Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri,  rappresentato
e difeso ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato, presso  i  cui
uffici domicilia in Roma, via dei Portoghesi n. 12; 
    Contro la Regione  Calabria,  in  persona  del  presidente  della
giunta  pro  tempore,  per  la  declaratoria  di  incostituzionalita'
dell'art. 1  della  legge  regionale  n.  53  del  5  dicembre  2019,
pubblicata nel B.U.R. n. 135 del 5 dicembre 2019, avente  ad  oggetto
«Interpretazione  autentica  dell'art.  8,  comma  2,   della   legge
regionale 29 novembre 2019 n. 48 (disposizioni in materia funeraria e
di polizia mortuaria)», giusta delibera del Consiglio dei ministri 29
gennaio 2020. 
    La legge della Regione  Calabria  n.  53  del  5  dicembre  2019,
recante «Interpretazione autentica dell'art. 8, comma 2  della  legge
regionale 29 novembre 2019, n. 48 (disposizioni in materia  funeraria
e  di  polizia   mortuaria)»,   presenta   profili   d'illegittimita'
costituzionale con  riferimento  all'art.  1,  per  violazione  degli
articoli 41 e 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, nei
termini che si passa ad esporre. 
    1. Si premette che la legge n. 48 del  2019,  interpretata  dalla
legge  reg.  n.  53/2019,  ha  riproposto  disposizioni  in   materia
funeraria e di polizia mortuaria che erano gia' contenute nella legge
regionale della Calabria  n.  22  del  26  giugno  2018  (recante  la
medesima rubrica «Disposizioni in  materia  funeraria  e  di  polizia
mortuaria»), e per le quali il Consiglio dei ministri, nella riunione
dell'8 agosto 2018, aveva deliberato l'impugnativa dinanzi alla Corte
costituzionale. 
    Tale legge e' stata successivamente  interamente  abrogata  dalla
legge regionale  30  aprile  2019,  n.  7,  inducendo  il  Governo  a
rinunciare al ricorso (con delibera del Consiglio dei ministri del 19
giugno 2019). 
    2. La legge n. 48/2019 e'  stata  impugnata  dinanzi  alla  Corte
costituzionale dalla Presidenza del Consiglio con ricorso  notificato
in data 28 gennaio 2010 e regolarmente depositato, per  la  rinnovata
violazione dell'art. 117, comma 2, lettere e-l-m) Cost. 
    Anche per la legge n. 53/2019 oggetto del  presente  ricorso,  si
ripropongono  le  criticita'  gia'  enunziate  avverso  la  legge  n.
48/2019,  prima  fra  tutte  l'invasione  della  sfera  di  esclusiva
competenza statale, come e' reso evidente  dal  fatto  che  la  legge
principale e quella di sua interpretazione  autentica  ricalcano,  in
parte, il disegno di legge Atto Senato n.  2492  -  Disciplina  delle
attivita'  nel  settore  funerario  e  disposizioni  in  materia   di
dispersione e conservazione delle ceneri  -  presentato  in  data  21
luglio 2016 (ed il cui ultimo esame risale al  mese  di  ottobre  del
2017) e che dovra' costituire il perimetro (statale) all'interno  del
quale  le  regioni  saranno   chiamate   a   svolgere   «compiti   di
programmazione, indirizzo, coordinamento e  controllo»  (art.  3  del
disegno di legge n. 2492). 
    La cornice normativa statale  di  riferimento  nella  materia  in
esame e' completa ed esaustiva, come costituita da: 
        a) regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265,  «Approvazione  del
testo unico delle leggi sanitarie.» (art. 343); 
        b)  codice  civile  (disposizioni  concernenti  gli  atti  di
disposizione del proprio corpo, ex art. 5;  testamento,  art.  587  e
segg.); 
        c) decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1990,
n.  285,  «Approvazione  del  regolamento  di   polizia   mortuaria.»
(articoli 78-81); 
        d) legge 30 marzo 2001,  n.  130,  recante  «Disposizioni  in
materia di cremazione e dispersioni delle ceneri.» (art. 3). 
