TRIBUNALE ORDINARIO DI ROMA Sezione XVI Civile in funzione di Sezione specializzata in materia di impresa Il Tribunale, in composizione collegiale nelle persone dei magistrati: dott. Stefano Cardinali Presidente; dott. Francesco Remo Scerrato Giudice; dott.ssa Cecilia Bernardo Giudice relatore; ha emesso la seguente ordinanza nelle cause civili di I grado iscritte rispettivamente al n. 16617 del ruolo generale per gli affari contenziosi dell'anno 2013 ed al n. 20740 del ruolo generale per gli affari contenziosi dell'anno 2014, trattenute in decisione all'udienza del 10 luglio 2018 e vertenti tra: Eurolink S.c.p.a., Impregilo S.p.a., quale mandataria dell'ATI con le imprese Sacyr S.a., Societa' Italiana per Condotte D'Acqua S.p.a., Cooperativa Muratori & Cementisti - CMC di Ravenna Soc.coop. a r.l., Ishikawajima - Harima Heavy Industries CO. Ltd., Argo Costruzioni Infrastrutture S.c.p.a. Consorzio stabile), elettivamente domiciliate in Roma, via degli Scipioni n. 288, presso lo studio degli avv.ti Giuseppe Giuffre', Benedetto Giovanni Carbone e Giampiero Fumel, che le rappresentano e difendono in virtu' di procura a margine dell'atto di citazione - Attrici e: Stretto di Messina S.p.a. in liquidazione, elettivamente domiciliata in Roma, via Barnaba Oriani n. 32, presso lo studio dell'avv. Massimo Zaccheo, che la rappresenta e difende, unitamente e disgiuntamente all'avv. Marco Annoni, in virtu' di procura a margine della comparsa di costituzione e risposta. Presidenza del Consiglio dei ministri, Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12, sono domiciliati ex lege - Convenuti nonche': Sacyr Construccion Sau (gia' Sacyr S.A.), Societa' italiana per condotte d'acqua S.p.a., Cooperativa Muratori & Cementisti - CMC di Ravenna soc.coop. a r.l., Ishikawajima - Harima Heavy Industries CO. LTD., Argo Costruzioni infrastrutture S.C.P.A. Consorzio stabile, elettivamente domiciliate in Roma, via degli Scipioni n. 288, presso lo studio degli avv.ti Giuseppe Giuffre', Benedetto Giovanni Carbone e Giampiero Fumel, che le rappresentano e difendono in virtu' di procura a margine della comparsa di costituzione e risposta - Chiamate in causa e tra: Parsons transportation group Inc., elettivamente domiciliata in Roma, viale di Villa Massimo n. 57, presso lo studio degli avv.ti Alfredo Lucente, Guido Brocchieri e Matteo Bordoni, che la rappresentano e difendono in virtu' di procura notarile in atti - Attrice e: Stretto di Messina S.p.a. in liquidazione, elettivamente domiciliata in Roma, via Barnaba Oriani n. 32, presso lo studio dell'avv. Massimo Zaccheo, che la rappresenta e difende, unitamente e disgiuntamente all'avv. Marco Annoni, in virtu' di procura a margine della comparsa di costituzione e risposta. Presidenza del Consiglio dei ministri, Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12, sono domiciliati ex lege - Convenuti Premesso in fatto che: Con atto di citazione, ritualmente notificato, la Eurolink S.c.p.a. e la Impregilo S.p.a. (quale mandataria dell'ATI con le imprese Sacyr S.a., Societa' Italiana per Condotte D'Acqua S.p.a., Cooperativa Muratori & Cementisti - CMC di Ravenna Soc.coop. a r.l., Ishikawajima - Harima Heavy Industries CO. Ltd., Argo Costruzioni Infrastrutture S.c.p.a. Consorzio stabile) convenivano in giudizio la Stretto di Messina Spa., la Presidenza del Consiglio dei Ministri ed il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, esponendo che: la Legge n. 1158 del 17 dicembre 1971 aveva dichiarato «opera di prevalente interesse nazionale» il collegamento stabile viario e ferroviario fra la Sicilia ed il continente; per lo studio, la progettazione e la costruzione, nonche' per l'esercizio del predetto collegamento, le citata legge aveva previsto l'affidamento in concessione ad una societa' strumentale, interamente pubblica, allo scopo costituita in data 11 giugno 1981 e denominata Stretto di Messina spa., i cui attuali azionisti erano Anas (con l'81,848%), RFI spa. (con il 13%), la Regione Siciliana (con il 2,576%), la Regione Calabria (con il 2,576%); in data 27 dicembre 1985, la concessione era stata assentita alla suddetta societa' e, successivamente, il CIPE aveva inserito il Ponte nel programma delle opere di preminente interesse nazionale; la legge n. 1158 del 1971, come modificata dal decreto legislativo. n. 114 del 2003, nel confermare in capo alla Stretto di Messina spa. la qualifica di concessionario ex lege della realizzazione del Ponte e della gestione e manutenzione del collegamento viario, aveva disposto l'assunzione da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti della funzione di concedente nei rapporti con la societa' concessionaria; con delibera n. 66 dell'1 agosto 2003, il Cipe aveva approvato il progetto preliminare dell'intervento e, in data 30 dicembre 2003, il Ministero e la societa' Stretto di Messina spa. avevano sottoscritto la convenzione n. 3077/2003, regolante i reciproci rapporti, modificata ed integrata con Atti aggiuntivi in data 25 febbraio 2004 e 30 novembre 2009 ed approvata con la Legge n. 191/2009 (art. 2, comma 205); con bando pubblicato il 15 e 16 aprile 2004, la Stretto di Messina spa. aveva indetto una gara per l'affidamento a Contraente Generale, ai sensi della Legge n. 443/2001 e del decreto legislativo 190/2002, della progettazione definitiva ed esecutiva e della realizzazione del predetto collegamento viario e ferroviario comprensivo di tutte le attivita' correlate; in data 24 novembre 2005 era stata deliberata l'aggiudicazione definitiva della gara in favore della Associazione Temporanea di Imprese tra la capogruppo mandataria Impregilo spa. e le mandanti Sacyr Sa., Societa' Italiana Per Condotte D'Acqua spa., Cooperativa Muratori & Cementisti-C.M.C. di Ravenna Soc.Coop. a r.l., Ishikawajima-Harima Heavy Industries CO.Ltd., Argo Costruzioni Infrastrutture Scpa. Consorzio Stabile; in data 27 marzo 2006, la Stretto di Messina spa. e l'Ati predetta avevano stipulato il contratto avente ad oggetto la realizzazione del maggiore ponte sospeso mai realizzato al mondo, per un importo pari ad € 3.879.599.733,00; come previsto dal decreto legislativo 190/2002 e dalle pattuizioni contrattuali, le imprese facenti parte dell'Ati avevano costituito in data 5 maggio 2006 una societa' dedicata, denominata Eurolink Scpa., che era subentrata a tutti gli effetti nel rapporto contrattuale con il committente e che aveva prestato una garanzia di circa 240 milioni di euro; per motivazioni in alcun modo ascrivibili alla Eurolink, per lungo tempo il contratto non aveva avuto concreta attuazione e la realizzazione dell'opera era rimasta sostanzialmente bloccata, senza tuttavia che la Stretto di Messina spa. avesse attivato gli strumenti di legge (art. 134 del decreto legislativo 163/2006) e contrattuali (art. 1671 c.c.) per recedere dal contratti, assicurando al contraente privato gli indennizzi dovuti; era, quindi, insorta una controversia tra le parti e, di conseguenza, a seguito della riaffermazione del Ponte quale opera prioritaria nell'ambito del programma infrastrutturale del Governo italiano, in data 25 settembre 2009 Stretto di Messina spa. ed Eurolink avevano sottoscritto un accordo, al fine di regolare le divergenze insorte e le conseguenze del lungo periodo di stasi, nonche' le attivita' del successivo periodo di progettazione dell'opera; inoltre, anche in modifica alle pattuizioni del contratto del 27 marzo 2006, erano state espressamente previste le conseguenze del prolungamento, oltre certi limiti, della fase progettuale contestualmente avviata, prevedendo in particolare all'art. 5.2. dell'accordo che: a) nel caso in cui le procedure di approvazione e finanziamento del progetto definitivo da redigersi dal Contraente Generale si fossero prolungate per oltre 540 giorni dalla consegna dello stesso, le parti avrebbero potuto chiedere la revisione del contratto; b) in caso di mancato accordo nel termine successivo di trenta giorni, ciascuna parte avrebbe potuto recedere dal contratto con il pagamento al Contraente Generale delle prestazioni rese, delle spese sostenute e di quelle da sostenersi per lo smobilizzo delle attivita', nonche' di un indennizzo per la perdita del contratto, pari al 5% dell'importo risultante dal progetto definitivo diminuito di un quinto; successivamente, il contratto era stato adempiuto dalle due parti ed erano stati sottoscritti un Addendum il 21 dicembre 2009 (riguardante la cd. Variante di Cannitello) ed alcuni atti aggiuntivi in data 10 settembre 2010, 27 maggio 2011, 21 giugno 2011 e 13 febbraio 2012; il Contraente Generale aveva nel frattempo ultimato il Progetto definitivo dell'opera, che era stato consegnato dalla Eurolink il 12 aprile 2011, approvato dal Consiglio di amministrazione della Stretto di Messina spa. in data 29 luglio 2011 e, successivamente, sottoposto alla procedura di approvazione prevista dall'art. 166 del decreto legislativo 163/2006 e del contratto; proprio in tale fase, pero', lo Stato italiano aveva deciso con provvedimenti di legge e delibere Cipe di azzerare le risorse necessarie alla realizzazione dell'Opera, omettendo nuovamente di attivare gli strumenti previsti dalla legge e dal contratto per recedere dallo stesso, al fine di evitare il pagamento dell'indennizzo; in particolare, in data 3 ottobre 2012, era scaduto il termine di 540 giorni previsto dagli accordi contrattuali senza che il progetto dell'opera fosse stato approvato e finanziato dallo Stato italiano; di conseguenza, la Eurolink - considerato che la approvazione del progetto da parte del Cipe non appariva ne' imminente ne' prossima a causa della necessita' di ridefinire il piano economico finanziario dell'opera - aveva chiesto formalmente alla Stretto di Messina spa la revisione delle condizioni contrattuali, con lettera del 4 ottobre 2012; sicche', non essendo stata convenuta alcuna revisione del contratto e non avendo il committente acquisito le risorse necessarie a realizzare l'opera, in data 3 novembre 2012 il Contraente Generale aveva maturato il diritto di recedere dal contratto ai sensi dell'art. 5.2 dell'Accordo con il pagamento di quanto ivi previsto e pattiziamente concordato; tuttavia, in data 2 novembre 2012 (e quindi un giorno prima della scadenza del termine contrattuale che consentiva il recesso della Eurolink alle predette condizioni), il Governo italiano aveva emesso un provvedimento legislativo di urgenza (D.L. 2 novembre 2012 n. 187), entrato in vigore il medesimo giorno, con il quale aveva inteso modificare d'imperio i patti contrattuali; in particolare, premessa la straordinaria necessita' ed urgenza di garantire, in considerazione dell'attuale stato di tensione nei mercati finanziari internazionali, la verifica, a tutela della finanza pubblica, della sostenibilita' del piano economico finanziario del collegamento stabile viario e ferroviario tra Sicilia e Continente, il DL citato aveva disposto: a) la sospensione del contratto dal 2 novembre 2012 sino al reperimento della copertura finanziaria degli interventi da compiere, per un periodo stimabile in circa due anni ma prorogabile; b) la esclusione nel periodo di sospensione di ogni compenso/ristoro per gli oneri a carico del Contraente Generale e di ogni adeguamento monetario del prezzo; c) la caducazione del contratto in caso di mancato reperimento di un finanziatore privato dell'opera, ovvero qualora il governo italiano non avesse ritenuto di dar corso all'opera o il Contraente Generale non avesse accettato le modificazioni del contratto dettate per legge, mediante la sottoscrizione di un apposito Atto aggiuntivo entro l'1 marzo 2013; in tutti i suindicati casi di caducazione del contratto, il decreto legge riconosceva solo il corrispettivo per il progetto redatto, aumentato del 10%, ma nulla per le spese sostenute a titolo diverso e nulla a titolo di indennizzo pattuito del 5% per il caso di mancata o ritardata approvazione o finanziamento dell'opera e conseguente recesso di una delle due parti; in realta', le disposizioni del suddetto decreto legge avevano il solo fine di sospendere gli effetti del contratto valido ed efficace tra le parti e di imporre alla parte privata una modifica unilaterale dei contenuti contrattuali, costringendo il contraente privato ad una risoluzione senza indennizzo; infatti, il committente, anziche' dichiarare la irrealizzabilita' dell'opera ed esercitare il recesso dal contratto per fatto proprio, aveva di fatto aggirato norme e principi generali ed i patti contrattuali, assicurandosi - con un comportamento contrario a buona fede - una posizione di indebito vantaggio; a fronte di tale sopruso, la Eurolink non poteva far altro che rispondere esercitando il recesso e, pertanto, con nota prot. n. 00774 del 10 novembre 2012, aveva contestato la inapplicabilita' e la non opponibilita' del decreto al Contraente Generale chiedendone la disapplicazione ed aveva comunicato il proprio recesso dal contratto, ai sensi dell'art. 5.2 dell'Accordo del 25 settembre 2009, chiedendo il pagamento di quanto dovuto; con la nota prot. 0908 del 19 novembre 2012, la Stretto di Messina spa. aveva contestato la validita' ed efficacia del dichiarato recesso del Contraente Generale, sostenendo che il termine di cui all'art. 5.2 dell'Accordo non era utilmente decorso (stante la richiesta di integrazioni progettuali di carattere ambientale) e che le disposizioni del decreto legge in ogni caso precludevano alla Eurolink l'esercizio del diritto di recesso; successivamente, le disposizioni di cui al DL. n. 187/2012 erano state recepite (art. 34-decies) in sede di conversione del decreto legge 18 ottobre 2012 n. 179 (cd. decreto sviluppo bis), sul quale il Governo aveva posto la questione di fiducia ed aveva ottenuto l'approvazione e la conversione nella Legge n. 221/2012; sicche', con ricorso notificato in data 19 dicembre 2012, le societa' Eurolink ed Impregilo avevano impugnato dinanzi al Tar Lazio gli atti ed i provvedimenti assunti dalla Stretto di Messina spa. e dal Ministero delle Infrastrutture in applicazione delle citate disposizioni normative, con finalita' meramente cautelativa, ritenendo sussistente la giurisdizione del giudice ordinario; come era evidente, la realizzazione dell'opera non era stata avviata in quanto la parte pubblica aveva distolto le risorse finanziarie occorrenti a tal fine; era pertanto interesse della Eurolink ottenere l'accertamento e la dichiarazione della validita' ed efficacia del recesso esercitato in data 10 novembre 2012. Infatti, ai sensi dell'art. 5.2 dell'Accordo del 25 settembre 2009, in caso di mancata o ritardata approvazione del progetto definitivo dell'opera intera da parte del CIPE entro 540 giorni dalla consegna del progetto stesso a Stretto di Messina, ovvero in caso di mancata approvazione del progetto esecutivo dell'opera intera da parte di Stretto di Messina con conseguente mancato inizio dei lavori per cause non imputabili ad Eurolink, le parti si sarebbero dovute incontrare per valutare in buona fede le cause del ritardo e rivedere di comune accordo le condizioni contrattuali ed il programma di realizzazione dell'opera; in caso di mancato accordo entro trenta giorni dalla richiesta, entrambe le parti potevano recedere dal contratto e sarebbe stato in ogni caso riconosciuto ad Eurolink il pagamento delle prestazioni rese e delle spese sino a quel momento sostenute, nonche' quelle da sostenere per la smobilitazione delle attivita', oltre ad un indennizzo per la perdita del contratto nella misura del 5% dell'importo risultante dal progetto definitivo, diminuito di un quinto; orbene, il progetto definitivo dell'opera era stato consegnato alla Stretto di Messina spa. in data 13 aprile 2011 e, pertanto, il termine di 540 giorni era venuto a scadere il 3 ottobre 2012, ma entro tale termine non aveva ricevuto la approvazione da parte del Cipe; poteva, dunque, ritenersi sussistente l'ipotesi di "mancata o ritardata" approvazione ai sensi dell'art. 5.2 dell'Accordo, che ricollegava le conseguenze ivi previste (tra cui il diritto di recesso ed i corrispondenti indennizzi) al semplice e vano decorso del termine di 540 giorni; la pattuizione contrattuale prescindeva totalmente dall'indagine in ordine alle possibili cause della mancata approvazione del progetto da parte del Cipe, che infatti erano disciplinate altrove nel contratto, con specifiche e diverse conseguenze; era quindi pretestuosa la affermazione della Stretto di Messina spa., la quale - nella nota prot. 0908 del 19 novembre 2012 - aveva sostenuto che il termine fissato all'art. 5.2 dell'Accordo non poteva intendersi decorso, stante la intervenuta richiesta di integrazioni progettuali di carattere ambientale nell'ambito della procedura approvativa da parte del Cipe; in realta', la stasi del procedimento approvativo risiedeva nella necessita' di ridefinire il piano economico finanziario dell'opera e nella assoluta mancanza delle occorrenti risorse finanziarie da parte del Committente, cio' rendendo impossibile per la Stretto di Messina spa. concordare la revisione dei patti contrattuali, come diligentemente richiesto dalla Eurolink con nota del 4 ottobre 2012; la mancata esecuzione del contratto, quindi, era dovuta a fatto e volonta' della parte pubblica ed il contraente privato la aveva unicamente subita; parimenti non poteva ritenersi invalido il recesso della Eurolink a seguito della entrata in vigore dell'art. 1 del DL. 187/2012, in quanto la norma non privava le parti del diritto di recedere dal contratto, avendo piuttosto la finalita' di impedire l'adempimento del contratto alle condizioni contrattuali originariamente stabilite, imponendo una nuova e diversa regolamentazione deteriore per il contraente privato; infatti, la sospensione degli effetti del contratto non poteva essere riferita anche all'esercizio del diritto di recesso e, in caso contrario, la norma in esame doveva essere disapplicata in quanto contrastante con i principi generali del diritto dell'Unione europea in materia di legittimo affidamento e della certezza del diritto (artt. 49, 56 e 63 TFUE), con i principi in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici e di leale collaborazione ed infine con gli artt. 3, 24, 41, 42, 43, 97, 113 e 117 della Costituzione; Eurolink aveva, pertanto, diritto agli indennizzi ed ai rimborsi previsti dall'art. 5.2 dell'Accordo del 25 settembre 2009, ma aveva anche diritto ad ottenere l'ulteriore risarcimento dei danni per aver perduto senza colpa la possibilita' di realizzare l'opera e di conseguire l'utile da essa derivante e per aver continuato inutilmente a sostenere ingenti costi ed oneri nella commessa; del resto, l'indizione di una gara, quale quella promossa dal concessionario Stretto di Messina, implicava responsabilita' e determinava aspettative in capo all'aggiudicatario che non potevano essere cancellate arbitrariamente per mutamenti di indirizzo politico, del tutto estranei agli elementi del contratto; difatti, a fronte della decisione di non dare piu' corso all'opera, l'unica strada percorribile per il concessionario era quella del recesso dal contratto, con conseguente obbligo di pagamento dei dovuti indennizzi e rimborsi. Tale soluzione era prevista in via generale dall'art. 1671 c.c. e dall'art. 134 del decreto legislativo 163/2006, nonche' dallo stesso art. 43.1 del contratto del 27 marzo 2006; invece, con comportamento contrario a buona fede, il concessionario aveva preferito far morire l'operazione, privando l'opera delle risorse finanziarie occorrenti, al fine di evitare il pagamento degli importanti indennizzi contrattualmente previsti, cio' risultando dimostrato dal contenuto del DL. 187/2012, convertito in legge attraverso il surrettizio inserimento di un emendamento governativo al DL. 179/2012 (con l'introduzione dell'art. 34-decies) in sede di conversione, ottenuta attraverso la richiesta della fiducia al Governo e quindi senza alcun esame parlamentare della norma; peraltro, indipendentemente dal recesso esercitato dalla Eurolink, il decreto legge prevedeva in ogni caso la caducazione del contratto in un termine che sarebbe andato a scadere alla data dell'1 marzo 2013. Tuttavia tale caducazione era da considerarsi priva di efficacia, riguardando un contratto non piu' vigente per effetto dell'intervenuto recesso.-Premesso cio', le societa' Eurolink ed Impregilo cosi' concludevano: 1. in via principale: a) accertare e dichiarare la validita' ed efficacia del recesso esercitato da Eurolink con nota prot. 00774 del 10 novembre 2012, dal Contratto in data 27 marzo 2006 e successivi accordi ed atti aggiuntivi, di cui in narrativa, per l'esecuzione del Ponte sullo Stretto di Messina, previa eventuale disapplicazione, nei limiti in cui cio' sia ritenuto necessario, delle norme di cui al D.L. 187/2012 come sostituite dall'art. 34-decies del D.L. 18 ottobre 2012 n. 179, inserito in sede di conversione dalla L. n. 221 del 17 dicembre 2012, previa eventuale sottoposizione di domanda di pronuncia pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell'Unione europea ai sensi dell'art. 267 TFUE o in subordine previa sottoposizione alla Corte Costituzionale della questione di illegittimita' costituzionale ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87; per l'effetto condannare Stretto di Messina S.p.A. e le altre amministrazioni convenute, in solido fra loro o ciascuna per quanto di ragione, all'integrale ristoro di tutti i compensi, indennizzi, costi ed oneri indicati nell'art. 5.2 dell'Accordo del 25 settembre 2009 per gli importi complessivi di: € 300.909.643,02, per attivita' prestate e spese sostenute e indennizzo dovuto, come dettagliate in narrativa, ovvero la maggiore o minore somma ritenuta di giustizia, da determinarsi in sede istruttoria oppure, ove occorra, anche in via equitativa ai sensi dell'art. 1226 del codice civile, oltre interessi legali e moratori come indicati in narrativa ovvero secondo i criteri che verranno ritenuti di giustizia; € 249.045,23/mese per spese di smobilizzo societario, ovvero la maggiore o minore somma ritenuta di giustizia, da determinarsi in sede istruttoria oppure, ove occorra, anche in via equitativa ai sensi dell'art. 1226 del codice civile, oltre interessi come indicati in narrativa ovvero secondo i criteri che verranno ritenuti di giustizia. Il tutto oltre IVA come nelle misure di legge. b) condannare inoltre Stretto di Messina S.p.A. e le amministrazioni convenute, in solido fra loro o ciascuna per quanto di ragione, in dipendenza della mancata esecuzione del Contratto per volonta' della parte pubblica committente di non dare corso alla realizzazione dell'opera o comunque per fatto ad essa ascrivibile, al pagamento dei seguenti importi complessivi di: € 329.721.360,00, come indicata nel precedente paragrafo V.1.2, a titolo di indennizzo dovuto, ovvero la maggiore o minore somma ritenuta di giustizia, da determinarsi in sede istruttoria oppure, ove occorra, anche in via equitativa ai sensi dell'art. 1226 del codice civile, oltre interessi legali e moratori come indicati in narrativa ovvero secondo i criteri che verranno ritenuti di giustizia; l'ulteriore importo per spese, maggiori oneri e danni subiti e subendi da Eurolink e dai propri soci, da accertarsi in corso di causa ed ove occorra da determinarsi anche in via equitativa ai sensi dell'art. 1226 del codice civile, oltre rivalutazione ed interessi. Il tutto oltre IVA come nelle misure di legge. 