TRIBUNALE ORDINARIO DI SIRACUSA 
         Prima Sezione civile - Settore lavoro e previdenza 
 
    Il Giudice, nella causa iscritta al n. 459/2017 R.G., promossa ex
articoli 442 e ss. del codice di  procedura  civile  da:  Castrovinci
Dario  rappresentato  e  difeso  Carmelo   Romeo   ed   elettivamente
domiciliato presso lo studio di quest'ultimo in Catania, ricorrente; 
    Contro: 
        Istituto regionale per lo sviluppo delle attivita' produttive
(I.R.S.A.P.)  in  persona  del  legale  rappresentante  pro  tempore,
rappresentato e difeso dal prof. avv. Massimiliano Marinelli; 
        Consorzio A.S.I. della Provincia di Siracusa, in liquidazione
in persona del legale rappresentante  pro  tempore,  rappresentato  e
difeso dal prof. avv. Massimiliano Marinelli; 
        Assessorato regionale attivita' produttive della  Sicilia  in
persona  dell'Assessore   pro   tempere,   rappresentato   e   difeso
dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Catania, 
    resistenti; 
    sciogliendo la riserva che precede, ha  pronunciato  la  seguente
ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale, avente ad  oggetto
il comma 3, art. 13 della legge Regionale n. 13 dell'11 giugno  2014,
come modificata dall'art. 14 legge  regionale  17  maggio  2016,  per
contrasto con gli articoli 3, 36 e 117 Cost. 
 
                          Premesso in fatto 
 
        che con ricorso depositato il 14 febbraio  2017,  Castrovinci
Dario -  nel  sollecitare  la  rimessione  degli  atti  del  presente
giudizio alla Corte costituzionale per  l'esame  della  questione  di
legittimita'  costituzionale  del  comma  3,  art.  13  della   legge
regionale n. 13 dell'11 giugno 2014,  come  modificata  dall'art.  14
legge regionale 17 maggio 2016, per contrasto con gli articoli 3,  36
e 117 Cost. - deduce: 
          di essere dirigente di I  fascia  del  ruolo  del  comparto
Regione  Siciliana  ed  enti  pubblici  non  economici  sottoposti  a
vigilanza e/o controllo della Regione Siciliana, giusta deliberazione
di inquadramento giuridico del  C.D.  del  Consorzio  per  l'Area  di
sviluppo industriale (Consorzio ASI) della Provincia di  Siracusa  n.
171 del 19 gennaio 2001; precisamente, di essere  direttore  generale
di ruolo a seguito di concorso pubblico, nonche'  dirigente  generale
del  Consorzio  ASI  in  forza  di  contratto  di  durata  settennale
stipulato il 7 dicembre 2005;  di  essere  stato  utilizzato,  dal  3
settembre 2012, ovvero dalla  data  di  istituzione  dell'I.R.S.A.P.,
quale dirigente di I fascia, per l'assolvimento di una  molteplicita'
di incarichi ovvero: dirigente responsabile  dell'Ufficio  periferico
di  Siracusa;  dirigente  dell'Area  affari   giuridici;   presidente
dell'ufficio  per  i  procedimenti  disciplinari;  di  essere   stato
nominato con  il  D.A.  8  settembre  2016,  prot.  2512  Commissario
liquidatore del Consorzio ASI di Siracusa in liquidazione e con  D.A.
n.  1768  del  10  giugno  2016  Commissario  ad  acta  del  medesimo
consorzio; di essere  transitato  nel  ruolo  della  pianta  organica
dell'I.R.S.A.P. ex art. 19, comma  10,  legge  Regione  Siciliana  n.
8/2012 e successiva determinazione  della  Direzione  generale  n.  4
dell'11 gennaio 2017; 
        che il ricorrente si duole della riduzione della retribuzione
conseguita al  passaggio  alla  pianta  organica  dell'I.R.S.A.P.,  a
seguito di mobilita' non volontaria ma quale conseguenza della scelta
politica e organizzativa di centralizzazione, avendo egli subito - in
applicazione del provvedimento del 29 luglio  2016,  prot.  n.  94457
(del quale chiede la disapplicazione) -  l'imposizione  di  un  tetto
massimo di € 100.000,00  annui  lordi  con  effetto  retroattivo  dal
23.6.2016 e quindi incidente  su  sui  trattamenti  gia'  maturati  e
corrisposti , con conseguente decurtazione  stipendiale  annua  di  €
44.000,00 pari al differenziale aritmetico tra il  trattamento  annuo
in  godimento  (€  144.000,00)  e  il  nuovo  tetto  retributivo   (€
100.000,00); 
        che l'adozione del provvedimento  impugnato  (I.R.S.A.P.,  29
luglio 2016, prot. n. 94457) e' avvenuta in applicazione dell'art. 14
della legge regionale 17 maggio 2017, n. 8, che ha modificato  l'art.
