LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE DI GENOVA 
                             Sezione 01 
 
    Riunita con l'intervento dei signori: 
      Dimundo Antonino - Presidente, relatore; 
      Giusti Giuseppe - Giudice; 
      Silvano Mario Alieto - Giudice; 
    ha emesso la seguente ordinanza  sul  reclamo  depositato  il  22
novembre 2007, relativo al R.G. ricorso n. 1518/07, avverso avviso di
accertamento n.  R4C030101254,  assente  2004  II.DD.  IVA,  proposto
dall'ufficio: Agenzia Entrate Ufficio Genova 1; 
    controparte: My Home in Portofino S.r.l. in liquidazione,  piazza
della Vittoria n. 6/6 - 16121 Genova (GE); 
    difeso da: Gianni Marongiu - Andrea Bodrito, via Roma n.  11/5  -
16100 Genova (GE). 
 
                       In fatto ed in diritto 
 
    In data 28 settembre 2006 l'Agenzia delle Entrate di Genova 1  ha
notificato alla My Home in Portofino S.r.l. in liquidazione un avviso
di accertamento relativo al reddito d'impresa dell'anno 2004. 
    La societa' My Home in  Portofino,  con  atto  notificato  il  27
novembre 2006, ha proposto ricorso avverso l'avviso di  accertamento,
chiedendone l'annullamento, ma non si e' costituita in  giudizio  nel
termine di cui all'art. 22, decreto del Presidente  della  Repubblica
31 dicembre  1992,  n.  546,  mediante  deposito  del  ricorso  nella
segreteria dell'adita Commissione Tributaria Provinciale di Genova. 
    In data 19 gennaio 2007, nel termine a lei  assegnato,  l'Agenzia
delle Entrate, Ufficio di Genova 1, si  e'  costituita  in  giudizio,
depositando nella segreteria della Commissione un atto col  quale  ha
chiesto la dichiarazione di inammissibilita'  del  ricorso  della  My
Home  per  la  mancata  tempestiva  costituzione  in  giudizio  della
ricorrente. 
    Con decreto dell'11 ottobre 2007 il Presidente della Commissione,
in  accoglimento  dell'istanza   dell'Agenzia   delle   Entrate,   ha
dichiarato l'inammissibilita' del ricorso della My Home.  Il  decreto
e' stato notificato a quest'ultima il 16 ottobre 2007. 
    Avverso tale decreto  la  My  Home,  con  ano  notificato  il  12
novembre 2007, ha proposto reclamo ai sensi dell'art. 28, decreto del
Presidente  della  Repubblica  n.  546/1992,  prospettando   la   non
manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale
degli  articoli  22  e  27,  decreto  legislativo  n.  546/1992,   la
rimessione degli atti alla  Corte  costituzionale  e  l'adozione  dei
provvedimenti per  la  prosecuzione  del  giudizio  promosso  avverso
l'avviso di accertamento impugnato. 
    Nel frattempo la My Home, in  data  7  novembre  2007,  e  quindi
tardivamente, si era costituita depositando  nella  segreteria  della
Commissione l'originale del ricorso notificato a norma di legge ed  i
documenti ad esso  allegati.  Il  relativo  giudizio  e'  attualmente
pendente, sospeso fino all'esito definitivo di questo procedimento di
reclamo. 
    Il reclamo e' stato discusso  davanti  al  collegio  nell'udienza
dell'11 febbraio 2008. 
 
               Tanto premesso si osserva quanto segue 
 
    La reclamante ha  contestato  la  conformita'  alla  Costituzione
della norme applicate, affermando che  non  sarebbero  manifestamente
infondati i dubbi di legittimita' costituzionale degli articoli 22  e
27, decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 645, in  relazione  agli
articoli 3, 24, 97 e 111, Cost. 
