Ricorso della Regione Calabria (codice fiscale  02205340793),  in
persona del presidente della giunta  regionale  on.le  Gerardo  Mario
Oliverio, rappresentata e difesa, giusta delibera G.R. n. 619 del  10
dicembre 2018,  e  correlato  decreto  dirigenziale  di  incarico  n.
15093/18, nonche' in virtu' di procura speciale in calce al  presente
atto, dall'avv. Giuseppe Naimo (codice fiscale NMA GPP  65A05  D976H)
dell'Avvocatura    regionale    (posta    elettronica     certificata
avvocato8.cz@pec.regione.calabria.it), ed  elettivamente  domiciliata
in Roma, via Sabotino, 12, presso lo studio dell'avv. Graziano Pungi'
fax 0961/853581, indirizzi  di  posta  elettronica  e  fax  ai  quali
intende ricevere comunicazioni e notificazioni del presente giudizio; 
    Contro la Presidenza del Consiglio dei ministri  (codice  fiscale
80188230587), in persona del presidente pro-tempore, domiciliato  per
la carica in Roma, Palazzo  Chigi,  piazza  Colonna,  370,  domicilio
digitale attigiudiziaripcm@pec.governo.it 
    Per il conflitto di attribuzione, sorto a seguito della  delibera
del  Consiglio  dei  ministri  del  7  dicembre  2018,  nonche'   del
telegramma urgentissimo del 6 dicembre 2018, n. 6079/10.1 di invito a
partecipare alla riunione del Consiglio dei ministri del  7  dicembre
2018, derivante dalla violazione degli articoli 5, 117, 118, 119, 120
e 121 della  Costituzione,  dell'art.  8  della  legge  n.  131/2003,
dell'art. 2 legge n. 191/2009 e dell'art.  1,  comma  180,  legge  n.
311/2004, nonche' del principio di leale collaborazione tra  Stato  e
Regioni, con richiesta - previa sospensione,  ex  art.  40  legge  n.
87/1953 - di annullamento degli atti che hanno generato il conflitto. 
    Nonche' per chiedere in via incidentale - ove occorra - a codesta
ecc.ma Corte di sollevare questione  di  costituzionalita'  dell'art.
2, commi 88 e 88-bis legge n. 191/2009, per violazione degli articoli
5, 120 Cost., 2, comma 78, legge n. 191/2009 e 8 legge n. 131/2003; 
 
                                Fatto 
 
    Con la delibera del 7 dicembre 2018, il  Consiglio  dei  ministri
(hinc inde, CdM) - dopo aver invitato in data 6  dicembre  2018,  ore
19,40, «telegramma urgentissimo» «che si allega in copia,  unitamente
alla  mail  di  trasmissione»  allegato  a  mail  ordinaria   inviata
sull'indirizzo PEC del presidente della giunta, invito a  partecipare
alla riunione del 7 dicembre 2018 - ha provveduto a nominare il dott.
Saverio  Cotticelli  commissario  ad  acta  e  l'ing.  Thomas  Schael
subcommissario per l'attuazione del  vigente  piano  di  rientro  dai
disavanzi del servizio sanitario nella Regione Calabria. 
    La regione -  prima  della  seduta  -  per  il  tramite  del  suo
presidente ha chiesto un differimento della trattazione,  essendo  lo
stesso presidente impossibilitato per gli impegni istituzionali  gia'
assunti «si allega richiesta, unitamente  a  mail  di  invio»;  senza
riscontrare in alcun modo tale richiesta, il CdM  si  e'  pronunciato
come  sopra  sintetizzato,  e  la  regione  ha  appreso  del  mancato
differimento, e  delle  conseguenti  nomine,  dal  comunicato  stampa
relativo al CdM n. 30 (che si produce). 
    Nella  delibera  -  dopo  aver  dato  atto  solo  dell'invito   a
partecipare alla riunione al presidente della giunta - si  legge  che
nel mandato commissariale sono previsti, tra  l'altro,  l'adozione  e
l'attuazione  dei   programmi   operativi   2019-2021   «lettera   b.
deliberato»; la definizione e stipula di protocollo con l'universita'
Magna Graecia «lett. b., punto 15 deliberato»; il potere di rimozione
di provvedimenti, anche legislativi, adottati dagli organi  regionali
che siano di ostacolo alla piena attuazione del piano  di  rientro  e
dei programmi operativi,  o  siano  in  contrasto  con  la  normativa
vigente e con i pareri e le valutazioni espressi dai  tavoli  tecnici
di verifica  e  dai  Ministeri  affiancanti  «lettera  b.,  punto  18
deliberato»; viene poi nominato subcommissario  unico  l'ing.  Schael
(punto  d  deliberato),  e  viene  incaricato   il   commissario   di
relazionare con cadenza semestrale  sullo  svolgimento  dell'incarico
(punto e deliberato). 
