Ricorso della Regione siciliana, in persona  del  Presidente  pro
tempore   Sebastiano   Musumeci,   rappresentato   e   difeso,    sia
congiuntamente che  disgiuntamente,  giusta  procura  a  margine  del
presente atto, dagli avvocati Marina Valli (pec: marina.valli@pec.it)
e Vincenzo Farina (pec: v.farinavvpa@pec.it) dell'ufficio legislativo
e legale della Presidenza della Regione siciliana (fax  091-6254244),
elettivamente domiciliato presso la sede dell'ufficio  della  Regione
siciliana in Roma - via Marghera n. 36 - ed autorizzato dalla  giunta
regionale a proporre il presente ricorso; 
    Contro il Presidente del  Consiglio  dei  ministri  pro  tempore,
domiciliato per la carica in Roma, Palazzo Chigi, Piazza  Colonna  n.
370 presso gli uffici della Presidenza del Consiglio dei ministri,  e
difeso per legge dall'Avvocatura dello Stato, presso i cui uffici  e'
elettivamente domiciliato in Roma - via dei Portoghesi n. 12 - per la
dichiarazione di illegittimita'  costituzionale  dell'art.  1,  commi
309, lettera a), 316, lettera a), 875, da 634 a 658 e da 661  a  676,
della legge 27 dicembre  2019,  n.  160,  pubblicata  nella  Gazzetta
Ufficiale della Repubblica  italiana  30  dicembre  2019,  n.  304  -
Supplemento ordinario. 
 
                                Fatto 
 
    Nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica  italiana  30  dicembre
2019, n. 304 - Supplemento ordinario - e' stata pubblicata  la  legge
27 dicembre 2019, n. 160, recante «Bilancio di previsione dello Stato
per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale  per  il  triennio
2020-2022». 
    - L'art. 1, comma 309, cosi' dispone: 
        al decreto-legge 20  giugno  2017,  n.  91,  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 3 agosto 2017, n. 123, sono  apportate  le
seguenti modificazioni: 
          a) «All'art. 44 del decreto-legge 30 aprile  2019,  n.  34,
convertito, con modificazioni, dalla legge 28  giugno  2019,  n.  58,
sono apportate le seguenti modificazioni: 
a) al comma 1,  le  parole:  "d'intesa  con"  sono  sostituite  dalla
seguente: "sentite" e le parole: "autorita' delegata per la coesione"
sono sostituite dalle seguenti: "e la coesione territoriale"; [...]». 
    - L'art. 1, comma 316, cosi' dispone: 
        al decreto-legge 20  giugno  2017,  n.  91,  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 3 agosto 2017, n. 123, sono  apportate  le
seguenti modificazioni: 
          a) «all'art. 4, il comma 6 e' sostituito dal seguente: 
"6. La  regione,  o  le  regioni  nel  caso  di  ZES  interregionali,
formulano la proposta  di  istituzione  della  ZES,  specificando  le
caratteristiche   dell'area    identificata.    Il    soggetto    per
l'amministrazione   dell'area   ZES,   di   seguito   "soggetto   per
l'amministrazione", e'  identificato  in  un  Comitato  di  indirizzo
composto da un commissario straordinario  del  Governo,  nominato  ai
sensi dell'art. 11 della  legge  23  agosto  1988,  n.  400,  che  lo
presiede, dal Presidente dell'Autorita' di sistema  portuale,  da  un
rappresentante della  regione,  o  delle  regioni  nel  caso  di  ZES
interregionale, da un rappresentante della Presidenza  del  Consiglio
dei  ministri  e   da   un   rappresentante   del   Ministero   delle
infrastrutture e dei trasporti. [...]». 
    - L'art. 1, comma 875, cosi' dispone: «A decorrere dall'anno 2020
e'  riconosciuto  a  favore  dei  liberi  Consorzi  e  delle   citta'
metropolitane della Regione siciliana un contributo di 80 milioni  di
euro annui. Il contributo spettante a ciascun ente e' determinato  in
proporzione al concorso alla finanza  pubblica  di  cui  all'art.  1,
comma 418, della legge 23 dicembre  2014,  n.  190,  al  netto  della
riduzione della spesa di personale registrata  da  ciascun  ente  nel
periodo dal 2014 al  2018,  dei  contributi  ricevuti  dalla  Regione
siciliana a valere sulla somma complessiva di 70 milioni di  euro  di
cui all'art. 1, comma 885, della legge  30  dicembre  2018,  n.  145,
nonche' degli  importi  non  piu'  dovuti  di  cui  all'art.  47  del
decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 23 giugno 2014, n. 89,  come  indicati  nella  tabella  2
allegata al decreto-legge 24 aprile  2017,  n.  50,  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96.  Il  contributo  di
cui al periodo  precedente  e'  versato  dal  Ministero  dell'interno
all'entrata del bilancio dello Stato a titolo  di  parziale  concorso
alla finanza pubblica da parte dei medesimi enti.  In  considerazione
di quanto disposto dal periodo precedente, ciascun ente  beneficiario
non iscrive in entrata le somme relative ai contributi  attribuiti  e
iscrive in spesa il concorso alla finanza pubblica di cui all'art. 1,
comma 418, della legge 23 dicembre 2014,  n.  190,  al  netto  di  un
importo corrispondente alla somma dei contributi stessi». 