2. In via subordinata: per l'eventualita' che il Tribunale non ritenesse valido o efficace il recesso espresso da Eurolink, accertare comunque e dichiarare la risoluzione del contratto per fatto e colpa di parte committente, Stretto di Messina S.p.A. e con essa la «parte pubblica» unitariamente considerata, anche previa eventuale disapplicazione, nei limiti in cui cio' sia ritenuto necessario, delle norme di cui al D.L. 187/2012 come sostituite dall'art. 34-decies del D.L. 18 ottobre 2012 n. 179, inserito in sede di conversione della L. n. 221 del 17 dicembre 2012, previa eventuale sottoposizione di domanda di pronuncia pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell'Unione europea ai sensi dell'art. 267 TFUE o in subordine previa sottoposizione alla Corte Costituzionale della questione di illegittimita' costituzionale ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87; per l'effetto condannare i convenuti, in solido tra loro o ciascuno per quanto di ragione, al pagamento: a) del lucro cessante determinato dalla risoluzione del contratto, per l'ammontare di € 549.535.600,00 ovvero la maggiore o minore somma ritenuta di giustizia, da determinarsi in sede istruttoria oppure, ove occorra, anche in via equitativa ai sensi dell'art. 1226 del codice civile; b) del danno emergente, costituito: b.1) dalle spese tutte sostenute e sostenende da Eurolink, pari alla complessiva somma di € 37.811.836,86+19.351.877,18, oltre interessi, per spese sostenute ed € 249.045,23 mensili, oltre interessi, per € 1.093,72/mese, per spese da sostenersi per lo smobilizzo della Societa', ovvero la maggiore o minore somma ritenuta di giustizia, da determinarsi in sede istruttoria oppure, ove occorra, anche in via equitativa ai sensi dell'art. 1226 del codice civile; b.2) dalle ulteriori spese, oneri e danni a carico di Eurolink e delle imprese aggiudicatarie, da quantificare in corso di giudizio; c) a titolo di restituzione, del valore delle prestazioni rese - relative in particolare al progetto definitivo e ai lavori della Variante di Cannitello - nell'ammontare del valore di mercato delle stesse, da quantificare in corso di giudizio ed al netto di quanto ricevuto a titolo di acconto. Il tutto oltre IVA come nelle misure di legge. 3. In via ulteriormente subordinata: per l'eventualita' in cui il Tribunale non ritenga sussistenti i presupposti non solo per il recesso, ma anche per la dichiarazione di risoluzione del contratto per fatto e per colpa del committente, accertare e dichiarare che il contratto e' tuttora vigente e che i convenuti sono obbligati all'adeguamento dello stesso, anche previa eventuale disapplicazione, nei limiti in cui cio' sia ritenuto necessario, delle norme di cui al D.L. 187/2012 come sostituite dall'art. 34-decies del D.L. 18 ottobre 2012 n. 179, inserito in sede di conversione della L. n. 221 del 17 dicembre 2012, previa eventuale sottoposizione di domanda di pronuncia pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell'Unione europea ai sensi dell'art. 267 TFUE o in subordine previa sottoposizione alla Corte Costituzionale della questione di illegittimita' costituzionale ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87; per l'effetto condannare i convenuti al risarcimento delle spese, oneri e danni tutti indotti dal ritardato adempimento dello stesso, e pertanto per l'ammontare indicato al precedente punto 2 lett. b.1) e b.2) delle presenti conclusioni; condannare altresi' i convenuti al pagamento del saldo delle prestazioni rese e non interamente retribuite pari ad € 21.830.543,40 per le attivita' relative al progetto definitivo ed € 2.101.145,58 per i lavori della Variante di Cannitello, ovvero la maggiore o minore somma ritenuta di giustizia, da determinarsi in sede istruttoria oppure, ove occorra, anche in via equitativa ai sensi dell'art. 1226 del codice civile. Il tutto oltre ad IVA nelle misure di legge. - Si costituivano in giudizio la Presidenza del Consiglio dei Ministri ed il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, chiedendo il rigetto delle domande attoree e deducendo che: successivamente alla approvazione da parte della Stretto di Messina spa. del progetto definitivo elaborato dalla Eurolink e successivamente alla sua trasmissione a tutte le amministrazioni interessate, il Cipe - con delibera n. 6 del 20 gennaio 2012 - aveva disposto il pressoche' totale definanziamento del contributo pubblico per l'opera; cio' si inseriva nel quadro del cambiamento della strategia dei trasporti dell'Unione europea, caratterizzato dal fatto che la Commissione europea aveva sottoposto al Parlamento europeo ed al Consiglio la proposta di regolamento sullo sviluppo della rete trans europea dei trasporti, che non contemplava piu' l'opera del Ponte sullo Stretto di Messina; il definanziamento dell'opera trovava il proprio referente normativo nell'art. 10, comma 2 del D.L. n. 98/2011, convertito nella legge n. 111/2011, e nell'art. 1, comma 1 del D.L. n. 138/2011, convertito nella legge n. 148/2011, con cui erano stati rideterminati gli importi delle riduzioni della spesa in termini di saldo netto da finanziare e indebitamento netto per ciascuna delle Amministrazioni centrali per il raggiungimento degli obiettivi programmati di finanza pubblica; per effetto di tali misure, il Fondo per lo sviluppo e la coesione aveva subito un taglio di complessivi € 10.439.963.567 ed il Cipe aveva quindi dovuto tener conto della sopravvenuta disposizione legislativa e delle conseguenti riduzioni; sicche', con la delibera n. 6/2012 erano stati definanziati una serie di interventi, tra cui quello relativo al Ponte sullo Stretto di Messina per il residuo importo di 1.287,324 milioni di Euro; a sua volta, il definanziamento dell'opera si inseriva nel quadro della sfavorevole congiuntura economica a livello non solo nazionale, ma anche europeo, ponendosi quale contesto fattuale alla base degli interventi normativi sopravvenuti, con particolare riferimento a quanto disposto dall'art. 34-decies del D.L. 179/2012, convertito con modificazioni dalla legge n. 221/2012. Cio' premesso in fatto, le Amministrazioni convenute eccepivano preliminarmente il proprio difetto di legittimazione passiva, atteso che - risultando contestato l'operato governativo relativo ad un intervento normativo - doveva essere citato in giudizio lo Stato Italiano, quale responsabile dell'ordinamento giuridico vigente. Nel merito, osservavano che: non poteva in alcun modo configurarsi una questione di incompatibilita' tra l'art. 1 del D.L. n. 187/2012 (poi art. 34-decies del D.L. 179/2012, convertito con modificazioni dalla legge n. 221/2012) e l'ordinamento comunitario, posto che la norma non toccava l'ambito di applicazione degli artt. 49, 56 e 63 del TFUE, non ponendosi in contrasto con le liberta' fondamentali di stabilimento e di circolazione dei lavoratori e dei capitali. La norma, infatti, non influiva minimamente sulle procedure di evidenza pubblica per la scelta del contraente, in relazione alle quali erano tutelate le suddette liberta' fondamentali; non risultavano violati neanche i principi del legittimo affidamento e di certezza del diritto, considerato che i predetti - secondo costante giurisprudenza - dovevano essere interpretati nel senso che una modifica della normativa non poteva privare un soggetto, con effetto retroattivo, di un diritto dal medesimo acquisito sulla base della normativa precedente. In altre parole, la garanzia posava sul rispetto del principio di irretroattivita' delle norme giuridiche e giammai poteva essere intesa nel senso di limitare la potesta' sovrana parlamentare a legiferare per adattare l'assetto normativo al mutato contesto economico-sociale. La disposizione in esame non aveva effetti retroattivi e, pertanto, nessun contrasto era configurabile; non era possibile riscontrare alcuna violazione dei principi comunitari in materia di aggiudicazione degli appalti, atteso che la disposizione in esame era destinata ad operare esclusivamente con riferimento alla fase di esecuzione del contratto. Il principio di leale collaborazione, poi, era finalizzato a garantire la tutela giurisdizionale dei diritti spettanti ai singoli in forma delle norme di diritto comunitario. Tuttavia, nessuna limitazione sussisteva nel caso in esame alla tutela giurisdizionale; parimenti, non sussisteva alcun contrasto con la Costituzione, considerato che la Corte costituzionale, in analoga ipotesi, aveva gia' dichiarato inammissibili le questioni di legittimita' costituzionale relative agli artt. 70 e 97 Cost. ed aveva dichiarato non fondate quelle relative agli artt. 77, 117, commi 3 e 4, e 118 Cost., ritenendo legittime le disposizioni con cui era stato revocato il finanziamento ed il contratto di appalto della metropolitana di Parma, (sentenza n. 79 del 7/11 marzo 2011); il recesso esercitato dal Contraente Generale con la nota del 10 novembre 2012 ai sensi dell'art. 5.2 dell'Accordo era del tutto inefficace, in ragione della disciplina di cui all'art. 1 del D.L. n. 187/2012, che aveva sospeso gli effetti del contratto e degli accordi tra le parti, determinandone poi la caducazione; anche a prescindere dalla citata normativa, il recesso non poteva comunque dirsi validamente esercitato difettando i presupposti previsti dal medesimo Accordo, atteso che il termine di 540 giorni ivi previsto poteva decorrere solo dal momento in cui il progetto definitivo, nella sua completezza, poteva ritenersi consegnato e fosse suscettibile di essere approvato; ed infatti, l'art. 5.2 dell'Accordo subordinava l'esercizio del recesso alle seguenti condizioni: 1) mancata o ritardata approvazione del progetto definitivo dell'opera intera da parte del Cipe entro 540 giorni dalla consegna del progetto alla Stretto di Messina spa., ovvero mancata o ritardata approvazione del progetto esecutivo con conseguente mancato inizio dei lavori per cause non imputabili ad Eurolink; 2) effettuazione di un incontro tra le parti al fine di rivedere di comune accordo le condizioni contrattuali; 3) mancato accordo entro trenta giorni dalla richiesta avanzata dalla parte piu' diligente; sicche', non un qualsiasi ritardo nell'inizio dei lavori legittimava il recesso, ma solo quello avvenuto per cause non imputabili al Contraente Generale, in quanto il termine di 540 giorni era strettamente legato all'inerzia degli organi amministrativi; ogni diversa interpretazione del dettato contrattuale era palesemente irragionevole, legittimando la parte attrice a recedere (con conseguente diritto agli indennizzi) anche quando il mancato inizio dei lavori dovuto alla mancata approvazione del progetto definitivo fosse alla medesima imputabile; nel caso in esame non era assolutamente ravvisabile una inerzia delle Amministrazioni e, comunque, il fattore economico non era l'esclusiva ragione della stasi procedimentale, provocata piuttosto da rilevanti criticita' del progetto definitivo, mai risolte; ricorreva, inoltre, nel caso in esame l'istituto della presupposizione, che poteva configurarsi quando le parti avevano inteso stipulare un contratto subordinatamente all'esistenza di una situazione di fatto considerata presupposto imprescindibile della volonta' negoziale, la cui mancanza comportava la caducazione del contratto stesso, anche se il fatto presupposto non costituiva oggetto di specifica regolamentazione; di conseguenza, non poteva essere pretesa l'esecuzione di clausole contrattuali alle condizioni originarie qualora i contraenti avessero stipulato il negozio per il perseguimento di una finalita' da entrambi considerata, anche implicitamente, o comunque nota, ed in seguito la stessa non fosse piu' perseguibile in relazione a situazioni di fatto conosciute o verificatesi successivamente; era, pertanto, contrario a buona fede pretendere l'esecuzione del contratto, pur rendendosi conto delle mutate circostanze, atteso che l'opera era stata dichiarata "di prevalente interesse nazionale" anche e soprattutto alla luce dell'ampio progetto viario di matrice europea e tale circostanza era stata senz'altro tenuta in considerazione da entrambe le parti contraenti. Successivamente, la sfavorevole congiuntura economica e finanziaria internazionale e l'eliminazione del collegamento con la Sicilia dal Progetto europeo avevano portato ad una obbligatoria differente valutazione dell'interesse pubblico sotteso alla realizzazione dell'opera, non piu' rientrante tra le opere strategiche, essendo divenuto prioritario per lo Stato il dover fronteggiare la situazione di crisi; tale circostanza di fatto idonea ad influenzare la vicenda contrattuale emergeva dallo stesso incipit delle norme legislative e faceva venir meno la sostenibilita' economica dell'opera, presupposto essenziale ed indefettibile. Si costituiva in giudizio la societa' Stretto di Messina spa., la quale chiedeva il rigetto delle domande attoree, deducendo che: le domande proposte dalla Eurolink muovevano dai seguenti presupposti: quanto alla efficacia del recesso, il presupposto era che, alla data del 4 ottobre 2012, fossero effettivamente trascorsi i 540 giorni previsti dall'art. 5.2 dell'Accordo, essendo il relativo decorso completamente indipendente da qualunque circostanza attinente alla fase approvativa del progetto definitivo presentato; sulla base di tale presupposto, la parte attrice ipotizzava la non opponibilita' alla comunicazione di recesso degli effetti sospensivi derivanti dall'art. 1 del DL n. 187 del 2012 (poi art. 34-decies), sia in via principale, in quanto non ricompresa negli ambiti applicativi della norma, sia in via subordinata, in ragione della disapplicazione della norma in via diretta dal giudice, ovvero a seguito di pronuncia pregiudiziale della Corte di Giustizia CE, ovvero per effetto della dichiarazione di incostituzionalita'; quanto al risarcimento del danno derivante dalla decisione di non dare corso al contratto, la domanda si fondava su due presupposti: il disimpegno delle risorse pubbliche precedentemente impegnate per assistere il PEF Aggiornato aveva determinato, di fatto, l'irrealizzabilita' dell'Opera (cio' integrando un comportamento dannoso nei confronti della Eurolink); il DL 187/2012 e l'art. 34-decies erano stati assunti con lo scopo di introdurre ulteriori elementi di ostacolo alla realizzazione dell'Opera, atti a "coprire" la irrealizzabilita' della stessa per la mancanza delle risorse pubbliche precedentemente assegnate; le domande erano, pero', infondate, atteso che il citato art. 34-decies muoveva dalla oggettiva constatazione dell'esistenza di una situazione del tutto eccezionale che aveva colpito i "mercati finanziari internazionali" e che imponeva "a tutela della finanza pubblica, particolari esigenze di tutela della sostenibilita' del piano economico-finanziario" del Ponte, "anche in relazione alle modalita' di finanziamento previste". Infatti, sia il DL n. 78/2009, convertito nella Legge n. 122/2009, sia la Legge n. 191/2009, avevano impegnato lo Stato ad assicurare risorse pubbliche per circa 2.4 miliardi di euro per la realizzazione dell'opera e la Nuova Convenzione ed il PEF Aggiornato (entrambi approvati con la Legge n. 191/2009) prevedevano che le restanti risorse dovevano essere coperte da finanziamenti da reperire dalla Stretto di Messina spa. sui mercati nazionali ed internazionali, con obbligo del MIT di intervenire con contributi pubblici integrativi ove necessario; sussistendo tali impegni a carico della finanza pubblica, il legislatore - del tutto ragionevolmente - aveva valutato con preoccupazione le condizioni critiche dei mercati finanziari internazionali ed al fine di fronteggiare tale situazione del tutto particolare, l'art. 34-decies aveva introdotto una modifica alla procedura approvativa del progetto definitivo rispetto a quanto indicato per le altre infrastrutture strategiche, prevedendo: a) una prima fase approvativa in linea tecnica del Progetto Definitivo e dei possibili piani economici finanziari; b) ultimata tale fase, la Stretto di Messina spa. doveva avviare "le necessarie iniziative per la selezione delle migliori offerte di finanziamento dell'infrastruttura con capitali privati" senza assumere impegni vincolanti. Tale attivita' doveva concludersi entro 540 giorni dall'approvazione e, in caso negativo, la norma prevedeva la caducazione sia del contratto, sia della concessione, stante la riscontrata non realizzabilita' dell'Opera sotto il profilo finanziario; c) entro il medesimo termine di 540 giorni, il CIPE doveva approvare in via definitiva il Progetto Definitivo, con effetti caducatori in caso di mancata approvazione; sin dall'inizio, dunque, il Ponte era stato assoggettato a procedure approvative e ad un regime economico-finanziario assi peculiari, in considerazione del carattere eccezionale dell'opera e della entita' dei mezzi finanziari occorrenti per la sua realizzazione e, pertanto le modifiche introdotte dall'art. 34-decies si collocavano in tale regime di specialita', pienamente giustificate dalle contingenze dei mercati finanziari; peraltro, il comma 3 dell'art. 34-decies aveva determinato l'indennizzo da riconoscere al contraente generale per tutti i casi di caducazione del contratto previsti dalla norma stessa: indennizzo sostanzialmente equivalente a quello gia' previsto all'art. 44.4 del contratto per il caso di mancata stipulazione, da parte della Stretto di Messina spa., dei contratti diretti all'acquisizione dei mezzi finanziari occorrenti per la realizzazione dell'Opera (pari al pagamento delle prestazioni progettuali contrattualmente previste ed eseguite ed una ulteriore somma pari al 10% di tale importo); sicche', contrariamente a quanto sostenuto dalla parte attrice, la norma non aveva come oggetto diretto la modifica coattiva della disciplina contrattuale in essere tra la Stretto di Messina spa. ed il Contraente Generale, bensi' la modifica del procedimento amministrativo di approvazione del Progetto definitivo del Ponte; tale modifica procedurale trovava la propria giustificazione in "motivi imperiosi di interesse pubblico" e le modifiche contrattuali da recepire in un Atto aggiuntivo lasciato alla negoziazione delle Parti da espletare in buona fede e non imposte autoritativamente costituivano le necessarie conseguenze delle suddette modifiche procedurali; il recesso comunicato dalla Eurolink non era legittimo, atteso che: l'art. 34-decies comma 4 disponeva la sospensione di tutti gli effetti dei contratti, con conseguente impossibilita' per le parti di esercitare a nessun titolo i diritti nascenti dallo stesso. Tale interpretazione era conforme alla lettera della norma ed alla sua ratio, volta ad adeguare il contratto al mutato quadro complessivo; in ogni caso, l'estinzione del rapporto contrattuale - a far data dal 2 novembre 2012 e cioe' in data antecedente l'esercizio del recesso avvenuto in data 10 novembre 2012 - impediva proprio al recesso di produrre qualsivoglia effetto; l'art. 1 del DL 187/2012 e successivamente l'art. 34-decies della Legge di conversione n. 221/2012 erano conformi alla Costituzione ed alla normativa comunitaria. In particolare, i diritti fondamentali sanciti dal TFUE (evocati dalla parte attrice in modo improprio e generico) non precludevano agli Stati membri di modificare le procedure amministrative interne, al fine di renderle maggiormente coerenti con le mutate esigenze pubbliche. In ogni caso, sussistevano le quattro condizioni necessarie per la Corte di Giustizia CE per ritenere legittima la limitazione dei diritti stessi e cioe': l'applicazione non discriminatoria; la sussistenza di motivi imperiosi di interesse pubblico; la idoneita' a garantire il perseguimento dello scopo previsto; la limitazione a quanto necessario per il raggiungimento dello scopo previsto; neppure poteva dubitarsi della conformita' delle norme suddette alla Costituzione, considerato che la Corte Costituzionale aveva piu' volte affermato che non era interdetto al legislatore di emanare disposizioni tali da modificare in senso sfavorevole per i beneficiari la disciplina di rapporti di durata, pur vertendosi in tema di diritti soggettivi perfetti, a condizione che tali disposizioni non trasmodassero in un regolamento irrazionale, frustrando, con riguardo a situazioni sostanziali fondate sulle leggi precedenti, l'affidamento dei cittadini nella sicurezza giuridica; nel caso in esame, la norma non era frutto di una decisione improvvisa ed arbitraria del legislatore, ma si inseriva in un contesto normativo di specificita' proprio dell'Opera, in considerazione della sua enorme rilevanza economica e finanziaria e tenuto conto che la oggettiva situazione di criticita' dei mercati finanziari avrebbe potuto arrecare imprevedibili effetti negativi alla finanza pubblica, bene primario alla cui tutela lo Stato doveva provvedere con ogni necessaria modalita'; peraltro, il recesso dichiarato dalla Eurolink con la nota del 4 ottobre 2012 era comunque illegittimo, non essendo ancora maturate le condizioni previste dall'art. 5.2 dell'Accordo, considerato che il decorso del termine ivi previsto poteva essere evocato dal Contraente Generale solo qualora la mancata approvazione del CIPE non fosse "in alcun modo riconducibile a fatto del Contraente Generale"; nel caso in esame, invece, il ritardo nella approvazione del Progetto Definitivo era imputabile a fatto della stessa Eurolink, costituito dalle riscontrate carenze documentali relative ai profili ambientali del Progetto Definitivo; in particolare, la imputabilita' alla Eurolink della mancata approvazione del CIPE nel termine previsto dall'art. 5.2 dell'Accordo non poteva essere contestata, essendo attestata dalle richieste di integrazione formulate dalla CVTA, dalla ripubblicazione di tali integrazioni e, soprattutto, dal parere negativo espresso dal MATTM nel marzo 2013, che aveva definitivamente accertato la impossibilita' di approvazione del Progetto Definitivo; ne', del resto, la Eurolink aveva dato prova di non essersi resa responsabile della mancata approvazione del Progetto Definitivo da parte del CIPE nel tempo previsto; anzi, Eurolink era altresi' responsabile della mancata conclusione