    In data 8 gennaio 2019 si e' insediato il commissario  Cotticelli
(si allega relativa comunicazione), e in  data  10  gennaio  2019  ha
adottato decreto n. 1/19 (che pure si produce) in materia di  proroga
di contratti con erogatori. 
    Va preliminarmente meglio delineata la  ragione  dell'indicazione
di uno  degli  atti  che  la  regione  ritiene  abbiano  generato  il
lamentato conflitto «il telegramma urgentissimo» in quanto  collegato
alle modalita' di «leale collaborazione» dello Stato con la  Regione:
ad avviso  dell'Ente  ricorrente,  anche  dette  «modalita'»  -  piu'
dettagliatamente esposte  al  primo  punto  del  presente  ricorso  -
realizzano il lamentato conflitto, perche' concretamente  inidonee  a
consentire  all'ente  di  «partecipare»  in  termini   effettivi   al
procedimento di nomina, e di portare a detto procedimento il  proprio
contributo, concretizzando anche per  tale  verso  la  lesione  delle
competenze e delle prerogative regionali e  del  principio  di  leale
collaborazione. 
    Esposte la ragioni dell'individuazione tra  gli  atti  generatori
del lamentato conflitto anche del telegramma urgentissimo di invito a
partecipare, questa difesa intende sottoporre a codesta ecc.ma  Corte
costituzionale i parametri e le ragioni in base ai quali ritiene  gli
atti sopra indicati non conformi alla Costituzione  perche'  invasivi
della  sfera   di   competenza,   e   delle   correlate   prerogative
costituzionali, della regione ricorrente. 
    1) Violazione articoli 5, 117, 118, 119, 120 Cost.; 2, comma  84,
legge n. 191/2009; 8, comma 1,  legge  n.  131/2003;  violazione  del
principio  di  effettiva  e  leale  collaborazione.  La  lesione   di
prerogative ed attribuzioni regionali, determinata dalle modalita' di
«audizione» concretamente adottate, e dalla condotta  successivamente
tenuta dal Consiglio dei ministri «per come comprovata dal  contenuto
della delibera impugnata» e', ad  avviso  della  regione  ricorrente,
assolutamente evidente. 
    Come chiarito nell'esposizione in  fatto,  la  regione  e'  stata
«invitata» a partecipare alla riunione del 7 dicembre 2018  alle  ore
19,40 « quindi, ad uffici regionali chiusi»; non e' stata inviata  la
bozza della delibera da sottoporre ad approvazione;  non  sono  stati
forniti i nominativi delle persone che  il  CdM  intendeva  nominare,
malgrado   la   proposta   ministeriale   in   discussione    dovesse
plausibilmente recare tali nominativi; non  e'  stato  fornito  alcun
riscontro alla richiesta di differimento che il presidente della G.R.
ha avanzato prima che la riunione avesse inizio; la delibera  oggetto
del presente ricorso «che si produce» da'  solo  atto  dell'invito  a
partecipare, ma nulla dice delle  ragioni  del  mancato  accoglimento
dell'istanza di differimento avanzata; il commissario si e' insediato
oltre un mese dopo la nomina. 
    Cio' determina la lamentata lesione  delle  prerogative  e  delle
attribuzioni regionali, e  del  principio  di  leale  collaborazione,
anche in considerazione del fatto che l'art. 2, comma  84,  legge  n.
191/2009 prevede che la regione venga «sentita»  sulla  questione,  e
l'art. 8, comma 1,  della  legge  n.  131/2003  «pure  richiamato  in
delibera» prevede la partecipazione del presidente della giunta  alla
riunione. 
