LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Sezione lavoro Composta dagli ill.mi sigg.ri magistrati: dott. Antonio Manna, presidente; dott. Umberto Berrino, consigliere; dott. Enrica D'Antonio, relatore consigliere; dott. Paola Ghinoy, consigliere; dott. Rossana Mancino, consigliere; ha pronunciato la seguente ordinanza interlocutoria sul ricorso n. 1880-2017 proposto dal Ministero della salute 96047640584,in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici domicilia in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12, ope legis, ricorrente; Contro O. A. elettivamente domiciliata in Roma, viale G. Mazzini n. 113, presso lo studio dell'avvocato Rosa Alba Grasso, rappresentata e difesa dall'avvocato Giovanni Gabellone, controricorrente; Nonche' contro ASL Brindisi, Regione Puglia, intimate, avverso la sentenza n. 1854/2016 della Corte d'appello di Lecce, depositata il 5 ottobre 2016; r.g. n. 1748/2015; Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza dell'11 settembre 2019 dal consigliere dott. Enrica D'Antonio; Udito, il pubblico ministero in persona del sostituto procuratore generale dott. Stefano Visona' che ha concluso per rimessione Corte costituzionale; Udito l'avvocato Rosa Alba Grasso per delega avvocato Giovanni Gabellone. Considerato in fatto 1. La Corte d'appello di Lecce, pronunciando in sede di rinvio a seguito della sentenza di questa Corte n. 19365/2015, in riforma della sentenza del Tribunale di Brindisi ha accolto la domanda di A. O. (nata il ......) volta ad ottenere l'indennizzo previsto dall'art. 1 della legge n. 210/1992, l'indennizzo di cui all'art. 1 della legge n. 229/2005 e l'assegno una tantum di cui all'art. 4 della legge n. 229/2005. La Corte d'appello ha rilevato che, come precisato dalla Corte di cassazione, il giudice di primo grado aveva dato atto della sussistenza del nesso di causalita' tra la patologia lupus eritematoso sistemico e la vaccinazione anti epatite A cui era stata sottoposta la ricorrente in data 13 giugno 2003 e 8 gennaio 2004 e che, invece, nulla era stato precisato circa la possibilita' di riconoscere il diritto all'indennizzo richiesto pur in presenza di vaccinazioni non obbligatorie, quale era la vaccinazione per epatite A, accertamento che la Suprema Corte aveva demandato al giudice di rinvio. Secondo la Corte d'appello il caso di specie rientrava nella sfera di applicabilita' della legge n. 210/1992. Ha richiamato le sentenze della Corte costituzionale n. 27/1998, n. 423/2000, n. 107/2012 che avevano dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1, della legge citata nella parte in cui non prevedeva il diritto all'indennizzo di coloro che erano stati sottoposti a vaccinazioni non obbligatorie (antipolio, antiepatite B, morbillo parotite e rosolia) a seguito di campagne legalmente promosse dall'autorita' sanitaria per la diffusione di tali vaccinazioni. La Corte d'appello ha rilevato che la vaccinazione antiepatite A, pur non imposta come obbligo giuridico, era stata fortemente incentivata dalla Regione senza lasciare spazio alla discrezionalita' del singolo e che, dunque, il caso della vaccinazione imposta per legge non poteva differenziarsi da quello in cui essa era raccomandata da specifici atti normativi, come avvenuto nella vicenda in esame. Infatti, la ricorrente era stata sottoposta a vaccinazione dopo una specifica convocazione da parte della ASL di Brindisi nell'ambito di una campagna di vaccinazioni avviata nel 1997 ed estesa contro l'epatite A che rendeva palese l'intento di considerarle obbligatorie. Pertanto, concludeva la Corte territoriale, in base ad un'interpretazione costituzionalmente orientata della norma, anche i danni derivati dalla vaccinazione di epatite di tipo A dovessero essere indennizzati ai sensi della legge n. 210/1992. 