LA COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELL'EMILIA-ROMAGNA 
                             Sezione IV 
 
    Riunita con l'intervento dei signori: 
      Parisi Mariapia - Presidente; 
      Ziroldi Alberto - relatore; 
      Costanzo Antonio - Giudice; 
    Ha  emesso  la  seguente  ordinanza  sull'appello  n.   1973/2015
depositato il 15 luglio 2015 avverso la pronuncia della  sentenza  n.
4/2015 Sez.: 1 emessa dalla  Commissione  Tributaria  Provinciale  di
Parma; 
    contro: B. N. difeso da: Caffarra Luigi, via Maestri n. 4 - 43121
Parma; 
    contro: C. A., difeso da: Caffarra Luigi,  via  Maestri  n.  4  -
43121 Parma; 
    contro: C. C., difeso da: Caffarra Luigi,  via  Maestri  n.  4  -
43121 Parma; 
    contro: C. G., difeso da: Caffarra Luigi,  via  Maestri  n.  4  -
43121 Parma; 
    contro: C. P. A., difeso da: Caffarra Luigi, via Maestri n.  4  -
43121 Parma; 
    proposto  dall'appellante:  Agenzia  delle  Entrate  -  Direzione
Provinciale  Parma,  atti  impugnati:  avviso  di   liquidazione   n.
07/00514/000651/001  successioni  2007;  avviso  di  liquidazione  n.
12/09990/000088/001 successioni 2007. 
    Con distinti ricorsi successivamente riuniti, I. C., G. C., C. C.
impugnavano due avvisi di accertamento e liquidazione  della  maggior
imposta  di  successione  a   seguito   della   presentazione   della
dichiarazione di successione di R. C. il 5 ottobre 2007. 
    In particolare, rilevavano che nell'asse ereditario era  compresa
l'azienda di famiglia del valore di 5.715.211,80 di cui era  titolare
il de cuius, e di aver chiesto l'applicazione del beneficio  previsto
dall'art. 3, comma 4-ter, del decreto legislativo 31 ottobre 1990  n.
346 cosi' come  modificato  dall'art.  1,  comma  1  delle  legge  26
dicembre 2006 n. 296, secondo il quale «I  trasferimenti,  effettuati
anche tramite i patti di famiglia di  cui  agli  articoli  768-bis  e
seguenti del codice civile a favore dei  discendenti,  di  aziende  o
rami di esse,  di  quote  sociali  e  di  azioni  non  sono  soggetti
all'imposta». 
    L'Ufficio, tuttavia, considerando che  al  momento  dell'apertura
della  successione  il  coniuge  non  era  compreso  tra  coloro  che
avrebbero potuto godere del beneficio, liquidava l'imposta  ordinaria
nei suoi confronti, notificando a tutti i coeredi come coobbligati in
solido. 
    La Commissione Tributaria Provinciale  di  Parma,  accoglieva  il
ricorso, ritenendo che la disposizione dovesse  invece  interpretarsi
nel senso di favorire la continuita' aziendale  endofamiliare  e  che
quindi non potesse non riferirsi anche al coniuge;  rilevava  che  lo
stesso legislatore aveva seguito questa direzione,  intervenendo  con
l'art 1, comma 71 della legge 24 dicembre 2007 n. 244 con l'estendere
l'esenzione anche al coniuge. 
    Contro  la  sentenza  presentava  appello  l'Ufficio,  lamentando
l'errore di diritto da parte del giudice di primo  grado,  che  aveva
esteso l'esenzione al coniuge  non  prevista  dalla  norma  al  tempo
dell'apertura della successione, al cospetto di  un  dato  normativo,
quello previsto dall'art. 1, comma 31 della legge 24 dicembre 2007 n.
244 che  prevedeva  inequivocabilmente  l'operativita'  del  predetto
beneficio alle successioni aperte dal 1° gennaio 2008. 