    Che  la  disciplina  oggetto  di  deliberazione  insista  su  una
pluralita' di materie, tra loro intrecciate, ascrivibili  soprattutto
a materie di potesta' legislativa concorrente (certamente, la  tutela
della salute ed il coordinamento della  finanza  pubblica)  e'  fermo
della  giurisprudenza  di  codesta  ecc.ma  Corte  (v.,  ad  esempio,
sentenze n. 123/2011 e 266/2016): da qui, le lamentate lesioni  delle
prerogative e delle attribuzioni regionali in  materie  afferenti  la
potesta'  concorrente  della  regione,  e  del  principio  di   leale
collaborazione,  nel  caso  di   specie   correlate   all'impedimento
frapposto  dallo  Stato  ad  effettive  ed  informate  audizione  e/o
partecipazione alla riunione da parte  della  regione,  perche',  per
quanto il principio di leale  collaborazione  di  cui  all'art.  120,
comma 2, Cost.,  risulti  «attenuato»  nelle  norme  «procedimentali»
sopra indicate, e' fuor di dubbio che non possa essere compresso sino
a ridurlo ad una formale apparenza, quale quella attuata dallo  Stato
nel procedimento in questione, che  ha  svuotato  di  significato  la
«audizione» della regione, ed impedito al presidente  di  partecipare
consapevolmente alla riunione. 
    Come detto, il presidente ha chiesto un differimento «si allegano
richiesta  e  mail  di  invio»,  perche'  aveva   effettivi   impegni
istituzionali: come ricavabile dalla mail del 6  dicembre  2018,  ore
18,05,57  «quindi,  largamente  antecedente  l'invio  del  telegramma
urgentissimo, che si produce», poco prima che gli uffici chiudessero,
e' stata inviata convocazione della giunta regionale per il giorno  7
dicembre 2018 alle ore 13,30, che aveva all'oggetto - tra  l'altro  -
«comunicazioni del presidente»; la riunione e' iniziata alle 14,30 ed
e' finita alle 15,29 «si allega il verbale della relativa  seduta  di
giunta»:  pertanto,  la  richiesta  di  differimento  era  non   solo
tempestiva, ma anche legittima, e di essa il CdM non ha neanche preso
atto nella delibera  oggetto  di  conflitto,  ne'  in  tale  atto  ha
motivato la ragione del mancato accoglimento di detta istanza:la data
di insediamento del commissario, inoltre, dimostra come non vi  fosse
alcuna effettiva urgenza nella nomina. 
    Si vuole  ora  dimostrare  -  oltre  alla  evidente  lesione  del
principio di leale  collaborazione,  che  ha  impedito,  senza  alcun
motivo, sia la fattiva e consapevole  partecipazione  del  presidente
alla seduta, che la informata ed effettiva «audizione» della  regione
- come il mancato differimento, unitamente al mancato invio di  bozza
di delibera, completa dei nomi dei  soggetti  che  il  CdM  intendeva
nominare, abbia concretamente impedito  anche  per  altro  verso  sia
l'effettiva  «audizione»  della  regione   che   la   sua   effettiva
partecipazione alla riunione, concretizzando cosi' ulteriore  profilo
delle lamentate lesioni. 
    Appresi dal comunicato stampa «che si produce» i  nominativi  dei
soggetti nominati  dal  CdM,  la  regione  ha  potuto  individuare  i
seguenti dati, che il presidente avrebbe potuto portare - se messo in
condizione - alla seduta del CdM per come rinviata, o - se la regione
fosse  stata  informata   dell'intenzione   di   non   differire   la
trattazione, ma conoscendo per tempo termini  dell'atto  e  nomi  dei
soggetti nominandi - che l'Ente avrebbe potuto anche solo inviare per
la visione da parte del CdM, venendo, cosi', «sentita»; in ordine  ai
limiti anche temporali del commissariamento, e quindi  al  contributo
che la regione avrebbe potuto apportare, si vedano i motivi 2), 3)  e
4) del presente ricorso, ai quali, per dovere di sintesi,  si  rinvia
(ovviamente, la regione riserva ove  necessario,  e  nei  termini  di
legge, di far valere i dati di seguito riportati anche come prova dei
vizi di legittimita' degli atti avanti il G.A.). 
