CORTE D'APPELLO DI MILANO
Sez. I Penale
La Corte d'appello di Milano/Sez. I Penale, riunita in Camera di
consiglio nella persona dei signori:
dott. Paolo Enrico Carfi', Presidente;
dott.ssa Chiara Nobili, consigliere rel.;
dott.ssa Paola Di Lorenzo, consigliere;
All'udienza dell'8 ottobre 2018 ha pronunciato la seguente
ordinanza di rimessione di questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 570-bis codice penale in relazione agli articoli 3 e 30
Costituzione, nella parte in cui non prevede che la disciplina in
esso prevista si applichi anche nei confronti di colui che non
adempia alle prescrizioni di natura economica stabilite in favore di
figli minori nati fuori dal matrimonio.
Oggetto del giudizio.
Il caso in esame, che rende opportuna la rimessione della
questione di legittimita' costituzionale sopra accennata, concerne un
episodio di violazione degli obblighi di assistenza familiare posto
in essere dall'ex convivente di fatto nei confronti dei figli
minorenni, nati fuori dal matrimonio.
Piu' nel dettaglio, con sentenza in data 5 aprile 2016, emessa ad
esito di giudizio abbreviato, il Tribunale di Milano dichiarava Z. M.
responsabile del reato di cui all'art. 3 legge n. 54/2006 in
relazione all'art. 570 codice penale, «perche' si sottraeva agli
obblighi di natura economica, omettendo di corrispondere in tutto o
in parte alla ex convivente M T l'assegno mensile di mantenimento, di
euro 600 sino al maggio 2014 e di euro 500 a far tempo dal giugno
2014, nei confronti dei figli M , nato nel 2006, e A , nata nel 2007
(decreto definitivo del Tribunale per i minorenni di Milano del 22
maggio 2014).
In , dal 6 febbraio 2014 in permanenza attuale)».
Nella sentenza si legge che l'imputato e la persona offesa hanno
avuto un rapporto di convivenza nel corso del quale, nel 2006 e 2007,
erano nati i figli M e A.
Interrottasi la convivenza, il Tribunale per i minorenni poneva a
carico dell'imputato l'obbligo di versare per il mantenimento dei
figli un assegno mensile di euro 600, poi ridotto ad euro 500 con
provvedimento del 22 maggio 2014.
Z da maggio 2014 a marzo 2015 non aveva mai versato l'importo
indicato, riprendendo parzialmente solo per i successivi mesi da
aprile a ottobre.
Contro la sentenza di primo grado la difesa dell'imputato ha
proposto l'appello che ha dato origine al presente procedimento.
Non manifesta infondatezza e rilevanza della questione.
In via preliminare si osserva che, nelle more del processo, e'
entrato in vigore il decreto legislativo 1º marzo 2018, n. 21, il
quale ha abrogato i reati di cui agli articoli 12-sexies legge 1º
dicembre 1970, n. 898 e 3 legge 8 febbraio 2006, n. 54, introducendo,
in loro sostituzione, la nuova fattispecie incriminatrice di cui
all'art. 570-bis codice penale.
Non v'e' dubbio che con tali interventi normativi il legislatore
ha dichiaratamente inteso operare una mera trasposizione delle
previgenti norme penali speciali all'interno del codice penale, in
esecuzione del principio della «riserva di codice» stabilito dal
nuovo art. 3-bis codice penale, introdotto dall'art. 1, comma 1,
decreto legislativo 1º marzo 2018, n. 21, in attuazione della delega
contenuta nell'art. 1, comma 85, lettera q), legge 23 giugno 2017, n.
103, al fine di realizzare una tendenziale riconduzione delle
fattispecie penali in quel corpo normativo, nell'ambito di un
complessivo riordinamento della materia, come si puo' desumere anche
dalla relazione ministeriale allo schema di decreto legislativo,
laddove si afferma che il nuovo art. 570-bis codice penale «assorbe
la previsione di cui all'art. 12-sexies legge n. 898/1970».
L'art. 3 legge n. 54/2006, con il richiamo all'art. 12-sexies l.
cit., aveva trovato applicazione anche nei confronti dei figli minori
nati fuori dal matrimonio. Cio' era avvenuto in virtu'
dell'insegnamento della giurisprudenza di legittimita' che, facendo
leva sul dettato dell'art. 4 comma 2 l. cit. (che prevede
l'estensione di quelle disposizioni ai casi di «scioglimento, di
cessazione degli effetti civili o di nullita' del matrimonio, nonche'
ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati») aveva
ritenuto configurabile il reato di omesso versamento dell'assegno
periodico per il mantenimento, educazione e istruzione dei figli
anche nel caso di violazione degli obblighi di natura economica
derivanti dalla cessazione del rapporto di convivenza, affermando che
«In tema di reati contro la famiglia, il reato di omesso versamento
dell'assegno periodico per il mantenimento, educazione e istruzione
dei figli, previsto dall'art. 12-sexies legge 1º dicembre 1970, n.