dell'Atto aggiuntivo previsto dall'art. 34-decies, atteso che la predetta - dopo aver dato corso alla negoziazione dei contenuti dell'atto - si era poi rifiutata di sottoscriverlo con motivazioni pretestuose e contrarie al canone di buona fede. In particolare, la Eurolink aveva posto come pregiudiziale per lo svolgimento delle trattative la salvaguardia del recesso esercitato. Tuttavia, tale recesso era stato esercitato su un rapporto inefficace e, non essendo esercitabile, era palesemente frutto di una condotta abusiva, con violazione del comma 4 dell'art. 34-decies (secondo cui le parti dovevano improntare il loro comportamento secondo i principi della buona fede); con tale comportamento abusivo, la Eurolink aveva cagionato un enorme sacrificio alla Stretto di Messina spa., la quale aveva perduto la Nuova Convenzione, la Concessione e la ragione della sua stessa sussistenza: danno di cui dovevano rispondere non solo la Eurolink ma anche i suoi soci ai sensi dell'art. 176 comma 10 del decreto legislativo 163/2006, ovvero ai sensi dell'art. 2043 c.c.; il danno subito dalla Stretto di Messina spa. era relativo alle conseguenze economiche derivanti dalla perdita di chance subita per effetto della caducazione della concessione; ai costi sostenuti per la realizzazione dell'oggetto della concessione, comprensivi degli studi, della Progettazione Preliminare e dello stesso Progetto Definitivo nonche' degli indennizzi dovuti dalla Stretto di Messina spa. in relazione all'opera: cio' in ragione anche dell'affidamento ingenerato in ordine alla conclusione dell'atto aggiuntivo ed alla conservazione del rapporto e della concessione stessa; qualora, poi, l'art. 34-decies fosse stato disapplicato ovvero dichiarato incostituzionale o comunque annullato, il contratto doveva intendersi risolto in ragione dell'inadempimento della Eurolink con riguardo alla mancata approvazione del Progetto Definitivo da parte del CIPE nel termine indicato all'art. 5.2 dell'Accordo, con conseguente risarcimento dei danni in favore della Stretto di Messina spa. Premesso cio', la convenuta Stretto di Messina spa. chiedeva in via preliminare di essere autorizzata alla chiamata in causa impropria del Ministero delle Infrastrutture e della Presidenza del Consiglio dei Ministri (gia' convenuti), nonche' alla chiamata in causa delle societa' Sacyr S.A.; Societa' italiana per Condotte d'Acqua spa.; Cooperativa Muratori & Cementisti - C.M.C. di Ravenna soc.coop. a r.l.; Ishikawajima - Harima Heavy Industries Co. Ltd.; Argo Costruzioni Infrastrutture scpa. Consorzio stabile. Nel merito, poi, chiedeva: "2) in via principale, dichiarare inammissibili e/o comunque rigettare, per le ragioni esposte nelle premesse, tutte le domande proposte da Eurolink S.C.p.A. e Impregilo S.p.A., in proprio e quale mandataria dell'ATI nei confronti di Stretto di Messina S.p.A. in liquidazione, per la loro manifesta infondatezza, ivi incluse quella relativa alla disapplicazione o incostituzionalita' delle norme di cui al D.L. 187/2012, come sostituita dall'art. 34-decies D.L. 179/2012, inserito in sede di conversione nella L. 221/2012; 3) anche in via riconvenzionale, accertata l'applicazione del D.L. 187/2012, come sostituita dall'art. 34-decies D.L. 179/2012, inserito in sede di conversione nella L. 221/2012 e accertata la responsabilita' contrattuale e/o extracontrattuale di Eurolink S.c.p.A. per le ragioni esposte nelle premesse, condannare la stessa Eurolink S.c.p.A., in solido con Impregilo S.p.A., Sacyr S.A.; Societa' italiana per Condotte d'Acqua spa.; Cooperativa Muratori & Cementisti - C.M.C. di Ravenna soc.coop. a r.l.; Ishikawajima - Harima Heavy Industries Co. Ltd.; Argo Costruzioni Infrastrutture scpa. Consorzio stabile (societa' solidalmente responsabili ex art. 176, comma 10 decreto legislativo 12/04/2006 n. 163), al risarcimento di tutti i danni sofferti da Stretto di Messina S.p.A. in liquidazione nella misura che sara' determinata nel corso del giudizio, anche occorrendo in via equitativa, pure con riferimento alla perdita di chance per la mancata realizzazione dell'opera e con riguardo al pregiudizio all'immagine ed alla reputazione professionale sofferti da Stretto di Messina S.p.A. in liquidazione; 4) in via subordinata, nella denegata ipotesi in cui fosse accolta, anche parzialmente, la domanda di parte attrice con riguardo alla validita' ed efficacia del recesso: (i) accertare il diritto di Stretto di Messina S.p.A. in liquidazione ad essere integralmente tenuta indenne e manlevata dal Ministero delle Infrastrutture e dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e, per l'effetto, condannare il Ministero delle Infrastrutture e la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in solido tra loro o ciascuno per quanto di rispettiva ragione, a rifondere tutto quanto (ivi incluse le spese legali), in tesi, Stretto di Messina S.p.A. in liquidazione sara' eventualmente condannata a riconoscere a parte attrice; (ii) accertare il diritto di Stretto di Messina S.p.A. in liquidazione nei confronti del Ministero delle Infrastrutture e della Presidenza del Consiglio dei Ministri ad essere ristorata delle conseguenze ulteriori derivanti dal decorso del termine di 540 giorni; 5) sempre in via subordinata, nella denegata ipotesi in cui fosse accolta, anche parzialmente, la domanda di parte attrice di risoluzione per inadempimento: (i) accertare il diritto di Stretto di Messina S.p.A: in liquidazione ad essere integralmente tenuta indenne e manlevata dal Ministero delle Infrastrutture e dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e, per l'effetto, condannare il Ministero delle Infrastrutture e la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in solido tra loro o ciascuno per quanto di rispettiva ragione, a rifondere tutto quanto (ivi incluse le spese legali), in tesi, Stretto di Messina S.p.A. in liquidazione sara' eventualmente condannata a riconoscere a parte attrice; (ii) accertare il diritto di Stretto di Messina S.p.A. in liquidazione nei confronti del Ministero delle Infrastrutture e della Presidenza del Consiglio dei Ministri ad essere ristorata delle conseguenze ulteriori derivanti dal decorso del termine di 540 giorni; 6) sempre in via subordinata, nella denegata ipotesi di accoglimento della domanda di parte attrice avente ad oggetto l'impossibilita' da parte di Stretto di Messina S.p.A. in liquidazione di concordare la revisione del contratto per la mancanza delle risorse finanziarie imputabile alla parte pubblica: (i) accertare il diritto di Stretto di Messina S.p.A: in liquidazione ad essere integralmente tenuta indenne e manlevata dal Ministero delle Infrastrutture e dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e, per l'effetto, condannare il Ministero delle Infrastrutture e la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in solido tra loro o ciascuno per quanto di rispettiva ragione, a rifondere tutto quanto (ivi incluse le spese legali), in tesi, Stretto di Messina S.p.A. in liquidazione sara' eventualmente condannata a riconoscere a parte attrice; (ii) accertare il diritto di Stretto di Messina S.p.A. in liquidazione nei confronti del Ministero delle Infrastrutture e della Presidenza del Consiglio dei Ministri ad essere ristorata delle conseguenze ulteriori derivanti dall'avvenuta mancanza delle risorse finanziarie; 7) sempre in via subordinata, accertare il diritto di Stretto di Messina S.p.A. in liquidazione a vedersi riconosciuto dal Ministero delle Infrastrutture e dalla Presidenza del Consiglio l'indennizzo costituito dal pagamento delle prestazioni progettuali eseguite, nonche' l'ulteriore somma pari al 10%, a norma dell'art. 34-decies comma 3 D.L. 187/2012; 8) ancora in via subordinata, nella denegata ipotesi in cui l'art. 34-decies D.L. 187/2012 dovesse essere disapplicato ovvero dichiarato incostituzionale o comunque annullato o dichiarato privo di effetti, risolvere per inadempimento di Eurolink S.c.p.A. il contratto in data 27/3/2006 e successivi accordi ed atti aggiuntivi avente ad oggetto l'esecuzione del Ponte sullo Stretto di Messine e, per l'effetto, condannare la stessa Eurolink S.c.p.A., in solido con Impregilo S.p.A., Sacyr S.A.; Societa' italiana per Condotte d'Acqua spa.; Cooperativa Muratori & Cementisti - C.M.C. di Ravenna soc.coop. a r.l.; Ishikawajima - Harima Heavy Industries Co. Ltd.; Argo Costruzioni Infrastrutture scpa. Consorzio stabile, al risarcimento di tutti i danni sofferti da Stretto di Messina S.p.A. in liquidazione nella misura: (i) che sara' determinata nel corso del giudizio, a titolo di danno emergente e lucro cessante; (ii) che sara' determinata anche in via equitativa da codesto Ecc.mo Tribunale con riguardo al pregiudizio all'immagine ed alla reputazione professionale sofferti da Stretto di Messina S.p.A. in liquidazione". Autorizzata la chiamata in causa richiesta dalla Stretto di Messina spa., si costituivano in giudizio le societa' Sacyr S.A.; Societa' italiana per Condotte d'Acqua spa.; Cooperativa Muratori & Cementisti - C.M.C. di Ravenna soc.coop. a r.l.; IHI Corporation (gia' Ishikawajima - Harima Heavy Industries Co. Ltd.); Argo Costruzioni Infrastrutture scpa. Consorzio stabile, le quali svolgevano difese analoghe alla parte attrice, richiamando espressamente le deduzioni contenute nell'atto di citazione. In particolare, deducevano che: il D.L. 187/2012 aveva coattivamente modificato la disciplina contrattuale rimessa alla libera autonomia delle parti, in modo da espropriare indebitamente la parte privata dei propri diritti e da evitare il pagamento di quanto dovuto convenzionalmente; le procedure approvative del Progetto del Ponte sullo Stretto non erano peculiari, ma erano quelle di legge, recate dal decreto legislativo 190/2002 e trasfuse nel decreto legislativo 163/2006; la disposizione dell'art. 5.2 dell'Accordo era chiara, ancorando il diritto di recesso al semplice e vano decorso del termine di 540 giorni dalla consegna del progetto definitivo senza che fosse intervenuto un provvedimento del CIPE; il termine di 540 giorni era stato fissato dalle parti come comprensivo di tutti i maggiori tempi che, fisiologicamente, una istruttoria avente ad oggetto un'opera di tale complessita' avrebbe comportato per le integrazioni ed i chiarimenti documentali; ne' del resto tali richieste di chiarimenti potevano presupporre un inadempimento da parte del contraente privato, tenuto conto che il Progetto Definitivo in questione era stato approvato dal CdA della Stretto di Messina spa., previo parere positivo all'unanimita' del Comitato scientifico ed emissione del Rapporto Finale delle attivita' di verifica e controllo del Progetto Definitivo da parte del PMC Parsons e del Rapporto Finale di Validazione del Progetto Definitivo da parte dell'organismo di Controllo Tecnico di terza parte RINA Check srl.; erano infondate le domande riconvenzionali proposte dalla Stretto di Messina spa., atteso che la Eurolink era stata sempre disponibile alla stipulazione dell'atto aggiuntivo e non v'era stato alcun abuso del diritto, mentre i danni lamentati erano insussistenti; peraltro, le societa' esponenti - in relazione alla loro specifica posizione di partecipanti alla originaria ATI e poi quali soci della Eurolink - avevano sopportato notevoli costi ed oneri in vista dell'esecuzione del contratto, dei quali avevano diritto ad essere rimborsate, oltre al risarcimento dei danni derivanti dalla mancata realizzazione del Ponte sullo Stretto. Premesso cio', le societa' chiamate in causa chiedevano rigettarsi le domande proposte dalla Stretto di Messina spa. nei loro confronti e, in accoglimento dell'atto di citazione, condannare Stretto di Messina spa. in liquidazione, il Ministero delle Infrastrutture e la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in solido tra loro o ciascuna per quanto di ragione, all'integrale ristoro di tutti gli oneri e risarcimento dei danni. In via riconvenzionale, poi, chiedevano condannarsi i predetti convenuti all'integrale ristoro degli ulteriori costi, oneri e danni sofferti dai comparenti, come indicati nella comparsa di costituzione, oltre interessi e rivalutazione monetaria. Con separato atto di citazione, la Parsons Transportation Group Inc. (societa' di diritto statunitense) conveniva in giudizio la Stretto di Messina spa. in liquidazione, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e la Presidenza del Consiglio dei Ministri, ripercorrendo tutte le vicende relative al progetto di realizzazione di un collegamento stabile viario e ferroviario tra la Sicilia e la Calabria e deducendo di aver ottenuto l'affidamento da parte della Stretto di Messina dell'appalto di Project Management Consulting relativo alla progettazione definitiva ed esecutiva ed alla realizzazione dell'opera suddetta e di aver stipulato il relativo contratto in data 16 gennaio 2006. In particolare, deduceva che: il contratto di Project Management aveva ad oggetto un appalto di servizi relativo alla assistenza tecnica, amministrativa, gestionale ed ambientale da parte della Parsons in favore della Stretto di Messina spa. in tutte le fasi di progettazione, realizzazione e collaudo dell'opera relativa alla costruzione del Ponte sullo Stretto di Messina; si trattava di prestazioni complesse di alta specializzazione, che la Parsons avrebbe realizzato con parte della sua struttura professionale di base negli Stati Uniti e con una articolata organizzazione messa in campo in Italia; nel bando di gara, il valore complessivo delle prestazioni contrattuali era stato stimato nella somma di € 150.000.000,00, che tuttavia doveva essere aggiornata ad € 225.260.589,90, di cui € 200.849.502,90 rappresentava il valore delle prestazioni ancora da eseguire; la Parsons aveva, pertanto, diritto al reintegro di tutte le spese sostenute in esecuzione del rapporto contrattuale, nonche' al corrispettivo ancora dovuto ed al risarcimento di tutti i danni subiti per effetto della totale perdita dell'investimento effettuato in Italia; infatti, la perdita della possibilita' di eseguire le prestazioni di cui al contratto di Project Management e di conseguire l'utile da esso derivante era imputabile alla condotta della parte pubblica, intendendosi per tale parte sia lo Stato italiano (rappresentato dalla Presidenza del Consiglio e dal Ministero), sia la committente concessionaria Stretto di Messina spa.; in particolare, Stretto di Messina spa. era un organo dello Stato in quanto era soggetto al controllo totalitario ed alla direzione di quest'ultimo (ai sensi dell'art. 28 dello Statuto si riconosceva che lo Stato italiano deteneva il controllo della societa' ai sensi dell'art. 2359, comma 1, n.1 c.c. e, peraltro, lo Stato italiano era stato l'unico finanziatore dell'opera); in ogni caso, quand'anche fosse stata ritenuta sussistente una distinta soggettivita', la Presidenza del Consiglio ed il Ministero erano tenuti a rispondere a titolo di responsabilita' aquiliana, per non aver adeguatamente vigilato sulla corretta esecuzione delle obbligazioni contrattuali da parte della Stretto di Messina spa. e per aver di fatto impedito la prosecuzione della realizzazione dell'Opera; il Giudice italiano, quindi, era tenuto a disapplicare le disposizioni del DL 187/2012, come poi sostituite dall'art. 34-decies della legge di conversione n. 221/2012, attesa la contrarieta' delle stesse al diritto dell'Unione Europea, avendo lo Stato italiano illegittimamente espropriato i diritti contrattuali acquisiti dalla Parsons al momento dell'affidamento dell'appalto per i servizi di Project Management; in particolare, si aveva espropriazione indiretta quando - pur in assenza di una formale privazione di un diritto - un soggetto veniva di fatto privato del godimento o del valore sostanziale del proprio diritto; le continue interferenze dello Stato italiano avevano causato uno stravolgimento del complessivo equilibrio contrattuale con incredibile aggravio di costi ed oneri rispetto agli impegni originariamente assunti; il DL. 187/2012 aveva dapprima sospeso i contratti conclusi con i soggetti affidatari, con il diniego del diritto a qualsivoglia indennizzo (privando la Parsons dell'importo di € 635.084,00 dovuto per i costi sostenuti successivamente al 2 novembre 2012); poi aveva fissato per la stipulazione di un atto aggiuntivo un termine perentorio (1 marzo 2013) troppo breve per la complessita' degli interessi coinvolti; infine, aveva riconosciuto un indennizzo costituito dal pagamento delle prestazioni progettuali contrattualmente previste e direttamente eseguite e del pagamento di una ulteriore somma pari al 10 per cento dell'importo predetto, cio' rappresentando un indennizzo irrisorio rispetto a quello previsto dalle vigenti norme di legge in caso di recesso ad nutum da parte della pubblica amministrazione committente (cfr. art. 134 D.Lgs. 163/2006); con l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona, l'Unione Europea aveva acquisito una competenza esclusiva in materia di investimenti esteri e la Commissione aveva riconosciuto il principio di non discriminazione, il principio di equo trattamento dell'investimento, il divieto di espropriazioni senza equo indennizzo, il divieto di misure espropriative o regolatorie in pregiudizio del diritto di stabilimento, della libera circolazione dei servizi e dei capitali, della necessita' di realizzare un ambiente aperto agli investimenti; in particolare, erano state violate le seguenti norme del Trattato UE: art. 63: la caducazione dei contratti e la modifica dell'importo riconosciuto a titolo di indennizzo aveva indebitamente ristretto la liberta' di movimento dei capitali, traducendosi nella esclusione della possibilita' di percepire un utile a fronte dell'investimento eseguito; art. 4: violazione del principio del legittimo affidamento e della leale cooperazione, in quanto era stata pregiudicata la legittima aspettativa dei contraenti privati di dare esecuzione ai rispettivi contratti; art. 17 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea: che vietava la privazione della proprieta' se non per motivi di pubblico interesse previo pagamento di "una giusta indennita'"; art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea: che riconosceva il diritto di accesso alla giustizia e ad un ricorso effettivo; le regole dell'Unione europea in materia di aggiudicazione di appalti pubblici in relazione agli artt. 49 e 56 TFUE (diritto di stabilimento, libera circolazione dei servizi); in caso di mancata disapplicazione, la questione andava sottoposta alla Corte di Giustizia UE ex art. 267 TFUE ovvero rimessa alla Corte costituzionale; in particolare, il citato art. 34-decies confliggeva con gli obblighi pattizi assunti dall'Italia nei confronti degli Stati Uniti con il Trattato di amicizia, in base al quale l'Italia si era impegnata a prendere atto e riconoscere il diritto delle societa' statunitensi di esercitare attivita' di impresa secondo la legge italiana (art. 1); a non espropriare i diritti delle societa' statunitensi senza giusto un giusto ed equo indennizzo (art. 5); a prendere atto e riconoscere alle persone giuridiche straniere un trattamento giusto ed equo, anche con riferimento alle relazioni contrattuali in corso (art. 18, comma 2); a non ostacolare l'accesso al mercato italiano da parte delle persone giuridiche statunitensi (art. 18, comma 3); a non adottare misure arbitrarie o discriminatorie tali da impedire alle societa' statunitensi l'esercizio delle proprie attivita' di impresa (art. 1 del protocollo integrativo); risultava violato l'art. 117 della Costituzione, in base al quale la potesta' legislativa era esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonche' dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali; l'art. 34-decies violava, altresi', anche la Convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, che tutelava il diritto di proprieta', il diritto di accesso alla giustizia e ad un ricorso effettivo e doveva, pertanto, essere annullato dalla Corte costituzionale; in conclusione, l'art. 34-decies era illegittimo in quanto violava gli artt. 3, 10, 24, 41, 42, 43, 97, 113 e 117 della Costituzione per il carattere discriminatorio (perche' pregiudicava individuali investitori); per la violazione di rilevanti norme di diritto internazionale consuetudinario e pattizio; per la violazione del diritto di proprieta' e di libera iniziativa economica di privati investitori; per la violazione del principio di buon andamento ed imparzialita' della Pubblica amministrazione; in ogni caso, il contratto doveva considerarsi risolto per grave inadempimento della Parte pubblica, la quale aveva violato il principio di buona fede nella esecuzione del contratto omettendo di stipulare l'atto aggiuntivo di cui all'art. 34-decies, cio' rappresentando solo il prevedibile esito della condotta finalizzata ad esimersi dall'adempimento delle proprie obbligazioni contrattuali, mediante le sottrazione delle risorse necessarie per l'esecuzione del progetto e la successiva eliminazione, per via normativa, delle possibili conseguenze restitutorie, risarcitorie o indennitarie del proprio inadempimento; la parte pubblica si era voluta sottrarre all'obbligo di dare esecuzione al contratto d'opera ed ai contratti ad esso collegati, nonche' alle conseguenze derivanti dalla legge e dal contratto in caso di recesso ad nutum, cosi' come previste dall'art. 134 decreto legislativo 163/2006 e dall'art. 1671 c.c.; peraltro, la circostanza che - ai sensi dell'art. 25 del contratto e dell'art. 7 della Intesa PMC -il soggetto aggiudicatore avrebbe contrattualmente potuto recedere dal contratto a suo insindacabile giudizio non sottraeva la Parte pubblica alla responsabilita' derivante dall'aver ispirato la propria condotta alla finalita' abusiva di espropriare i soggetti affidatari dei diritti contrattualmente acquisiti; lo Stato italiano aveva emanato atti normativi, in spregio del dovere di buona fede e trasparenza, al solo fine di sottrarre i propri organismi dalle obbligazioni derivanti dal contratto e di espropriare i privati (quali Parsons) del proprio investimento; da tale inadempimento derivava il diritto della Parsons alla restituzione delle spese sostenute e di tutto quanto dovuto a titolo di corrispettivo, nonche' al risarcimento del danno emergente e del lucro cessante; in subordine, la Parsons aveva diritto all'indennizzo originariamente pattuito ai sensi dell'art. 25 del contratto, pur cio' non escludendo altresi' il diritto al risarcimento degli ulteriori danni subiti. Premesso cio', la Parsons Transportation Group Inc. chiedeva: In via principale, previa disapplicazione, nella misura ritenuta necessaria, delle disposizioni di cui al Decreto Legge 2 novembre 2012, n. 187 come sostituito dall'art. 