2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso il Ministero della sanita' con un unico motivo. Ha resistito con controricorso A. O. La Procura generale ha concluso chiedendo la rimessione alla Corte costituzionale. Ritenuto in diritto 3. Il Ministero ricorrente denuncia violazione dell'art. 1 della legge n. 210/1992 e dell'art. 4 della legge n. 229/2005. Ritiene che la Corte d'appello abbia illegittimamente esteso l'ambito applicativo della legge n. 210 del 1992, che riconosce il diritto all'indennizzo per le sole vaccinazioni obbligatorie e non per quelle meramente raccomandate. Deduce che anche il riferimento alle sentenze della Corte costituzionale (cfr. Corte costituzionale n. 27/1998 per l'antipolio; n. 423/2000 per antiepatite C; n. 107/2012 per morbillo, parotite, rosolia) sarebbe del tutto erroneo non potendosi assimilare tali fattispecie a quella dell'epatite A. 4. Questa Corte ritiene rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento agli articoli 2, 3 e 32 della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1, della legge 25 febbraio 1992, n. 210 (Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati) , nella parte in cui non prevede che il diritto all'indennizzo, istituito e regolato dalla stessa legge e alle condizioni ivi previste, spetti anche ai soggetti che abbiano subito lesioni e/o infermita' da cui siano derivati danni irreversibili all'integrita' psico-fisica, per essere stati sottoposti a vaccinazione non obbligatoria, ma raccomandata, anti epatite A. 5. In punto di rilevanza si consideri che A. O. e' stata sottoposta a vaccinazione anti epatite A (in data 13 giugno 2003 e 8 gennaio 2004) a seguito di una convocazione scritta da parte della ASL di Brindisi che, seppur non definendo come obbligatoria la somministrazione del vaccino, la lasciava implicitamente intendere. Si legge nella sentenza impugnata che con delibera della giunta regionale n. 1327 del 4 settembre 2003 si era affermato che «le attivita' di prevenzione e precisamente le vaccinazioni obbligatorie e raccomandate rientrano tra le prestazioni di assistenza sanitaria garantite dal Sistema sanitario nazionale e come tali ricomprese nei livelli essenziali di assistenza di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001, recepiti con delibera della giunta regionale n. 310 dell'8 aprile 2002». La Corte territoriale ha poi riferito che, nel momento in cui la O. si era sottoposta alla vaccinazione, era in atto una campagna di vaccinazione antiepatite A in seguito alla conclusione della vaccinazione antiepatite B e all'abbandono del vaccino combinato A+B; che, infatti, secondo le indicazioni tecnico scientifiche dell'Osservatorio epidemiologico regionale approvate dalla Commissione regionale vaccini, tra cui quelle relative all'epatite A, la conclusione della vaccinazione antiepatite B nel dodicenne e l'abbandono del vaccino combinato A+B avrebbe potuto far diminuire il livello di attenzione nei confronti di questa malattia con conseguenze fortemente negative; da qui la necessita' di continuare a garantire l'offerta attiva della vaccinazione a tutti i soggetti con anamnesi negativa all'epatite A nella fascia d'eta' passando all'utilizzo del prodotto singolo, sia pure non risultando che la vaccinazione in discorso fosse stata resa obbligatoria da ordinanza dell'autorita' sanitaria italiana. 6. Circa il nesso causale tra il lupus eritematoso da cui e' affetta A.O. e la vaccinazione cui si era sottoposta, deve rilevarsi che ogni questione a riguardo e' ormai preclusa a seguito dell'ordinanza n. 19365/2015 di questa Corte. Con detta pronuncia si e' dato atto che il giudice di prime cure, richiamata la consulenza d'ufficio, aveva espressamente ritenuto la sussistenza del nesso di causalita' («ne deriva che la patologia e' stata causata da una vaccinazione») e che l'unico profilo devoluto al giudice d'appello atteneva alla possibilita' di riconoscere il diritto all'indennizzo di cui alla legge n. 210 del 1992 pur in presenza di vaccinazioni non qualificabili come obbligatorie ai sensi della detta legge. 7. La questione di costituzionalita' sollevata e', pertanto, rilevante sussistendo ogni altra condizione per il riconoscimento del richiesto indennizzo ed essendo, quindi, dirimente per l'esito della controversia la decisione di cui si investe la Corte costituzionale. 