13 della legge regionale  11  giugno  2014,  n.  13,  alla  quale  il
ricorrente muove censure di legittimita' costituzionale  che  ritiene
non «manifestamente infondate»; 
        che il convenuto I.R.S.A.P., dopo aver contestato la  propria
legittimazione passiva in  favore  di  gestioni  separate  costituite
presso lo stesso Istituto fino al  completamento  della  liquidazione
del  Consorzi  ASI  e  all'approvazione  della  pianta  organica  del
personale  transitato,   ha   confermato   di   avere   adottato   il
provvedimento impugnato dovendo dare applicazione all'art.  14  della
legge regionale 17 maggio 2017, n. 8; 
    che  analoghe  difese  sulla  doverosita'  dell'adeguamento   del
trattamento retributivo in  applicazione  della  legge  regionale  ha
speso  il   convenuto   Consorzio   ASI   in   liquidazione,   mentre
l'Assessorato regionale attivita' produttive della Regione Siciliana,
ha eccepito  il  difetto  della  propria  legittimazione  passiva  in
mancanza della qualita' di datore di lavoro del ricorrente; 
        che tutti e tre i convenuti hanno  contestato  la  fondatezza
delle censure di legittimita' costituzionale sollevate dal ricorrente
avverso la disposizione normativa regionale; 
 
                               Osserva 
 
    L'art. 14 della legge della regione siciliana n. 8 del 17  maggio
2016 prevede: 
    «All'art. 13 della legge regionale 11 giugno  2014,  n.  13  sono
apportate le seguenti modifiche: 
        a) al comma 3 le parole da "e degli enti" fino a  "sanitario"
sono sostituite dalle parole "e degli enti del settore sanitario.  Il
trattamento economico complessivo dei dipendenti, anche con qualifica
dirigenziale, e dei  titolari  di  contratti  di  lavoro  degli  enti
sottoposti a controllo e vigilanza della Regione,  delle  societa'  a
totale o maggioritaria partecipazione  della  Regione,  che  svolgono
l'attivita'  esclusivamente  con  affidamenti  diretti  della  stessa
Regione,  nonche'  degli  enti  che,  a  qualunque  titolo,  ricevono
trasferimenti o contributi a carico del bilancio della  Regione,  non
puo' essere superiore a 100.000 euro annui lordi."; 
        b) al comma  3-bis  le  parole  "di  cui  al  comma  2"  sono
sostituite dalle parole "di cui ai commi 2 e 3". 
    2. Il settimo comma dell'art. 6 della legge  regionale  6  giugno
1975, n. 42 e' soppresso». 
    Per quel che qui rileva,  l'art.  13  della  legge  regionale  11
giugno 2014, n. 13 ai commi 2 e 3 prima della modifica prevedeva: 
        «2. Al fine di conseguire risparmi  di  spesa  attraverso  la
razionalizzazione della spesa  pubblica  regionale  nonche'  al  fine
della salvaguardia degli equilibri di bilancio,  per  il  periodo  1°
luglio 2014 - 31 dicembre  2016,  i  trattamenti  onnicomprensivi  di
pensione, compresi quelli in godimento, in tutto o in parte a  carico
dell'Amministrazione regionale e  del  Fondo  pensioni  Sicilia,  non
possono superare il tetto di 160 migliaia di euro annui. 
        3. Lo  stesso  limite  di  cui  al  comma  2  si  applica  al
trattamento  economico  annuo  complessivo  fiscale  dei   dipendenti
dell'Amministrazione regionale e degli enti di cui all'art.  1  della
legge regionale 15 maggio 2000, n.  10,  presso  cui  si  applica  il
contratto collettivo dei dipendenti  regionali,  nonche',  in  quanto
compatibile al trattamento economico annuo complessivo dei dipendenti
degli enti  pubblici  regionali,  delle  societa'  partecipate  dalla
Regione Siciliana e comunque di tutti gli enti, di natura pubblica  o
privata, che ricevono a qualunque titolo trasferimenti, contributi  o
corrispettivi a carico del bilancio della Regione Siciliana, compreso
il settore sanitario.». 
