TRIBUNALE DI CATANIA 
                          V Sezione civile 
 
    Il Giudice, dott. Giuseppe Artino Innaria ha emesso  la  seguente
ordinanza. 
    La decisione della causa deve essere preceduta dalla soluzione di
questione di legittimita' costituzionale. 
    In particolare, Sila S.p.a.  ricorrente  nel  presente  giudizio,
dubita della legittimita' costituzionale  dell'art.  27  della  legge
regionale n. 9 del 15 maggio 2013. 
    La ricorrente ritiene che la Regione Siciliana non ha  poteri  di
incidere  o  legiferare  nella  materia   «ordinamento   civile»   di
competenza esclusiva dello Stato, ai sensi dell'art.  117,  comma  2,
lettera l) della Costituzione  (giurisdizione  e  norme  processuali:
ordinamento civile e penale: giustizia  amministrativa),  e,  quindi,
con sconfinamento delle competenze, riservate solo alla  legislazione
dello Stato italiano, non rilevando la circostanza  che  la  suddetta
aspettativa e' limitata ad un ambito regionale. La norma regionale, a
tempo indeterminato, riduce  unilateralmente  la  misura  del  canone
contrattuale di  locazione,  prevedendo  espressamente  l'inserimento
automatico  di  tale  riduzione  nei  contratti  in  corso  ai  sensi
dell'art. 1339 del codice civile,  anche  in  deroga  alle  eventuali
clausole difformi apposte dalle parti, sovrapponendosi, quindi,  alla
previsione  contrattuale  ed  al  principio  generale  della   libera
determinazione convenzionale del canone  locativo  per  gli  immobili
destinati ad uso  non  abitativo.  Siffatta  disposizione  regionale,
incidendo d'imperio su contenuti contrattuali (ove  i  contraenti  si
ponevano e si pongono  su  posizioni  paritetiche)  e  variandone  le
condizioni economiche, avrebbe disposto arbitrariamente  in  tema  di
«ordinamento civile» su cui la Regione Siciliana (e le altre) non  ha
poteri di incidere o legiferare stante, al  riguardo,  la  competenza
esclusiva dello Stato, ai sensi dell'art. 117, comma  2,  lettera  l)
della   Costituzione.   L'illegittimita'   costituzionale   di   tale
disposizione della Regione Siciliana regionale sarebbe confermata  da
decisioni  della  Corte  costituzionale  (Corte   costituzionale   n.
269/2014, n. 61 del 2014, n. 114 del 2011, numeri 77, 187  del  2013,
n. 114 del 2011, n. 443 del 2013, n. 289 del 2008, n. 447  del  2006;
ordinanza n. 342 del 2009), nonche' da altre, ancora tutte nel  senso
che le disposizioni regionali, che vanno ad  incidere  sulla  materia
del diritto civile e si vanno ad inserire in un ambito di competenza,
in cui la Regione non puo' emanare alcuna normativa, anche  meramente
riproduttiva di quella statale: Corte costituzionale n. 141/2014,  n.
17/2014, n. 159/2013  (quest'ultima  pronunzio'  l'illegittimita'  di
legge regionale intesa a disciplinare atti a contenuto  negoziale  e,
dunque espressione dell'autonomia  privata)  in  violazione,  quindi,
dell'art. 117, comma 2, lettera l), della Costituzione, che pone alla
legislazione  regionale  il  limite  del  «diritto  privato»,   Corte
costituzionale n. 131/2013 (secondo cui l'ordinamento civile - che si
pone quale limite alla  legislazione  regionale,  in  quanto  fondato
sull'esigenza, sottesa al principio costituzionale di eguaglianza, di
garantire sul territorio  nazionale  l'uniformita'  della  disciplina
dettata per i rapporti tra privati  -  identifica  un'area  riservata
alla competenza esclusiva della legislazione statale  e  comprende  i
rapporti tradizionalmente oggetto di codificazione). 
    La legge regionale in questione, sotto altro verso,  sarebbe  pur
sempre  incostituzionale,   in   quanto   non   contenente   principi
fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, ma  una  misura
puntuale e dettagliata, quale la riduzione dei  canoni  di  locazione
passiva.  In  secondo  luogo,  la  prevista  riduzione  della   spesa
regionale  avrebbe   carattere   permanente   (permanenza   a   tempo
indeterminato questa, ritenuta illegittima da Corte costituzionale n.
