Ricorso per la Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri  (codice
fiscale n. 80188230587), in  persona  del  Presidente  del  Consiglio
attualmente in carica, rappresentata e difesa  per  mandato  ex  lege
dall'Avvocatura generale dello Stato (codice fiscale n. 80224030587),
presso i cui uffici ha domicilio in Roma, via dei  Portoghesi  n.  12
(fax   0696514000   -    PEC:    ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it),
ricorrente, contro la Regione  Abruzzo,  in  persona  del  Presidente
della  giunta  regionale  attualmente  in  carica,  resistente,   per
l'impugnazione e la dichiarazione di incostituzionalita' dell'art. 1,
comma 1, della legge della Regione Abruzzo  10  giugno  2019,  n.  7,
avente ad oggetto «Integrazioni e modifiche alle leggi  regionali  11
agosto 2009, n. 13 (Modifiche ed integrazioni alla legge regionale n.
71/2001   (Rifinanziamento   delle   legge   regionale   n.   93/2004
concernente: disposizioni per il recupero  e  la  valorizzazione  dei
trabucchi della costa abruzzese) e norme relative al  recupero,  alla
salvaguardia e alla valorizzazione dei trabocchi da molo, anche detti
"caliscendi" o "bilancini", della  costa  abruzzese)  e  19  dicembre
2001,  n.  71  (Rifinanziamento  della  legge  regionale  n.  93/1994
concernente: disposizioni per il recupero  e  la  valorizzazione  dei
trabucchi della costa teatina)», pubblicata nel B.U.R. n. 104 del  14
giugno 2019. 
    Con la legge 10 giugno 2019, n. 7, la Regione Abruzzo Sicilia  ha
inteso  con  sette  articoli  introdurre  modificazioni   a   proprie
precedenti leggi, e precisamente alla legge n.  13/2009  (che  a  sua
volta aveva modificato la legge n.  71/2001  di  rifinanziamento  del
recupero e della valorizzazione dei trabucchi della costa abruzzese),
e alla stessa legge n.  71/2001;  con  l'occasione  ha  pure  dettato
disposizioni per la stagione balneare 2019. 
    Una norma  di  questa  legge,  ad  avviso  della  Presidenza  del
Consiglio dei ministri, si pone  in  contrasto  con  la  Costituzione
laddove confligge con le norme del Codice dei beni  culturali  e  del
paesaggio e quindi interviene indebitamente in una materia  riservata
alla competenza esclusiva dello Stato. 
    Pertanto, la legge stessa deve essere impugnata per il seguente 
 
                               Motivo 
 
    1. Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1, lettera c)
della legge Regione Abruzzo 10 giugno 2019, n. 7, per  contrasto  con
l'art. 9 e l'art. 117, comma 2, lettera s) della Costituzione. 
    La norma in questione modifica in piu' parti l'art.  3-ter  della
precedente legge regionale 11 agosto 2009, n. 13,  sia  sostituendone
il titolo sia apportando diverse integrazioni e/o sostituzioni. 
    Per la parte che qui  interessa,  la  lettera  c)  del  comma  1,
aggiunge al comma 3 dell'art. 3-ter della legge regionale n.  13/2009
i commi 3-bis, 3-ter, 3-quater, 3-quinquies e 3-sexies. 
    Il comma 3-bis testualmente prevede: «Limitatamente ai trabocchi,
al fine di ottimizzare  e  valorizzare  l'attivita'  di  ristorazione
svolta dagli stessi in relazione all'effettiva  esigenza  dei  flussi
turistici  e  delle  visite   didattico-culturali   provenienti   dal
territorio regionale ed extra regionale, e' definita  una  superficie
complessiva  di  occupazione  massima   di   2.000   metri   quadrati
comprensiva di specchio acqueo e strutture  componenti  il  trabocco.
Nell'ottica  del  perseguimento   degli   scopi   didattico-culturali
richiamati nel presente comma, il titolare della  struttura  promuove
la diffusione della storia del trabocco,  quale  elemento  essenziale
della tradizione locale; per i  medesimi  fini  la  Regione  Abruzzo,
nell'ambito delle risorse stanziate annualmente in  bilancio  per  le
attivita' turistiche e  culturali,  d'intesa  con  i  titolari  delle
strutture,  sostiene  visite  guidate  sui   trabocchi,   nell'ottica
soprattutto  di  promuovere  l'immagine  della  costa   teatina   dei
trabocchi sull'intero territorio nazionale ed extra nazionale». 
