CORTE D'APPELLO DI TORINO 
 
    Il Presidente delegato alla trattazione del procedimento sommario
R.G. n. 655/2017, ex art. 170 decreto del Presidente della Repubblica
n. 115/2002 e art. 15 del decreto legislativo  n.  150/2011,  nonche'
art. 702-bis del codice di  procedura  civile,  di  opposizione  alla
revoca della ammissione  al  gratuito  patrocinio  e  di  diniego  di
liquidazione del compenso del difensore,  promosso  da  IQBAL  IMRAN,
assistito dall'avv. Alessandro Pratico', il quale  si  e'  presentato
dinanzi al presidente delegato alla udienza fissata in data 20 giugno
2017, ore 10,30, depositando copie di cortesia e  attestazione  della
notifica, mediante PEC, alla Avvocatura dello Stato -  domiciliataria
ex lege del Ministro della  giustizia  convenuto  -  del  ricorso  in
opposizione e del decreto di fissazione della  udienza,  quest'ultimo
emanato in data 4 aprile 2017; 
    Rilevato che  l'Avvocatura  dello  Stato  di  Torino  non  si  e'
costituita per il Ministero della giustizia convenuto che,  pertanto,
e' stato dichiarato contumace; 
    Sciogliendo la riserva di cui al verbale  della  udienza  del  20
giugno 2017; 
    Ha emesso la seguente ordinanza; 
 
                              Ritenuto: 
 
        che l'opponente IQBAL IMRAN era stato ammesso, con decreto in
data 11 agosto 2016 (v.doc.11 opponente), dal  Consiglio  dell'Ordine
degli avvocati di Torino al gratuito patrocinio a spese  dello  Stato
per proporre appello avverso l'ordinanza del Tribunale di Torino  che
rigettava il ricorso ex art. 35 del decreto  legislativo  n.  25/2008
avverso il provvedimento di diniego della protezione internazionale e
umanitaria ex art. 5  decreto  legislativo  n.  286/89  emesso  dalla
Commissione  territoriale  per  il  riconoscimento  della  protezione
internazionale; 
        che il giudizio d'appello rubricato al  n.  1449/2016  RG  e'
stato  definito  con  sentenza  del   27   gennaio   2017   (doc.   3
dell'opponente) dalla III sezione civile di questa Corte con  cui  e'
stata rigettata l'impugnazione proposta da IQBAL IMRAN; 
        che con decreto del 27 gennaio 2017 della stessa III  sezione
della Corte e' stata revocata l'ammissione al gratuito patrocinio  ex
art. 136 comma 2 decreto del Presidente della Repubblica n.  115/2002
per essere stata esercitata l'azione quanto meno con colpa grave; 
        che con altro decreto in  pari  data  e'  stata  respinta  la
richiesta   di   liquidazione   del   compenso   per   il   difensore
dell'appellante avv. A. Pratico'; 
        che l'opponente si oppone ad entrambi i decreti di cui  sopra
lamentando il difetto di motivazione e  comunque  l'erroneita'  della
revoca del gratuito patrocinio non rilevandosi alcuna colpa grave nel
proposto appello, dato che i motivi di impugnazione  della  ordinanza
del  Tribunale  di  Torino  non  apparirebbero,  a  suo   dire,   ne'
inammissibili ne' manifestamente infondati, anzi  emergendo  la  loro
consistenza, plausibilita' e ragionevolezza  in  relazione  sia  alla
credibilita'  dell'appellante  e  al  suo  percorso  di  integrazione
sociale che alla situazione generale del paese di origine (Pakistan); 
        che il sottoscritto, presidente della IV sezione civile della
Corte d'appello di Torino, e' stato  delegato  dal  Presidente  della
Corte, in base  alle  tabelle  organizzative  di  quest'ultima,  alla
trattazione e decisione dei procedimenti di opposizione  alla  revoca
della ammissione al gratuito patrocinio di una parte processuale  con
conseguente diniego di liquidazione  del  compenso  al  difensore  di
detta parte per l'attivita' giudiziale dal  medesimo  svolta,  revoca
adottata in questo caso dalla  III  sezione  civile  della  Corte  in
composizione collegiale (ma lo stesso avviene per le revoche adottate
dalle sezioni penali); 
        che questo  giudice  ritiene  che  la  norma  ricavabile  dal
disposto di cui agli articoli 170 del decreto  del  Presidente  della
Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, nella  sua  attuale  formulazione,