    Le  questioni  di  legittimita'  costituzionale   sollevate   dal
ricorrente appaiono rilevanti nel  presente  giudizio  in  quanto  la
disposizione  della  legge   regionale   censurata   costituisce   la
previsione normativa, in applicazione  della  quale  l'I.R.S.A.P.  ha
emesso il  provvedimento  impugnato,  con  il  quale  ha  ridotto  lo
stipendio annuo gia' in godimento del  ricorrente,  con  applicazione
retroattiva e conseguenti trattenute  sulle  competenze  mensili  del
Castrovinci. 
    E' lo stesso  I.R.S.A.P.  che,  all'atto  della  costituzione  in
giudizio, sottolinea la doverosita' del provvedimento adottato (prot.
n. 94457 del 29 luglio 2016), dichiarando di  non  potersi  sottrarre
all'obbligo di dare applicazione alla legge regionale impositiva  del
tetto  massimo  di  €  100.000,00  lordi  annui  per  il  trattamento
economico   complessivo   dei   dipendenti,   anche   con   qualifica
dirigenziale, degli enti sottoposti a  controllo  e  vigilanza  della
Regione. 
    La rilevanza della  questione  deriva  dalla  considerazione  che
l'eventuale pronuncia di incostituzionalita' dell'art. 14 della legge
della Regione Siciliana  n.  8  del  17  maggio  2016  determinerebbe
l'illegittimita'  delle   trattenute   operate   dall'I.R.S.A.P.   in
applicazione della norma stessa, delle quali il ricorrente chiede  la
restituzione previa disapplicazione del provvedimento del  29  luglio
2016. 
    Le questioni di legittimita' costituzionale dell'art.  14,  legge
regionale n. 8/2016 sollevate in relazione agli articoli 3, 36 e  117
Cost. non appaiono poi manifestamente infondate. 
    Non appare manifestamente infondata la questione di  legittimita'
costituzionale sollevata in relazione all'art. 3 della  Costituzione,
in quanto la novella normativa, modificando  l'art.  13  della  legge
regionale 11 giugno 2014, n. 13 comma  3  individua  due  trattamenti
economici differenziati, distinguendo la posizione  del  personale  e
dei dirigenti dipendenti direttamente dalla Regione Sicilia  e  dagli
enti  del  settore  sanitario,  da  un  lato,  dalla  posizione   dei
dipendenti, anche di qualifica dirigenziale, degli enti sottoposti  a
controllo e vigilanza  della  Regione,  delle  societa'  a  totale  o
maggioritaria partecipazione della Regione, che svolgono  l'attivita'
esclusivamente con affidamenti diretti della stessa Regione,  nonche'
degli  enti  che,  a  qualunque  titolo,  ricevono  trasferimenti   o
contributi a carico del bilancio della Regione: per i primi, il  fine
di salvaguardare gli equilibri di bilancio e' perseguito mediante  la
previsione del tetto massimo di € 160.000,00 annui per i  trattamenti
onnicomprensivi in godimento, per un periodo di tempo limitato  (fino
al 31 dicembre 2016, prorogato per il triennio 2017-2019  con  l'art.
1, comma 3, legge regionale n. 28 del 29 dicembre 2016), mentre per i
dipendenti degli  enti  sottoposti  a  controllo  e  vigilanza  della
Regione, anche di qualifica dirigenziale, al medesimo fine, il  tetto
massimo viene fissato in  misura  decisamente  inferiore,  ovvero  in
100.000 euro annui lordi e senza alcuna previsione di temporaneita'. 
    Non si ravvisa alcuna ragione giustificatrice per il  trattamento
deteriore riservato,  solo  a  seguito  della  novella,  dalla  legge
regionale nei confronti dei dipendenti degli enti regionali  rispetto
ai dipendenti della Regione Sicilia e  del  comparto  sanitario,  non
essendo allegate nemmeno  dalle  difese  delle  parti  resistenti  le
differenze sostanziali per le quali non possano ritenersi analoghe le
posizioni dei dirigenti regionali e degli enti sanitari e quelle  dei
dirigenti degli altri enti regionali. 
