, comma 4 lett. b della legge provinciale di Trento n. 2/2003 ed artt. 10, 11 e 12 della Legge regione Trentino Alto Adige n. 7/1983 per la Provincia autonoma di Bolzano), sebbene la legge regionale n. 20/2007 della Valle D'Aosta, art. 2 comma lett. f), includa in via generale tra gli ineleggibili i dipendenti che ricoprono incarichi di direzione in enti, agenzie o aziende statali aventi competenza nel territorio della Regione, previsione che potrebbe ricomprendere nel proprio campo applicativo anche quella in esame. Anche poi in realta' territoriali a statuto ordinario comparabili, per bilancio o bacino, con quella siciliana, l'ipotesi al vaglio viene ribadita fra quelle di incompatibilita' (art. 5 comma 3 della legge regionale Lombardia n. 31 del 2016; art. 3 della legge regionale Toscana n. 154 del 1981; art. 7 della legge regionale Lazio n. 2/2005; art. 8 comma 1 lett. 1 legge regionale Veneto n. 5/2012). Non pare, infine, potersi rinvenire alcunche' di rilevante fra le peculiari condizioni locali che connotano la figura apicale in questione nell'ambito degli atenei siciliani. Esclusa naturalmente una qualsivoglia normativa speciale per l'assenza di potesta' regionale in materia di composizione e competenze degli organi universitari, anche l'esame degli statuti propri delle tre Universita' degli studi pubbliche, ed in specie di quella messinese, nulla aggiunge rispetto al regime ora tracciato a livello di legge fondamentale di settore, se non un profilo piu' marcatamente gestorio del ruolo dirigenziale in questione, precisandosi che il Direttore Generale «conforma la propria attivita' agli obiettivi ed ai programmi degli organi di governo e vigila sulla osservanza delle direttive da essi impartite» (cosi' art. 14 comma l dello Statuto pubblicato sulla G.U. - Serie Generale n. 116 del 19 Maggio 2012). Sul piano invece dell'interpretazione costituzionalmente conforme della disposizione qui sospettata di illegittimita' costituzionale, non pare altresi' potersi procedere ad una lettura normativa in grado di escludere la figura del Direttore generale di ateneo dal novero dei soggetti impossibilitati a partecipare alla competizione elettorale in costanza di carica. Scomponendo infatti la disposizione nei suoi tre elementi normativi portanti, anzitutto, non pare che la nozione di «dirigente» possa essere confinata in via ermeneutica nei ranghi dei soli soggetti apicali muniti di potere di indirizzo dell'ente, dovendosi valutare la posposizione della dicitura rispetto a quella di «rappresentanti» ed «amministratori», segno di una specifica volonta' inclusiva di tutte le figure di vertice del soggetto collettivo, a prescindere cioe' dall'espletamento di compiti gestori o di indirizzo politico-amministrativo. L'utilizzo dell'espressione «enti non territoriali» pare impedire l'esclusione degli enti pubblici, pure considerata la giustapposizione con le societa' ed imprese e l'utilizzo del femminile nella qualificazione di queste come «private». Anche l'ambito nozionale espresso dal termine «contributi», in assenza di una definizione normativa di riferimento, non pare consenta di operare dei distinguo idonei a sceverare fra erogazione ed erogazione, anche valutata l'esplicita dizione in tal senso utilizzata in sede di normativa attributiva degli stessi alle singole Universita' degli studi, ne' viene utile allo scopo il distinguo proposto dal P.M. tra contributi costituenti corrispettivo per la prestazione di servizi ed altre elargizioni di denaro, la cui rilevanza e' da ricondursi al piano tributario. Ritiene dunque questo collegio rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 10 comma 1 bis della legge regionale 20 marzo 1951 n. 29, in relazione agli articoli 3 e 51 della Costituzione, nella parte in cui annovera fra gli ineleggibili il Direttore generale d'ateneo quale dirigente di ente non territoriale che gode di contributi da parte della Regione Siciliana. o comunque il Direttore generale dell'Universita' degli studi di Messina per la particolare conformazione statutaria dei suoi poteri.