    Il comma 3-ter dispone che «La parte di struttura  componente  il
trabocco  destinata  a  ristorazione  aperta  al  pubblico  non  puo'
eccedere la superficie di 160 metri quadrati calpestabili e la  parte
di  struttura  destinata   ai   servizi   accessori   connessi   alla
ristorazione, quali cucina e servizi, non puo' eccedere la superficie
di 50 metri quadrati calpestabili. L'attivita' di  ristorazione  puo'
essere svolta sul trabocco con  un'accoglienza  massima  di  sessanta
persone, inclusi ospiti e personale». 
    Il comma 3-quater  prevede  che  «La  superficie  occupata  dalla
passerella d'accesso e' esclusa dal  computo  dei  parametri  massimi
individuati dal comma 3-ter. La relativa superficie e' determinata in
base alla distanza del trabocco dalla  costa.  La  larghezza  massima
consentita della passerella di accesso e' di due metri, adeguata alla
normativa vigente in materia di sicurezza per la pubblica incolumita'
delle persone ed a quella in materia di abbattimento  delle  barriere
architettoniche». 
    Il comma 3-quinquies si limita a subordinare alle norme  edilizie
statali e alla norme igienico sanitarie gli interventi  di  recupero,
utilizzazione e ristrutturazione dei  trabocchi  entro  i  limiti  di
superficie gia' stabiliti. 
    Il comma 3-sexies, infine, dispone: «Per i trabocchi  situati  in
aree sottoposte a vincolo paesaggistico e  per  quelli  vincolati  ai
sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni
culturali e del paesaggio, ai sensi dell'art. 10 della legge 6 luglio
2002,  n.  137),  gli  interventi  di   recupero,   utilizzazione   e
ristrutturazione sono in ogni caso consentiti  previa  autorizzazione
dell'amministrazione  preposta  alla  tutela  del  vincolo.   Restano
comunque ferme le prescrizioni in materia poste da norme ambientali o
paesaggistiche nazionali e regionali». 
    Si tratta, come si legge, di disposizioni dirette al  recupero  e
alla valorizzazione del cosiddetti trabocchi. 
    I trabocchi sono  antiche  costruzioni  realizzate  in  legno,  e
consistono in una piattaforma protesa sul mare ancorata  alla  roccia
dalla quale si allungano macchine da pesca;  essi  sono  tutelati  ai
sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto
legislativo n. 42/2004 - Parte III, art.  142,  in  quanto  ricadenti
nella fascia costiera di cui alla lettera a) del  medesimo  articolo,
ed in parte anche in quanto ricadenti all'interno  del  perimetro  di
riserve naturali regionali (Sistema  di  aree  protette  della  costa
teatina) di cui  alla  lettera  f);  alcuni  di  essi  sono  altresi'
tutelati  in  quanto  ricadenti  in  ambiti  dichiarati  di  notevole
interesse pubblico con decreto ministeriale. 
    Inoltre, la Soprintendenza archeologia, belle  arti  e  paesaggio
dell'Abruzzo ha avviato per undici trabocchi della costa  teatina  la
dichiarazione di interesse culturale ai  sensi  della  parte  II  del
decreto legislativo n. 42/2004 e, nell'ambito della co-pianificazione
paesaggistica in corso, sono stati identificati  e  mappati  ventidue
trabocchi come elementi identitari regionali. 
    Ed e' la stessa  Regione  Abruzzo,  con  le  normative  pregresse
incise da quest'ultima ad aver riconosciuto i  trabocchi  come  «beni
culturali primari» sottoposti a tutela. 