    A queste fonti non si puo' sovrapporre un intervento  legislativo
regionale, neppure in caso  di  (presunta)  inerzia  del  legislatore
statale, sia  in  considerazione  dell'esistenza  di  una  disciplina
completa del settore sia per le  ragioni  esposte  dal  Consiglio  di
Stato con parere  reso  nell'Adunanza  della  Sezione  Prima  del  29
ottobre 2003, n. 2957: 
        «(omissis) Si premette che la legge 30 marzo  2001,  n.  130,
recante disposizioni in materia di  cremazione  e  dispersione  delle
ceneri, non e' una legge delega, come tale inapplicabile  in  carenza
di esercizio  della  delega,  ma  una  legge  ordinaria,  diretta  ad
innovare  la  normativa  vigente  in  materia  di  cremazione  e   in
particolare il regolamento di polizia mortuaria approvato con decreto
del Presidente della Repubblica 10 settembre 1990, n. 285. E'  bensi'
vero che a tale scopo la  legge  si  affida  alla  emanazione  di  un
successivo regolamento per dare piena attuazione ai principi  e  alle
regole dettate dall'art. 3 della stessa legge, ma non e'  sostenibile
che, decorso ormai ampiamente il termine stabilito di sei mesi  dalla
data di entrata in vigore,  la  mancata  emanazione  del  regolamento
privi la legge di qualsiasi efficacia, specialmente  in  ordine  alla
normativa  preesistente  di   rango   secondario.   Le   disposizioni
legislative  di  mero  principio  costituiscono   comunque   criterio
interpretativo delle  norme  previgenti  e  quelle  alle  quali  puo'
riconoscersi efficacia precettiva per compiutezza di disciplina (self
executing) devono ritenersi senz'altro applicabili.». 
    4. Cio' premesso, l'art. 1 della  legge  in  esame,  al  fine  di
chiarire la portata di tale ultima previsione, dispone che: «Il comma
2 dell'art. 8 (Requisiti dell'impresa funebre e dei soggetti ad  essa
collegati)  della  legge  regionale   29   novembre   2019,   n.   48
(Disposizioni  in  materia  funeraria  e  di  polizia  mortuaria)  va
interpretato sottintendendo che gli  accordi  previsti  nel  suddetto
comma, devono, a pena di nullita', essere  realizzati  stabilmente  e
non in modo temporaneo, sotto la forma  del  consorzio,  di  societa'
consortili o di altra forma di societa' di persone o capitali,  nelle
forme previste e  regolamentate  dal  Codice  civile  e  dalle  norme
vigenti in materia di commercio». 
    Tale norma regionale che, nel fornire l'interpretazione autentica
del secondo comma dell'art.  8,  prevede,  a  pena  di  nullita',  la
stabilita'   dell'accordo   posto   in   essere    per    l'esercizio
dell'attivita' di impresa  funebre,  si  pone  in  contrasto  con  il
principio del libero  accesso  al  mercato,  materia  demandata  alla
legislazione esclusiva statale dall'art. 117, secondo comma,  lettera
e),  della  Costituzione,  sia   con   il   principio   di   liberta'
dell'iniziativa economica privata, in violazione dell'art.  41  della
Costituzione. 
    L'illegittimita' della norma in esame trova  conferma  in  quanto
stabilito dall'Autorita' garante per la concorrenza ed il mercato con
il parere AS 1153 del 6 novembre 2014 - reso  in  ordine  alla  legge
regionale della Campania n. 12/2001, recante «Codice delle  attivita'
e delle imprese funebri», come modificata dalla  legge  regionale  25
luglio 2013, n. 7 - alla  stregua  del  quale  «l'imposizione  di  un
rapporto di lavoro continuativo del lavoratore costituisce un vincolo
organizzativo  rigido,  suscettibile  di  restringere   indebitamente
l'accesso al mercato». 
    La norma  interpretativa,  infatti,  restringe  indebitamente  il
libero accesso al mercato funebre, creando un vincolo illegittimo dal
quale consegue la violazione del  principio  di  libera  concorrenza,
materia demandata alla legislazione esclusiva statale dall'art.  117,
secondo comma, lettera e), della  Costituzione,  secondo  i  principi
dettati dalla stessa Corte costituzionale in occasione  di  pronunzie
su  altre  leggi  regionali  che  introducevano  restrizioni,   anche
indirette, a quel principio: si vedano le sentenze  n.  59/2017  (sui
criteri di determinazione dei canoni di  concessione)  e  n.  98/2017
(sugli orari di apertura degli  esercizi  commerciali)  nonche',  per
affermazioni  di  carattere  generale,  la   sentenza   della   Corte
costituzionale,  13  gennaio  2004,  n.   14:   «L'inclusione   della
competenza statale in  materia  di  tutela  della  concorrenza  nella
lettera e) dall'art. 117, 2° comma, Cost.,  evidenzia  l'intendimento
del legislatore  costituzionale  di  unificare  in  capo  allo  stato
strumenti  di  politica  economica  che   attengono   allo   sviluppo
dell'intero  paese;  strumenti  che,  in  definitiva,  esprimono   un
carattere unitario e, interpretati gli uni  per  mezzo  degli  altri,
risultano tutti finalizzati  ad  equilibrare  il  volume  di  risorse
finanziarie inserite nel circuito economico». 