    - L'art. 1, commi  da  634  a  658,  istituisce:  «l'imposta  sul
consumo dei manufatti con  singolo  impiego,  di  seguito  denominati
"MACSI",  che  hanno  o  sono  destinati   ad   avere   funzione   di
contenimento, protezione, manipolazione o  consegna  di  merci  o  di
prodotti alimentari; i MACSI, anche in forma di  fogli,  pellicole  o
strisce, sono realizzati con l'impiego, anche  parziale,  di  materie
plastiche costituite da polimeri organici di origine sintetica» e  ne
disciplina le modalita' di imposizione - accertamento e  riscossione,
i soggetti obbligati, la misura, le esenzioni. 
    - L'art. 1, commi  da  661  a  676,  istituisce:  «l'imposta  sul
consumo delle bevande analcoliche, come definite  al  comma  662,  di
seguito denominate "bevande edulcorate". Ai fini dei commi da  661  a
676, per bevande edulcorate  si  intendono  i  prodotti  finiti  e  i
prodotti  predisposti  per  essere  utilizzati   come   tali   previa
diluizione, rientranti nelle voci NC 2009 e 2202  della  nomenclatura
combinata dell'Unione europea, condizionati per la vendita, destinati
al consumo alimentare umano, ottenuti con l'aggiunta di edulcoranti e
aventi un titolo alcolometrico inferiore o uguale a 1,2 per cento  in
volume  [...]»,  e  ne  disciplina  le  modalita'  di  imposizione  -
accertamento e riscossione,  i  soggetti  obbligati,  la  misura,  le
esenzioni. 
    Le richiamate disposizioni che, a vario titolo, recano  contrasto
al   principio   di   leale   collaborazione   e   di   coordinamento
nell'attuazione  delle  politiche  regionali,  di  uguaglianza  e  di
corretto funzionamento del mercato sono illegittime  per  i  seguenti
motivi di 
 
                               Diritto 
 
    Art. 1, comma 309, lettera a). Violazione degli articoli 14,  15,
17 e 20 dello Statuto regionale. Violazione degli  articoli  5,  118,
119 e 120 della Costituzione, anche in riferimento all'art. 10  della
legge costituzionale n. 3 del 2001. 
    L'art. 1, comma 309, nella parte in cui modifica  l'art.  44  del
decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34 - convertito  con  modificazioni,
dalla legge 28 giugno 2019, n. 58 - disponendo che l'Agenzia  per  la
coesione territoriale procede, «sentite» e non piu' «d'intesa» con le
amministrazioni interessate ad una riclassificazione degli  strumenti
programmatori variamente denominati a carico delle risorse  nazionali
destinate alle politiche di  coesione  dei  cicli  di  programmazione
2000/2006, 2004/2013 e 2014/2020 e delle risorse a valere  sul  Fondo
per lo sviluppo e coesione di cui all'art. 4 del decreto  legislativo
31 maggio 2011, n. 88, viola gli articoli  14,  15,  17  e  20  dello
Statuto della Regione siciliana, nonche' gli articoli 5, 118,  119  e
120 della Costituzione, per la mancata attuazione  del  principio  di
leale collaborazione dagli stessi sancito  e  della  rimozione  degli
squilibri economico e sociali e di coesione territoriale. 
    L'art.  44  del  suddetto   decreto,   nella   sua   formulazione
antecedente, prevedeva che  la  pluralita'  degli  attuali  documenti
programmatori di ciascuna amministrazione centrale, regione o  citta'
metropolitana titolare di risorse  a  valere  sul  Fondo  sviluppo  e
coesione   fosse   riorganizzata   dall'Agenzia   per   la   coesione
territoriale - d'intesa con  le  amministrazioni  interessate  -  nel
quadro di un unico piano operativo. 
    Invero, i patti per lo sviluppo, in precedenza  denominati  patti
per  il  Sud,  sono  uno  strumento  di   cooperazione   territoriale
interistituzionale per l'attuazione degli interventi nelle regioni  e
nelle citta' metropolitane del Mezzogiorno. 
    I  patti  sono   firmati   dal   Presidente   del   Consiglio   o
dall'autorita' delegata  per  la  coesione  e  dal  Presidente  della
regione o sindaco della citta' metropolitana e definiscono  le  linee
strategiche  per  lo  sviluppo  del  proprio  territorio,   per   cui
contengono  una  ricognizione  degli  strumenti  e  delle  risorse  a
disposizione e degli interventi prioritari da realizzare. 
    Il  singolo  patto   considera   il   complesso   delle   risorse
disponibili, provenienti dai PON e POR dei  Fondi  strutturali  della
vecchia programmazione 2007-2013 e  dal  Fondo  sviluppo  e  coesione
della vecchia programmazione 2007-2013, nonche' dai  PON  e  POR  dei
Fondi strutturali 2014-2020, dai Fondi di cofinanziamento regionale e
dal  Fondo  sviluppo  e  coesione  2014-2020,   oltre   a   eventuali
finanziamenti specifici. 
    In particolare, il Fondo per lo sviluppo  e  la  coesione  (FSC),
rappresenta lo strumento che concentra e da' unita'  programmatica  e
finanziaria all'insieme degli interventi aggiuntivi  a  finanziamento
nazionale. 
    L'intervento del FSC e' finalizzato al finanziamento di  progetti
strategici,  sia  di  carattere  infrastrutturale  sia  di  carattere
immateriale, di rilievo nazionale, interregionale e regionale, aventi
natura di grandi progetti o di  investimenti  articolati  in  singoli
interventi di consistenza progettuale ovvero realizzativa,  tra  loro
funzionalmente  connessi,  in  relazione  a  obiettivi  e   risultati
quantificabili e misurabili, anche  per  quanto  attiene  al  profilo
temporale. 