    Come risulta dalla documentazione che si produce,  l'ing.  Thomas
Schael non solo ha controversia  pendente  in  atto  con  la  Regione
Calabria (si produce  il  ricorso  per  Cassazione  notificato  il  4
gennaio 2017, ed iscritto al n. 12224/17 R.G. della Suprema Corte  di
cassazione), ma deve sia alla alla regione che all'ASP  KR  €  6.780,
oltre accessori, in forza della sentenza n. 1139/16 della C.- App. CZ
G.L.  «che  si  produce»   ed   €   4.637,25,   oltre   accessori   -
complessivamente, ad entrambe le parti - in forza della sentenza  del
Tribunale KR G.L. n. 442/11 «che si produce»: la regione e/o  il  suo
Presidente, quindi, se messi in condizione, avrebbero  potuto  essere
«sentiti» e/o «partecipare», nominare l'ing. Schael, per concorrente,
duplice causa di obbligo di astensione «lite  pendente;  rapporti  di
debito» in capo allo stesso dati dei quali  in  delibera  non  si  fa
menzione alcuna «viene richiamato solo il CV  dell'ing.  Schael  come
base di istruttoria». 
    E' appena il caso di evidenziare come il subcommissario non  solo
ha sottoscritto summenzionato DCA 1/19 unitamente al commissario,  ma
ha anche ivi evitato di dichiarare il proprio conflitto di interessi. 
    La Regione, quindi, ritiene di aver dimostrato a) che le concrete
modalita' di svolgimento del procedimento di nomina - ivi compresa la
mancanza di motivazione  in  ordine  al  mancato  accoglimento  della
richiesta  di  differimento  della  riunione  -  sin  dall'invito   a
partecipare alla riunione, non sono state improntate ad un  effettivo
rispetto del principio di leale collaborazione, per  come  codificato
dagli articoli 120, comma 2 Cost, 8 legge n. 131/2003 e 2, comma  84,
legge n. 191/2009; b) che la «partecipazione informata» della regione
- ove resa possibile - avrebbe  potuto  essere  fattiva;  c)  che  di
conseguenza vi  e'  stata  una  lesione  della  sfera  di  competenza
regionale  e  delle  correlate  attribuzioni  e  prerogative,  e  del
principio di leale collaborazione tra Stato e Regione. 
    Quanto esposto determina  -  per  il  procedimento  concretamente
attuato dallo Stato nel «coinvolgere»  la  regione  nelle  nomine  in
materia di commissariamento - la lamentata  lesione  della  sfera  di
competenza regionale in materia di legislazione concorrente, e  delle
correlate attribuzioni e prerogative regionali, nonche' del principio
di leale collaborazione, di cui agli articoli 5, 117, commi  3  e  4,
119 e 120, comma 2, Cost., 2, comma 84, legge n. 191/2009 e 8,  comma
1,  legge  n.  131/2003,  con  conseguente  alterazione   dell'ordine
costituzionale delle competenze e  lesione  del  principio  di  leale
collaborazione, e - in forza dell'art. 38 della legge 11 marzo  1953,
n. 87, applicabile anche al conflitto di  attribuzioni  tra  Stato  e
Regioni (v. Corte costituzionale, pronunce numeri 11/57  e  12/57)  -
necessario annullamento degli atti che  hanno  causato  il  lamentato
conflitto di attribuzioni. 
    2) Violazione articoli 5, 117, 119, 120 Cost.; 2, comma 84, legge
n. 191/2009. 
    La nomina dell'ing. Schael lede la sfera di competenza  regionale
anche sotto diverso profilo (ovviamente, la regione riserva anche per
tale censura, ove necessario, e nei termini di legge, di far valere i
dati di seguito riportati anche come prova dei vizi  di  legittimita'
degli atti avanti il  G.A.);  il  presente  motivo  espone  anche  le
ragioni che  la  regione  avrebbe  potuto  «illustrare»  in  sede  di
riunione, come gia' indicato al motivo n. 1) del presente ricorso. 
    Che il commissariamento della  regione  ricorrente  sia  regolato
dall'art.  2  della  legge  n.  191/2009  e'  affermazione  netta  ed
inequivoca di codesta ecc.ma Corte (sentenza n. 266/16,  cit.);  ora,
in forza di tale normativa, ed in particolare del comma 84 del citato
art. 2, il Governo non ha potere di nominare subcommissari. 
    Tale facolta' era prevista dall'art. 4, comma 2, decreto-legge n.
159/2007, ma lo stesso art. 2 «v. comma 81-ter» distingue  nettamente
i due regimi di commissariamento. 