    Anche recentemente, dichiarando  l'illegittimita'  costituzionale
di una normativa regionale  che  imponeva  indebitamente  vincoli  al
libero esercizio dell'attivita' privata, la Corte costituzionale (con
sentenza 11 gennaio 2019 n. 5, in termini con la precedente  sentenza
n. 30 del 2016) ha  ribadito  che  il  vincolo  imposto  dalla  legge
regionale:  «incide  negativamente  sul  livello  di   tutela   della
concorrenza fissato dalla legge statale. Per quanto di  contenuto  in
se'  non  irragionevole,  la  disposizione  eccede  dunque   l'ambito
costituzionalmente definito della potesta' legislativa regionale». 
    Sempre  in  materia  di  tutela  del   principio   della   libera
concorrenza e della libera attivita' economica  privata,  citiamo  ad
ulteriore sostegno delle nostre eccezioni: 
        Corte costituzionale 26 marzo 2015, n. 47, che ha  dichiarato
incostituzionale l'art. 14 legge regionale Piemonte 3 agosto 2004, n.
19, nella parte in cui imponeva ai proprietari ed  ai  gestori  degli
impianti di telecomunicazione e radiodiffusione il pagamento di spese
per  attivita'  istruttorie  per  il  rilascio  delle  autorizzazioni
all'installazione e modifica di impianti fissi; 
        Corte  costituzionale  11  giugno  2014,  n.  165,   che   ha
dichiarato, tra l'altro, incostituzionali gli art. 20 legge regionale
Toscana 28 settembre 2012 n. 52 e 6 legge regionale Toscana 5  aprile
2013 n. 13, nella parte in cui assumevano la distanza minima tra  gli
esercizi commerciali quale elemento qualificante delle «strutture  di
vendita in forma aggregata», 18 legge  regionale  Toscana  n.  13/13,
nella parte  in  cui  imponeva  il  funzionamento  contestuale  delle
modalita' «servito» e delle modalita' «self-service» durante l'orario
di apertura dell'impianto di  distribuzione  del  carburante,  5,  2°
comma, legge regionale Toscana n. 13/13, nella parte in  cui  esigeva
che gli esercizi commerciali di vendita in outlet esponessero il solo
prezzo finale di vendita; 
        Corte costituzionale 14 marzo 2014, n. 49, che ha  dichiarato
incostituzionale l'art. 16 legge regionale Veneto 31  dicembre  2012,
n. 55, nella parte in cui, con riguardo all'esercizio  del  commercio
in forma itinerante sulle aree  demaniali  marittime,  stabiliva  che
ciascun operatore non potesse essere titolare di nulla osta  in  piu'
di un comune; 
        Corte  costituzionale,  15  maggio  2014,  n.  125,  che   ha
dichiarato incostituzionale l'art. 9 legge regionale Umbria 6  maggio
2013, n. 10, nella parte in cui attribuisce  la  qualifica  di  «polo
commerciale» ad esercizi commerciali per il  solo  fatto  che  questi
siano adiacenti  o  vicini  e  a  prescindere  dalla  volonta'  degli
esercenti di unirsi in un polo commerciale e di conseguenza sottopone
anche   gli   esercizi   di   vicinato   alla   complessa   procedura
autorizzatoria prevista per le grandi strutture di vendita o  per  le
medie strutture superiori di tipologia M3 ed introduce nuovamente dei
vincoli  anche  in  relazione  al   rispetto   di   distanze   minime
obbligatorie tra attivita'  commerciali  appartenenti  alla  medesima
tipologia di esercizio. 
    Tanto  premesso  e  considerato,  richiamate  le   argomentazioni
esposte nel menzionato ricorso del 28 gennaio 2020, cui  il  presente
chiediamo venga riunito, giusta delibera del Consiglio  dei  ministri
in data 29 gennaio 2020.