    L'intesa istituzionale di programma e' lo strumento di attuazione
della politica regionale-nazionale. 
    Con il documento: «Osservazioni e proposte di  emendamenti  della
conferenza delle regioni delle province autonome  19/93/CR05/C3-C11»,
con riferimento al ddl di conversione in legge del  decreto-legge  30
aprile 2019, n. 34, recante misure urgenti di  crescita  economica  e
per la risoluzione di specifiche situazioni di crisi,  le  regioni  e
province autonome, pur condividendo l'obiettivo generale della norma,
finalizzata alla semplificazione ed  efficientamento  dei  differenti
cicli di programmazione del Fondo  per  lo  sviluppo  e  la  coesione
(FSC), hanno ritenuto  necessario  richiamare  i  principi  base  che
ispirano e regolano il Fondo. 
    A tal riguardo hanno evidenziato che il FSC e', assieme ai  Fondi
strutturali europei, lo strumento finanziario  principale  attraverso
cui vengono attuate le  politiche  per  lo  sviluppo  della  coesione
economica, sociale e territoriale e soprattutto  la  rimozione  degli
squilibri economico e sociali in attuazione  all'art.  119,  comma  5
della Costituzione italiana. In tale ottica, il Fondo e'  finalizzato
quindi a dare unita' programmatica e  finanziaria  all'insieme  degli
interventi   aggiuntivi   a   finanziamento   nazionale,   volti   al
riequilibrio economico e sociale  tra  le  diverse  aree  del  paese,
nonche' a garantire, in considerazione del suo carattere  pluriennale
coerente con l'articolazione temporale della programmazione dei Fondi
strutturali   dell'Unione    europea,    la    unitarieta'    e    la
complementarieta'  delle  procedure  di  attivazione  delle  relative
risorse con quelle previste per i Fondi comunitari. 
    Alla luce di queste considerazioni le regioni  hanno  proposto  i
seguenti emendamenti testuali. 
    1) Art. 44, comma 1: 
        dopo  la  frase:  «l'Agenzia  per  la  coesione  territoriale
procede»  e'  aggiunto  il  seguente  periodo:   «d'intesa   con   le
amministrazioni interessate». 
    Motivazione: la modifica prevede che la  riclassificazione  degli
attuali  documenti  programmatori  del  FSC,  variamente  denominati,
effettuata dall'Agenzia per la coesione territoriale avvenga d'intesa
con le amministrazioni interessate. 
    [...] 
    Del  resto  la  Corte  costituzionale,  in   precedenti   vicende
sottoposte al suo esame (sentenza n. 6/2004) aveva gia' affermato che
il legislatore statale  e'  tenuto  a  vincolare  l'attuazione  della
propria normativa al  raggiungimento  di  una  intesa,  basata  sulla
reiterazione delle trattative  al  fine  di  un  esito  condiviso  in
conferenza Stato-regioni o in Conferenza  unificata,  a  seconda  che
siano in discussione solo interessi e competenze statali e  regionali
o anche degli enti locali. Nella giurisprudenza della Corte, infatti,
le conferenze sono ritenute le sedi piu' qualificate  per  realizzare
la leale collaborazione, che  permea  tutte  le  regole  relative  ai
rapporti tra Stato e regioni, e consentire, in specie  alle  regioni,
di svolgere un ruolo costruttivo nella determinazione  del  contenuto
di atti legislativi statali che incidono  su  materie  di  competenza
regionale. Di conseguenza, le  intese  assurgono  a  vero  e  proprio
accordo amministrativo, di particolare  rilevanza,  tramite  cui  gli
enti pubblici rappresentativi concertano fra di loro le modalita'  di
perseguimento  degli  interessi  pubblici  di   propria   competenza,
assumendo la natura  di  strumento  ordinario  di  definizione  delle
materie o attivita' di interesse comune tra  Stato  e  sistema  delle
autonomie. 
    In questo senso e' stato ritenuto fondamentale l'allargamento del
consenso sostanziale tra i diversi livelli di  governo,  titolari  di
competenze  sempre   piu'   trasversali   e   quindi   bisognose   di
coordinamento. 
    E' appena il caso di rammentare come  i  Fondi  per  la  coesione
potendo  finanziare  una  grande  gamma  di  interventi  intercettano
svariate competenze della Regione siciliana. 
    Di qui la lesione sia degli articoli dello Statuto che  prevedono
in capo  alla  regione,  nelle  materie  dai  medesimi  elencate,  la
competenza legislativa esclusiva, art. 14, e concorrente, art. 17, e,
per tutte, la competenza amministrativa, art. 20, come pure le  norme
del titolo V della Costituzione applicabili per effetto e nei  limiti
di cui all'alt 10 L.C. n. 3/2001. 
    La disposizione  si  sospetta  di  illegittimita'  costituzionale
anche con riferimento alle norme dello Statuto recanti la  competenza
regionale in materia di enti locali, articoli 14, lettera  o)  e  15,
atteso che la novella da essa recata svilisce anche  il  ruolo  delle
citta'  metropolitane,  escluse  come  la  regione  dal   partecipare
utilmente alle decisioni programmatorie, per la parte di risorse  del
FSC di cui sono titolari. 