    Si costituivano  i  contribuenti,  chiedendo  la  conferma  della
sentenza e,  in  subordine,  che  fosse  sollevata  la  questione  di
legittimita' costituzionale  dell'art.  3  comma  4-bis  del  decreto
legislativo n. 346/1990, come modificato dall'art. 1, comma 78  della
legge 24 dicembre 2006 nella parte in cui  non  riconosceva  anche  a
favore del coniuge, per le successioni aperte prima  del  1°  gennaio
2008,  l'esenzione  dall'imposta  di  successione  relativamente   ai
trasferimenti o rami di essi. 
    Osserva la Commissione che la  questione  non  e'  manifestamente
infondata ed e' rilevante in questo giudizio, poiche' la norma  della
cui costituzionalita' si dubita fonda la liquidazione  della  maggior
imposta. 
    Va premesso che l'art. 3 del decreto legislativo 31 ottobre 1990,
n. 346 contenente  il  testo  unico  delle  disposizioni  concernenti
l'imposta sulle successioni e donazioni venne modificato dall'art. 1,
comma 78, della legge 27 dicembre 2006 n. 296 con  l'introduzione  di
un comma 4-ter il quale stabiliva che trasferimenti, effettuati anche
tramite i patti di famiglia di cui agli articoli 768-bis  e  seguenti
del codice civile a favore dei discendenti,  di  aziende  o  rami  di
esse, di quote sociali e di azioni non fossero soggetti  all'imposta.
Il  beneficio  si  applicava  a  condizione  che  gli  aventi   causa
proseguissero l'esercizio dell'attivita'  d'impresa  o  detengano  il
controllo per un periodo non inferiore a cinque anni dalla  data  del
trasferimento, rendendo,  contestualmente  alla  presentazione  della
dichiarazione  di  successione  o  all'atto  di  donazione,  apposita
dichiarazione in tal senso. 
    L'art. 1, comma 31  della  legge  24  dicembre  2007  n.  244  ha
interpolato il comma 4-ter inserendovi tra i soggetti destinatari del
beneficio anche il coniuge, con effetto  per  le  successioni  aperte
dopo il 1° gennaio 2008. 
    Consegue da cio' che per le successioni aperte tra il 1°  gennaio
2007 e il 31 dicembre dello stesso anno trova applicazione  l'art.  3
comma 4-ter nella formulazione prevista dall'art. 1, comma 78,  della
legge 27 dicembre 2006, n. 296. 
    Questa Commissione reputa non consentito attribuire  al  disposto
dell'art. 1 comma 31 della legge  27  dicembre  2007  n.  244  natura
retroattiva,  sia  per  l'assenza  di  difficolta'  ermeneutiche  che
imponessero un intervento  di  quel  tipo  sia,  soprattutto  per  il
rilievo da attribuirsi al disposto dell'art. 1, comma 2, della  legge
27  luglio  2000,  n.  212  per  la  quale   «l'adozione   di   norme
interpretative in materia tributaria puo' essere disposta soltanto in
casi eccezionali e con legge  ordinaria  qualificando  come  tali  le
disposizioni di interpretazione autentica». 
    Nessun   dato   testuale   autorizza   a    riconoscere    natura
interpretativa alla disposizione dell'art. 1, comma 31 della legge n.
244/2007. 
    Di conseguenza, essa non puo' essere  retroattivamente  applicata
alla successione i cui effetti fiscali, si valutano in questa sede. 
    Ritiene tuttavia la Commissione, con cio' aderendo alla richiesta
degli appellati, che la originaria limitazione del beneficio ai  soli
discendenti, prevista dalla modifica introdotta  dall'art.  1,  comma
78,  della  legge  27  dicembre  2006  n.  296,  si  risolva  in  una
ingiustificata disparita' di trattamento. 
    Difatti, la norma in esame  e'  volta  a  favorire  il  passaggio
generazionale delle aziende di famiglia - mirando ad impedire che  la
successione  mortis  causa  sia  l'occasione   di   dispersione   del
patrimonio aziendale a terzi - attraverso la concessione  agli  eredi
il beneficio dell'esenzione dall'imposta dei trasferimenti di aziende
o rami di aziende, a condizione che questi si impegnino a  proseguire
nell'esercizio per un quinquennio. 