    Ora, e'  vero  che  l'art.  5  del  Codice  dei  beni  culturali,
intitolato «Cooperazione delle regioni e degli  altri  enti  pubblici
territoriali in materia di tutela del patrimonio  culturale»  prevede
che «Le regioni, nonche' i  comuni,  le  citta'  metropolitane  e  le
province  [...]  cooperano  con  il  Ministero  nell'esercizio  delle
funzioni di tutela in conformita' a  quanto  disposto  dal  titolo  I
della parte seconda del presente codice». Ma e' altrettanto vero  che
le  norme  regionali  in  questione,  dettando  unilateralmente   una
disciplina di beni tutelati, si pongono in contrasto con il principio
di collaborazione istituzionale espresso dalla norma statale. 
    Cosi' come le stesse urtano con il medesimo  principio  espresso,
sotto diverso profilo, dall'art. 133 del medesimo codice  laddove  e'
stabilito che «Il Ministero e  le  regioni  definiscono  d'intesa  le
politiche per la conservazione  e  la  valorizzazione  del  paesaggio
tenendo conto anche degli  studi,  delle  analisi  e  delle  proposte
formulati dall'Osservatorio nazionale per la qualita' del  paesaggio,
istituito  con  decreto  del  Ministro,  nonche'  dagli   osservatori
istituiti in ogni regione con le medesime finalita'». 
    Va inoltre ricordato che, ai sensi  dell'art.  1,  comma  6,  del
decreto  legislativo  n.  42/2004   le   attivita'   concernenti   la
conservazione,  la  fruizione  e  la  valorizzazione  del  patrimonio
culturale devono essere  svolte  in  conformita'  alla  normativa  di
tutela, che ai sensi dell'art.  6,  comma  2,  del  medesimo  decreto
legislativo la valorizzazione dei beni del  patrimonio  culturale  e'
altresi' attuata in forme compatibili con la tutela  e  tali  da  non
pregiudicarne le esigenze, e che infine ai sensi dell'art.  7,  comma
1, del Codice le regioni esercitano la propria  potesta'  legislativa
nel rispetto dei principi fondamentali in materia  di  valorizzazione
del patrimonio culturale fissati dal Codice stesso. 
    In sostanza, le norme statali fissate dagli articoli 3, 5, 6, 21,
133, 134 e 146 del Codice dei beni culturali costituiscono  paradigmi
interposti, il  contrasto  con  i  quali  rende  la  legge  regionale
invasiva della competenza legislativa  statale  nella  materia  della
tutela del patrimonio culturale e del paesaggio, competenza garantita
dall'art. 117, comma 2, lettera s) della Costituzione. 
    Ed  e'  un  contrasto  evidente  ove  si  osservi  che  la  norma
regionale, nel fissare parametri dimensionali di riferimento per  gli
interventi sui manufatti con valori non previsti dalle norme  statali
di settore, incide su una materia  che  non  spetta  alla  disciplina
regionale, anche se formalmente richiama come necessari provvedimenti
autorizzativi statali. 
    E per di  piu'  interferisce  con  i  Piani  demaniali  marittimi
comunali  (PDMC)  laddove  essi  contengono  specifiche  molto   piu'
restrittive di quelle proposte dalla legge in esame. 
    Nel  dettaglio,  il  comma  3-bis  dell'art.  3-ter  della  legge
regionale n. 13/2009, introdotto dalla lettera c) dell'art.  1  della
legge  qui  censurata,  definisce  per  i  trabocchi  una  superficie
complessiva di occupazione massima di 2.000 mq ripartita tra specchio
acqueo e strutture componenti il trabocco stesso. 
    L'introduzione della fattispecie  della  «superficie  massima  di
occupazione», comprensiva dello specchio acqueo, con la finalita'  di
«ottimizzare e valorizzare  l'attivita'  di  ristorazione»,  peraltro
ambiguamente connessa a «scopi didattico-culturali», e  senza  alcuna
chiarezza in merito alla  relazione  tra  detta  nuova  categoria  di
superficie e «l'area circostante, compreso il tratto di mare per  una
fascia di 50 m» gia' individuata dall'art. 2 della legge regionale n.
71/2001,  non  risulta  garantire  ad  avviso  della  Presidenza  del
Consiglio dei ministri la necessaria tutela del «quadro d'insieme» di
cui all'art. 1 della legge  regionale  n.  93/1994,  assoggettata  ai
sensi dell'art. 2 e dell'art. 3, comma 3  della  legge  regionale  n.