    La  My  Home,  in  primo   luogo,   dubita   delle   legittimita'
costituzionale delle norme sopra citate in riferimento agli  articoli
3 e 24 Cost., muovendo dall'art. 30 della legge  delega  n.  431  del
1991, secondo cui le norme del processo  tributario  dovevano  essere
adeguate a quelle del processo civile, e osservando che, a differenza
del processo di cognizione  ordinaria,  in  cui  la  costituzione  in
giudizio del convenuto nei termini consente all'attore di costituirsi
fino alla prima udienza ed in cui l'estinzione del  giudizio  non  e'
mai  dichiarata  d'ufficio,  nel  processo  tributario   la   mancata
tempestiva costituzione in giudizio del ricorrente e' sanzionata  con
la  dichiarazione  di  inammissibilita'  del  ricorso,   rilevata   e
pronunciata  d'ufficio  senza  alcuna  possibilita'  di  costituzione
tardiva. Cio' in violazione del principio di  eguaglianza,  affermato
dall'art. 3, Cost., per  il  diverso  trattamento  nei  due  tipi  di
processo della tardiva costituzione  in  giudizio  del  ricorrente  e
dell'attore, nonche' in violazione dell'art. 24, Cost., per la  grave
lesione del diritto di difesa del ricorrente nel processo  tributario
rispetta alla maggiore tutela che a tale diritto  e'  assicurata  nel
processo di cognizione. 
    Dubita, in secondo luogo, della legittimita' costituzionale delle
norme  applicate  in  riferimento  agli  articoli  3  e  111,  Cost.,
ravvisando una disparita' di trattamento tra le parti all'interno del
processo tributario - oltre che rispetto  al  processo  ordinario  di
cognizione - tra la posizione deteriore riservata al ricorrente,  per
il  quale  e'  previsto  un  termine   perentorio,   sanzionato   con
l'inammissibilita' del ricorso  e  l'irrimediabile  perdita  del  suo
diritto sostanziale, e la piu' favorevole posizione prevista  per  il
resistente, cui per la  costituzione  in  giudizio  e'  assegnato  un
termine di natura ordinatoria che, al piu',  determina  decadenze  di
tipo probatorio. 
    Denuncia, in terzo luogo, l'illegittimita'  costituzionale  delle
norme in esame ancora in riferimento agli articoli 3  e  111,  Cost.,
sul rilievo dell'irragionevole disparita' di trattamento tra l'attore
nel processo ordinario di cognizione, in cui la tardiva  costituzione
in giudizio non determina mai la perdita irrimediabile  della  tutela
giurisdizionale, ed il ricorrente nel processo tributario, in cui  la
tardiva costituzione in  giudizio  preclude  in  modo  definitivo  la
tutela processuale. 
    Dubita, in quarto luogo, delle legittimita' delle norme applicate
in riferimento all'art. 111, Cost.,  sotto  l'ulteriore  profilo  del
contrasto  delle  norme  con  il  principio  del   giusto   processo,
ricordando che il processo tributario e' funzionale  all'accertamento
della fondatezza della pretesa impositiva nel rispetto del  principio
dell'obbligo di tutti di contribuire alle spese pubbliche in  ragione
della  loro  capacita'  contributiva,  e   che   contrasterebbe   col
richiamato principio del giusto processo la norma che ricollega  alla
tardiva costituzione in giudizio, rilevabile  d'ufficio,  la  perdita
del diritto a tale accertamento. 
    In quinto luogo, la reclamante ha denunciato il  contrasto  delle
norme in questione in riferimento al  principio  di  imparzialita'  e
buona fede, affermato dall'art. 97, Cost., sul rilievo  che,  essendo
il compito della Pubblica amministrazione  quello  di  assicurare  il
gettito  tributario  nel  rispetto  del  principio  della   capacita'
contributiva di ciascuno,  dette  norme  violerebbero  la  richiamata
norma costituzionale nella misura in cui fa dipendere la  soccombenza
sostanziale del contribuente alla tardiva costituzione  in  giudizio,
nonostante che abbia notificato nei termini il ricorso avverso l'atto
impositivo. 
    L'Agenzia delle Entrate e la  parte  reclamante,  successivamente
alla rituale proposizione del reclamo, hanno depositato  memorie  con
le quali hanno ribadito le proprie contrastanti tesi. 
    Tanto premesso e ritenuto, ritiene la Commissione che in  effetti
i dubbi di  legittimita'  costituzionale  degli  articoli  22  e  27,
decreto  legislativo  31  dicembre  1992,  n.  546,  sollevati  dalla
ricorrente,  siano  rilevanti  e,  per   quanto   di   ragione,   non
manifestamente infondati. 