    E' infatti consolidato l'orientamento  di  codesta  ecc.ma  Corte
costituzionale secondo cui «le regioni sono legittimate a  denunciare
la legge statale anche per la lesione delle attribuzioni  degli  enti
locali, indipendentemente dalla prospettazione della violazione della
competenza legislativa  regionale»  (sentenza  n.  298/2009)  e  cio'
considerato che «la stretta connessione, in particolare [...] in tema
di finanza regionale e locale, tra le attribuzioni regionali e quelle
delle autonomie locali consente di  ritenere  che  la  lesione  delle
competenze  locali  sia  potenzialmente  idonea  a  determinare   una
vulnerazione delle competenze regionali» (sentenze n. 169 e n. 95 del
2007, n. 417 del 2005 e n. 196 del 2004). 
    La  norma  in  esame,   pertanto,   declassando   l'intesa   gia'
correttamente prevista ad un mero parere, finisce per pregiudicare il
dovuto     coordinamento     nell'attuazione      della      politica
regionale-nazionale. 
    L'intesa, infatti, quale strumento di dialogo  e  soprattutto  di
concertazione, risulta, alla luce delle argomentazioni  svolte  dalla
Corte costituzionale, ampiamente valorizzato. 
    La legge n. 131 del 2003 poi, nel dettare le norme di adeguamento
dell'ordinamento  della  Repubblica  alla   riforma   costituzionale,
prevede  diffusamente   il   ricorso   all'istituto   dell'intesa   o
dell'accordo: quest'ultimo,  nell'assumere  la  natura  di  strumento
ordinario di definizione  delle  materie  o  attivita'  di  interesse
comune tra Stato  e  sistema  delle  autonomie,  finisce  per  essere
«istituzionalizzato». 
    La previsione dell'intesa, imposta dal  principio  costituzionale
di leale collaborazione, implica che non sia legittima una norma  che
superi l'intesa, attribuendo drasticamente e palesemente la decisione
ad un solo soggetto. 
    Nella fattispecie  de  qua  l'intervento  statale  e'  ammesso  a
condizione, tuttavia che  siano  assicurati  strumenti  effettivi  di
partecipazione della regione e delle autonomie locali. 
    Ritenere  legittima   la   modifica   riportata   significherebbe
espropriare della potesta' decisionale un soggetto istituzionale.  Al
contrario, spetta al legislatore stabilire «un  sistema  che  imponga
comportamenti  rivolti  verso  lo  scambio  di  informazioni  e  alla
manifestazione della volonta' di ciascuna delle parti  e,  in  ultima
ipotesi, contenga previsioni le quali  assicurino  il  raggiungimento
del risultato, senza la prevalenza di  una  parte  sull'altra»  (cfr.
sentenze  numeri:  285/2005,  383/2005,  24/2007,  121/2010,  33/2011
e 165/2011). 
    Art. 1, comma 316, lettera a). Violazione degli articoli 14, 17 e
20 dello Statuto regionale. Violazione degli articoli 5, 118,  119  e
120 della Costituzione, anche in riferimento all'art. 10 della  legge
costituzionale n. 3 del 2001. 
    L'art. 1, comma 316, nella parte in cui  modifica  l'art.  4  del
decreto-legge  n.   91/2017,   prevedendo   che   il   soggetto   per
l'amministrazione  dell'area  ZES  (Zona   economica   speciale)   e'
identificato in un Comitato di indirizzo composto da  un  commissario
straordinario del Governo, nominato  ai  sensi  dell'art.  11,  della
legge 23  agosto  1988,  n.  400,  che  lo  presiede,  in  luogo  del
presidente dell'Autorita' di sistema, viola a sua volta gli  articoli
14, 17 e  20  dello  Statuto  della  Regione  siciliana  nonche'  gli
articoli 5, 118,  119  e  120  della  Costituzione,  per  la  mancata
attuazione del principio di leale collaborazione dagli stessi sancito
e della rimozione degli squilibri economico e sociali. 
    L'art. 4 del decreto-legge  n.  91/2017,  nel  prevedere  che  il
Comitato  di  indirizzo  delle  ZES  sia  presieduto  dal  presidente
dell'Autorita' di sistema portuale, garantiva  la  compartecipazione,
tra Stato e regioni interessate, nell'individuazione  dell'organo  di
vertice e di indirizzo. 
    Invero, l'art. 8 della legge 28  gennaio  1994,  n.  84,  prevede
espressamente che il Presidente dell'Autorita' di sistema portuale e'
nominato dal Ministro delle infrastrutture e dei  trasporti  d'intesa
con i presidenti delle regioni interessate. 
    Codesta  Corte  costituzionale  e'  intervenuta,  proprio   sulla
fattispecie in esame con la sentenza n. 378 del 2005, nella quale  e'
stato evidenziato, in particolare, che il  richiamato  art.  8  della
legge n. 84/1994, alla luce della sopravvenuta  legge  costituzionale
n. 3 del 2001, esige «una paritaria  codeterminazione  del  contenuto
dell'atto di nomina, quale forma di attuazione del principio di leale
cooperazione tra lo Stato e la regione, ed esclude ogni  possibilita'
di  declassamento   dell'attivita'   di   codeterminazione   connessa
all'intesa in una mera attivita' consultiva non vincolante. [...]». 
    Sulla base di tali premesse la Corte ha, anche,  specificato  che
«la scelta, operata dal legislatore statale nel 1994, di  coinvolgere
la regione nel procedimento  di  nomina  del  presidente  costituisce
riconoscimento del ruolo del porto nell'economia regionale  e,  prima
ancora, locale [...]». 