34-decies del DL 18 ottobre 2012 n. 179, inserito in sede di conversione nella Legge 17 dicembre 2012 n. 221, ovvero previa sottoposizione di domanda di pronuncia pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell'Unione europea ai sensi dell'art. 267 TFUE ovvero previa sottoposizione di questione di legittimita' costituzionale ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87 per violazione degli artt. 3, 10, 24, 41, 42, 43, 97, 113 e 117 della Costituzione per i motivi di cui in narrativa, accertare e dichiarare la risoluzione del Contratto, dell'Intesa PMC e dei successivi Atti Integrativi PMC per fatto e colpa di Stretto di Messina s.p.a. in liquidazione, del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e della Presidenza del Consiglio dei Ministri, in solido tra loro o ciascuno per quanto di ragione, per i motivi di cui in narrativa e/o accertare e dichiarare la responsabilita' extracontrattuale del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e/o della Presidenza del Consiglio dei Ministri per i motivi di cui in narrativa; e per l'effetto condannare Stretto di Messina s.p.a. in liquidazione, del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e della Presidenza del Consiglio dei Ministri, in solido tra loro o ciascuno per quanto di ragione, a ristorare Parsons di tutti i costi sostenuti o da sostenere, dei corrispettivi ancora dovuti e di tutti i danni sofferti nella misura quantificata in atto di citazione, ovvero nella diversa somma ritenuta di giustizia. In via subordinata, previa disapplicazione, nella misura ritenuta necessaria, delle disposizioni di cui al Decreto Legge 2 novembre 2012, n. 187 come sostituito dall'art. 34-decies del DL 18 ottobre 2012 n. 179, inserito in sede di conversione nella Legge 17 dicembre 2012 n. 221, ovvero previa sottoposizione di domanda di pronuncia pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell'Unione europea ai sensi dell'art. 267 TFUE ovvero previa sottoposizione di questione di legittimita' costituzionale ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87 per violazione degli artt. 3, 10, 24, 41, 42, 43, 97, 113 e 117 della Costituzione per i motivi di cui in narrativa: A) accertare e dichiarare il recesso esercitato da Stretto di Messina s.p.a. in data 2 marzo 2013 e per l'effetto condannare Stretto di Messina s.p.a. in liquidazione, del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e della Presidenza del Consiglio dei Ministri, in solido tra loro o ciascuno per quanto di ragione (anche a titolo di responsabilita' extracontrattuale con riferimento al delle Infrastrutture e dei Trasporti e della Presidenza del Consiglio dei Ministri), all'integrale ristoro in favore di Parsons di tutti i compensi, indennizzi, costi ed oneri ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 1671 c.c., cosi' come quantificati in citazione; B) accertare e dichiarare la responsabilita' contrattuale e/o extracontrattuale di Stretto di Messina s.p.a. in liquidazione, del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e della Presidenza del Consiglio dei Ministri, in solido tra loro o ciascuno per quanto di ragione e, per l'effetto, condannare i predetti al risarcimento di tutti i danni sofferti, cosi' come quantificati in citazione o da quantificarsi, ove occorre, anche in via equitativa ai sensi dell'art. 1226 c.c.; C) accertato e dichiarato che la risoluzione dei contratti di subappalto conclusi da Parsons con Bonifica Italia s.r.l., Rina Check s.r.l. e Tecnic s.p.a. e' imputabile a fatto e colpa di Stretto di Messina s.p.a. in liquidazione, del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e della Presidenza del Consiglio dei Ministri, in solido tra loro o ciascuno per quanto di ragione, condannare i predetti a corrispondere a Parsons i corrispettivi ed i risarcimenti dalla stessa dovuti in favore dei subappaltatori; In via subordinata, previa disapplicazione, nella misura ritenuta necessaria, delle disposizioni di cui al Decreto Legge 2 novembre 2012, n. 187 come sostituito dall'art. 34-decies del DL 18 ottobre 2012 n. 179, inserito in sede di conversione nella Legge 17 dicembre 2012 n. 221, ovvero previa sottoposizione di domanda di pronuncia pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell'Unione europea ai sensi dell'art. 267 TFUE ovvero previa sottoposizione di questione di legittimita' costituzionale ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87 per violazione degli artt. 3, 10, 24, 41, 42, 43, 97, 113 e 117 della Costituzione per i motivi di cui in narrativa: accertato e dichiarato il recesso esercitato da Stretto di Messina s.p.a. in data 2 marzo 2013 e accertata e dichiarata la risoluzione della Intesa PMC, condannare Stretto di Messina s.p.a. in liquidazione, del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e della Presidenza del Consiglio dei Ministri, in solido tra loro o ciascuno per quanto di ragione (anche a titolo di responsabilita' extracontrattuale con riferimento al delle Infrastrutture e dei Trasporti e della Presidenza del Consiglio dei Ministri), all'integrale ristoro in favore di Parsons di tutti i compensi, indennizzi, costi ed oneri previsti dall'art. 25.4 del Contratto ovvero in subordine previsti dall'art. 7 della Intesa PMC, oltre al risarcimento del danno, cosi' come quantificati in citazione; In estremo subordine, accertare e dichiarare la risoluzione del Contratto, dell'Intesa PMC e dei successivi Atti Integrativi PMC ai sensi e per gli effetti dell'art. 34-decies della Legge 221/2012 e condannare Stretto di Messina s.p.a. in liquidazione, del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e della Presidenza del Consiglio dei Ministri, in solido tra loro o ciascuno per quanto di ragione (anche a titolo di responsabilita' extracontrattuale con riferimento al delle Infrastrutture e dei Trasporti e della Presidenza del Consiglio dei Ministri), al pagamento delle somme previste dal citato art. 34-decies, oltre al risarcimento del danno. In ogni caso Condannare Stretto di Messina s.p.a. in liquidazione alla restituzione della garanzia cauzionale rilasciata da Parsons ai sensi dell'art. 18 del Contratto e successivi aggiornamenti, nonche' alla rifusione dei costi ed oneri fino alla data dell'effettiva liberazione, interessi, rivalutazione e Iva. Anche in tale giudizio si costituivano la societa' Stretto di Messina spa., nonche' la Presidenza del Consiglio dei Ministri ed il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, svolgendo difese analoghe a quelle gia' svolte nel giudizio instaurato dalle societa' Eurolink ed Impregilo, e chiedendo il rigetto delle domande attoree. Con particolare riferimento alle domande della Parsons, Stretto di Messina s.p.a. deduceva che: la domanda di risoluzione del contratto di PMC risultava assorbita dalle domande di risoluzione del contratto di affidamento a Contraente generale (cui il contratto stipulato dalla Parsons era geneticamente e giuridicamente collegato), proposte reciprocamente dalle parti contraenti Eurolink e Stretto di Messina s.p.a.; non era possibile configurare una "parte pubblica" tra Stretto di Messina e lo Stato, essendo soggetti diversi ed era inammissibile applicare il concetto della buona fede ad atti legislativi; sin dall'inizio, il Ponte era stato assoggettato a procedure approvative e ad un regime economico-finanziario assai peculiari in considerazione del carattere eccezionale dell'opera e della entita' dei mezzi finanziari occorrenti per la sua realizzazione da reperire sul mercato (art. 2, comma 7 decreto legislativo 14/2003) e, di conseguenza, le modifiche introdotte dall'art. 34-decies si erano collegate in tale regime di specialita' ed erano pienamente giustificate dalle specifiche contingenze dei mercati finanziari; la mancata sottoscrizione dell'Atto aggiuntivo aveva determinato la caducazione del contratto CG, del contratto PMC e della concessione, con il conseguente riconoscimento di un indennizzo da riconoscere a tutti i contraenti di Stretto di Messina; quanto a Parsons, la misura di tale indennizzo era del tutto ragionevole ed adeguata, atteso che le attivita' eseguite dal PMC erano gia' state interamente compensate a prezzi pieni di contratto e che nessuna ulteriore prestazione era stata resa; sicche', la disposizione in questione non aveva come oggetto diretto la modifica coattiva della disciplina contrattuale o un esproprio dei diritti contrattuali in essere, ma solo la modifica del procedimento amministrativo di approvazione del Progetto definitivo del Ponte; tale modifica procedurale trovava la propria giustificazione in motivi imperiosi di interesse pubblico, costituiti dalla necessita' di verificare se, in una situazione del tutto eccezionale dei mercati finanziari, vi erano effettivamente le condizioni di sostenibilita' del piano economico finanziario del Ponte, senza determinare pericoli per la finanza pubblica; le modifiche contrattuali da recepire in un Atto aggiuntivo lasciato alla negoziazione del Contraente generale e di Stretto di Messina spa. da espletare in buona fede e non imposte autoritativamente erano necessarie in quanto la disciplina contrattuale si basava su presupposti non piu' attuali; pertanto, l'art. 34-decies era pienamente conforme alla normativa comunitaria e costituzionale, atteso che: a) le norme del Trattato UE erano rivendicabili solo da soggetti ed operatori economici degli Stati aderenti all'Unione Europea, mentre Parsons era un soggetto statunitense e la presenza di una sede secondaria in Italia non ne modificava la connotazione di soggetto extra UE; b) in ogni caso, il contratto PMC non aveva la natura di investimento internazionale essendo un contratto di servizi di ingegneria di particolare rilievo; c) non vi era stata alcuna espropriazione indiretta, atteso che l'art. 34-decies si era limitato a modificare la procedura approvativa dell'Opera; d) la Corte di Giustizia europea aveva sempre ritenuto possibile una limitazione dei diritti fondamentali sanciti dal Trattato UE da parte della legislazione degli Stati membri, purche' in presenza di quattro condizioni, tutte presenti nel caso di specie: 1. applicazione non discriminatoria: l'art. 34-decies si applicava indifferentemente sia a Stretto di Messina che a tutti gli affidatari, anche per gli aspetti caducatori; 2. sussistenza di motivi imperiosi di interesse pubblico: che erano chiaramente individuati nell'esigenza di tutelare la finanza pubblica in una situazione di grave incertezza dei mercati finanziari, che metteva in dubbio la sostenibilita' del piano economico finanziario dell'Opera; 3. la idoneita' a garantire il perseguimento dello scopo previsto: l'art. 34-decies introduceva una preventiva procedura di verifica delle condizioni dei mercati per verificarne la rispondenza alle esigenze economico finanziarie dell'Opera; 4. la limitazione a quanto necessario per il raggiungimento dello scopo previsto: la norma si limitava a disciplinare tale fase di verifica stabilendone anche il tempo massimo per la sua conclusione, lasciando libere le parti di definirne le modalita' di recepimento all'esito di una negoziazione improntata a principi di buona fede sia della Parte pubblica che della Parte privata; parimenti, l'art. 34-decies era conforme anche alla Costituzione, atteso che costantemente la Corte costituzionale aveva affermato che, nel nostro sistema, non era interdetto al legislatore di emanare disposizioni tali da modificare in senso sfavorevole la disciplina dei rapporti di durata, a condizione che tali disposizioni non trasmodassero in un regolamento irrazionale, frustrando l'affidamento dei cittadini nella sicurezza giuridica; la norma in questione non era frutto di una decisione improvvisa ed arbitraria del legislatore, ma si inseriva in un contesto di specificita' proprio dell'Opera, in considerazione della sua enorme rilevanza economica e finanziaria e la sua adozione era stata determinata da una oggettiva situazione di criticita' dei mercati finanziari; quanto alla pretesa violazione del Trattato di Amicizia, questo regolava i rapporti tra lo Stato italiano e gli Stati Uniti e, pertanto, era destinato a disciplinare i rapporti inter-statuali, da cui non derivavano posizioni giuridiche soggettive direttamente azionabili da un soggetto privato statunitense nei confronti dello Stato italiano ovvero di una societa' di capitali di diritto italiano; in ogni caso, la Parsons era inadempiente alle obbligazioni contrattualmente assunte. In particolare, l'oggetto del rapporto era individuato dall'art. 3.1, in base al quale Parsons era tenuta a tutte le attivita' di assistenza tecnica, amministrativa, gestionale ed ambientale occorrenti al Committente, in relazione alla progettazione definitiva ed esecutiva ed alla realizzazione dell'Opera; nello svolgimento del contratto PMC, Parsons aveva assunto ogni alea riguardante il controllo e la verifica delle attivita' di pianificazione e programmazione del Contraente Generale e del Monitore Ambientale; nonche' il controllo e la verifica dell'esecuzione delle eventuali prescrizioni dettate dal Committente e/o dal CIPE in sede di approvazione del Progetto Definitivo; la Parsons, poi, aveva assunto l'obbligo di espletare tutte le attivita' di assistenza finalizzate all'ottenimento dell'approvazione da parte del CIPE degli elaborati progettuali; era, inoltre, prevista quale specifica ipotesi di risoluzione del contratto di PMC il recesso dal contratto concluso tra il Contraente Generale e Committente e in ogni altro caso in cui tale rapporto fosse venuto meno; era di conseguenza sussistente l'inadempimento della Parsons atteso che: aveva ritenuto idonea e completa tutta la componente "Ambiente" del Progetto Definitivo; al contrario sia la CTVA sia il MIBAC avevano riscontrato significative carenze in tale specifica componente, imponendo addirittura alla Stretto di Messina spa. la ripubblicazione di parti del Progetto Definitivo validato dalla Parsons; la Parsons aveva, altresi', ritenuto pienamente idonea la documentazione ambientale, che invece la CTVA aveva ritenuto carente e non idonea; cio' nonostante, la Parsons non aveva mai contestato la fondatezza dei rilievi formulati dalla CTVA e dal MIBAC, neppure quando la CTVA aveva concluso per la non approvabilita' degli aspetti ambientali del Progetto Definitivo. Premesso cio', la societa' Stretto di Messina spa. chiedeva: in via preliminare, autorizzare la chiamata in causa della Eurolink Scpa., della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e disporre la riunione con il giudizio instaurato dalla Eurolink ovvero, in subordine, la sospensione del presente giudizio sino alla definizione del predetto; in via principale, dichiarare inammissibili o rigettare le domande proposte dalla Parsons Transoportation Group Inc.; in via riconvenzionale, accertare e dichiarare l'avvenuta risoluzione del rapporto contrattuale tra la Parsons e Stretto di Messina spa. per effetto della avvenuta risoluzione del rapporto tra la Stretto di Messina spa. ed Eurolink; ovvero in subordine a norma dell'art. 1456 c.c., ovvero in ulteriore subordine per il grave inadempimento della Parsons agli obblighi contrattualmente assunti; ancora in via riconvenzionale, nella denegata ipotesi di accoglimento anche parziale delle domande spiegate dalla Eurolink nel giudizio RG n. 16617/2013, accertare il diritto della Stretto di Messina spa. in liquidazione ad essere tenuta indenne e manlevata dalla Parsons e per l'effetto condannare quest'ultima a rifondere tutto quanto eventualmente riconosciuto alla Eurolink, in subordine anche quale risarcimento del danno derivante dalla incompletezza del Progetto definitivo; in subordine, in caso di risoluzione del rapporto tra Stretto di Messina spa. ed Eurolink per fatto e colpa di quest'ultima, accertare il diritto della Stretto di Messina spa. ad essere integralmente tenuta indenne e manlevata dalla Eurolink Scpa. da tutte le conseguenze pregiudizievoli derivanti dalla risoluzione del rapporto con la Parsons; in via subordinata, in caso di accoglimento anche parziale delle domande della Parsons, accertare il diritto della Stretto di Messina spa. in liquidazione ad essere tenuta indenne e manlevata dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e, per l'effetto, condannare i predetti a rifondere tutto quanto eventualmente riconosciuto alla Parsons; sempre in subordine, in caso di accoglimento anche parziale delle domande della Parsons, accertare il diritto della Stretto di Messina spa. in liquidazione al riconoscimento dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri l'indennizzo previsto dall'art. 34-decies. Si costituivano anche in tale giudizio le amministrazioni convenute, le quali preliminarmente eccepivano il difetto assoluto di giurisdizione, non competendo al giudice (ne' ordinario ne' amministrativo) sindacare il modo in cui lo Stato esplicava le proprie funzioni sovrane con atti politici. Nel caso in esame, non vi era alcuna colpa in capo alle amministrazioni convenute, ne' una ipotesi di responsabilita' solidale con la Stretto di Messina spa.. In risposta, poi, alle domande riconvenzionali avanzate dalla Stretto di Messina spa., le Amministrazioni convenute evidenziavano che la liquidazione della societa' concessionaria costituiva l'esito naturale della mancata stipulazione dell'Atto aggiuntivo previsto dall'art. 34-decies. Di conseguenza, gia' a decorrere dalla delibera CIPE n. 6 del 2012 di revoca dei finanziamenti, la Stretto di Messina spa. avrebbe dovuto impostare il suo bilancio prevendendo una svalutazione delle immobilizzazioni materiali, essendo venuta meno la relativa copertura finanziaria. La fattispecie disciplinata dall'art. 34-decies non poteva in nessun modo essere assimilata alla revoca per pubblico interesse o per inadempimento del concedente, in quanto era il legislatore che - alla luce del grave contesto economico internazionale e delle oggettive insuperabili difficolta' tecniche ed economiche dei soggetti destinatari, che non erano stati in grado di realizzare le indispensabili condizioni per riattivare l'intervento, non avendo la societa' raggiunto l'occorrente livello di garanzia tecnica ed economica - aveva disposto la determinazione risolutiva. Era, pertanto, infondata ogni pretesa di indennizzo. All'udienza del 13 gennaio 2015, veniva disposta la riunione dei giudizi iscritti ai nn. RG 16617/2013 e 20740/2014 ed assegnati alle parti i termini ex art. 183, comma 6 c.p.c.. Successivamente, assunta la causa in decisione in assenza di attivita' istruttoria, veniva proposto dalla Stretto di Messina spa. regolamento preventivo di giurisdizione e, con ordinanza collegiale del 13 dicembre 2017, il giudizio veniva sospeso in attesa della pronuncia delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione. Ritenuta sussistente la giurisdizione del giudice ordinario dalla Suprema Corte, il giudizio veniva riassunto e nuovamente trattenuto in decisione. Con sentenza parziale del 16 ottobre 2018, veniva definito il giudizio RG n. 16617/2013, mentre venivano decise solo alcune delle domande proposte nel giudizio RG. n. 20740/2014. In particolare, il collegio cosi' provvedeva: a) RIGETTA le domande proposte dalle societa' EUROLINK S.c.p.a. e IMPREGILO S.p.a. (quale mandataria dell'ATI con le imprese Sacyr S.a., Societa' Italiana per Condotte D'Acqua S.p.a., Cooperativa Muratori & Cementisti - CMC di Ravenna Soc.coop. a r.l., Ishikawajima - Harima Heavy Industries CO. Ltd., Argo Costruzioni Infrastrutture S.c.p.a. Consorzio stabile) nel giudizio RG. n. 16617/2013; b) RIGETTA le domande proposte dalle societa' chiamate in causa Sacyr S.a., Societa' Italiana per Condotte D'Acqua S.p.a., Cooperativa Muratori & Cementisti - CMC di Ravenna Soc.coop. a r.l., Ishikawajima - Harima Heavy Industries CO. Ltd., Argo Costruzioni Infrastrutture S.c.p.a. Consorzio stabile nel giudizio RG. n. 16617/2013; c) RIGETTA le domande riconvenzionali proposte dalla Stretto di Messina spa. nel giudizio RG. n. 16617/2013; d) DICHIARA integralmente compensate le spese di lite tra tutte le parti del giudizio RG. n. 16617/2013; e) RIGETTA la domanda principale proposta dalla Parsons Transportation Group Inc. nel al giudizio riunito RG n. 20740/2014, volta a sentir dichiarare la risoluzione del Contratto stipulato con la Stretto di Messina spa. in data 16 gennaio 2006 per l'inadempimento della parte committente; f) RIGETTA le domande riconvenzionali proposte dalla Stretto di Messina spa. sub nn. 5), 6), 7), 8), 9), 10) della comparsa di costituzione nel giudizio RG n. 20740/2014. g) in accoglimento della prima domanda subordinata proposta dalla Parsons Transportation Group Inc., ACCERTA che il Contratto di affidamento dei servizi di Project Management Consulting stipulato in data 16 gennaio 2006 tra la Stretto di Messina spa. e la Parsons Transportation Group Inc. si e' sciolto a seguito del recesso unilaterale della parte committente con effetto dal 2 novembre 2012. h) DISPONE la separazione delle ulteriori domande subordinate proposte dalla Parsons Transportation Group Inc., nonche' delle domande riconvenzionali proposte dalla Stretto di Messina spa. sub 11) e 12) della comparsa di costituzione nel giudizio RG n. 20740/2014, come da separata ordinanza di rimessione della questione alla Corte costituzionale. Osserva in diritto 1 - Ricostruzione storica della vicenda. La controversia oggetto del giudizio trae origine dalle vicende legate alla realizzazione di un collegamento stabile viario e ferroviario tra la Sicilia e la Calabria. Giova, quindi, innanzitutto ricostruire i tratti salienti delle suddette vicende. In particolare, la realizzazione del suddetto collegamento mediante la costruzione di un ponte sospeso sullo Stretto di Messina e' stata prevista dalla legge n. 1158 del 1971, affidandone la concessione dello studio, della progettazione e della costruzione, nonche' dell'esercizio del solo collegamento viario ad una societa' a totale capitale pubblico. In attuazione della citata legge n. 1158, in data 11 giugno 1981, e' stata costituita la societa' Stretto di Messina spa., inizialmente partecipata maggioritariamente dall'IRI e per il restante 49% dall'Azienda autonoma delle Ferrovie dello Stato, dall'Anas, dalle regioni Sicilia e Calabria e da altre amministrazioni ed enti pubblici. Nel 1985, la concessione attribuita per legge e' stata assentita con decreto ministeriale alla Stretto di Messina spa., individuando quali soggetti concedenti le Aziende autonome Anas e Ferrovie dello Stato. Con deliberazione n. 121 del 21 dicembre 2001, il Ponte sullo Stretto di Messina e' stato inserito tra le infrastrutture pubbliche di rilevanza nazionale ai sensi della Legge n. 443 del 2001. Il decreto legislativo n. 114 del 2003, poi, modificando