79 del 2014 e n. 193 del 2012), mentre  le  disposizioni  restrittive
della spesa, da chiunque e comunque fissate, dovrebbero  operare  per
un periodo di tempo definito, in quanto necessarie a fronteggiare una
situazione contingente, mentre le disposizioni dettate  dall'art.  27
della legge regionale n. 9/2013 producono effetto, viceversa, per  un
arco temporale  indefinito,  in  quanto  dipendente  dalla  variabile
durata dei contratti e degli utilizzi ai quali esse si applicano  (e,
nel caso dei contratti scaduti o rinnovati, anche dalla diversa  data
di scadenza o rinnovo di  questi).  La  mancanza  di  precisi  limiti
temporali di efficacia sarebbe,  poi,  ancora  piu'  evidente,  nella
prevista misura di riduzione automatica del  canone,  stante  la  sua
applicazione ai contratti «di nuova stipulazione», sicche'  opera  su
tutti i futuri  contratti  stipulati  ex  novo  dalle  regioni,  dopo
l'entrata in vigore della citata normativa. La norma in questione  si
tradurrebbe in una misura di contenimento della sola spesa regionale,
priva, peraltro, degli indispensabili elementi di  razionalita',  che
dovrebbero informare tale funzione, di efficacia e di  sostenibilita'
ed  in  mancanza  di  coordinamento  riguardo  la  finanza  pubblica,
anch'essa sottratta alla competenza regionale, in quanto le  relative
finalita'  si  perseguono  attraverso  l'esercizio  associato   delle
funzioni con lo Stato nel rispetto  (disatteso)  della  normativa  di
principio nella materia (di competenza concorrente) del coordinamento
della finanza pubblica (art. 117, comma 3, della Costituzione): e  da
tanto  discende  la  ulteriore  illegittimita'  costituzionale  della
disposizione regionale in questione. Ne' sarebbe  possibile  desumere
dalle caratteristiche dello stesso art. 27 della legge  regionale  n.
9/2013, ne' sarebbe  diversamente  fissato,  un  termine  finale  che
consenta di assicurare la natura transitoria delle misure previste e,
allo stesso tempo, di non stravolgere  gli  equilibri  della  finanza
pubblica (sentenze Corte costituzione n. 79 del 2014  e  n.  193  del
2012). 
    Conferma dell'incostituzionalita' della citata legge regionale si
trarrebbe anche dalla illegittimita' della corrispondente  successiva
normativa nazionale (art. 24, comma 4, lettera b),  decreto-legge  n.
66/2014 -  Misure  urgenti  per  la  competitivita'  e  la  giustizia
sociale, convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma  l,  legge
n. 89/2014), normativa dichiarata costituzionalmente illegittima  con
sentenza n. 64/2016,  nella  parte  in  cui  non  prevede  la  durata
temporanea delle misure di cui ai commi 4, primo,  secondo,  terzo  e
quarto  periodo,  e  6  dell'art.   3,   decreto-legge   n.   95/2012
(Disposizioni urgenti per  la  revisione  della  spesa  pubblica  con
invarianza dei servizi ai cittadini nonche' misure  di  rafforzamento
patrimoniale delle imprese del  settore  bancario)  e,  comunque,  la
temporaneita' delle misure di contenimento della  spesa  corrente  ad
esse alternative (tra cui la riduzione del 15%,  dei  canoni  passivi
per la pubblica amministrazione). 
    Sulla base  dei  principi  tratti  dalle  decisioni  della  Corte
costituzionale    innanzi    indicate,    Sila    S.p.a.     sostiene
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 27 della legge regionale n.
9/2013,  la  cui  questione  si  chiede  che  venga   sollevata   dal
giudicante, qualora questi ritenesse i contratti di locazione  ancora
validamente in essere. 
    A suffragio delle proprie  argomentazioni,  parte  ricorrente  ha
allegato parere pro veritate, redatto dal prof. avv. Felice Giuffre'. 
    La questione, come sopra prospettata, assume  rilevanza  ai  fini
della definizione della causa. 
    Invero,  vengono  pretesi  canoni  di   locazione   per   periodi
successivi all'entrata in vigore dell'art. 27 della  legge  regionale
n. 9 del 2013 ed antecedenti all'efficacia (1 luglio 2014)  dell'art.