    Orbene, la ZES e' una zona geograficamente delimitata, costituita
anche da aree territoriali non  adiacenti  che  presentino  un  nesso
economico funzionale e che comprenda almeno un'area portuale. 
    Le modalita' per l'istituzione di  una  ZES,  la  sua  durata,  i
criteri generali per l'identificazione e la  delimitazione  dell'area
nonche' i criteri che  ne  disciplinano  l'accesso  e  le  condizioni
speciali sono definiti con decreto del Presidente del  Consiglio  dei
ministri, da adottare  su  proposta  del  Ministro  per  la  coesione
territoriale  e  il  Mezzogiorno,  di  concerto   con   il   Ministro
dell'economia e delle finanze, con il Ministro delle infrastrutture e
dei trasporti e con il Ministro dello sviluppo economico, sentita  la
Conferenza unificata. Ciascuna  ZES  e'  istituita  con  decreto  del
Presidente del Consiglio dei  ministri,  su  proposta  delle  regioni
interessate. 
    Le ZES, secondo la disciplina contenuta nel  successivo  art.  5,
del  decreto-legge  n.  91/2017,  hanno   l'obiettivo   di   attrarre
investimenti  esteri   o   extra-regionali,   attraverso   incentivi,
agevolazioni  fiscali,  deroghe  normative  ecc.,   costituendo   nel
contempo una strategica riorganizzazione del tessuto  delle  aree  di
sviluppo industriale di proprieta' pubblica. 
    Ne consegue, per l'importanza strategica delle ZES, la necessita'
di una direzione al vertice che sia il frutto di una codeterminazione
con la regione richiedente l'istituzione della singola zona. 
    La scelta di far presiedere il Comitato di indirizzo di  ciascuna
ZES  da  un  commissario  straordinario  nominato  con  decreto   del
Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio
dei ministri, al di fuori di qualsiasi «intesa» sulla nomina  con  le
regioni coinvolte, appare inserita in violazione  degli  articoli  5,
118, 119 e  120  della  Costituzione,  essendo  stata  introdotta  in
spregio del principio di leale collaborazione sancito dalle  predette
norme costituzionali. 
    La sentenza n. 154 del  2017,  riguardo  al  principio  di  leale
collaborazione  richiede  «un  confronto  autentico,   orientato   al
superiore interesse pubblico [...] sicche' su  ciascuna  delle  parti
coinvolte  ricade  un  preciso  dovere   di   collaborazione   e   di
discussione, articolato nelle necessarie fasi  dialogiche»;  cio'  in
ossequio ad un sistema costituzionale  sempre  piu'  orientato  verso
meccanismi di concertazione orizzontale  tra  i  diversi  livelli  di
Governo (sul punto, cfr. Corte costituzionale,  sentenza  4  novembre
2003, n. 329). 
    Al riguardo e' infine da precisare che, al pari di  quanto  messo
in  luce  nel  precedente  motivo  di  ricorso,  anche  la   presente
disposizione prescindendo  dal  coinvolgere  la  regione  (ora  nella
scelta relativa alla governance) pregiudica il  corretto  dispiegarsi
delle svariate  competenze  regionali  coinvolte  dall'istituzione  e
operativita' delle  ZES  comportando  cosi'  violazione  anche  degli
evocati parametri statutari. 
    Art. 1, comma 875. Violazione degli articoli 14, lettera o) e  15
dello Statuto regionale. Violazione degli articoli 3, 119,  5  e  120
della Costituzione, anche in  riferimento  all'art.  10  della  legge
costituzionale n. 3 del 2001. 
    L'art. 1, comma 875, nella parte in cui stabilisce a  favore  dei
liberi Consorzi e delle citta' metropolitane della Regione  siciliana
un contributo di 80 milioni di euro annui, determinato  per  ciascuno
ente in proporzione al  concorso  alla  finanza  pubblica  -  di  cui
all'art. 1, comma 418, della legge 23 dicembre  2014,  n.  190  -  al
netto della riduzione della spesa di personale registrata da  ciascun
ente nel periodo dal 2014 al  2018,  dei  contributi  ricevuti  dalla
Regione siciliana a valere sulla somma complessiva di 70  milioni  di
euro - di cui all'art. 1, comma 885, della legge 30 dicembre 2018, n.
145 - nonche' degli importi non piu' dovuti - di cui all'art. 47  del
decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 23 giugno 2014, n. 89,  come  indicati  nella  tabella  2
allegata al decreto-legge 24 aprile  2017,  n.  50,  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96 -  viola  tutti  gli
evocati parametri di costituzionalita'. 
    La regione procede percio' alla sua impugnativa  anche  a  tutela
delle prerogative degli enti  locali  che  ne  sono  destinatari,  in
virtu' della propria competenza statutaria in materia di enti locali. 
    La disposizione e' da censurare  infatti  per  contrasto  con  il
principio di ragionevolezza e proporzionalita' delle leggi e di leale
collaborazione e di uguaglianza, in particolare sotto l'aspetto della
mancata attuazione di quanto gia' concordato con la regione  e  della
rimozione  degli  squilibri  economico  e  sociali.  Al  contempo  si
configura violazione dell'autonomia finanziaria degli enti  siciliani
di area vasta, che vengono a disporre mezzi finanziari  insufficienti
per l'adempimento dei propri compiti. 