    Quanto esposto determina -  per  l'esercizio  di  un  potere  non
previsto  dalla  normativa  di  riferimento  in   ordine   a   nomine
subcommissariali in materia di  Piano  di  rientro  -  un'alterazione
dell'ordine   costituzionale   delle   competenze   in   materia   di
legislazione concorrente, dalla quale consegue la  lamentata  lesione
della sfera  di  competenza  regionale  in  materia  di  legislazione
concorrente, e delle correlate attribuzioni e  prerogative  regionali
di cui agli articoli 5, 117, commi 3 e 4, 119 e 120, comma 2, Cost. e
2,  comma  84  legge  n.   191/2009,   con   conseguente   necessario
annullamento dell'atto che  ha  causato  il  lamentato  conflitto  di
attribuzioni. 
    3) Violazione articoli 5, 117, 119,  120  Cost.;  1,  comma  180,
legge n. 311/2004; 2,  comma  77,  legge  n.  191/2009;  8  legge  n.
131/2003. 
    La regione ricorrente intende sottoporre  ora  a  codesta  ecc.ma
Corte la questione dei limiti «temporali» all'intervento  statale  in
materia di commissariamento (ovviamente, la regione riserva anche per
tale censura, ove necessario, e nei termini di legge, di far valere i
dati di seguito riportati anche come prova dei vizi  di  legittimita'
degli atti avanti il  G.A.);  il  presente  motivo  espone  anche  le
ragioni che  la  regione  avrebbe  potuto  «illustrare»  in  sede  di
riunione, come gia' indicato al motivo n. 1) del presente ricorso. 
    La piu' volte richiamata pronuncia n. 266/16 da atto -  in  punto
di fatto - che il commissariamento regionale e' avvenuto nel 2010 «si
producono DGR 97/09 - con allegato accordo - e delibera C.d.M. del 30
luglio 2010»; in diretta correlazione, si valuti che  sia  l'art.  1,
comma 180, legge n.  311/2004  che  l'art.  2,  comma  77,  legge  n.
191/2009 prevedono una durata del Piano di rientro  un  superiore  al
triennio. 
    Pertanto, la delibera  del  CdM  oggetto  del  presente  ricorso,
intervenendo - unilateralmente, ed  in  assenza  di  accordo  con  la
regione o di qualunque forma di concertazione con la Conferenza Stato
Regioni - in data largamente successiva al  triennio  decorrente  dal
luglio 2010 «con l'esercizio di  un  potere  non  piu'  esercitabile,
secondo  la  normativa  di  riferimento,  in   ordine   alla   nomine
commissariali, e salva la questione di costituzionalita'  di  cui  al
punto 6)  del  presente  ricorso»  causa  un'alterazione  dell'ordine
costituzionale delle competenze tra  Stato  e  Regione,  dalla  quale
consegue la lamentata lesione della sfera di competenza regionale  in
materia di legislazione concorrente, e delle correlate attribuzioni e
prerogative regionali di cui agli articoli 5, 117, commi 3 e 4, 119 e
120, comma 2, Cost., 1, comma 180, legge n. 311/2004,  2,  comma  77,
legge n. 191/2009 e 8 legge n. 131/2003, con  conseguente  necessario
annullamento dell'atto che  ha  causato  il  lamentato  conflitto  di
attribuzioni. 
    4) Violazione articoli 5, 117, 119,  120  Cost.;  2, commi  88  e
88-bis, legge n. 191/2009; 8 legge n. 131/2003. 
    Con il presente motivo, la regione ricorrente intende  sottoporre
a codesta ecc.ma Corte la questione subordinata - rispetto  a  quella
mossa col precedente motivo  di  ricorso  -  dei  limiti  «temporali»
all'intervento statale in  materia  di  commissariamento,  nonche'  i
limiti  piu'  generali  all'intervento  in  materia  (ovviamente,  la
regione riserva anche per tale censura, ove necessario, e nei termini
di legge, di far valere i dati di seguito riportati anche come  prova
dei vizi di legittimita' degli atti  avanti  il  G.A.);  il  presente
motivo  espone  anche  le  ragioni  che  la  regione  avrebbe  potuto
«illustrare» in sede di riunione, come gia' indicato al motivo n.  1)
del presente ricorso. 