dopo le modifiche introdotte dal  decreto  legislativo  1°  settembre
2011, n. 150 e, in particolare, dall'attuale art. 15 di  quest'ultimo
decreto legislativo  -  che  prevede  la  competenza  di  un  giudice
monocratico  a  pronunciarsi,  in  sede   di   opposizione,   su   un
provvedimento  collegiale  -  sia  contraria,  per  la  sua  evidente
irrazionalita', all'art. 3 della Costituzione nonche' ai principi  di
buona  amministrazione,  ex  art.  97  Costituzione,  che  dovrebbero
applicarsi  anche  alla  organizzazione  del  servizio  giustizia  e,
quindi, all'ordinamento giudiziario; 
        che la questione di costituzionalita'  appare  rilevante  nel
procedimento in oggetto e non manifestamente infondata; 
    Solleva d'ufficio la questione di  costituzionalita'  alla  Corte
costituzionale chiedendo che quest'ultima si pronunci sulla  medesima
per i seguenti motivi: 
        Come  noto  l'art.  170  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 115/2002 prevede che, avverso il decreto  di  pagamento
emesso a favore dell'ausiliario del magistrato, del custode  e  delle
imprese private cui e' affidato l'incarico di demolizione e riduzione
in pristino, il beneficiario e le  parti'  processuali,  compreso  il
pubbico ministero, possano  proporre  opposizione.  L'opposizione  e'
disciplinata dall'art. 15 del decreto legislativo 1° settembre  2011,
n. 150. Quest'ultimo articolo cosi' recita: «Le controversie previste
dall'art. 170 del decreto del Presidente della Repubblica  30  maggio
2002, n. 115 sono regolate dal rito sommario di  cognizione  ove  non
diversamente disposto dal presente articolo. Il ricorso  e'  proposto
al capo dell'ufficio cui appartiene il magistrato che  ha  emesso  il
provvedimento impugnato. Per i  provvedimenti  emessi  da  magistrati
dell'ufficio  del  giudice  di  pace  e  del  pubblico  ministero  e'
competente il presidente del Tribunale. Per i provvedimenti emessi da
magistrati  dell'ufficio  del  pubblico  ministero  presso  la  Corte
d'appello e' competente il  presidente  della  Corte  d'appello.  Nel
giudizio di merito le parti possono stare in giudizio  personalmente.
L'efficacia esecutiva del provvedimento impugnato puo' essere sospesa
secondo quanto previsto dall'art. 5. Il presidente  puo'  chiedere  a
chi ha provveduto alla liquidazione o a chi li detiene, gli  atti,  i
documenti  e  le  informazioni  necessari  i  fini  della  decisione.
L'ordinanza che definisce il giudizio non e' appellabile.». 
    Come  si  ricava  agevolmente  da  quanto  sopra   riportato   il
procedimento di opposizione e' un vero e proprio giudizio (seppur con
l'adozione del rito sommario) di  impugnazione  di  un  provvedimento
giudiziale di liquidazione del compenso all'ausiliario del magistrato
(giudicante o requirente, monocratico o collegiale) ed e' prevista la
competenza specifica del  presidente  del  Tribunale  o  della  Corte
d'appello in virtu' di «capi» (dizione che richiama quella del  legge
speciale n. 794/1942 l) dei  rispettivi  uffici  giudiziari,  per  il
primo anche per la sua vigilanza sui giudici  di  pace.  Orbene  tale
procedimento - e la relativa competenza monocratica - pur non essendo
espressamente previsto dalla legge, e'  stato  esteso  dalla  Suprema
Corte di cassazione anche ai provvedimenti di revoca della ammissione
al gratuito patrocinio (v. Cassazione sez. 1 sentenza n. 13807 del 23
giugno  2011  e  Cassazione   n.   8516/2012),   configurandosi,   la
disposizione  di  cui  all'art.  170  decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 115/2002 (al  momento  della  decisione  della  Suprema
Corte non ancora modificata) «.. un rimedio generale contro  tutti  i
decreti in  materia  di  liquidazione,  che  non  sono  provvedimenti
definitivi e decisori, ma mere liquidazioni o rifiuti di liquidazione
e,  quindi,  esperibile  necessariamente  contro   un   decreto   del
magistrato del processo che la  rifiuti»  (cosi'  testualmente  nella
massima della decisione di cui sopra n. 13807/2011). 