    Sulla rilevanza della  questione  sollevata  si  osserva  che  la
reclamante My Home non ha negato che il decreto  di  inammissibilita'
sia stato emesso dal presidente della Commissione ai sensi  dell'art.
27 n. 1, decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (il  presidente
della sezione, scaduti i termini  per  la  costituzione  in  giudizio
delle  parti,  esamina  preliminarmente  il  ricorso  e  ne  dichiara
l'inammissibilita' nei casi espressamente previsti, se manifesta), in
conformita' all'art. 22 dello  stesso  decreto  ed  in  presenza  dei
presupposti di legge, essendo risultato  in  maniera  manifesta,  dal
mero controllo degli atti processuali, che detta societa' non  si  e'
costituita in giudizio entro i trenta giorni dalla  proposizione  del
ricorso e che tale omissione  e'  sanzionata  in  maniera  chiara  ed
espressa dal  citato  art.  22  con  l'inammissibilita'  del  ricorso
medesimo (Il ricorrente, entro trenta giorni dalla  proposizione  del
ricorso, a pena di inammissibilita', deposita nella segreteria  della
commissione tributaria adita, o trasmette a  mezzo  posta,  in  plico
raccomandato senza busta con avviso di ricevimento,  l'originale  del
ricorso notificato...). 
    L'accoglimento  o  il  rigetto  del  reclamo   dipende,   quindi,
esclusivamente dal giudizio che la Corte costituzionale  dara'  sulla
fondatezza  o  non  fondatezza  della   questione   sollevata   dalla
reclamante. Nel caso di giudizio di infondatezza, infatti, il reclamo
dovra' essere rigettato con sentenza di inammissibilita', conseguente
improseguibilita' del processo e definitiva perdita del diritto della
ricorrente reclamante di contestare  la  pretesa  impositiva  oggetto
dell'impugnazione. Ne' il reclamo puo' essere, comunque, definito con
una interpretazione costituzionalmente orientata  delle  norme  degli
articoli 22 e 27, decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, posto
che   l'inequivocabile   loro   formulazione    non    ne    consente
un'interpretazione tale da condurre alla  prosecuzione  del  processo
nonostante  la  tardivita'  della  costituzione  in  giudizio   della
societa' ricorrente. 
    Quanto  al  merito,  ritiene  la  Commissione  che  i  dubbi   di
legittimita'  costituzionale  delle  norme  applicate   col   decreto
reclamato   non    siano    manifestamente    infondati,    sembrando
manifestamente irragionevole  ricollegare  la  perdita  irrimediabile
dell'azione  tributaria  di  un  contribuente  dall'inosservanza  del
termine per la costituzione in giudizio pesantemente  sanzionata  con
l'inammissibilita'  del  ricorso,  se   raffrontata   con   l'analoga
situazione dell'attore  nel  processo  ordinario  di  cognizione,  il
quale, nell'ipotesi di mancata costituzione in giudizio nel termine a
lui assegnato e di costituzione  del  convenuto  nei  termini  a  lui
assegnati conserva la possibilita' di  costituirsi  fino  alla  prima
udienza  senza  perdere  l'azione  e  la  possibilita'  di   tutelare
attraverso di essa la sua pretesa sostanziale. Vi e', infatti, tra le
due  posizioni   una   irragionevole   disparita'   di   trattamento,
assolutamente non giustificata dalla pur grave esigenza  dello  Stato
di riscuotere prontamente i tributi,  posto  che  tale  esigenza  non
verrebbe sensibilmente sacrificata dalla concessione  al  ricorrente,
che non si sia costituito nei termini, della facolta' di  costituirsi
nell'udienza di discussione del ricorso da fissare  a  seguito  della
costituzione in giudizio della resistente Amministrazione finanziaria
o di altro ente impositore. Il processo tributario dal riconoscimento
di siffatta facolta' non subirebbe alcun apprezzabile ritardo, ove si
consideri che la controversia potrebbe essere sottoposta al  giudizio
della Commissione in una pubblica udienza da fissare  successivamente
alla costituzione del resistente nel rispetto  del  solo  termine  di
trenta giorni liberi prima della data dell'udienza.  In  sostanza  si
tratterebbe di sopprimere l'esame preliminare del  ricorso,  regolato
dagli articoli 27 e 28, decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546,
e prevedere la trattazione della controversia con le modalita' di cui
agli articoli 30 e segg. del decreto da ultimo citato anche  in  caso
di tardiva costituzione in  giudizio  del  ricorrente.  Eventualmente
sanzionando con l'estinzione del giudizio la mancata costituzione del
ricorrente anche nell'udienza cosi fissata. 