    La Corte che si adisce si e' trovata piu'  volte  a  vagliare  la
legittimita'   costituzionale   di   disposizioni    che    prevedono
agevolazioni fiscali e, in questo contesto, ha affermato  che  norme,
aventi carattere eccezionale e derogatorio,  costituiscono  esercizio
di un potere discrezionale del legislatore, censurabile solo  per  la
sua eventuale palese arbitrarieta' o irrazionalita' (sentenza n.  292
del 1987; ordinanza n. 174 del 2001); con la conseguenza che la Corte
stessa non puo' estenderne l'ambito di applicazione, se non quando lo
esiga la ratio dei benefici medesimi (sentenze n. 6 del 2014, n.  275
del 2005, n. 27 del 20,01, n.  431  del  1997  e  n.  86  del  .1985;
ordinanze n. 103 del 2012, n. 203 del 2011, n. 144 del 2009 e  n.  10
del 1999), da ultimo, sentenze n. 153 del 2017 e n. 111 del 2016). 
    Pare a  questa  Commissione  che  se  la  ragione  giustificativa
dell'agevolazione debba essere ricercata nella continuita'  familiare
della gestione aziendale (quella generazionale apparendo soltanto una
declinazione di carattere statistico, fondata sul presupposto che, di
norma, il passaggio  ha  luogo  in  via  di  filiazione),  non  fosse
sorretta da alcun profilo di ragionevolezza  l'esclusione  originaria
in capo al coniuge. 
    Difatti il  passaggio  del  compendio  aziendale  al  coniuge,  o
quantomeno anche al coniuge, realizza per via orizzontale la medesima
situazione che  il  legislatore  ha  voluto  tutelare  attraverso  il
riconoscimento dell'agevolazione fiscale, vale a dire il mantenimento
del complesso all'interno dell'ambito familiare. 
    Pertanto, l'esclusione del coniuge dall'agevolazione fiscale  non
appare  ne'  ragionevole  ne'  strumentale  alla  tutela  del  nucleo
familiare, restando cosi' violati gli articoli 3 comma 1 e 29 Cost. 
    D'altra parte, la stessa disciplina  in  materia  di  successione
conosce esempi nei quali l'agevolazione  fiscale  viene  riconosciuta
senza distinzione ai componenti del nucleo familiare superstite. 
    E' il caso, in particolare, delle ipotesi previste  dall'art.  25
del decreto legislativo n.  349/1990:  il  comma  3  prevede  che  se
nell'attivo ereditario  siano  compresi  fondi  rustici,  incluse  le
costruzioni, rurali, devoluti al coniuge, a parenti in linea retta  o
a fratelli o sorelle  del  defunto,  l'imposta  dovuta  dall'erede  o
legatario al  quale  sono  devoluti  e'  ridotta;  del  comma  4  che
riconosce analoga riduzione per gli  immobili  o  parti  di  immobili
adibiti all'esercizio dell'impresa, devoluti al coniuge o  a  parenti
in linea retta entro il terzo grado del defunto  nell'ambito  di  una
impresa artigiana familiare; del comma 4-bis che prevede la riduzione
di  imposta  per  aziende,  quote  do  societa'  di  persone  o  beni
strumentali,  ubicati  in  comuni  montani  con  meno  di  cinquemila
abitanti o nelle frazioni con meno di mille abitanti anche se situate
in comuni montani di maggiori trasferiti  al  coniuge  o  al  parente
entro il terzo grado. 
    In tutti i  casi  il  comune  denominatore  del  piu'  favorevole
trattamento  fiscale  della  devoluzione  per  successione  di   beni
strumentali  all'esercizio  di  attivita'  economiche  risiede  nella
circolazione del bene o del complesso di beni  aziendali  all'interno
del nucleo familiare allargato. 
    Pertanto   questa   Commissione   ritiene   rilevante    e    non
manifestamente infondata la questione di legittimita'  costituzionale
dell'art. 4-ter del decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346, come
modificato dall'art. 1, comma 78, lett. a), legge 27 dicembre 2006 n.
296, nella parte in cui non prevede, per le successioni aperte tra il
1° gennaio e il 31  dicembre  2007  che  non  siano  assoggettati  ad
imposta i trasferimenti di aziende o rami di esse,  anche  in  favore
del coniuge non legalmente separato.