    Nella fattispecie il provvedimento di revoca della ammissione  al
gratuito patrocinio e' stato adottato da un collegio all'esito di  un
giudizio d'appello in cui e' stata  rigettata,  nel  merito,  (ma  lo
stesso  varrebbe  per   la   declaratoria   di   inammissibilita'   o
improcedibilita'), la domanda della parte ammessa al patrocinio e  il
provvedimento impugnato ha esaminato la inesistenza  dei  presupposti
per  l'ammissione  e,  soprattutto,  ha  espresso  un   giudizio   di
temerarieta' della azione proposta dalla parte ammessa al patrocinio,
ovvero la sussistenza, in capo a quest'ultima parte, quanto meno,  di
una colpa grave nella proposizione della stessa impugnazione. Ora non
vi puo' essere alcun  dubbio  che  tale  giudizio  di  merito  appare
profondamente diverso dalla liquidazione eventualmente  errata  delle
competenze spettanti all'ausiliario del  magistrato  (o  all'avvocato
difensore di una parte ammessa al gratuito patrocinio), dato  che  il
presidente del Tribunale o della Corte d'appello, in tali  casi,  ha,
come termine di paragone e di riferimento, le tabelle o le tariffe in
base alla  quali  e'  stato  emesso  il  provvedimento  impugnato  di
liquidazione del compenso  dell'ausiliario  (o  dell'avvocato).  Tale
termine di paragone o di riferimento non esiste  nel  giudizio  sulla
revoca della ammissione dato che quest'ultima trova  la  sua  origine
proprio  nel  giudizio  di  merito  svoltosi  dinanzi  al  magistrato
(giudicante, monocratico o collegiale che sia) e di cui la revoca  e'
una diretta conseguenza,  nel  senso  che  le  ragioni  di  questa  -
ancorche' trasposte in un provvedimento diverso (decreto o ordinanza)
da quello che definisce il  giudizio  di  merito  (sentenza  o  altro
provvedimento  definitorio  del  processo  di  merito)  -  non   sono
scindibili dalle  motivazioni  che  hanno  portato  al  rigetto,  nel
merito,  della  azione  promossa  dalla  parte  ammessa  al  gratuito
patrocinio. Ergo la impugnazione del provvedimento di revoca, ai fini
della liquidazione del compenso del difensore (negato con la revoca),
riguarda chiaramente anche le motivazioni del giudizio di merito e la
opposizione alla revoca diventa cosi una surrettizia impugnazione del
merito  della  controversia,  risolta  con  provvedimento  diverso  e
altrimenti impugnabile (con ricorso per  Cassazione).  Infatti  basta
leggere le  motivazioni  del  ricorso  in  opposizione,  oggetto  del
presente procedimento, per  rendersi  conto  che  questo  giudice  e'
chiamato a pronunciarsi - seppur indirettamente -  anche  sul  merito
dell'appello  (gia'  rigettato  con  sentenza  ricorribile  solo   in
cassazione) e che, ove accolto, potrebbe sopportare le ragioni  della
parte ricorrente, appunto, in  Cassazione  avverso  la  sentenza  (di
merito) emessa dal collegio della lIl sezione civile di questa Corte. 