8. Non sembra invece attuabile un'interpretazione costituzionalmente conforme della disposizione censurata che riconosca il diritto all'indennizzo sulla base degli stessi principi che hanno condotto la Corte costituzionale a dichiarare l'illegittimita' costituzionale del medesimo art. 1, comma 1, della legge n. 210 del 1992, nella parte in cui non prevedeva quel diritto, a seguito di menomazione permanente derivante da altre vaccinazione: infatti, le precedenti pronunce di incostituzionalita' si riferiscono a determinate vaccinazioni e non potrebbero essere estese al caso di specie, perche' cio' determinerebbe la sostanziale disapplicazione ope iudicis della disposizione censurata. Il tenore testuale della disposizione - inequivocabilmente riferita alle «vaccinazioni obbligatorie per legge o per ordinanza di una autorita' sanitaria italiana» - e l'impossibilita' di ravvisare nelle mere raccomandazioni della Regione atti amministrativi di sostanziale imposizione d'un obbligo di vaccinazione impediscono di risolvere la controversia mediante una mera interpretazione compatibile con i parametri costituzionali invocati (come, invece, ha fatto la sentenza impugnata). 9. Circa la non manifesta infondatezza della questione qui sollevata, giova segnalare che il legislatore del 1992 (art. 1, comma 1, legge n. 210 cit.) ha introdotto nell'ordinamento, in via generale, il diritto ad un indennizzo per chiunque abbia riportato, a causa di vaccinazioni obbligatorie per legge o per ordinanza di un'autorita' sanitaria italiana, lesioni o infermita', dalle quali sia derivata una menomazione permanente della integrita' psicofisica. Identico diritto ha riconosciuto ai soggetti contagiati da infezioni da HIV a seguito di somministrazione di sangue e suoi derivati (art. 1, comma 2, legge n. 210 cit.) e a coloro che presentino danni irreversibili da epatiti post-trasfusionali (comma 3 del citato art. 1: sulla ratio della norma si vedano i passaggi evidenziati dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 27 del 1998). La tutela indennitaria, inizialmente riconosciuta solo nell'ambito delle vaccinazioni obbligatorie, e' stata ampliata ricomprendendovi le vaccinazioni imposte o sollecitate da interventi finalizzati alla protezione della salute pubblica a seguito di significativi arresti della Corte costituzionale, fino a ricomprendere conseguenze invalidanti di vaccinazioni assunte nell'ambito della politica sanitaria anche solo promossa dallo Stato. 10. La Corte costituzionale, da ultimo con la sentenza 22 novembre 2017, n. 268, ridisegnando, ancora una volta, l'asse portante della tutela indennitaria (art. 1, comma 1, legge n. 210), con la declaratoria di illegittimita' costituzionale della norma nella parte in cui non prevede il diritto all'indennizzo in favore di soggetti danneggiati da vaccinazione antinfluenzale; tale pronuncia ha ribadito che nella prospettiva incentrata sulla salute quale interesse, anche obiettivo, della collettivita' non vi e' differenza qualitativa tra obbligo e raccomandazione, essendo l'obbligatorieta' del trattamento vaccinale semplicemente uno degli strumenti, a disposizione delle autorita' sanitarie pubbliche, per il perseguimento della tutela della salute collettiva, al pari della raccomandazione, sicche' i diversi attori (autorita' pubbliche e individui) finiscono per realizzare l'obiettivo della piu' ampia immunizzazione dal rischio di contrarre la malattia, a prescindere da una loro specifica volonta' di collaborare. E ancora, quanto alle vaccinazioni raccomandate, in presenza di diffuse e reiterate campagne di comunicazione a favore dei trattamenti vaccinali, il giudice delle leggi, con la decisione da ultimo richiamata, ha ribadito il naturale svilupparsi di un affidamento nei confronti di quanto consigliato dalle autorita' sanitarie, il che rende la scelta individuale - di aderire alla raccomandazione - di per se' obiettivamente votata alla salvaguardia anche dell'interesse collettivo, al di la' delle particolari motivazioni che muovono i singoli e che percio', sul piano degli interessi garantiti dagli articoli 2, 3 