    La piu' volte richiamata pronuncia n. 266/16 da atto -  in  punto
di fatto - di ulteriore delibera C.d.M. del 12 marzo 2015 «si produce
delibera C.d.M.», alla quale ha fatto seguito il  D.C.A.  n.  119/16,
che ha approvato il Programma operativo 2016/18 «si producono decreto
commissariale e P.O. approvato»; in diretta correlazione,  si  valuti
che il combinato disposto del commi 88 e 88-bis  «l'ultimo,  aggiunto
dall'art.  17,  comma  4,  lettera  b,  decreto-legge   n.   98/2011,
convertito in legge n. 111/2011» dell'art. 2 legge n. 191/2009 sembra
indicare che i programmi operativi predisposti dal commissario  nelle
Regioni sottoposte ai Piani di rientro  costituiscono  non  solo  una
prosecuzione  ma  anche  un  aggiornamento   del   Piano.   Pertanto,
nell'ipotesi piu' favorevole per lo Stato «e sempre salva la ql.c. di
cui al punto 6) del presente ricorso» il Piano di rientro,  per  come
«proseguito» ed «ampliato»,  poteva  «proseguire»  solo  sino  al  31
dicembre 2018; cio' posto, solo l'adozione entro tale data  del  P.O.
2019-2021 «oggetto del punto b)  della  delibera  impugnata»  avrebbe
«forse» potuto far proseguire il Piano di rientro; ma,  come  esposto
in premessa, il commissario nominato si e' insediato giorno 8 gennaio
2019, ed ha adottato in data 10 gennaio 2019 il  proprio  decreto  n.
1/2019, che nulla ha a che vedere col Programma  operativo,  per  cui
pare evidentemente  dimostrata  la  mancata  prosecuzione  del  Piano
approvato nel 2010,  con  conseguente  impossibilita'  di  proseguire
l'estensione del commissariamento al periodo successivo al 1° gennaio
2019. 
    Cio' sarebbe sufficiente a sostenere il  ricorso,  ma  vi  e'  di
piu':  nel  P.O.  2016-2018  -  da  valutare  come  unico   possibile
«aggiornamento» del Piano di rientro - della «definizione  e  stipula
di protocollo con l'Universita' Magna  Graecia  «punto  15)  delibera
impugnata» non vi e' traccia; pertanto, in via del  tutto  residuale,
l'estensione del mandato commissariale a detto incombente esula ex se
dalla  competenza  commissariale,  ed  e'   quindi   da   individuare
esclusivamente  in  capo  alla  regione   ricorrente   la   eventuale
determinazione a provvedere. 
    Pertanto, la delibera del C.d.M. oggetto  del  presente  ricorso,
intervenendo mediante assegnazione di incarichi al commissario per il
periodo successivo al 1° gennaio 2019, anche in assenza di  Programma
operativo che riguardi tale periodo «ed  operando,  quindi,  mediante
l'esercizio di un potere non esercitabile, secondo  la  normativa  di
riferimento,  in  ordine  alla  nomine  commissariali,  e  salva   la
questione di costituzionalita'  di  cui  al  punto  6)  del  presente
ricorso», nonche' estendendo il  mandato  anche  a  compiti  estranei
all'ultimo  Programma  operativo  approvato,   causa   un'alterazione
dell'ordine costituzionale delle  competenze  tra  Stato  e  Regione,
dalla quale consegue la lamentata lesione della sfera  di  competenza
regionale in materia di legislazione concorrente, e  delle  correlate
attribuzioni  e  prerogative  regionali  di  cui  agli  articoli   5,
117, commi 3 e 4, 119 e 120, comma 2, Cost., 2, commi  88  e  88-bis,
legge n. 191/2009 e 8 legge n. 131/2003, con  conseguente  necessario
annullamento dell'atto che  ha  causato  il  lamentato  conflitto  di
attribuzioni. 
    5) Violazione articoli 5, 117, 119, 120 e  121  Cost.;  2,  comma
80-bis, legge n. 191/2009. 
    Il punto  18)  della  delibera  che  ha  generato  il  denunciato
conflitto cosi' recita:  «rimozione,  ai  sensi  di  quanto  previsto
dall'art.  2,  comma  80,  della  legge  n.   191   del   2009,   dei
provvedimenti, anche legislativi, adottati dagli organi regionali e i
provvedimenti aziendali che siano di ostacolo alla  piena  attuazione
del Piano di rientro e dei successivi Programmi operativi, nonche' in
contrasto con la normativa vigente e con i pareri  e  le  valutazioni
espressi dai Tavoli tecnici di verifica e dai Ministeri affiancanti». 
    Per dimostrare come concretamente l'ufficio del commissario ha in
precedenza «declinato» detto incarico, si produce DCA n. 263/18,  che
- in  applicazione  di  analogo  «incarico»  -  ha  annullato  (sic!)