898 (richiamato dall'art. 3 legge 8 febbraio 2006, n. 54), e'
configurabile non solo nel caso di separazione dei genitori
coniugati, ovvero di scioglimento, di cessazione degli effetti civili
o di nullita' del matrimonio, ma anche in quello di violazione degli
obblighi di natura economica derivanti dalla cessazione del rapporto
di convivenza. (In motivazione, la Corte ha precisato che, alla luce
di un'interpretazione sistematica della disciplina sul tema delle
unioni civili e della responsabilita' genitoriale nei confronti dei
figli, introdotta dalla legge 20 maggio 2016, n. 76 e dal decreto
legislativo 28 dicembre 2013, n. 154, che ha inserito l'art. 337-bis
codice civile, l' art. 4, comma 2, legge 54 del 2006, in base al
quale le disposizioni introdotte si applicano anche ai procedimenti
relativi ai figli di genitori non coniugati, deve essere interpretato
con riferimento a tutte le disposizioni previste dalla legge citata,
comprese quelle che attengono al diritto penale sostanziale, in
quanto una diversa soluzione determinerebbe una diversita' di
trattamento, accordando una piu' ampia e severa tutela penale ai soli
figli di genitori coniugati rispetto a quelli nati fuori dal
matrimonio)». (1)
Tale insegnamento, pero', non risulta piu' praticabile per
effetto dell'abrogazione dell'art. 3 cit., in conseguenza della quale
e' venuto meno il collegamento normativo che ne costituiva il
fondamento: ne' il nuovo art. 570-bis codice penale (rimasta l'unica
norma incriminatrice cui far riferimento) contiene alcun richiamo,
sia pur indiretto, all'estensione della disciplina alle ipotesi
diverse dalla separazione tra i coniugi.
Infatti la formulazione dell'articolo in esame, con l'espresso
riferimento al «coniuge» quale soggetto attivo del reato, non
permette un'interpretazione che non travalichi i limiti di
un'interpretazione estensiva e non finisca per essere un'applicazione
analogica in malam partem della disposizione penale, in violazione
del principio di legalita'.
Se, infatti, la vecchia disposizione contenuta nell'art. 4 legge
n. 54/2006 estendeva, per quanto qui interessa, l'applicabilita'
degli articoli 12-sexies legge n. 898/1970 e 3 legge n. 54/2006 anche
ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati, la nuova
previsione non ha invece disciplinato in modo legislativamente
analogo l'ipotesi di omesso versamento dell'assegno di mantenimento
in favore di figli nati fuori dal matrimonio da genitori tra cui sia
intercorso un mero rapporto di convivenza.
Si verifica dunque un vuoto normativo discontinuo rispetto al
passato e alla giurisprudenza consolidata sotto la vigenza delle
norme abrogate, non essendo possibile ricondurre alla previsione
dell'art. 570-bis codice penale la tutela penale dei figli nati fuori
dal matrimonio rispetto agli obblighi alimentari genitoriali di
mantenimento, posto che tale norma non contiene alcun richiamo,
neppure implicito, ai figli di genitori non coniugati.
Tale vuoto normativo comporterebbe, nel presente giudizio,
l'assoluzione dell'imputato, perche' il fatto non e' piu' previsto
dalla legge come reato: la rilevanza della questione e' dunque
evidente.
Peraltro, dal nuovo assetto normativo discende un'irragionevole
diversita' di trattamento, essendo accordata ai soli figli nati da
genitori coniugati una tutela piu' ampia e severa rispetto a quelli
nati fuori dal matrimonio, in patente contrasto con l'art. 3
Costituzione.
Il livello e la irragionevolezza di tale minor tutela confliggono
con la costante perequazione della posizione dei figli nati da
genitori conviventi rispetto a quelli nati da genitori legati da
matrimonio che la giurisprudenza di legittimita' e tutta la normativa
introdotta dalle riforme sulle unioni civili hanno maturato nel corso
degli ultimi anni.
Deve inoltre aggiungersi che gli obblighi dei genitori discendono
dal rapporto di filiazione e non subiscono alcuna modifica a seconda
che sia o meno intervenuto il matrimonio. Tanto contempla l'art. 30
Costituzione il quale, nel prevedere il dovere dei genitori di
mantenere i figli, anche se nati fuori dal matrimonio, non consente
certo di ritenere che la sanzione penale prevista a carico di coloro
che omettano il versamento dell'assegno di mantenimento possa venir
meno sol per il fatto che la rispettiva prole non sia nata da un
rapporto di coniugio. E' anzi evidente come la lettera della norma
costituzionale imponga un canone di uguaglianza sostanziale che va a
tutto beneficio dei figli, indipendentemente dalla posizione dei
genitori. Canone di eguaglianza che non viene rispettato dalla nuova
disposizione introdotta dall'art. 570-bis codice penale in aperto
contrasto con la norma di rango superiore qui richiamata.
A parere di questa Corte d'appello, dunque, dovendosi ritenere
che la norma di cui all'art. 570-bis codice penale vada
necessariamente interpretata secondo il dato letterale, non essendo
suscettibile di ampliamento per via interpretativa stante il divieto
di analogia in malam partem in materia penale (art. 14 prel.),
l'ipotizzato contrasto tra l'art. 570-bis codice penale e gli
articoli 3 e 30 Costituzione deve essere sottoposto al vaglio della
Corte costituzionale.
Tutto cio' premesso e considerato, la Corte d'appello di Milano.
(1) Cass., Sez. 6, sent. n. 25267 del 6 aprile 2017- rv. 270030-