la Legge n. 1158 del 1971, ha qualificato la Stretto di Messina spa. quale organismo di diritto pubblico nonche' concessionario ex lege per la progettazione, realizzazione e gestione del Ponte e dei relativi servizi ed il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha assunto la funzione di concedente, subentrando alle suindicate aziende pubbliche nei rapporti con la societa' concessionaria. L'Opera, inoltre, e' stata assoggettata alla disciplina di cui al decreto legislativo n. 190 del 2002, relativa alle infrastrutture strategiche. Con delibera n. 66 dell'1.8.2003, il CIPE ha approvato il progetto preliminare dell'Opera e, in data 30 dicembre 2003, il Ministero delle Infrastrutture e la Stretto di Messina spa. hanno stipulato una convenzione per la regolamentazione dei reciproci rapporti e per il Piano finanziario dell'Opera stessa. Sicche', nell'aprile 2004, la Stretto di Messina spa. (nella cui compagine societaria era subentrata la Fintecna spa., quale successore dell'IRI) ha bandito due gare: la prima per l'affidamento ad un Contraente generale della progettazione definitiva ed esecutiva e della realizzazione del Ponte e dei relativi collegamenti stradali e ferroviari; la seconda per l'affidamento dei servizi di Project Management Consulting al fine di espletare le attivita' di verifica e controllo sulle prestazioni da rendere dal Contraente generale sia nella fase di progettazione che di realizzazione del Ponte. La prima gara (di affidamento a Contraente Generale) e' stata aggiudicata in favore dell'Ati costituita tra la capogruppo mandataria Impregilo spa. e le mandanti Sacyr SA., Societa' Italiana per Condotte d'Acqua spa., Cooperativa Muratori & Cementisti - CMC di Ravenna soc.coop a r.l., Ishikawajima - Harima Heavy Industries Co.Ltd. e Argo Costruzioni Infrastrutture Scpa.. Successivamente, le suddette societa' partecipanti all'Ati hanno costituito una societa' di progetto, denominata Eurolink Scpa. ai sensi del decreto legislativo n. 190 del 2002, che e' subentrata nei rapporti facenti capo all'Ati. La seconda gara (di affidamento dei servizi di Project Management Consulting) e' stata aggiudicata in favore della societa' statunitense Parsons Transportation Group Inc.. La societa' Stretto di Messina spa., quindi, ha stipulato due diversi contratti tra loro collegati: in data 16 gennaio 2006 il contratto di affidamento dei servizi di Project Management Consulting con la Parsons e in data 27 marzo 2006 il contratto di affidamento a Contraente Generale con la Eurolink Scpa.. Successivamente alla stipulazione dei due contratti, pero', il nuovo Parlamento ha modificato il precedente indirizzo, decidendo di procrastinare la realizzazione del Ponte. Ed infatti, con il DL. n. 262 del 2006, poi convertito nella Legge n. 286 del 2006, le somme originariamente destinate alla sottoscrizione dell'aumento di capitale della Stretto di Messina spa. sono state destinate a diverse utilizzazioni. Di conseguenza, la Stretto di Messina spa. ha comunicato alla Eurolink ed alla Parsons che non si sarebbe dato avvio alla esecuzione dell'Opera. Tuttavia, a seguito di un ulteriore cambio di orientamento politico emerso da nuove elezioni, il Ponte sullo Stretto e' stata nuovamente considerata un'opera di carattere prioritario, venendo reinserita tra le infrastrutture strategiche previste nel documento di programmazione Economico-finanziaria per il triennio 2009-2011. In particolare, il DL. n. 78 del 2009, convertito nella Legge n. 102 del 2009, ha disposto l'assegnazione alla societa' Stretto di Messina spa. di un contributo di 1.300 milioni di euro. Di conseguenza, in data 25 settembre 2009, la Stretto di Messina spa. e la Eurolink hanno stipulato un Atto Aggiuntivo, integrativo del contratto stipulato in data 27 marzo 2006, in base al quale sono state definite le modalita' di riavvio delle attivita' di realizzazione dell'Opera e si e' proceduto all'affidamento della Variante di Cannitello. In tale accordo, le parti hanno convenuto le modalita' di aggiornamento del prezzo contrattuale, nonche' la rinuncia alle riserve medio tempore formulate dal Contraente Generale. Poi, all'art. 5.2, hanno convenuto che - in caso di mancata approvazione del Progetto Definitivo entro 540 giorni dalla sua presentazione da parte di Eurolink - le parti si sarebbero incontrate per rivedere le condizioni contrattuali e, in caso di mancato accordo, ad entrambe sarebbe spettato il diritto di recedere dal contratto, con riconoscimento in ogni caso alla Eurolink di un indennizzo, da calcolarsi secondo i criteri ivi indicati. Analogamente, anche la Parsons ha stipulato (in data 20 maggio 2009 e poi confermato in data 25 settembre 2009) un atto integrativo per disciplinare la ripresa delle attivita', rinunciando al rimborso di parte delle spese sino a quel momento sostenute. Sono state, quindi, riavviate le attivita' per la realizzazione dell'Opera e, in data 20 dicembre 2010, la Eurolink ha consegnato il Progetto definitivo alla Stretto di Messina spa. e si e' aperto un complesso iter di verifica dello stesso, con notevole allungamento dei tempi contrattuali. Di conseguenza, sono stati stipulati vari atti integrativi, tra cui quello con il quale Stretto di Messina spa. ed il Contraente generale, preso atto del protrarsi delle attivita' di verifica del Progetto Definitivo, hanno fissato convenzionalmente al 12 aprile 2011 la data di consegna del Progetto definitivo ai fini della decorrenza degli ulteriori termini previsti dall'art. 5.2 dell'accordo aggiuntivo del 25 settembre 2009. In data 29 luglio 2011, il Consiglio di amministrazione della Stretto di Messina spa. ha approvato il Progetto definitivo dell'Opera, dando avvio al processo approvativo presso le Amministrazioni. Tuttavia, progressivamente dal 2012 lo Stato italiano ha iniziato a disimpegnare gli investimenti inizialmente destinati alla realizzazione del Ponte, senza che intervenisse la approvazione del Progetto definitivo. Sicche', in data 4 ottobre 2012 la Eurolink, ritenendo che fosse decorso in data 3 ottobre 2012 il termine di 540 giorni per l'approvazione del Progetto definitivo da parte del CIPE, ha chiesto la revisione delle condizioni contrattuali alla Stretto di Messina spa. Successivamente, in data 3 novembre 2012, essendo decorsi trenta giorni dalla richiesta e non essendovi stata alcuna revisione contrattuale, la Eurolink ha dichiarato di voler recedere dal Contratto ai sensi dell'art. 5.2 dell'Accordo aggiuntivo. Tuttavia, il giorno prima di tale dichiarazione della Eurolink (in data 2 novembre 2012), il Governo ha emanato un decreto legge (il DL. n. 187 del 2012), motivato dalla "straordinaria necessita' ed urgenza di garantire, in considerazione dell'attuale stato di tensione nei mercati finanziari internazionali, la verifica, a tutela della finanza pubblica, della sostenibilita' del piano economico finanziario del collegamento stabile viario e ferroviario tra Sicilia e Continente". In particolare, il citato decreto legge - a decorrere dalla sua entrata in vigore (in data 2 novembre 2012) - ha sospeso tutti gli effetti dei contratti stipulati dalla Stretto di Messina spa. con il Contraente generale e gli altri affidatari; ha introdotto una procedura complessa per la ricerca di un nuovo finanziamento dell'Opera, disponendo che la Stretto di Messina spa. ed il Contraente generale avrebbero dovuto stipulare un apposito atto aggiuntivo. In caso di mancata stipulazione di tale atto aggiuntivo entro il termine dell'1 marzo 2013, dovevano ritenersi caducati, con effetto dalla data di entrata in vigore del decreto (2 novembre 2012), tutti gli atti relativi ai rapporti di concessione, nonche' le convenzioni ed ogni altro rapporto contrattuale stipulato dalla societa' concessionaria. Di conseguenza, sono state avviate iniziative tra le parti per addivenire ad un testo condiviso. Tuttavia, non essendo stato sottoscritto nel termine dell'1 marzo 2013 l'Atto aggiuntivo previsto dal citato decreto legge, la Stretto di Messina s.p.a. - in data 2 marzo 2013 - ha comunicato alla Eurolink essere intervenuta, con effetto dal 2 novembre 2012, la caducazione del Contratto di affidamento a contraente generale in ragione delle previsioni del decreto legge medesimo. In pari data, analoga comunicazione e' stata inviata anche alla Parsons relativamente al contratto di Project Management Consulting con effetto dal 2 novembre 2012. In attuazione delle previsioni del citato decreto legge, poi trasfuso nell'art. 34-decies della Legge n. 221 del 2012, la societa' Stretto di Messina spa. e' stata posta in liquidazione. 2 - La natura della societa' concessionaria Stretto di Messina spa.. 2.1 - Sull'affidamento in house providing. L'espressione in house providing (usata per la prima volta in sede comunitaria nel Libro Bianco sugli appalti del 1998) identifica il fenomeno di "autoproduzione" di beni, servizi o lavori da parte della pubblica amministrazione. L'autoproduzione consiste nell'acquisire un bene o un servizio, attingendoli all'interno della propria compagine organizzativa senza ricorrere a "terzi" tramite gara (cosi' detta esternalizzazione) e dunque al mercato. La modalita' di affidamento "in house" costituisce un'eccezione al principio generale dell'applicazione delle procedure ad evidenza pubblica per gli affidamenti di appalti e concessioni, atteso che - escludendo la concorrenza - non fa sorgere l'esigenza di parita' di trattamento tra gli operatori economici e, dunque, la necessita' di esperire procedure di gara. La legittimita' della scelta in favore dell'autoproduzione, poi, trova fondamento nel c.d. principio di "autoorganizzazione amministrativa", il quale trova a sua volta corrispondenza nel piu' generale principio comunitario di autonomia istituzionale. Tuttavia, trattandosi appunto di un istituto eccezionale, rispetto alla regola generale dell'affidamento esternalizzato mediante espletamento della gara selettiva, la giurisprudenza comunitaria ha elaborato una serie di criteri, al fine di armonizzare i principi relativi alla tutela della concorrenza (presenti nel Trattato CE), con il potere di auto-organizzazione egualmente riconosciuto alle Amministrazioni pubbliche dei singoli Stati. In particolare, la Corte di Giustizia ha per la prima volta delineato la figura degli affidamenti "in house", nella sentenza sul caso Teckal S.r.l. contro il Comune di Viano (18 novembre 1999, procedimento C-107/98), precisando che la normativa comunitaria sulle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e' applicabile solo ove l'Amministrazione intenda stipulare un contratto a titolo oneroso con un ente giuridicamente distinto da essa. Poi, nel caso Ri.San contro Comune di Ischia (sentenza 9 settembre 1999, procedimento C-108/98), e' stato precisato che la qualita' di societa' per azioni non basta ad escludere che essa faccia parte della pubblica amministrazione. Pertanto, deve essere il giudice nazionale - caso per caso e sulla base di un'analisi funzionale fondata sulle circostanze di fatto- a verificare che l'organismo societario incaricato del servizio sia parte della stessa Amministrazione affidataria e se vi sia o meno un incontro di volonta' tra soggetti giuridicamente distinti. In questo modo la Corte ha enucleato - seppur in negativo- i criteri ed i requisiti sulla base dei quali le Amministrazioni Pubbliche possono procedere ad affidamenti senza il previo esperimento di gare pubbliche, ossia senza applicare le procedure previste dalle direttive comunitarie. In particolare, la Corte ha affermato che, in presenza dei requisiti del c.d. controllo analogo e della realizzazione della parte piu' importante della propria attivita' nei confronti dell'ente pubblico controllante, non si puo' parlare di "terzieta'" del soggetto affidatario, venendo meno in radice la possibilita' di instaurare un rapporto contrattuale in senso proprio in ragione dell'assenza della bilateralita'. Di conseguenza, e' necessario verificare la sussistenza - nei rapporti tra concedente e concessionario (e cioe' tra il Ministero delle Infrastrutture e la Stretto di Messina spa.) - dei due requisiti del "controllo analogo" e della "destinazione prevalente dell'attivita'", delineati dalla giurisprudenza comunitaria. Infatti, come gia' evidenziato, l'ente in house non puo' ritenersi terzo rispetto all'amministrazione controllante, ma deve considerarsi come uno dei servizi propri dell'amministrazione stessa. 2.2 - Sul concetto di "controllo analogo". In particolare, quanto al requisito del "controllo analogo", nella sentenza Anav c. Comune di Bari, la Corte ha enucleato quattro elementi per determinare la sussistenza di tale controllo; e precisamente: 1) l'oggetto sociale non deve essere esteso a settori disomogenei; 2) il capitale sociale non deve essere aperto ai privati o a soggetti pubblici non coinvolti; 3) l'ambito territoriale di attivita' deve essere limitato entro i confini geografici del soggetto che partecipa alla societa'; 4) il sistema di amministrazione e controllo della societa' deve essere disegnato in modo tale da non concedere all'organo amministrativo della societa' poteri di gestione esercitabili autonomamente senza alcuna possibile ingerenza esterna. Nella sentenza sul caso Stadt Halle (11 gennaio 2005, procedimento C-26/03), la Corte - ai fini della legittimita' dell'aggiudicazione senza gara - ha altresi' affermato che la relazione "in house" non puo' sussistere tra enti locali e societa' dai medesimi controllate ove si tratti di societa' pubblico-private (ossia societa' miste), in quanto "la partecipazione, anche minoritaria, di un'impresa privata al capitale di una societa' alla quale partecipi anche l'amministrazione aggiudicatrice in questione esclude in ogni caso che tale amministrazione possa esercitare sulla detta societa' un controllo analogo a quello che essa esercita sui propri servizi". Tali orientamenti, poi, sono stati da ultimo precisati e parzialmente modificati con la sentenza della Corte di giustizia, sez. II, 17 luglio 2008, Commissione delle Comunita' Europee c. Repubblica italiana - causa C-371/05 e la sentenza, sez. III, 13 novembre 2008, C-324/07 (cd. sentenza Coditel). In particolare, con la prima pronuncia la Corte ha rilevato che la possibilita' per i privati di partecipare al capitale della societa' aggiudicataria non e' sufficiente, in assenza di una loro effettiva partecipazione al momento della stipula della convenzione tra l'ente affidante e la societa' affidataria in house, per concludere che non sia soddisfatto il requisito del "controllo analogo". Quindi, la presenza di soci privati nell'organismo in house non e' assolutamente ostativa alla configurabilita' di un controllo analogo, se intervenuta successivamente all'affidamento diretto e non ancora esistente al momento della stipula del contratto. Con la sentenza Coditel, poi, la Corte di giustizia ha ritenuto che "il controllo esercitato sull'ente concessionario da un'autorita' pubblica concedente sia analogo a quello che la medesima autorita' esercita sui propri servizi, ma non identico ad esso in ogni elemento ...L'importante e' che il controllo esercitato sull'ente concessionario sia effettivo, pur non risultando indispensabile che sia individuale". 2.3 - Sul concetto di "attivita' prevalente". Quanto al secondo requisito, il giudice comunitario ha chiarito che tale condizione e' finalizzata a garantire che la disciplina comunitaria a tutela della concorrenza continui ad essere applicabile nel caso in cui un'impresa controllata da uno o piu' enti sia attiva sul mercato e possa pertanto entrare in concorrenza con altre imprese. Secondo il giudice comunitario, infatti, e' necessario che le prestazioni di detta impresa siano sostanzialmente destinate in via esclusiva all'ente affidante. Quindi, nel valutare se un'impresa svolga la parte piu' importante della sua attivita' con l'ente pubblico che la detiene, si deve tener conto di tutte le attivita' realizzate da tale impresa, indipendentemente da chi remunera tale attivita', potendo trattarsi della stessa amministrazione aggiudicatrice o dell'utente delle prestazioni erogate, mentre non rileva il territorio in cui e' svolta l'attivita'. In conclusione, dunque, il fenomeno dell'in house integra una mera soluzione organizzativa, mediante la quale non si ha l'affidamento del servizio ad un soggetto terzo, bensi' una semplice riorganizzazione dell'erogazione del servizio che rimane imputabile all'ente aggiudicatore. Sicche', se il concessionario e' sottoposto ad un controllo gestionale talmente pervasivo da parte del socio pubblico da essere "analogo" a quello che quest'ultimo esercita sui propri uffici e se lo stesso operatore esercita la parte piu' importante della propria attivita' a favore del socio pubblico controllante, non viene in rilievo l'esigenza di tutela della concorrenza poiche' si sta operando al di fuori del perimetro del mercato e cioe' all'interno della stessa amministrazione. Analoghi requisiti sono stati individuati dalla Suprema Corte, che ha ritenuto che il profilo organizzativo e funzionale delle societa' in house providing e' caratterizzato dalle seguenti peculiarita': le azioni o le quote di partecipazione al capitale non possono, per statuto, appartenere neppure in parte a soci privati; l'oggetto sociale prevede un'attivita' da prestare prevalentemente in favore dell'ente pubblico partecipante; lo statuto prevede il loro assoggettamento ad una minuziosa forma di controllo da parte del socio pubblico cosi' da implicare una subordinazione dei suoi organi amministrativi alla volonta' del socio, al punto da renderle assimilabili ad una sua articolazione interna (cfr. Cass. Civ. SS.UU. n. 26283/13; Cass. Civ. SS.UU. n. 5848/15). Tali caratteristiche, ha osservato la Corte, inducono ad escludere che tali societa' possano essere considerate un'entita' posta al di fuori dell'ente pubblico, il quale ne dispone come di una propria articolazione interna, con la conseguenza che le societa' in house non possono considerarsi societa' di capitali intese come persone giuridiche autonome, cui corrisponda un autonomo centro decisionale e di cui sia possibile individuare un interesse loro proprio. 2.4 - Conclusioni sulla natura della Stretto di Messina spa. Alla luce della suindicata interpretazione giurisprudenziale, appare quindi necessario verificare in concreto se - con riferimento alla societa' Stretto di Messina spa. - possano riscontrarsi i due requisiti del "controllo analogo" e della "attivita' prevalente". Ebbene, dall'esame della normativa riguardante la predetta societa' e del relativo Statuto, i requisiti in questione appaiono sussistenti. Ed invero, la Stretto di Messina spa. e' stata costituita in attuazione della Legge n. 1158 del 1971, che ha disposto l'affidamento dello studio, della progettazione e della costruzione, nonche' dell'esercizio del solo collegamento viario, ad una societa' per azioni, al cui capitale sociale partecipano in misura non inferiore al 51% la societa' Anas spa., le regioni Sicilia e Calabria, nonche' altre societa' controllate, anche indirettamente, dallo Stato (art. 1, comma 1). Inizialmente era, altresi', previsto che il restante 49% del capitale sociale fosse sottoscritto dall'Azienda autonoma delle Ferrovie dello Stato, dall'Anas, dalle regioni Sicilia e Calabria e da amministrazioni ed enti pubblici (art. 1 comma 2), poi abrogato dal DL n. 262 del 2006. L'art. 2 della citata Legge n. 1158 del 1971 stabilisce, inoltre, che la societa' concessionaria dovra' avere come scopo sociale lo studio, la progettazione e la costruzione dell'opera in questione e che il presidente del consiglio di amministrazione, in deroga alle disposizioni del codice civile, verra' nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con i Ministri per i lavori pubblici, per i trasporti e l'aviazione civile e per le partecipazioni statali. Tale normativa, quindi, stabilisce che la Stretto di Messina spa. e' interamente partecipata dall'ANAS S.p.a. e dalle regioni interessate o da soggetti sottoposti al controllo, anche indiretto, dello Stato. L'oggetto sociale e', inoltre, limitato alla realizzazione dell'Opera in questione ed alla successiva gestione dello stesso. Tali caratteristiche emergono anche dallo stesso Statuto della Stretto di Messina spa., dal quale risulta che la societa' ha per scopo, a norma e nei termini stabiliti dalla Legge n. 1158 del 1971, lo studio, la progettazione e la costruzione di un'opera per il collegamento stabile viario e ferroviario e dei pubblici servizi tra la Sicilia e il Continente; nonche' l'esercizio del collegamento e la manutenzione dell'opera (art. 2); al capitale sociale partecipano, in misura non inferiore al 51%, Anas spa., Regione Calabria, Regione Siciliana e altre societa' controllate, anche indirettamente, dallo Stato (art. 8); e' ammesso il trasferimento delle azioni, previo consenso motivato del Consiglio di amministrazione e fatta salva, in ogni caso, la partecipazione maggioritaria dell'Anas e di altre societa' partecipate dallo Stato (art. 8); la societa' e' amministrata da un Consiglio di amministrazione composto da undici membri, dei quali uno nominato da Rete Ferroviaria Italiana spa. (che lo sceglie tra il proprio personale dirigente in servizio), uno da Anas spa. (che lo sceglie tra il proprio personale dirigente in servizio), uno dalla Regione Siciliana e uno dalla Regione Calabria. I restanti amministratori, tre dei quali previa designazione del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, sono nominati dall'assemblea dei soci (art. 22); il Presidente del Consiglio di amministrazione sara' nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di concerto con il Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture ed il Ministero dello Sviluppo Economico (art. 23); il Collegio sindacale si compone di tre organi effettivi: uno nominato da Rete Ferroviaria Italiana spa., uno nominato dall'Anas spa. ed il terzo dall'assemblea dei soci, unitamente ai due sindaci supplenti (art. 32) Quanto all'Anas spa. (attualmente socio di maggioranza della Stretto di Messina spa.), devesi innanzitutto ricordare che negli ultimi anni, l'ANAS e' stata oggetto di una serie di successivi interventi normativi finalizzati alla trasformazione dell'azienda (che prima del 2002 aveva la natura giuridica di ente pubblico economico) in societa' per azioni. Le disposizioni che hanno provveduto alla trasformazione in Spa sono rinvenibili, in primo luogo, all'articolo 7 del decreto legge 8 luglio 2002, n. 138 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 178 del 2002). In sintesi, all'ANAS Spa. sono stati attribuiti, a titolo di concessione, i compiti fino ad allora attribuiti alla stessa ANAS in via diretta (e gia' elencati all'art. 