3, comma 4, decreto-legge n. 95/2012, modificato dall'art.  1,  comma
1, della legge 7 agosto 2012,  n.  135,  in  sede  di  conversione  e
successivamente dall'art. 24, comma 4, lettera a), del  decreto-legge
24 aprile 2014, n. 66, convertito con modificazioni  dalla  legge  23
giugno 2014, n. 89). Peraltro, giova evidenziare che i  contratti  di
locazione prevedono la rinnovazione tacita alla scadenza di sei anni,
di guisa che essi si  sono  rinnovati  una  volta  spirato  il  primo
termine, in assenza di tempestiva disdetta del  locatore,  e  non  e'
documentalmente  dimostrato  il  recesso  espressamente  manifestato,
postumo alla vigenza dell'art. 27 della legge regionale n. 9/2013. 
    Oltre  ad  essere  rilevante,  la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 27 della legge regionale  n.  9/2013  appare
non manifestamente infondata, per le plausibili  ragioni  evidenziate
da Sila S.p.a. e nel parere del prof. avv. Felice Giuffre'. 
    In specie, il comma 3 della norma censurata  («La  riduzione  del
canone di locazione, in caso di canone  superiore  al  corrispondente
valore  OMI   incrementato   del   10   per   cento,   si   inserisce
automaticamente nei contratti in corso ai sensi  dell'art.  1339  del
codice civile, anche  in  deroga  alle  eventuali  clausole  difformi
apposte dalle parti, salvo  il  diritto  di  recesso  del  locatore»)
sembra contrastare con  l'art.  117,  comma  II,  lettera  l),  della
Costituzione, laddove interferisce nell'ordinamento civile, che e' di
competenza esclusiva  dello  Stato,  poiche',  mediante  il  richiamo
all'art. 1339 del codice  civile,  dispone  l'inserimento  automatico
della clausola di riduzione del canone di locazione nei contratti  di
locazione in corso. Vero e' che l'art.  1339  del  codice  civile  fa
riferimento a clausole o prezzi  di  beni  e  servizi  imposti  dalla
legge, nondimeno occorre  verificare  se  quest'ultima  possa  essere
anche  una  legge  regionale.  In  proposito,  ad  avviso  di  questo
decidente, l'art. 1339 del  codice  civile  va  letto  congiuntamente
all'art. 117, comma II, lettera l), della  Costituzione,  soprattutto
considerando  la  ratio  sottesa   all'attribuzione   di   competenza
esclusiva allo Stato in materia di ordinamento  civile,  rintracciata
nell'esigenza di garantire il principio di  eguaglianza  di  tutti  i
cittadini dinanzi alla legge senza distinzioni territoriali (articoli
3 e 120, comma primo, della Costituzione). Ne deriva che la  Regione,
ancorche' legiferi in materie di sua competenza esclusiva,  non  puo'
regolamentare  profili,   che   incidono   sui   rapporti   di   tipo
privatistico. Cio' vale anche per la Regione Sicilia, il cui statuto,
all'art. 14, comma primo, stabilisce che la funzione  legislativa  si
esercita «nei limiti delle leggi costituzionali dello Stato»,  tenuto
conto dello speciale valore  annesso  alla  materia  dell'ordinamento
civile, strettamente collegato al principio di  uguaglianza,  di  cui
all'art. 3 della Costituzione, presidio anche  dell'unita'  giuridica
ed economica della Repubblica (art. 5 della Costituzione). 
    Ne'  appare  trascurabile  la  prospettata   censura   circa   la
violazione del principio di ragionevolezza ex art. 3, 97 e 117, comma
2, della Costituzione, in relazione alla proporzionalita' tra  misura
adottata e situazione contingente da affrontare.  Invero,  l'art.  27
della legge regionale n. 9 del 2013 potrebbe aver avuto la sua ragion
d'essere nella volonta' di armonizzare la contabilita' e  la  finanza
regionali alle disposizioni di cui ai commi 4 e  6  dell'art.  3  del
decreto-legge n. 95 del 2012. Per tale ragione, potrebbe valere anche
per la prima norma in esame lo stesso vizio ravvisato per la  seconda
dalla sentenza n. 64  del  2016  della  Corte  costituzionale,  sotto
profilo della restrizione dell'autonomia  finanziaria  delle  regioni
nell'esercizio dei poteri di coordinamento della finanza  pubblica  e
dell'assenza di un limite temporale della misura.