    L'irragionevole disparita' di trattamento cosi  tratteggiata  non
costituisce  soltanto  violazione  del   principio   di   eguaglianza
garantito dall'art. 3, Cost., ma anche violazione del successivo art.
24, secondo cui tutti possono agire in giudizio  per  la  tutela  dei
propri diritti ed interessi, essendo la difesa diritto inviolabile in
ogni stato e grado del procedimento. La perdita del diritto di  agire
in giudizio al  fine  di  poter  contestare  nel  merito  la  pretesa
tributaria   dell'Amministrazione   finanziaria,    irrimediabilmente
ricollegata all'intempestiva costituzione in giudizio del ricorrente,
che abbia impugnato un atto impositivo, in assenza di un apprezzabile
ritardo nel processo di accertamento e  riscossione  dei  tributi  e,
quindi,  in  assenza  di  un  sensibile   pregiudizio   alla   tutela
dell'interesse fiscale, si  risolve,  infatti,  in  una  lesione  del
diritto di difesa, garantito a tutti dall'art. 24,  Cost.  La  tutela
dell'interesse fiscale, invero, non puo' spingersi fino  all'adozione
di discipline processuali tanto diverse da quelle comuni, al punto da
privare inutilmente il contribuente del diritto di agire in  giudizio
per la tutela del proprio diritto in assenza di un serio  pregiudizio
per il contrapposto interesse. In altri termini, e' comprensibile che
«la materia tributaria, per la sua particolarita' e  per  il  rilievo
che ha nella Costituzione l'interesse dello Stato alla percezione dei
tributi, giustifica discipline differenziate»  (C.  Cost.  23  luglio
1987, n. 283); ma tale interesse, nei casi in cui - come nella specie
- non  subirebbe  alcun  apprezzabile  pregiudizio  dall'attenuazione
delle  conseguenze  della  tardiva  costituzione  in   giudizio   del
ricorrente, non giustifica in alcun modo la  conservazione  di  norme
speciali,  diverse  da  quelle  comuni,  che  sanzionano  la  perdita
definitiva ed irrimediabile del diritto di difesa  del  contribuente.
Si ricorda al riguardo che la tutela dell'interesse fiscale non  puo'
giustificare la lesione di altri  principi  costituzionali,  come  il
diritto di difesa, perche'  l'interesse  del  cittadino  alla  tutela
giurisdizionale e quello generale della  comunita'  alla  riscossione
dei tributi devono essere «armonicamente  coordinati»  (C.  Cost.  22
dicembre 1969, n. 157; C. Cost. 28 aprile  1970,  n.  61),  dovendosi
evitare l'inutile sacrificio dell'uno quando la tutela dell'altro non
lo esige. 
    La  disciplina  irragionevolmente  differenziata,  rispetto  alle
regole processuali comuni  in  situazione  analoga,  contenuta  negli
articoli 22 e 27, decreto legislativo 31 dicembre 1992,  n.  546,  la
quale innegabilmente comprime senza gravi motivi il diritto di difesa
del contribuente, sopprimendolo in caso di  tardiva  costituzione  in
giudizio  in  contrasto  con  la   disciplina   comune   dell'analoga
situazione,  e'  in  contrasto  anche  con  i  principi  del  «giusto
processo», introdotti col novellato  art.  111,  Cost.,  non  essendo
ammissibile che il processo, strumento  di  attuazione  della  tutela
giurisdizionale, costituisca  per  il  contribuente  una  «trappola»,
capace di sopprimere quel diritto di agire in  giudizio  in  funzione
dell'esercizio del quale esso e' stato concepito, in  una  situazione
in cui l'inerzia del ricorrente  non  e'  segno  univoco  di  perdita
dell'interesse all'azione. 
    Per tali considerazioni la Commissione ritiene che  la  questione
di costituzionalita' sollevata dalla reclamante sia rilevante  e  non
manifestamente infondata e che, pertanto debba essere  sottoposta  al
giudizio della Corte costituzionale.