2, lettere a)-g) e alla lettera l) del decreto legislativo n. 143 del 1994). I principali fra tali compiti sono: gestione delle strade e autostrade di proprieta' dello Stato; manutenzione ordinaria e straordinaria delle stesse; interventi di adeguamento della rete e della relativa segnaletica; costruzione di nuove strade e autostrade, sia direttamente che in concessione; vigilanza sull'esecuzione dei lavori di costruzione delle opere date in concessione e controllo sulla gestione delle autostrade il cui esercizio sia stato dato in concessione; approvazione dei progetti dei lavori oggetto di concessione. Tali disposizioni prevedono che le azioni dell'Anas siano inalienabili ed attribuite interamente al Ministro dell'economia e delle finanze, il quale esercita i diritti dell'azionista d'intesa con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, secondo le direttive del Presidente del Consiglio dei Ministri. Il presidente della societa' e gli altri componenti degli organi sociali sono designati dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, ad eccezione del presidente del collegio sindacale, il quale e' designato dal Ministro dell'economia e delle finanze. L'attivita' dell'Anas e' soggetta al controllo della Corte dei Conti ed esercita tutti i compiti e le funzioni precedentemente attribuite all'ente pubblico. Inoltre, la stessa puo' operare solo dando attuazione a piani pluriennali di viabilita', di durata decennale, che devono essere approvati dal Ministero delle Infrastrutture. Si e' previsto, poi, che con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, d'intesa con il Ministro dell'economia e delle finanze, fosse approvato lo schema dello Statuto, effettivamente approvato il 27 luglio 2004, nel quale l'Anas spa. e' espressamente qualificata come organismo di diritto pubblico. L'analisi delle suindicate disposizioni, pertanto, induce a ritenere sussistenti, nel caso concreto, i due requisiti richiesti dalla giurisprudenza comunitaria al fine della individuazione della fattispecie dell'in house providing. Ed invero, quanto al "controllo analogo", il capitale sociale sia della Stretto di Messina che dell'Anas e' interamente in mano ad enti pubblici, non e' aperto a privati (se non a determinate condizioni); gli organi amministrativi e di controllo sono direttamente sottoposti al controllo degli enti pubblici partecipanti, senza la possibilita' di esercitare autonomamente poteri di gestione, strategie e politiche aziendali. Di conseguenza, il controllo esercitato dagli enti pubblici partecipanti appare effettivo, e non meramente formale o apparente, attenendo alle strategie, alle politiche aziendali, al bilancio ed alla qualita' della amministrazione. In concreto, quindi, agli enti pubblici partecipanti si riconoscono maggiori poteri rispetto a quelli che il diritto societario riconosce alla maggioranza sociale nell'ambito delle societa' private. Quanto, poi, all'"attivita' prevalente", entrambe le societa' sono state costituite al solo scopo di esercitare un oggetto sociale specificamente individuato e relativo a settori omogenei, senza che sia prevista alcuna possibilita' di ampliamento dello stesso. Entrambe possono esercitare le loro prestazioni solo in favore degli enti pubblici che le partecipano, con cio' escludendo, quindi, che abbiano una vocazione commerciale ed imprenditoriale e che possano porsi in una posizione di concorrenza con le imprese private. Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, dunque, nella fattispecie in esame puo' ritenersi configurabile il fenomeno dell'in house providing. Ed invero, attualmente i soci della Stretto di Messina spa. sono i seguenti: Anas spa. (81,848%); Rete Ferroviaria italiana spa. (13,00%); Regione Calabria (2,576%); Regione Siciliana (2,576%). La predetta risulta avere le caratteristiche di una societa' in house, essendovi una dipendenza finanziaria ed organizzativa dai soggetti pubblici titolari del relativo capitale sociale, che va ben aldila' dell'influenza dominante che il titolare della partecipazione maggioritaria puo' esercitare sull'organo di controllo di una comune societa' di capitali. A loro volta, infatti, le regioni, l'Anas e la RFI spa. sono pacificamente soggetti pubblici. Del resto, l'Anas e' interamente partecipata dal Ministero dell'economia e vigilata dal Ministero delle Infrastrutture. In particolare, sussiste dipendenza finanziaria perche' l'Anas non puo' cedere le proprie quote ad altri soggetti, tanto meno privati, e sussiste dipendenza organizzativa perche' e' totalmente controllata dal Ministero, che sceglie anche il management. Di conseguenza, la societa' concessionaria Stretto di Messina spa. non puo' essere considerata un soggetto diverso dagli enti pubblici che ne rappresentano i soci ed, in generale, dall'Amministrazione concedente. 3 - La giurisdizione del giudice ordinario. Nulla quaestio con riferimento alla sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario a decidere la presente controversia. Ed invero, nel corso del giudizio, la Stretto di Messina spa. ha proposto regolamento preventivo di giurisdizione, all'esito del quale le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno ritenuto sussistente la giurisdizione del giudice ordinario. In particolare, la Suprema Corte ha statuito che "Con riferimento all'attivita' negoziale della P.A., devono ritenersi devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo tutte le controversie che attengono alla fase preliminare, antecedente e prodromica al contratto, inerenti alla formazione della volonta' e alla scelta del contraente privato in base alle regole della cd. evidenza pubblica, mentre appartengono alla giurisdizione ordinaria quelle che radicano le loro ragioni nella serie negoziale successiva, che va dalla stipulazione del contratto fino alle vicende del suo adempimento, e riguardano la disciplina dei rapporti scaturenti dal contratto, senza che l'asse della giurisdizione sia spostata dall'adozione, nel corso del rapporto contrattuale, di determinazioni della parte pubblica in attuazione di sopravvenienze normative, che comunque si collocano nell'alveo di un rapporto ormai paritetico. (Sez. U - , Ordinanza n. 2144 del 29/01/2018, Rv. 647037 - 02)". 4 - Delimitazione del thema decidendum del giudizio RG n. 20740/2014. Nel giudizio RG n. 20740/2014, la Parsons Transportation Group Inc. ha chiesto accertarsi e dichiararsi la risoluzione del Contratto di Project Management Consulting, stipulato in data 16 gennaio 2006 con la Stretto di Messina spa. per fatto e colpa di quest'ultima, nonche' del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e della Presidenza del Consiglio dei Ministri, con conseguente condanna di tutti i convenuti a ristorare la Parsons di tutti i costi sostenuti o da sostenere, dei corrispettivi ancora dovuti e di tutti i danni sofferti. In via subordinata, la Parsons ha chiesto di accertare e dichiarare il recesso esercitato dalla Stretto di Messina spa. in data 2 marzo 2013 e condannare la predetta e le altre Amministrazioni convenute al pagamento degli indennizzi previsi dall'art. 1671 c.c.; ovvero in subordine quelli previsti dall'art. 25.4 del Contratto; ovvero ancora in subordine previsti dall'art. 7 della Intesa PMC; ovvero in ulteriore subordine al pagamento delle somme previste dal citato art. 34-decies L. 221/2012, oltre in ogni caso al risarcimento degli ulteriori danni patiti a seguito della caducazione del contratto e della mancata realizzazione dell'Opera. Orbene, le domande suindicate (nell'ambito delle quali si discute di risoluzione ovvero di recesso dal contratto) e la ricostruzione storica della vicenda (che ha portato alla caducazione ex lege del contratto di affidamento oggetto di causa) rendono opportuna una breve disamina della disciplina dello scioglimento del vincolo contrattuale nell'ambito degli appalti pubblici. 5 - La disciplina dello scioglimento del vincolo contrattuale nell'ambito degli appalti pubblici. In generale, il contratto di appalto di opere pubbliche ha fine con l'avverarsi di una delle cause di estinzione comuni a tutti i contratti sinallagmatici, ivi compresa la risoluzione per inadempimento, che puo' essere pronunciata su istanza della Stazione appaltante o dell'appaltatore per fatto e colpa della controparte. Accanto a tali ipotesi generali, poi, giova ricordare che una causa tipica di estinzione del contratto di appalto di opere pubbliche e' il recesso per volonta' unilaterale dell'Amministrazione (art. 134 decreto legislativo 163 del 2006 e in precedenza art. 345 L.gen. Lavori Pubblici del 1865). Orbene, puo' aversi recesso quando lo scioglimento del contratto trae origine unicamente da una determinazione dell'Amministrazione, che con un suo atto di volonta' ponga fine allo stesso. L'Amministrazione puo' avvalersi del recesso dal contratto per qualsiasi motivo e non e' tenuta ne' a dichiararlo ne' a giustificarlo. Del resto, nessun interesse concreto puo' avere l'appaltatore a dimostrare il motivo concreto che ha determinato il recesso, atteso che da tale dimostrazione non potrebbe trarre nessuna utile conseguenza in suo favore, ne' la ragione potrebbe essere oggetto di sindacato o di censura da parte dell'autorita' giudiziaria. Ed invero, il recesso e' esercizio di una facolta' contrattuale ed e' un atto negoziale di diritto privato e non un provvedimento autoritativo. Non deve essere accettato dall'altro contraente e determina lo scioglimento ex nunc del contratto, a differenza della sua risoluzione. Peraltro, a differenza della risoluzione per inadempimento, il recesso unilaterale determina lo scioglimento del vincolo contrattuale, a prescindere da qualsivoglia indagine in ordine al corretto adempimento delle prestazioni da parte dell'altro contraente. Il diritto di recesso puo' essere esercitato in qualunque tempo e, cioe', dal momento del perfezionamento del vincolo contrattuale e fino all'ultimazione dell'opera. L'art. 134 del decreto legislativo 163 del 2006 (e in precedenza analogamente gli artt. 345 L.gen. Lavori Pubblici del 1865 e 122, comma 1 del DPR n. 554 del 1999) stabiliscono che l'Amministrazione puo' recedere dal contratto "in qualunque momento". L'Amministrazione puo' avvalersi di tale diritto potestativo anche quando l'appaltatore abbia acquisito il diritto ad ottenere la risoluzione del contratto per inadempimento della stessa Stazione appaltante e tale inadempienza abbia fatto valere. In tal caso, sono diverse le conseguenze economiche, in quanto rimarrebbe integro il diritto dell'appaltatore a conseguire il completo risarcimento dei danni come resterebbe integro il diritto dell'amministrazione per i danni da inadempienze dell'appaltatore anteriormente al recesso. Per contro, in caso di recesso unilaterale della Amministrazione, l'appaltatore ha diritto ai rimborsi ed alle indennita' dettagliatamente previsti dal legislatore. Queste conseguenze sono precisate nell'art. 134 del decreto legislativo n. 163 del 2006 (e in precedenza analogamente gli artt. 345 L.gen. Lavori Pubblici del 1865 e 122, comma 1 del DPR n. 554 del 1999 e, prima ancora, art. 41 del cap.gen. Min. ll.pp. del 1962). L'Amministrazione deve, in primo luogo, procedere al pagamento dei lavori eseguiti dall'appaltatore al momento in cui viene comunicato l'atto di recesso. In secondo luogo, deve pagare all'appaltatore "il valore dei materiali utili esistenti in cantiere" che siano stati gia' accettati dal direttore dei lavori prima della comunicazione dello scioglimento del contratto. Infine, dovra' essere corrisposta all'appaltatore una somma pari al decimo dell'importo delle opere che rimangono ineseguite. Tale calcolo dovra', dunque, essere effettuato sulla differenza tra l'importo delle opere oggetto dell'appalto e l'ammontare di quelle eseguite al momento della comunicazione del recesso. Si ritiene che i compensi previsti dall'art. 134 del decreto legislativo n. 163 del 2006 (ed in precedenza dalle norme sopra riportate) abbiano carattere tassativo, cio' escludendo che all'appaltatore possano competere ulteriori rimborsi o indennizzi. Ed invero, quanto alla gerarchia tra le varie fonti disciplinatrici dell'appalto pubblico (e cioe' la prevalenza che ciascuna di esse ha nei rapporti con le altre), ha assoluta preminenza la legislazione speciale, la quale - essendo lex specialis - prevale senz'altro sulle norme del codice civile, anche se cogenti. D'altra parte, le disposizioni contenute nella legislazione speciale hanno di per se' natura cogente, non potendo l'amministrazione derogarvi pattiziamente. Cio' consegue alla stessa esigenza che ha determinato la loro introduzione, dovendosi ritenere che la disciplina in esse contenuta sia, in via assoluta, la piu' conforme all'interesse della Pubblica amministrazione. Tale principio risulta affermato anche dalla giurisprudenza della Suprema Corte, secondo la quale le disposizioni in materia di appalto di opere pubbliche - in quanto rispondenti a finalita' pubblicistiche - sono in linea di principio norme imperative, ai sensi dell'art. 1418, comma 1 c.c., e non possono essere derogate dai contraenti se non nei casi e nei modi previsti dalle norme medesime, (cfr. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 18644 del 12/08/2010, Rv. 614098 - 01, nella quale la S.C. ha ritenuto corretta la sentenza di merito che aveva ritenuto di poter sostituire automaticamente, ai sensi dell'art. 1339 cod. civ., la norma di legge inderogabile alla contraria regola pattizia dichiarata nulla). Cio' posto, molto dibattuta e' la questione relativa ai rimedi che l'ordinamento riconosce all'appaltatore nel caso di illegittimo recesso dal contratto da parte del committente. In particolare, si discute - anche nell'ambito del contratto di appalto tra privati - se all'appaltatore sia riconosciuto esclusivamente il rimedio risarcitorio, ovvero se lo stesso abbia anche strumenti reali, per ripristinare e riattivare il rapporto contrattuale unilateralmente interrotto. Orbene, al riguardo devesi ritenere che ogni eventuale controversia in tal caso non possa che concernere la determinazione delle conseguenze economiche derivanti dallo scioglimento del vincolo contrattuale. Ed infatti, quand'anche il giudice dovesse accertare la illegittimita' del recesso, cio' non determinerebbe mai il ripristino del contratto. Cio' si spiega in relazione alla funzione dell'appalto, mediante il quale si tende alla produzione di un bene che deve soddisfare a particolari esigenze del committente. Del resto, sarebbe antieconomico vincolare quest'ultimo al contratto anche quando la cosa da produrre o gia' in corso di produzione non risponda piu' a motivi di sua convenienza. Analogamente, e' in ragione della sopra ricordata funzione dell'appalto che il committente pubblico, come quello privato, e' autorizzato ad introdurre unilateralmente modifiche nel corso del rapporto. Tale conclusione, piu' volte affermata dalla giurisprudenza della Suprema Corte in materia di appalto, trova giustificazione nella particolare incidenza dell'intuitu personae sulla configurazione del sinallagma negoziale di tale tipologia di contratto. Con indirizzo ampiamente consolidato, la Corte di Cassazione ha affermato che "nel caso di recesso del committente - sia per l'ipotesi di recesso legale di cui all'art. 1671 c.c., esercitabile in qualunque momento dopo la conclusione del contratto e che puo' essere giustificato anche dalla sfiducia verso l'appaltatore per fatti d'inadempimento, sia per l'ipotesi di recesso convenzionale - ex art. 1373 c.c. - il contratto si scioglie senza necessita' di indagini sull'importanza e gravita' dell'inadempimento, le quali sono rilevanti soltanto quando il committente abbia preteso anche il risarcimento del danno dall'appaltatore per l'inadempimento in cui questi fosse gia' incorso al momento del recesso ovvero abbia contestato la pretesa risarcitoria formulata dall' appaltatore (cfr., Cassazione civile, sez. II, 22/04/2008, n. 10400; Cass. 30 marzo 1985 n. 2236; Cass. 29 luglio 1983 n. 5237)". Peraltro, e' stato anche chiarito che il recesso esercitabile dal committente non presuppone necessariamente uno stato di regolare svolgimento del rapporto, ma, al contrario, stante l'ampiezza della formulazione contenuta nell'art. 1671 c.c., puo' essere esercitato per qualsiasi ragione che induca il committente medesimo a porre fine al rapporto. In particolare, la Suprema Corte - nella sentenza n. 11642 del 29 luglio 2003 - ha precisato che non e' configurabile "un diritto dell'appaltatore a proseguire nell'esecuzione dell'opera (avendo egli diritto solo all'indennizzo previsto da detta norma) e, da altro canto, rispondendo il compimento dell'opera esclusivamente all'interesse del committente. Ne consegue che il recesso puo' essere giustificato anche dalla sfiducia verso l'appaltatore per fatti d'inadempimento, e, poiche' il contratto si scioglie esclusivamente per effetto dell'unilaterale iniziativa del recedente, non e' in tal caso necessaria alcuna indagine sull'importanza dell'inadempimento, viceversa dovuta quanto il committente richiede anche il risarcimento del danno per l'inadempimento gia' verificatosi al momento del recesso". Analogo principio risulta espresso nella sentenza n. 4987 del 24.8.1981, secondo cui "Il committente ha il diritto di recedere dal contratto d'appalto in ogni momento, anche se e' inadempiente e senza necessita' di fornire giustificazioni, in quanto le conseguenze indennitarie poste a suo carico dall'art. 1671 cod. civ. sono riconducibili, quanto ad estensione, a quelle risarcitorie derivanti dall'inadempimento del committente medesimo, ed atteso che non e' configurabile un diritto dell'appaltatore a continuare l'esecuzione dell'opera, essendo questa coordinata al soddisfacimento dell'esclusivo interesse del committente e non dell'appaltatore, il cui interesse giuridico e' invece rivolto al conseguimento del corrispettivo". Del resto, la ratio giustificatrice dell'istituto in esame e' quella di tutelare l'interesse del committente, permettendogli di evitare la prosecuzione per il futuro dell'esecuzione dell'opera o della prestazione del servizio, mediante il meccanismo della corresponsione dell'indennita' all'appaltatore. Si tratta, quindi, di una ipotesi di responsabilita' contrattuale da atto lecito, atteso che il committente, pur esercitando un diritto espressamente riconosciutogli dalla legge, e' obbligato a corrispondere all'appaltatore un'indennita' che, nel ricomprendere gli elementi integrativi del risarcimento del danno ex art.1223 c.c., si traduce tanto nel danno emergente (pagamento dei lavori eseguiti), quanto nel lucro cessante (mancato guadagno). Lo scopo della previsione di un'indennita' e', all'evidenza, quello di riequilibrare la situazione contrattuale dell'appaltatore che "subisce" la decisione del committente di non realizzare piu' l'opera appaltata. Tuttavia, pur potendosi ravvisare una qualche somiglianza sotto il profilo dei criteri di liquidazione delle somme spettanti all'appaltatore, non vi e' alcuna coincidenza tra l'obbligazione indennitaria e quella risarcitoria, conseguendo la prima ad un atto lecito, mentre la seconda ad una attivita' antigiuridica. Peraltro, a differenza del risarcimento (che consiste nella integrale riparazione della lesione subita), l'indennizzo e' la somma di denaro dovuta a titolo di ristoro patrimoniale per riparare (almeno parzialmente) la diminuzione economica subita da un soggetto in conseguenza di un atto 'lecito'. In conclusione, devesi ritenere che non possa configurarsi un diritto dell'appaltatore alla realizzazione dell'opera ed alla continuazione del contratto, con la conseguenza che non potra' mai ordinarsi alla Stazione appaltante receduta di riattivare il sinallagma contrattuale e di consentire all'appaltatore il completamento dell'opera. 6 - La caducazione ex lege del vincolo contrattuale tra la Stretto di Messina spa. e la Parsons Transportation Group Inc. Il DL. n. 187 del 2012 (poi trasfuso nell'art. 34-decies Legge 221/2012) ha stabilito che - in caso di mancata stipulazione tra le parti di un atto aggiuntivo entro il termine dell'1 marzo 2013 - dovevano ritenersi caducati, con effetto dalla data di entrata in vigore del decreto (2 novembre 2012), tutti gli atti relativi ai rapporti di concessione, nonche' le convenzioni ed ogni altro rapporto contrattuale stipulato dalla societa' concessionaria. Di conseguenza, non essendo stato stipulato alcun atto aggiuntivo nel termine previsto dal citato decreto legge, il Contratto di Project Management Consulting stipulato tra la Stretto di Messina spa. e la Parsons deve ritenersi caducato, e cioe' il vincolo contrattuale deve ritenersi sciolto a seguito del recesso unilaterale della parte committente. Del resto, la stessa parte committente Stretto di Messina s.p.a. - in data 2 marzo 2013 - ha comunicato alla Parsons essere intervenuta, con effetto dal 2 novembre 2012, la caducazione del Contratto di affidamento a Contraente generale in ragione delle previsioni del decreto legge medesimo, con cio' manifestando la volonta' unilaterale di non voler proseguire nel rapporto contrattuale e di non aver piu' interesse alla realizzazione dell'Opera. Orbene, come ritenuto nella sentenza non definitiva, gli effetti prodotti dal Decreto Legge in questione sono riconducibili a quelli del recesso unilaterale della parte committente. Ed invero, il predetto atto normativo ha disposto la caducazione del contratto, e quindi ha sciolto unilateralmente il vincolo contrattuale prescindendo totalmente dal comportamento della controparte e da eventuali inadempimenti ad essa riconducibili, ma facendo riferimento esclusivamente a circostanze estrinseche al contratto stesso, (quali "l'attuale stato di tensione nei mercati finanziari internazionali, la verifica, a tutela della finanza pubblica, della sostenibilita' del piano economico finanziario del collegamento stabile viario e ferroviario tra Sicilia e Continente"). Alla riconducibilita' della caducazione ex lege del contratto alla fattispecie del recesso unilaterale del committente, inoltre, non osta la circostanza che lo stesso sia stato adottato dal Governo (e quindi formalmente da soggetto diverso dalla parte contraente), attesa la natura di societa' in house della Stretto di Messina spa., la quale - come si e' detto sopra - non puo' essere considerata un soggetto diverso dagli enti pubblici che ne rappresentano i soci ed, in generale, dall'Amministrazione concedente (originariamente il Ministero per i lavori pubblici e per i trasporti e l'aviazione civile e, successivamente, a seguito dell'entrata in vigore del decreto legislativo n. 114 del 2003, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti). Tuttavia, al fine decidere sulle domande con cui la Parsons ha chiesto dichiararsi la intervenuta risoluzione del Contratto, per inadempimento della parte committente, nonche' accertarsi, in subordine, l'intervenuto recesso unilaterale della parte contraente predetta, si e' reso necessario gia' nella sentenza non definitiva esaminare le questioni di legittimita' delle disposizioni contenute nel DL 187/2012. Avendo, infatti il predetto decreto legge inciso sulla sorte del rapporto contrattuale tra la Stretto di Messina spa. e la Parsons, risulta indispensabile verificare se lo stesso possa trovare applicazione nella presente controversia. 