    Appare  allora  del  tutto   evidente   a   questo   giudice   la
irrazionalita'  della   disposizione   che   impone   la   competenza
monocratica a  decidere  anche  sulle  revoche  delle  ammissioni  al
gratuito patrocinio provenienti  da  un  organo  collegiale,  la  cui
decisione e' frutto di un giudizio di merito  e  che  e'  ricorribile
presso la Suprema Corte. Lo scrivente si chiede, in  particolare,  in
virtu'  di  quale  particolare  acume,  esperienza  o  saggezza,   la
impugnazione di  un  provvedimento  collegiale  debba  essere  decisa
(monocraticamente)  dal  «capo  dell'ufficio»  a  cui  appartiene  il
magistrato che ha emesso il provvedimento opposto invece  che  da  un
organo collegiale ? (diverso, per composizione, in caso  di  adozione
del provvedimento da parte di  un  collegio,  sia  in  primo  che  in
secondo grado ove, peraltro, in quest'ultimo caso,  la  collegialita'
e' la regola e non l'eccezione, come in Tribunale). 
    La  questione  poi  si  complica  ulteriormente  a  seconda   del
provvedimento che «contenga» la revoca della ammissione  al  gratuito
patrocinio, perche' la Suprema Corte di cassazione, con  la  sentenza
sez. 6-2 n. 7191 del 13 aprile  2016,  ha  affermato  che  la  revoca
dell'ammissione al gratuito patrocinio adottata con le  sentenza  che
definisce  la  causa  va   impugnata   con   il   rimedio   ordinario
dell'appello, senza che sia configurabile una separata opposizione ex
art. 170 del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002,
sicche',  ove   quest'ultima   procedura   sia   stata   erroneamente
instaurata,  il  ricorso   per   cassazione   avverso   il   relativo
provvedimento va dichiarato inammissibile  attesa  l'inammissibilita'
dell'intero procedimento» (cosi' in massima). 
    Di piu', la Suprema Corte a SS.UU ha recentemente  statuito,  con
le sentenze n. 26907 e n. 26908 del 23 dicembre 2016, che «Spetta  al
giudice ordinario conoscere l'opposizione proposta  ex  art.  15  del
decreto  legislativo  n.  150  del  2011,  avverso  il   decreto   di
liquidazione del compenso in favore di un avvocato per l'attivita' da
lui prestata nell'interesse di un soggetto ammesso  al  patrocinio  a
spese dello Stato in un  procedimento  svoltosi  dinanzi  al  giudice
amministrativo,  atteso  che  quello  la  compenso  e'   un   diritto
soggettivo non degradabile ad interesse legittimo, ne' la  menzionata
disposizione, qualificabile come norma sulla competenza e  non  anche
sulla giurisdizione, ha introdotto un'ulteriore, eccezionale  ipotesi
di giurisdizione esclusiva del giudica amministrativo che,  peraltro,
ove ricorresse, determinerebbe una diminuzione di tutela  in  quanto,
giusto  l'art.  111,  comma  2,  Cost.,  avverso  le   decisioni   di
quest'ultimo il ricorso per cassazione e' ammesso  peri  soli  motivi
inerenti alla giurisdizione» (cosi' in massima). 
    Cio' significa che al capo dell'ufficio (presidente del Tribunale
ove si trova la sede del TAR)  e'  devoluta  la  competenza  -  quale
giudice monocratico - a decidere sulla opposizione alla  liquidazione
(e pero'  anche  sulla  revoca  della  ammissione  e  al  rifiuto  di
liquidazione) del  compenso  spettante  al  difensore  di  una  parte
ammessa al gratuito patrocinio ed effettuata da un organo  collegiale
amministrativo (il che significa che per  le  opposizioni  avverso  i
provvedimenti - di revoca del gratuito patrocinio o  dl  liquidazione
del difensore della parte ammessa a  detto  beneficio - adottati  dal
Consiglio  di  Stato  sara'  competente  il  Presidente  della  Corte
d'appello di Roma !?). 