    L'art. 1, comma 875, della legge 27 dicembre 2019,  n.  160,  nel
prevedere un contributo di 80 milioni di euro a favore  delle  citta'
metropolitane  e  dei  liberi   Consorzi   siciliani   determina   un
arretramento nel processo di risanamento finanziario  degli  enti  in
questione, anche alla luce della circostanza che nell'anno precedente
tale contributo, era stato quantificato in 100  milioni  di  euro  in
virtu' all'accordo integrativo del 10 maggio 2019 tra  il  Presidente
della regione, il Ministro per il Sud e il Ministro  dell'economia  e
delle finanze  e  alla  successiva  norma  di  recepimento  contenuta
nell'art.  38-quater  del  decreto-legge  30  aprile  2019,  n.   34,
convertito con la legge 28 giugno 2019, n. 58, concernente misure  di
sostegno in favore degli enti di area vasta. 
    Se, pertanto la  ratio  della  norma  in  oggetto  e'  quella  di
neutralizzare gli effetti del prelievo forzoso da parte dello  Stato,
sembra invece si concretizzi  un  orientamento  in  senso  contrario,
essendo il nuovo contributo di importo ampiamente  insufficiente  per
compensare il debito pregresso, come invece  avvenuto  per  le  altre
regioni, sia a Statuto speciale che ordinario. 
    In particolare, la disposizione statale, per quanto  riguarda  la
spesa del personale,  fa  riferimento  al  periodo  2014/2018,  senza
valutare come, dal 2018 in poi, la spesa del personale sia  aumentata
per via della  corresponsione  degli  aumenti  contrattuali  e  degli
arretrati discendenti dal Contratto collettivo  nazionale  di  lavoro
del comparto enti locali per il periodo 2016-2018. 
    Si rappresenta, altresi', che la Corte dei conti - Sezione  delle
autonomie, nell'ambito dell'audizione sull'atto Camera n. 977/2019 ha
evidenziato un'ulteriore esigenza di copertura finanziaria  per  tali
enti di circa euro 107 milioni nel 2020. 
    Nella fattispecie e' stato sottolineato che: «l'art. 27, comma 4,
della   legge   regionale   n.   15/2015   prevede   che,   ai   fini
dell'individuazione delle risorse  necessarie  per  il  finanziamento
delle funzioni "proprie" dei liberi Consorzi comunali, il  Presidente
della regione, previa delibera di giunta  e  sentite  le  Commissioni
affari istituzionali e bilancio dell'assemblea  regionale  siciliana,
emani uno o piu' decreti, sulla base di un'intesa  con  i  competenti
organi dello Stato in ordine alla definizione dei reciproci rapporti,
allo scopo di assicurare lo svolgimento dei compiti istituzionali dei
liberi Consorzi comunali. [...] Con  l'accordo  tra  lo  Stato  e  la
Regione siciliana 12  luglio  2017  e'  stato  previsto  un  concorso
finanziario in favore di citta' metropolitane e  liberi  Consorzi  da
parte della regione  di  70  milioni  annui  aggiuntivi  rispetto  al
rendiconto 2016 (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10
marzo 2017  e  comma  885  dell'art.  1  della  legge  n.  145/2018).
L'accordo firmato il 19 dicembre 2018 tra il Ministero  dell'economia
e delle finanze ed il Presidente della  Regione  siciliana  [...]  al
punto 5, affronta il tema degli equilibri  strutturali  delle  citta'
metropolitane e dei liberi Consorzi siciliani, prevedendo  che  entro
il 30 settembre  2019  il  Governo  si  impegna  a  trovare  adeguate
soluzioni per il sostegno ai liberi Consorzi e  citta'  metropolitane
della Regione siciliana, al fine di garantire parita' di  trattamento
rispetto alle province e citta' metropolitane del restante territorio
nazionale e di favorire l'equilibrio dei relativi bilanci, nonche'  a
considerare le misure di coesione e di perequazione  infrastrutturale
[...]. La prospettata parita' di trattamento  appare,  verosimilmente
parametrata alla possibilita' per gli enti siciliani,  di  conseguire
sui propri bilanci i medesimi effetti prodotti per  i  bilanci  degli
enti delle regioni a Statuto ordinario  in  termini  di  ristoro  del
taglio di cui al comma 418, dell'art. 1 della legge n. 190/2014,  non
compensato dal taglio di cui all'art. 47 del decreto-legge n. 66/2014
[...]. Un obiettivo  sostenibile  [...]  potrebbe  essere  quello  di
puntare al ripristino delle condizioni di equilibrio  antecedenti  ai
tagli, assumendo come base di partenza per valutare la congruenza  di
un intervento finanziario utile al delineato scopo,  l'entita'  dello
squilibrio di circa 100 milioni [...]  e  quantificando  il  rimborso
nella misura dei disavanzi accumulati negli  anni  [...].  In  questa
prospettiva sembrano  auspicabili  misure  legislative  straordinarie
[...] consistenti nella «continua ricerca di un armonico e simmetrico
bilanciamento tra risorse  disponibili  e  spese  necessarie  per  il
«perseguimento   delle   finalita'   pubbliche»    (sentenza    Corte
costituzionale  n.  274/2017)  [...]  dal  momento  che  l'equilibrio
presuppone   che   ogni   intervento   programmato    sia    sorretto
dall'individuazione delle pertinenti risorse (sentenza n.  184/2016).
Nel sindacato di costituzionalita', quindi, «copertura finanziaria ed
equilibrio integrano una clausola generale [...]». 