7 - Sull'asserito contrasto del Decreto Legge n. 187 del 2012 e dell'art. 34-decies della Legge 221 del 2012 rispetto al diritto europeo. Secondo la Parsons, le disposizioni contenute nel DL 187/2012 (poi trasfuse nell'art. 34-decies della Legge 221/2012) non potrebbero trovare applicazione nell'ambito del presente giudizio, in quanto contrastanti al tempo stesso con i principi del diritto dell'Unione europea e con norme della Costituzione. In particolare, l'art. 1 del DL 187/2012 (poi trasfuso nell'art. 34-decies della Legge 221/2012) sarebbe illegittimo nelle seguenti parti: 1) nella parte in cui, al comma 4, stabilisce che "Dalla data di entrata in vigore del presente decreto fino all'approvazione del progetto definitivo da parte del CIPE delle opere come individuate dal comma 2, entro e non oltre i 540 giorni successivi al completamento dell'esame del progetto in linea tecnica, tutti gli effetti dei contratti stipulati dalla Societa' Stretto di Messina S.p.A. con il Contraente generale e gli altri soggetti affidatari dei servizi connessi alla realizzazione dell'opera sono sospesi e per il periodo di sospensione non potranno essere avanzate dai contraenti pretese risarcitorie o di altra natura a nessun titolo. Sono altresi' sospesi gli adeguamenti economici a qualsiasi titolo previsti"; 2) nella parte in cui, al comma 8, stabilisce che "Nel caso in cui l'atto aggiuntivo di cui al comma 1 non venga stipulato entro il termine perentorio del 1° marzo 2013 sono caducati, con effetto dalla data di entrata in vigore del presente decreto, tutti gli atti che regolano i rapporti di concessione, nonche' le convenzioni ed ogni altro rapporto contrattuale stipulato dalla societa' concessionaria secondo le modalita' e per gli effetti di cui al comma 3"; 3) nella parte in cui, nell'ipotesi di caducazione dei contratti, il comma 8 richiama gli effetti di cui al comma 3, in base al quale "a definitiva e completa tacitazione di ogni diritto e pretesa, gli effetti della caducazione dei vincoli contrattuali comportano esclusivamente il riconoscimento di un indennizzo costituito dal pagamento delle prestazioni progettuali contrattualmente previste e direttamente eseguite e dal pagamento di una ulteriore somma pari al 10 per cento dell'importo predetto". Ad avviso della parte attrice, quindi, risulterebbero violati gli artt. 49, 56 e 63 del TFUE; il principio generale del legittimo affidamento e della certezza del diritto; i principi in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici; il principio di leale collaborazione di cui all'art. 4, par. 3 del TUE; il diritto di proprieta' ed il diritto ad un ricorso effettivo di cui agli artt. 17 e 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, nonche' il Trattato di amicizia tra l'Italia e gli Stati Uniti di America e la Convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, negli articoli in cui tutelano il diritto di proprieta' ed il diritto di accesso alla giustizia. Al tempo stesso, sarebbero violati gli artt. 3, 24, 41, 42, 43, 97, 113 e 117 della Costituzione italiana. L'eccezione in esame rende necessario un cenno al problema della cd. doppia pregiudizialita', che si verifica quando - con riferimento ad una norma interna - si ponga contestualmente una questione di legittimita' costituzionale ed una questione di compatibilita' comunitaria. Orbene, giova premettere che l'adesione dell'Italia all'Unione Europea ha comportato notevoli conseguenze dal punto di vista delle fonti del diritto, in quanto al sistema tradizionale di fonti nazionali si e' affiancato quello delle fonti di diritto europeo. Si e' posto, quindi, il problema di risolvere eventuali conflitti ed antinomie non solo tra le fonti nazionali, ma anche tra queste e quelle sovranazionali. Un punto di svolta nella soluzione del suddetto problema e' indubbiamente rappresentato dalla Sentenza Simmenthal del 1978, con la quale la Corte di Giustizia ha affermato che: "in forza del principio della preminenza del diritto comunitario [...] il giudice nazionale, incaricato di applicare [...] le disposizioni del diritto comunitario ha l'obbligo di garantire la piena efficacia di tali norme, disapplicando, all'occorrenza, di propria iniziativa, qualsiasi disposizione contrastante della legislazione nazionale, senza doverne chiedere o attendere la previa rimozione in via legislativa o mediante qualsiasi altro procedimento costituzionale". Successivamente a tale pronuncia, la Corte costituzionale (con la sent. n. 170/1984, Granital o La Pergola), ha affermato che il contrasto tra diritto europeo e diritto interno non da' luogo ad illegittimita' costituzionale della norma interna laddove la norma europea sia direttamente applicabile, ma piuttosto avra' l'effetto di impedire che tale norma venga in rilievo per la definizione della controversia dinanzi al giudice nazionale. Si affermo' cosi' la teoria della disapplicazione o meglio della "non applicazione" delle norme interne in contrasto con norme comunitarie che hanno effetto diretto. Si riteneva, dunque, che qualora un giudice avesse sollevato una questione di legittimita' costituzionale in caso di contrasto tra norma interna e norma comunitaria con effetto diretto, la Corte costituzionale non sarebbe potuta entrare nel merito, ma avrebbe dovuto dichiarare la questione inammissibile per difetto di rilevanza. Per contro, in caso di contrasto di norme interne con norme comunitarie prive di effetto diretto, la Corte riteneva che il giudice, previo eventuale rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia, dovesse sollevare la questione di legittimita' costituzionale della norma interna per violazione del diritto UE, rilevante nel giudizio di costituzionalita' come parametro interposto attraverso l'art. 11 della Costituzione. All'inizio, l'area del diritto comunitario direttamente applicabile era limitata ai trattati istitutivi ed ai regolamenti, ma con il passare del tempo si e' andata via via estendendo, sino a ricomprendere anche le sentenze interpretative e le sentenze di condanna della Corte di Giustizia, nonche' le cd. direttive dettagliate o self executing. Sulla base dei medesimi principi, veniva risolto anche il problema della doppia pregiudizialita'. La giurisprudenza costituzionale era costante nel ritenere che la questione di compatibilita' comunitaria avesse la precedenza logica e giuridica rispetto alla questione di costituzionalita', in quanto investiva la stessa applicabilita' della norma e, di conseguenza, la rilevanza della questione di costituzionalita' al fine della decisione del caso concreto. Quindi, in presenza di una norma europea immediatamente attributiva di un diritto e, quindi, suscettibile di applicazione diretta, la doppia pregiudizialita' doveva essere risolta verificando la compatibilita' della norma interna con quella europea - se del caso dopo aver sollecitato l'esatta interpretazione di quest'ultima con lo strumento del rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE - e procedendo, in caso di verifica negativa, alla non applicazione della norma interna, oppure, solo in caso di verifica positiva, alla instaurazione di un giudizio incidentale di costituzionalita'. Tale modus procedendi va, tuttavia, rimeditato, alla luce della precisazione offerta dalla Corte costituzionale con la sentenza 14 dicembre 2017 n. 269 in relazione all'ipotesi di contrasto tra la norma interna e quelle disposizioni del diritto dell'Unione europea, suscettibili di applicazione diretta, che siano contenute nella CDFUE. In tale sentenza, premesso che detta Carta dei diritti "costituisce parte del diritto dell'Unione dotata di caratteri peculiari in ragione del suo contenuto di impronta tipicamente costituzionale ... sicche' puo' darsi il caso che la violazione di un diritto della persona infranga, ad un tempo, sia le garanzie presidiate dalla Costituzione italiana, sia quelle codificate dalla Carta dei diritti dell'Unione" si afferma che "le violazioni dei diritti della persona postulano la necessita' di un intervento erga omnes di questa Corte, anche in virtu' del principio che situa il sindacato accentrato di costituzionalita' delle leggi a fondamento dell'architettura costituzionale (art. 134 Cost.)" e, conseguentemente, si conclude che "laddove una legge sia oggetto di dubbi di illegittimita' tanto in riferimento ai diritti protetti dalla Costituzione italiana, quanto in relazione a quelli garantiti dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea in ambito di rilevanza comunitaria, debba essere sollevata la questione di legittimita' costituzionale, fatto salvo il ricorso al rinvio pregiudiziale per le questioni di interpretazione o di invalidita' del diritto dell'Unione, ai sensi dell'art. 267 del TFUE". Nella citata pronuncia, la Corte Costituzionale precisa che tale orientamento e' conseguente alle trasformazioni che hanno riguardato il diritto dell'Unione europea e il sistema dei rapporti con gli ordinamenti nazionali dopo l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona che modifica il Trattato sull'Unione europea e il Trattato che istituisce la Comunita' europea e alcuni atti connessi, fatto a Lisbona il 13 dicembre 2007, ratificato ed eseguito dalla legge 2 agosto 2008, n. 130. In particolare, il Trattato di Lisbona ha attribuito effetti giuridici vincolanti alla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e adattata a Strasburgo il 12 dicembre 2007 (CDFUE), equiparandola ai Trattati (art. 6, paragrafo 1, del Trattato sull'Unione europea). Sicche', qualora il diritto interno interferisca con il diritto dell'Unione Europea, in via preliminare il giudice a quo, che intenda sollevare questione di legittimita' costituzionale della norma interna, deve delibare circa il contrasto tra la norma censurata e il diritto dell'Unione Europea: ove questo vaglio sia omesso, la questione e' inammissibile. Nell'ipotesi in cui tale comparazione avvenga, occorre distinguere tra norme europee dotate di effetto diretto e norme comunitarie prive di tale efficacia. Nel primo caso, qualora emerga un contrasto, non e' consentito sollevare la questione di legittimita' costituzionale, dovendo lo stesso giudice comune provvedere alla pronta applicazione delle norme comunitarie in luogo della norma nazionale difforme, che sara' pertanto disapplicata. Nel secondo caso, invece, il giudice comune dovra' sollevare la questione di legittimita' costituzionale, evocando il parametro dell'art. 117, comma 1 Cost. rispetto alla norma comunitaria interposta priva di efficacia diretta, spettando alla Consulta valutare la ricorrenza di un contrasto insanabile ed eventualmente annullare la legge interna incompatibile con il diritto dell'UE non direttamente applicabile. A questa regola fa eccezione l'ipotesi in cui ad essere evocato come parametro interposto sia un diritto di cui alla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, atteso il suo peculiare carattere di impronta tipicamente costituzionale. Tanto postula la necessita' di un intervento della Corte costituzionale, che giudichera' alla luce dei parametri interni ed eventualmente di quelli europei (artt. 11 e 117 Cost.), ai fini di una interpretazione dei diritto garantiti dalla Carta che sia in armonia con le tradizioni costituzionali ex artt. 6 del Trattato UE e 52, comma 4 della Carta dei diritti fondamentali. In questo caso, quindi, vi sara' la possibilita' di un concorso dei rimedi giurisdizionali esperibili, in cui ha carattere prioritario il giudizio di costituzionalita' e non puo' procedersi direttamente alla disapplicazione della norma interna eventualmente in contrasto. Cio' premesso, le disposizioni del Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea - che si assumono violate nella presente sede - sono finalizzate a garantire il principio della libera concorrenza tra gli operatori economici e del libero accesso al mercato, in condizioni di parita' di trattamento e di non discriminazione. In particolare, l'art. 49 del TFUE (ex 43 del TCE) stabilisce che le restrizioni alla liberta' di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro vengono vietate. Tale divieto si estende altresi' alle restrizioni relative all'apertura di agenzie, succursali o filiali, da parte dei cittadini di uno Stato membro stabiliti sul territorio di un altro Stato membro. L'art. 56 (ex art. 49 TCE), poi, stabilisce che le restrizioni alla libera prestazione dei servizi all'interno dell'Unione sono vietate nei confronti dei cittadini degli Stati membri stabiliti in uno Stato membro che non sia quello del destinatario della prestazione. Il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, possono estendere il beneficio delle disposizioni del presente capo ai prestatori di servizi, cittadini di un paese terzo e stabiliti all'interno dell'Unione. L'art. 63 vieta tutte le restrizioni ai movimenti di capitali tra Stati membri, nonche' tra Stati membri e paesi terzi. Poi, l'art. 4, par. 3 del TUE stabilisce che, in virtu' del principio di leale cooperazione, l'Unione europea e gli Stati membri si rispettano e si assistono reciprocamente nell'andamento dei compiti derivanti dai trattati. L'art. 17 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea disciplina il diritto di proprieta', stabilendo che ogni persona ha il diritto di godere della proprieta' dei beni che ha acquisito legalmente, di usarli, di disporne e di lasciarli in eredita'. Nessuna persona puo' essere privata della proprieta' se non per causa di pubblico interesse, nei casi e nei modi previsti dalla legge e contro il pagamento in tempo utile di una giusta indennita' per la perdita della stessa. L'uso dei beni puo' essere regolato dalla legge nei limiti imposti dall'interesse generale. L'art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea disciplina il diritto ad un ricorso effettivo e a un giudice imparziale, stabilendo che ogni persona i cui diritti e le cui liberta' garantiti dal diritto dell'Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice, nel rispetto delle condizioni previste nel presente articolo. Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge. Ogni persona ha la facolta' di farsi consigliare, difendere e rappresentare. A coloro che non dispongono di mezzi sufficienti e' concesso il patrocinio a spese dello Stato, qualora cio' sia necessario per assicurare un accesso effettivo alla giustizia. Quanto, infine, al principio del legittimo affidamento, questo non e' esplicitato in una norma specifica, ma - come affermato costantemente dalla giurisprudenza dell'Unione Europea - costituisce un corollario del piu' ampio principio della certezza del diritto. Quest'ultimo, ritenuto un cardine per ogni moderno Stato (e che nella Costituzione italiana e' riconducibile ai principi sanciti dall'art. 3), si compone di tre sottoprincipi: l'irretroattivita' degli atti normativi, la tutela del legittimo affidamento e la protezione dei diritti quesiti. In altre parole, il principio della certezza del diritto, dal punto di vista oggettivo, mira a garantire l'esigenza che le norme siano chiare, certe e prevedibili, in modo da consentire ai singoli di orientare la propria condotta con piena cognizione di causa; dal punto di vista soggettivo, invece, mira ad assicurare la tutela delle singole posizioni giuridiche. Orbene, nel caso in esame, le disposizioni del DL 187/2012 (nella parte in cui dispongono la caducazione di tutti i contratti stipulati dalla Stretto di Messina spa.) non appaiono in contrasto con le norme suindicate. A tal fine, e' sufficiente richiamare i principi gia' espressi con riferimento allo scioglimento del contratto di appalto a seguito del recesso unilaterale del committente, che e' espressione di un diritto potestativo riconosciuto al committente sia dal codice civile, sia dalla speciale disciplina in materia di appalti pubblici e prescinde da eventuali inadempimenti delle parti. Non si vede, pertanto, come l'esercizio di tale diritto potestativo relativo ad una singola fattispecie contrattuale possa limitare la liberta' di stabilimento, la liberta' di prestazione dei servizi e la liberta' di circolazione dei capitali della Parsons, tenuto peraltro conto che - come sopra evidenziato - l'interesse al completamento dell'appalto ed alla realizzazione dell'opera fa capo al solo committente, risultando giuridicamente tutelato il solo interesse dell'appaltatore al pagamento dei corrispettivi, ovvero degli indennizzi o risarcimenti normativamente previsti. Peraltro, le richiamate disposizioni del Trattato mirano a tutelare la libera concorrenza tra gli operatori economici e la parita' di trattamento con riferimento alla fase di aggiudicazione degli appalti, mentre la presente controversia attiene alla fase di esecuzione. Infatti, la liberta' di stabilimento e' comunemente intesa come il diritto di trasferirsi in uno Stato membro diverso da quello di origine, al fine di esercitarvi una qualsiasi forma di attivita' economica, di natura non subordinata, alle stesse condizioni normative stabilite dal Paese di destinazione per i propri cittadini. Parimenti, nessuna violazione appare ravvisabile in relazione al principio di leale cooperazione, essendo questo riferito al rapporto tra gli Stati membri. Analoghe considerazioni possono essere svolte con riferimento alle lamentate violazioni del Trattato di amicizia tra l'Italia e gli Stati Uniti di America. Infine, la espressa previsione contrattuale di una facolta' del committente di recedere unilateralmente dal contratto a suo insindacabile giudizio ed in qualunque tempo e qualunque sia lo stato di esecuzione delle prestazioni impedisce di poter ravvisare una violazione del principio dell'affidamento nella decisione di non realizzare piu' l'Opera. Quanto, poi, all'asserito contrasto con gli artt. 17 e 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, contrariamente a quanto richiesto dalla parte attrice, un eventuale contrasto non potrebbe comunque condurre ad una diretta disapplicazione della norma interna, alla luce della recente sentenza n. 269 del 2017 della Corte Costituzionale sopra richiamata. Di conseguenza, coincidendo le suddette disposizioni della Carta fondamentale dei diritti fondamentali dell'Unione europea con i principi sanciti agli artt. 42 e 24 della Costituzione, la delibazione di un eventuale contrasto verra' trattata nel prosieguo, in sede di verifica della sussistenza dei presupposti per sollevare la questione di legittimita' costituzionale. Nel caso in esame, deve altresi' escludersi che sussistano i presupposti per il richiesto rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia Europea. Ed infatti, la Suprema Corte ha costantemente affermato che: "Il rinvio pregiudiziale di una causa alla Corte di Giustizia Europea, ex art. 234 Trattato CE, puo' essere disposto soltanto ove al giudice nazionale si ponga un dubbio relativo alla interpretazione e all'applicazione delle norme comunitarie, e che la questione interpretativa controversa abbia rilevanza in relazione al "thema decidendum" sottoposto al giudice nazionale ed alle norme interne che lo disciplinano, ma non nel caso in cui a questi si ponga l'opposto problema di interpretare la norma interna (nel caso di specie, il D.M. n. 452 del 1989) al fine di verificarne la compatibilita' con la normativa comunitaria e deciderne l'eventuale disapplicazione, in quanto la Corte di Giustizia Europea non e' competente ad interpretare il diritto nazionale dei singoli Stati membri, ne' a statuire sulla compatibilita' di un provvedimento nazionale con l'art. 92, oggi 87, del Trattato ( in questo senso v. Corte di Giustizia della Comunita' Europea 17 giugno 1999 in causa 295/97). (Sez. 1, Sentenza n. 20708 del 22/09/2006, Rv. 592957 - 01)". Nella presente sede, tuttavia, non risultano neanche dedotti dubbi interpretativi afferenti le norme di diritto europeo, mentre a nulla rilevano eventuali dubbi interpretativi della norma interna. Ed infatti, e' interessante rilevare che la sezione pugliese della Corte dei Conti, con ordinanza del 29 Aprile 2014, n. 35, ha interpellato la Corte di Giustizia sul significato e la portata da attribuire al principio di tutela del legittimo affidamento. In particolare la Corte dei Conti ha posto alla Corte di Lussemburgo un quesito pregiudiziale sulla compatibilita' del detto principio con le c.d. leggi di interpretazione autentica che modificano retroattivamente in senso sfavorevole per gli interessati le disposizioni attributive di diritti, anche quando manchino ragioni imperative di interesse generale, o se possa il motivo di interesse generale identificarsi nel solo motivo finanziario. Tuttavia, la Corte di Giustizia (con sentenza del 15 Ottobre 2014, C-246/14), si e' dichiarata manifestamente incompetente a rispondere alle questioni sottoposte, in quanto riguardanti esclusivamente il diritto interno e l'interpretazione dello stesso. 