Delibera della giunta regionale che aveva  approvato  un  disegno  di
legge da sottoporre al Consiglio regionale. 
    Cio' premesso, l'incarico conferito  invade  sotto  piu'  profili
sfere di competenza regionale, generando il denunciato conflitto. 
    a) innanzi tutto,  la  potesta'  di  rimozione  di  provvedimenti
legislativi  presuppone  un   potere   «legislativo»   in   capo   al
commissario, ma che il commissario ne sia  privo  «per  essere  detto
potere riservato, ex art. 121 Cost., al  Consiglio  regionale,  o  al
C.d.M., ex art. 120 Cost» e' affermazione di  codesta  ecc.ma  Corte,
contenuta in due pronunce che hanno  riguardato  proprio  la  Regione
Calabria  (Corte  costituzionale,  sentenze  numeri  123/2011,  cit.;
361/2010): in particolare, la sentenza n. 123/2011, al punto 3.2. del
«Considerato in diritto»,  fornisce  argomento  decisivo  a  sostegno
della fondatezza della presente censura, dichiarando - in quel caso -
inesistenti i decreti commissariali  che  erano  li'  intervenuti  su
leggi regionali, competendo in ipotesi al CdM provvedere, nelle forme
previste dagli articoli 120 Cost. e 2, comma 80, legge n. 191/2009; 
    b) il potere di rimozione di  atti  amministrativi  e'  privo  di
fondamento normativo: ne' l'art. 120 Cost, ne' l'art.  2,  comma  80,
legge  n.  191/90  prevedono  alcunche'  in  tal  senso,  limitandosi
l'ultima norma a prevedere l'obbligo della regione di  rimuovere  gli
atti, non il potere del commissario di provvedere in tal senso; 
    c) il contrasto con pareri e, addirittura, valutazioni,  espressi
dai Tavoli tecnici e dai  Ministeri  affiancanti  -  quale  causa  di
rimozione - e' anch'essa  priva  di  alcun  sostegno  normativo:  ne'
l'art. 120 Cost, ne' l'art. 2, comma 80, legge  n.  191/90  prevedono
alcunche' in tal senso, limitandosi l'ultima norma a  indicare  quale
fonte dell'obbligo regionale di rimozione il contrasto  col  Piano  o
coi Programmi operativi, restando quindi totalmente priva di sostegno
la questione collegata a pareri e valutazioni. 
    Nei limiti  appena  esposti,  quindi,  il  punto  sopra  indicato
dell'atto  oggetto  di  impugnazione  invade  specifiche   competenze
regionali,   sia    legislative    che    amministrative,    causando
un'alterazione dell'ordine costituzionale delle competenze in materie
di legislazione concorrente, e generando il denunciato conflitto, con
conseguente violazione degli articoli 5, 117, commi 3 e 4, 119,  120,
comma 2, e 121 Cost., e 2,  comma  80-bis,  legge  n.  191/2009,  con
conseguente necessario annullamento dell'  atto  che  ha  causato  il
lamentato conflitto di attribuzioni. 
    6) Questione di l.c. in via «incidentale» 
    Una necessaria premessa alla presente articolazione del  ricorso:
codesta ecc.ma Corte, con ordinanza n. 40/01, in sede di conflitto di
attribuzioni tra la Regione  Sicilia  e  lo  Stato,  ha  ritenuto  di
sollevare  avanti  a  se'  stessa  questione  di  l.c.  di  normativa
rilevante per la  decisione  sul  conflitto;  la  regione  ricorrente
intende qui sollecitare la possibilita' che l'ecc.ma Corte  valuti  -
ove  la  questione  appresso  evidenziata   sia   rilevante   e   non
manifestamente infondata - di attivare analogo meccanismo. 
    A tal fine, si espone quanto appreso. 
    Come gia' sopra esposto al motivo 4)  del  presente  ricorso,  il
combinato disposto dei commi  88  e  88-bis  dell'art.  2,  legge  n.
191/2009 sembra prevedere che i programmi operativi  predisposti  dal
commissario  nelle   Regioni   sottoposte   ai   Piani   di   rientro
costituiscano non solo una prosecuzione ma anche un aggiornamento del
Piano, tenuto conto del  possibile  mutato  quadro  ordinamentale  di
riferimento in termini di finanziamento assicurato dallo Stato  e  di
nuovi obblighi pattizi o legislativi in capo alle regioni:  a  avviso
della regione ricorrente, tale disciplina si pone  in  contrasto  con
parametri costituzionali diretti ed interposti. 