    Orbene, in ambiti come quello in esame, questa Corte e'  chiamata
a verificare che il bilanciamento degli interessi  costituzionalmente
rilevanti non sia stato realizzato con modalita' tali da  determinare
il sacrificio o la compressione di uno di essi in misura eccessiva  e
pertanto incompatibile con il dettato costituzionale.  Tale  giudizio
deve    svolgersi    «attraverso    ponderazioni    relative     alla
proporzionalita'  dei  mezzi  prescelti  dal  legislatore  nella  sua
insindacabile discrezionalita' rispetto alle  esigenze  obiettive  da
soddisfare o alle finalita'  che  intende  perseguire,  tenuto  conto
delle circostanze  e  delle  limitazioni  concretamente  sussistenti»
(sentenza n. 1130 del 1988). Il test di  proporzionalita'  utilizzato
dalla Corte come da molte delle giurisdizioni costituzionali europee,
richiede di valutare se la norma oggetto di scrutinio, con la  misura
e le modalita' di applicazione stabilite, sia necessaria e idonea  al
conseguimento di obiettivi legittimamente perseguiti, in quanto,  tra
piu'  misure  appropriate,  prescriva  quella  meno  restrittiva  dei
diritti a confronto e stabilisca oneri non sproporzionati rispetto al
perseguimento di detti obiettivi (Corte costituzionale n. 1/2014). 
    Nella specie, le suddette condizioni non sono soddisfatte. 
    Quando  le  risorse  proprie  non  consentono  ai  comuni,   alle
province, alle citta' metropolitane  e  alle  regioni  di  finanziare
integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite  deve  essere  lo
Stato ad intervenire con apposito Fondo perequativo, senza vincoli di
destinazione, per  i  territori  con  minore  capacita'  fiscale  per
abitante e con ulteriori risorse aggiuntive  ai  fini  di  promozione
dello  sviluppo  economico,  della  coesione  e  della   solidarieta'
sociale,  per  rimuovere  gli  squilibri  economici  e  sociali,  per
favorire l'effettivo esercizio  dei  diritti  della  persona,  o  per
provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro  funzioni
(art. 119, terzo, quarto e quinto comma della Costituzione). 
    Da qui l'esigenza di una legislazione finanziaria  ispirata  alla
valorizzazione dell'art. 3, secondo comma, della Costituzione,  sotto
il profilo della  tutela  dei  cittadini  residenti  nei  comuni  con
maggiore difficolta' economica e della  riduzione/eliminazione  della
sperequazione tra i livelli dei servizi erogati dagli  enti  di  base
nelle comunita' piu' povere e in quelle piu' ricche. 
    Questa esigenza solidaristica nei confronti delle comunita'  meno
abbienti trova puntuale risposta -  come  gia'  rilevato  -  in  piu'
articoli della Costituzione e, in particolare,  nell'art.  119  della
Costituzione, il quale fissa le forme e i limiti che  devono  guidare
il legislatore ordinario nell'inveramento dei principi ivi indicati. 
    Il  richiamato  parametro  costituzionale  bilancia  le   ragioni
dell'autonomia, quelle dei vincoli finanziari dell'Unione  europea  e
quelle della solidarieta'  verso  le  comunita'  economicamente  meno
munite. (Corte costituzionale n. 4/2020). 
    Al contempo, il principio di leale  collaborazione  «richiede  un
confronto autentico [...] sicche' su ciascuna delle  parti  coinvolte
ricade  un  preciso  dovere  di  collaborazione  e  di   discussione,
articolato nelle necessarie fasi dialogiche»  (sentenza  n.  154  del
2017), in caso contrario, «una condotta  meramente  passiva,  che  si
traduca nell'assenza di ogni forma di collaborazione, si risolverebbe
in  una  inerzia  idonea  a  creare  un   vero   e   proprio   blocco
procedimentale» e  costituirebbe  un  «indubbio  pregiudizio  per  il
principio di leale collaborazione e per il buon andamento dell'azione
amministrativa» (sentenza n. 219 del 2013). 
    In   forza   dei   principi   affermati   dalla    giurisprudenza
costituzionale,  la  preventiva  e  unilaterale  determinazione   del
contributo delle autonomie speciali alla manovra di finanza pubblica,
per essere conforme a Costituzione  e  compatibile  con  gli  statuti
d'autonomia,   dovrebbe   lasciare   un   effettivo    «margine    di
negoziabilita'»  alle  regioni  autonome,  da  svilupparsi  in  tempi
ragionevoli ed in maniera proporzionata all'autonomia organizzativa e
di spesa della regione. (Corte costituzionale n. 6/2019). 
    La proporzionalita' e la conseguente conformita'  a  Costituzione
dei prelievi a carico delle autonomie territoriali e  dei  contributi
agli stessi  erogati  sono  strettamente  dipendenti  dal  sincronico
raffronto  con  le  singole  manovre  di  finanza  pubblica  che   li
dispongono (sentenza n. 154 del 2017). 
    Nel caso di specie, invece la disposizione  normativa  oltre  che
presentarsi  non  conforme  sotto  il   profilo   degli   indici   di
determinazione del contributo spettante a ciascun ente, non e'  stata
il frutto di una codeterminazione, in assenza  di  qualsiasi  accordo
inerente l'esercizio finanziario 2020. 
    L'art. 1, commi da 634 a 658 e da 661  a  676.  Violazione  degli
articoli 117 e 119 della Costituzione ed art. 36 dello Statuto  della
Regione siciliana e correlate norme di attuazione di cui al  D.P.Reg.
n. 1074/1965, con riferimento al contrasto con gli articoli 3,  41  e
53 della Costituzione. 