71/2001 alla parte III del decreto legislativo n. 42/2004. 
    Il successivo comma 3-ter  dispone  che  la  parte  di  struttura
componente il trabocco destinata a ristorazione  aperta  al  pubblico
non puo' eccedere la superficie di 160 metri quadrati calpestabili  e
la parte di struttura destinata ai servizi  accessori  connessi  alla
ristorazione, quali cucina e servizi, non puo' eccedere la superficie
di 50 metri quadrati calpestabili. L'attivita' di  ristorazione  puo'
essere svolta sul trabocco con  un'accoglienza  massima  di  sessanta
persone, inclusi ospiti e personale». 
    La  norma  modificata  gia'  conteneva  un  limite   massimo   di
ampliamento pari al 20% della superficie coperta  esistente,  fissato
al comma 1 dell'articolo  in  questione  (comma  non  modificato);  i
parametri  dimensionali  introdotti  nel  nuovo  comma   3-ter   sono
censurabili   in   quanto   si   estendono   a    considerare    piu'
complessivamente la superficie «calpestabile»; essi, in  particolare,
si manifestano di oscura e preoccupante  applicazione  nel  caso  dei
trabocchi «abbandonati e scomparsi» qualora non sia acclarata, o  non
sia  agevole  acclarare,  la  superficie  originaria  degli   stessi.
Inoltre, l'evidente favore accordato all'introduzione di  servizi  di
ristorazione nei  trabucchi  comporta  senza  dubbio  il  rischio  di
comprometterne di fatto il carattere storico-culturale che la  stessa
legge regionale n. 93/1994  si  prefiggeva  di  tutelare,  enunciando
all'art. 1: «La regione intende perseguire una  puntuale  tutela  del
patrimonio storico-culturale e ambientale rappresentato dai trabucchi
della costa abruzzese e promuove un recupero e una utilizzazione  dei
beni stessi non contrastanti con la loro naturale  destinazione,  ne'
pregiudizievoli  per  i  valori  estetici,   tecnologici   tipici   e
paesaggistici degli stessi». 
    I nuovi  parametri  di  superficie  previsti  risultano  pertanto
censurabili, perche' consentono ampliamenti e trasformazioni in netto
contrasto con le esigenze di tutela del bene perseguite  dalla  legge
statale. 
    Ancora, il successivo comma 3-quater prevede  che  la  superficie
occupata dalla passerella  d'accesso  non  rientri  nel  computo  dei
parametri  massimi  individuati  dal  comma  3-ter,  che  la   stessa
superficie sia determinata in base alla distanza del  trabocco  dalla
costa, e che la larghezza  massima  consentita  della  passerella  di
accesso sia di due metri, adeguata alla normativa vigente in  materia
di sicurezza per la pubblica incolumita' delle persone ed a quella in
materia di abbattimento delle  barriere  architettoniche.  L'ampiezza
massima consentita per la passerella risulta del tutto incoerente con
la configurazione storico-tradizionale tutelata. 
    Infine, il comma 3-sexies, infine dispone  che  per  i  trabocchi
situati in aree sottoposte  a  vincolo  paesaggistico  e  per  quelli
vincolati   gli   interventi    di    recupero,    utilizzazione    e
ristrutturazione sono in ogni caso consentiti  previa  autorizzazione
dell'amministrazione preposta alla tutela del vincolo,  con  salvezza
delle  prescrizioni  in  materia  poste   da   norme   ambientali   o
paesaggistiche nazionali e regionali. 
    Detta previsione non e' coerente  con  le  norme  in  materia  di
tutela dettate dal Codice dei beni culturali e del paesaggio  (vedasi
in particolare l'art. 146 del Codice dei beni culturali) che in  tema
di autorizzazione stabilisce specifiche procedure. 
    Le  norme  regionali  indicate,  quindi,  violando  i   parametri
interposti citati contenuti nel  Codice  dei  beni  culturali  ed  il
paesaggio, risultano quindi eccedere dalle competenze  regionali,  in
violazione della competenza esclusiva statale in  materia  di  tutela
del paesaggio di cui agli articoli 9 e 117, secondo comma lettera  s)
della Costituzione.