    Se poi dovesse applicarsi,  a  tutti  questi  casi,  la  rigorosa
pronuncia della Suprema Corte -  adottata  in  tema  di  procedimento
speciale ex articoli  28  e  29  della  legge  n.  794  del  1942  ma
estensibile anche alle vigenti disposizioni, data l'identica ratio  -
di cui alla sentenza sez. 2 n. 27402 del 6 dicembre 2013, secondo  la
quale: «la competenza del "capo dell'ufficio" giudiziario  adito  per
il giudizio, fissata dagli articoli 28 e 29  delle  legge  13  giugno
1942,  n.  794  per  la  liquidazione  delle  spese  e  dei  compensi
dell'avvocato nei confronti del proprio cliente in materia civile, ha
natura funzionale e inderogabile con riferimento non solo all'ufficio
ma anche alla persona del titolare di questo» (ovvero la competenza a
decidere sulle  opposizioni  alle  liquidazioni  degli  avvocati  non
sarebbe delegabile, da parte del presidente  del  Tribunale  o  della
Corte, ad un presidente di sezione) - si comprende ancora di piu'  la
irrazionalita' della disposizione  che  si  chiede  venga  dichiarata
incostituzionale con l'affermazione della competenza  collegiale  per
ogni provvedimento di revoca di ammissione al gratuito patrocinio che
sia adottato da un giudice monocratico o collegiale (ed eventualmente
estensibile anche alle opposizioni alle liquidazioni dei compensi). 
    Si noti, peraltro, che lo stesso legislatore, in base all'art. 14
del decreto legislativo n. 150/2011,  prevede  espressamente  che  la
liquidazione degli onorari e dei diritti spettanti  all'avvocato  per
prestazioni giudiziali (dinanzi al Tribunale,  e  a  maggior  ragione
dinanzi alla Corte d'appello) a favore di una parte  non  ammessa  al
gratuito patrocinio sia devoluta  alla  cognizione  e  decisione  del
Tribunale «in sede collegiale» (pur  applicandosi  il  rito  sommario
come previsto anche nell'art. 15  del  citato  decreto  legislativo).
Quindi, ci si deve domandare: perche' la determinazione del  compenso
dell'avvocato difensore di una parte ammessa al gratuito  patrocinio,
ove questa ammissione  sia  revocata  da  un  collegio,  deve  essere
(invece) devoluta, in sede di' opposizione alla revoca, alla decisone
di un giudice monocratico ? (quale «capo  dell'ufficio»  del  giudice
collegiale che ha emesso il provvedimento di revoca). 
    La Corte costituzionale richiede sempre che il giudice remittente
indichi  quale  potrebbe  essere  una  interpretazione  delle   norme
(denunciate di incostituzionalita') che renderebbe le stesse conformi
alla Costituzione e questo giudice  non  si  sottrae  all'incombente,
avendo  anche  proposto  che,  nella  determinazione  delle   tabelle
organizzative della Corte d'appello di Torino, si tenesse conto della
abrogazione del 2° comma dell'art. 170  del  decreto  del  Presidente
della  Repubblica  n.   115/2002,   che   prevedeva   la   competenza
inderogabile monocratica e del rilievo che l'art.  15  comma  2°  del
decreto  legislativo  n.  150/2011  fa   riferimento   esplicito   al
presidente della Corte d'appello solo  con  riguardo  ai  decreti  di
liquidazione del  compenso  degli  ausiliari  emessi  dal  magistrato
(singolo)  dell'ufficio  del  pubblico  ministero  e  non  anche   ai
provvedimenti collegiali (che sono la regola  in  appello).  Tuttavia
una interpretazione costituzionalmente orientata ad una  impugnazione
di un provvedimento di revoca della ammissione al gratuito patrocinio
(monocratico o collegiale) dinanzi ad un collegio  (come  avviene  in
Tribunale  con  i  reclami  avverso  i  provvedimenti   cautelari   o
interdittali  possessori   o,   in   Corte   d'appello,   avverso   i
provvedimenti  cautelari  emessi  da   una   sezione   della   Corte,
reclamabili dinanzi a  diversa  sezione  ex  art.  669-terdecies  del
codice di procedura civile) presterebbe comunque  il  fianco  ad  una
eccezione di nullita' per vizio di costituzione del giudice, come  si
ricava dalla sentenza  della  Suprema  Corte,  sez.  2  n.  4362  del
413/2015, secondo cui «la pronuncia sull'opposizione  al  decreto  di
liquidazione dei compensi agli ausiliari, ex art. 170 del decreto del
Presidente  della  Repubblica  30  maggio   2002,   n.   115   (nella
formulazione, applicabile ratione temporis antecedente alle modifiche
introdotte dall'art. 15 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n.