    L'art. 1, commi da 634 a 658 e da 661 a 676, nella misura in  cui
istituisce e disciplina le modalita' di imposizione,  accertamento  e
riscossione,  i  soggetti  obbligati,  la   misura,   le   esenzioni,
rispettivamente della imposta sul consumo dei manufatti  con  singolo
impiego,  «MACSI»  e   dell'imposta   sul   consumo   delle   bevande
analcoliche,  viola  gli  articoli  117,  terzo  comma  e  119  della
Costituzione ed art. 36  dello  Statuto  della  Regione  siciliana  e
correlate norme di attuazione di cui al D.P.Reg.  n.  1074/1965,  con
riferimento  al  contrasto  con  gli  articoli  3,  41  e  53   della
Costituzione, sotto l'aspetto delle distorsioni della  concorrenza  e
del corretto funzionamento del mercato e degli  effetti  sul  gettito
fiscale della regione. Cio' a causa della riduzione del fatturato del
comparto dovuta alla maggiorazione del  costo  dei  prodotti  colpiti
dalle imposte de  quibus,  oltre  alle  ripercussioni  occupazionali,
effetti che derivano dalla portata discriminatoria  e  dalla  mancata
gradualita' e proporzionalita' degli introdotti tributi. 
    L'illegittimita' delle disposizioni relative alle  nuove  imposte
nel  danneggiare  i  soggetti  obbligati,  fabbricanti  di  MACSI   e
produttori di bevande analcoliche, ridonda in lesione  dell'autonomia
finanziaria della regione. 
    Le imprese dei relativi settori aventi  sede  o  stabilimenti  in
Sicilia rappresentano una riduzione del fatturato del comparto dovuta
alla maggiorazione del costo dei prodotti, quantificata nella filiera
per l'anno 2021 in un range che va dal  10  al  27%.  Alla  rilevante
diminuzione del fatturato conseguira' per  la  Regione  siciliana  un
minor  gettito  fiscale  anche  per  le  ripercussioni  sui   livelli
occupazionali dei comparti atteso che  alcune  aziende  preannunciano
una riduzione del proprio personale del 40%. 
    Per  non  dire  del  rischio  di  abbandono  della  produzione  o
delocalizzazione fuori dall'Italia. 
    Invero,  l'esercizio  del   potere   discrezionale   in   materia
tributaria da parte del legislatore  incontra  il  suo  limite  nella
ragionevolezza della scelta legislativa, che deve sapere  raccordarsi
con il principio di capacita' contributiva, di  uguaglianza  e  della
libera iniziativa economica. 
    Nella fattispecie in esame si tratta di una tassazione aggiuntiva
che colpisce determinati settori  economici,  provocando  un  ingente
flessione del mercato ed una correlata  riduzione  dei  consumi,  con
chiara arbitraria discriminazione. 
    Il sacrificio patrimoniale a cui e'  sottoposta  una  determinata
categoria di imprese, lasciando indenne altre a parita' di  capacita'
contributiva, risulta arbitrario ed  irragionevole  e,  pertanto,  in
contrasto con gli articoli 41,  53  e  3  della  Costituzione  (Corte
costituzionale del 9 febbraio 2015, n. 10). 
    L'eccessivo  gravame  fiscale  imposto  nega   le   garanzie   di
proprieta'  ed  iniziativa  privata  connesse  alle  garanzie   della
liberta' della persona umana, le quali sarebbero svuotate  di  potere
di espressione, senza i mezzi economici per il relativo esercizio. 
    Sicche', la mancata coerenza logica e giuridica della misura  dei
tributi, rispetto alle garanzie accordate alla liberta' di iniziativa
economica ed alla proprieta'  dell'impresa,  si  prestano  ad  essere
valutate quale eccesso legislativo della potesta' tributaria. 
    In sostanza, anche per la delimitazione  del  dovere  tributario,
vale  piu'  che  mai  il  principio  della   coerenza   del   sistema
costituzionale  preordinato  nel  suo  complesso  alla  tutela  della
persona  umana,  che   e'   negata   qualora   le   imposte   gravino
irragionevolmente sulle iniziative, sul patrimonio e sul reddito  dei
soggetti,  che  ne  siano  i  titolari  e  che  esprimano   la   loro
personalita',  svolgendo  attivita'   economiche   di   acquisizione,
produzione e scambio di beni. 
    L'esercizio della  potesta'  tributaria  deve  essere  contenuto,
secondo le garanzie accordate dalla Costituzione,  in  rapporto  alla
titolarita' ed al godimento dei beni, nonche' allo svolgimento  delle
attivita' sulle quali l'esercizio della  potesta'  tributaria  stessa
incide. 
    Appare, di contro, ultroneo, sostenere che i diritti fondamentali
e la tutela dell'ambiente, in particolare, si  pongano  su  un  piano
superiore e non comunicante rispetto ai diritti del mercato e che non
possano mai essere sacrificati a favore di altri valori. 
    Tale atteggiamento potrebbe, anzi,  comportare  una  compressione
dei diritti dell'uomo e della libera iniziativa economica. 
    Sembra invece assai piu'  utile  prendere  atto  della  reciproca
interferenza fra gli stessi ed orientare la  scelta  legislativa  sul
procedimento piu' appropriato per realizzare un bilanciamento  tra  i
superiori valori. 
    In  questa  direzione  e'  fondamentale  un  uso  sapiente  delle
clausole generali, e in  particolare  della  ragionevolezza  e  della
solidarieta' sociale, tenendo conto, a livello macroeconomico,  della
dimensione collettiva degli interessi coinvolti.