e 32 della Costituzione, e' giustificata la traslazione in capo alla collettivita', anch'essa obiettivamente favorita dalle scelte individuali, degli effetti dannosi che eventualmente conseguano dalle vaccinazioni. Ancora il giudice delle leggi, con la decisione del 2017, illumina nel rimarcare che la ragione determinante del diritto all'indennizzo non deriva dall'essersi sottoposti a un trattamento obbligatorio in quanto tale, ma risiede, piuttosto, nelle esigenze di solidarieta' sociale che si impongono alla collettivita', ove il singolo subisca conseguenze negative per la propria integrita' psico-fisica derivanti da un trattamento sanitario (obbligatorio o raccomandato) effettuato anche nell'interesse della collettivita'; per questo, la mancata previsione del diritto all'indennizzo in caso di patologie irreversibili derivanti da determinate vaccinazioni raccomandate si risolve in una lesione degli articoli 2, 3 e 32 della Costituzione perche' le esigenze di solidarieta' sociale e di tutela della salute del singolo richiedono che sia la collettivita' ad accollarsi l'onere del pregiudizio individuale, mentre sarebbe ingiusto consentire che siano i singoli danneggiati a sopportare il costo del beneficio anche collettivo (arg. da Corte costituzionale numeri 268 del 2017 e 107 del 2012). 11. Sembra a questo Collegio che possano essere estese alla fattispecie in esame i principi affermati dalla ricordata giurisprudenza costituzionale, dovendo valere anche per la vaccinazione antiepatite A le medesime considerazioni relative alle vaccinazioni non obbligatorie, ma raccomandate atteso che «in presenza di diffuse e reiterate campagne di comunicazione a favore dei trattamenti vaccinali, e' naturale che si sviluppi un affidamento nei confronti di quanto consigliato dalle autorita' sanitarie: e cio' rende la scelta individuale di aderire alla raccomandazione di per se' obiettivamente votata alla salvaguardia anche dell'interesse collettivo, al di la' delle particolari motivazioni che muovono i singoli». 12. Come si e' detto, nella vicenda in esame la vaccinazione antiepatite A risulta somministrata alla ricorrente a seguito di convocazione da parte della ASL di Brindisi che la rappresentava non tanto come prestazione raccomandata, ma quasi come se fosse stata obbligatoria nell'ambito di una campagna di vaccinazioni avviata nel 1997 (la ricorrente e' nata il ..........) ed estesa contro l'epatite A sulla base delle considerazioni dell'Osservatorio epidemiologico regionale, il quale sollecitava un alto mantenimento dei livelli di copertura al fine di ottenere una riduzione consistente della circolazione del virus e cio' in particolare modo in seguito alla conclusione della vaccinazione antiepatite B e all'abbandono del vaccino combinato A+B. 13. Sembra dunque a questo Collegio che anche la vaccinazione antiepatite A, pur non imposta come obbligo giuridico, ma fortemente incentivata dalla Regione Puglia, possa ricondursi nella sfera di applicabilita' della legge n. 210/1992, rientrando a pieno titolo tra quelle raccomandate. 14. Alle argomentazioni sin qui svolte consegue che deve dichiararsi rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento agli articoli 2, 3 e 32 della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1, della legge 25 febbraio 1992, n. 210, nella parte in cui non prevede che il diritto all'indennizzo, istituito e regolato dalla stessa legge e alle condizioni ivi previste, spetti anche ai soggetti che abbiano subito lesioni e/o infermita', da cui siano derivati danni irreversibili all'integrita' psico-fisica, per essere stati sottoposti a vaccinazione non obbligatoria, ma raccomandata, anti epatite A. 15. A norma dell'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87, va dichiarata la sospensione del presente procedimento con l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. La cancelleria provvedera' alla notifica di copia della presente ordinanza alle parti e al Presidente del Consiglio dei ministri e alla comunicazione della stessa ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.