    L'art. 5 della Costituzione riconosce  e  promuove  le  autonomie
locali; l'art. 121 Cost. prevede  che  il  potere  legislativo  della
regione  sia  esercitato  dal   Consiglio   regionale,   e   che   la
rappresentanza della regione sia individuata in  capo  al  presidente
della giunta; l'art. 120, comma 2, Cost., pone come preciso limite al
potere  sostitutivo  statale  l'esercizio  dello  stesso  secondo   i
principi di sussidiarieta' e di leale  collaborazione;  anche  per  i
casi di urgenza., l'art. 8, comma 4, della legge n. 131/2003  prevede
quanto meno il coinvolgimento  della  Conferenza  Stato  Regioni,  la
quale puo' chiedere il riesame del provvedimento; part. 2, comma  78,
legge  n.  191/2009  prevede  che  il  Piano  venga  approvato  dalla
Struttura tecnica della Conferenza Stato Regioni: insomma,  vista  la
delicatezza dell'esercizio del potere sostitutivo, che altera in modo
estremamente incisivo l'organizzazione regionale ed i poteri  a  cio'
collegati dalla  Carta  costituzionale,  l'intero  tessuto  normativo
«costituzionale  ed  ordinario»  circonda  di  particolari   garanzie
partecipative l'adozione degli atti in materia. 
    Per contro,  i  commi  sopra  citati  consentono,  mediante  atto
unilaterale  del  commissario  «il  Programma   operativo»   sia   la
prosecuzione   che   l'aggiornamento   del   Piano,    senza    alcun
coinvolgimento   della    regione    commissariata,    senza    alcun
coinvolgimento della Conferenza Stato Regioni, e, soprattutto.  senza
alcun  limite  temporale  a  tale  prosecuzione   e/o   aggioramento,
risultando affidato al solo commissario - in  questa  impostazione  -
protrarre anche sine die il commissariamento, mediante l'adozione  di
ripetuti Programmi operativi. 
    Pare assolutamente  opportuno  riportare  icastico  inciso  della
sentenza n. 199/18 di codesta ecc.ma Corte: «questa  Corte  non  puo'
esimersi dal rilevare l'anomalia di un commissariamento della sanita'
regionale protratto per oltre un decennio, senza che l'obiettivo  del
risanamento  finanziario  sia   stato   raggiunto,   con   tutte   le
ripercussioni che esso determina anche sugli equilibri della forma di
Governo regionale, a causa del perdurante esautoramento del consiglio
e della stessa giunta a favore del commissario  ad  acta»;  non  pare
necessario aggiungere altro, se non rilevare che il  commissariamento
della regione dura da oltre otto anni. 
    Si chiede quindi  -  ove  necessario  ai  fini  della  decisione,
soprattutto dei motivi numeri 3  e  4  del  presente  ricorso  -  che
codesta ecc.ma  Corte  voglia  valutare  di  sollevare  avanti  a  se
medesima questione di l.c. dell'art. 2, commi 88 e 88-bis,  legge  n.
191/2009, per violazione degli articoli 5, 120, e 121 Cost;  8  legge
n. 131/2003 e 2, comma 78, legge n. 191/2009, nonche'  del  principio
di leale collaborazione per  come  declinato  dagli  articoli  appena
citati, nella parte in cui consentono -  senza  alcun  meccanismo  di
coinvolgimento della regione e/o della Conferenza Stato Regioni -  di
proseguire  sine  die  il  Piano   di   rientro   ed   il   correlato
commissariamento mediante atti del commissario. 
 
                       Istanza di sospensione 
 
    La   regione   intende   avanzare    istanza    di    sospensione
dell'esecuzione degli atti impugnati, sussistendo le «gravi  ragioni»
richieste dall'art. 40 legge n. 87/1953. 
    Quanto al fumus, la evidente fondatezza dei motivi  sopra  estesi
concorre a dimostrare la sussistenza del requisito. 
    Quanto  al  periculum,  la  perdurante  operativita'  degli  atti
impugnati  comporta  una  situazione   di   evidente   illegittimita'
dell'attivita' dell'attuale commissario (v., esattamente in  termini,
Corte costituzionale, ordinanza 7 aprile 2006,  n.  152),  che,  come
esposto nella narrazione in  fatto,  ha  gia'  iniziato  ad  adottare
provvedimenti.