150) spetta alla competenza funzionale  del  presidente  dell'ufficio
giudiziario in composizione  monocratica,  con  rifermento  non  solo
all'ufficio ma anche alla persona del titolare di questo, sicche'  la
decisione assunta dal Tribunale in composizione collegiale  e'  nulla
per vizio di costituzione del giudice  ai  sensi  dell'art.  158  del
codice  di  procedura  civile  in  quanto  esplicazione  di  funzioni
decisorie da  parte  di  magistrati  ai  quali  le  stesse  non  sono
attribuite dalla legge» (cosi' in massima). 
    Il  giudice  remittente,  infine,  non  ignora   che   la   Corte
costituzionale, con sentenza n. 52 del 13 gennaio 2005, depositata in
cancelleria in data 28 gennaio 2005, aveva dichiarato non fondata  la
questione  di  legittimita'  dell'art.  99,  comma  3   del   decreto
legislativo 30 maggio 2002, n. 115,  sollevata  in  riferimento  agli
articoli 3 e 76 della Costituzione dal giudice del Tribunale di Gela,
designato dallo stesso presidente del Tribunale. In tale sentenza  la
Corte ha affermato che: «Parimenti infondata e' la  censura  relativa
alla violazione dell'art. 3 della Costituzione, sotto il profilo  del
difetto  di  ragionevolezza,  per  essere  stata  ingiustificatamente
attribuita la  potesta'  di  sindacare  provvedimenti  di  un  organo
collegiale  ad  un  giudice  monocratico  che  sarebbe,  secondo   il
remittente,  dotato  di   un   bagaglio   culturale   ed   esperienza
professionale inferiore  alla  terna  che  compone  il  collegio.  E'
sufficiente osservare che il provvedimento  sul  quale  si  pronuncia
giudice dell'opposizione e' un provvedimento amministrativo anche  se
adottato da un organo giudiziario, con la conseguenza,  da  un  lato,
della non pertinenza degli esempi invocati a  confronto  dal  giudice
remittente in quanto relativi ad  ipotesi  in  cui  il  provvedimento
impugnato e'  di  natura  giurisdizionale,  dall'altro,  che  nessuna
irragionevolezza e'  ravvisabile  nella  scelta  del  legislatore  di
affidare la cognizione  di  un  provvedimento  amministrativo  ad  un
giudice monocratico». 
    Questo giudice remittente  si  permette  pero'  di  obiettare  ed
evidenziare che se il provvedimento di liquidazione del compenso agli
ausiliari potrebbe essere definito  di  natura  «amministrativa»,  la
stessa natura non puo' assolutamente riconoscersi al provvedimento di
revoca della ammissione al gratuito patrocinio per quanto gia'  sopra
riportato e, in particolare, per l'affermata (dalla Suprema Corte  di
cassazione) natura di «diritto soggettivo» al compenso  dell'avvocato
e per la motivazione «di merito»  che  sottende  la  decisione  sulla
revoca (peraltro impugnabile dinanzi  ad  un  organo  collegiale  ove
detta revoca sia contenuta in una sentenza, provvedimento sicuramente
di  natura  non  «amministrativa»  nel  senso  inteso   dalla   Corte
costituzionale nel passo sopra riportato della  sentenza  n.  52  del
2005).