    La previsione legislativa appare pertanto contrastare sia con  il
principio di parita' di  trattamento  e  divieto  di  discriminazione
delle persone poste in situazioni equiparabili tutelato  dalla  Carta
dei diritti fondamentali dell'Unione europea, sia con l'art. 3  della
Costituzione,  essendo  previsto  un  trattamento   differenziato   e
discriminante - con uno scarto di ben  €  60.000,00  nel  trattamento
economico riservato ai  lavoratori  regionali  sul  solo  presupposto
formale della qualificazione dell'Ente datore di  lavoro,  regione  e
ente  regionale  del  settore  sanitario  o  altro   ente   regionale
partecipato o vigilato dalla regione - in assenza di  giustificazione
oggettiva  e   ragionevole,   per   persone   poste   in   situazioni
sostanzialmente  equiparabili  e  al  medesimo  scopo  di  perseguire
obiettivi di spending review. 
    In definitiva la previsione contenuta  nella  seconda  parte  del
comma 3 dell'art. 13  della  legge  regionale  11  giugno  2014,  che
introduce un trattamento economico maggiormente penalizzante  per  la
specifica posizione dei dipendenti degli enti  regionali  rispetto  a
quella piu' favorevole destinata dalla prima parte della disposizione
ai dipendenti della regione, al medesimo  scopo  di  salvaguardare  i
bilanci e  contenere  la  spesa  pubblica,  appare  ingiustificata  e
contraria al  principio  di  uguaglianza  di  cui  all'art.  3  della
Costituzione che impone identita' di trattamento  per  le  situazioni
sostanzialmente omogenee. 
    Non appare poi manifestamente infondata nemmeno la  questione  di
legittimita' costituzionale sollevata in relazione all'art. 36  della
Costituzione, ai principi di proporzionalita' della retribuzione e  a
quello di irriducibilita' del  trattamento  economico  a  parita'  di
qualita' e quantita' di lavoro prestato e in ipotesi di mobilita' non
volontaria. 
    Nel prevedere l'applicazione  del  tetto  massimo  di  100.000,00
anche ai trattamenti gia' in godimento, la legge autorizza  -  e  nel
caso in esame ha imposto al datore di lavoro, come  si  evince  dalle
difese delle  parti  resistenti  -  la  modificazione  in  peius  del
trattamento retributivo gia' in  godimento  al  dirigente  regionale,
senza  che  cio'  sia  legato  a  una  riduzione  della  quantita'  e
soprattutto, trattandosi di  dipendente  pubblico  con  qualifica  di
dirigente, della qualita'  del  servizio  richiesto  e  quindi  senza
alcuna previsione di proporzionalita' in relazione  alla  prestazione
resa. Ritenendo che l'art.  36  Cost.  ha  carattere  generale  e  si
applica a  tutti  i  lavoratori  compresi  i  dipendenti  pubblici  e
compresi i dirigenti e ritenendo che l'art. 2103, quinto  comma,  del
codice civile, si estende anche ai lavoratori pubblici per tutti  gli
aspetti non espressamente regolati nell'art. 52  decreto  legislativo
n.  165/2001,  va  rilevato   che   l'imposizione   del   trattamento
retributivo deteriore rispetto a quello  in  godimento  nel  caso  in
esame  appare  in  contraddizione  rispetto  alla  molteplicita'   di
incarichi  attribuiti  al  ricorrente  nell'ambito   dell'I.R.S.A.P.,
sommati agli incarichi di Commissario liquidatore del  Consorzio  ASI
di Siracusa in liquidazione e di Commissario  ad  acta  del  medesimo
consorzio, che, pur considerando il principio  di  onnicomprensivita'
della retribuzione dei dirigenti pubblici e al principio  secondo  il
quale la retribuzione deve essere proporzionata alla  prestazione  di
lavoro e la riduzione del trattamento economico si puo'  giustificare
in relazione alla riduzione della performance richiesta. 