8 - Sulla legittimita' costituzionale del Decreto Legge n. 187 del 2012 e dell'art. 34-decies della Legge n. 221 del 2012. La parte attrice ha eccepito altresi' la incostituzionalita' del Decreto Legge in questione, sotto vari profili. Orbene, giova innanzitutto ricordare che - ai sensi dell'art. 23 della Legge n. 87 del 1953 - l'autorita' giurisdizionale, qualora il giudizio non possa essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimita' costituzionale o non ritenga che la questione sollevata sia manifestamente infondata, emette ordinanza con la quale, riferiti i termini ed i motivi della istanza con cui fu sollevata la questione, dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e sospende il giudizio in corso. Sicche', la questione di legittimita' costituzionale deve, al tempo stesso, essere non manifestamente infondata e rilevante, cioe' tale che la causa non possa essere definita indipendentemente dalla risoluzione della questione. In particolare, la rilevanza costituisce presupposto della natura incidentale del controllo di legittimita' costituzionale, poiche' - per essere validamente rimessa alla Corte - la questione deve riguardare una norma (sostanziale o processuale) applicabile in concreto - e non in via meramente eventuale - nel giudizio a quo ed influente per la sua definizione. Peraltro, per superare il vaglio della rilevanza della questione, e' necessario che il giudice a quo effettui il tentativo di interpretazione costituzionalmente orientata, tenendo conto della lettera e della natura della disposizione denunciata. Secondo l'orientamento dei giudici costituzionali, l'effettivo esperimento di tale tentativo consente di superare il vaglio di ammissibilita' della questione incidentale conseguentemente sollevata, mentre la correttezza o meno della esegesi, non secundum constitutionem, presupposta dal rimettente, attiene, invece, al merito e, cioe', alla successiva verifica di fondatezza o infondatezza della questione stessa, (Corte cost. sent. n. 255 del 2017). La non manifesta infondatezza costituisce il secondo presupposto e va posto in dinamico collegamento con l'individuazione dei parametri costituzionali in tesi violati dalla norma censurata. Al riguardo, l'art. 23, comma 1 della legge n. 87 del 1953 stabilisce che l'istanza con la quale le parti del giudizio pendente chiedono al giudice che sia sollevata questione di legittimita' costituzionale deve indicare non solo le disposizioni viziate da illegittimita' costituzionale, ma anche le disposizioni della Costituzione o delle leggi costituzionali che si intendono violate. Il successivo secondo comma del medesimo articolo, poi, stabilisce che l'ordinanza di rimessione emessa dall'autorita' giurisdizionale deve riferire i termini ed i motivi della istanza con cui e' stata sollevata la questione. Analoghi requisiti devono ricorrere qualora la questione di legittimita' costituzionale venga sollevata d'ufficio. Cio' posto, solo una delle questioni sollevate nella presente sede dalla parte attrice risulta possedere sia l'uno che l'altro dei requisiti suindicati. 8.1 - Sulla legittimita' costituzionale delle leggi-provvedimento. Ed invero, devesi innanzitutto evidenziare che il Decreto Legge in questione non puo' ritenersi illegittimo per il solo fatto di non dettare una disciplina generale ed astratta, ma essendo rivolto a disciplinare esclusivamente un unico rapporto concreto (e cioe' il rapporto contrattuale tra la Stretto di Messina spa. e le controparti, tra cui Parsons). Ed infatti, la Corte Costituzionale, con orientamento ormai consolidato, ha piu' volte affermato che non esiste nella Costituzione una riserva agli organi amministrativi degli atti a contenuto particolare e concreto. Quindi e' ammissibile la cd. legge-provvedimento anche se va fatto uno scrutinio in ordine ad eventuali disparita' di trattamento ed alla ragionevolezza della norma. Non arbitrarieta' e ragionevolezza sono i due profili di controllo della legittimita' della norma. I suddetti principi risultano affermati in molte pronunce della Corte Costituzionale, come ad esempio la sentenza n. 289 dell'8 ottobre 2010, nella quale la Corte costituzionale ha ritenuto non fondata, in riferimento agli art. 24 e 113 cost., la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 2, l. reg. Abruzzo 5 aprile 2007 n. 6 e del punto 5 dell'allegato "Piano di riordino posti letto ospedalieri", evidenziando che: "Non e' infatti preclusa alla legge ordinaria, ne' a quella di fonte regionale, la possibilita' di attrarre nella propria sfera di disciplina oggetti o materie normalmente affidati alla autorita' amministrativa; ne' cio' determina un vulnus al diritto di difesa del cittadino riguardo agli effetti provvedimentali dell'atto normativo, posto che la posizione soggettiva di questo trovera' la sua adeguata tutela, ovviamente non sul piano della giurisdizione amministrativa ma, tramite questa, su quello, proprio della tipologia dell'atto in ipotesi lesivo, della giurisdizione costituzionale, dovendo la legittimita' delle leggi provvedimento essere valutata in relazione al loro specifico contenuto in base ad un controllo stretto di costituzionalita' sotto i profili della non arbitrarieta' e della ragionevolezza, tanto piu' stringente quanto piu' marcati sono i profili provvedimentali caratteristici della legge soggetta al controllo (sentt. n. 267 del 2007, 241 del 2008)". Ed ancora, nel dichiarare la manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3 d.l. 3 dicembre 2012, n. 207, conv., con modif., in l. 24 dicembre 2012, n. 231,, la sentenza n. 85 del 9 maggio 2013 ha affermato che: "Premesso che nessuna disposizione costituzionale comporta una riserva agli organi amministrativi o "esecutivi" degli atti a contenuto particolare e concreto, pur se le leggi provvedimento devono soggiacere ad un rigoroso scrutinio di legittimita' costituzionale per il pericolo di disparita' di trattamento insito in previsioni di tipo particolare e derogatorio, da condurre in relazione al loro specifico contenuto, fermo che non puo' essere consentito al legislatore di risolvere, con la forma della legge, specifiche controversie e di vanificare gli effetti di una pronuncia giurisdizionale divenuta intangibile, violando i principi relativi ai rapporti tra potere legislativo e potere giurisdizionale e concernenti la tutela dei diritti e degli interessi legittimi, le disposizioni censurate non determinano alcuna violazione della "riserva di giurisdizione" dato che non incidono, direttamente o indirettamente, sull'accertamento delle responsabilita', e spetta naturalmente all'autorita' giudiziaria, all'esito di un giusto processo, l'eventuale applicazione delle sanzioni previste dalla legge; cio' in quanto le disposizioni censurate non cancellano alcuna fattispecie incriminatrice ne' attenuano le pene, ne' contengono norme interpretative e/o retroattive in grado di influire in qualsiasi modo sull'esito del procedimento penale in corso sent. nn. 143 del 1989, 536 del 1990, 418 del 1992, 62, 311 del 1993, 492 del 1995, 2 del 1997, 374 del 2000, 237, 267 del 2007, 137 del 2009, 270 del 2010, 20 del 2012, 80 del 2013)". Parimenti, la sentenza n. 231 del 10 ottobre 2014, nel dichiarare la manifesta infondatezza dell'art. 2 l. reg. Molise 21 luglio 2010 n. 14, censurato, in riferimento agli art. 3, 24, comma 1, 111, comma 2, 113, comma 2, e 117, comma 7, cost. nella parte in cui prevede la revoca dell'incarico di Segretario generale del Consiglio regionale della regione Molise "in essere" con legge, anziche' con un atto di ordinaria gestione del rapporto lavorativo, ha affermato che: "Posto che la disposizione censurata costituisce una legge-provvedimento, come e' reso palese, sul piano soggettivo, dall'unicita' del suo destinatario (l'indicato dirigente in carica) e, sul piano oggettivo, dal fatto che essa disciplina un aspetto (la revoca di un incarico dirigenziale «in essere») che e' normalmente affidato non al legislatore, ma all'autorita' amministrativa, e' escluso che il passaggio dall'atto amministrativo alla legge comprometta il diritto alla tutela giurisdizionale, che sarebbe possibile invece esercitare in presenza di un atto dell'amministrazione, atteso che, in assenza nell'ordinamento attuale di una 'riserva di amministrazione' opponibile al legislatore, non puo' ritenersi preclusa alla legge ordinaria la possibilita' di attrarre nella propria sfera di disciplina oggetti o materie normalmente affidate all'azione amministrativa, con la conseguenza che il diritto di difesa non risultera' annullato, ma verra' a connotarsi secondo il regime tipico dell'atto legislativo adottato, trasferendosi dall'ambito della giustizia amministrativa a quello proprio della giustizia costituzionale. Ne' tale trasferimento e', di per se', discriminatorio o suscettibile di alterare la parita' delle parti nel processo, anche considerato che non e' ravvisabile, al momento dell'approvazione della legge, alcuna controversia o pronuncia giurisdizionale con le quali essa potesse interferire, mentre risulta del tutto inconferente il riferimento al parametro di cui all'art. 117, comma 7, cost., rispetto a una censura con la quale viene lamentata la revoca "ex lege" di un incarico dirigenziale senza che la relativa funzione sia stata soppressa (sent. n. 62 del 1993, 374 del 2000, 288 del 2008, 94 del 2009, 270 del 2010, 20 del 2012, 85, 154, 275 del 2013)". Sotto tale aspetto, quindi, la questione di legittimita' costituzionale del DL. 187/2012 e del successivo art. 34-decies della Legge 221/2012 non appare fondata. E' evidente, infatti, che le disposizioni in esso contenute costituiscono una legge-provvedimento, in quanto sono dirette a destinatari determinati (e cioe' solo coloro che hanno stipulato contratti con la Stretto di Messina spa.), incidono su un numero determinato e limitato di destinatari ed hanno un contenuto particolare e concreto. Del resto, nel disporre la caducazione di tutti i contratti stipulati dalla Stretto di Messina spa., le disposizioni in esame hanno comportato la attrazione alla sfera legislativa della disciplina di oggetti o materie (quale appunto il recesso unilaterale da un contratto gia' in fase di esecuzione) normalmente affidati alla autorita' amministrativa. Tuttavia, la sola circostanza che la decisione di sciogliere unilateralmente il vincolo contrattuale sia stata presa con uno strumento legislativo, anziche' amministrativo, non rende di per se' la norma incostituzionale, ne' solleva dubbi di disparita' di trattamento, atteso che non introduce una disciplina derogatoria rispetto a quella generale. Infatti, come gia' sopra evidenziato piu' volte, sia la disciplina generale del codice civile, sia quella speciale in materia di appalti pubblici riconoscono al committente la facolta' di recedere dal contratto in ogni tempo e per qualsivoglia motivo, potendo sempre decidere di non portare a compimento l'opera appaltata. L'utilizzo, poi, nel caso concreto dello strumento legislativo appare giustificato dalla eccezionale importanza e peculiarita' dell'Opera da realizzare. Ne', peraltro, l'utilizzo di tale strumento comporta una violazione dell'art. 24 della Costituzione ed una lesione del diritto di difesa delle parti contraenti, atteso che - come evidenziato dalla citata giurisprudenza della Corte costituzionale - il nostro ordinamento comunque prevede uno strumento effettivo di tutela nell'ambito della giurisdizione costituzionale. Per i medesimi motivi non appare configurabile alcuna violazione dell'art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. 8.2 - Sui presupposti per la decretazione di urgenza. In secondo luogo, la Parsons contesta la legittimita' costituzionale dell'art. 1 del DL n. 187/2012 e del suo successivo "trasferimento" nell'art. 34-decies della legge 221 del 2012 di conversione del DL n. 179/2012, anche per i seguenti motivi: a) carenza dei presupposti previsti dall'art. 77, secondo comma, Cost. quanto all'art. 1 del DL n. 187/2012; b) estraneita' dell'art. 34-decies (che ha riproposto pressoche' integralmente l'art. 1 del DL n. 187/2012) rispetto ai contenuti del DL n. 179/2012, con violazione, sotto altro profilo, dello stesso art. 77 della Costituzione. Orbene, appare infondata la lamentata insussistenza dei presupposti per la decretazione di urgenza. Giova ricordare che, per costante giurisprudenza costituzionale, i presupposti di necessita' e urgenza di cui all'art. 77 della Costituzione costituiscono requisiti di validita' dei decreti-legge, sicche' rientra certamente nei poteri della Corte costituzionale verificarne la sussistenza. Tuttavia, il sindacato di legittimita' costituzionale - basato su una pluralita' di indici intrinseci ed estrinseci (titolo, preambolo, contenuto e ratio del decreto-legge, relazione illustrativa del disegno di legge di conversione, lavori parlamentari) - e' circoscritto alla evidente mancanza dei presupposti di necessita' e urgenza, distinguendosi il giudizio di costituzionalita' dalla valutazione prettamente politica spettante alle Camere in sede di conversione, poiche' l'art. 77 Cost. e' connotato da un largo margine di elasticita'. Di conseguenza, solo l'evidente insussistenza di una situazione di fatto comportante la necessita' e l'urgenza di provvedere determina tanto un vizio del decreto legge, quanto un vizio in procedendo della legge che ne disponga la conversione (cfr. Corte costituzionale, sentenze n. 170 del 2017, n. 93 del 2011, n. 171 del 2007 e n. 29 del 1995). Peraltro, la straordinaria necessita' ed urgenza non postula inderogabilmente un'immediata applicazione delle disposizioni normative contenute nel decreto-legge, ma ben puo' fondarsi sulla necessita' di provvedere con urgenza, anche laddove il risultato sia per qualche aspetto necessariamente differito (Corte costituzionale, sentenza n. 16 del 2017). Cio' posto, il decreto legge n. 187 del 2 novembre 2012 riporta, quale titolo, "Misure urgenti per la ridefinizione dei rapporti contrattuali con la Societa' Stretto di Messina S.p.A ed in materia di trasporto pubblico locale". Nel preambolo, poi, viene premesso che: "Visti gli articoli 77 e 87 della Costituzione; Ritenuta la straordinaria necessita' ed urgenza di garantire, in considerazione dell'attuale stato di tensione nei mercati finanziari internazionali, la verifica, a tutela della finanza pubblica, della sostenibilita' del piano economico finanziario del collegamento stabile viario e ferroviario tra Sicilia e Continente, anche in relazione alle modalita' di finanziamento previste; Ritenuta, altresi', la straordinaria necessita' ed urgenza di emanare disposizioni volte ad evitare l'interruzione dei servizi di trasporto pubblico locale e ferroviari regionali, assicurando, per l'esercizio 2012, l'immediato trasferimento alle regioni delle risorse allo scopo destinate...". Infine, all'art. 1, comma 1 viene specificato che l'esigenza di provvedere con decretazione d'urgenza e' sorta "In considerazione dell'attuale condizione di tensione dei mercati finanziari internazionali che impone, a tutela della finanza pubblica, particolari esigenze di cautela nella verifica della sostenibilita' del piano economico finanziario del collegamento stabile viario e ferroviario tra Sicilia e Continente (di seguito Ponte), anche in relazione alle modalita' di finanziamento previste, la Societa' Stretto di Messina S.p.A. ed il Contraente generale stipulano apposito atto aggiuntivo al contratto vigente per l'attuazione delle disposizioni contenute nel presente articolo". Sicche', gli elementi contenuti sia nel titolo che nel preambolo del decreto legge in questione, sia nell'art. 1, comma 1 - anche in considerazione del contesto in cui lo stesso si inserisce, atteso l'eccezionale costo dell'Opera da realizzare - non fanno ritenere che il Governo, prima, e il Parlamento, poi, abbiano ecceduto i limiti dell'ampio margine di discrezionalita' che spetta loro, ai sensi dell'art. 77, secondo comma, Cost., nel valutare i presupposti di straordinaria necessita' e urgenza che giustificano l'adozione di un decreto legge in materia. A tal fine e' sufficiente osservare che il solo costo iniziale dell'Opera era stato indicato, nel Contratto del 27 marzo 2006, in un importo pari ad € 3.879.599.733,00, avendo ad oggetto (come affermato nello stesso atto di citazione) la realizzazione del maggiore ponte sospeso mai realizzato al mondo. E' fatto notorio, inoltre, la crisi cd. del debito sovrano, che ha colpito i paesi dell'area Euro tra il 2010 ed il 2011, derivante dalla crisi del settore dei mutui residenziali statunitensi. Ed infatti, come e' possibile apprendere da studi della Consob, in seguito alla crisi subprime, numerosi istituti di credito europei hanno sperimentato gravi difficolta' e sono stati salvati da interventi pubblici. Questi ultimi hanno esacerbato gli squilibri di finanza pubblica dei Paesi piu' vulnerabili, concorrendo a provocare una contrazione del PIL a livello globale dell'uno per cento circa nel 2009. In particolare, mentre i principali paesi in via di sviluppo hanno sperimentato una significativa riduzione dei propri tassi di crescita, i paesi industrializzati hanno registrato una variazione del prodotto interno lordo negativa. Per l'Italia la contrazione del prodotto nel 2009 e' risultata prossima al 5 per cento, configurando una delle piu' gravi recessioni dal dopoguerra. 8.3 - Sul procedimento di conversione in legge del DL 187 del 2012. Quanto, poi, alla circostanza che il DL 187/2012 non sia stato convertito con una legge di conversione a cio' specificamente dedicata, ma aggiungendo un articolo (art. 34-decies) ad altra legge dedicata a materia diversa (Legge n. 221/2012), tale aspetto appare meramente formale e non idoneo a determinare una violazione di norme costituzionali. Ed infatti, il testo del DL 187 del 2 novembre 2012 e' il seguente: Art. 1 - Disposizioni in materia di collegamento stabile viario e ferroviario tra Sicilia e continente 1. In considerazione dell'attuale condizione di tensione dei mercati finanziari internazionali che impone, a tutela della finanza pubblica, particolari esigenze di cautela nella verifica della sostenibilita' del piano economico finanziario del collegamento stabile viario e ferroviario tra Sicilia e Continente (di seguito Ponte), anche in relazione alle modalita' di finanziamento previste, la Societa' Stretto di Messina S.p.A. ed il Contraente generale stipulano apposito atto aggiuntivo al contratto vigente per l'attuazione delle disposizioni contenute nel presente articolo. 2. Entro sessanta giorni dalla stipula dell'atto aggiuntivo la Societa' Stretto di Messina S.p.A. presenta al CIPE, ai fini di un primo esame in linea tecnica del progetto definitivo dell'opera, unitamente agli elaborati tecnici nonche' ai necessari pareri e autorizzazioni, i piani economico finanziari accompagnati da una completa e dettagliata analisi dell'intervento che attesti la sostenibilita' dell'investimento, con riguardo sia alle condizioni praticate nel mercato dei capitali sia alle varie ipotesi di finanziamento pubblico. Il CIPE in sede di esame tecnico puo' valutare parti progettuali dotate di autonoma funzionalita'. 3. In esito all'esame in linea tecnica del progetto definitivo dell'intervento, la societa' Stretto di Messina S.p.a. avvia le necessarie iniziative per la selezione della migliore offerta di finanziamento dell'infrastruttura con capitali privati, senza che cio' dia luogo ad impegni contrattuali vincolanti per la concessionaria. In caso di mancata individuazione del soggetto finanziatore entro il termine per l'esame del progetto definitivo di cui al comma 4, sono caducati tutti gli atti che regolano i rapporti di concessione, nonche' le convenzioni ed ogni altro rapporto contrattuale stipulato dalla societa' concessionaria. In tale circostanza, a definitiva e completa tacitazione di ogni diritto e pretesa, gli effetti della caducazione dei vincoli contrattuali comportano esclusivamente il riconoscimento di un indennizzo costituito dal pagamento delle prestazioni progettuali contrattualmente previste e direttamente eseguite e dal pagamento di una ulteriore somma pari al 10 per cento dell'importo predetto. 4. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto fino all'approvazione del progetto definitivo da parte del CIPE delle opere come individuate dal comma 2, entro e non oltre i 540 giorni successivi al completamento dell'esame del progetto in linea tecnica, tutti gli effetti dei contratti stipulati dalla Societa' Stretto di Messina S.p.A. con il Contraente generale e gli altri soggetti affidatari dei servizi connessi alla realizzazione dell'opera sono sospesi e per il periodo di sospensione non potranno essere avanzate dai contraenti pretese risarcitorie o di altra natura a nessun titolo. Sono altresi' sospesi gli adeguamenti economici a qualsiasi titolo previsti. Per le parti progettuali non esaminate dal CIPE la sospensione degli effetti contrattuali permane, con le modalita' sopra indicate, fino al reperimento della integrale copertura finanziaria. Le parti dovranno improntare il loro comportamento secondo i principi della buona fede. 5. La mancata approvazione del progetto definitivo dell'opera da parte del CIPE, ai sensi del comma 4, comporta la caducazione di tutti gli atti che regolano i rapporti di concessione, nonche' le convenzioni ed ogni altro rapporto contrattuale stipulato dalla societa' concessionaria, secondo le modalita' e per gli effetti di cui al comma 3. 6. La Societa' Stretto di Messina S.p.A. puo' essere autorizzata, previa approvazione dei progetti definitivi da parte del CIPE, ad eseguire lavori infrastrutturali funzionali all'esigenza dell'attuale domanda di trasporto anche in caso di mancata realizzazione del Ponte, ricompresi nel progetto definitivo generale, a carico del bilancio dello Stato nei limiti delle risorse che saranno individuate con successivi provvedimenti. 7. Con atto di indirizzo del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sono impartite direttive finalizzate all'immediato contenimento dei costi di gestione e di personale della societa' Stretto di Messina S.p.a. 8. Nel caso in cui l'atto aggiuntivo di cui al comma 1 non venga stipulato entro il termine perentorio del 1° marzo 2013 sono caducati, con effetto dalla data di entrata in vigore del presente decreto, tutti gli atti che regolano i rapporti di concessione, nonche' le convenzioni ed ogni altro rapporto contrattuale stipulato dalla societa' concessionaria secondo le modalita' e per gli effetti di cui al comma 3. 9. Nei casi di caducazione di cui ai commi 3, 5 e 8, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, la Societa' Stretto di Messina S.p.a. e' posta in liquidazione e, per lo svolgimento delle attivita' liquidatorie, e' nominato un commissario liquidatore che dovra' concludere le operazioni entro e non oltre un anno dalla nomina. 10. Agli oneri derivanti dagli eventuali indennizzi conseguenti all'attuazione del presente articolo si provvede mediante utilizzo dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 61 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successivi rifinanziamenti, relativa al Fondo per lo sviluppo e la coesione. A tale fine le risorse del Fondo sono coerentemente riprogrammate dal CIPE a valere sulle assegnazioni destinate al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Tutte le suddette disposizioni risultano recepite nella legge 17 dicembre 2012 n. 221, di conversione del decreto legge n. 179 del 2012 (ulteriori misure per la crescita del Paese), che ha inserito nel testo del decreto in conversione l'art. 34-decies rubricato "Disposizioni in materia di collegamento stabile viario e ferroviario tra Sicilia e continente", il cui testo e' sostanzialmente coincidente con quello dell'art. 1 del DL. 187/2012. In particolare, il testo dell'art. 34-decies della Legge n. 221 del 17 dicembre 2012 (pubblicata nella GU del 18 dicembre 2012) e' il seguente: Art. 34-decies Disposizioni in materia di collegamento stabile viario e ferroviario tra Sicilia e continente