    E' noto a questo  Giudice  che  la  finalita'  di  assicurare  il
controllo della spesa  pubblica  consente  al  legislatore  di  porre
limiti al  trattamento  economico  dei  dipendenti  pubblici  e  alla
contrattazione  collettiva,  cui  e'  rimessa   la   disciplina   del
trattamento  economico  (in  questo  contesto  vanno  considerate  le
disposizioni dettate dall'art. 48 del decreto legislativo n. 165/2001
in tema, da un lato, di determinazione  delle  risorse  da  destinare
alla contrattazione  collettiva  e,  dall'altro,  di  quantificazione
della spesa derivante  dai  contratti).  E'  altresi'  noto,  che  il
diritto garantito dal primo comma dell'art.  36  Cost.  debba  essere
contemperato con l'interesse collettivo al contenimento  della  spesa
pubblica, meritevole di adeguata considerazione  in  un  contesto  di
progressivo deterioramento dell'equilibrio dei conti pubblici  e  che
proprio in forza di tale contemperamento la Corte  costituzionale  ha
recentemente e in diverse occasioni adottato decisioni,  nelle  quali
le questioni di legittimita' costituzionale sollevate in relazione al
principio  di  proporzionalita'  della  retribuzione  dei  dipendenti
pubblici non sono state ritenute fondate, in virtu' dell'esigenza  di
garantire l'equilibrio tra le entrate e le spese del  bilancio  dello
Stato, che riceve tutela costituzionale agli articoli 81 e 97,  primo
comma, Cost.: il fine  di  realizzare  un  contenimento  della  spesa
pubblica  in  ragione  della  situazione  economica  e   finanziaria,
giustifica gli interventi legislativi che incidono sulla  fisiologica
dinamica delle retribuzioni. E tuttavia nel caso in  esame  l'effetto
derivante  dall'avere  fissato  un  tetto  massimo   al   trattamento
reddituale annuale, senza alcun limite temporale, e senza  previsione
di assorbimento,  non  e'  solo  quello  di  ridurre  gli  incrementi
economici o di bloccare temporaneamente la progressione  stipendiale,
ma  comporta  la  riduzione  del  trattamento  economico  goduto  con
recupero da parte del datore di lavoro delle somme gia'  corrisposte,
con conseguente sbilanciamento dei valori costituzionali coinvolti  a
favore dell'interesse collettivo al contenimento della spesa pubblica
che appare superare il limite della ragionevolezza. 
    Infine  non  appare  manifestamente  infondata  la  questione  di
illegittimita' prospettata con riferimento all'art. 117 Cost. 
    Va  infatti  considerato  che  il   trattamento   economico   dei
dipendenti pubblici contrattualizzati  e'  disciplinato  in  generale
dall'art. 45, decreto legislativo 30 marzo 2001,  n.  165,  il  quale
dispone al comma 1 che  «il  trattamento  economico  fondamentale  ed
accessorio, fatto salvo quanto previsto dall'art. 40, commi  3-ter  e
3-quater e all'art.  47-bis,  comma  1,  e'  definito  dai  contratti
collettivi». 
    Tale disposizione e'  generalmente  considerata  come  espressiva
dell'attribuzione alla contrattazione collettiva  di  una  competenza
esclusiva  in  materia  di  retribuzione  dei   dipendenti   pubblici
vincolante anche per la legislazione regionale, come  ritenuto  dalle
sentenze di codesta eccellentissima Corte proprio con  riguardo  alla
legislazione regionale siciliana (C. cost., 14 giugno 2007,  n.  189;
Corte costituzionale, 5 luglio 2006, n. 308), sul presupposto che  le
norme del decreto legislativo  n.  165/2001  «costituiscono  principi
fondamentali ai sensi dell'art. 117 della Costituzione. Le Regioni  a
statuto  ordinario  si  attengono  ad  esse   tenendo   conto   delle
peculiarita' dei rispettivi ordinamenti» (art. 1,  comma  3,  decreto
legislativo n. 165/2001). 
    L'art. 14, legge regionale  n.  8/2016,  nel  fissare  il  limite
massimo al trattamento retributivo dei dipendenti regionali,  sottrae
alla contrattazione collettiva la materia di sua esclusiva competenza
e si pone conseguentemente in contrasto con il principio fondamentale
secondo il quale il trattamento economico dei dipendenti pubblici con
rapporto di lavoro  «privatizzato»  deve  essere  disciplinato  dalla
contrattazione collettiva. 
    Tale  principio  si  impone  non  solo  alle  regioni  a  statuto
ordinario, ma anche a quelle a statuto speciale, come affermato nelle
sentenze di illegittimita' costituzionale  sopra  richiamate  proprio
con riguardo alla  legislazione  della  Regione  Sicilia,  essendo  i
principi fissati dalla legge statale in  materia,  tipici  limiti  di
diritto  privato,  fondati  sull'esigenza,   connessa   al   precetto
costituzionale  di  eguaglianza,  di  garantire   l'uniformita'   nel
territorio  nazionale  delle  regole  fondamentali  di  diritto   che
disciplinano i rapporti fra privati e, come tali, si impongono  anche
alle Regioni a statuto speciale (sentenze n. 234 e n. 106  del  2005;
n. 282 del 2004).